L’accoglienza dell’umana Europa
Yasmine Accardo Ad accoglierli non è mai un sistema caldo e accogliente. La sensazione deve essere quella del rifiuto come minimo di non essere gradito. Per i migranti le spietate frontiere non sono solo muri e fili spinati. Breve storia di un giovane tunisino arrivato vivo e morto suicida dopo poco tempo di fredda accoglienza in Italia. E non è l’unico esempio purtroppo. Oggi 20 Dicembre 2021, dopo oltre due settimane riusciamo finalmente a conoscere il nome dell’uomo che si è suicidato nel CPR di Gradisca d’Isonzo tra il 5 ed il 6 Dicembre. Si chiamava Anani Ezzedine, cittadino tunisino di 44 anni. Non conosciamo le ragioni che lo hanno portato ad un gesto di tale estrema e definitiva rivolta contro un sistema che in ogni modo si accanisce per annullare chiunque sia “altro”. Ezzedine si è suicidato a pochi giorni dalla morte orribile di Wissem Ben Abdel Latif, giovane tunisino di 26 anni. Wissem ha subito sulla sua pelle il girono infernale che riguarda tutte le persone che arrivano in Italia: prima l’hotspot sovraffollato di Lampedusa, dove è giunto il 2 Ottobre, poi la detenzione sulla nave quarantena Atlas
dal 3 ottobre al 13. In nessuno di questi momenti, come da copione, non è riuscito ad accedere al diritto di richiedere protezione internazionale. Il 14 ottobre insieme ad alcuni compagni di viaggio era già al CPR di Ponte Galeria, da dove denunciava la paura e la necessità di poter parlare con un avvocato. Qui chiedeva finalmente la protezione internazionale, ma per lui nessuna accoglienza. Come prevede infatti la normativa vigente, i richiedenti asilo possono essere trattenuti al CPR. Una volta entrati al CPR eventualmente si esce attraverso tre strade: il rimpatrio, un foglio di via e raramente con un permesso di soggiorno in tasca. Nel caso di Wissem non c’è stata LeSiciliane - Casablanca 8
nessuna di queste strade. Il 23 Novembre entrava all’Ospedale Grassi di Ostia e quindi al reparto psichiatrico dell’ospedale San Camillo di Roma dove è morto legato al letto, dopo 4 giorni, il 28 Novembre alle 4.20. Non conosciamo i fatti accaduti all’interno del CPR, ancor meno quanto avvenuto nei reparti psichiatrici. Sappiamo soltanto che il sistema che lo ha “accolto” dall’arrivo fino alla sua morte è un sistema violento ed umiliante. Un sistema killer in questo caso. La famiglia è venuta a conoscenza della morte soltanto il 2 Dicembre e diversi giorni dopo è anche stata informata che l’autopsia era stata già effettuata, senza che loro ne sapessero nulla. Un’ atto atroce, insostenibile tanto che il padre non