Le Siciliane - Casablanca n. 56

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Volevo fare l’inviatA speciale

La Sicilianina Graziella Proto La sua vita racconta di inquietudine, curiosità, rigore. Determinazione femminile. Diversi concorsi giornalistici intitolati alla sua memoria. Tante strade e piazze col suo nome. Maria Grazia Cutuli, giornalista, appassionata di politica estera, era una donna di grande coraggio, ma con tante insicurezze e fragilità: una cucciola. Tuttavia aveva una tenacia smisurata nel raggiungimento del suo traguardo. Diventare una grande inviata. È stata a Sarajevo, a Gerusalemme, in Ruanda, Congo, Sierra Leone. Nel 2001, quando Kabul fu liberata dai talebani, si trovava in Afghanistan per conto del “Corriere della Sera”. Forse solo un caso, forse aveva visto o scritto qualcosa che non doveva, è stata uccisa vicino a Surobi da un gruppo armato mentre assieme a tanti altri giornalisti raggiungeva Kabul. Il 15 novembre scorso, in appello, è stata confermata la condanna a 24 anni di reclusione per i due afgani accusati del suo omicidio. Era piccolina. Minuta. Esile. Capelli rossi lunghi. Coraggiosa e testarda. Sofisticata. Chiacchierona. Amava i vestiti colorati, allegri, etnici.

Era stata mandata in Afghanistan dal “Corriere della sera”. L’hanno uccisa a sangue freddo a Surobi nei pressi di Kabul il 19 novembre del 2001.

Prima un sasso lanciatole contro che la fece cadere a terra, e poi una serie di colpi di kalashnikov. Circa dieci. Insieme a lei lo spagnolo Julio Fuentes inviato per conto della testata “El Mundo”, l’australiano Harry Burton e l’afghano Azizullah Haidari, corrispondenti della Reuters. In Italia nello stesso istante sul “Corriere” leggevamo un suo articolo: Un deposito di gas nervino nella base di Osama. Un pezzo che il direttore De Bortoli ripubblicherà l’indomani – il 20 novembre 2001 – perché si sperava che la notizia non fosse vera. Maria Grazia Cutuli si trovava in Afghanistan da un mese per conto del “Corriere della Sera”. Si trovava lì per seguire le operazioni militari dopo la caduta del regime

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