Heart & Food
A cura del Prof. Marco Dalla Rosa UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
IPA Adriatic CBC Programme – 2° Call / Code 087 The project is co-funded by the European Union, Instrument for Pre-Accession Assistance
Con la denominazione di “prodotti ittici” si intende tutto ciò che viene fornito dall’industria della pesca e rappresentano una fonte alimentare importante non solo sul piano prettamente nutrizionale, ma anche su quello della salute e del benessere. Sono compresi animali marini o di acqua dolce quali: pesci, molluschi, crostacei, tunicati, echinodermi e mammiferi, con contenuto L'incremento di attenzione dei consumatori nei riguardi dei prodotti ittici è testimoniata dal crescente consumo di pesce e prodotti della pesca registrato a partire dagli anni '70. Nello specifico, il maggior consumo di tali prodotti può derivare da molteplici fattori ma è soprattutto il contributo dato dalle sempre più numerose evidenze scientifiche che indicano come l'inserimento di pasti a base di pesce nella dieta rivesta una fondamentale importanza nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e nella riduzione del rischio cardiaco. Da parte dei ricercatori dell'area medica, infatti arrivano da anni indicazioni molto chiare al riguardo, con affermazioni del tipo: “L’evidenza sperimentale, suggerisce che il consumo di pesce settimanale può aiutare a prevenire le malattie coronariche e quindi dovrebbe essere un componente essenziale della dieta”. Sembra giustificata la raccomandazione data ai pazienti con malattie cardiache, di consumare pesce due volte la settimana (Kromhout, 1998); oppure “la riduzione del rischio cardiaco è proporzionale al livello di pesce consumato” (Daviglus, 1997). A partire da queste considerazioni è iniziata anche una maggiore attenzione alle problematiche dei prodotti ittici nei confronti delle tematiche di conservazione e trasformazione. In Italia, in particolare, si stima che il consumo pro-capite sia quasi raddoppiato negli ultimi decenni, attestandosi sui 20 kg/anno nell'ultimo decennio, a causa dell’aumento delle importazioni da Paesi terzi, l’aumento delle produzioni nazionali e, soprattutto l’estendersi della pratica dell’acquacoltura, con effetto positivo sui prezzi al consumo. Infatti la quota dei prodotti dell’acquacoltura è incrementata a livello nazionale del 20% negli ultimi dieci anni in quantità e del 25% in valore (Fonte ISMEA), a fronte di una riduzione della disponibilità e consumo del prodotto ittico pescato, raggiungendo quasi il 50% della totalità del prodotto ittico prodotto in Italia nel 2010. Inoltre, è utile sottolineare che l’aumento dei consumi è stato favorito da un miglioramento della qualità e freschezza dei prodotti a livello della commercializzazione, dovuto alla maggiore consapevolezza della limitata conservabilità e all'estendersi delle pratiche di refrigerazione e di controllo delle temperature in tutta la catena del freddo. A quanto detto, certamente va combinata anche la crescente consapevolezza che le carni dei prodotti ittici siano più salutari, anche se non necessariamente più magre (con percentuali di grasso estremamente variabili, dall'1 % del polpo a oltre il 20% dell'anguilla) dei prodotti carnei di specie terricole, e più digeribili a causa della struttura stessa delle fibre muscolari dei prodotti ittici e della natura dei lipidi contenuti nei prodotti ittici. Il contenuto in colesterolo per parte edibile è relativamente più omogeneo, dai 50 mg/100g della trota, 60-70 mg/100g di una orata, circa 110 mg/100g per i molluschi fino ai 150 mg/100g per i gamberi. In funzione della sua limitata conservabilità, almeno come prodotto fresco, il prodotto ittico possiede una specificità dell'ambiente da cui proviene e la sua valenza organolettica per quanto eccellente, deve essere valorizzata incontrando la qualità della elaborazione e/o cottura. Quindi la freschezza è al primo posto degli aspetti di qualità del prodotto ittico, considerando le caratteristiche di aspetto, odore, sapore e/o consistenza che l’acquirente, o l’utilizzatore finale,
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o un qualsiasi ente preposto al controllo associano a quel particolare alimento ittico quando esso sia stato catturato nel periodo migliore, nel migliore dei siti, col metodo più indicato e manipolato e/o lavorato nel modo migliore (Badiani, 2011). La shelf-life è funzione inizialmente di processi enzimatici endogeni e successivamente anche dipendenti dalla moltiplicazione batterica. La composizione chimica dei prodotti ittici, che da un lato li rende pregevoli dal punto di vista nutrizionale e sensoriale, è purtroppo anche la causa della loro estrema deperibilità: l’elevata presenza di composti azotati a basso peso molecolare, l’alta incidenza di acidi grassi polinsaturi (in particolare quelli della serie Omega-3), la bassa presenza percentuale di tessuto connettivo sono fattori che facilitano l’instaurarsi dei processi deteriorativi. Il deterioramento può venire rallentato, ma non arrestato, facendo ricorso quanto più precocemente possibile allo stoccaggio sotto ghiaccio fondente. In alternativa, il congelamento può creare un maggiore ostacolo al deterioramento, pur non arrestando alcuni fenomeni ossidativi a carico dei grassi, anche se in fase di decongelamento il prodotto può andare incontro ad un decadimento qualitativo rispetto al fresco. Nel caso delle preparazioni che prevedono il consumo di pesce crudo, invece, il congelamento preventivo del prodotto fresco è obbligatorio per eliminare la pericolosità dovuta alla possibile presenza di un parassita dei pesci molto diffuso, l'Anisakis (Anisakis simplex) che induce parassitosi nell'uomo. Non può esistere quindi il consumo del "fresco crudo" senza che sia un "crudo decongelato". Numerosi sono le tipologie di trattamenti tecnologici per la conservazione e trasformazione dei prodotti, oltre alla pratica del congelamento, che avviene spesso in mare sulle grandi navi da pesca. Le conserve e “semiconserve” a base ittica sono tra i prodotti trasformati più “maturi” nel panorama alimentare. Lo sfruttamento dell’azione del sale, della riduzione di aw e dell’affumicatura, quali tecniche “antiche” di conservazione hanno riguardato fin dai tempi antichi i prodotti ittici, in modo da contrastare l’elevata velocità di degradazione chimica e biologica (Baldrati, 1996), così come, agli albori dell’utilizzo delle tecnologie alimentari a livello industriale, la possibilità di produzione artificiale del ghiaccio fu in primis applicata proprio alla conservazione del pesce sulle navi da pesca, già nel XVIII secolo (Dalla Rosa, 1998). Inoltre, prodotti ittici appertizzati (l’esempio più comune è il tonno) sono diventati nel tempo conserve tra le più usuali nei mercati di tutto il mondo. Anche nel caso dei prodotti trasformati, se le tecnologie son condotte in modo adeguato, consentono il mantenimento delle proprietà nutrizionali del prodotto ittico soprattutto in relazione al contenuto lipidico di grassi omega-3. Credits Il prodotto è realizzato da Scuola Centrale Formazione (con la collaborazione dei suoi associati CEFAL Emilia Romagna e CIVIFORM) con il contributo tecnico-scientifico di Casa Artusi e del Prof. Marco Dalla Rosa dell’Università di Bologna nell’ambito del progetto di cooperazione transfrontaliera IPA Adriatico “Love Your Heart”. Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione europea. L'autore è il solo responsabile di questa pubblicazione e la Commissione declina ogni responsabilità sull'uso che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute.
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