ARGI_MUS_EO | Un Visitor Center per la valorizzazione dell'altopiano dell'Argimusco

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Università degli studi di Catania Dipartimento di Ingegneria Civile ed Architettura (DICAR) Corso di laurea in ingegneria edile-architettura

ARGI_MUS_EO Argi_Mus_Eo Un visitor center per la valorizzazione dell’altopiano dell’Argimusco Anno accademico 2018/2019 Laureando: Carmelo Mobilia Relatore: Prof. Ing. Sebastiano D’Urso Correlatore: Dott. Andrea Orlando



“Study nature, love nature, stay close to nature. It will never fail you.� Frank Lloyd Wright


INDICE 1. Introduzione..................................................................................................................................7 2. Il concetto di patrimonio..........................................................................................................11 2.1 La nascita di una consapevolezza globale: la Convenzione UNESCO............................14 2.2 Tutela e valorizzazione...........................................................................................................16 2.3 Le potenzialità inespresse del nostro territorio..................................................................18 3. Il patrimonio naturale italiano................................................................................................23 3.1 La nascita delle aree protette.................................................................................................26 3.2 I riferimenti normativi: classificazione delle aree protette in Italia.................................28 4 Il costruito come strumento di valorizzazione della natura...............................................33 4.1 Riferimenti progettuali..........................................................................................................35 4.1.1. Stonehenge visitor center..............................................................................................36 4.1.2 Giant’s causeway visitor center......................................................................................40 4.1.3 Trollstigen visitor centre.................................................................................................44 5. La riserva naturale orientata del Bosco di Malabotta.........................................................49 5.1 Regolamento, attività e divieti previsti................................................................................54 5.1.2 Zona A..............................................................................................................................55 5.1.2 Zona B..............................................................................................................................57 76. L’area di progetto: l’altopiano dell’Argimusco.....................................................................59 6.1 Inquadramento e accessibilità..............................................................................................61 6.2 Descrizione del luogo............................................................................................................64 6.2.1 I sentieri escursionistici..................................................................................................70 6.3 La storia del luogo e le sue origini........................................................................................74


6.4 Argimusco e astronomia degli orizzonti.............................................................................78 6.5 Studi e riconoscibilità internazionale..................................................................................82 7. La proposta progettuale.............................................................................................................85 7.1 La nuova accessibilità............................................................................................................88 7.2 Il Visitor center: funzioni e idea concettuale......................................................................92 7.2.1 L’info-point..........................................................................................................................96 7.2.2 Il museo..............................................................................................................................100 7.2.3 Il ristoro-shop....................................................................................................................106 7.2.4 La tecnica costruttiva........................................................................................................111 7.3 La sostenibilità......................................................................................................................119 7.3.1 Mini-eolico....................................................................................................................121 7.3.2 Recupero delle acque piovane.....................................................................................124 7.4 Gli interventi sul parco........................................................................................................126 7.4.1 L’area di meditazione....................................................................................................127 7.4.2 La nuova illuminazione................................................................................................130 8. Bibliografia e sitografia...........................................................................................................133 8.1 Bibliografia............................................................................................................................134 8.2 Sitografia................................................................................................................................135


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1 INTRODUZIONE

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Il seguente lavoro di tesi ha come obiettivo quello di valorizzare l’area delle Rocche dell’Argimusco, situata all’interno della riserva naturale orientata (RNO) del Bosco di Malabotta, uno dei più grandi e antichi dell’intera Sicilia. Questa area protetta, come del resto una grande percentuale del territorio italiano, non riesce ad affiancare al regolamento presente che ne tutela l’integrità, una adeguata politica di attrazione e fruizione del territorio. Di fondamentale importanza, all’interno della valorizzazione di un luogo, è la conoscenza del contesto ambientale, con l’individuazione delle sue caratteristiche e delle sue criticità. La prima fase del lavoro, quindi, è stata quella di analizzare il territorio circostante, facendo particolare attenzione alla morfologia, alla viabilità ed ai percorsi interni al sito stesso. Contestualmente si è studiata la storia del luogo, che è risultato avere una grande valenza, non soltanto da un punto di vista storico e paesaggistico ma anche e soprattutto spirituale. Questo elevato potenziale, così come spiegato precedentemente, non è, però, adeguatamente sfruttato: l’area, infatti, è totalmente priva di servizi di ogni genere proprio a causa dell’ essere all’interno di una zona protetta. Proprio per questo motivo, la sfida progettuale è stata quella di realizzare un Visitor-Center che possa diventare un volano di sviluppo per il territorio circostante ma che, allo stesso tempo, non vada a deturpare la “verginità” del luogo. Nasce quindi l’idea dell’ARGI_MUS_EO, che prende il nome dall’unione di tre diverse parole. ARGI sta per “Argimusco”, a sottolineare come, alla base del progetto, come primo aspetto fondamentale, debba esserci il rispetto per l’integrità del territorio. MUS sta per “Museo”, a testimonianza dell’importanza della cultura come importante strumento per la valorizzazione 8


di un luogo. EO, infine, è l’indicativo singolare del verbo latino “eo, is, ii, itum, ire”, che significa “andare, recarsi, viaggiare”, inteso qui nell’accezione turistica del termine. All’architettura viene, quindi, affidato l’importante compito di attuare un processo di valorizzazione sostenibile del luogo, tramite la combinazione di natura, cultura e turismo. Contestualmente alla progettazione del Visitor Center, il lavoro di tesi si occupa di realizzare altri interventi al fine di risolvere alcune problematiche della zona, attraverso il ripensamento dell’accessibilità, la rifunzionalizzazione dei percorsi interni e l’uso sostenibile delle risorse naturali.

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2 IL CONCETTO DI PATRIMONIO

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“Heritage is a broad concept and includes the natural as well as the cultural environment. It encompasses landscapes, historic places, sites and built environments, as well as bio-diversity, collections, past and continuing cultural practices, knowledge and living experiences. It records and expresses the long processes of historic development, forming the essence of diverse national, regional, indigenous and local identities and is an integral part of modern life. It is a dynamic reference point and positive instrument for growth and change. The particular heritage and collective memory of each locality or community is irreplaceable and an important foundation for development, both now and into the future”1. “Il patrimonio è un concetto ampio e include l’ambiente naturale e culturale. Comprende paesaggi, luoghi storici, siti e ambienti costruiti, così come la biodiversità, le collezioni, gli usi e i costumi del passato e del presente, le conoscenze e le esperienze di vita. Registra ed esprime i lunghi processi di sviluppo storico, formando l’essenza delle identità nazionali, regionali, indigene e locali ed è parte integrante della vita moderna. È un punto di riferimento dinamico e uno strumento positivo per la crescita e il cambiamento. Il patrimonio e la memoria collettiva di ogni località o comunità è insostituibile e importante fondamento per lo sviluppo, sia ora che verso il futuro”. Il concetto di “patrimonio” stesso, dunque, è difficilmente sintetizzabile, in quanto il risultato di una serie di stratificazioni e contaminazioni che ogni comunità vive nel corso della propria storia. Di ancora più difficile interpretazione è capire cosa sia meritevole di essere conservato; collegando la storia, la cultura ed il paese di una società si ottengono una mescolanza di elementi materiali ed immateriali; i monumenti, l’ambiente naturale, la flora, la fauna, gli 1 Definizione da “INTERNATIONAL CULTURAL TOURISM CHARTER, Managing Tourism at Places of Heritage Significance”, adottata dall’ICOMOS (International Council on Monuments and Sites) all’ Assemblea Generale di livello internazionale n°12, svolta in Messico nell’ottobre del 1999 12


usi ed i costumi diventano quindi tutti facenti parte di un “bagaglio” da dover conservare e tramandare. Non bisogna, tuttavia, confondere l’intera cultura di una civiltà con il patrimonio stesso: è la società contemporanea che deve scegliere cosa tramandare alle generazioni future; da questo deriva che oggi la tutela, la conservazione e la successiva valorizzazione del patrimonio mondiale richiede una grande responsabilità. In campo internazionale, questa responsabilità è affidata all’UNESCO2 che ogni anno aggiorna la Lista dei Patrimoni dell’Umanità, conferendo ai beni presenti al suo interno un alto valore naturale e culturale.

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Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la Scienza e la Cultura 13


2.1 La nascita di una consapevolezza globale: la Convenzione UNESCO La nascita di una consapevolezza globale sull’importanza della tutela e della valorizzazione del patrimonio mondiale nasce e si sviluppa a partire dalla seconda metà del XX secolo. Alla fine degli anni ’40 l’Europa si trova alle prese con le conseguenze post-belliche: il secondo conflitto mondiale aveva devastato il patrimonio culturale dei popoli sconfitti e, contestualmente, annullato l’identità culturale dei popoli stessi. Accanto a questo scenario, l’aspetto economico diventa sempre più preponderante nella scelta delle azioni da compiere: la costruzione di una diga in Egitto aveva messo in pericolo i templi di Abu Simbel, straordinaria testimonianza dell’antica civiltà egizia. Solo attraverso una campagna internazionale, a cui parteciparono ben 50 paesi, si riuscì a salvare i monumenti, smontandoli pietra su pietra e ricostruendoli altrove. È da questi presupposti che nel 1972 l’Unesco istituisce la Convenzione sulla Protezione del Patrimonio culturale e naturale, che costituisce il primo segno tangibile di una volontà di collaborazione internazionale per la tutela del patrimonio mondiale. La Convenzione si concentra su due grandi aree: la tutela dei siti naturali e la salvaguardia della natura. Più in particolare, nell’Art. 1 sono considerati “patrimonio culturale”: -

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i monumenti: opere di architettura, di scultura o di pittura monumentali, elementi o strutture di carattere archeologico, iscrizioni, grotte o gruppi di elementi che abbiano un valore universale eccezionale dal punto di vista della storia, dell’arte o della scienza;


- i complessi: gruppi di costruzioni isolati o riuniti che, per la loro architettura, per la loro unità, o per la loro integrazione nel paesaggio hanno un valore universale eccezionale dal punto di vista della storia, dell’arte o della scienza; -

i siti: opere dell’uomo o creazioni congiunte dell’uomo e della natura nonché le zone, ivi comprese le zone archeologiche, di valore universale eccezionale dal punto di vista storico, estetico, etnologico o antropologico.

Nell’Art. 2 sono considerati “patrimonio naturale”: - i monumenti naturali, costituiti da formazioni fisiche e biologiche oppure da gruppi di tali formazioni, aventi valore eccezionale dal punto di vista estetico o scientifico; - le formazioni geologiche e fisiografiche e le zone rigorosamente delimitate, costituenti l’habitat di specie di animali e vegetali minacciate, che hanno valore universale eccezionale dal punto di vista della scienza o della conservazione; - i siti naturali oppure le zone naturali rigorosamente delimitate, aventi valore universale eccezionale dal punto di vista della scienza, della conservazione o della bellezza naturale. Nel 1992, inoltre, la Convenzione include, nella lista del Patrimonio Mondiale, i “paesaggi culturali”, legati ad un uso sostenibile del territorio oppure ad un particolare legame spirituale tra paesaggio e natura.

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2.2 Tutela e valorizzazione “In Italia i processi artistici e culturali non sono solo patrimonio identitario collettivo, ma anche asset economici di rilevante portata prospettica…la valorizzazione del patrimonio (e non solo - come spesso oggigiorno capita di sentire - la tutela e la conservazione dello stesso) e il sostegno allo sviluppo dei mercati dell’entertainment sono elementi indispensabili per la società postindustriale del XXI secolo”3. Il sistema di tutela del territorio deve, quindi, rappresentare solo il punto di partenza e non quello di arrivo. La tutela deve essere, in sostanza, la prima fase di un processo ben più ampio avente come obiettivo la valorizzazione di un determinato territorio. In Italia è il “Codice dei beni culturali e del paesaggio” 4 il riferimento a livello normativo, che norma e chiarisce il significato dei due termini, evidenziandone le differenze. L’Art. 3 del suddetto Codice indica la tutela come “l’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione”. L’Art. 6, invece, definisce la valorizzazione come “l’esercizio delle funzioni e la disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale”.

3 S. Salvemini, Quando “Carmina Dant Panem”: la cultura come risorsa economica, (articolo di) Economia e Management, 3, Egea, 2005 4 D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 16


È proprio attraverso adeguati interventi di “utilizzazione” e “fruizione”, quindi, che un bene tutelato può attivare e produrre processi di sostegno economico e culturale di importanza fondamentale per lo sviluppo di un Paese.

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2.3 Le potenzialità inespresse del nostro territorio La straordinaria dotazione di beni culturali è una delle caratteristiche che descrivono universalmente la nostra Nazione. D’altronde, già dai tempi di Dante e Petrarca, l’Italia è anche conosciuta con l’appellativo di “bel paese”5, a testimonianza di come il paesaggio, la cultura e la storia italiana siano da sempre riconosciute come elementi caratterizzanti dell’intera civiltà umana. Questa prima analisi viene suffragata dalla presenza di alcuni, interessanti, dati. Oggi l’Italia possiede il più grande patrimonio culturale a livello mondiale, con 25 parchi nazionali e 55 siti Unesco, come la Cina e davanti alla Spagna (48) e alla Germania (46), tutte nazioni dal punto di vista territoriale molto più estese della nostra. Il numero dei musei italiani è inoltre il triplo di quelli francesi ed il doppio di quelli spagnoli; le biblioteche francesi sono quasi un quarto di quelle italiane mentre la Spagna, invece, ne ha circa la metà.

5 L’espressione completa è «del bel paese là dove ‘l sì suona,», che si trova nel Canto XXXIII dell’Inferno di Dante. Viene poi ripresa nel Canzoniere di Petrarca, che descrive l’Italia come «il bel paese ch’Appennin parte e ‘l mar circonda e l’Alpe». 18


Fig. 1 - Numero di Siti Unesco per Nazione

Tuttavia, a questo grande vantaggio numerico, si contrappone una situazione diametralmente opposta da un punto di vista economico e produttivo. Basti pensare che, di fronte agli oltre 9.7 milioni di visitatori del Louvre, ai 5.9 del British Museum e ai quasi 5 milioni del Tate Modern, Palazzo degli Uffizi a Firenze registra “solo” 1.7 milioni di visitatori all’anno. Oltre a ciò, un’analisi del 2015 ha verificato come, nonostante gli USA abbiano la metà dei siti rispetto all’Italia, il loro ritorno “commerciale” sugli asset culturali (RAC) è circa 16 volte rispetto a quello italiano.6

6 Dati elaborati dal Rapporto “Arte, turismo culturale e indotto economico” commissionato da Confcultura e dalla Commissione Turismo e Cultura di Federturismo Confindustria nel 2015. I dati sono stati elaborati dalla PriceWaterhouseCoopers, società di servizi professionali 19


Fig. 2 - Il ritorno economico nel campo della cultura di alcuni paesi nel Mondo

Esiste dunque un evidente divario tra la ricchezza del patrimonio artistico-culturale italiano e la sua capacità di attrazione e fruizione: la mancanza di una adeguata pianificazione non permette di valorizzare appieno il grande potenziale dell’enorme patrimonio della nostra penisola. Le cause di questo scenario sono molteplici e si basano su alcuni fattori tristemente negativi che

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caratterizzano il nostro Paese: la cronica mancanza di fondi, che non permettono l’attuazione di un qualsiasi programma; la debolezza del sistema dei trasporti, non in grado di soddisfare appieno le esigenze di un turismo moderno; le difficoltà della tutela del paesaggio, soffocato dalla speculazione edilizia7 e da un quadro normativo in costante trasformazione, non privo di confusione ed ambiguità.

7 5-6

A. Kerbaker, Lo Stato dell’Arte. La valorizzazione del patrimonio culturale italiano, Bompiani, 2007, pp.

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3 IL PATRIMONIO NATURALE ITALIANO

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Il Rapporto Annuale Istat del 2015 analizza il valore del territorio italiano derivante dalla consistenza culturale e attrattiva delle proprie risorse; da questa analisi nascono 5 macrogruppi8 . Di particolare interesse nel nostro ambito è la seconda area, quella delle “Potenzialità del patrimonio”. Essa è caratterizzata da territori aventi un consistente patrimonio artistico-culturale e paesaggistico, al quale, però, non sono quasi mai affiancate adeguate attività di produzione e formazione culturale. Si tratta, in totale, di 138 sistemi locali, che racchiudono ben un decimo della popolazione italiana ed un quarto della sua superficie; oltre la metà è, inoltre, presente nel Sud Italia, soprattutto in Sicilia e Puglia (rispettivamente il 15,9 e il 10,1 per cento). Questa porzione del nostro territorio è caratterizzata soprattutto da un elevato numero di elementi paesaggistici e naturali: la quota di superficie sottoposta a regime di protezione supera del 50 per cento il valore nazionale e quasi un terzo di questi territori fa parte di parchi, riserve naturali e siti di importanza comunitaria. Di fondamentale importanza è, quindi, andare ad analizzare più a fondo le condizioni di tutela e di salvaguardia del patrimonio ambientale italiano e le possibili soluzioni per un suo rilancio in termini di fruizione ed utilizzazione.

8 I cinque gruppi sono la grande bellezza, la potenzialità del patrimonio, l’imprenditorialità culturale, il volano del turismo, la perifericità culturale. Da: La varietà dei territori: condizioni di vita e aspetti sociali (capitolo 5), Rapporto Istat 2015, pp. 233-236

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La grande bellezza Potenzialità del patrimonio Imprenditorialità culturale Il volano del turismo Perifericità culturale

Fig. 3 - La suddivisione del territorio italiano in base alla vocazione culturale. In giallo si noti la categoria della potenzialità del patrimonio

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3.1 La nascita delle aree protette Già dall’antichità si iniziò a pensare che non tutto il territorio avesse la stessa valenza: vi erano dei particolari luoghi che, avendo delle peculiarità particolari, erano maggiormente considerati rispetto ad altri. È questo il caso dei boschi sacri, tipici delle culture romane e greche, delle riserve di caccia di età carolingia e dei giardini medievali. È nella seconda metà dell’800, tuttavia, che si sviluppò la consapevolezza della natura come risorsa da tutelare per contrastare lo sviluppo degli insediamenti umani: nelle città gli spazi verdi iniziarono ad essere pensati come elementi da considerare all’interno del progetto del contesto urbano. Contestuale conseguenza è, quindi, la nascita dei primi parchi nazionali, come lo Yellowstone, in America, nel 1872 ed il Royal Park, in Australia, nel 1879. È con il XX secolo che anche in Europa si diffuse la consapevolezza dell’importanza degli aspetti naturalistici e geologici di un territorio, con sostanziali differenze rispetto all’approccio americano. In America, infatti, la tutela era finalizzata al preservare in maniera quasi totale l’integrità dell’ambiente: vi erano infatti vincoli molto rigidi che non permettevano la realizzazione di un qualsivoglia tipo di infrastruttura; il rapporto tra uomo e ambiente era totalmente negato. L’essere umano era come un elemento distruttivo nei confronti della sacralità della natura: ciò era probabilmente dovuto al ricordo della distruzione dei Nativi d’America durante la Colonizzazione.

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In Europa, invece, le aree da proteggere erano spesso già fortemente antropizzate; si sviluppò, quindi, una visione più aperta verso l’essere umano, nella quale, attraverso attività turistiche, l’intervento dell’uomo era finalizzato allo sviluppo economico del territorio.

Fig. 4 - Yellowstone National Park

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3.2 I riferimenti normativi: classificazione delle aree protette in Italia Nelle scienze ambientali le aree naturali protette sono delle aree naturali, istituite attraverso leggi nazionali o regionali aventi il compito di preservare l’equilibrio ambientale di un luogo, aumentandone o mantenendone l’integrità e la biodiversità. In Italia la materia delle aree protette, non essendo stata inserita nella Costituzione del 1948, ha raggiunto un primo livello di classificazione con l’approvazione della legge quadro n. 394 del 1991, con le seguenti, differenti, definizioni: Parchi nazionali “costituiti da aree terrestri, marine, fluviali, o lacustri che contengano uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche, di interesse nazionale od internazionale per valori naturalistici, scientifici, culturali, estetici, educativi e ricreativi tali da giustificare l’intervento dello Stato per la loro conservazione”9. Attraverso la bellezza dei parchi, si collegano e valorizzano le realtà locali del territorio. Parchi regionali “costituiti da aree terrestri, fluviali, lacustri ed eventualmente da tratti di mare prospicienti la costa, di valore ambientale e naturalistico, che costituiscano, nell’ambito di una o più regioni adiacenti, un sistema omogeneo, individuato dagli assetti naturalistici dei luoghi, dai valori paesaggistici e artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni locali”10. Riserve naturali “costituite da aree terrestri, fluviali, lacustri o marine che contengano una o più specie naturalisticamente rilevanti della fauna e della flora, ovvero presentino uno o più 9 10 28

Articolo 2.1 della L. n°394 del 1991 Articolo 2.2 della L. n°394 del 1991


ecosistemi importanti per la diversità biologica o per la conservazione delle risorse genetiche11”. Le riserve naturali vengono inoltre ulteriormente suddivise in base al diverso grado di protezione: si distingue tra Riserve Naturali Integrali (RNI), dove “l’ambiente naturale è conservato nella sua integrità” e Riserve Naturali Orientate (RNO). In queste ultime si mettono in atto strategie di gestione al fine non solo di conservare ma anche di sviluppare le potenzialità del territorio, attraverso una gestione controllata dello stesso. Sono poi specificate le Aree marine protette: si tratta di ambienti marini che, per via delle loro qualità naturali, fisiche e biochimiche, presentano un grande interesse dal punto di vista scientifico, ecologico e culturale. Questo primo assetto è stato poi modificato da due successive delibere del Comitato per le Aree naturali protette. Il 21 Dicembre 1993 vengono, infatti, individuate sette tipologie di aree protette: 1) parco nazionale 2) riserva naturale statale 3) parco naturale interregionale 4) parco naturale regionale 5) riserva naturale regionale 6) zona umida di importanza internazionale 7) altre aree naturali protette 11

Articolo 2.3 della L. n°394 del 1991 29


Questa variante va ricordata per due elementi: l’esclusione delle aree marine e l’inserimento delle zone umide di rilevanza internazionale. Queste, introdotte da una convenzione internazionale del 197112, sono definite come “le paludi e gli acquitrini, le torbiere oppure i bacini, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente, dolce, salmastra, o salata, ivi comprese le distese di acqua marina la cui profondità, durante la bassa marea, non supera i sei metri”. Due nuove categorie vengono, poi, aggiunte da un’ulteriore deliberazione del 1996: Le zone di protezione speciale (ZPS) ai sensi della direttiva 79/409/CEE in tema di protezione degli uccelli selvatici Le zone speciali di conservazione (ZSC) ai sensi della direttiva 92/43/CEE in tema di conservazione degli habitat naturali e seminaturali Al Comitato per le aree naturali protette, formato dai Ministri dell’ambiente, delle politiche agricole, dei beni culturali, delle infrastrutture e dell’istruzione è affidato il compito di approvare l’elenco ufficiale delle aree naturali protette in Italia: quello attualmente in vigore, relativo al 6° aggiornamento, è stato approvato il 27 aprile 201013, e consta di 871 aree così suddivise: 25 parchi nazionali; 27 aree marine protette; 147 riserve naturali statali; 12 La Convenzione di Ramsar, ufficialmente Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale, firmata a Ramsar, in Iran, il 2 febbraio 1971 da un gruppo di Governi, istituzioni scientifiche e organizzazioni internazionali 13 DECRETO 27 aprile 2010. Approvazione dello schema aggiornato relativo al VI Elenco ufficiale delle aree protette, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 3, comma 4, lettera c), della legge 6 dicembre 1994, n. 394 e dall’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. 30


3 altre aree naturali protette nazionali; 134 parchi naturali regionali; 365 riserve naturali regionali; 171 altre aree naturali protette regionali.

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4 IL COSTRUITO COME STRUMENTO DI VALORIZZAZIONE DELLA NATURA

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Di fronte a questo scenario, rappresenta una occasione fondamentale valorizzare i numerosi parchi e riserve di cui è pieno il nostro territorio, rendendoli fonti attrattive per avviare un processo di sviluppo economico. All’interno di questi luoghi l’uomo può ricordare le proprie origini, tornando a vivere a stretto contatto con la natura e nel pieno rispetto delle sue caratteristiche. In quest’ottica, ad una prima analisi, dal significato stesso di area protetta sembrerebbe essere escluso ogni tipo di collegamento con l’architettura. Tuttavia, il rapporto tra il costruito e la natura merita un maggior grado di approfondimento. Attraverso la riqualificazione di sentieri e passerelle, la realizzazione di centri visitatori, rifugi e bivacchi e l’introduzione di cartellonistica e percorsi didattici l’architettura rappresenta un mezzo fondamentale per rilanciare il territorio. Ciò deve comunque avvenire sempre attraverso una forte forma di rispetto nei confronti del sistema naturale: l’utilizzo di materiali ecocompatibili, un adeguato sfruttamento dell’illuminazione naturale, soluzioni per il recupero ed il riciclo dell’acqua e l’ausilio di soluzioni costruttive reversibili sono solo alcuni degli elementi chiave da tenere in considerazione per la progettazione in ambienti naturali.

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4.1 Riferimenti progettuali Al fine di chiarire meglio il rapporto tra architettura e natura in Europa, si sono di seguito analizzati tre esempi di visitor center che si distinguono per aver interpretato al meglio i temi di salvaguardia e di progettazione a contatto con la natura. Importante caratteristica che accomuna i tre progetti è la particolarità dei servizi al loro interno: bisogna, infatti, rendere questo tipo di architetture vivibili in tutto il corso dell’anno e non solo al momento della visita. Devono essere inserite funzioni utili non solo al turista di passaggio ma per l’intera comunità, al fine di fornire maggiori servizi alla popolazione locale: è il caso, ad esempio, di laboratori didattici, sale conferenze e spazi commerciali che contribuiscono a rendere vivibili queste architetture per tutta la durata del loro ciclo di vita, evitandone un precoce deterioramento.

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4.1.1. Stonehenge visitor center

Il centro visitatori di Stonehenge è stato progettato dallo studio Denton Corker Marshall nel 2013. É situato a 1,5 miglia a ovest del cerchio di pietre, all’interno del sito del patrimonio mondiale ma fuori dalla vista del monumento. Esso fornisce non solo servizi essenziali per i visitatori ma anche eccezionali mostre interpretative e strutture educative dedicate che consentiranno una maggiore comprensione e fruizione di Stonehenge e del sito in generale. L’edificio è costituito da tre blocchi, caratterizzati da un rivestimento esterno di materiali differenti. Il blocco più grande, rivestito in legno di castagno dolce, ospita la parte espositiva ed i servizi. Il secondo blocco, rivestito interamente in vetro, ospita un centro educativo, una zona ristoro e strutture per la vendita al dettaglio. In mezzo a questi vi è il terzo blocco, ben più piccolo e rivestito in zinco, che fornisce i servizi di biglietteria. Al di sopra di essi, svetta una leggera copertura d’acciaio il cui andamento ricorda la morfologia locale. L’intero centro è progettato per avere un impatto pressoché nullo con il paesaggio, senza sovrastarlo. Reversibilità e sostenibilità sono ottenuti grazie ad alcuni espedienti progettuali come lo sfruttamento della ventilazione naturale, l’utilizzo della geotermia come impianto di riscaldamento e l’adozione di un sistema di raccolta dell’acqua piovana.

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Fig. 5 - Pianta dei tre blocchi del Visitor Center

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Fig. 6 - Vista esterna

Fig. 6 - I pilastri d’acciaio che sorreggono la copertura 38


Fig. 7 - L’area della caffetteria

Fig. 8 - Rapporto tra interno ed esterno 39


4.1.2 Giant’s causeway visitor center

Il Giant’s causeway visitor center è stato progettato dallo studio irlandese Heneghan Peng Architectsnel 2012 e si trova sulla cresta della costa nord di Antrim alle porte del sito del Selciato del Gigante, patrimonio mondiale dell’UNESCO. La sua caratteristica principale è l’incredibile rapporto che instaura con il contesto circostante. Nasce, infatti, attraverso due tagli modellati nel terreno: il primo si alza da terra per creare un edificio con un tetto verde, mentre il secondo, inclinato verso il basso, forma un parcheggio e un ingresso che si ricollega al livello stradale principale. I blocchi di pietra in basalto, che scandiscono esternamente l’edificio, sono un chiaro riferimento al paesaggio circostante. Internamente il visitor center è costituito da piastre a diversa altezza, collegate tra loro da una serie di rampe; vi sono spazi espositivi, una caffetteria, una cucina, spazi commerciali e aree per il personale. La struttura ha inoltre ricevuto un punteggio “eccellente” del 74% in conformità con il BREEAM14, a dimostrazione della bontà progettuale in termini di costruzione e sostenibilità.

14 Il BREEAM (BRE Environmental Assessment Method) è una metodologia di valutazione ambientale, sviluppata dall’ente inglese BRE - Building Research Establishment - per valutare e certificare la sostenibilità di un edificio. È costituito da una serie di principi e requisiti per la progettazione, la costruzione, la gestione, la valutazione e la certificazione sull’impatto ambientale, sociale ed economico nell’intero ciclo di vita di un edificio. I parametri di valutazione sono: Unclassified (<30%), Pass (>30%), Good (>45%), Very Good (>55%), Excellent (>70%) e Outstanding (>85%). 40


Fig. 9 - Vista esterna

Fig. 10 - Contesto in relazione all’edificio 41


Fig. 11 - Tetto verde

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Fig. 12 -Vista interna

Fig. 13 - I blocchi esterni all’edificio

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4.1.3 Trollstigen visitor centre

Il centro visitatori di Trollstigen è stato progettato dallo studio norvegese Reiulf Ramstad Architects nel 2010. Esso migliora l’esperienza della visita, creando una serie di relazioni che descrivono e amplificano la spazialità unica del sito L’intervento mostra un enorme rispetto e delicatezza nei confronti della natura. Oltre al rifugio di montagna, con all’interno un ristorante, esso include una galleria sull’acqua ed una serie di percorsi, padiglioni e piattaforme panoramiche sospese sulla nebbia dei fiordi norvegesi. La struttura, realizzata in calcestruzzo fuso e acciaio corten, è stata inoltre pensata per resistere alle estreme temperature della zona ed ha dovuto rispondere ad estremi requisiti statici dovuti alla grande quantità di neve che cade nell’area durante la stagione invernale. L’intero progetto è altamente sostenibile: l’acqua grigia viene filtrata attraverso un sistema di serbatoi mentre l’acqua nera viene ridotta con l’ausilio di sistemi sanitari a vuoto. Di particolare rilevanza è la presenza di una piccola centrale elettrica che rende il centro autosufficiente dal punto di vista energetico.

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Fig. 14 - La piattaforma sui fiordi

Fig. 15 - La facciata in caso di neve 45


Fig. 16 - Rapporto tra edificio e contesto

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Fig. 17 - Le sedute esterne

Fig. 18 - Vista interna

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5 LA RISERVA NATURALE ORIENTATA DEL BOSCO DI MALABOTTA

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La riserva naturale orientata (RNO) del Bosco di Malabotta è un’area naturale protetta istituita15 nel 1997. Ha una superficie di 3.221,95 ettari ed il suo territorio ricade nei comuni di Francavilla di Sicilia, Malvagna, Mojo Alcantara, Montalbano Elicona, Roccella Valdemone e Tripi, nell’entroterra della provincia di Messina. La gestione della riserva è affidata all’Azienda foreste demaniali della Regione Sicilia. Il bosco, per via della sua estensione, presenta una straordinaria diversità ambientale: si passa, infatti, dai 650 metri dell’estremo limite meridionale fino ai 1341 metri di Croce Mancina; la flora e la fauna sono, quindi, radicalmente diversi a seconda della loro posizione all’interno della riserva. Diffusissime, soprattutto nella parte inferiore, sono le querce alle quali, sparsi nel territorio, si alternano pini, noccioli, castagni e, soprattutto, un raro tipo di felce, detta Woodvardia Radicans, le cui origini risalgono a circa 70 milioni di anni fa. Degna di nota è anche la faggeta nella parte settentrionale della riserva conservatasi grazie alle alte quote e al clima temperato-freddo della zona. Questa notevole differenziazione ambientale è apprezzabile anche da un punto di vista geomorfologico: a Nord i sedimenti argilloso-arenacei sono accompagnati da profili dolci e regolari, a Sud la presenza di agglomerati trascinati nel tempo dall’azione degli agenti atmosferici determinano la presenza di strapiombi come quelli di Pizzo Castelluzzo, Serra Castagna, Pizzo Daniele e Pizzo Galera. Tra gli animali presenti, oltre alle numerose specie di uccelli, tra cui il falco pellegrino, si possono citare gatti selvatici, volpi, istrici e cinghiali. 15 La riserva è stata istituita dal decreto dell’Assessorato regionale del Territorio e dell’Ambiente n. 477/44 del 25 luglio 1997 50


Dal punto di vista storico, poche ma significative sono le tracce lasciate dall’uomo: oltre ad alcune tracce di insediamenti umani ritrovati in località Argimusco, interessante è la Mandura Gesuittu, una sorta di ovile di epoca preistorica localizzata sulla SS 118 che collega il bosco al comune di Tripi. Inoltre, in contrada Piano Maccu, nel comune di Francavilla di Sicilia, scavi archeologici hanno riportato alla luce resti del V sec. a.C mentre a Malvagna, in contrada Cuba, si erge una cappella paleocristiana.

RNO di Malabotta Fig. 19 - La posizione della RNO di Malabotta all’interno della Sicilia

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Fig. 20 - Il panorama della RNO di Malabotta

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5.1 Regolamento, attività e divieti previsti Come detto, il territorio della riserva si estende per ben 3221, 95 ettari. Questi sono divisi nei 1516, 87 ettari della zona A, detta “di riserva” e nei 1705, 08 ettari della zona B, detta “di preriserva”. Nella Zona A, l’ambiente naturale è tutelato nella sua totale integrità ambientale ed ecologica, osservando strettamente i vincoli previsti dai riferimenti normativi in questione. Nella Zona B sono incluse tutte quelle porzioni di territorio che abbiano bisogno di un certo grado di tutela “attiva”, al fine di una migliore fruizione e valorizzazione dello stesso. Di seguito si elencheranno le principali attività consentite ed i divieti previsti per ognuna delle predette zone16.

16 I successivi elenchi di attività e divieti sono tutti estrapolati dall’ALLEGATO 1 del D. Lgs. 25 Luglio 1997 che ha istituito la Riserva Naturale Bosco di Malabotta 54


5.1.2 Zona A

Nella Zona A è consentito, tra le altre cose: - “Il restauro, il risanamento conservativo e la ristrutturazione per volumi già esistenti e catastati” - “effettuare eventuali mutazioni di destinazione d’uso degli immobili solo se strettamente funzionali al proseguimento delle attività ammesse o funzionali all’attività di gestione dell’area” - “effettuare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria su strade mulattiere e sentieri esistenti” - “effettuare interventi di rinaturazione e restauro ambientale” - “praticare l’escursionismo” I divieti principali da rispettare sono: - “realizzare nuove costruzioni ed esercitare qualsiasi attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ivi compresa l’apertura di nuove strade, nonché la modifica planoaltimetrica di quelle esistenti” - “la demolizione e ricostruzione degli immobili esistenti, fatta eccezione per i casi di comprovata precarietà, mantenendo la stessa cubatura e destinazione d’uso” - “la collocazione di strutture prefabbricate anche mobili e di roulottes”

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- “eseguire movimenti di terreno” - “asportare o danneggiare rocce, minerali, fossili e reperti di qualsiasi natura, salvo per motivi di ricerca scientifica” - “alterare l’equilibrio delle comunità biologiche naturali”

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5.1.2 Zona B Nella Zona B, le attività consentite sono: - “le nuove costruzioni devono avere esclusiva destinazione d’uso alla fruizione e all’attività di gestione della riserva” - “Eventuali trasformazioni che possono modificare il paesaggio agrario caratteristico della zona o che comportino movimenti di terra, dovranno essere sottoposte a preventivo nulla osta dell’ente gestore” - “effettuare eventuali mutazioni di destinazione d’uso degli immobili solo se strettamente funzionali al proseguimento delle attività ammesse o funzionali all’attività di gestione dell’area” - “effettuare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria su strade mulattiere e sentieri esistenti” È vietato: - “la demolizione e ricostruzione degli immobili esistenti, fatta eccezione per i casi di comprovata precarietà, mantenendo la stessa cubatura e destinazione d’uso” - “asportare o danneggiare rocce, minerali, fossili e reperti di qualsiasi natura, salvo per motivi di ricerca scientifica”

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6 L’AREA DI PROGETTO: L’ALTOPIANO DELL’ ARGIMUSCO

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“A monte di Montalbano e di Tripi, geograficamente verso Sud, sul largo pianoro, che rende ameni e praticabili i colmali dei Nebrodi, in quella parte, che offre la vista sul mare, delle isole Eolie, dei Peloritani, dell’Etna, sono distribuite, fra rilievi e declivi, rocce ed opere murarie di affascinante bellezza, che recano i segni di civiltà millenarie. L’osservatore non superficiale o, comunque, interessato alla ricerca del bello trova in questi luoghi tutta la materia necessaria per sentirsi rigenerato nello spirito e rinfrancato nel corpo.”17 Così Gaetano Pantano, appassionato studioso montalbanese molto attivo nella seconda meta del XX secolo, descrive l’area oggetto della tesi: l’altopiano dell’Argimusco. Si tratta di un luogo dalla forte valenza naturalistica ed archeologica: è formato, infatti, da una serie di particolari formazioni rocciose a cui l’uomo ha attribuito forme antropomorfe e zoomorfe. Tali rocce, inoltre, sono particolarmente legate all’osservazione del cielo ed ai suoi fenomeni.

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G. Pantano, Megaliti di Sicilia, Edizioni Ediscon, 2018, pp. 30


6.1 Inquadramento e accessibilità

L’intera area si estende tra i 1165 ed i 1230 metri sul livello del mare, nella zona di confine tra i Monti Nebrodi ed i Peloritani, all’interno del territorio del comune di Montalbano Elicona, dal quale dista circa 6 km. Essa si trova al confine settentrionale della RNO del Bosco di Malabotta, e ricade all’interno della zona B, quella di pre-riserva.

Fig. 21 - Localizzazione dell’Argimusco nella provincia di Messina. In rosso il comune di Montalbano Elicona

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Fig. 22 - Localizzazione dell’Argimusco all’interno della RNO di Malabotta

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La zona è raggiungibile sia da Messina che da Catania. Nel primo caso, percorrendo l’autostrada A20, bisogna uscire a Falcone e, circa 30 metri dopo il casello, prendendo la strada che porta a Montalbano Elicona, si seguono le indicazioni per l’Altopiano.

Nel secondo caso, invece, bisogna prendere l’uscita Giardini Naxos della A18 e proseguire poi in direzione Francavilla di Sicilia/Mojo Alcantara/Roccella Valdemone. Attraverso la SP2, si arriva al bivio con la strada SP110, che bisogna imboccare in direzione Montalbano. Dopo circa 300 metri, si prende la SP115, detta anche “Tripiciana”; percorrendola per circa 2 km si arriverà all’Argimusco.

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6.2 Descrizione del luogo

L’altipiano dell’Argimusco rappresenta uno dei siti geologici più interessanti del Sud Italia. Le caratteristiche Rocche disseminate all’interno dell’area sono state, nel corso dei secoli, modellate dall’azione della Natura18, che le ha “dotate” di particolari forme umane ed animali. Dal punto di vista geologico, queste Rocche siliclastiche appartengono alla sequenza del Flysch di Capo D’Orlando, una formazione risalente alle età dell’Oligocene (circa 33-23 milioni di anni fa) e del Miocene Inferiore (circa 23-16 milioni di anni fa), durante le quali l’altopiano era ancora sommerso dalle acque marine. L’antichità di questo luogo è testimoniata dai tafoni, particolari cavità alveolari generate dall’azione erosiva millenaria del vento e dalle sfere litiche, che possiamo trovare sia ancora inglobate nelle rocce che espulse a terra.

Fig. 23 - Esempio di tafone 18 64

Fig. 24 - Esempio di sfera litica

Principalmente dall’azione erosiva di vento e acqua


L’ingresso all’area è situato nei pressi di un bivio che si trova al chilometro 21 della SP115, strada che collega i comuni di Tripi e Montalbano Elicona. Un piccolo cancello di legno che si trova sulla strada che porta all’ingresso ufficiale della RNO del Bosco di Malabotta permette di accedere al sentiero sterrato che conduce alla scoperta dell’altopiano.

Fig. 25 - Il cancello di ingresso all’area

La prima formazione rocciosa che si incontra è quella formata da due pietre naturali, che ricordano ciò che resta di una gigantesca porta, ed una roccia che, vista da Nord sembra assomigliare ad un Mammut19. Proseguendo lungo il percorso principale si giunge alla formazione denominata del Varco del Leone, la quale, se osservata da Est, presenta, nella parte meridionale, un profilo di viso antropomorfo chiamato il Sacerdote, figura che possiede un foro rassomigliante ad un occhio umano. Passando ancora oltre, si incontra forse la roccia più caratteristica dell’intera area, l’Aquila. Questa roccia zoomorfa dal becco triangolare sembra 19 I nomi di questa e di tutte le Rocche dell’Argimusco sono stati scelti da Gaetano Pantano e Giuseppe Todaro, professori di Montalbano Elicona nel corso del XX Secolo e da Andrea Orlando, Presidente dell’Istituto di Archeoastronomia Siciliana. 65


quasi osservare il movimento apparente del Sole nel corso dell’anno. Lasciando l’Aquila sulla destra, si arriva alla zona più importante ed affascinante dell’altipiano, la cosiddetta area sacra. Qui, infatti, sono presenti le tre formazioni più imponenti dell’Argimusco: la Grande Rupe, la Rupe dell’Acqua e, dietro essa, la cosiddetta Rupe del Fuoco.

Fig. 26 - L’area sacra

Sulla Grande Rupe, se la si osserva da Sud, si scorge un altro profilo dalle sembianze umanoidi, detto il Siculo (o Teschio), nel quale l’azione erosiva del vento è particolarmente apprezzabile. Altro profilo antropomorfo è, infine, quello dell’Alchimista, situato nella parte occidentale della suddetta rupe. La formazione più suggestiva, tuttavia, è certamente la Rupe dell’Acqua: nella sua parte settentrionale, infatti, si trova l’Orante o Dea Madre, una straordinaria figura androgina, alta circa 25 metri, che sembra avere le mani giunte e che guarda verso Nord. Sopra l’Orante si trova, inoltre, uno dei segni antropici più importanti presenti sull’altopiano: si tratta della 66


Vasca, cavità intagliata direttamente nella pietra, e testimonianza dell’utilizzo e dell’occupazione umana dell’area nel corso della storia. La vasca, secondo alcuni studi20, era principalmente utilizzata per la raccolta dell’acqua21. L’intervento umano si può riscontrare anche nella presenza di alcune coppelle intagliate sulla pietra ed oramai consumate dall’azione dell’acqua; esse si trovano su un piano inclinato sulla Rupe del Fuoco. Tra la Rupe del Fuoco e quella dell’Acqua, si incontra la caratteristica Pietra dei sette scalini, roccia che si distingue per la presenza di sette scalini intagliati nella pietra e, dalla cui sommità, si può osservare l’orizzonte occidentale. A conclusione di questa descrizione, è importante citare la roccia più interessante della parte settentrionale dell’area che, per via della sua caratteristica forma cubica, è chiamata Torre. L’importanza di quest’ultima è data dalla particolare posizione geografica: si trova, infatti, in prossimità della linea equinoziale (Est-Ovest), che lambisce la Rocca Novara o Rocca Salvatesta, importante sito di importanza comunitaria (SIC) e, come vedremo in seguito, vero e proprio indicatore equinoziale.

20 La Vasca è stata studiata dal professore Giuseppe Pantano nel 1994 21 Sull’importanza dell’elemento acqua sull’altipiano si veda: Orlando A. 2019a. L’altopiano dell’Argimusco: il concetto di ‘paesaggio sacro’ e nuove considerazioni su credenze indigene e religiosità nel territorio abacenino, in Sofia G. and S. Raffiotta (a cura di), Greci e non Greci tra Sicilia e Magna Grecia. Terme Vigliatore, pp. 61-73. 67


Fig. 27 - Il Varco del Leone

Fig. 28 - La Porta

Fig. 29 - L’Orante

Fig. 30 - Il Sacerdote

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Fig. 31 - L’Aquila

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6.2.1 I sentieri escursionistici

Al completamento della descrizione del luogo, è utile sottolineare la valenza che assume l’ Argimusco in relazione all’ escursionismo e, più in particolare, al rapporto con due importanti sentieri: il Sentiero Italia (SI) ed il Sentiero Europeo (E1). Il Sentiero Italia è un tracciato di circa 7000 km che collega l’intera penisola italiana, che, partendo dal versante meridionale delle Alpi, si sviluppa lungo la dorsale appenninica per arrivare alle isole. Ideato nel 1983 da un gruppo di escursionisti, nel 1990 è diventato parte integrante del CAI22. In Sicilia, il Sentiero CAI consta di 29 tappe, per un totale di oltre 500 chilometri: si tratta di un percorso che, passando per le più importanti catene montuose siciliane, parte da Trapani e arriva a Messina23. La tappa di nostro interesse è la SI V24 che, con una lunghezza di 23,5 km, collega i comuni di Montalbano Elicona e Novara di Sicilia, rappresentando una sorta di passaggio tra i Monti Nebrodi ed i Peloritani. Il percorso, scendendo da Montalbano, incrocia la SP 115 e si ricollega al percorso principale dell’Argimusco, per poi incunearsi all’interno del Bosco di Malabotta prima di risalire verso Novara di Sicilia. Dall’Argimusco, inoltre, parte il primo tratto della parte siciliana del Sentiero Europeo E1, un percorso a lunga percorrenza che, con oltre 7000 km, unisce la Norvegia all’Italia, passando per Svezia, Danimarca, Germania e Svizzera. 22 Club Alpino Italiano 23 Per scoprire le tappe siciliane del SI vedere il volume 9 della collana ‘Le Montagne Incantate’ (2019) realizzata dal National Geographic, CAI e l’Altro Versante. 70


Dopo aver attraversato il bosco di Malabotta, il sentiero arriva sino all’Alcantara per poi entrare nel territorio etneo dal versante di Linguaglossa. Giunge, quindi, fino al versante sud del vulcano arrivando a Nicolosi. Da qui, inizia la discesa per Catania, dalla quale, comincia l’ultimo tratto, che porta a Capo passero, l’estremo inferiore di tutto il sentiero europeo E1.

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Fig.32 - Il Sentiero CAI in Sicilia

Fig. 33 - Il Sentiero E1

72 Fig.34 - Analisi dei percorsi


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6.3 La storia del luogo e le sue origini

Per trovare i primi studi sulla contrada dell’Argimusco bisogna risalire al XIII secolo. La prima attestazione storica, infatti, è datata al 1282 dove, nella Historia Sicula di Bartolomeo di Neocastro, si parla del passaggio del Re di Sicilia, Pietro III d’Aragona, dal cosiddetto “Argimustus”: Post haec ex parte illa jussit iter assumi, et dum pervenissent ad locum, qui dicitur Argimustus, jam Melatium, sicut in mare protenditur, insulae Vulcani, Lipariae et Strongylis ardentes conspiciuntur ex altis. Jam montium Phariae monstrantur confinia; satis visa placent, et loca commendnas delectabilia circumspectat; sedes Helenes Tindareae, ubi Virginis hodie sacra domus excolitur, Pactas et quae ante oculos surgunt Castra commendat; et descendens apud Furnarum, ibi residens noctem fecit. Da questa descrizione si evince come il luogo fosse già all’epoca apprezzato per le sue qualità visive, grazie alle quali si potevano apprezzare sia le Isole Eolie, con Tindari e Milazzo, quanto i rilievi circostanti. Qualche anno dopo, nel Luglio del 1308, è il figlio di Pietro, Federico III, a scrivere una lettera al fratello Giacomo d’Aragona: era una missiva di risposta alla tregua proposta da Roberto d’Angiò. Questa lettera è stata inviata proprio dall’Argimusco, il cui nome era, nel frattempo, mutato in “Argimuscum”. Dopo un periodo in cui non vi sono documentazioni che ne fanno menzione, il luogo ritorna ad essere citato circa 200 anni dopo dall’astronomo Gerardo Mercatore che, nella sua mappa denominata Siciliae Regnum, cita, poco più a sud di Montalbano, la presenza di una fonte d’acqua, chiamata “Lagrimusco fons”. Lo stesso toponimo viene, poi, riportato da una serie di cartografie dei secoli successivi, a testimonianza dell’importanza che il luogo aveva già all’epoca.

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Fig. 35 - Siciliae Regnum

Passando dalle fonti alle diverse ipotesi etimologiche proposte, emerge che la base di partenza sempre presa in considerazione dai ricercatori è la prima attestazione, quella di “argimustum”. Il nome, in accordo con alcuni studi toponomastici dello storico Giuseppe Pantano24, sembrerebbe rappresentare un refuso linguistico di origine araba, formato dai termini “hağar” (asgiàr), cioè ‘pietra, roccia’ e “mistah”, ossia ‘spazio pianeggiante’, dalla cui unione deriva “hağar-mistah”, che significa ‘Pianoro delle Rocce’. Questo termine è, in effetti, straordinariamente simile all’ “argimustum” che Bartolomeo di Neocastro cita nel XIII secolo: “asgiàr” diventa “argi” e “mistah” si tramuta in “mustuh”, da cui “argi-mustu” che, latinizzato, diviene l’«argimustus» del Neocastro. 24

Pantano G., Argimusco, la verità sull’origine del nome, Centonove, Messina, 2015. 75


L’importanza dell’Argimusco è, infine, evidenziata dal fatto che in quest’area passava una delle cosiddette regie trazzere. Si tratta di una delle strade che collegavano la costa tirrenica con il Simeto e la Valle dell’Alcantara, fin dall’antichità. Questo è testimoniato dalla Tabula Peutingeriana, che indicava le strade che permettevano di fare il giro della Sicilia. Proprio dalla contrada dell’Argimusco fluivano nella regia trazzera le strade provenienti da Roccella Valdemone, Malvagna, Tripi e San Basilio, una delle frazioni di Novara di Sicilia. Ciò è evidenziato da altre, importanti, mappe storiche25 nelle quali, in corrispondenza dell’Argimusco, è segnalata un nodo stradale, al centro del quale, ancora oggi, si erge un antico Fondaco.

Fig. 36 - Tabula Peutingeriana 25 Si citano la Carta generale della isola di Sicilia di G. E. Smith del 1826 e la Carte comparée de la Sicile du XIIe siecle, realizzata da A. H. Dufour e M. Amari nel 1859 76


Quest’ultimo, al quale in passato erano affiancate una torretta ed una taverna, era un luogo di riposo per i viaggiatori, nonchÊ un posto di guardia in epoca romana.

Fig. 37 - Il fondaco

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6.4 Argimusco e astronomia degli orizzonti L’Argimusco è stato protagonista, negli ultimi 50 anni, di alcuni studi riguardanti l’osservazione del cielo. Pioniere delle osservazioni sull’altopiano è certamente Gaetano Pantano, il quale in particolare ha osservato come l’alba solare, agli equinozi, sia collegata alla formazione del Varco del Leone. Pantano scelse come luogo dal quale osservare il fenomeno la Torre Fondaco, architettura che potrebbe essere stata costruita nella sua posizione attuale proprio per le sue caratteristiche archeoastronomiche.

Fig. 38 - L’equinozio visto dal fondaco

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Ma sono certamente le osservazioni e gli studi di Andrea Orlando che hanno fatto volgere l’attenzione scientifica internazionale sullo “skyscape” dell’Argimusco26. Dall’altopiano tutti gli orizzonti sono liberi alla vista e possono essere considerate due interessanti linee visive: quella Nord-Sud, la cosiddetta Linea del Fuoco (che unisce idealmente i vulcani Etna e Stromboli) e quella Est-Ovest, cioè la Linea della Luce. Ma è l’orizzonte orientale ad essere il più interessante per gli studi di “astronomia degli orizzonti”: in prossimità dell’Est geografico si trova, infatti, la Rocca Novara che, come già accennato, rappresenta un indicatore equinoziale osservando il sorgere del Sole durante gli equinozi (il principale punto di osservazione è la roccia a forma di Torre).

Fig. 39 - La Rocca Novara 26 Orlando A. 2017. Argimusco: cartography, archaeology and astronomy, in Orlando A. (ed.), The Light, the Stones and the Sacred, Astrophysics and Space Science Proceedings 48, Springer, pp. 123-155. 79


Nel dettaglio, questo “calendario dell’ orizzonte” funziona nel seguente modo: se, osservando il moto apparente del Sole durante l’anno, si vedrà l’alba del Sole alla sinistra della Rocca Novara (equinozio di marzo) allora siamo all’inizio della primavera, mentre se verrà osservata l’alba alla destra della Rocca (equinozio di settembre) significa che sta per iniziare la stagione autunnale.

Fig. 40 - Il Sole a sinistra della Rocca Novara segna l’inizio della primavera

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Fig. 41 - Il Sole a destra della Rocca Novara segna l’inizio dell’autunno

Nell’ antichità l’osservazione di questo particolare momento forniva, quindi, importanti informazioni sull’alternarsi delle stagioni e, di conseguenza, una vitale conoscenza per le pratiche agricole e religiose. L’intero altopiano può, quindi, essere considerato un santuario naturale, utilizzato dall’uomo dell’antichità per venerare la Natura ed i fenomeni celesti27.

27 Orlando A. 2019b. Argimusco disegnato dal Vento, in Regazzoni E. (ed.), Le Montagne Incantate 9 (National Geographic). Roma, pp. 42-49. 81


6.5 Studi e riconoscibilità internazionale Negli ultimi anni l’area ha assunto una sempre maggiore importanza e riconoscibilità internazionale grazie all’intensa attività scientifica condotta da Orlando ed alla grande attività di promozione proposta dall’Amministrazione diretta dal Sindaco di Montalbano Elicona Filippo Taranto. Questo ha portato il sito delle Rocche dell’Argimusco ad essere protagonista del recente congresso ICOMOS-ICAHM201828, svoltosi a Montalbano Elicona dal 24 al 28 Ottobre 2018. Durante questo convegno internazionale sono stati, inoltre, osservati sul terreno alcuni frammenti litici che sembrerebbero tradire una frequentazione storica del sito, forse legata agli spostamenti dei popoli indigeni che transitavano sull’altopiano dell’Argimusco per motivi di caccia o di culto29. Proprio in seguito a questo convegno è iniziata una opera di valorizzazione del luogo: è stata realizzata una mappa turistico-culturale30, ed una gigantografia di quest’ultima è stata collocata all’ingresso del percorso di visita al fine di garantirne una migliore fruizione31.

28 L’ICOMOS (International Council on Monuments and Sites) è il consulente professionale e scientifico dell’UNESCO per tutti gli aspetti riguardanti il patrimonio culturale e la sua conservazione. L’ICAHM si occupa, in particolare, della gestione del patrimonio archeologico mondiale 29 Orlando A. 2019c. L’altipiano dell’Argimusco, luogo di frequentazione preistorica, in Incontri 26. Catania, pp. 48-52. 30 Il progetto grafico e la stampa sono stati curati dall’Istituto di Archeoastronomia Siciliana, dalla Fondazione Mudima e da SicilyExplorers. 31 La gigantografia della mappa è stata installata dall’Amministrazione di Montalbano Elicona su una parete grezza di cemento che da numerosi anni rappresentava una vera bruttura. 82


Fig. 42 - La mappa informativa dell’altopiano

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7 LA PROPOSTA PROGETTUALE

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La proposta progettuale si inserisce nel contesto della valorizzazione di una zona che, oggi, pur essendo tutelata, non riesce a sfruttare appieno il suo enorme potenziale storico e culturale. L’idea è, dunque, di coinvolgere una ampia porzione del territorio, non limitandosi alla realizzazione di singoli edifici ma includendo all’interno del progetto anche degli interventi sull’intera area al fine di poterne migliorare la fruizione. La fase iniziale dell’iter progettuale è, quindi, stata quella di studiare l’andamento del terreno al fine di realizzare una risistemazione dell’accessibilità esistente che, oggi, è rappresentata da una semplice stradella che non instaura nessun tipo di legame con il territorio nel quale è inserita. Dopo questa prima fase si è successivamente, attraverso un programma funzionale, andati a determinare ed individuare le funzioni da insediare nei nuovi edifici. La scelta di tali attività è ricaduta all’interno di un processo il cui obiettivo è stato quello di consentire un uso quanto più continuativo delle strutture, rendendole fruibili per tutto il corso della giornata. La realizzazione dei blocchi del Visitor Center è, inoltre, stata subordinata all’utilizzo di materiali e tecniche costruttive sostenibili, abbinate a sistemi energetici che utilizzano le risorse naturali dell’area per soddisfare il fabbisogno energetico degli edifici stessi. Consequenzialmente a questa fase, si sono, poi, realizzati una serie di interventi puntuali volti a migliorare la valorizzazione dell’altopiano stesso: la rifunzionalizzazione ed illuminazione dei percorsi interni e la progettazione di un’area di meditazione che sfrutti la particolare panoramicità del territorio.

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STATO DI FATTO

STATO DI PROGETTO

87 Fig. 43 - Planimetria stato di fatto

Fig. 44 - Planimetria stato di progetto


7.1 La nuova accessibilità L’ingresso all’altopiano è, allo stato di fatto, una piccola stradella carrabile senza sbocco che, partendo dalla SP 115, si dirama verso il cancello di entrata per poi concludersi all’interno del Bosco di Malabotta. Essa non presenta alcun legame con il contesto, non considerandone gli elementi caratteristici. Il progetto della nuova strada nasce, quindi, dall’intento di collegare due elementi oggi completamente slegati tra loro; da una parte il fondaco, il cui rapporto con il luogo viene oggi negato dalla strada principale, e dall’altra le due formazioni rocciose che, a causa della loro forma che ricorda una gigantesca porta, possono rappresentare un “cancello” naturale di ingresso all’area.

Fig. 45 - Vista del fondaco

Fig. 46 - Vista della “porta naturale”

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Fig. 47 - Schema della nuova accessibilità

Questo è reso possibile analizzando la sezione del terreno, che si rivela particolarmente morbido e sinuoso e, dunque, facilmente percorribile a piedi. Con l’obiettivo di allontanare il quanto più possibile le auto dall’ingresso, infatti, questo nuovo nodo stradale è esclusivamente ciclopedonale. Agli automobilisti fruitori del luogo sarà tuttavia permesso di utilizzare il nuovo parcheggio nella parte sud-ovest del sito, che va a risolvere il problema della mancanza di posti auto nei dintorni della zona. 89


Ad accrescere l’importanza di questo nuovo nodo di collegamento contribuisce la presenza del nuovo Visitor Center, vero fulcro del progetto.

CARRABILE Fig. 48 - Dettaglio degli elementi progettuali 90

CICLO-PEDONALE


SCALA 1:2000

Fig. 49 - Sezione del terreno allo stato di fatto

Fig. 50 - Nuova sezione del terreno allo stato di progetto

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7.2 Il Visitor center: funzioni e idea concettuale Le funzioni da insediare all’interno del Visitor Center sono state frutto di una analisi volta ad una utilizzazione quanto più diversificata e continuativa della zona, nell’ottica di una sua adeguata valorizzazione e fruizione. Le attività proposte si differenziano, infatti, nel corso della giornata, al fine di attrarre flussi di utenti di ogni età ed esigenza. Questa flessibilità di funzioni si traduce, inoltre, in una flessibilità degli spazi interni: attraverso l’utilizzo di partizioni mobili, infatti, gli ambienti si modificano a seconda della funzione svolta in quel determinato momento della giornata. Come si può vedere dallo schema seguente, si è scelto di dividere il Visitor Center in tre edifici differenti: un info-point, una zona museale ed una area di ristoro, aventi al loro interno una serie di funzioni secondarie intrecciate e collegate tra loro. La scelta di individuare queste funzioni rispetto ad altre sta nella possibilità che esse forniscono per un maggior sviluppo del territorio. L’info-point fornirà al visitatore tutte le informazioni sul luogo, fornendolo di mappe, depliant ed organizzando visite guidate all’interno dell’altopiano. Le mostre e le esposizioni permanenti educheranno il visitatore sulla storia e sulle peculiarità del luogo. Potranno, inoltre, essere organizzati festival regolari al fine di promuovere il territorio. L’area museale può essere utilizzata per organizzare workshop, conferenze e corsi. La zona del ristoro servirà a promuovere e a far conoscere il cibo locale mentre, di notte, verrà riutilizzata come zona di sosta e riposo per gli escursionisti.

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Fig. 51 - Schema funzionale

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La divisione delle funzioni in tre strutture distinte ha anche una motivazione formale. I tre blocchi sono pensati come se fossero essi stessi delle Rocche naturali; la loro monoliticità ricorda quella delle formazioni rocciose dell’altopiano, rappresentandone il prologo alla visita. Particolare importanza assume, in questo contesto, la scelta della forma delle aperture: esse, infatti, sono un chiaro riferimento ai tafoni, particolari cavità dalla forma pseudo-circolare presenti nelle Rocche dell’Altipiano. La formazione di questi elementi è presumibilmente riconducibile all’azione erosiva del vento nel corso del tempo.

Fig. 52 - Esempio di tafoni

L’orientamento delle aperture segue, inoltre, delle logiche ben precise: esse contribuiscono a creare un rapporto diretto con il territorio circostante, lasciando entrare, nei vari ambienti del Visitor Center, “squarci” di natura, non negandone la vista dall’interno. 94


Nell’intento di ridare importanza al fondaco presente a sinistra della nuova strada, si è, infine, preferito prediligere questa vista rispetto ad altre: si viene a creare un nuovo “orizzonte del costruito” che, con le sue linee spezzate, si contrappone alle linee morbide del territorio circostante.

Fig. 53 - Particolare dell’andamento del terreno allo stato di fatto

Fig. 54 - Particolare dell’andamento del terreno allo stato di progetto

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7.2.1 L’info-point L’info-point è l’unico dei tre edifici ad essere suddiviso in più piani. Al piano terra troviamo un unico ambiente con biglietteria e servizi al quale si accede tramite due ingressi separati: quello a sud-ovest destinato al pubblico, quello a nord-ovest al privato. Tramite una scala privata si raggiunge il secondo livello, destinato esclusivamente ad uso privato. Qui, in corrispondenza dei servizi del piano inferiore vi è un piccolo ambiente, adibito a locale tecnico o guardaroba.

Disegni in scala 1:100

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7.2.2 Il museo Il secondo blocco è quello del museo dove, attraverso l’utilizzo di una partizione mobile, lo spazio diventa flessibile a seconda delle esigenze e delle attività interne; si hanno, infatti, due tipologie di configurazioni interne. Nel caso di configurazione chiusa, l’ambiente interno è suddiviso in due grandi aree: quella museale, che comprende la zona delle mostre e l’area lettura, e la sala conferenze, indipendente ed accessibile in maniera separata rispetto alla prima. La sala-conferenze può, ovviamente, trasformarsi ed essere utilizzata come laboratorio didattico o sala-corsi. Nel caso di configurazione aperta, la partizione mobile che divideva i due ambienti viene rimossa formando un unico grande ambiente: la sala-conferenze si trasforma in una aula-proiezioni al servizio della parte museale.

Disegni in scala 1:200

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7.2.3 Il ristoro-shop L’ultimo dei tre blocchi è quello del ristoro-shop. Anche in questo caso, ed in maniera maggiore rispetto agli altri edifici, si riscontra una diversificazione degli ambienti e dello spazio interno. Questa flessibilità funzionale è qui ottenuta tramite l’utilizzo di alcuni pannelli smontabili che, attraverso apposite guide fissate sul pavimento, possono essere sistemati nello spazio con una moltitudine di combinazioni. Nascono quindi tre configurazioni di piante differenti, due destinate all’uso diurno ed una all’uso notturno. Nella configurazione chiusa, si ha la distinzione netta tra la zona destinata allo shop e quella adibita a ristoro, pensata come caffetteria e panineria, senza l’utilizzo di una cucina. I due ambienti sono separati da una fila di 4 pannelli che dividono a metà l’ambiente interno. Altri due pannelli nascondono i servizi dalla vista. La configurazione aperta è, invece, adatta a situazioni in cui è necessario ampliare la zona ristoro, come nel caso di conferenze o eventi particolari. Qui, rispetto a prima, i pannelli ruotano di 90 gradi e trasformano l’ambiente in unico open-space. La terza configurazione è quella destinata all’uso notturno. Essendo l’Argimusco all’interno di due importanti sentieri, il Sentiero Italia ed il Sentiero Europeo E1, questa configurazione è stata pensata come zona di riposo per gli escursionisti. In questo caso, la caffetteria può essere utilizzata dagli stessi ospiti durante l’intero periodo di permanenza.

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7.2.4 La tecnica costruttiva Nel procedimento costruttivo della struttura si è preferito adottare un sistema a secco rispetto al più tradizionale sistema a umido. Tale tecnica presenta il vantaggio, durante la fase di costruzione, di non prevedere l’utilizzo di acqua o di leganti che necessitino di essere consolidati dopo la posa in opera. Durante la fase di montaggio gli elementi, generalmente prefabbricati, vengono collegati con giunzioni chimiche o meccaniche grazie a svariate tecniche, tra cui l’appoggio, l’incastro o mediante connettori, che variano in base al materiale utilizzato. Questo comporta una reversibilità del sistema, con la possibilità di reimpiegare materiali e componenti dell’edificio alla fine del suo ciclo di vita, diminuendone l’impatto economico ed ambientale. Anche il ruolo del cantiere cambia: le varie componenti della struttura vengono progettate e realizzate in fabbrica, trasformando il cantiere nel luogo del montaggio e non più della costruzione; in questo modo vengono ridotti esponenzialmente i rischi di incidente. Il materiale scelto per la realizzazione del Visitor-Center è l’XLAM. Questa tecnologia costruttiva, nata in Germania nella seconda metà degli anni ’90, consiste nell’incollare e sovrapporre più strati di legno massiccio in maniera tale che ogni singolo pannello sia orientato ortogonalmente rispetto ai due adiacenti. Il numero degli strati è sempre dispari e, a seconda dell’utilizzo e dei requisiti statici, varia da un minimo di 3 ad un massimo di 9. Tra i vantaggi della tecnologia XLAM vi sono un ottimo comportamento sismico, una buona resistenza al fuoco e, grazie alle qualità naturali isolanti e alla bassa conduttività termica del legno, un eccellente comportamento in termini di efficienza energetica. Nel caso in questione sono stati utilizzati dei pannelli a 5 strati nei quali, in fabbrica, sono

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stati realizzati i tagli delle aperture attraverso l’utilizzo di macchine a controllo numerico ad alta precisione. Sul lato esterno del pannello portante in XLAM è stato predisposto un cappotto termico costituito da pannelli in lana di roccia, che garantisce ottime prestazioni di isolamento termico ed acustico. Sul cappotto viene poi, tramite dei tasselli, inserita una rete di armatura rinforzata, la cui funzione è quella di conferire al sistema un’adeguata capacità di resistere ai movimenti del materiale isolante dovuti a fenomeni di ritiro o a escursioni termiche. Il rivestimento esterno è realizzato con sottili lastre in travertino al fine di donare l’effetto “pietra” all’intera struttura. Dal lato interno, una contro-parete separa la struttura portante dalla finitura.

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Fig. 55 - Esploso della sezione costruttiva 113


114 Fig. 56 - Il contesto attuale


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116 Fig. 57 - Il rapporto tra il Visitor center ed il contesto


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118 Fig. 58 - La biglietteria


7.3 La sostenibilità La questione della sostenibilità ambientale e della riduzione dei consumi energetici è diventata di importanza vitale nella nostra società. Infatti, al giorno d’oggi, i paesi industrializzati coprono circa l’85% del loro fabbisogno energetico attraverso l’utilizzo di combustibili fossili. Ciò provoca problematiche sia dal punto di vista economico, con l’aumento incontrollato dei prezzi del petrolio e dei suoi derivati, che dal punto di vista ambientale. L’esagerato uso di combustibili fossili, infatti, provoca una sempre crescente emissione di gas serra nell’atmosfera: è questa la prima causa del significativo aumento della temperatura terrestre degli ultimi anni (global warming). Il fenomeno del riscaldamento globale sta alterando gli equilibri climatici del nostro pianeta, causando disastri ambientali sempre più frequenti. In quest’ottica, è importante sottolineare il “triste” contributo del settore delle costruzioni nell’Unione Europea. Tale comparto è estremamente energivoro: basti pensare che consuma il 40% dell’energia totale, originando il 36% delle emissioni di CO2 e contribuendo al 50% della produzione annuale di rifiuti32. Dato questo scenario, nel progetto, oltre alle scelte tecniche già trattate, si è deciso di concentrarsi particolarmente sull’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed il sovrasfruttamento delle risorse idriche. Il primo tema è stato trattato con l’adozione di un sistema di mini-eolico integrato nel territorio. Questo vuole essere una evoluzione dal punto di vista formale del sistema di pale eoliche presenti nel territorio e visibili in lontananza dall’altopiano. 32 Margani G., Tecnologie per la progettazione sostenibile. Architettura Tecnica, tipi edilizi ed efficienza energetica (dispense del Corso di), Università degli Studi di Catania, A.A 2018-2019 119


Fig. 59 - Le pale eoliche sullo sfondo

Il secondo tema, invece, è stato trattato attraverso un sistema di recupero e riutilizzo delle acque piovane.

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7.3.1 Mini-eolico

Le particolari caratteristiche ambientali dell’area, particolarmente ventosa, agevolano l’adozione di un impianto che sfrutti la potenza del vento per la produzione di energia elettrica. È stato quindi pensato di sfruttare l’area della vecchia strada di ingresso all’Argimusco, creando un “percorso eolico-pedonale”, tramite l’installazione lineare di alcuni “alberi del vento”33.

Fig. 60 - Localizzazione del microeolico

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Il sistema Aeroleaf è stato brevettato dall’azienda francese NewWind nel 2011. 121


Questi si mimetizzano organicamente nella natura e sono dei veri e propri generatori di energia eolica con rami metallici e foglie in ABS34. Ciascun albero è alto 9 metri ed ospita 54 “foglie”, con una potenza di picco di 65 W per foglia: ogni albero avrà dunque una capacità totale di 3,5 kW. Grazie alla pluralità delle varie foglie, questo sistema ha il vantaggio di catturare venti anche molto deboli (con una soglia minima di 2 m/s) e di generare energia elettrica attraverso un generatore ed un microcontrollore posti alla base di ciascuna foglia. L’energia così prodotta viene, poi, immagazzinata in un sistema di accumulo.

Fig. 61 - Schema di funzionamento

34 L’ABS (Acrilonitrile butadiene styrene) è un comune polimero termoplastico utilizzato per creare oggetti leggeri e rigidi 122


123 Fig. 62 - La strada di accesso attuale

Fig. 63 - Il nuovo percorso


7.3.2 Recupero delle acque piovane

L’acqua è sicuramente la risorsa più preziosa del nostro pianeta e, come tale, ne va razionalizzato il suo utilizzo, prevedendo azioni finalizzate al risparmio idrico e ad una corretta gestione delle acque meteoriche. A tal proposito, nel progetto, come accennato precedentemente, si è prevista l’adozione di un sistema per il recupero e lo stoccaggio delle acque piovane. Queste, infatti, dopo essere state convogliate e filtrate, potranno essere raccolte in appositi serbatoi di accumulo, al fine di riutilizzarle in vari modi, come per il risciacquo dei WC o per l’irrigazione delle aree circostanti. Per dimensionare i serbatoi di accumulo, bisogna tener conto di due aspetti: l’apporto di acqua piovana, che si può determinare dalla piovosità annuale e dalle caratteristiche delle superfici di raccolta dell’acqua; il fabbisogno idrico, cioè il quantitativo di acqua necessario a garantire tutte le attività all’interno del progetto. Quest’ultimo dato, è, però, altamente variabile e quindi si è deciso di trascurarlo ai fini del calcolo.

dove: V

Volume, in litri, di acqua captabile annualmente dall’impianto

e

Efficacia del filtro (dipende dal tipo di filtro, ma lo si può approssimare a 0,96)

cap

f

C

Coefficiente di deflusso del tetto (varia in base al tipo di copertura, lo si pone uguale a 0,8)

P

Precipitazione media annua (a Montalbano Elicona è pari a 649 mm/anno)36

d

S

Superficie captante del tetto (considerano i tre blocchi del Visitor Center è pari a 2778,62 m2)

Nel caso in questione, avremo: V

= e · C · P · S = 0,96 · 0,8 · 0,649 m/anno · 2778,62 m2 = 1384,95 m3/anno

cap

f

d

Bisogna, poi, calcolare il “Tempo secco medio”, cioè la quantità di giorni in cui sono assenti precipitazioni atmosferiche: Tsm= (365-F)/12 dove:

Il quantitativo netto di acqua piovana è ricavabile con la formula35: V

Tsm

Tempo secco medio

F

Numero di giorni piovosi in un anno (per Messina, è pari a 73)

=e ·C ·P·S

cap

f

d

Si avrà quindi:

35 Questa e le altre formule per il dimensionamento dei serbatoi sono state ricavate da: Sciuto G., Modelli progettuali per la sostenibilità edilizia, Anabiblo Edizioni srl, Roma, 2010, pp. 24

Tsm= (365-F)/12 = (365-73)/12 = 24,33 36 124

https://it.climate-data.org/europa/italia/sicily/montalbano-elicona-114369/#climate-table


A questo punto, il volume della cisterna può essere calcolato con la formula: Vc= Tsm · (V

/365) = 24,33 · (1384,95 m3/anno/365) = 92,32 m3 ≃ 92000 l

cap

Il volume totale di 92000 litri è stato distribuito in 3 cisterne in poliestere da 31420 litri ciascuna, situate tra un edificio e l’altro. Le dimensioni dei serbatoi, da catalogo, sono di: lunghezza 116 cm; larghezza 210 cm; altezza 234 cm. Dopo essere caduta sulle coperture degli edifici, l’acqua verrà prima canalizzata da una serie di fluviali e poi filtrata da un dispositivo autopulente. Solo successivamente potrà essere convogliata all’interno dei serbatoi, pronta ad essere utilizzata.

Fig. 64 - Schema di funzionamento

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7.4 Gli interventi sul parco Contestualmente alla realizzazione del Visitor-center, all’interno del progetto di valorizzazione del territorio, sono stati pensati interventi diffusi sull’altopiano al fine di garantirne una migliore godibilità e fruizione. Oggi, infatti, l’area è immersa nella totale integrità della RNO di Malabotta e presenta, quindi, alcune criticità da sistemare e potenzialità da sfruttare. Detto della questione del parcheggio, tema già affrontato precedentemente, il progetto sul parco si divide in due interventi: la sistemazione dei percorsi pedonali e la realizzazione di una piccola area panoramica, in un particolare punto all’interno della zona di visita.

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7.4.1 L’area di meditazione

Numerosi sono, all’interno dell’altopiano, i punti dai quali poter godere di viste sul panorama abacenino ma ve n’è uno particolarmente suggestivo dal punto di vista visivo. Seguendo il percorso di visita principale, infatti, subito dopo aver oltrepassato l’Aquila, si arriva in una zona dalla quale è possibile, girandosi a 360 gradi, vedere contemporaneamente tutte le formazioni rocciose dell’area. È qui che il progetto prevede la realizzazione di un’area circolare composta da 53 blocchi di granito grezzamente levigati. Questa offre un’atmosfera unica favorevole alla contemplazione della Natura, nella quale l’Uomo, lontano dalla propria quotidianità, può ritrovare una condizione di serenità e di pace interiore; l’area può inoltre essere sfruttata come sosta durante le visite guidate o nel caso di organizzazioni di eventi all’interno dell’Argimusco.

Fig. 65 - Localizzazione dell’area di meditazione

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Fig. 66 - L’area panoramica attuale

128 Fig. 67 - L’area di meditazione


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7.4.2 La nuova illuminazione

I percorsi di visita sono, al momento attuale, solo delle semplici strade di terra che si muovono all’interno delle Rocche. e che, in certi casi, diventano quasi indistinguibili rispetto al contesto. Proprio per questo motivo, si è innanzitutto pensato alla delimitazione dei percorsi attraverso l’utilizzo di semplici staccionate in legno: queste, oltre a dare un senso di ordine al percorso di visita, marcano quasi una linea di “rispetto” tra il passaggio dell’Uomo e l’integrità del territorio. Queste staccionate si apriranno soltanto in corrispondenza delle varie Rocche, quasi come a voler invitare il visitatore a “deviare” dal percorso principale per volerle osservare da più vicino. Oltre alla “delimitazione”, si è poi pensato all’ “illuminazione”: per favorire eventi e visite dopo il calar del Sole e per agevolare l’esperienza degli escursionisti lungo il sentiero principale, si è deciso di illuminare il percorso tramite l’ausilio di led puntiformi.

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131 Fig. 68 - La nuova illuminazione


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8 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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8.1 Bibliografia Kerbaker A., Lo Stato dell’Arte. La valorizzazione del patrimonio culturale italiano, Bompiani, 2007. Margani G., Tecnologie per la progettazione sostenibile. Architettura Tecnica, tipi edilizi ed efficienza energetica (dispense del Corso di), Università degli Studi di Catania, A.A 2018-2019 Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Gambino R. (a cura di), AP Il sistema nazionale delle aree protette nel quadro europeo: classificazione, pianificazione e gestione, Firenze, ALinea Editrice, 2003. Orlando A., Argimusco: cartography, archaeology and astronomy, in The Light the Stones and the Sacred, Astrophysics and Space Proceedings 48, Springer, pp. 123-155, 2017. Orlando A., Argimusco disegnato dal Vento, in Regazzoni E. (ed.), Le Montagne Incantate 9 (National Geographic). Roma, pp. 42-49, 2019. Orlando A. (ed.), The Light, the Stones and the Sacred, Astrophysics and Space Science Proceedings 48, Springer, pp. 123-155. Pantano G., Argimusco, la verità sull’origine del nome, Centonove, Messina, 2015. Pantano G., Megaliti di Sicilia, Edizioni Ediscon, 2018. Salvemini S., Quando “Carmina Dant Panem”: la cultura come risorsa economica, (articolo di) Economia e Management, 3, Milano, Egea, 2005.

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8.2 Sitografia https://en.unesco.org http://geomorfolab.arch.unige.it https://issuu.com https://it.climate-data.org https://it.wikipedia.org https://sentieroitalia.cai.it https://unesco.beniculturali.it http://unescosicilia.it http://www.affaritaliani.it http://www.arch2o.com http://www.archdaily.com http://www.archipanic.com http://www.beniculturali.it https://www.clubmagellano.it http://www.confcultura.it

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http://www.dezeen.com https://www.istat.it http://www.parks.it http://www.regione.sicilia.it

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Ringraziamenti Dopo un lungo e faticoso percorso universitario, è finalmente arrivato questo traguardo fondamentale della mia vita. In questi ultimi anni, ho avuto la fortuna di essere accompagnato in questo cammino da una serie di persone che, per un motivo o per un altro, rappresentano, oggi, elementi fondamentali della mia vita. Innanzitutto desidero ringraziare il mio relatore, il professore Sebastiano D’Urso, che mi ha saputo guidare, fornendomi i consigli e la passione giusta, al compimento di questo lavoro di tesi. Grazie al mio correlatore, Andrea Orlando, il cui aiuto nella conoscenza e nell’analisi dell’area di progetto, è stato di fondamentale importanza per il mio lavoro. Grazie a mio padre, mia madre e mio fratello, che mi hanno supportato e sopportato, dandomi la comprensione ed il sostegno necessario in questi ultimi e stressanti mesi. Grazie ad Alessandra, per essermi sempre stata vicina, per aver creduto in me stesso e per avermi incoraggiato con affetto ed amore nei momenti difficili. Grazie a Valeria e a Serena, amiche sincere con le quali ho condiviso i momenti più importanti e sulle quali so di poter sempre contare. Grazie a Francesco e al “primo gruppo”, con cui, tra esami e momenti di svago, ho iniziato questo lungo percorso. Grazie ad Alessio e al “secondo gruppo”, quello dei colleghi “reali” ed “acquisiti”, con i quali le


giornate di studio venivano alleggerite tra birre, giocate, o semplici sorrisi. Un ringraziamento particolare va, infine, ad Alessio, Roberto e Viviana, “amici” e non più “colleghi”: insieme abbiamo affrontato la parte finale di questo lungo percorso, e oggi possiamo condividerne la fine insieme.





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