STUDIO SUI 'COMMUNITY GARDENS'

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Studio sui ‘Community Gardens’

Articolo testimonianza Franco Paolinelli, Associazione S.A.P

VISITA DI STUDIO Progetto EU’GO nel REGNO UNITO 9 – 13 Luglio 2012


Articolo Testimonianza

Franco Paolinelli, Associazione S.A.P.

STUDIO SUI ‘COMMUNITY GARDENS’ VALUTAZIONE ESPERIENZA FATTA PREMESSA: PARAMETRI DI VALUTAZIONE: Le comunità, soprattutto nei paesi sviluppati, esprimono esigenze di tipo culturale, sociale, di qualità ambientale, etc. Gli Stati, date le note difficoltà ed i costi delle burocrazie riescono a farsene carico in misura limitata. Le imprese private orientate al profitto, e gravate di alti costi di sistema, raramente trovano conveniente rispondere a queste esigenze. E’ nato, di conseguenza, un mondo di iniziative, denominato nel suo insieme “no profit” od anche “terzo settore”. Sono condotte da individui, organizzati in vario modo, che hanno deciso di farsi carico di queste necessità senza mirare ad avere uno stipendio od alla produzione di profitti. La distinzione tra settore pubblico, no profit ed imprenditoriale è, nella realtà, in Italia, senza soluzione di continuità. Da qualche anno le comunità hanno espresso la domanda di servizi socio-culturali, terapeutici, di educazione ambientale, di ricreazione, etc. associati al mondo verde ed ai contesti rurali. Dato quanto detto, la risposta è venuta in gran parte dal terzo settore ed in misura ridotta dal pubblico e dal privato, infatti, i suoi costi sono più bassi. Sono più bassi per alcuni fattori tra cui, in particolare: E’ minore la complessità delle organizzazioni, sono minori i costi di gestione, minori i carichi fiscali, minori i costi di sistema (sicurezza, welfare, etc.); Sono minori i costi del lavoro: la gran parte dei prestatori d’opera, infatti, è, allo stesso tempo, produttore di un servizio e consumatore di un servizio complementare al primo, ad esempio cura del verde da un lato e gratificazione emotiva o formazione professionale, o crescita di ruolo nell’organizzazione stessa, dall’altra. Anche grazie a quanto detto, il terzo settore, molto di più del pubblico ed in misura maggiore anche rispetto al privato, è riuscito a valorizzare le opportunità offerte dal verde e dal contesto rurale di offrire servizi sociali a costi competitivi rispetto a mezzi alternativi. Questi ambiti si sono, infatti, dimostrati eccellenti nell’offrire servizi abbinati come sopra descritto. I “community gardens”, nelle loro diverse tipologie, sono tutti ambiti di questo tipo, vi si possono offrire servizi di interesse pubblico a costi ridotti rispetto a contesti diversi, associati a servizi complementari per i prestatori d’opera. Il terzo settore si è, quindi, per ora, dimostrato più idoneo ad offrirli rispetto al pubblico ed al privato. In base a quanto detto, il parametro di valutazione principale dell’esperienza fatta sarà: l’efficienza dell’offerta.

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Franco Paolinelli, Associazione S.A.P.

ESPERIENZE INGLESI VISITATE Le realtà visitate, per quanto mi è stato possibile capire, sono apparse più efficienti di realtà equivalenti italiane soprattutto in base ai seguenti fattori: Libertà d’iniziativa, quindi libertà d’offerta sul mercato del servizio proposto, senza dover passare attraverso forme diverse di autorizzazione e selezione, ma senza la pretesa che il servizio proposto diventi pubblico, quindi pagato, in modo diretto od indiretto, dallo Stato. Ovvero libertà dal vincolo che vede le iniziative italiane legate alla burocrazia ed alle sue propaggini professionali, in un rapporto di interdipendenza e spesso complicità: ottengo l’accredito ed in cambio ho un mercato, in qualche modo, protetto od accesso ad altri benefici collaterali (es. accesso alle terre pubbliche). Rapporto, a mio avviso, comunque confermato dalla proposta di legge sulla Agricoltura Sociale nella Regione Lazio recentemente presentata. Questa libertà è garantita soprattutto dal fatto che dove c’è un sostegno economico da parte dello Stato a persone con difficoltà questo è fornito alle persone stesse che hanno, a loro volta, la libertà di scegliere se fruire di servizi e di quali. In Italia, per quel che ho potuto capire io, in alternativa a ciò, il sostegno passa attraverso bandi di gara, bandi di progetto, selezioni di vario tipo ed altre modalità simili, tutte vincolate dalla filiera politico-burocratica. La principale abilità dell’operatore, quindi, non dev’essere nell’offrire il servizio stesso, ma nel sapersi rapportare con questa filiera. Le distorsioni del sistema le conosciamo tutti, ma l’impressione è che, in buona misura, anche gli operatori in Italia, preferiscano questa competizione rispetto a quella basata sul rapporto diretto con il mercato. Questa forma di libertà permette, inoltre, di declinare l’idea del Community Garden in modi molto vari, fermo restando il principio della ricaduta di bene comune e senza dover fare una legge ad hoc, quindi una cordata di potere, per ogni sotto settore del fenomeno stesso. La varietà delle tipologie d’iniziativa ricondotte all’idea di Community Garden è importante in quanto, in economia come in ecologia, la diversità è un fattore positivo, permette, infatti maggiore vitalità ed allo stesso tempo maggiore stabilità dei socio-eco-eco sistemi. Molteplicità di fonti di finanziamento, dal pagamento da parte dei fruitori “clienti” del servizio stesso, alla prestazione gratuita di lavoro, alla molteplicità di donatori privati, senza pretendere di accedere sempre alla “torta” pubblica, quindi senza che le nuove esigenze / opportunità diventino parte del deficit. Codifica culturale e giuridica della figura del “volontario”: come già accennato la gran parte dei componenti delle organizzazioni conosciute contribuisce alla produzione dei servizi di interesse pubblico in modo volontario, non remunerato. I volontari però, sono al contempo fruitori di servizi collaterali, quali ad esempio formazione, socializzazione, fruizione particolare del servizio offerto, gratificazione ideale, etc. e soprattutto, a mio avviso, creazione d’identità. Nel dare questa opportunità vengono spesso valorizzate energie che sarebbero marginali per il mercato del lavoro, quali ad es. quelle di persone anziane, con difficoltà di vario tipo, o con disponibilità di tempo non continuativa. Peraltro, come abbiamo avuto modo di constatare il volontario, localmente, non si percepisce come un assistito, non entra, quindi, nella sindrome del diritto e della pretesa del servizio. Quanto detto è di particolare interesse se messo in relazione con la realtà italiana. In Italia c’è moltissima prestazione di lavoro volontario, scarsamente o non remunerato, se non costoso per VISITA DI STUDIO Progetto EU’GO nel REGNO UNITO 9 – 13 Luglio 2012


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i partecipanti, ma le forme e le motivazioni nel fornirlo sono alquanto diverse. Infatti, è per lo più espressione di rivalsa ed antagonismo sociale. Nella convinzione culturale diffusa che lo Stato, nelle sue varie articolazioni si debba occupare di tutto ciò che è di un qualche interesse pubblico, spesso i cittadini si organizzano per rivendicare un servizio e se si auto-organizzano per offrirlo lo fanno “contro” le Istituzioni che a loro avviso dovrebbero garantirlo. In Italia, le “conquiste” del verde e dei relativi servizi, come anche la creazione di ambiti riconducibili all’idea di Community Gardens, sono, quindi, passate, per lo più attraverso forme di “lotta”, dalle occupazioni degli anni 80’ agli attuali centri sociali occupati. Gran parte delle scoperte sulle funzioni positive del mondo verde sono, quindi, diventate “rivendicazioni”, “diritti” negati, quindi, azioni di lotta. E’, peraltro, interessante notare come le forme più estreme di questo comportamento siano messe in atto da giovani, nella tipica fase del conflitto con l’autorità. Quindi, non so quanto consapevolmente, il fallimento degli enti competenti nell’offrire servizi di verde richiesti finisce per determinare l’offerta di un servizio del verde in più: lo scarico dell’energia di antagonismo. Infatti, se non venisse veicolata nel “Guerrilla Gardening” o nell’orto occupato, potrebbe essere scaricata in modi molto più costosi per la collettività, quali ad esempio le devastazioni conseguenti al tifo calcistico o politico. Oltre ciò, va, però, messo in luce un altro fattore: fin’ora, per quella che è stata la mia esperienza pluri decennale ho visto che le azioni collettive di lotta, gradualmente, sono sempre diventate, occasioni di spesa pubblica, spesso controllate da chi aveva avviato o gestito la lotto stessa, in maggiore o minore complicità con i relativi centri di spesa. Sono nati i relativi enti, uffici, assessorati, sono stati trovati gli spazi e sono stati dati a chi aveva saputo costruire le organizzazioni di “lotta” e quindi disponeva di una capacità di pressione politica e sociale. Modi da un lato di controllare il fenomeno e dall’altra di trarre profitto dallo spazio creatosi. La nuova esigenza / opportunità non è diventata occasione di impresa, profit o meno, ma pretesto di spesa, con le amate sicurezze che questo comporta. Alla luce della dinamica descritta che, come ci viene detto ogni giorno, non è più sostenibile, ne per il verde ne per ogni altro settore, il confronto con gli approcci di altre nazioni europee è oltremodo importante. Può, infatti, spingere le comunità italiane verso forme d’impresa sociale che non ricadano sui contribuenti, come accade perlomeno in parte, in Inghilterra o che perlomeno sia promosse con maggior libertà ed equità. Imprese, quindi, che non diventino nuovi ambiti di protezione e scambio, ovvero nuovo para-stato, ma opportunità diffusa, con i vantaggi di democrazia ed ecologia reale che questo può comportare. Quanto detto, in Italia, non è affatto facile, infatti, come emerge, chiaramente anche attualmente, qui esiste ancora un blocco socio-politico, che alligna sia nelle cordate che si dichiarano conservatrici, sia in quelle che si dichiarano progressiste, che teme il mercato, pretende la spesa pubblica, sulla quale pensa di riuscire ad avere controllo, e non vuole rendersi conto delle distorsioni che ciò comporta. Se si ipotizza che la comunità sia come un grande albero, il terzo settore può essere il suo sistema di micorrizie simbionti, ovvero organismi microbici che si stabiliscono nell’area di rapporto tra le radici dell’albero ed il terreno e rendono disponibili più nutrienti, chiedendo in cambio la giusta misura di zuccheri VISITA DI STUDIO Progetto EU’GO nel REGNO UNITO 9 – 13 Luglio 2012


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(energia). Ovvero può essere un fungo parassita che gradualmente corrode i tessuti dell’albero fino a portarlo alla morte ed al collasso. Le valutazioni espresse sono, comunque, frutto di una presa di contatto in qualche modo fugace rispetto alle esigenze di approfondimento necessarie. Si auspica, quindi, che la rete creata possa dare ulteriori possibilità di studio, sia per verificare che per ampliare le ipotesi formulate. In particolare, per contrastare in Italia, le forme di illibertà sopra descritte, sarebbe necessario conoscere le normative che regolano le attività di Community Garden negli altri paesi e le forme di finanziamento a cui hanno accesso. Se questa priorità sarà accolta dal gruppo di lavoro, il CEMEA potrebbe chiedere ai partecipanti al tour in Italia di portare degli elementi di descrizione delle loro realtà più approfonditi ed offrire loro un analogo approfondimento. Franco Paolinelli, 18 Luglio 2012

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