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FARMACI: I VELENI CHE CURANO (MA BISOGNA SAPERLI SOMMINISTRARE…)

C’era una volta… “Un re”! - diranno subito i miei piccoli lettori... Comincia così la fiaba più bella e famosa della letteratura italiana: Le avventure di Pinocchio, per le quali non smetteremo mai di ringraziare Carlo Pincherle, noto ai più come Carlo Collodi, cognome d’arte che lo scrittore toscano scelse in omaggio alla sua cittadina d’origine. Ma nella storia che raccontiamo oggi, le rocambolesche vicende del burattino di legno schiavo dell’impossibilità di dire bugie senza che gli si allungasse a dismisura il naso puntuto non c’entrano granché, se non per ricordarci, ove mai ce ne fosse bisogno, che nella realtà invece di bugie se ne dicono tante senza che a nessuno cresca il naso o si accorcino le gambe. Soprattutto nell’immenso mare del web, dove qualunque sciocchezza, ammantata di pseudo scientificità rimbalza di like in like, diviene rapidamente virale e si trasforma in verità rivelata mettendo seriamente in pericolo la salute di milioni di navigatori del web malati di ignoranza, sedotti dalle sedicenti proprietà terapeutiche di misteriosi intrugli che nulla hanno da invidiare alle ribollenti pozioni della strega di Biancaneve e che promettono guarigioni miracolose, salvo poi rivelarsi rimedi peggiori dei mali, del tutto inefficaci nella migliore delle ipotesi e gravemente dannosi (quando non letali) nella peggiore. Una cosa sola riescono a dimostrare: quando parliamo di farmaci, l’ignoranza è il peggior effetto collaterale, ma purtroppo non è riportato sui bugiardini. E a proposito di farmaci e di re, c’era una volta un re (stavolta c’era per davvero) che amava l’oro sopra ogni altra. Pare addirittura avesse ricevuto dagli dèi il dono (o la maledizione) di trasformare nel biondo metallo tutto ciò che toccava, Era talmente accecato dal luccichio del più nobile dei materia- li che perse il senno e si convinse che i suoi più fidati amici congiurassero per eliminarlo avvelenandolo. Così, oltre che costringere un servitore ad assaggiare ogni pietanza gli venisse presentata prima di portarla a sua volta alla bocca per scongiurare che contenesse sostanze tossiche, ebbe un’idea geniale: assumere ogni giorno una piccola quantità di pharmacon, (non sfugga che in greco farmaco significa letteralmente veleno) e di aumentare leggermente le dosi nel tempo, fino a diventare immune alle sostanze che avrebbero potuto ucciderlo. Mida (questo il suo nome, ma sono certa che lo conoscete già), di giorno in giorno aumentò le dosi di veleno assunto che finì con il procurarsi la morte da solo. Le morali che si possono cogliere dalla sua storia sono tante, ma non abbiamo né il tempo né l’intenzione di farlo. Il protagonista della storia che raccontiamo oggi, infatti, non appartiene alla fiaba né al mito, ma è uno scienziato di fama internazionale, un appassionato ricercatore, un divulgatore instancabile dotato di uno straordinario talento affabulatorio e un orgoglio per la città di San Mauro, dove è nato: il professor Paolo Grieco, docente di chimica farmacologica all’Università Federico II di Napoli. L’elenco dei titoli accademici e professionali, delle pubblicazioni e delle esperienze internazionali, dei riconoscimenti che gli sono stati attributi è talmente lungo da fare invidia al palmares di un campione sportivo di fama mondiale e per riportarne qui solo i momenti più importanti dovremmo occupare tutte le pagine del numero odierno della nostra rivista, per cui, certa di farvi cosa gradita e sperando di non commettere sgarbi e inesattezze nei confronti del nostro illustre protagonista, vi invito a cliccare sul link che vi suggerisco per conoscerlo meglio. https://www.docenti.unina.it/paolo.grieco

La Tachipirina si prende a stomaco pieno o a stomaco vuoto? Che relazione c’è tra microbioma intestinale e impronte digitali? Dopo il Covid19, è l’antibiotico-resistenza la nuova minaccia pandemica che incombe sull’umanità? Saranno anticorpi monoclonali e farmaci personalizzati a curarci domani? Quello che manca è una cultura del farmaco, come ci spiega Paolo Grieco, professore ordinario di chimica farmaceutica all’Università Federico II di Napoli, ricercatore e divulgatore di fama internazionale.

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Intanto, poiché molte sono le cose che vogliamo chiedergli, cominciamo con il fuoco di fila delle domande. Professore, quando ha scoperto la passione per la chimica e per la ricerca farmaceutica?

Probabilmente fin da piccolo. Ci sono delle cose che non possono essere spiegate: c’è chi a cinque anni scopre di suonare perfettamente il pianoforte. O di saper dipingere. I grandi talenti nascono così. Come Filippo Lippi che nacque povero, ma scoprì di avere un incredibile talento per la pittura e divenne invece amico dei più grandi pittori del Rinascimento. Ci sono cose che non possono essere spiegate. Poi bisogna essere fortunati nel riuscire a seguire la propria inclinazione. Tutti abbiamo una predilezione per qualcosa. Io sono stato fortunato di essere riuscito a capire qual era la mia strada. L’ho perseguita e sono soddisfatto, contento più che mai. Sta anche ai genitori, alla scuola capire e valorizzare i talenti. È importante trovare qualcuno che ti fa capire che il tuo percorso è quello. La chimica farmaceutica è ancora oggi per me affascinante, perché cambia continuamente, i nuovi traguardi sono sempre davanti. Ci sono nuove molecole da scoprire, c’è la medicina personalizzata, la medicina di genere. Ci sono tanti di quegli aspetti che rendono affascinante la ricerca anche a chi come me ha ormai un’età avanzata e mi spingono ad andare sempre più avanti. Ciò che mi ha sempre attirato è scoprire quello che c’è ancora da scoprire. Ma questo è il sogno di tutti i ricercatori. La sua passione sono i peptidi, gli elementi base che compongono le proteine, se non sbaglio. Che fascino hanno? I peptidi sono più piccoli delle proteine e a loro volta sono costituti da tanti aminoacidi, che sono i mattoni delle proteine. Oggi hanno grande importanza perché si è scoperto che non rappresentano soltanto dei mediatori procedurali, ma perché i cosiddetti peptidi antimicrobici, che sono stati isolati dalle piante, dagli anfibi, rappresentano dei potenziali farmaci antimicrobici.

Possono quindi rappresentare una speranza contro l’antibiotico-resistenza?

Ormai non disponiamo più di antibiotici in grado di difenderci. Sono molti anni che purtroppo non vengono scoperte più nuove classi di antibiotici e quelli di cui disponiamo sono obsoleti. Quindi, dopo il Covid dobbiamo temere una nuova pandemia non più virale ma batterica? Sicuramente. E sarà più devastante di quella di origine virale. Anche perché i batteri sono strutture cellulari più difficili da combattere. Per curare il Covid si è adottata una terapia fuori luogo somministrando antibiotici in dosi massicce, che non hanno fatto altro che far emergere nuovi ceppi batterici resistenti. A volte utilizziamo le medicine in modo inappropriato i farmaci, perché manca una cultura del farmaco. Per questo molto spesso disponiamo delle armi ma non sappiamo usarle. Ed è per questo he qualche anno fa ho realizzato un sito web che oggi è un blog che gestisco personalmente e che si intitola Interazioni farmaco-cibo.it, che al momento è in ri- strutturazione.

Interessantissimo! Ci dica di più. È consultabile in più di sessanta lingue e riporta molte informazioni, tra cui quelle che sono le interazioni tra farmaci e cibo…

Ci dica quali sono le più comuni. Allora, le faccio una domanda: il paracetamolo, la comune Tachipirina, come la somministrerebbe? A stomaco pieno o a stomaco vuoto?

Ora che mi ci fa pensare… direi che è indifferente. Anzi, forse a stomaco vuoto… dovrebbe essere più efficace… me lo dica lei.

Anche un medico avrebbe difficoltà a rispondere. Molti la considerano come un FANS, da prendere quindi a stomaco pieno. Questa è una cattiva interpretazione, perché la Tachipirina non è un antinfiammatorio, è solo un antipiretico e un analgesico e prenderla a stomaco pieno se ne assimila più del 40% in meno, il che significa che non si raggiunge la dose necessaria per fare effetto. Altri farmaci invece vanno assunti a stomaco pieno. Sarebbe fondamentale che le persone fossero informate correttamente, perché molti prendono medicine ogni giorno e non sanno come assumerle. È una grande mancanza di cultura. Saperlo potrebbe non solo migliorare gli effetti della terapia, ma anche ridurre quelli collaterali. Facciamo un altro esempio: se, quando un bambino ha la febbre sopra i 38 gradi il medico non dice alla mamma di dargli lo sciroppo di Tachipirina a stomaco vuoto, la febbre non scende… stiamo andando verso l’entropia. Purtroppo queste cose accadono tutti i giorni, abbiamo toccato un argomento di cui potremmo parlare per ore. Come fare corretta informazione, professore? Tra l’altro ci sono a riguardo due atteggiamenti parossistici: ci sono quelli che fanno scorte compulsive di farmaci e i farmaco-fobici che si rifiutano di assumerne perché ne temono gli effetti collaterali.

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