I “Nuovi Italiani”
Senza il diritto di avere diritto Carlo Colloca L’Italia, sebbene sia meta di immigrazione da oltre vent’anni, non ha ancora elaborato un modello di inclusione socioculturale e politica dei cittadini stranieri immigrati. Tutte le pratiche sociali sono all’insegna della prudenza o della paura, anche se non mancano le azioni improntate alla collaborazione e alla cooperazione affidate alla buona volontà. L’immigrato è “suddito” in un Paese di “cittadini” in quanto non gode del suddetto diritto. Incide sulla definizione della rappresentanza politica, anche se poi gli è preclusa. È interessante soffermarsi sul clima socioculturale nel quale si inseriscono le sfide che l’Italia è chiamata a raccogliere rispetto agli effetti dei processi migratori. Negli ultimi anni le città attraggono flussi sempre più consistenti di cittadini stranieri immigrati. In questa sede, mi interessa richiamare l’attenzione, in particolare, sui c. d. “nuovi italiani”, ossia gli oltre cinque milioni di cittadini stranieri regolarmente residenti (pari all’8,7% di tutta la popolazione), spesso confusi dal dibattito pubblico e politico, con quelli che chiamerei “nuovi arrivati”, ovvero quanti quotidianamente arrivano in Italia e sono inseriti nel circuito dell’accoglienza. Dai grandi centri urbani alle località di provincia si assiste al diffondersi della presenza di “nuovi italiani”, ma non sempre l’atteggiamento fra gli autoctoni è aperto e disponibile alla solidarietà anzi,
di frequente, prevalgono l’indifferenza se non l’ostilità. Lo straniero è l’“altro” che può alterare il sistema socioculturale della società di arrivo, fino a sconvolgerlo, pertanto si tende a reagire con pratiche sociali all’insegna della prud enza o della paura, anche se non mancano le azioni improntate alla collaborazione e alla cooperazione. Nelle città italiane tendono a convivere sentimenti di apertura e chiusura e si fa strada un “modello riluttante” nei confronti dello straniero immigrato che determina un’inclusione subordinata, il che significa offrire lavoro, ma senza un set completo di diritti di cittadinanza. “Custodi” dei nostri affetti più cari, se si pensa a quanti anziani, minorenni o familiari portatori di disabilità, gli immigrati accudiscono in quaLeSiciliane Casablanca 28
lità di colf e badanti, sembrano trasformarsi, agli occhi di molti autoctoni, in Mister Hyde quando domandano diritti e servizi, e avanzano richieste a “casa d’altri”. Una repubblica democratica non può configurarsi come una “casa privata” o come la “casa di un ethnos”, secondo l’abusata metafora: “se tu vieni a casa mia, allora devi stare alle mie regole”. Una repubblica democratica è una Cosa Pubblica e vi appartengono tutti coloro