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QUELLE “PIETRE D’INCIAMPO” IN MEMORIA DELLE VITTIME DEL NAZISMO
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”. Questa frase dello scrittore Primo Levi, autore di “Se questo è un uomo”, uno dei libri più famosi sull’inferno dei Lager, esprime efficacemente il senso del “momento di riflessione” sulla SHOAH, che i docenti e gli studenti della scuola secondaria di primo grado dell ’I. C. “I P. Ludovico da Casoria” hanno presentato il 27 gennaio scorso, in occasione della “Giornata della Memoria: “una ricorrenza internazionale”, è stato spiegato “istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2005, per ricordare la liberazione, da parte dell’Armata Rossa, del campo di concentramento di Auschwitz.”
Non uno spettacolo, dunque, ma una meditazione, quasi una preghiera laica in memoria di una moltitudine di uomini, donne, bambini, anziani, deprivati della loro dignità, ridotti a larve umane, barbaramente sterminati, senza più nome, ma solo un numero impresso col tatuaggio sul braccio sinistro. Nel corridoio centrale della sala teatro, infatti, è stata riprodotta l’iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig, denominata “Pietre d’inciampo”, nata, ha spiegato la prof. ssa Claudia Salvato, “come reazione ad ogni forma di negazionismo e di oblio per ricordare le vittime del nazismo”.
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L’iniziativa, attuata in diversi Paesi europei, tra cui l’Italia, consiste nell’incorporare, nel selciato stradale delle città, davanti alle abitazioni delle vittime di deportazioni, dei blocchi di pietra ricoperti da una piastra di ottone su cui è in-
Riprodotta l’iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig: su blocchi quadrati di pietra posto il nome di 9 deportati ebrei napoletani per ricordarli ciso il nome di ogni cittadino deportato.
“una persona viene dimenticata soltanto quando viene dimenticato il suo nome” (Dal Talmud).
Encomiabile l’impegno degli studenti e delle studentesse coinvolti nella realizzazione delle fasi dell’evento.
“Anche noi” ha proseguito la prof.ssa Salvato “sui piccoli blocchi quadrati di pietra abbiamo posto il nome di 9 deportati ebrei napoletani per ricordarli, facendo nostro un passo del Talmud:
“una persona viene dimenticata soltanto quando viene dimenticato il suo nome”. Va evidenziato, a riguardo, che per gli Ebrei e anche per i credenti in Cristo il nome e il volto di una persona sono tratti distintivi della persona, anche di fronte a Dio: “Non temere, perché ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni” (Isaia, 43,1). Quindi, i nazisti, abolendo il nome e sostituendolo con un numero, diedero inizio a un processo di sistematica e terrificante spersonalizzazione di ogni essere umano recluso nei campi di sterminio: “feccia della società”, “parassiti”, “esseri subumani”, venivano definiti i “giudei”, gli zingari, i disabili.
Di forte intensità emotiva l’atmosfera che si è creata durante l’evento: dalla rappresentazione delle tre scene tratte da film di nota popolarità sulla tragica realtà della Shoah ( “Schindler’s List”, “Jona che visse nella balena”, “La vita è bella” ) alla declamazione di poesie, dalla proiezione di scene di film, video e foto - tra cui quelle scattate durante il viaggio compiuto ad Auschwitz e a Birkenau dalla prof.ssa Strazzullo - ai momenti musicali struggenti, è emerso un limpido messaggio di profonda valenza morale e civile, messo in rilievo nell’intervento finale dalla Dirigente scolastica, prof. ssa Maria Grazia Puzone, la quale ha esortato i ragazzi e le ragazze, che hanno partecipato al momento di riflessione, a non mostrarsi indifferenti di fronte al male, ad esigere pace, giustizia, equità, a puntare il dito contro le intolleranze, le discriminazioni, la prepotenza, i soprusi.
“Noi adulti speriamo in voi” ha affermato, incoraggiandoli a non cedere alle varie forme di violenza e a costruire il loro futuro, il futuro del mondo, instaurando relazioni di genuina amicizia, fondate sul rispetto della dignità di ogni persona, con atteggiamenti inclusivi e accoglienti da assumere, in particolar modo, verso le varie forme di fragilità umana. Encomiabile l’impegno degli studenti e delle studentesse coinvolti nella realizzazione delle fasi dell’evento: molto toccante, soprattutto, l’esibizione del canto “Gam Gam” interpretato magnificamente dall’intonatissimo coro, ben diretto dalla prof.ssa Francesca Strazzullo, abile anche negli assoli col violino. Il testo, che viene tradizionalmente cantato dagli Ebrei durante lo Shabbat, riprende il quarto versetto del testo ebraico del Salmo 23, “Il Signore è il mio pastore”. La canzone è diventata anche un simbolo del genocidio che riguardò più di un milione e mezzo di bambini uccisi dai nazisti. L’insegnante Salvato ha auspicato, alla fine dell’intervento introduttivo, che il momento di riflessione sulla Shoah possa “scuotere le coscienze di tutti noi”. Fare memoria della Shoah, infatti, ci investe di una responsabilità enorme, quella di avere cura della vita, di ogni vita. Ciò lo si può fare anche preparando con accuratezza un momento di riflessione al fine di trarre da un passato orrido e straziante lo sprone a odiare l’odio, ad amare l’amore, a costruire rapporti solidali, a seminare speranza, a offrire sorrisi, a fasciare ferite, a coltivare l’arte di scoprire in ogni persona il suo lato buono. Congratulazioni vivissime, allora, alla Dirigente Puzone e ai docenti - Nicola Totaro, Elena Senese, Lidia Ciocchetti, Saviano Agostino, Francesca Strazzullo, Claudia Salvato, Sofia Stilo, Paola Izzo, Annunziata Meucci, Paolo Sibilio e tutti i professori/esse e collaboratori scolastici che hanno offerto il loro apporto - per il modo delicato e, nel contempo, intenso di avere affrontato con i ragazzi una tragedia immane, riuscendo a colmare il loro cuore di aneliti di bene.
Ai ragazzi/e, in particolare, porgo come ulteriore stimolo alla riflessione questa struggente pagina di diario scritta da Hetty Hillesum, giovane olandese ebrea, prima che fosse deportata ad Auschiwitz, dove morì il 30 novembre 1943: “Mio Dio, è un periodo troppo duro per persone fragili come me. So che seguirà un periodo diverso, un periodo di umanesimo. Vorrei tanto poter trasmettere ai tempi futuri tutta l’umanità che conservo in me stessa, malgrado le mie esperienze quotidiane.
L’unico modo che abbiamo di preparare questi tempi nuovi è di prepararli fin d’ora in noi stessi. In qualche modo mi sento leggera, senz’alcuna amarezza e con tanta forza e amore. Vorrei tanto vivere per aiutare a preparare questi tempi nuovi: verranno di certo … Stamattina ho pregato pressappoco così. M’è venuto spontaneo d’inginocchiarmi su quella dura stuoia di cocco nel bagno e le lacrime mi scorrevano il volto”.
Lasciamoci “pro –vocare” tutti, ciascuno facendo la propria parte, nel contribuire a realizzare il sogno di Hetty Hillesum, sviluppando in noi le potenzialità positive per un mondo migliore, più umano e fraterno.
MARIA CRISTINA ORGA