Amon Eclipse - Mario Erminio Bussini

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Mario Erminio Bussini

Casini Editore


Š 2011 Valter Casini Edizioni www.casinieditore.com


Eclipse



Prologo

Il giovane druido si fermò a riposare appoggiandosi al bastone. Il pendio scosceso e la neve alta rendevano arduo il suo cammino. Nell’aria gelida, il suo respiro si condensava in dense volute di vapore. Appoggiò il palmo della mano sul tronco di un faggio seguendo con le dita le increspature della corteccia, poi inspirò profondamente e riprese il cammino. Risalì il crinale percorrendo senza esitazione un sentiero invisibile che si infilava nel folto del bosco. L’energia era la sua guida, laddove il paesaggio non dava riferimenti di sorta e il terreno giaceva sepolto sotto una spessa coltre bianca. Giunse infine in una piccola radura nascosta dalla fitta vegetazione, uno spiazzo di pochi metri interamente occupato da una capanna di legno e paglia. Al suo arrivo, dal tetto ingombro di neve un corvo gracchiò, muovendo la testa ritmicamente e agitando le larghe ali nere. Il druido mormorò il suo disappunto, poi aprì la piccola porta di legno abbassando la testa per infilarsi nell’uscio.


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All’interno la temperatura non era molto più alta di quella della tagliente aria invernale. La vecchia era seduta per terra con sguardo impassibile. Newlyn si abbassò a guardarle il viso. Dunque era morta, alla fine. Del resto, era quasi sicuro che non fosse immortale. Le passò una mano davanti al viso ma l’espressione della donna non mutò. Forse il corvo l’aveva chiamato per quel motivo: stavolta la vecchia era morta davvero durante uno dei suoi rituali o dei suoi viaggi mentali, ed era rimasta lì, congelata in quella posizione. Newlyn borbottò al pensiero di come avrebbe dovuto stenderla e scavarle una fossa nel terreno gelato. Prese una candela e ne accese lo stoppino con le dita. Si tolse il guanto dalla mano destra e la passò sul viso della donna. La pelle era fredda e rigida, lo sguardo vitreo e assente. Per un breve attimo, il druido quasi si commosse. Poi si voltò, avvicinandosi alla piccola stufa di ghisa nell’angolo. Anche il metallo era gelido, segno che non veniva accesa da giorni. Afferrò il manico della teiera e la scosse. Se anche ci fosse stata dell’acqua al suo interno, era diventata un blocco di ghiaccio. Appoggiò il recipiente sulla stufa e si rimise il guanto. — È finita la legna — disse la vecchia. — Pensavo fossi morta — rispose il druido. Dierdra sorrise con i pochi denti che le erano rimasti. — Sei un maestro druido. Non sai distinguere una persona viva da una morta? — Eri gelida e rigida come un pezzo di marmo. Non sentivo più energia in te. Come fai a raggiungere quello stato? — Ci arriverai, prima o poi — rispose la veggente, puntandogli contro il dito ossuto. — Perché mi hai fatto venire fin qui? — Dobbiamo parlare di una cosa importante, ma prima ho


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bisogno di una tazza di tè. Raccogli un po’ di legna e riaccendi il fuoco. Quella misera casa sembrò riprendere vita, compresi alcuni uccelli impagliati che, illuminati ora dalla fioca luce proveniente dalla grata della stufa grazie al fuoco acceso da Newlyn, iniziarono a proiettare ombre danzanti sulle pareti di legno. — Siediti — disse Dierdra. — Che cosa succede? Dopo tanti anni sapeva riconoscere il tono solenne che sua madre usava per gli avvenimenti importanti. E sapeva che in tutta la sua vita mai avrebbe raggiunto la sua abilità nelle arti divinatorie. La vecchia estrasse un fagotto di pelle da sotto le vesti. — Stanotte le rune mi hanno parlato. — Notizie buone o cattive? Dierdra scosse la testa, poi sparse delle conchiglie sul pavimento. Raccolse la prima e la mostrò al druido. — Fehu — annunciò. — Il cambiamento. La seconda è Hagalaz, la nascita e la rinascita, poi Perdh, la rivelazione. Strinse una quarta conchiglia nel pugno, poi la mostrò: — Berkana, la madre e il figlio. Le mani si mossero leggere sfiorando l’incisione delle rune. — Ehwaz, Raido, Isa, Teiwaz e Opilaz — sussurrò con timore. — E infine, la runa bianca… Le posò sulla terra e restò a guardarle, con deferenza e stupore. Il druido attese qualche istante, poi fece la sua domanda. — Che significano? La vecchia rispose senza distogliere lo sguardo dalle rune. — Un grande cambiamento si profila all’orizzonte. Un viaggio oltre le acque, una madre e un bambino, la rivelazione! Ma anche la stregoneria. Opilaz in questo contesto è sconvolgente, la porta di ingresso al regno degli dèi… e poi c’è la runa bianca. — Quindi non si sa come andrà a finire — rifletté l’uomo.


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— Esatto. — La vecchia sollevò lo sguardo. — In qualche luogo oltremare sta per nascere un bambino. Opilaz e Perdh, la rivelazione e il regno degli dèi. Potrebbe essere il messia che da tanto tempo stavi aspettando, Newlyn. Le rune sono chiare. Ma c’è anche il sentiero, e la stregoneria, e la prudenza. Altri metteranno gli occhi su di lui, muoviti con cautela. Faranno rituali per convertirlo all’evocazione. Dovrai dargli una famiglia e insegnargli il giusto sentiero. Newlyn esitò. — Il messia… non ci pensavo più da anni, non credevo che l’avrei mai visto, non pensavo che… — Non è tempo di esitare! — sentenziò Dierdra. — Raccogliti in meditazione e scopri il luogo in cui devi recarti. Devi muoverti subito per arrivare prima degli altri. — Io non so se sono pronto — mormorò il druido. — Non mi aspettavo una notizia del genere… — La runa bianca — ripeté Dierdra. — Il suo destino non è scritto. Egli dovrà compiere una scelta, e il compito di prepararlo al meglio è tuo. Non sarà un allievo come gli altri. — No, certo. Quando dovrebbe nascere? — Ehwaz, il presagio — rispose la donna. — Ci sarà un segno. Un segno inaspettato. Allora tu saprai che quello sarà il momento. — L’eclissi! — esclamò Newlyn. — Mettiti in cammino il prima possibile — aggiunse Dierdra annuendo. — Lascia che sia l’energia a guidarti. Newlyn uscì dalla capanna. Restò alcuni istanti a riflettere, respirando a fondo per far fluire l’energia. Poi si avviò a ritroso sullo stesso sentiero seguito all’andata. La veggente aveva ragione: non c’era tempo da perdere.


I

Chiuse velocemente la zip del giubbotto mentre si precipitava giù dalle scale. Arrivato al piano terra, sollevò il bavero per proteggersi dal freddo e uscì sbattendo la porta. Il buio avvolgeva la campagna immersa nella nebbia, anche se erano solo le tre del pomeriggio. Brody non se ne curò, un po’ perché aveva perso il conto delle stranezze di quei giorni, un po’ perché non ne aveva il tempo. Corse a rotta di collo lungo la discesa che costeggiava il bosco, sollevando la ghiaia con gli scarponi. Percorse la larga curva a destra scostando bruscamente i rami che gli si paravano davanti, poi d’improvviso dovette fermarsi. Gli mancò il fiato e si piegò un istante sulle ginocchia. Per un momento gli parve che il buio lo avvolgesse cercando di ghermirlo. †


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Poco lontano, tre uomini lo osservavano di nascosto tra gli alberi. — Che diavolo stai facendo? — bisbigliò uno dei tre trattenendo per il braccio l’amico che aveva fatto per alzarsi. — Lascialo andare, pezzo d’idiota! — La ragazza è sola in casa. Pensavo di approfittarne adesso — rispose il giovane inginocchiandosi di nuovo. Basso e tozzo, portava dei corti capelli biondi tagliati a spazzola. — Entriamo e la portiamo via. Che ci vuole? — Certo, perché tu sapresti far nascere il bambino, non è così? L’evocatore non rispose. — E se dovessero esserci delle complicazioni? Cosa sei, un cazzo di medico? — Corey ha ragione, lasciamo stare — si intromise il terzo abbassandosi il cappuccio nero sul volto. — Che vada a chiamare la levatrice. Il bambino deve nascere senza problemi. Ce ne occuperemo in seguito. — Grazie, maestro — rispose Corey. — Ma il bicefalo ha detto che prima lo portiamo dalla nostra parte e meglio sarà, non è vero? — si affrettò ad aggiungere Brenner, calcandosi un cappello di lana sulla testa. — Fa’ come ti dice — ordinò Ragnar. — Ogni cosa a suo tempo. † Brody si rialzò. La vertigine era passata rapidamente come era arrivata. Riprese a correre fino in fondo alla conca, e poi in salita, lungo il viale che tagliava in due il borgo. Superò un paio di scalinate di pietra e si infilò in un vicolo sulla destra. Infine arrivò al portone e iniziò a battervi contro i pugni con foga.


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— Signora O’Keefe! Signora O’Keefe! Presto, signora O’Keefe! Al primo piano si accese una luce. La finestra si aprì e si affacciò una donna anziana con la testa piena di bigodini avvolta da una retina. — Cosa diavolo sta succedendo? — chiese allarmata. — Signora O’Keefe! Cathy ha le doglie! Dobbiamo fare presto — ansimò il ragazzo. — Oh Signore mio! — esclamò l’anziana, stringendosi nello scialle. — Ogni quanto sono le contrazioni? — Veramente non saprei — rispose Brody. — Ma come, te l’ho spiegato ieri! Ah questi giovani, non ascoltano! Marta! L’anziana rientrò in casa. Brody si strinse nel giubbotto, battendo i piedi sul ciottolato per combattere il freddo e scaricare la tensione. Dopo qualche istante la donna anziana uscì, accompagnata dalla nipote. — Ragazzo, ti avevo spiegato ieri come controllare le contrazioni — disse ancora. — Sì, signora, ha ragione, ma quando sono iniziate le doglie Cathy ha iniziato a urlare, poi è diventata tutta rossa, mi sono spaventato e ho preferito venire subito. — D’accordo. Calmati adesso. Forza, muoviamoci.


II

Adrien si sporse oltre il parapetto e diede di stomaco. — Ma che schifo! Non puoi proprio trattenerti? — protestò Marcus. Adrien scosse la testa. — Il rollio, non lo sopp… — interruppe la frase a metà per riversare un altro fiotto di vomito nelle acque scure. — Doveva proprio venire anche lui? È sempre la solita palla al piede — chiese Marcus. — Non sei tu a decidere, e cerca di portare più rispetto al tuo maestro e ai tuoi compagni — rispose brusco Newlyn. — Adrien è un guaritore molto in gamba. — Grazie — rispose Adrien pallido come un cencio. — Però avremmo potuto prendere il traghetto, no? Era più grande e mi avrebbe dato meno fastidio. — Sì, e magari potevamo far suonare la banda, tanto per passare inosservati — aggiunse Marcus ironico. — Ma cos’hai nella testa, pietre?


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— Aspetta che arriviamo sulla terraferma. Stavolta ti rompo il… — Adrien si fermò, vittima ancora dei conati. — Fatela finita! — ordinò Newlyn. — Tra poco ci sentirà tutta l’isola. — Poi si rivolse al comandante del peschereccio. — Quanto manca? — Un quarto d’ora, più o meno — rispose l’uomo senza voltarsi. — Un quarto d’ora? Non ce la farò mai, arriverò morto — si lamentò Adrien. — Fate silenzio adesso — ordinò il druido, con più garbo ora. — Senti qualcosa? — chiese Marcus. — Sì. Sento che la vibrazione aumenta, ci stiamo avvicinando. Tu non la percepisci? — Leggermente, ma mi sembra sempre uguale. — Siete sicuri che la direzione sia giusta? Tra il buio e la nebbia potremmo schiantarci contro qualche scoglio — chiese Adrien cercando di alzarsi in piedi. — Stai seduto. Se ti alzi è peggio — suggerì Newlyn. Il giovane si lasciò andare pesantemente, appoggiandosi con la schiena al parapetto. — E sì, siamo sicuri — aggiunse il druido. Per il resto dobbiamo affidarci al capitano. — È incredibile — osservò Marcus, — non ho mai visto una eclissi così buia e improvvisa. — Neanche io — sospirò Newlyn. Il natante continuò il suo percorso, sollevando e riabbassando la prua tra le onde. — Senti altre presenze? — chiese Adrien. — Non proprio. Sento come un disturbo, come qualcuno che si tiene ben nascosto. — Ci saranno. Sono tutto fuorché stupidi — disse Marcus. — Ma c’è qualcos’altro di strano. Adrien, tu non senti…


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Newlyn non riuscì a terminare la frase. Una colonna d’acqua si sollevò improvvisamente a babordo. Il peschereccio si sollevò su un lato e fu in procinto di ribaltarsi. Gli uomini scivolarono lungo la coperta, sbattendo violentemente contro il parapetto. La barca rollò paurosamente su un fianco, ma in qualche modo riuscì a bilanciarsi e a ritornare nella posizione corretta. — Che diavolo è successo? — urlò Marcus. — Abbiamo urtato uno scoglio? — chiese Adrien. — No — rispose Newlyn tirandosi in piedi. — Ho visto una colonna d’acqua con la coda dell’occhio… — Hey! Il comandante! — si allarmò Adrien. Indicò a prua. Il timone libero ruotava vorticosamente. — Dev’essere caduto in mare! — Marcus si sporse oltre il bordo. — L’acqua sembra ribollire. Alle sue spalle, a pochi metri dall’imbarcazione si sollevò una seconda colonna d’acqua che li spinse indietro di alcuni metri. Sotto lo sguardo sbalordito degli uomini, la colonna d’acqua restò come sospesa per un istante, poi esplose schizzando in tutte le direzioni. Ci fu un momento di calma e silenzio. Anche il mare in burrasca sembrò placare la sua collera. — Cos’è quest’odore tremendo? — bisbigliò Marcus. — È terribile — aggiunse Adrien. Newlyn restò in ascolto. Dalla lunga barba caddero gocce d’acqua. — Una zecca — sussurrò. — Una cosa? — chiese Adrien. Dalla nebbia, veloce come un battito d’ali, emerse la testa di un essere ricoperto di scaglie che si abbatté con violenza sul ponte. Newlyn rotolò su un fianco per evitarlo. Il demone si abbatté nuovamente sul natante, sfondandone il ponte e trapassandolo fino alla chiglia.


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Gli uomini urlarono. La creatura tirò fuori la testa dal cumulo di legno distrutto, si alzò verso il cielo spalancando le quattro fauci ed emettendo un verso lancinante, poi aprì e richiuse le chele con uno scatto metallico. — Adrien, trattieni l’acqua! — urlò Newlyn. In un solo istante, Marcus evocò un enorme orso bruno che attaccò la bestia su un fianco, menando fendenti con i grossi artigli. Le scaglie del demone però, lucide come l’acciaio, non si scalfirono. Sorpreso dall’attacco, l’enorme insetto scattò indietro con velocità fulminea, riaprendo le fauci minacciosamente. Newlyn roteò gli occhi all’indietro. Il demone scattò sul famiglio, afferrandolo con le chele e sbattendolo sul ponte. L’urto fu tale da imprimere la sagoma dell’animale sul legno umido. Adrien, intimorito, allentò per un istante la presa dall’acqua, che non più sospinta verso la chiglia iniziò a sgorgare dalla falla. Osservò il druido anziano che, piegato sulle ginocchia e con occhi diventati completamente bianchi, aveva iniziato a emettere una vibrazione convulsa e violenta. Adrien si gettò prono sul ponte accanto alla falla, immerse una mano nell’acqua e la tramutò in ghiaccio, tappando momentaneamente il danno. Intanto l’orso e l’insetto continuavano la loro lotta, distruggendo parti del peschereccio a ogni colpo. L’orso riuscì ad afferrare tra le fauci un occhio della bestia, e a strapparlo dalla lunga antenna su cui era posizionato. Adrien, non più costretto a badare alla barca, guidò delle lame di vento contro l’insetto, laddove le scaglie si facevano più chiare. La vibrazione emessa da Newlyn salì di tono fin quando l’acqua iniziò ad agitarsi. In lontananza si cominciò ad avvertire un rumore forte, come di un tuono.


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Adrien e Marcus compresero le intenzioni di Newlyn e si tirarono indietro, aggrappandosi dove possibile. — Reggetevi forte! — urlò il druido. Il mare risucchiò la barca rapidamente, allontanandola dalla bestia che, ferita al ventre, era indietreggiata di qualche metro nell’acqua. Dopo un istante di sorpresa, il demone si inarcò e ripartì all’inseguimento, scivolando sinuoso sull’acqua come un rettile. Quando l’onda giunse in prossimità dell’imbarcazione emergendo dalla nebbia, fu troppo tardi per allontanarsi. Newlyn si avvolse una cima intorno a un braccio, aggrappandosi al timone. Per un paio di secondi riuscì a scorgere l’onda che sovrastava il natante di una decina di metri e si allargava in ogni direzione. Il cavallone travolse tutto e spinse l’imbarcazione nel profondo del mare con la sua furia incontrollabile. In lontananza, si udì lo stridulo e frustrato verso del demone insetto.


III

Cathy emise il suo ultimo urlo quasi all’unisono con il pianto di suo figlio, quando finalmente venne al mondo. — È un maschio! — annunciò Marta con gioia. Lo avvolse nell’asciugamano e lo mostrò ai suoi genitori. Brody, commosso e incapace di parlare, si strinse a Cathy e le baciò la fronte candida imperlata di sudore. Si abbracciarono piangendo di gioia. La signora O’Keefe non si scompose. — Vieni — disse alla nipote. — Tagliamo il cordone e laviamo via la placenta. — Come stai? — chiese Brody a sua moglie. — Mi sento debole, ho la nausea e le vertigini. — Penso sia normale, con lo sforzo che hai fatto! — Rise. — Ma ci pensi? È nato, è il nostro bambino. Non è incredibile? Con tutti i problemi che abbiamo avuto… — Davvero — mormorò lei. — A volte ho temuto di non farcela.


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— Zia, guarda che strano! — esclamò Marta. — Che succede? — chiese Brody. — Una voglia, nel costato, sotto il cuore, ha una strana forma… — Súil na Bandé… am Meisias… — bisbigliò la vecchia indietreggiando di qualche passo. Si raggomitolò su se stessa, facendosi il segno della croce. — Che succede, che vuol dire? — insistette Brody, spaventato. — Am Meisias. — La signora O’Keefe gli rivolse uno sguardo terrorizzato. — Non preoccuparti — lo rassicurò Marta. — Sono solo vecchie superstizioni. Il piccolo è in salute ed è perfettamente normale. Eccolo qui. — Lo avvolse in un asciugamano pulito e glielo mise in braccio. — Mi spieghi che significa? — chiese ancora a Marta sorridendo. Col suo pargolo in braccio, si era commosso di nuovo. — Ma nulla. — Gli posò una mano sulla spalla. — Sai come sono qui in campagna, hanno le loro superstizioni. Credono che le voglie portino male. — Che stronzate — tagliò corto Brody. La signora O’Keefe lo guardò con un’espressione colpevole, ma i suoi occhi mostravano ancora paura. — Cathy, guarda! — Brody si girò, mostrandole il neonato. Era tutto rosso e si stropicciava un occhio con il minuscolo pugno chiuso. — È un vero uomo, ha già smesso di piangere. Cathy non rispose. — Cathy? Era supina sul letto, con la testa in una posizione innaturale. †


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— Mi verrà un raffreddore, con tutta questa umidità — protestò Adrien rimettendosi in piedi su un minuscolo tratto di spiaggia circondato dalla vegetazione. — Ecco che riattacca — sospirò Marcus. — Ma ho i vestiti tutti bagnati! — Adrien, piantala di frignare, non se ne può più. Diamoci una mossa, piuttosto — ordinò Newlyn addentrandosi nel bosco per primo. — Riesci a seguire il sentiero, con questo buio? — chiese Adrien dopo un po’. Non aveva smesso di parlare neanche per un istante. — Se fai silenzio, sicuramente sì. — Attento a dove metti i piedi — lo avvertì Marcus. — Da queste parti i cacciatori di frodo usano le tagliole. — Dici sul serio? — saltellò Adrien allarmato. Marcus rispose con una sonora risata. — Che faccia hai fatto! — Continuò a ridere mentre si inerpicavano sul fianco di una collina. Il terreno si fece sempre più scosceso. — Un giorno o l’altro io e te faremo i conti — lo minacciò Adrien umiliato. — Quando vuoi, fighetta — lo schernì il compagno. † — Cathy! Rispondimi! Cathy! — la chiamò Brody tra le lacrime. — Il dottore sta arrivando — mormorò Marta. La signora O’Keefe annuì in silenzio. Guardarono il corpo esanime sul letto. Era evidente che il dottore sarebbe accorso inutilmente. Nonostante il disperato massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca, Cathy giaceva immobile con gli occhi vitrei rivolti al soffitto.


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— Perché? Perché? — singhiozzò Brody stringendola alla vita, con il viso premuto contro il suo addome. La camicia da notte rosa si intrise delle sue lacrime. — Perché mi hai lasciato? Perché? Marta gli poggiò pietosamente una mano sulla schiena, cercando dentro di sé qualche parola di conforto da offrirgli. Il bambino, disteso accanto alla madre, aveva ripreso a strillare, come se avesse compreso la situazione. Il ragazzo si coprì il volto paonazzo con le mani. — E adesso? — chiese tra i singulti. — Come farò senza di te a crescere il bambino? — Oh beh, a lui penseremo noi — disse una voce alle loro spalle.


IV

— Siamo arrivati? È quella la casa? — chiese Marcus sottovoce. — Sì, non ho dubbi — rispose Newlyn. — L’energia che sento proviene da qui. Non appena uscirono nella radura uno stormo di corvi gracchiò e si alzò in volo per andare a posarsi su un albero poco lontano, quasi a gustarsi meglio la scena. I druidi guardarono la finestra al primo piano, l’unica con la luce accesa in quell’assurdo buio. — Ci sono anche altre persone — osservò Adrien. — Le sento. — Sì — confermò Newlyn. — Due donne e tre uomini. Evocatori. — Ne sei sicuro? — chiese Marcus allarmato. — Sì. Il loro fetore è inconfondibile.


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† — Chi diavolo sareste, voi? — strillò la signora O’Keefe. L’uomo nel saio nero si abbassò il cappuccio sulle spalle, mostrando il volto deturpato da profonde cicatrici. — Questo non ha importanza — rispose poi. La sua voce era fastidiosa come il suono emesso da un chiodo quando stride su una lavagna. Gli altri due, uno alto con i capelli lunghi e neri, l’altro basso e tarchiato con i capelli a spazzola, sembravano due tossici raccattati in mezzo alla strada. — Consegnateci il bambino e per voi non ci saranno conseguenze. — Sorrise minacciosamente il negromante, mostrando due file di denti marci. — Come sarebbe a dire? — urlò Brody. — Uscite subito da casa mia, altrimenti… Brenner fece due passi avanti e gli mollò un manrovescio, mandandolo a sbattere contro la credenza. Ragnar non fece una piega. La luce dell’unica lampadina si rifletteva sul suo cranio lucido. — La ragazza non ce l’ha fatta. Mi dispiace. Comunque, come stavo cercando di spiegarvi, siamo qui per il bambino e lo porteremo via con noi, con le buone o con le cattive — spiegò calmo. — Consegnatecelo e non vi faremo del male. — Questo è inaccettabile! — protestò la signora O’Keefe. — Non so chi voi siate, ma sappiate che io sono la suocera del capo della polizia di Caelian, e… — Corey, prendi il bambino, per favore — sbuffò Ragnar. — No! — protestò Marta. Il suo grido venne coperto dal rumore della finestra che andava in frantumi. Lo stormo di corvi si riversò nella stanza e attaccò i tre uomini gracchiando, mulinando furiosamente gli artigli e menando beccate. Le donne gridarono e corsero a rifugiarsi nell’angolo più lontano dalla finestra.


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Gli evocatori urlavano di dolore mentre gli uccelli li graffiavano e strappavano via lembi di carne dal loro volto, dalle loro braccia e dalle loro mani. Brody approfittò della confusione. Afferrò il neonato e corse fuori dalla porta, precipitandosi giù dalle scale. Ragnar, ripresosi dall’attimo di stupore, uccise un paio di corvi con le mani. Poi fece due passi in avanti e allargò le braccia, dando inizio a un’evocazione. † — Spero che li facciano a pezzi — disse Marcus. — Mi piacerebbe entrare in casa e trovare i loro scheletri completamente ripuliti. Adrien rise di gusto. Dalla finestra arrivavano le urla, i versi dei corvi e i rumori tipici di una colluttazione. — Non abbassate la guardia — li avvertì Newlyn. — Quell’evocatore negromante non si farà fermare così facilmente. Non appena ebbe completato la frase, scorse una figura uscire velocemente dalla casa. — È il ragazzo. E ha con sé il bambino! — esclamò. I due giovani uomini si mossero. — No, vado io. Voi pensate agli evocatori — ordinò il druido mentre partiva all’inseguimento di Brody, infilandosi di nuovo nel fitto della boscaglia, stavolta correndo. Adrien e Marcus tornarono a rivolgere lo sguardo alla finestra al primo piano. — Ci pensi? — chiese Adrien. — Potrebbe essere il nostro messia. — Mah. A un tratto si udì un suono fortissimo, come di urla lanciate all’unisono. Poi un fascio di luce cremisi uscì dalla finestra


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squarciando il buio. I corpi morti di alcuni corvi caddero sull’erba di fronte ai due uomini. Adrien si voltò verso Marcus. — Oh cazzo!




I libri cambiano il mondo

Casini Editore


Casini Editore Via del Porto fluviale, 9/A – 00154 Roma www.casinieditore.com info@casinieditore.com Finito di stampare nel mese di ottobre 2011 Stampato per Casini Editore da Gemmagraf s.r.l. — Roma



…un’alba di dolore, di sangue e di morte, un’alba di guerra…


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