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PSICOPEDAGOGISTA
Non fare, ma essere Piccoli segreti per volersi bene
Dottoressa Bianca Pane
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Cos’è la serenità, quel modo di essere che ci fa “stare veramente bene” e che ci rende liberi da ogni sofferenza? Posso anch’io ottenerla e quanto può durare? Molti si pongono queste domande, ma pochi cercano veramente una risposta. Tutti gli esseri viventi, da quando nascono, vogliono essere felici: nessuno vuole soffrire. Ciò è vero anche per gli animali. Il cane gioisce quando il padrone lo accarezza o gli dà un osso, ma diventa triste quando è lasciato solo o sgridato. Anche lui ricerca la gioia e prova ad allontanare il dispiacere. Nessuno desidera la sofferenza: dal piccolo vermetto, al coccodrillo, all’essere umano. Siamo tutti alla ricerca della felicità. Per questo motivo è molto importante rispettare il desiderio di vita serena di ogni essere vivente, cercando, in tutte le nostre scelte quotidiane, di non nuocere ad alcuno. Molti cercano la felicità in un’automobile nuova, in un bel vestito, in una casa
lussuosa; altri in un bel ragazzo o in una ragazza. Altri ancora in un lavoro prestigioso. E c’è chi crede che la soluzione dei suoi problemi sia nell’apparire sempre più bella e giovane, andando poi in depressione al comparire delle prime rughe… Pensiamo alle nostre dirette esperienze: quante volte abbiamo inseguito un sogno che sembrava prometterci un sacco di felicità, ma che poi una volta realizzatosi ci ha profondamente delusi? La soddisfazione di ottenere qualcosa che abbiamo tanto desiderato è durata quanto un lampo: appena ottenuta iniziamo a bramare qualcos’altro. Possiamo facilmente constatare che trascorriamo la maggior parte della vita
inseguendo desideri e, anche se alcuni saranno soddisfatti, non ci sentiremo mai appagati definitivamente. Direbbe il filosofo Schopenhauer che la vita diventa ‘come un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia’.. Non stiamo forse cercando la felicità nella direzione sbagliata? Tutti i grandi saggi insegnano da sempre che la serenità non si può trovare nell’avere di più, nel fare di più, nel sentirsi più belli, ricchi e potenti rispetto a qualcun altro. Ognuno di noi, tuttavia, può essere veramente felice, poiché la pace è la nostra vera natura ed è già dentro di noi. La natura della mente è come il cielo, mentre le nostre tensioni e tutte
le concezioni errate sono come le nuvole che lo offuscano. Perché continuare a identificarci con le nuvole scure, quando invece siamo il cielo spazioso e libero? Tutto quello che dobbiamo fare è rilassare, e non combattere, le tensioni del corpo e della mente. Paura, ansia, rabbia, attaccamento, egoismo, invidia, gelosia, insoddisfazione, oscurano la nostra vera natura. Se vogliamo imparare a giocare a tennis dobbiamo chiedere a un maestro di insegnarci i movimenti corretti, poi provare e riprovare con tanta pazienza e forza di volontà: soltanto così potremo diventare degli ottimi giocatori. Anche per essere felici è necessario prima apprendere gli insegnamenti appropriati e poi allenarsi costantemente per metterli in pratica. In genere, tutti vogliono essere ‘qualcuno’, ma pochi cercano di essere e basta. Ma è proprio nella piena consapevolezza di ESSERE che si trova la libertà.
Rilasso il corpo Le tensioni che causano più sofferenza alla nostra esistenza, non sono solo fisiche ma soprattutto mentali. Pensiamo alla tensione che sorge dal provare insoddisfazione, aggressività, invidia, gelosia, paura, ansia ed egoismo. Pensiamo al modo in cui ci aggrappiamo alle cose, alle persone e alle situazioni credendo che da esse possa dipendere la nostra felicità. Vi siete mai chiesti come staremmo senza ansia, senza
paura, senza rabbia e frustrazione? Come sarebbe la nostra vita? Semplicemente magnifica! Le forti tensioni, fisiche e mentali, possono facilmente somatizzare, diventare una malattia, e i medici lo sanno bene. Se, per esempio, un bambino vive l’atmosfera familiare come ‘irrespirabile’ perché assiste a frequenti litigi fra i genitori, può sviluppare una patologia asmatica oppure un’allergia alla polvere di casa. Una persona che si arrabbia spesso somatizzerà la sua tensione probabilmente nel fegato. Il detto popolare ‘rodersi il fegato dalla rabbia’ significa proprio questo. Quando dobbiamo affrontare una situazione particolare, come un colloquio di lavoro o un esame, è facile percepire la nostra insicurezza attraverso una sensazione spiacevole al ventre che, nei casi di improvviso e forte spavento, può concretarsi a tal punto da ‘farcela addosso dalla paura’. Mente e corpo sono in intima relazione tra loro. Le tensioni ripetute dello stesso tipo possono così somatizzarsi in un disturbo fisico, ma se impariamo a rilassarle godremo di una migliore salute, di pace e serenità. È importante capire che quello che cerchiamo è già dentro di noi, ora, ma non riusciamo a trovarlo perché le nostre tensioni ce lo impediscono. Per riuscire a rilassare le tensioni mentali è utile iniziare a rilassare prima quelle fisiche. Spesso accade che durante la giornata contraiamo inconsapevolmente alcuni muscoli del nostro corpo per molte ore di seguito come quelli dello stomaco, delle gambe, delle braccia, del viso, del collo. Così, quando siamo seduti può succedere, ad esempio, di stringere le spalle anche se in quel momento non sono necessarie a mantenere la postura. Molte persone contraggono gli addominali senza motivo ed altri ancora, anche mentre dormono, stringono la mandibola per tutta la notte! Abitualmente teniamo i muscoli del nostro corpo in tensione anche quando non ci servono. Questo è un dispendio inutile di energie e contribuisce ad aumentare lo stress, la stanchezza e una cattiva salute. Si dovrebbero usare, invece, solo quelli necessari al movimento o alla postura del momento, per lasciare tutti gli altri rilassati. Proviamo a stringere il pugno: questo è lo stato di molti dei nostri muscoli che in quel momento non dovrebbero essere tesi. Per rilassarlo dovremmo semplicemente aprire la mano e lasciarla cadere, morbida, percependola successivamente pesante ma sciolta. Cerchiamo quindi di ‘mollare la presa’ di ogni nostra tensione fisica.
ESERCIZIO n.1 Stenditi supino con le braccia staccate dai fianchi. Ascolta il respiro fluire dentro e fuori di te. Senti il respiro scendere fino all’addome, gonfiando e sgonfiando la pancia. Inspira lentamente dal naso contraendo i muscoli dei
piedi; trattieni qualche secondo il fiato e poi espira, sempre dal naso, rilassandoli gradatamente. Durante il tempo necessario a fare qualche respiro, senti che i tuoi piedi stanno ‘mollando la presa’ della tensione: diventano sempre più pesanti e rilassati. Ascolta come ogni espirazione rilassa ulteriormente i tuoi piedi. Procedi lentamente allo stesso modo per i seguenti muscoli: polpacci, cosce, glutei, addominali, torace, mani, braccia, spalle, collo, viso. Alla fine, inspirando, contrai contemporaneamente tutti i muscoli del corpo, trattieni il respiro e poi espira rilassando. Ripeti per tre volte. Il tuo corpo è ora immobile e rilassato. Poni l’attenzione sulla sensazione di benessere generata dal rilassamento fisico. Ascolta il respiro fluire come il vento tra le foglie. L’esercizio dovrebbe durare fino a quando percepisci il tuo corpo pesante e rilassato. Non scoraggiarti se le prime volte sentirai ancora tensione fisica: è solo questione di allenamento.
ESERCIZIO n.2 Possiamo apprendere dai nostri animali domestici un altro esercizio molto semplice ma indispensabile per la nostra salute. Cosa fa un cane o un gatto dopo essere stato immobile per qualche tempo? Si
stira! Allunga la sua colonna vertebrale con una profonda inspirazione e si rilassa con la successiva espirazione. Dobbiamo anche noi ‘stirarci’, allungando il più possibile le braccia sopra la nostra testa e spingendo in basso con i piedi. Un’ottima cosa sarebbe fare questo esercizio prima e dopo il rilassamento, il mattino quando ci svegliamo, la sera prima di dormire e quasi ogni ora durante la giornata. Percepiremo immediatamente una sensazione piacevole e manterremo la nostra schiena sempre in forma; la distanza tra una vertebra e l’altra sarà maggiore e la colonna vertebrale più flessibile.
Il training isoinerziale
Dottoressa Brigida Pinto
Le prime macchine isoinerziali nascono molti anni fa per l’allenamento degli astronauti che, è noto, hanno necessità di lavorare sui loro muscoli, indipendentemente dalla forza di gravità, durante i lunghi periodi in orbita nello spazio e che, con tali dispositivi, riuscivano a contrastare la fisiologica perdita di massa muscolare dovuta all’assenza di gravità, ottenendo al tempo stesso migliori prestazioni nella contrazione eccentrica del muscolo. Facciamo un attimo di chiarezza: La parola isoinerziale deriva dai termini “iso” che significa “stes
so” e “inerzia” che significa “resistenza“. La fase concentrica di una contrazione muscolare è quella in cui il muscolo si “accorcia”, quella eccentrica è quella in cui il muscolo si “stira”: il modo più semplice per capirlo è pensare al nostro bicipite quando usciamo dal supermercato: quando solleviamo la busta dal carrello, la fase di contrazione è concentrica, quando posiamo la busta nel portapacchi invece è eccentrica. Entrambi questi tipi di contrazione sono fondamentali per il training muscolare e il lavoro isoinerziale riesce a combinare entrambi i tipi di allenamento, perché, differentemente dagli altri esercizi convenzionali (macchine a pesi, bilancieri o manubri) in cui la resistenza é costante e preimpostata a inizio esercizio, la resistenza è adattata in ogni istante e proporzionale alla forza sviluppata. In sostanza maggiore è la forza applicata, maggiore sarà l’accelerazione con la quale il volano reagirà, basandosi sul principio dello Yo-yo, ossia dell’accumulo dell’energia cinetica. In pratica, la macchina isoinerziale è composta da un sistema
volanico (corpo rotante) e da una corda di trazione, sulla quale verrà applicata una tensione iniziale che srotolerà la corda dall’ albero di trasmissione ponendo in rotazione il sistema volanico che, a sua volta, immagazzinerà energia e per inerzia continuerà a ruotare intorno all’asse di rotazione riavvolgendo nuovamente la corda intorno all’albero di trasmissione. Ci sono numerosissimi vantaggi in questo tipo di allenamento, che potremmo riassumere in questi punti: • Possono essere allenate, con tale tipo di esercizio, sia la fase concentrica che quella eccentrica, assicurando contestualmente una corretta postura del corpo e richiedendo una grande coordinazione motoria (rispetto ad altri tipi di allenamento). • È un valido strumento per il recupero e la riabilitazione dopo una lesione, garantendo anche un maggiore effetto preventivo sugli infortuni, ma può essere usato anche per la preparazione atletica e l’esercizio funzionale • Permettendo un aumento dei carichi nella fase eccentrica, migliora la coordinazione, la forza e la funzionalità muscolari. • Implica uno sforzo polmonare e cardiovascolare minore rispetto ad altri tipi di allenamento. • Funziona come un agente stimolante delle miofibrille muscolari, attivando i processi di rigenerazione muscolare.
• La durata dell’allenamento è inferiore rispetto ad altri tipi di allenamento • Dispositivi inerziali come il FLYCONPOWER® permettono di eseguire una moltitudine di movimenti in posizioni molto simili ai movimenti sportivi, consentendo un tasso massimo dello sviluppo della forza ed un elevato grado di specificità biomeccanica e nei gesti sport-specifici. • Le esercitazioni possibili avendo grande libertà di movimento, unite a lavori di torsione e/o in condizioni di instabilità, contribuiscono all’obiettivo di coinvolgere effettivamente tutti i muscoli impegnati nel movimento specifico, riproducendo esattamente la situazione in cui il muscolo lavora durante l’attività sportiva con forza e velocità variabile, accelerando e decelerando, ricreando così uno stimolo più “reale e funzionale”.
Rappresenta quindi un passo avanti per un allenamento “pensato” e volto a migliorare il movimento oltre che la forza del singolo muscolo, consentendo di produrre movimenti funzionali, pur esprimendo la massima forza possibile, sollecitando con una sola azione tutti i muscoli interessati al gesto, sia attraverso movimenti ad alta forza e bassa velocità che ad alta velocità e bassa forza. È una delle tante modalità nuove, ma sempre antiche, di sentire il nostro corpo, percepirlo nelle sfumature del suo essere al mondo, in salute.
“La nostra natura è in movimento.” (Blaise Pascal)
“Mal di primavera” Come prepararsi per l’inizio della nuova stagione
Dottor Giuseppe De Simone
Tra poco più di un mese si entra nella stagione primaverile: aria profumata, fiori, colori, tramonti mozzafiato, ma anche possibili disturbi transitori tra cui stati d’ansia, nervosismo ed insonnia. Sono alcuni dei contrattempi provocati dal cambio di stagione, i quali, una volta individuati, consentono di intervenire per tempo con una serie di misure preventive. Il malessere generale, il quale è bene chiarire che non è fondato su basi scientifiche comprovate, può manifestarsi con difficoltà a recuperare tutte le energie, insonnia, ma anche irritabilità e cambi repentini dell’umore. Tali disturbi colpiscono, spesso inconsapevolmente, l’86% degli italiani tra i 18 e i 70 anni, con particolare interesse per le donne. Si tratta di sintomi transitori che non devono in nessun modo destare preoccupazione perché scompaiono nel giro di pochi giorni. Proprio in virtù di tale possibile condizione, è bene dedicarsi alla cura della propria persona. Ciò
con un’alimentazione povera di grassi idrogenati, ricca di fibre integrali e alimenti di origine vegetale, senza sale e zuccheri aggiunti, favorendo l’integrazione di liquidi, preferibilmente con acqua a basso contenuto di sodio, evitando bevande alcoliche e bibite zuccherate. È bene praticare inoltre una leggera riattivazione motoria, con passeggiate all’area aperta da fare su base quotidiana, in zona aerobica, ovvero senza eccessivi sforzi, per poi incrementare gradualmente il ritmo e l’intensità della camminata con l’allungarsi delle giornate. Un rimedio per evitare lo scompenso di ormoni neurotrasmettitori, come la melatonina, potrebbe essere quello di regolare le dinamiche relative ad un sonno corretto. Ciò andando a dormire sempre alla stessa ora e favorendo le ore iniziali della giornata. Non è difficile mettere in pratica tutto ciò, ma per i più pigri un valido consiglio è quello di fare un programma di miglioramento con un’altra persona, che sia un familiare, un amico o un parente. Solo se la situazione dovesse renderlo necessario, è possibile rivolgersi al proprio medico curante o al farmacista di fiducia, esponendo i fastidi presentati. Un valido aiuto può arrivare dai supplementi nutrizionali, cosiddetti integratori alimentari, che in alcune condizioni possono essere utili a favorire un corretto apporto di elementi nutritivi, regolando eventuali deficit derivanti da un’alimentazione non bilanciata. Tali rimedi, tuttavia, non devono in nessun modo intendersi come sostitutivi rispetto ad un corretto stile di vita.
Il disturbo articolatorio del linguaggio
Dottoressa Mariarosaria D'Esposito
Viene definito sviluppo fonetico-fonologico e rappresenta uno delle imprese più complesse ed articolate che l’essere umano si trovi ad affrontare nei primi anni di vita. Il percorso che porta il bambino ad esprimersi mediante i diversi suoni del linguaggio, combinando sillabe in parole e parole in frasi, fino a riuscire a verbalizzare il proprio pensiero, inizia in epoca molto precoce. Prende il via con la lallazione a circa 6-8 mesi; verso l'anno sono già attese le prime parole. Giorno dopo giorno, parola dopo parola il vocabolario del bambino si arricchisce e così la sua capacità di articolare i suoni del linguaggio. Le dislalie, vale a dire i piccoli difetti di pronuncia che spesso fanno sorridere i grandi, sono ancora da considerarsi fisiologiche entro i 3 anni. Tuttavia in alcuni bambini permangono anche in epoca successiva, assumendo la connotazione di dislalie disfunzionali, proprie del disturbo articolatorio. Si tratta di un segnale spesso sottovalutato, che potrebbe però na
scondere un deficit di linguaggio di natura cognitiva, relazionale o uditiva. É quindi necessario intraprendere un iter valutativo, volto in primis ad identificare la natura di tali alterazioni ed escludere problematiche più importanti. L’analisi del linguaggio del bambino, mediante l'ausilio di specifici test, evidenzia la presenza e il tipo di alterazione dislalica presente. Tra i più comuni errori, a carico del suono prodotto male: - Sostituzioni (sole>tole) - Omissioni (sole>ole) - Addizioni (sole>stole) - Distorsioni
Il potenziamento del feedback acustico rappresenta il primo obiettivo terapeutico; talvolta la maggiore attenzione da parte del bambino alla propria produzione verbale è sufficiente al superamento delle dislalie stesse. L’iter riabilitativo può essere suddiviso schematicamente in tre fasi: - Impostazione della corretta posizione articolatoria - Allenamento all’uso del suono nei diversi contesti linguistici - Consolidamento dell'uso del suono corretto in eloquio spontaneo e lettura. In ogni fase della terapia è necessaria una costante ed insostituibile collaborazione familiare.
Qual è l'età giusta per intervenire? Sarebbe opportuno valutare caso per caso. Un’importante difficoltà può rendere non intellegibile il linguaggio ed indurre nel bambino comportamenti insani, come la chiusura relazionale o l’aggressività. La presenza invece di alterazioni dislaliche in età scolare può determinare difficoltà di conversione dal suono al segno grafico e viceversa, sfociando quindi in un deficit di apprendimento. Sarebbe pertanto auspicabile, per tutti, la piena risoluzione di tali problematiche prima dell’inserimento alla scuola primaria.
La Cervicale
Dottoressa Barbara Martino
Spesso sentiamo parlare di dolore al collo con l’espressione: “Ho la cervicale!”. I sintomi sono molto vari e diversi, tanto che addirittura alcuni non sembrano direttamente riconducibili a problemi muscolo scheletrici legati al collo.
Anatomia della colonna cervicale Il rachide cervicale costituisce il primo tratto della colonna vertebrale ed ha una estrema mobilità per consentire allo sguardo di orientarsi in tutte le direzioni. La colonna cervicale sostiene il cranio, lo stabilizza e inoltre, protegge le strutture che passano al suo interno come il midollo spinale o l'arteria vertebrale. Come la zona bassa della schiena, anche la parte cervicale della colonna presenta una lordosi, in altre parole una curvatura a convessità anteriore, che può variare in relazione ai cambiamenti delle altre curve della colonna e generalmente aumenta di gradi in età avanzata.
Le vertebre cervicali sono sette e distinguibili in una parte superiore (C1-C2) e un’inferiore (C3-C7) in conformità ad alcune peculiarità anatomiche. Ogni vertebra è connessa con quella sottostante attraverso le faccette articolari e tra le vertebre i dischi intervertebrali, cuscini gommosi fatti principalmente di cartilagine, fungono da ammortizzatori.
Sintomi del dolore cervicale 1 Rigidità I muscoli del collo si presentano rigidi e intorpiditi, sensazione che aumenta se si passa troppo tempo nella stessa posizione. Si avverte difficoltà e dolore nel muovere il collo. 2 Risveglio con il mal di testa Questo tipo di mal di testa si presenta con dolore e pesantezza ad entrambi le tempie come un cerchio alla testa e rigidità del collo. 3 Fatica e difficoltà a tenere su la testa soprattutto alla fine della giornata Sensazione di oppressione alla testa, come fosse chiusa in una morsa e che poi si trasforma in mal di testa. Tutto ciò succede di frequente quando la tensione dei muscoli cervicali è cronicamente troppo alta: se i muscoli cervicali sono sempre in tensione, si stancano più del dovuto, rendendo difficile il loro compito, che è quello di sostenere la testa. 4 Mancanza di lucidità, sbandamenti e vertigini È un tipo d’instabilità posturale e disequilibrio che avviene in corrispondenza di episodi di dolore cervicale causato da lesioni di origine traumatica o di natura infiammatoria - degenerativa. Il contributo della regione cervicale al mantenimento dell’equilibrio è noto da diversi anni e molti studi hanno dimostrato la presenza di connessioni nervose tra le radici dorsali dei nervi cervicali, i nuclei vestibolari del tronco dell’encefalo (insieme di corpi cellulari dei neuroni che ricevono informazioni riguardanti l’equilibrio) e recettori cervicali (propriocettori e recettori articolari). Per questo motivo è comprensibile
come traumi o patologie del collo possano essere associati a un senso di disequilibrio e vertigine. 5 Disturbi della vista I muscoli degli occhi hanno un forte legame con i muscoli cervicali, tramite precise vie neurologiche (riflesso oculo cefalogiro). La natura ha pensato questo per orientare lo sguardo al meglio: quante volte ti capita di muovere gli occhi senza girare contemporaneamente anche la testa? Solo quando leggi o scrivi al computer, non c’è questa correlazione, per il resto il movimento degli occhi e del collo è sempre coordinato. Quindi se la postura del collo non è corretta, i muscoli degli occhi dovranno faticare di più per adattarsi. Questo lavoro “extra” per i muscoli oculari può creare affaticamento e malfunzionamento agli occhi. I sintomi del dolore cervicale acuto sono vari e spesso si associano ad altre patologie che non sono muscolo-scheletriche, è necessario, quindi, una diagnosi per esclusione. Nella maggior parte dei casi, è essenziale un approfondimento specialistico degli apparati visivi, uditivi e neurologici, per confermare il loro corretto funzionamento.
Cause di dolore cervicale • Traumi passati (colpi di frusta) • Osteoartrite delle vertebre cervicali. Lo sviluppo di speroni ossei (osteofiti) spesso accompagna questa degenerazione della colonna vertebrale. Purtroppo, lo sperone osseo a volte può pizzicare o premere sulle radici nervose che lasciano il canale spinale (spondilosi, stenosi cervicale). • Degenerazione di uno o più dischi intervertebrali. In questo caso il morbido centro gelatinoso dei dischi intervertebrali si asciuga, restringendo lo spazio e la distanza tra le vertebre. • Protrusioni, ernie del disco. • Colpi di freddo (torcicollo) • Posizioni errate assunte durante la giornata che possono innescare una tensione muscolare che provoca dolore cronico e rigidità (strappo muscolare). • Sovraccarichi eccessivi e ripetuti sui muscoli del collo • Stress (molte persone tendono a scaricare le tensioni quotidiane assumendo posizioni rigide e contratte). • Mancanza di attività fisica • Eccesso di alcuni tipi di attività fisica • Cattivo riposo notturno: uso di materassi e/o cuscini inadatti
Diagnosi e trattamento La diagnosi è sempre clinica e si basa sulla storia del paziente (per conoscere il suo stile di vita e le posture che assume durante il giorno), e sull'esame obiettivo (esame fisico, visita muscolo-scheletrica, valutazione neurologica) per escludere o per ricavare elementi di sospetto. Potrebbe essere anche necessario compiere indagini diagnostiche come i raggi X, la TAC, la Risonanza Magnetica e l'elettromiografia per trovare l'esatta causa dei sintomi presenti. Una volta effettuata la corretta diagnosi, il trattamento chiropratico varia secondo la patologia riscontrata. Lo scopo della chiropratica è restituire l'integrità funzionale all'articolazione il cui funzionamento è alterato. Il chiropratico, dopo un attento esame neurofisiologico e un’analisi delle radiografie o RM, riduce l’irritazione dei nervi con un aggiustamento specifico nell’area interessata. In questo modo i dolori si riducono e si favorisce un ristabilimento più rapido della muscolatura del collo. L’aggiustamento chiropratico è un piccolo movimento preciso e indolore, esercitato su una giuntura spinale, attraverso il quale si ripristina il movimento naturale delle articolazioni; esso apporta benefici terapeutici meccanici e neurologi, aumentando coordinazione, forza, flessibilità e resistenza della colonna vertebrale. Per ottenere risultati duraturi contro il dolore è necessario un approccio integrato di aggiustamenti chiropratici insieme con lo stretching per aumentare l'elasticità muscolare, e particolari esercizi attivi, utili ad aumentare il tono muscolare.