LeSiciliane n.72

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Io che amavo la mia libertà

Il mio ergastolo Natya Migliori Donne coraggio, donne resilienti, donne simbolo di una vita strappata che, a brandelli, può essere ricucita. Tante, in Sicilia e non solo. E troppo spesso dimenticate. Chiara Frazzetto è una di loro. Nel 1996, a Niscemi, la mafia stermina la sua famiglia. Sono le 18,30 di lunedì e Chiara si trova a Catania, dove frequenta l’Università. Un po’ a malincuore aveva salutato la famiglia, quell’inizio settimana. Non avrebbe voluto lasciare i sorrisi della madre, l’affetto del padre, le coccole del fratello Giacomo. Ma il dovere, le lezioni universitarie l’avevano fatta salire sul solito pullman, per tornare alla solita routine. Una routine che probabilmente le ha salvato la vita, ma gliel’ha anche cambiata per sempre: da quel lunedì, Chiara mai più rivedrà il padre e il fratello. I fratelli Infuso, Salvatore e Maurizio, entrano nell’attività di famiglia, un negozio di abiti da sposa, per chiedere il pizzo. Salvatore Frazzetto

tiene un’arma in negozio, probabilmente perché non è la prima volta che riceve questo genere di visite. Ma la pistola è troppo lontana da lui. Troppo vicina a uno degli Infuso. Salvatore cerca il pulsante per dare l’allarme al comando di polizia che dista solo 200 metri dal negozio. Infuso cerca il grilletto. E la sua mano è più veloce. Gli altri colpi sono per Giacomo, mentre la madre Agata, in preda al panico, corre fuori per cercare aiuto. Solo un caso, la pistola inceppata, risparmia la vita ad Agata, che non può far altro che veder morire il marito e il figlio. La sopravvivenza diventa per lei maledizione. Al dolore sopravvive solo per cinque mesi. Il suicidio della madre lascia Chiara da sola. Definitivamente. Disperatamente. Chiara è disperata, annientata, Non molla. Resiste. È forte. Si riprende i brandelli di vita e la ricuce con tenacia. LeSiciliane - Casablanca 42

Una legge di solidarietà che porta il suo nome, le permette di trovare un lavoro, di cambiare città, di farsi una famiglia. É mamma adesso, di due figli “grandi”, diciotto e vent’anni, entrambi studenti. Ed è mamma che non dimentica e continua a raccontarla la sua storia. Per le scuole, ai giovani, ai minorenni in carcere. Perché cambiare si può, perché resistere si deve. E non può essere la paura ad averla vinta. “L’onorevole Piero Grasso racconta sorridendo Chiara Frazzetto a Le Siciliane- una volta mi disse che sono “tosta”, nel senso siciliano del termine. E in effetti lo sono, alla mia maniera. Collaboro con Libera, con la Fondazione Progetto Legalità ed ho preso parte a tanti progetti, come il film Io ricordo, di Ruggero Gabbai. Ma soprattutto mi sono prefissa l’obiettivo di girare l’Italia per raccontare la mia storia ai giovani, a scuola o nelle carceri minorili. Le nostre storie devono passare da lì. È lì che occorre portare


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