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Tra e pallottole

Tra e pallottole

Marisa Acagnino

A Catania a breve ci saranno le elezioni amministrative. Fermento e subbuglio fra i contendenti e aspiranti tali. Un esercito di nomi per le candidature e il centro destra pare abbia escluso l’indicazione di un esponente della società civile, preferendo un “politico”. Molti processi hanno evidenziato l’esistenza di legami fra alcuni politici ed esponenti dell’imprenditoria con la mafia catanese e l’unica cosa certa per tutti è che sarà il candidato a scegliere l’elettorato

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In un’affollata assemblea cittadina, come non se ne vedevano da tempo, almeno in consessi lontani da interessi e clientele, ci siamo trovati a riflettere sulla nostra amata città.

Città Insieme è, ancora oggi, con l’ostinazione di Salvatore Resca e la buona volontà di chi non si vuole rassegnare, uno dei pochissimi luoghi di confronto politico, intelligente e aperto a tutti.

Il tema del primo incontro dà il titolo al mio intervento: chi comanda a Catania?

Questo interrogativo è solo il primo di altri: chi dovrebbe comandare? Da quanto tempo non abbiamo un sindaco? A chi si rivolgono i catanesi quando interloquiscono con le istituzioni? Chi risponde al disagio sociale della città? …. E potremmo continuare ancora a lungo,

E’ chiaro che, in un Paese democratico, a “comandare” dovrebbero essere le istituzioni rappresentative della sovranità popolare che si esercita, anche nelle istituzioni territoriali, attraverso il voto.

Provo a rispondere solo ad alcune di queste domande, anche perché il mio punto di vista è viziato dalla mia professione di magistrato che mi mette in contatto, prevalentemente, con gli aspetti patologici della collettività.

Da anni, ormai, eleggiamo direttamente il Sindaco e, quindi, dovrebbero appartenere al passato certe logiche clientelari che hanno consentito a personaggi politici, per tutti valga il nome di Antonino Drago, di scegliere il primo cittadino catanese.

Così non è, e lo costatiamo anche in questa occasione: a breve ci saranno le elezioni amministrative e le varie segreterie sono in fermento, si fanno tanti nomi per le candidature e il centro destra pare abbia escluso l’indicazione di un esponente della società civile, preferendo un “politico”.

Ancora una volta i cittadini sono tagliati fuori ed è iniziata la corsa ad accaparrarsi i “collettori” di voto, da individuarsi in individui che assicurano dai 500 ai mille voti, e che spesso si nascondono dentro i CAF.

Basterebbe questo per scoraggiare i più e per allontanare gli onesti dai luoghi della politica.

NOI NON CI ARRENDIAMO.

NOI NON CI RASSEGNIAMO

Eppure c’è ancora chi crede di poter cambiare Catania, sono persone che non si nascondono, che sollecitano il confronto e lo studio dei problemi della città e delle strategie necessarie per arrestare il lento e inesorabile declino che la affligge.

C’è chi non vuole rassegnarsi a votare il meno peggio, ritrovando gli stessi candidati di sempre o, ancora peggio, gli stessi indagati…

In ogni caso, chi gestisce il consenso non si preoccupa del voto, sceglie gli elettori prima degli eletti, grazie alle percentuali elevatissime di astensionismo.

E’ evidente che questa situazione favorisce le organizzazioni mafiose che ancora .controllano il territorio, nonostante le indagini e gli interventi della magistratura.

I processi, anche quelli che si sono conclusi con l’assoluzione degli imputati, hanno evidenziato l’esistenza di legami fra alcuni politici ed esponenti dell’imprenditoria con la mafia catanese: non sono, nella maggior parte dei casi, condotte che integrano gli estremi di un reato, neanche del concorso esterno in associazione mafiosa, ma la responsabilità poli- tica impone, a mio modesto avviso, una valutazione più rigorosa.

La risposta alla domanda iniziale diventa così ancora più difficile: chi deve rispondere del degrado della città, chi, governandola, ha causato un probabile nuovo dissesto, con tariffe elevate e servizi scadenti? A queste domande nessuno risponde, per cui il cittadino si ripiega su se stesso e, quando ci riesce, galleggia in un mare di illegalità diffusa, cercando un punto d’appoggio: l’amico, il sodale, qualcuno che risponda al bisogno, più o meno immediato (dal pacco di pasta al lavoro precario) cui offrire, in cambio, il voto.

Il protrarsi di queste logiche perverse e il diffuso disinteresse consegnano Catania ad un logorante impoverimento economico e culturale, eppure esistono risorse umane e professionali capaci di segnare la svolta, alcuni si stanno organizzando, per dirla con Primo Levi: se non ora quando?

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