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Sutra Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il termine sūtra (सूt, pāli sutta), in sanscrito significa letteralmente filo (dalla radice indoeuropea *syū-, la stessa del latino suere, cucire), nel suo senso originale indica una "breve frase", un "aforisma". Usato nella cultura indiana per significare un insieme di insegnamenti sapienziali espressi in modo breve e sintetico, con i secoli ha ampliato il suo senso sino ad indicare componimenti molto estesi ed articolati, perdendo, in parte, il senso originale di 'componimento breve' o 'aforisma'. Nell'ambito del buddhismo il termine è tradotto in cinese con jīng (经 S ), in lingua giapponese con kyō (経 ? ) e in tibetano con mdo (མདོ).

Il Sutra del Diamante in una edizione cinese.

Nell'induismo i sūtra sono elaborazioni filosofico sapienziali successive alle Upaniṣad, che descrivono in versi succinti, e talvolta criptici, la metafisica, la cosmogonia, la condizione umana, come ottenere una vita beata e come purificare il proprio karma per reincarnarsi in un'esistenza migliore. Nel buddhismo il termine si riferisce esclusivamente ai testi inclusi nel Canone della scuola buddhista di riferimento (Canone buddhista); il termine pāli sutta, in particolare, si riferisce ad esempio ai testi del Suttanta o Sutta Pitaka del Canone pali della scuola Theravāda. Il termine sanscrito sūtra, invece, è relativo ai componimenti del Canone successivo, di ambito mahāyāna, composti in sanscrito o in sanscrito ibrido, detto anche 'sanscrito buddhista'. Secondo la visione convenzionale della tradizione religiosa buddista, i testi indicati come sutta o sūtra non sono elaborazioni posteriori ma trascrizioni dei discorsi tenuti da Siddhartha Gautama nel corso della sua predicazione. Il termine è stato usato anche nel giainismo, in cui indica un gruppo di biografie di Tirthankar (Kalpasutra).

Esempi La quantità di sūtra esistenti è immensa; alcuni tra i più noti sono: Nell'induismo: Yoga Sutra di Patañjali Vedānta Sutra Kama Sutra di Vatsyayana Nel buddhismo: Sutra del Loto Sutra della Vita Infinita Sutra del Cuore Sutra della Luce Dorata

Voci correlate Kārikā

Due estratti del Kalpasutra gianista.


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Papessa Giovanna Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La papessa Giovanna sarebbe stata l'unica figura di papa donna, che avrebbe regnato sulla Chiesa con il nome di Giovanni VIII dall'853 all'855. È considerata dagli storici alla stregua di un mito o di una leggenda medievale[1], probabilmente originato nel mondo ortodosso antipapale, e poi sicuramente ripresa dal potere temporale francese in conflitto col papato, la leggenda ottenne in Occidente un qualche grado di plausibilità a causa di elementi intriganti contenuti nella storia.

Indice 1 Panoramica 2 Confutazioni note 2.1 Note di paragrafo 3 Analisi 4 Nella cultura 5 Filmografia 6 Note 7 Bibliografia 8 Voci correlate 9 Altri progetti 10 Collegamenti esterni

Panoramica

La Papessa, ritratta su una carta dai Tarocchi Visconti-Sforza eseguiti da Bonifacio Bembo, ca. 1450, The Pierpont Morgan Library (inv. M. 630), New York.

Secondo la narrazione, era una donna inglese, educata a Magonza che, per mezzo dei suoi convincenti e ingannevoli travestimenti in abiti maschili, riuscì a farsi monaco con il nome di Johannes Anglicus per poi salire al soglio pontificio, alla morte di Leone IV (17 luglio 855), con il nome di Giovanni VIII. La papessa non praticava l'astinenza sessuale e rimase incinta di uno dei suoi tanti amanti. Durante la solenne processione di Pasqua nella quale il Papa tornava al Laterano dopo aver celebrato messa in San Pietro, mentre il Corteo Papale era nei pressi della basilica di San Clemente, la folla entusiasta si strinse attorno al cavallo che portava il Pontefice. Il cavallo del Papa, impaurito, reagì violentemente provocando a "papa Giovanni" un travaglio prematuro. Scopertone il segreto, la papessa Giovanna fu fatta trascinare per i piedi da un cavallo, attraverso le strade di Roma, e lapidata a morte dalla folla inferocita nei pressi di Ripa Grande. Fu sepolta nella strada dove la sua vera identità era stata svelata, tra San Giovanni in Laterano e San Pietro in Vaticano. Questa strada (a quanto sembra) fu evitata dalle successive processioni papali, anche se quest'ultimo dettaglio divenne parte della leggenda popolare, nel XIV secolo, durante la cattività del papato ad Avignone, quando non c'erano processioni papali a Roma.


In altre versioni della leggenda (ad esempio in quella riportata nella cronaca di Martino Polono) la papessa Giovanna sarebbe morta subito al momento del parto oppure, una volta scoperta, rinchiusa in un convento. Sempre secondo la leggenda, a Giovanna succedette papa Benedetto III, che regnò per breve tempo, ma si assicurò che il suo predecessore venisse omesso dalle registrazioni storiche. Benedetto III si considera abbia regnato dall'855 al 7 aprile 858. Il nome papale che Giovanna assunse venne in seguito utilizzato da un altro papa Giovanni VIII (pontefice dal 14 dicembre 872 al 16 dicembre 882).

Il parto della papessa Giovanna.

Parte essenziale della leggenda è un rito mai svoltosi, ma fantasticato e ripreso, in chiave antiromana e con molto gusto, da autori protestanti del Cinquecento: s'immaginò che ogni nuovo papa venisse sottoposto a un accurato esame intimo per assicurarsi che non fosse una donna travestita (o un eunuco). L'esame avveniva con il nuovo papa assiso su una sedia di porfido rosso, nella cui seduta era presente un foro. I più giovani tra i diaconi presenti avrebbero avuto il compito di tastare sotto la sedia per assicurarsi della presenza degli attributi virili del nuovo papa.

« E allo scopo di dimostrare il suo valore, i suoi testicoli e la sua verga vengono tastati dai presenti più giovani, come testimonianza del suo sesso maschile. Quando questo viene determinato, la persona che li ha tastati urla a gran voce virgam et testiculos habet ("Ha il pene e i testicoli") e tutti gli ecclesiastici rispondono: Deo gratias! ("Sia lode a Dio"). Quindi procedono alla gioiosa consacrazione del papa eletto. » (Felix Hamerlin, De nobilitate et Rusticate Dialogus (ca. 1490)[2]) « Testiculos qui non habet Papa esse non posset » (Francesco Sorrentino, Prova di Virilità ([3]) « D’allora st’antra ssedia sce fu mmessa / pe ttastà ssotto ar zito de le vojje / si er pontefisce sii Papa o Ppapessa » (Giuseppe Gioachino Belli, La papessa Ggiuvanna[4])

Confutazioni note Nel volume Apologia del Papato [1] (EffediEffe, 2014), il giornalista e scrittore Carlo Di Pietro [2] fornisce una sintesi annotata delle principali e più accreditate confutazioni (in ambiente cattolico) alla vicenda della Papessa Giovanna (Op. cit., p. 185, nota 353). Le fonti bibliografiche usate sono: Enciclopedia del Papato, a cura di G. Alberione, vol. II, p. 1374, p. 1536; Mille anni di leggenda. Una donna sul trono di Pietro, Cesare D’Onofrio, Romana Soc. Editr. 1978, pp. 6, 91, 97, 181, 204, 210, 211 ss.; Dizionario del Cristianesimo, p. E. Zoffoli, Sinopsis, 1992, v. Papessa; De nobilitate et Rusticate Dialogus, Felix Hamerlin, Basilea, 1497; Prova di virilità, Francesco Sorrentino, cit. in riv. Medioevo, De Agostini Periodici, nº 7/2008 pp. 90 e ss.; Enciclopedia Cattolica, Vaticano, 1951, vol. VI, pp. 481–484, v. Giovanna, Papessa; Dissertazione sulla leggenda della papessa Giovanna, David Blondel, anno 1647.


Dalla studio svolto dal Free lance lucano si evince che la storia della «papessa Giovanna» è una «favola, cara un tempo all’istoriografia protestante» già smentita dalla storia. «Nessuno storico serio oggi osa sostenere la verità di questa vecchia e disgustosa leggenda, non vale neanche la pena fermarci su […] di questa balorda leggenda, sfruttata dalla spudoratezza degli umanisti e dall’odio dei protestanti, si legga la v. Giovanna dell’Enciclopedia Cattolica […]» [3]. Sintesi conclusiva: «La “papissa” che diede il nome al “vicus” non è affatto la “famigerata Giovanna”, bensì un certo Giovanni Papa, proprietario di una casa che sorgeva in quel luogo, e che lui soleva addobbare per il passaggio del corteo papale. Per questo, infatti, “riceveva dalla Camera Apostolica otto soldi provesini”. La “papissa poté essere soltanto la moglie o la madre di quel nobile Papa che dominava nella zona [...]”. Tra i vari “ingredienti” della vicenda figurano anche due seggiole ‘o stercorarie’ di marmo forate, poi servite - dopo il presunto inganno della “papessa” per accertarsi del sesso, della virilità maschile e della verifica a “sfiorate”, del neo eletto durante la cerimonia dell’esaltazione al pontificato dei successori. Da questa pratica ne derivano le famose frasi: - “virgam et testiculos habet”, ossia “ha il pene e i testicoli” pertanto gli ecclesiastici ribattono: “Deo Gratias”, ossia “Sia lode a Dio”. Quindi incedono alla lieta ordinazione del Papa nominato; Anche “Testiculos qui non habet Papa esse non posset”. La “papessa” Giovanna avrebbe regnato dall’855 all’858, ma è certo che proprio in quegli anni - dopo san Leone IV (847-855) - regnò Benedetto III eletto dopo pochissime settimane (29 settembre 855 - 17 aprile 858), mentre l’unico Giovanni VIII fu Papa dal 14 dicembre 872 al 16 dicembre 882; Nella casa del “visus papissæ” figura quel Giovanni che - secondo il Liber Censuum di Cencio - “non è un ottavo da attribuire a lui, bensì al compenso in soldi provesini”. L’attribuzione si deve ad un “errore di impaginazione del testo: ‘Deinde usque ad domum Johannis Pape VIII’ /soldi provesini". “In altre parole [...]: come il toponimo vicus Papissæ venne arbitrariamente creduto della ‘papessa’; così la domus Johannis Papæ divenne l’abitazione del Papa Giovanni. L’errata, o, piuttosto, oculata cattiva lettura di una copia del Liber Censuum, dove si parlava di VIII soldi che spettavano al signor Giovanni Papa, fece il resto". Il 29 giugno 1633, a San Pietro, fu inaugurato il baldacchino del Bernini eretto sulla tomba dell’Apostolo, concepito da Urbano VIII, che volle si scolpissero sulle basi che sostengono le colonne sei volti di donna nelle varie fasi della maternità, dal concepimento ai dolori del parto, eternando così la grande idea della “Mater Ecclesia”. Il Pontefice, come noto, conosceva bene la leggenda della “papessa” Giovanna. Lo stesso David Blondel (Châlons-sur-Marne 1591 - Amsterdam 1655), pastore protestante del diciassettesimo secolo, analizzò il caso della cosiddetta “papessa” Giovanna e ne screditò totalmente ogni veridicità; testimonianza; la testimonianza del Blondel fa comprendere come addirittura un protestante, all’epoca nemico acerrimo di Roma, non potesse accettare tali falsità, per altro diffuse dai seguaci di Lutero stesso».

Note di paragrafo [1] http://www.effedieffe.com/index.php?option=com_content&view=article&id=296406:apologia-delpapato-contro-gli-errori-moderni&catid=83:free&Itemid=100021 [2] http://www.edizioniradiospada.com/autori/34-carlo-di-pietro.html [3] Citazione in Op. cit. p. 185, tratta da Enciclopedia del Papato, a cura di G. Alberione, vol. II, p. 1374 e da Enciclopedia Cattolica, Vaticano, 1951, vol. VI, pp. 481.

Analisi Il primo a pubblicare la leggenda, negli anni 1240, fu il cronista domenicano Giovanni di Metz, ripreso pochi anni dopo dal collega domenicano Martino Polono. Come per tutti gli altri miti in generale, esiste una parte di verità, abbellita da uno strato di finzione. Una sedia simile esiste; quando un papa prendeva possesso della sua Cattedra romana, in San Giovanni in Laterano, si sedeva tradizionalmente su una delle due sedie di porfido (la pietra degli imperatori, assimilata


alla porpora), con la seduta dispiegata a ciambella. Il motivo di questi fori è oggetto di discussione, ma poiché entrambe le sedie, di età costantiniana, sono più vecchie di secoli della storia della papessa Giovanna, esse non possono avere niente a che fare con una verifica del sesso del papa. Si è ipotizzato che in origine fossero dei water romani o degli sgabelli imperiali per il parto che, a causa della loro età e origine imperiale, furono usate dai papi per evidenziare le loro pretese imperiali (come fecero anche con il loro titolo latino di Pontifex maximus). Il D'Onofrio (cfr. bibliografia) spiega invece, in maniera convincente, che il rito aveva carattere essenzialmente religioso: la sedia da parto simboleggia la madre Chiesa che genera i suoi figli alla vita eterna. Una delle due sedie è attualmente esposta nella sala chiamata Gabinetto delle Maschere, nei Musei Vaticani. Molti autori fanno poi confusione con una terza sedia, di marmo e non di porfido, priva di foro, ancor oggi visibile nel chiostro annesso alla Basilica Lateranense, che è quella detta propriamente sedia stercoraria . La Teologia portatile o Dizionario abbreviato della Religione Cristiana[5] di d'Holbach definisce la sedia stercoraria come «sedia bucata su cui il pontefice appena eletto pone le sue sacre terga, affinché possa essere verificato il suo sesso, onde evitare l'inconveniente di una papessa». Nella Vita della papessa Giovanna, il Platina rammenta la sedia stercoraria in questi termini: «questa sedia è stata così predisposta affinché colui che è investito da un sì grande potere sappia che egli non è Dio, ma un uomo e pertanto è sottomesso alle necessità della natura».[6]

La Papessa, uno degli arcani maggiori dei tarocchi, qui ritratta come la "prostituta sulla bestia" citata nell'Apocalisse

Il mito della papessa Giovanna fu totalmente screditato dagli studi di David Blondel, uno storico e pastore protestante della metà del Seicento. Blondel, attraverso un'analisi dettagliata delle affermazioni e delle tempistiche suggerite, argomentò che nessun evento di questo tipo poteva essere avvenuto. Tra le prove che discreditano la storia della papessa Giovanna troviamo: La tradizionale processione papale di Pasqua non passava nella strada dove la presunta nascita sarebbe avvenuta. Non esiste alcun documento d'archivio su un tale evento. La "sedia dei testicoli", su cui i papi siederebbero per avere la propria mascolinità accertata, è di molto precedente all'epoca della papessa Giovanna e non ha niente a che fare con il requisito che ai papi vengano controllati i testicoli (come spiegato più sopra). papa Leone IV regnò dall'847 fino alla sua morte nell'855 (e papa Benedetto III gli succedette nel giro di settimane), La papessa Giovanna raffigurata nelle rendendo impossibile che Giovanna abbia regnato dall'853 Cronache di Norimberga di Hartmann all'855. Schedel, 1493. Nella memoria storica del popolo di Roma un evento di tale tipo non è mai esistito e mai riportato, l'evento è stato suggerito dall'esterno sempre da autori sospetti con evidenti interessi denigratori. Il momento della prima comparsa della storia coincide con la morte di Federico II di Svevia, che era stato protagonista di uno stridente conflitto con il papato. Gli storici concordano in generale sul fatto che la storia della papessa Giovanna sia una satira anti-papale ideata per collegarsi allo scontro del papato con il Sacro


Romano Impero, facendo leva su tre paure cattoliche medioevali: un papa sessualmente attivo una donna in posizione di autorità dominante sugli uomini l'inganno portato nel cuore stesso della Chiesa. Ciò che potrebbe aver preso avvio come satira da presentare nei carnevali di tutta Europa, finì comunque per essere una realtà accettata a tal punto che alla papessa Giovanna fanno riferimento personaggi come Guglielmo di Ockham. Ella compare anche in alcuni elenchi di Papi, principalmente nel Duomo di Siena, dove la sua immagine appare tra quelle dei veri pontefici. La leggenda acquisì supporto dalla confusione sull'ordine dato ai papi di nome Giovanni; siccome Giovanni è il nome di papa più usato, e alcuni Giovanni erano antipapi, ci fu confusione su quali numeri appartenessero ai veri papa Giovanni. A causa di ciò l'elenco dei papi non comprende un papa Giovanni XX.

Nella cultura Alcuni hanno accostato la carta della Papessa, uno dei trionfi (o arcani maggiori) dei Tarocchi, con la leggenda della papessa Giovanna.[7][8] Lo scrittore greco Emmanouil Roidis pubblicò nel 1865 il romanzo satirico e anticlericale I Papissa Ioanna (La Papessa Giovanna) che scandalizzò e irritò il clero ortodosso. L'opera, pur suscitando accese polemiche per il suo tono ironico e dissacrante e per la trama boccaccesca, riscosse in patria uno straordinario successo, imponendosi come caso editoriale anche al di fuori dei confini ellenici. Lo scrittore inglese Lawrence Durrell pubblicò nel 1954 The Curious History of Pope Joan, una traduzione del romanzo di Roidis che ebbe una buona diffusione. Inizialmente Durrell provò a spacciarla per una sua opera. Più recente è il romanzo dell'autrice statunitense Donna Woolfolk Cross Pope Joan (1996), da cui è stato tratto nel 2009 il film La papessa (cfr. infra).

Filmografia Sono stati realizzati due film su questa leggenda: uno, del 1972[9], l'altro nel 2009.[10] La papessa Giovanna è un film del 1972 di Michael Anderson, con Liv Ullmann nel ruolo di Giovanna e con la partecipazione di Olivia de Havilland e di Trevor Howard nel ruolo di papa Leone. La papessa (titolo originale: Die Päpstin) è un film del 2009, tratto dall'omonimo romanzo di Donna Woolfolk Cross e diretto da Sönke Wortmann, nella quale Johanna Wokalek ha interpretato il ruolo di Giovanna.

Note 1. ^ Tra gli altri da Alain Boureau, che intitola il suo volume proprio La papessa Giovanna. Storia di una leggenda medievale; da D'Onofrio, che intitola il suo studio Mille anni di leggenda: Una donna sul trono di Pietro; da Conti nel suo articolo su Medioevo di giugno 1997 intitolato Un papa di nome Giovanna 2. ^ citato in The Female Pope, di Rosemary & Darroll Pardoe (1988), v. bibliografia. 3. ^ citato in rivista Medioevo, De Agostini Periodici (7/2008 pagg. 90 e ss.), v. bibliografia. 4. ^ Sonetto n. 279 La papessa Ggiuvanna del 26 novembre 1831, v. bibliografia.


5. ^ Paul Henri Thiry d'Holbach, Teologia portatile o Dizionario abbreviato della Religione Cristiana, tr. it. Pisa, 1999 6. ^ Bartolomeo Platina, Vitae Pontificum Romanorum, Roma 1932, pp. 151-52 7. ^ Nica Fiori, Roma arcana: i misteri della Roma più segreta, Edizioni Mediterranee, 2000, p. 86, ISBN 978-88-2721353-7. URL consultato il 15 maggio 2012. 8. ^ Maria Rosaria D’Uggento, La santa, la papessa, la poetessa, la sanculotta, la resistente, Editrice UNI Service, 2010, p. 41, ISBN 978-88-6178-617-2. URL consultato il 15 maggio 2012. 9. ^ La papisa Juana (1972) (http://www.imdb.es/title/tt0069110/) 10. ^ La mujer papa (2009) (http://www.imdb.es/title/tt0458455/)

Bibliografia Demetrio Piccini "LA PAPESSA", fumetto, luglio 2013, (www.artefumetti.it) A. Boureau. La papessa Giovanna, Torino 1991 Cesare D'Onofrio. Mille anni di leggenda: Una donna sul trono di Pietro, Romana Società Editrice, 1978 (EN) Donna Woolfolk Cross. Pope Joan, Ballantine Books, ISBN 0-345-41626-0 (EN) Rosemary e Darrell Pardoe. The Female Pope: The Mystery of Pope Joan. The First Complete Documentation of the Facts behind the Legend (http://www.users.globalnet.co.uk/~pardos/PopeJoanHome.html), Crucible, 1988. Emmanouil Roidis La Papessa Giovanna, 1866. Edito in Italia per Ed. Crocetti, 2003. Francesco Sorrentino. Prova di virilità su Medioevo rivista edita dalla De Agostini Periodici n. 7/2008 pagg. 90 e ss. Giuseppe Gioacchino Belli, Tutti i sonetti romaneschi, 2002, "LiberLiber" (http://www.liberliber.it/biblioteca/b/belli/index.htm) Isabel Sheehan, Gli Enigmi dell'Aquila, editore "Le Cinque Stagioni" (http://cinquestagioni.altervista.org/), ISBN 9788890363719, 2011 - (ucronia d'ispirazione fantasy in cui il personaggio di Giovanni appare come co protagonista).

Voci correlate Antipapismo Marozia Prete Gianni Teodora (X secolo)

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Collegamenti esterni Francesco Quaranta, La Papessa Giovanna, MondiMedievali.net. URL consultato il 17 dicembre 2008. (EN) Popess Joan in Catholic Encyclopedia, Encyclopedia Press, 1917. Blanrue, Paul-Éric. La papesse Jeanne, mythe ou réalité ? (http://www.zetetique.ldh.org/papesse.html). Cercle zététique Barthélemy, Charles. Erreurs et mensonges historiques (http://archive.org/stream/erreursetmensong01bartuoft#page/n11/mode/2up). 1ère série. Paris, Ch. Blériot,1876. "La papesse Jeanne", p. 1-37.


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SOGNO: Notte 06/11/2013 MALATA TERMINALE SUL TRENO DIMENTICATA – MONACA – SUOR ANGELICA – IN PUTREFAZIONE – LIQUIDO GIALLO VERDE; PRESA SU DI ME, AIUTATO DA MAMMA MI LASCIA; LIQUIDO GIALLO-­‐VERDE MI SCHIZZA SUL DORSO DELLA MANO DESTRA; RITORNA CON UN’ASCIA “BIPENNE” PER SPACCARMI. SPACCARE (etimologia: ex-­‐paccare = far uscire fuori dal pacco).
































































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