Politecnico di Milano - FacoltĂ di Architettura Corso di Laurea in Sustainable Architecture of Multiscale Project
La Grande Brera: una proposta.
Relatore: Prof. Arch. Marco Albini Simone Quagliaroli matr. 768766
“la forma parassitaria crea un’interferenza, un rumore nella funzionalità di un sistema, un’eccezione deviante in grado di evolvere la complessità dell’organismo, ma che nel suo posizionamento favorisce una sorta di spazializzazione dell’identità, nel riconoscimento del corpo difforme e nella mobilitazione degli apparati di igiene immunologica di sicurezza. Riconoscimento del sé nel disconoscimento dell’altro” L. Imbesi
Indice
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Abstract
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La Grande Brera
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Analisi Urbana - Milano
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Analisi area - Il quartiere di Brera
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Analisi Architettonica
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Analisi della situazione museale Milanese
g
Progetto urbano / Architettonico
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Progetto allestimenti museali
i
Progetto immagine coordinata
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Bibliografia, Riferimenti
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Abstract
Il bando per la Grande Brera individua nei locali di Palazzo Citterio l’ambito di ampliamento della Pinacoteca ed il contemporaneo spostamento dell’Accademia di Belle Arti verso un’area più a nord-est della città, gli spazi delle ex Caserme Magenta e Carroccio di via Mascheroni. Un’ipotesi, probabilmente una realtà del prossimo futuro, nella quale verrà a concretizzarsi la dissoluzione di quello che da oltre due secoli costituisce il principale nucleo e cardine del complesso: il binomio Accademia – Pinacoteca. A distanza ormai di due anni dalla conclusione dei termini del bando, i lavori, iniziati sia nel complesso di Brera che in Palazzo Citterio sono iniziati. In parte però a causa dell’importo disponibile, una piccola parte della cifra quantificata per la realizzazione del progetto completo, che per quanto riguarda Brera ha consentito di procedere esclusivamente ad alcuni lavori di ristrutturazione non più prorogabili, in parte anche forse per la dichiarata contrarietà, manifestata da più parti, verso una scelta che innegabilmente snaturerà una realtà storica unica al mondo, la sensazione è che la parola definitiva sul destino della Grande Brera non sia ancora stata pronunciata. La proposta qui contenuta, pur partendo dal bando per la Grande Brera come base del lavoro didattico proposto a partire dal primo Laboratorio Integrato di Progettazione del corso di Laurea Magistrale, se ne discosta macroscopicamente negli esiti, ponendo infatti come punto non negoziabile il mantenimento delle due componenti principali di Brera entro un’unica polarità inserendo e connettendo il prospiciente Palazzo Cusani al sistema Brera. Inoltre prevede come modalità di ampliamento della Pinacoteca “on site” per mezzo di strutture parassite dal forte impatto. Il progetto è completato dall’apertura e la restituzione del complesso alla città di Milano, mediante interventi che vanno dalla rifunzionalizzazione degli spazi esistenti interni ed esterni, in particolar modo il piano terra, fino allo studio di un’immagine coordinata. Varie scale di intervento quindi, da quello urbano fino al design, che concorrono ad un unico fine, comporsi in un progetto unitario capace di Brera come principale polo culturale di una Milano in primo piano tra le altre capitali europee.
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La Grande Brera
Estratto dal sito ufficiale “ verso la Grande Brera”: Potenziare ed arricchire quello che è uno dei poli culturali della città. Questo l’obiettivo dei finanziamenti statali stanziati il 23 marzo 2012 dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) per l’operazione «Grande Brera». Sono 23 milioni di euro destinati allo start up di quanto previsto nel protocollo d’intesa fra Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro della Difesa, il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, il Sindaco di Milano del 19 luglio 2010. In sostanza il Ministero della Difesa si impegnava a concedere all’Accademia di Belle arti di Brera le caserme Magenta e Carroccio in via Mascheroni a Milano per realizzarvi un campus didattico adeguato alle esigenze ed al rango dell’istituto. Alla conclusione di questi lavori, l’Accademia avrebbe a sua volta ceduto alla Pinacoteca spazi al piano terreno del palazzo di Brera.
Timeline
23 03 2012
11 12 2012
26 07 2014
24 07 2014
Il ministero per i Beni e le Attività Culturali, con delibera del CIPE eroga uno stanziamento in favore di interventi prioritari nel settore dei beni e delle attività culturali - sedi museali di rilievo nazionale. 23 Milioni destinati alla start-up dei lavori per la Grande Brera
Stanziamento di fondi a favore del settore dei Beni e delle attività culturali; un terzo dei quali destinati al progetto della Grande Brera.
Il Tribunale Amministrativo Regionale Lombardo respinge i ricorsi sulle istanze di sospensione della procedura, presentate da imprese partecipanti al bando per l’assegnazione dei lavori
Online il sito web:
www.versolagra ndebrera.it
03 12 2012
16 12 2013
24 07 2014
Presentazione dei progetti per il bando di gara CIPE relativo alla realizzazione della “Grande Brera”. Milano, Palazzo Litta
Concretezza e Chiarezza. Le linee direttive della Direzione Regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Lombardia, veicolando i 20 milioni di euro disponibili per i lavori di ristrutturazione di Brera e Palazzo Citterio, in attesa delle ulteriori disponibilità per il proseguo delle opere in previsione (tot. 120 milioni).
“Verso la Grande Brera: lo stato dell’arte” Conferenza sull’avanzamento dei lavori del progetto Grande Brera-. Milano, Palazzo Litta
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Analisi Urbana - Milano
Di origine celtica e poi romana ed in seguito passata per l’evoluzione tipica della città italiane: dominazioni “barbare”, comune, signoria sotto le famiglie dei Visconti e poi degli Sforza, Milano si presenta all’affaccio dell’età contemporanea, post unitaria, come un’importante polarità urbana, la cui espansione urbanistica viene regolamentata da una successione di piani regolatori che ne indirizzano lo sviluppo. La sempre maggiore rilevanza, soprattutto economica, di Milano a livello non solo nazionale fa si che i propri abitanti siano già 322.000 nel 1881, situazione che genera continue richieste da parte delle società immobiliari. Incapace di una risposta soddisfacente su questo fronte, nel 1884 la giunta comunale affida all’ing. Cesare Beruto l’incarico di redigere una proposta di piano regolatore, che prevede lo sviluppo degli insediamenti fino ad una capienza di 525.000 abitanti. Nel piano, l’ing. Beruto prevede espansioni in ogni direzione sulla base di un reticolo di isolati piuttosto grandi (200-300m. di lato) inframmezzati da piazze con lo scopo di ospitarne i mercati. Al proprio interno, gli isolati avrebbero ospitato spazi verdi e una rete interna di strade le quali, per contenere i costi a carico del comune, sarebbero state costruite dai privati, una soluzione mutuata dal piano Hobrecht per Berli- Milano: Piano Beruto (1881-1889) no, cui l’ingegnere milanese si rifaceva. Sia le strade esterne radiali che circolari vengono definite con ampiezze importanti, mentre un boulevard demarca il nuovo limite esterno prefissato. A livello funzionale, le attività produttive sono previste principalmente nelle zone nord e sud, sfruttando la presenza degli scali ferroviari. Per contro, quelle residenziali per la borghesia sono ubicate a est e ovest. E’ inoltre prevista la demolizione delle mura spagnole. Il piano, a seguito delle osservazioni della commissione comunale, viene rivisto nel 1885 ed approvato definitivamente nel 1889. In questa versione aumenta sensibilmente l’importanza delle aree verdi mentre viene ridotta la dimensione degli isolati (50-100m. di lato). Milano conterrà il proprio sviluppo entro i limiti definiti dal piano Beruto fino al primo decennio del secolo successivo, dopo di ché, in conseguenza dell’ulteriore crescita di importanza della città come polo economico, l’ampliamento delle proprie dimensioni porta alla
necessità di un nuovo piano che possa dotare la città di adeguate infrastrutture. Nel 1912 viene dunque redatto ad opera degli ingegneri comunali Pavia e Masera, che opererà su un territorio divenuto di 44 kilometri quadrati, più del doppio rispetto ai 20 del precedente. La novità più importante portata dal piano è proprio quello che riguarda l’implementazione infrastrutturale, con la definizione della Stazione Centrale, per la quale è bandito lo stesso anno un concorso di progettazione che vedrà vincitore Ulisse Stacchini, mentre per il resto il piano Pavia-Masera può essere considerato come uno sviluppo di quello Beruto, con Milano: Piano Pavia Masera (1912) un ampliamento con spazi pubblici gerarchizzati in un sistema di piazze e viali di grandi dimensioni. Con gli anni venti si ripropone il dibattito riguardo la necessità di un nuovo intervento di pianificazione organico per l’intero territorio cittadino, i cui confini si sono ulteriormente estesi per l’accorpamento di undici comuni della cerchia, avvenuto nel 1923. Nel 1926 viene indetto il concorso pubblico per il piano regolatore, per la prima volta non elaborato da tecnici comunali. Le direttive del bando sono la pianificazione di una città che possa raggiungere i due milioni di abitanti, la razionalizzazione del traffico sia interno che nei collegamenti a livello regionale, la risistemazione del centro e lo sviluppo di insediamenti satelliti. Il progetto vincitore è firmato dall’architetto Piero Portaluppi e dall’ingegner Mario Semenza, che propongono una visione monumentale degli spazi, principalmente del centro, mentre una raggera di nuovi insediamenti satelliti all’esterno sono collegati da un anello lungo oltre cinquanta chilometri. Sulla base di questo, viene redatto il nuovo piano regolatore, a cura dell’ingegnere Capo del Comune, Cesare Albertini, approvato poi nel 1934. Il piano eliminerà l’ipotesi dei nuclei satellite, mantenendo però la briglia di collegamento circolare, ed introdurrà la suddivisione funzionale delle aree, o zoning. Tra la nuova circonvallazione e quella progettata da Beruto troveranno posto i nuovi quartieri operai voluti dal regi- Milano: Piano Albertini (1934) me fascista. A seguito del piano generale
vengono poi redatti vari piani particolareggiati riguardanti singole zone del centro cittadino, sia con sventramenti che con sostituzione delle pertinenze verdi di palazzi storici con nuovi insediamenti soprattutto a funzione terziaria. Negli anni trenta il problema della scarsità di abitazioni si ripropone, dovuta all’immigrazione che, nel periodo, supera le cinquantamila unità annue. Il dibattito portato dal movimento razionalista è nel pieno e un gruppo di giovani architetti, tra cui Albini, Camus e Palanti, ne sta applicando le istanze nei quartieri popolari di Fabio Filzi e poi nel Gabriele d’Annunzio (ora San Siro). La vocazione monofunzionale è talmente spinta che i quartieri non dispongono quasi alcun tipo di servizio, per accedere ai quali, i residenti dovranno appoggiarsi a quanto presente nelle vicinanze. Dopo le tragedie della seconda guerra mondiale, la ricostruzione impone un nuovo piano. Quello proposto nel 1944-1945, denominato piano “AR” ad opera di Albini Belgioioso Bottoni, Gardella, Rogers, nel quale i progettisti immaginano due assi principali di sviluppo con un punto di incontro nella piazza dell’Arco della Pace, lungo i quali si sarebbero disposti i servizi a livello metropolitano, oltre a grandi aree verdi e ad un servizio di mobilità pubblica metropolitana. Ma la ricostruzione evidenzia gli interessi compositi che si oppongono a questo tipo di sviluppo. Nel dettaglio, il Milano: Piano AR (1953) decentramento delle attività terziarie è negato nella realtà del piano approvato poi nel 1953. Nel corso degli anni sessanta verranno effettuate varianti al piano. Nel 1963 una variante generale avrà essenzialmente la funzione di sanare le deroghe consentite negli anni precedenti. A metà degli anni settanta, nel 1976, è approvato il nuovo piano regolatore generale, che rispecchia fortemente la novità di una giunta per la prima volta guidata dalla sinistra, del pci in particolare. Nelle previsioni del nuovo piano, l’espansione edilizia viene ridotta drasticamente, ottantamila nuove stanze a fronte del recupero di centotrentamila esistenti. Il piano, elaborato con un processo anche partecipativo, pur non essendo esente da problematiche ha però il pregio di segnare una svolta rispetto alle logiche urbanistiche fino ad allora predominanti. Ad esempio l’aver affrontato il problema della mobilità. Un limite
importante può invece essere individuato nel non aver saputo intuire il cambiamento in atto nella struttura economica cittadina, che da industriale va sempre più trasformandosi in terziaria, risultando quindi inadatto per l’effettiva applicazione. Al fine di ovviare a questa problematica, una scelta sensata avrebbe potuto essere una riflessione sulle carenze ed una modifica integrale, invece si propese per attuare variazioni continue secondo le necessità del momento. Una sostanziale dismissione del piano 1976 quindi, tanto che verrà definita “deregulation” per la capacità di apportare le modifiche di volta in volta proposte, perdendo però di vista il quadro d’insieme contenuto nel documento generale. Tra le trasformazioni in terziarie delle aree industriali, osteggiate dal piano del 1976, due delle più importanti è quella della Bicocca, a nord est della città, sui terreni precedentemente occupati dalla Pirelli e quella della ex Montedison, denominata Montecity. Dopo la grave crisi anche morale degli anni novanta, che ha visto esponenti della vita pubblica coinvolti nei processi per corruzione, nell’anno 2000 in continuità con la tendenza di accantonare il piano regolatore come strumento principale, viene rilasciato dall’amministrazione comunale il Documento di Inquadramento: documento che rifiuta lo strumento del disegno dettagliato delle aree a favore di un approccio schematico e di Milano: Documento Inquadramento (2000) indirizzo. In esso, si individua come strategia principale sul territorio la cosiddetta “T rovesciata”: due assi lungo i quali si prevede di concentrare lo sviluppo con investimenti sia pubblici che privati. La situazione attuale vede il nuovo piano, PGT il cui iter partito all’inizio degli anni duemila ed approvato a fine 2012. Il PGT, rispetto alla logica dei piani regolatori, si contraddistingue per un approccio meno rigido e più incentrato sull’analisi della città nei suoi differenti aspetti, non solo o non principalmente quello della regolamentazione di nuovi insediamenti ed infrastrutture.
d
Analisi area - Il quartiere di Brera
Nel centro di Milano prende il nome dall’antica presenza di una zona “erbosa”: il quartiere di Brera sorge tra le vie Pontaccio, Fatebenefratelli, via dei Giardini, Monte di Pietà, Ponte Vetero e via Mercato. Un’area nevralgica dove trovano posto reperti antichi come i frammenti di frontoni romani visibili in via del Lauro, trovati durante gli scavi per la costruzione dei palazzi della zona o i resti della chiesa longobarda di Santa Maria Aurona, nei pressi di Via Monte di Pietà, attorno alla quale sorgeva un convento benedettino voluto dalla figlia sfigurata di un re Longobardo, Aurona. La zona di via Monte Pietà e via dell’Orso, che prende il nome probabilmente da un’antica famiglia ospitano attualmente le sedi di istituti di credito lombardi. L’area archeologica è oggi il luogo dove sorge la così detta “Ca de Sass”, sede della cassa di risparmio con una facciata in bugnato che rimanda a edifici quattrocenteschi toscani. L’aspetto religioso è ancora percepibile nell’esistenza della chiesa di San Eusebio, distrutta dai bombardamenti del1943; dalla chiesa parrocchiale di San Carpoforo e dalla presenza di Santa Maria di Brera; l’edifico dell’Accademia sorge dove un tempo c’era la prepositura degli Umiliati, ordine religioso presente in questa zona della città, secondo alcuni storici, sin dal XII secolo. Gli Umiliati a causa dei costumi troppo lascivi furono osteggiati e condannati dall’arcivescovo milanese Carlo Borromeo, che ottenne dal Papa la soppressione dell’ordine; gli spazi passarono dopo il 1571 ai Gesuiti che trasformarono Brera in un luogo di studi, sino agli inizi dell’800 quando anche Maria Teresa d’Austria aderì alle tendenze europee e accettò la soppressione di questo ordine. Sul limitare del quartiere si trova ancora la chiesa di Santa Maria del Carmine. I carmelitani si trasferirono all’interno delle mura cittadine quando vennero aggiunte alcune fortificazioni al Castello al termine del XIV secolo. Il progettista eletto dal duca Gian Galeazzo Visconti fu Bernardo da Venezia, ingegnere che diede forma ad altri progetti per il duca e che diede alla chiesa carmelitana milanese un’impronta simile a quella che lui stesso aveva progettato per lo stesso ordine a Pavia. La costruzione della chiesa fu travagliata poiché ad un progetto grandioso non corrispondeva disponibilità economica sufficiente, una parte dei materiali fu infatti recuperata dalla prima chiesa nei pressi del castello. I lavori furono terminati sotto la guida dei Solari, famiglia che si occupò di progetti per la corte ducale ai tempi degli Sforza. Si impiegò quasi un secolo per terminare la costruzione dell’edificio: l’aspetto finale, per la presenza del cotto, per le dimensioni e le proporzioni, presenta analogie con altre chiese milanesi come Santa Maria delle Grazie. All’interno si trova la Statua di Sant’Espedito, il nome del santo deriva dal fatto che nel periodo storico in cui le reliquie ebbero maggior successo, quelle di questo santo, la cui identità era ignota, furono spedite. Il gioco di parole ha fatto di questo santo il protettore al quale rivolgersi per le esigenze immediate. La tradizione vuole che gli studenti lo invochino nell’imminenza degli esami.
Il quartiere si caratterizzava però anche per la presenza di acque, quelle che dalla Martesana confluivano verso la città. La cosiddetta cerchia dei Navigli derivava dall’antico fossato difensivo medievale del 1156 ad opera di Guglielmo da Guintellino creato per difendere Milano dalle incursioni del Barbarossa, che lo distrusse per ben due volte, ma che fu ricostruito ed è celebrato nei documenti medievali. Quando il Naviglio Grande (1272 ca.) e il Naviglio Martesana (1496) toccarono le mura della città di Milano, si decise di collegare la cerchia interna dei canali a questi due corsi per sfruttare le vie d’acqua per il trasporto del marmo per la costruzione del Duomo. Il canale della Martesana, che collegava la città al fiume Adda, una volta confluito in città venne immesso nella rete dei navigli dopo l’area del Tombone di San Marco. Entrava dove ora si trova via Fatebenefratelli, percorreva piazza Cavour, via Senato, via San Damiano, via Visconti di Modrone, via Francesco Sforza, per poi continuare nelle attuali via Santa Sofia, Molino delle Armi, de Amicis e via Carducci. Nell’area dove oggi si trova via Francesco Sforza all’altezza di via Laghetto, fu costruito il porto di approdo per i marmi di Candoglia del Duomo; questo “approdo” prese il nome di Laghetto di Santo Stefano, proprio accanto alla Ca’ Granda, l’ospedale dove oggi ha sede l’Università Statale. Nei pressi di San Marco, al confluire della Martesana esisteva un porto di ridotte dimensioni, che fu coperto negli anni ’30 del Novecento destino che occorse anche alla Martesana negli anni Sessanta. Altro naviglio che attraversava il quartiere di Brera era il Naviglio Morto che transitava nell’attuale via Pontaccio. Si trattava di una porzione facente parte dell’antica cerchia interna del 1156 che andava a rifornire il fossato del castello. Con la dismissione di questo compito difensivo rimase “chiuso” in via Pontaccio e prese appunto il nome di Naviglio Morto. L’antico fossato costruito per la prima volta nel XII secolo, diede alla città di Milano la caratteristica forma di città medievale. Nonostante un muro adiacente al fossato la circondasse e chiudesse, all’esterno le abitazioni che si addossavano alla città erano altrettante rispetto a quelle esistenti all’interno. L’ampliamento prese un caratteristico andamento a raggiera che rispecchiava il confluire di corsi d’acqua verso il centro cittadino e la presenza di abbazie soprattutto cistercensi che basavano sulla presenza delle acque e su alcune caratteristiche del territorio gli aspetti del lavoro interno al luogo religioso. Le funzioni produttive rese possibili dalla cultura monacale incrementarono la presenza di allevamenti bovini e lo sviluppo di produzione casearia; ma le acque venivano utilizzate anche per la movimentazione dei mulini. Via Tivoli e Pontaccio ripercorrono queste memorie d’acqua, che un tempo transitavano attraverso ad un mulino, detto mulino Beatrice che funzionava grazie al flusso delle acque. A Beatrice d’Este, moglie di Ludovico Sforza detto il Moro non fu dedicata solo questa opera, all’inizio dell’attuale via Brera (l’altezza del noto bar Jamaica) era presente una pusterla rimasta nota come Pusterla Beatrice. Si trattava di una porta di accesso alla città; un antico varco che nel tempo cambiò nome. In principio venne aperta nel IX secolo da un certo Algisio o Adalgiso che, possedendo terreni sia all’interno delle mura che all’ester-
no, per necessità aprì il passaggio. Si hanno successive notizie di un’intitolazione come pusterla del Guercio, per un personaggio vissuto nell’XI secolo, Guercio da Baggio, probabilmente console tra il 1150 e il 1188, sicuramente per lo strabismo del personaggio. Suddetto personaggio donò i terreni all’interno delle mura in parte a un Vicimonte, il quale un po’ prima del 1178 la vendette ai frati umiliati che vi costruirono il loro monastero (ora l’Accademia di Brera). Nel 1232 la pusterla prese il nome di Brera o Braida (dal latino medievale braida: terreno incolto, ortaglia) dai terreni incolti ancora presenti nella zona a ridosso delle mura. Con l’arrivo al potere di Lodovico il Moro si riaccende l’attenzione per la porta che nel tempo si era pesantemente degradata. Così venne nuovamente restaurata e venne intitolata alla moglie del duca, Beatrice d’Este, da cui poi il nome più comune, quello di Pusterla Beatrice. Tale nome sopravvisse sino e oltre alla demolizione della porta, avvenuta nel 1860. Ancora nel Settecento veniva descritta come un grande edificio posto a cavallo della via stretta con l’arcone a sesto acuto e che quando si chiudevano i battenti poteva sembrare più un palazzo del quartiere che una porta d’accesso. Il tessuto urbano resta per secoli basato su una integrazione ed una omogeneità tipiche di Medio Evo e Rinascimento. I quartieri non si distinguono per funzioni, per tipologia di abitanti, per classi: tipi edilizi mercantili-manifatturieri mantengono al proprio interno, insieme alla residenza, anche le attività produttive e del lavoro. È solo con le riforme introdotte da Maria Teresa e Giuseppe II d’Austria che alcuni elementi dell’organizzazione urbana vengono trasformati. Le principali vie d’accesso alla città, ancora caratterizzate da tracciati tortuosi e dalla presenza di aree dedicate alla coltivazione vengono rettificate. Gli edifici religiosi vengono in parte incamerati, per essere in seguito riadattati e riutilizzati modificandone le funzioni. Gli stessi bastioni vengono piantumati ed entrano a far parte di uno spazio che appartiene alla collettività. Questa nuova organizzazione della città fa emergere novità anche dal punto di vista dell’architettura. Il neoclassicismo emerge e si sviluppa in corrispondenza con la nascita della città moderna; i riferimenti sono da un lato i temi della tradizione umanistica e al contempo della tradizione edilizia locale innestati d’altra parte nella contemporaneità. Protagonista di questa operazione per la corte Austriaca nella città di Milano è Giuseppe Piermarini, che interviene non solo nel quartiere di Brera, ma su Palazzo Ducale, oggi noto come Reale, oltre a firmare il teatro alla Scala. L’ingaggio univoco per i cantieri più significativi sottolinea la volontà di un disegno unitario per la città. Al dominio austriaco, segue la breve ascesa napoleonica, che influisce sulla città di Milano, dove il quartiere del Castello è posto al centro di dibattiti che confluiscono in un piano regolatore nel 1807. Piano che non sarà attuato a causa dell’instabilità politica, ma che lascia tracce proprio nell’area adiacente a Brera, dove dietro al castello vengono lasciati spazi per l’esercito: la piazza d’armi corrispondeva con la zona di Parco Sempione adiacente al Castello e dove vengono costruite l’arena Civica e l’arco della Vittoria oggi noto come Arco della Pace. Solo dopo la restaurazione austriaca e con l’unità d’Italia, muta il centro cittadino, reso monumentale dalla Galleria di Mengoni e dallo sventramento del
t essuto urbano ancora medievaleggiante che caratterizzava l’area la cattedrale e Piazza Scala. E’ alla fine dell’Ottocento con il Piano Beruto che si costruisce il primo quartiere definibile come borghese, nell’area dell’odierna Via Boccaccio. Al termine dell’Ottocento emerge anche il problema della casa collegato al confluire delle classi operaie verso la città. La questione viene risolta in un primo momento riutilizzando edifici esistenti e solo in seconda battuta si procede alla costruzione di case operaie. Un esempio presente nell’area adiacente Brera: in via san Fermo, si possono distinguere case operaie del 1862-68 progettate da Francesco Sarti, Carlo Cereda, Cesare Osnago. In un articolo apparso su Repubblica Online si narra invece dell’esistenza del deposito degli spazzini, che rimase in via della Madonnina, n. 6 sino a quando questi vennero spostati: “…Laggiù – dice, indicando il cortile del palazzo al numero 6 – c’era il deposito degli spazzini. Tutte le mattine all’alba li sentivo uscire, ognuno spingendo il suo carretto con secchi e scopa». Qui il gioco dei confronti fra la Milano di ieri e oggi incrocia la storia della cultura materiale al capitolo “Storia dello sporco e dell’igiene”, che dalle nostre parti ha lasciato quattro anni fa un’utile traccia nel volume “Storia illustrata dell’igiene urbana a Milano”, pubblicato per i cent’anni dell’Amsa. Viene di lì qualche notizia per completare l’istantanea nel 1960 degli spazzini che con i loro carretti rientrano nel deposito di via Madonnina: ancora nei Sessanta «va ricordato che molti dipendenti che provenivano dalla Brianza, dati gli orari del servizio, usufruivano di un dormitorio in azienda, dal momento che quasi nessuno di loro possedeva l'automobile per spostarsi. L’azienda dava loro la possibilità di noleggiare una bicicletta per tornare ogni tanto a casa per vedere la famiglia». In settimana «vivevano tutti insieme, come in una comunità, e solo alla fine degli anni Sessanta il dormitorio venne eliminato», mentre sopravvisse la mensa”. Non esiste solo un aspetto urbanistico, o architettonico funzionale nel quartiere di Brera, che con l’avvio dell’accademia diventa polo culturale nel centro cittadino. Le persone che frequentarono il quartiere fecero non solo la storia dell’arte di Milano, ma furono coloro che avviarono dibattiti culturali a più livelli. Visse in via Brera al civico n. 6 Cesare Beccarla sino alla morte avvenuta nel 1794; in questa abitazione furono scritti molti dei suoi libri, tra gli altri “Dei delitti e delle pene”. I Palazzi di via Brera ospitarono famiglie di rilievo nella storia cittadina: casa Bellotti frequentata da Foscolo e Vincenzo Monti, casa Simonetta, aggregata ad un altro palazzo divenne dimora dei Castelbarco, e visse qui Cristina Trivulzio, principessa Belgioioso; spesso si esibiva in questo palazzo Vincenzo Bellini. La cultura si faceva nei palazzi ma anche nei locali e nei bar di Brera: nel periodo risorgimentale a Brera si formò la corrente letteraria della Scapigliatura con Cletto Arrighi, Emilio Praga, Ugo Tacchetti, Carlo Dossi, Arrigo e Camillo Boito. Corrente vicina agli ideali federalisti rimase distaccata dalla borghesia. La tradizione della scapigliatura influì sulla cultura milanese degli anni successivi ispirando le avanguardie dei primi decenni del Novecento: dai divisionisti ai futuristi. Anche nel dopoguerra, in una Milano devastata dai bombardamenti i letterati continuaro-
n o ad incontrarsi a Brera, lo ricorda Alberto Vigevano nel libro “Milano ancora ieri”: “ Il primo caffè in cui si raccolsero, durante e dopo la guerra, letterati e soprattutto artisti fu, secondo quel che racconta Edilio Rusconi, la tabaccheria della Titta a Brera. quasi all’angolo di Fiori Chiari e a poca distanza dal futuro Jamaica. la frequentavano tutti: da Bo a Quasimodo, da Marco Valsecchi ad Orio Vergani e a Porzio, da Soldati a Reggiani. Erano tempi difficili e la Titta faceva credito a tutti, ma quando per i debiti dovette chiudere, nessuno l’aiutò. In epoca più recente Brera ha accolto poeti e letterati: Eugenio Montale, che scriveva per Corriere della Sera, quando aveva ancora sede in via Solferino; Carlo Emilio Gadda, Luciano Bianciardi e Dino Buzzati, altro scrittore del Corriere. Ai tavoli dei locali di Brera si sono seduti Piero Manzoni, Lucio Fontana, Emilio Tadini, il fotografo Ugo Mulas. Oltre che quartiere di arte e artisti squattrinati Brera è ricordato anche come il quartiere delle prostitute. Via Fiori Chiari e Fiori Oscuri sono strette strade che si divincolano nei dintorni dell’Accademia. Il toponimo pare derivare dalla presenza di zone destinate alla coltivazione nei pressi del Castello in tempi antichi. Il tempo ne mutò la frequentazione. Nel 1859, Camillo Benso Conte di Cavour varò una legge secondo la quale era possibile aprire bordelli gestiti dallo Stato, il quale avrebbe avuto la funzione di garantirne l'aspetto igienico e sanitario. La legge entrò in vigore in tutta Italia dopo il 1861. Ne conseguì la nascita delle "case chiuse". A Milano si trovavano per lo più nei quartieri poveri, come il Verziere o il Bottonuto, vi erano però ambienti più raffinati nelle zone centrali, come in Via San Pietro all'Orto, Via Disciplini e via Chiaravalle. Una delle più famose e lussuose era quella del quartiere di Brera, il "Fior Ciar 17" che si trovava appunto in Via Fiori Chiari 17. La casa era organizzata in modo funzionale alle esigenze dei clienti, che entrando venivano accolti da numerose ragazze, le quali attendevano su un grande scalone in stile Liberty facevano la loro scena in desabillé, per poi, ammiccando, avvicinare i clienti. I prezzi variavano di casa in casa, a seconda del tempo che si passava con una "Signorina" e anche in base alla donna che si sceglieva. Il 20 settembre 1958 però venne approvata la legge Merlin e i bordelli chiusero i battenti. La notte del 19 febbraio, che precedette l'entrata in vigore della legge, il Fior Ciar rimase aperto tutta la notte, per "chiudere" con un gran finale. La nottata fu affollatissima. Oggi Brera è un luogo che ancora porta con sé tutte queste memorie, ancora si trovano piccoli locali e bar talvolta economici; ancora esistono palazzi lussuosi affiancati a case di ringhiera, l’aspetto di maggior rilievo è in ogni caso quello artistico. Non solo la presenza dell’Accademia connota profondamente il quartiere, sono nati negli anni più recenti circuiti che hanno portato Brera ad essere definito distretto nell’ambito del design. Pur in una diffusione capillare di gallerie e spazi dedicati all’arte in tutta la città, Brera mantiene il ruolo di polo d’attrazione.
Accessibilità del Quartiere: tempi e metodi Il quartiere di Brera è stato analizzato per valutarne l’attitudine al l’effettivo recepimento di quello che è il tema progettuale. Si sono effettuate le seguenti verifiche: analisi multicriteria, cronotopo (analisi quantitative), indagine Flânerie (analisi qualitativa). Analisi quantitativa multicriteria L’area della città di Milano è stata campionata secondo 9 maxi aree, definite zone di decentramento e 88 zone omogenee definite NIL (Nuclei Identità Locale), di cui sono disponibili dati ufficiali per quanto riguarda svariati parametri utili allo scopo.
Milano Mappa NIL
Milano Mappa Zone di decentramento
I parametri individuati come rilevanti sono, tra quelli campionati, identificabili come costituenti la “qualità della vita” intesa nella declinazione di un possibile utente della struttura in progetto:
-
km di piste ciclabili / superficie Fermate metropolitana / superficie Fermate autobus / superficie Ricettività alberghiera / superficie Numero locali pubblici (bar ristoranti e simili) / superficie Numero gallerie d’arte / musei su superficie
km piste ciclabili su superficie (km/km2)
Elaborazioni numero fermate ricettività fermate metro su autobus su alberghiera locali pubblici (bar superficie superficie su superfiristoranti (n/km2) (n/kmq) cie (n/kmq) ecc) su superficie
numero gallerie d'arte/ musei su totale superficie
Elenco aree in confronto Zona 1 - NIL01 Duomo
0,00
3,42
45,27
2491,78
Zona 1 - NIL02 Brera Zona 1 - NIL03 Giardini Porta Venezia
0,83
2,44
38,48
1846,84
0,00
0,00
12,02
0,00
Zona 1 - NIL04 Guastalla Zona 1 - NIL05 Vigentina Villapizzone
0,00
1,29
33,59
141,47
0,26
0,00
24,51
141,52
Zona 1 - NIL06 Ticinese
0,15
0,00
29,48
251,78
Zona 1 - NIL07 Magenta San Vittore
1,32
2,88
41,72
274,79
Zona 1 - NIL08 Parco Sempione
2,87
0,00
17,01
0,00
Zona 1 - NIL09 Garibaldi Repubblica
1,64
2,55
34,37
3422,56
ZONA 1 TOT
43,97
3,05
144,76
1,86
Zona 2 - TOTALE
0,65
0,84
25,98
1020,55
68,87
0,37
Zona 3 - TOTALE
0,40
0,76
23,34
493,09
71,39
0,68
Zona 4 - TOTALE
0,87
0,43
17,20
108,05
36,35
0,24
Zona 5 - TOTALE
0,47
0,06
10,84
86,88
17,82
0,09
Zona 6 - TOTALE
1,09
0,55
19,69
108,68
38,33
0,39
Zona 7 - TOTALE
0,32
0,13
19,74
91,70
17,67
0,00
Zona 8 - TOTALE
0,52
0,57
20,70
289,91
31,72
0,13
Zona 9 - TOTALE
0,55
0,62
20,73
352,76
41,65
0,34
Milano - TOTALE
0,58
0,50
19,55
284,49
40,08
0,31
Analisi quantitativa: Cronotopo Un altro tipo di analisi, di grande importanza è stata l’analisi del Cronotopo. Questo tipo di analisi, derivato dagli scritti della giornalista e sociologa americana Jane Jacobs, risulta particolarmente rilevante soprattutto nella contemporaneità. Il poter tracciare una mappa di quella che è l’apertura/chiusura delle attività commerciali costituisce un importante criterio per stabilire il grado di sicurezza di una determinata zona, sia percepita che, di riflesso, effettiva. Il rilievo è stato effettuato mediante verifica diretta sul luogo (effettuata in data 12.07.2016); i grafici sottostanti riportano i risultati ottenuti.
La visualizzazione su schema planimetrico permette di individuare le differenze nella densità di attività pubbliche attive nelle varie fasce orarie. Pur se ovviamente preponderanti le ore centrali della giornata, si può notare come anche le ore notturne siano discretamente presidiate, garantendo quindi quella relativa sicurezza intrinseca data presenza di flussi di persone. La peculiarità rilevata si manifesta sia durante i giorni feriali che nel fine settimana.
Analisi qualitativa: Flânerie Un metodo di analisi qualitativa delle caratteristiche del quartiere è stata la Flânerie. Ereditato dai Flâneur ottocenteschi. E’ in questo periodo infatti, ed in particolare a Parigi divenuta metropoli moderna, che il Flâneur (bighellonatore) si muove senza un apparente scopo definito. In realtà egli diventa osservatore critico dei comportamenti del resto della popolazione, anche in rapporto a quello che è lo scenario della città e dei suoi grandi spazi. E’ su questi presupposti che nasce la connessione con il sociologo e addirittura l’antropologo. A portare alla ribalta questa figura è per primo lo scrittore e poeta Charles Baudelaire, per essere poi seguito da altri importanti figure della scrittura, quali ad esempio Edgar Allan Poe e, nel novecento Rainer Maria Rilke che arriva a rifiutare l’interpretazione personale in favore di un “dire oggettivo”. Integrata come si è detto negli strumenti propri della sociologia e dell’antropologia, viene anche utilizzato come metodo di analisi per l’analisi architettoniche ed urbanistiche, potendo indagare quegli aspetti almeno apparentemente non individuabili con i metodi di analisi quantitativi. Nel caso specifico, l’esperienza di Flânerie effettuata si è costruita mediante un sopralluogo informale secondo le indicazioni ottenute nel corso integrato del Laboratorio di Progettazione, percorrendo le strade del quartiere di Brera, osservandone e registrando le peculiarità, per costruire un bagaglio utile al progetto. E’ stato poi effettuato un passo successivo, riconnettendo questa analisi di tipo qualitativo a quello quantitativo. quadrilatero
rappresentanza
studenti
accademia
2920
aldorossi arte chic dehors design
2390
141000
200
30.100
8970
12300
10400
50500
16000
1500
73500
194
13100
7570
26000
7670
29800
229954
248000 67700000
15100
292000
305000
115000
675000 4060000
80560800
191000 13100000
1080
146000
115000
120000
110000
521000
21233080
339000
501
48700
61900
80200
31500
118000
1122691
4930
406000
189000
88600
514000
697000
83253030
introversione montenapoleone pedonalità quadrilatero
rappresentanza studenti
6880000
pedonalità
montenapoleone
introversione
33000
51700
design
dehors
chic
arte
aldorossi
accademia
219000
89
510780
468
212
1590
7810
32.174
61200
62800
114000
322000
1.495.989
161000
426000
539000
1875108
170000
198000
1034112
419000
2479160
6962110
Le peculiaritĂ riscontrate infatti, convertite in parole chiave, sono state “verificateâ€? nel loro risultare effettivamente significative, mediante un metodo empirico: il numero di risultati nei quali queste apparivano mediante ricerca nel motore di ricerca Google. I criteri di elaborazione, numero totale di risultati ottenuti e rilevanza di tutte le possibili coppie sono stati riportati nel grafico alla pagina precedente ed, in seguito, rielaborati nell’infografica a fianco. (data effettuazione della verifica nel motore di ricerca: 15.11.2015).
e
Analisi Architettonica
Palazzo Brera, la storia
Umiliati (1200 - 1570)
Gesuiti (1572 - 1772)
Austriaci (1773 - 1796)
Francesi (1796 - 1814) Austriaci (1814 - 1850)
Regno d’Italia (1850 1899)
Con successiva bolla del 18 Luglio 1572, il nuovo papa Gregorio XIII destinò gli spazi all’ordine dei Gesuiti, destinandoli a collegio di istruzione. Divenendo ben presto un polo importante per l’istruzione di qualità, gli spazi vetusti si dimostrarono inadatti e l’Ordine incaricò quindi l’architetto Martino Bassi di un ampliamento, che avvenne tra gli anni 1580-1589. L’inizio dei lavori, relativo alla sistemazione del convento, venne eseguito dallo stesso Bassi, per essere completato in seguito, con ulteriori ampliamenti, da Francesco Maria Richini, lavori completati nel 1649.
Nonostante con ogni probabilità un edificio appartenente agli umiliati, non ancora identificati come ordine, fosse presente già prima del 1200, la prima attestazione ufficiale è datata 1201, quando una bolla ufficiale di Innocenzo III approvava la regola monastica che trasformava gli Umiliati in un ordine religioso vero e proprio. Il nucleo originario del convento risulterebbe sorgere attorno a quello che tutt’ora è il cortile interno del complesso, al cui limitare sud venne costruita la Chiesa di Santa Maria, attorno al 1230, chiesa che subirà nel tempo svariate trasformazioni tra cui l’eliminazione della facciata per procedere alla costruzione dei saloni napoleonici”. La forte attività, sia religiosa che economica, porta l’Ordine a divenire una tra le più importanti congregazioni religiose cittadine. Raggiunge il massimo splendore nel periodo tra i secoli XIVXV, dando un forte impulso artistico con l’arricchimento del convento con svariate opere. In seguito, proprio a causa della floridità economica raggiunta, l’ordine si concesse una certa rilassatezza di costumi che finì con l’inimicarsi l’allora arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, che, con bolla del 7 febbraio 1571, impone la soppressione dell’ordine ed avoca a sé la giurisdizione sui beni.
Regno d’Italia, Stato italiano (1900 - ...)
Di un ulteriore progetto finale, presentato dal Richini nel 1651 vennero realizzate solo alcune parti, quali la facciata principale, una parte del cortile e lo scalone a doppia rampa. Nel 1773 è soppressa la Compagnia del Gesù, ma il palazzo, passato di proprietà dello stato austriaco, nella sua nuova funzione laica continua ad espletare alcune funzioni attribuitegli dall’ordine religioso, permangono l’Osservatorio astronomico, la biblioteca, le scuole. Si aggiungono l’orto botanico dal 1774 l’Accademia di Belle Arti dal 1776 e l’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Alla decisione, nel 1774, di far convergere le antiche scuole Palatine nel complesso, si rende necessario un nuovo ampliamento dell’edificio affidato all’allora architetto “Arciducale e Camerale” Giuseppe Piermarini che ampliò Biblioteca, Osservatorio ed i locali verso la Contrada, dotando il fronte di un grandioso portale a colonne. La nascita della Pinacoteca, attorno al 1790, è dovuta principalmente alla necessità degli stuBrera: planimetrie storiche denti di disporre di materiale per lo studio, che viene arricchito proprio dai lavori degli stessi che qui rimangono conservati, aumentando corposamente nel tempo. Il passaggio di Milano alla dominazione Francese sotto Napoleone con la Repubblica Cisalpina del 1796, imprime un forte impulso al conferimento di opere verso la nuova Pinacoteca, dovuto infatti alla soppressione di tutti gli ordini religiosi. E’ di questo periodo l’intervento di trasformazione di Santa Maria in Brera in sede della Pinacoteca, con la separazione degli spazi su due livelli, ad opera dell’architetto Gilardoni. In alcune parti della ormai ex chiesa trovarono inoltre posto nuove aule dell’Accademia. La facciata della chiesa venne demolita nel 1808. L’inaugurazione ufficiale avvenne nel giorno del genetliaco dell’Imperatore, il 15 agosto 1809. Nel cortile d’onore era stata posizionata la statua al Marte Pacificatore, con le fattezze dii Napoleone, copia Bronzea di un originale del Canova, voluto e posizionato in loco dal vice re. Nel 1810 Gilardoni riorganizzò le l’ala dell’edificio realizzata dal Piermarini, ricavando tra gli altro gli spazi per il nascente Istituto Nazionale, voluto da Napoleone al posto della Teresiana Società Patriottica.
Alla caduta di Napoleone, nel 1814, ed al ritorno degli austriaci, ha inizio la restituzione di svariate opere ai legittimi proprietari, destino che solo in parte toccò a quelli che erano ora custoditi presso Brera. L’ultimo passaggio di consegne avverrà con l’annessione di Milano e della Lombardia al Regno d’Italia, nel 1850. La Pinacoteca si stacca ufficialmente dall’Accademia nel 1882. Col novecento si rendono necessari lavori di risistemazione, che vengono affidati all’inizio degli anni ‘20 all’architetto Piero Portaluppi, incarico che manterrà per i successivi quaranta anni. Nel 1926 si costituisce l’Associazione Amici di Brera. I bombardamenti alleati del secondo conflitto mondiale danneggiarono gravemente le strutture del complesso di Brera, le opere vennero preventivamente delocalizzate verso altre sedi. La conseguente ricostruzione pose in essere le problematiche connesse alla realizzazione di un museo moderno: percorsi espositivi, funzioni costituenti lo spazio museale. I lavori partono dunque in pieno dibattito modernista. Al passaggio alla direzione della Pinacoteca di G. Pacchioni, nel 1946 i lavori vennero affidati a Franco Albini (ala comprensiva delle sale VII, XIX-XIV), sempre su supervisione di Portaluppi. Anche su spinta dell’opinione pubblica che richiedeva a gran voce la restituzione completa del patrimonio artistico alla visione pubblica, nel 1949 vengono riaperti i lavori, con Portaluppi in prima persona ed a supervisionare un importante intervento di Franco Albini riguardante l’unificazione di più salette di ridotte dimensioni in un unico ambiente, illuminato in modo sia diretto dalle finestre esistenti che in modo zenitale dai lucernari. La logica realizzativa di questi interventi è stata:
- Consolidamento statico della costruzione - Rifacimento della copertura delle 34 sale - Opere di finimento e decorazione di tutti gli ambienti ripristinati - Installazione di impianti tecnici speciali A seguito di quello che può essere, nonostante tutto, considerato un periodo aureo per Brera, dovuto al fermento per la ricostruzione, subentra un momento di appannamento, aggravato dalle disfunzioni di un complesso imponente ed ancora sotto vari aspetti inadatto alle necessità di un museo contemporaneo. Si segnalano difatti problemi quali infiltrazioni, pericolo statico delle coperture, impianto elettrico non adeguato. Il peggiorare della situazione porta alla drastica decisione da parte del nuovo soprintendente Franco Russoli di chiudere la Pinacoteca, nel giugno 1974. Nel 1976-77 prende avvio il programma della “Grande Brera”. Considerando questo adeguamento funzionale e spaziale era stato acquistato nel 1972 il palazzo Citterio, dove però
a seguito di una prima tranche di lavori che comprende vari rifacimenti di coperture di sale e del tetto, il processo si interrompe. Nel frattempo, il proseguo dei lavori di ristrutturazione e ammodernamento consente, nel 1978, la riapertura della Pinacoteca in buona parte delle sue gallerie. Tra il 1978 e il 1979 quasi tutte le sale saranno riaperte, rimanendo non visitabili esclusivamente la XVIII, parte della XIX, la XXI e la XXII. Sempre del 1978 è lo studio per un riassetto generale del complesso, ad opera degli architetti L. Belgioioso, V. Gregotti, A. Valle. Vari lavori di risistemazione ed ammodernamento verranno a succedersi in questo periodo, ad opera di architetti quali Gardella, Gregotti, Belgioioso, Santi. E’ del 1985 un nuovo progetto generale di riassetto che conta sulla possibilità di un’espansione in Palazzo Citterio per una parte delle opere e con un criterio di chiarezza espositiva e di unificazione estetica degli ambienti. I lavori, su questa base, hanno infatti inizio, sia con le ristrutturazioni del complesso che delle modifiche su Palazzo Citterio, indicato nel periodo anche come “Brera 2”. Gli ultimi anni vedono ancora la sovrapposizione lavori e nuovi “definitivi” progetti. Sulla base dell’ennesimo accordo col ministero viene affidato ad Alberico Belgioioso la ridistribuzione degli spazi tra Pinacoteca ed Accademia in favore della prima, con le rimanenti aule ubicate nella caserma Mascheroni. Un’altra ipotesi è ancora quella della totale fuoriuscita dell’Accademia dal complesso, istanza che porta al progetto dell’architetto Mario Bellini, che prevede l’espansione della Pinacoteca nelle sale dell’Accademia e la copertura completa della corte principale per trasformarla in una hall. Quest’ultimo elemento, viste le vivaci polemiche sollevate, viene stralciato nel progetto definitivo del 2012. I lavori non inizieranno a causa del mancato reperimento di fondi. Con lo sblocco di una parte iniziale di quanto previsto partono i lavori di ristrutturazione del complesso e del Palazzo Citterio. La scelta individuata dall’ultimo Bando per la Grande Brera trova alcune voci contrarie, tra queste, rilevanti sono sicuramente quelle provenienti dall’Accademia stessa di Belle Arti di Brera, che, sia per voce dei direttori Fernando de Filippi (pres. 1991– 2009), del successivo Gastone Mariani (pres. 2009-2012), hanno con varie modalità pubbliche, argomentato come lo spostamento dell’Accademia in una sede differente da quella originaria ne snaturasse lo spirito. Si riporta inoltre l’intervento, tutt’ora reperibile sul sito ufficiale dell’Accademia, del docente Sandro Scarrocchia che, in un appassionato documento espone le problematiche espresse e inespresse connesse alla dicotomia Grande Brera / Brera in Brera, con il portato di significati politici e di prospettiva che a questi slogan programmatici soggiacciono.
Piazzetta Brera Si apre al termine del prospetto del palazzo e dal 1890 è ornata dal monumento di Francesco Barzaghi dedicato a Francesco Hayez che proprio in Brera insegnava e aveva lo studio. Oltre alla chiesa di S. Maria di Brera, sulla piazzetta ne affacciava una seconda, S. Eusebio, demolita nell’800. Sul lato ovest della piazza si trovano la targa a Lalla Romano, artista poliedrica del 900 e Milanese di Brera, ed il “Grande cavallo impennato” di Aligi Sassu, del 1960, anch’egli residente a Brera
Piazzetta Brera, il giardino ed i monumenti ad Hayez, il Cavallo rampante di Sassu e la targa a Lella Romano
Palazzo Citterio Sul lato opposto si distingue per la facciata rococò, appartenuto alla famiglia Rosemberg e acquisito dallo stato italiano nel 1972. Il cortile con il profondo giardino che lo connette all’orto botanico di Brera hanno suggerito, tra i progetti presentati per la Grande Brera / Brera in Brera, una connessione con il complesso. L’ultimo concorso per l’integrazione nel sistema-Brera, del 2012, è stato vinto dallo studio del Prof. Arch. Amerigo Restucci, impresa: Research Consorzio Stabile scarl. Attualmente, luglio 2016, sono in corso i lavori di ristrutturazione secondo le linee Concorso progettuale per Palazzo Citterio, tavole
definite nel progetto vincitore dell’ultimo concorso.
Palazzo Citterio: sopralluogo al cantiere di risistemazione - 12.07.2016
Palazzo Cusani Il palazzo sorse su un’antica proprietà cinquecentesca e subì nel tempo svariati ampliamenti. Il fabbricato originale si sviluppa attorno ad un grande cortile interno, cui si accede da due grandi portali identici e disposti simmetricamente, posti sulla via Brera. La facciata principale è attribuita all’architetto Giovanni Ruggeri, rappresentandone il capolavoro. Eseguita tra gli anni 1712 e 1719, viene accostata, per il proprio stile elaborato, al barocco romano e borrominiano in particolare. D’altra parte però, la scansione degli spazi e l’utilizzo dei materiali locali possono fari rientrare l’intervento nei canoni dell’architettura lombarda. L’intervento si connota per la scansione verticale definita da paraste, appiattite verso la facciata in modo da mettere in evidenza contorni e cimase, che scandiscono in modo asimmetrico la facciata, cosicché il balcone d’onore risulta fortemente decentrato. Tale soluzione potrebbe attribuirsi alla necessità di compensazione prospettica data dai punti di vista predominanti, di scorcio, in quanto la visione frontale risulta prati-
Palazzo Cusani: Planimetrie Storiche
camente impossibile a causa della ridotta dimensione della via. La facciata interna, verso il giardino, è stata riprogettata dal Piermarini, su richiesta del marchese Ferdinando Cusani e realizzata tra il 1775 e il 1779. Questo intervento si caratterizza chiaramente per uno stile più composto e meno articoPalazzo Cusani, progetto facciata interna , Giuseppe lato della facciata su via Brera. Si caratteriz- Piermarini za per la scansione verticale a lesene, mentre l’imponenza austera è alleggerita nelle finestre del piano nobile da timpani baroccheggianti. A livello distributivo, i piani superiori sono accessibili da un grande scalone d’onore. In seguito alla cessione del palazzo dalla famiglia Cusani, questo entra nelle disponibilità delle forze armate che vi collocano tra l’altro un circolo ufficiali. Per recuperare spazio in relazione al nuovo uso viene effet- Palazzo Cusani, progetto facciata interna , immagine tuato un importante ampliamento con l’accorpamento al palazzo della chiesa di S. Carpofaro, con passaggio interno di comunicazione. Nell’ala occupata dal circolo ufficiali sono conservati nelle sale quadri di Alfonso Cattaneo, Carlo Bellosio, Domenico Induno, e un grandioso salone per le feste ornato da un affresco allegorico alla maniera di Tiepolo; i mobili provengono in parte da Palazzo reale e in parte da Ca’ Morosini a Venezia. Recenti opere di ristrutturazione sono state effettuate sia ad opera del circolo ufficiali che del Comune di Milano.
f
Analisi della situazione museale milanese
Milano conta approssimativamente di circa venti musei e duecento gallerie d’arte. Tra questi, non è possibile individuare un riferimento che sia predominante sugli altri, portatore di quello che è stato definito “effetto Bilbao”: un elemento iconico di richiamo per i grandi flussi di visitatori che si leghi nell’immaginario diventando parte del brand della città che lo ospita e contribuendo ad imporla tra le mete del turismo culturale, una tendenza in costante incremento in tutto il mondo. La via attualmente percorsa dalla città, negli ultimi anni probabilmente anche per motivi contingenti legati alla situazione economica (si veda in tal senso la mancata realizzazione del Museo di Arte Contemporanea a Porta Nuova, su progetto di Libeskind) è stata quella della rete museale: una serie di sedi, dislocate sul territorio principalmente nel centro città. Non si può però non sottolineare come questa strada, perlomeno negli effetti qui riscontrabili, non contribuisca alla formazione di un’immagine di Milano come meta dell’arte: vi è una scarsa valorizzazione del pur importante patrimonio, primo tra tutti si può citare il Cenacolo Vinciano e la differenziazione tra le varie sedi non risulta particolarmente chiara, con varie sovrapposizioni tra le proposte. I dati delle affluenze, mondiali ed italiani confermano questa ipotesi, non includendo alcun museo milanese tra i più visitati (dati relativi all’anno 2014). Venendo a Brera, intesa come Pinacoteca, nel 2010 (ultimo anno disponibile come prospetto completo) risulta posizionata come numero di presenze annue al terzo posto tra i musei milanesi, dopo Palazzo Reale e Castello Sforzesco. A partire dall’anno successivo anche il nuovo museo dell’Arengario supererà Brera in questa classifica.
Confronti affluenze musei
Affluenze dei principali musei milanesi
Il dato delle affluenze, monitorato nel decennio 2005 -2014, segna un lieve incremento delle presenze, che però risulta stabile se non addirittura lievemente calante se confrontato con i dati storici precedenti. Nemmeno l’expo ha contribuito particolarmente a migliorare la situazione, il dato del 2015 è difatti di circa 300.000 presenze. L’insediamento di James Bradburne come nuovo diAndamento affluenze Pinacoteca di Brera rettore alla Pinacoteca proveniente da Palazzo Strozzi, alla fine del 2015, grazie alla nuova modalità di assegnazione per i grandi musei italiani voluta dal governo in carica, segna in qualche modo un ulteriore impulso in questo senso, registrando un +20% di visitatori, segno che un approccio contemporaneo e multidisciplinare alla questione non possa che giovare alla singola struttura e, di conseguenze, alla città nel suo complesso.
g
Progetto urbano / Architettonico
I vincoli definiti nel laboratorio di progettazione: - ridiistribuzione delle funzioni secondo quanto definito nelle proposte Brera in Brera / Grande Brera - eventuali nuove strutture non gravanti sull’esistente
- miglioramento delle connessioni nel sistema hanno indirizzato fortemente la direzione del progetto, allo stesso tempo anche considerata come pertinente sul piano funzionale e formale per la destinazione dell’intervento.
Architettura parassita Parassita: dal lat. Parasitum, greco parasitos prop. “commensale”, comp. Di para “presso, accanto” e sitos “cibo”. L’esigenza e, talvolta, l’obbligatorietà di non procedere ad una tabula rasa per l’edificazione al nuovo ha portato alla proposizione o meglio, in quanto pratica antica, riproposizione di una pratica architettonica definita parassitaria: ovvero l’inserimento di nuovi elementi architettonici in strutture preesistenti. In questo processo, l’organismo parassita risulta distinto dall’ospitante ma allo stesso tempo dialogante con esso, più precisamente dipendente: per questioni di condivisione di suolo, impianti, significato. L’inserimento di elementi parassiti rappresenta una soluzione alla necessità di densificazione degli spazi, in particolar modo quelli urbani, e, nel dialogo con l’organismo da cui prendono inizio, ne forniscono un commento alla situazione esistente. Il parassitismo, a differenza del restauro e dal riuso, non effettua mediazioni identitarie per l’accomunamento alla preesistenza, liberandosi inoltre della necessità di elaborazioni/ reinterpretazioni di essa. Parassitismo significa anche l’approccio alla quarta dimensione, in quanto la stratificazione garantisce la permanenza di tutte le identità presenti. Tempo e luogo risultano qui infatti strettamente connessi: se è la necessità di spazio a condurre a questa modalità di costruzione, è la volontà o la necessità del mantenimento delle preesistenze a divenirne il motore. Capacità di confronto col luogo attraverso il tempo.
Il parassitismo è prossimo al continuo reinventarsi degli spazi, in contrapposizione con gli enunciati modernisti ed in sintonia con quanto in seguito espresso da Aldo Rossi, ovvero che forma e uso di un’architettura può non sussistere corrispondenza. In questo senso la metafora del parassita può illustrare con successo le dinamiche intercorrenti tra la città contemporanea e i manufatti architettonici: non più una semplice questione di disegno/progettazione ma un complesso sistema di variabili che interagiscono tra loro contemporaneamente: economiche, sociali, politiche. La densificazione è un altro tema che vede nel parassitismo perlomeno una delle soluzioni coerenti. Il problema dell’uso del suolo è dibattuto ormai da almeno un secolo; le proposte di Le Corbusier per edifici alti a grande distanza gli uni dagli altri per mantenere il più possibile intatto il terreno disponibile ne sono un primo esempio di risposta. Il dibattito è aperto in tutta Europa e, in qualche modo, anche in Italia. Con la Legge Regionale 22 del 1999 la Regione Lombardia sancisce la possibilità variare l’inclinazione delle falde per poter rendere abitabili i sottotetti. Una decisione che ha generato posizioni critiche, cui l’amministrazione ha risposto adducendo la motivazione che l’aumento della densità negli spazi già occupati possa contribuire a preservare gli spazi ancora verdi ancora esistenti sul limitare dei territori cittadini. In questo senso vengono citati ad esempio positivo l’innalzamento del Palazzo della Ragione avvenuto nel ‘700 ad opera di Francesco Croce e l’intervento, per la verità da più parti contestato, di Mario Botta per l’ampliamento del Teatro alla Scala, entrambi in Milano. Per quanto riguarda gli interventi già effettuati per l’abitabilità dei sottotetti, il confronto delle differenti posizioni non ha però portato ad una riflessione estesa alla riconsiderazione del rapporto tra esistente ed nuove identità immesse. Sul fronte del “commento all’esistente”, l’elemento parassita sfida le regole edificative vigenti, essendo in grado di focalizzare l’attenzione sull’effettiva rispondenza di queste alle necessità del vivere contemporaneo nell’ambiente urbano e porle come argomento centrale ed urgente di discussione. Il campo di applicazione di questa tendenza risultano prevalentemente edifici pubblici, in particolar modo musei, edifici che ospitano funzioni terziarie ed edifici industriali. Questo a causa dell’eccezionalità dell’inter-
Milano: il Palazzo della Ragione e il Teatro alla Scala
vento e della sua spettacolarità. Una delle motivazioni che legano infatti il campo applicativo ai modi dell’intervento, in cui si esplicita un rapporto conflittuale con l’esistente, è il carattere di singolarità che vengono ad assumere l’architettura e, di conseguenza, l’immagine della funzione ospitata. Non a caso l’intrusione del nuovo oggetto architettonico non consegue generalmente all’immissione di una funzione differente, e quindi di una nuova proprietà, da quella ativa nella preesistenza, ma viene attuata per potenziare quest’ultima, per renderla, oltre che maggiormente connessa, scenografica. Il parassita si fa in questi casi simbolo, comunicazione del pensiero e delle sperimentazioni contemporanee, lontano dal la problematica del diritto allo spazio e dalle ricerche sulle strategie di densificazione della città. SI trova quindi ad essere sfruttato da organizzazioni economiche o pubbliche che ne utilizzano la capacità iconica, amplificata dalla relazione con edifici storicamente connotati, per innescare eventi e partecipazione. (Sara Marini: Architettura Parassita—Strategie di riciclaggio per la città).
La città verticale E’ possibile individuare un filo conduttore iniziato nientemeno che in uno schizzo di Leonardo da Vinci per una proposta “a livelli” per Milano (o perlomeno per il luogo di residenza dei regnanti milanesi contemporanei del maestro Vinciano), realizzato infatti durante il ventennio di permanenza di Leonardo alla Corte di Ludovico il Moro Sforza. Nel disegno vengono chiaramente visualizzati spazi di vita differenziati: in alto, salubri e ben tenuti per la classe abbiente ed in basso, vicino alle vie d’acqua necessarie allo svolgimento delle operazioni, quelli del popolo. Effettuando un grande salto temporale, venendo cioè agli anni 60-70 del secolo scorso, ci si imbatte in un progetto solo a prima vista visionario ma, approfondendone la lettura, se ne comprende anche la reale fattibilità tecnica. Il progetto in questione è quello realizzato da Marco Romano con Giorgio Origlia, Mario Bellini, Marco Locatelli e denominato “Il Futuro
Leonardo da Vinci disegno per città a livelli
Marco Romano: una proposta per Milano
della Città - Una Proposta per Milano”, nel quale si presenta la possibilità di uno sviluppo in verticale della città di Milano, a partire da elementi puntiformi di grandi dimensioni da posizionarsi ad esempio al centro degli incroci stradali, collegati da elementi strutturali reticolari nei quali avrebbero trovato posto abitazioni e mezzi linee pubbliche per il trasporto. In modo meno programmatico e più formale, tracce di questa vocazione milanese allo sviluppo della città su piani sono presenti anche, in questo caso però realizzate, in uno degli elementi più emblematici del nuovo Studio Boeri: Bosco verticale intervento per i quartieri Garibaldi Isola Ex Varesine, l’edificio “Bosco Verticale” opera dello Studio Boeri.
Spazio pubblico / Landmark Urbano La proposta di spostamento nel prospiciente Palazzo Cusani dell’Accademia di Belle Arti, in contrapposizione sia con quella di trasferimento della stessa alla Caserma Mascheroni che di ospitare le collezioni contemporanee nel vicino Palazzo Citterio è una risposta di mutamento nella continuità, Palazzo Cusani, attualmente in uso all’esercito italiano, risulta parte del sistema Brera, costituendo l’altro affaccio su quello che può quasi considerarsi un interno urbano quale è il tratto di Via Brera e ancor di più la Piazzetta Brera. Emergendo infatti la necessità di non depotenziale la forza di questo sistema ma al contempo di garantire a tutte le funzioni insediate di disporre dei giusti spazi, la scelta di Palazzo Cusani costituisce non una scelta arbitraria dai labili presupposti, ma il risultato di una precisa necessità di mantenimento dell’identità del luogo, anche oltre le istanze che in questo senso sono state sollevate da varie figure interne all’Accademia. A rinforzare la connessione, un segno visibile con l’aspirazione a diventare un landmark urbano, una passerella di collegamento tra i due Palazzi, che all’interno consente lo spostamento degli alunni dall’uno all’altro senza interruzione della continuità e, all’esterno, intende potenziare l’effetto di interno urbano della zona di Piazzetta Brera, diventando
uno spazio di sosta e socializzazione.
Riferimenti formali Sul piano formale, il riferimento per quanto riguarda il tamponamento esterno dell’intervento, è il museo dell’alluminio, o “Aluminium Forest” di Utrecht, Olanda, realizzato da Micha de Haas Architects. Il progetto è stato insignito dei premi: Dedalo Minosse (2003-2004) e l’European Prize for Architecture and Technology. Se la base, costituita da pilotis, è assimilabile per il sistema ma non per l’esito formale, è l’accostamento tra tamponamento esterno e bucaAluminium Forest: vIste ture a costituire il principale tratto comune col progetto dei nuovi spazi per Brera: difatti, alla scelta di utilizzare un unico materiale, dall’impiego quasi industriale, si contrappone - a bilanciamento - una composizione delle finestrature fortemente espressiva, in parte antitetica, pur rimanendo però entro il recinto del concetto modernista della finestra a nastro.
Il progetto degli spazi Uno dei riferimenti per il dimensionamento degli spazi museali dell’ampliamento della Pinacoteca di Brera e la sua trasformazione nel progetto MIMAB (MIlan Museum of Arts in Brera) si basa sulla presa in carico degli spazi previsti nel Museo di Arte Contemporanea progettato e non realizzato da Libeskind per l’area di Porta Garibaldi. La comparazione è sostenuta dal parallelismo tra la tipologia di collezioni che questo avrebbe dovuto ospitare, le stesse previste per l’ampliamento in Brera.
Museo Arte Contemporanea Libeskind
Le superfici utili del MAC Milano avrebbero dovuto approssimativamente essere di circa 5.000mq coperti. superficie utilizzata come riferimento per determinare i volumi del progetto. Inoltre, il patrimonio artistico di Brera è estremamente vasto, tanto da essere in gran parte non esposto e addirittura custodito presso sedi differenti da quelle del la sede. I dati, non univoci, indicano infatti come il rapporto tra le opere esposte e quelle non esposte archiviate in Brera sia approssimativamente di uno a due, quasi raddoppiato considerando anche le sculture ed i dipinti conservati altrove. Anche applicando che la prassi museale attuale, per motivi di appetibilità della proposta, impone una rotazione all’esposizione delle opere, il rientro del patrimonio di Brera nel complesso è stato tenuto in grande considerazione, prevedendo per queste la ristrutturazione degli spazi interrati come magazzino, attualmente in stato di forte ammaloramento.
Rapporto opere esposte/non esposte Brera
Assieme alle altre linee progettuali di spostamento dell’Accademia di Belle Arti nel prospiciente Palazzo Cusani e di restituzione alla città del piano terra del complesso come luogo vissuto della vita culturale cittadina, la ridefinizione globale dei locali è stata riportata nel prospetto riportato di seguito: $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $ $
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Progettazione Museale A livello macroscopico, gli spazi museali dell’ampliamento sono organizzate secondo uno schema a blocchi composto da quattro zone distinte:
Soluzioni tecnologiche Solai prefabbricati per posa a secco Gli elementi strutturali costituenti i solai dell’ampliamento, a secco, sono scelti nell’ottica della massima facilità di modifica della configurazione. Solaio a secco, sezione
Solaio a secco: portate
Tamponamento esterno Per il tamponamento esterno delle strutture costituenti l’ampliamento, come da riferimento progettuale già illustrato, si è optato per l’utilizzo di un’unica tipologia di materiale: l’Alucobond. La scelta vuole rivolgersi a rimarcare la forte scelta antimimetica del nuovo rispetto all’esistente dal quale si eleva nel cielo di Milano. Coperto da brevetto commerciale del produttore 3A Composites, il materiale viene commercializzato in pannelli le cui lunghezze standard raggiungono le dimensioni richieste per i moduli standard costituenti le nuove gallerie (ca. 7m.) . La larghezza del pannello scelta è di 1575mm, dimensione che definisce la scansione ritmica verticale, grazie alle fughe tra un elemento ed il successivo che rompono la monoliticità dei prospetti. Tra le caratteristiche di rilievo, il mantenimento delle caratteristiche estetiche (colore) e strutturali (planarità) nel tempo. Tra i colori commerciali standard disponibili, si è scelto il colore naturale metallizzato.
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1 - nucleo minerale 2 - pelle di Alluminio 0,5mm Alucobond: stratigrafia e montaggio
Fondazioni In considerazione delle preesistenze interrate del complesso, che, come tema progettuale, devono essere mantenute il più possibile evitando modifiche, perlomeno alle parti storicamente rilevante, il tipo di fondazione scelto per Fondazioni: micropali l’imponente struttura aerea è quella a micropali. Con tale denominazione vengono identificati pali trivellati ottenuti attrezzando le perforazioni di piccolo diametro (d<250 mm) con tubi metallici, che possono anche essere dotati di valvole di non ritorno (a secondo delle modalità di solidarizzazione con il terreno), che sono connessi al terreno mediante: riempimento a gravità / riempimento a bassa pressione / iniezione ripetuta ad alta pressione.
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Progetto allestimenti museali
Il progetto dell’allestimento museale costituiva una parte delle richieste didattiche del Laboratorio di Progettazione, dal quale questa tesi prende l’inizio. L’allestimento è studiato in continuità con il progetto architettonico, con un’estetica minimale e al contempo di ispirazione industriale, con le pannellature di supporto per le opere accoppiate ad elementi strutturali e di connessione tecnologica in metallo, verniciato o grezzo.
Permutazione dell’elemento base di allestimento
Forte è anche in questo caso la modularità degli elementi, la cui composizione in multipli consente la definizione degli ambienti espositivi, mentre le due differenti tipologie studiate consentono di gestire l’esposizione di opere sia pittoriche che scultoree.
Modularità allestimento
Elemento illuminante allestimento
Sfruttando lo stesso criterio per quanto riguarda l’utilizzo delle guide superiori come binario per il posizionamento e prelievo dell’energia elettrica, si è sviluppato anche un sistema di illuminazione estremamente flessibile per le zone espositive
Riferimenti progettuali Per l’allestimento degli spazi gallerie/museali il riferimento principale è costituito dall’allestimento realizzato dallo Studio Albini Associati, anno 2004-2014 per la Galleria Sabauda di Torino, all’interno del complesso museografico del Palazzo Reale della città I progettisti hanno sviluppato un sistema che privilegiasse il criterio della massima flessibilità degli spazi, con pannelli a tutta altezza fissati sulle estremità superiore ed inferiore a guide, che ne consentono il movimento e la modifica della posizione. Anche il sistema di illuminazione, generale e puntuale, segue il medesimo principio, con proiettori direzionabili. La luce proveniente dell’esterno è modulata da tende semiopache.
Allestimento Galleria Sabauda Torino
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Progetto immagine coordinata
Legato a doppio filo col tema urbano della rifunzionalizzazione degli spazi interni ed esterni del complesso di Brera, vi è lo studio di un’immagine coordinata unitaria, da declinarsi opportunamente per tutte le attività presenti. La definizione di un’immagine coordinata innanzitutto coerente con quello che Brera intende rappresentare oltre che chiara, riconoscibile e migrabile sui vari supporti.
Colori, Font, Logotipo La combinazione dei colori scelta per la definizione delle grafiche è l’azzurro (CMYK) come riferimento alla natura “aerea” della struttura costituente l’ampliamento del museo, ed ad una scala di grigi per gli elementi di completamento
white CMYK 0% 0% 0% 0%
cyan CMYK 57% 0% 13% 0%
grey CMYK 0% 0% 0% 47%
bark grey CMYK 0% 0% 0% 90%
black CMYK 0% 0% 0% 100%
I font scelti sono il carattere Gotham Ultra per le parti principali, di impatto, ed il rigore classico dell’Helvetica per i testi.
abcdefghijklmnopqrstuvwxyz ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ 0123456789 abcdefghijklmnopqrstuvwxyz ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ 0123456789
Branding Elaborando le funzioni, si è definita una serie coerente di marchi per ciascuna delle funzioni insistenti: Marchio: MUSEO MIMAB L’elemento caratterizzante della struttura, il sistema di rampe, è rappresentato schematicamente per la definizione del marchio. La rampa, che idealmente sale verso un punto indefinito nel cielo, a testimoniare la natura aerea del progetto, è anche interpretabile come una “B”, iniziale di Brera ed una “M” ruotata, iniziale di MIMAB (MIlan Museum of Art in Brera)
Marchio: Accademia di Belle Arti Per l’Accademia si è scelto di utilizzare, schematizzandolo mediante rappresentazione a poligoni, il Marte Pacificatore, opera del Canova, in versione “low poly”, a rappresentare l’Arte prodotta in Brera.
Marchio: Biblioteca Braidense Per lo storico polo bibliotecario si è definito un marchio che visualizzasse un libro aperto, contemporaneamente rappresentante l’iniziale di “Biblioteca” e “Braidense”.
Marchio: Osservatorio Astronomico L’osservatorio è rappresentato nel proprio marchio con l’elemento più visibile e caratteristico, la cupola posta sulla sommità della copertura del complesso storico di Brera, in versione stilizzata.
Marchio: Orto Botanico L’Orto Botanico è visualizzato semplicemente con la stilizzazione di un elemento arboreo nel centro della forma.
Marchio: Istituto Lombardo L’Istituto Lombardo è un ente storico il cui obbiettivo è lo sviluppo della conoscenza nelle discipline scientifiche, umanistiche ed artistiche. Per visualizzarne l’immagine si è optato per rappresentarne il monogramma come stilizzazione delle colonne di un tempio, diffuso riferimento iconico per simboleggiare luoghi legati alla cultura oppure ai dorsi di due libri affiancati.
Marchio: Lo Strettone Art Mall Lo strettone è l’altro elemento di totale novità portato dal progetto. Per la sua rifunzionalizzazione da corridoio di servizio sul retro del complesso a vero e proprio centro commerciale diffuso dell’arte, si è scelto di rappresentare questa pluralità nell’unico mediante una tavolozza, con i vari elementi che uniti, compongono qualsiasi colore voluto.
Website Parte imprescindibile della definizione dell’immagine coordinata è la creazione/ aggiornamento di quello che è il sito istituzionale. Nel caso di Brera, ciascun elemento presente nel complesso è dotato di un proprio sito sviluppato con scelte grafiche e funzionali differenti da quelle degli altri:
Pinacoteca
Accademia di Belle Arti
pinacotecabrera.org/
www.accademiadibrera.milano.it
Osservatorio Astronomico www.brera.inaf.it/
osservatorio astronomico/ orto botanico http://www.brera.unimi.it/
Biblioteca Nazionale Braidense www.braidense.it/
Istituto Lombardo www.istitutolombardo.it/
Amici di Brera www.amicidibrera.it/
Schermate iniziali siti funzioni in Brera
Si propone di creare un unico portale dal quale si possa accedere ai siti web delle singole funzioni di Brera, il tutto sviluppato secondo linee guida comuni sulle quali apportare le opportune personalizzazioni.
La scelta di mantenere sia gli indirizzi singoli affiancati a quello comune generale è effettuata per massima flessibilità e continuità da un lato, aggiungendo però un denominatore comune attualmente mancante e la cui aggiunta attuerebbe anche sul piano digitale quella volontà di sistema, il cui valore totale è maggiore di quello delle parti prese singolarmente, che innerva la totalità del progetto.
Ipotesi nuovo portale Brera
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Bibliografia, riferimenti
Urbanistica, Sociologia Urbana
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Lorenzo Spagnoli: Storia dell’urbanistica moderna Vol. I-II, Zanichelli G.Campos Venuti, F.Oliva: Cinquant’anni di urbanistica in Italia 1942-1992 – Laterza Vita e morte delle Grandi Città - Jane Jacobs, 1953 Einaudi Atlante Verso le Nuove Municipalità - Comune di Milano, Politecnico di Milano Facoltà di Architettura e Società, Dipartimento DATSU - Settembre 2013
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Giampaolo Nuvolati: L’interpretazione dei luoghi - Flânerie come esperienza di vita. Firenze University Press 2013
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Pietro Pisano: La disciiplina dello sguardo e il modello del flaneur nei quaderni di Maltes Laurids Brigge, Tesi di Laurea di II Livello Facoltà di Lettere e Filosofia
Storia
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Cecilia Ghibaudi (a cura di): Brera e la guerra, Elekta 2009 Brera- Storia della Pinacoteca e delle sue collezioni, Rosalba Tardito - Cantini Editore Committenza e cantiere, note per Palazzo Cusani - Marica Forni (Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Politecnico di Milano. saggio) Giulia Bologna: Palazzo Cusani, Milano - Tipolito Uggè Marina Moioli: I love Milano Storie insolite, grandi personaggi, luoghi magici e leggende popolari, Newton & Compton, Roma Masssimo Polidoro: Milano insolita e segreta, Jonglez, 2012 Giovanna Denti: Milano e l’acqua. Storia, storie e progetti, Maggioli Editore, 2012
Città verticale, avanguardie
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Marco Elia: VChUTEMAS—design e avanguardie nella Russia del Soviet - Lupetti Marco Romano: Il futuro della città - Una Proposta per Milano Gianni Pettena: Radicals. Architettura e Design (1960-1975) - Il Ventilabro 1996 Yona Friedman: L’architettura di Sopravvivenza – Bollati Boringhieri
Architettura parassita
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Sara Marini: Architettura Parassita - Strategie di Riciclaggio per la città Quodlibet 2008 Architettura temporanea e di emergenza Architettura parassita. Passato presente futuro – Alberto Minero (tesi di laurea)
Progettazione museale
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Giovanni Longobardi: Manuale Progettazione Musei - Gruppo Mancosu Editore, 2007 Progettazione spazi pubblici / zero volumetria
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Pietro Carlo Pellegrini: Piazze e spazi Pubblici, architetture 1990-2005 - Motta Editore A.Aymonino, V. P. Mosco: Spazi pubblici contemporanei. Architettura a volume zero Skira 2006
Monografie
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Le Corbusier – Motta editori Zaha Hadid – Motta editori Kenzo Tange – Motta editori Stephen Holl – Motta editori Studio Park : The Cube, Itinerant Restaurant
Tecnologia
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Clara Masotti: Manuale di Architettura di emergenza e temporanea, Sistemi editoriali
Periodici / Quotidiani
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Casabella n.808, dicembre 2011 Casabella n.831, novembre 2013 Il Sole 24 Ore (vari) Correre della Sera / Correre Milano (vari) La Repubblica (vari)
Immagini
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Loreno Confortini: Brera, illustrazione/spaccato (www.lorenoconfortini.it)
Siti web
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www.versolagrandebrera.it www.accademiadibrera.milano.it/ http://dati.comune.milano.it/