S C U O LA DI C OU N S EL I NG P E DA G O GI C O R E L AZ I O NA L E S E D E DI PAL ER M O a . a . 2 0 1 3 / 2 01 4
LA SINDROME DEL SALVATORE IN CHIAVE EMPIRICA Quando non abbiamo più paura della nostra vulnerabilità diventiamo invulnerabili Una trasformazione possibile! Candidato G i u s e p p e C o s t a nz o
Relatori: D o t t . s s a Li l i a n a M i n u t o l i P r o f . s s a An n a ma r i a P r i n z i v a l l i
Direttore Scientifico P r o f . M i c h e l Ha r d y
S C U O LA DI C OU N S EL I NG P E DA G O GI C O R E L AZ I O NA L E S E D E DI PAL ER M O a . a . 2 0 1 3 / 2 01 4
LA SINDROME DEL SALVATORE IN CHIAVE EMPIRICA Quando non abbiamo più paura della nostra vulnerabilità diventiamo invulnerabili Una trasformazione possibile!
Candidato G i u s e p p e C o s t a nz o
Relatori:
Direttore Scientifico
D o t t . s s a Li l i a n a M i n u t o l i
P r o f . M i c h e l Ha r d y
P r o f . s s a An n a ma r i a P r i n z i v a l l i
Indice Presentazione ..........................................................................................................................5 Premessa ..................................................................................................................................7 Prima parte ...........................................................................................................................10 Il principio di auto miglioramento secondo la grammatica empirica .................................10 Il salvatore secondo la “Grammatica empirica” .................................................................12 Mettiamoci in gioco... Mi rispecchia pienamente???? ....................................................12 I copioni personali...............................................................................................................14 Modelli di riferimento, miti o copioni personali???? ......................................................14 Il copione personale - I ruoli empirici ................................................................................14 Il copione secondo Eric Berne ............................................................................................20 Le mie figure di riferimento maschile/i miei copioni...... ...................................................21 Due eroi italiani e un bandito...bella accoppiata!!!!! .......................................................21 Giuseppe interpreta Salvatore Giuliano ..............................................................................25 Attività svolta durante il seminario sui copioni personali ..................................................27 Attività di Counseling su me stesso ... ................................................................................28 Il processo di counseling secondo l’analisi transazionale ..................................................29 Seconda parte ........................................................................................................................31 Il salvatore secondo l’Analisi Transazionale ......................................................................31 Triangolo drammatico di Karpman uno studio analitico transazionale ..............................34 Terza parte ............................................................................................................................37 L’approccio empirico del prof. Michel Hardy... una metodologia inclusiva .....................37 Risonanze con altre metodologie scientifiche e strategie di crescita personale .................37 La terapia centrata sul cliente sviluppata da Carl Rogers ...............................................37 Analisi Bioenergetica ......................................................................................................38 Gestalt (Terapia Gestaltica) .............................................................................................38 Lo Psicodramma di Moreno ............................................................................................39 Psicodramma Psicoanalitico ............................................................................................39 Psicosomatica ..................................................................................................................39 Training Autogeno ...........................................................................................................40 1
Psicoanalisi (Sigmund Freud)..........................................................................................40 Psicologia Analitica (Jung)..............................................................................................41 Musicoterapia ..................................................................................................................42 Arteterapia .......................................................................................................................45 La Danza dei Cinque Ritmi .............................................................................................46 Costellazioni Familiari ....................................................................................................47 Quarta parte .........................................................................................................................49 Sperimentazione-progetto... ................................................................................................49 Disegno della ricerca/Metodologia .....................................................................................56 Risultati sperimentazione/anche su me stesso ....................................................................59 Conclusioni ............................................................................................................................63 Bibliografia............................................................................................................................65 Appendice 1. Cambia-menti ...................................................................................................66 Appendice 2. Test altruismo-egoismo ....................................................................................67 Appendice 3. Esercizio per scoprire la propria sequenza sensoriale .....................................69 Appendice 4. Test assertivitĂ .................................................................................................70 Appendice 5. Into My Arms, Nick Cave & the Bad Seeds ....................................................72
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“Ho un debole per le persone che hanno cicatrici nascoste dietro un sorriso, per chi apre le braccia al futuro pur avendo conti in sospeso con il passato, per chi avrebbe il diritto di urlare contro invece sussurra serenitĂ . Ho un debole per gli animi rotti ma portatori sani di positivitĂ .â€? Michelangelo Da Pisa
A Michael F. Hardy, mio amplificatore personale ad alta definizione... che pone particolare attenzione alla sorgente di origine... Grazie per essere entrato nella mia vita. Giuseppe
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“Uno scritto... fa la differenza” Uno scritto... fa la differenza sulla consapevolezza di sé... una tesi è un modo per... tendere verso e non solo per essere stati tesi verso... Uno “scritto” permette di comprendere che, alla conclusione di un percorso, la mente svolge una funzione di analisi e comprensione e il suo ruolo adesso è funzionale e non prevalente. È in questa fase che la mente rielabora, riflette e rende probante e autentica ogni parola scritta... essa si inchina davanti all’esperienza
corporea
e
all’apertura del cuore!!! Liliana Minutoli
L’empatia è una scatola magica... Il nostro è stato un bell’incontro di luce ed ombre... grazie per avermi iniziato alla conoscenza di questo mondo fantastico... Giuseppe
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Presentazione Perché ho condotto questo studio? Durante i tre anni di formazione, tra il serio e il faceto, più volte i conduttori e il gruppo mi hanno fatto da specchio rimandandomi l’immagine del “Salvatore” ... Che soluzione ho trovato? PRENDERNE ATTO Nasce in me, in maniera imperante, l’esigenza di fare-agire qualcosa per me stesso, muovermi verso una direzione, con un intento ben preciso, e la voglia di realizzare un obiettivo e soprattutto la consapevolezza di prendermi cura di me. Dopo aver preso coscienza, cosa ho sentito a livello profondo ... “di pancia”? IL PRINCIPIO DI AUTO-MIGLIORAMENTO “Il principio empirico di auto-miglioramento si riflette in ciascuna dinamica dell’universo, favorendo sempre la vita rispettò alla morte, la guarigione rispetto alla malattia, la serenità rispetto alla depressione, e la speranza rispetto alla disperazione e sospinge la persona verso una crescita continua, sia con se stesso che nell’ambito cognitivo, intellettivo, sociale finanziario, alimentata dalla voglia persistente di migliorare la propria vita e quella della futura prole” (Hardy, 2010, p. 49). Che cosa ho fatto e come? Ho strutturato la sperimentazione in modo da ottenere informazioni sulla propensione individuale a: rivestire/identificarsi in relazioni di “altruismo” ... “d’aiuto” ... “di supporto all’altro”. Che cosa ho trovato? Un dato percentuale piuttosto alto di rispecchiamento nelle suddette caratteristiche. Cosa significa ciò che ho trovato? Che siamo tutti esseri in cerca di amore. Amore “incondizionato” e “condizionato” ... amore a tutti i costi... per riceverlo, a volte, siamo disposti anche a soffrire... Come se né può uscire? Darsi valore... avere autostima... volersi bene...
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“Quando riusciamo a essere noi stessi e vedere che le persone ci amano per ciò che siamo, senza più dover fingere di essere diversi, allora la nostra vita cambia e diventa molto più ricca e felice. Quando non abbiamo più paura della nostra vulnerabilità diventiamo invulnerabili.” (Vercelli e d’Albertas, 2013)
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Premessa La sindrome del salvatore .......... Mi appartiene realmente?? Ho paura di essere nel giudizio?? Ho bisogno di essere approvato?? La mia “Tesi”: Dare un senso a questi tre anni di formazione! Mettere la mente al servizio del cuore! “Rinascita” Arrivo alla scuola di “Counseling con approccio empirico in ambito pedagogico relazionale” con l’alibi di ottenere una nuova formazione professionale spendibile in ambito lavorativo a livello “europeo” (mia moglie aveva vinto un concorso alla Commissione Europea e un nostro eventuale trasferimento sembrava quanto mai imminente). L’esigenza primaria sottesa era proprio quella della “rinascita”, parola visualizzata durante una meditazione, realizzata in una delle ultime esercitazioni, che aveva lo scopo di spezzare l’energia di blocco in cui quasi tutto il gruppo si ritrovava rispetto alla scrittura della tesi. “Rinascita” ... esigenza di ritrovarmi, di recuperare la mia forza, la spinta in avanti che mi aveva sempre caratterizzato. Per accedere alla formazione tutti candidati sono sottoposti ad una preselezione, che si realizza attraverso un colloquio, tenuto, ai tempi, dalla nostra responsabile Liliana Minutoli e da una sua collaboratrice la psicologa Giusi Tura. Inizialmente si svolge quello che all’apparenza sembrava un amabile colloquio (ero ancora inconsapevole) ... successivamente, mi viene chiesto di rappresentare graficamente il mio stato attuale ed io eseguo immediatamente, rappresentando la mia famiglia (in quel momento elemento fondante ed esclusivo di me). Disegno mia moglie Valeria, le mie tre figlie Giuliana, Irene e Laura e il nostro gatto Bartolo!!! Ma io??? non esisto!!!... Mi viene fatto notare, e inizialmente (anche un po’ infastidito) le liquido accampando delle scuse pensando... “ma guarda questa presuntuosa, in pochi minuti pensa di capire cose di me che io non so!!!... Era verissimo! ...mi ero liquefatto in loro; io, le 7
mie esigenze, le mie passioni non esistevano più... mi ero dissolto (sia per esigenze realmente oggettive, che per altro) in un accudimento e in una dedizione totale e totalizzante. Già da tempo soffrivo di mal di schiena cronico... avevo somatizzato questo mio forte senso di responsabilità. Tutto ciò mi causava un senso di frustrazione che non ascoltavo e non accettavo. Questi atteggiamenti mi avevano portato ad accumulare “quote di rabbia” pericolose, che improvvisamente mi portavano dall’essere bravo padre e compagno attento, ad aguzzino giudicante e severo (Hardy, 2010, p. 47). Tutto il mio agire non faceva altro che togliere autonomia e responsabilità alla mia compagna: chi invade qualcun altro, sia pure per il suo bene per la sua felicità, infrange uno dei diritti fondamentali del codice sistemico: il diritto di poter sbagliare. Ero sempre pronto a dire: “tranquilla” ... “ci penso io” ... “recupera nel tuo lavoro il tempo che con le maternità non hai potuto dedicargli”. E, siccome è nella natura dell’essere umano che se ti danno uno spazio tu lo prendi, quello che doveva essere una giusta alternanza di ruoli, era diventato una pretesa insostenibile che mi creava dolore e frustrazione, ma ormai il circolo vizioso era attivato, come il cane che si morde la coda... continuavo a girare su me stesso e ad invorticarmi sempre di più. Avevo perduto la mia forza, il mio slancio, non cantavo più e non suonavo più, (ho una formazione come musicista e corista), non curavo più il mio cavallo (altra mia grande passione), anche al lavoro “campavo” di rendita... insomma mi ero ingrigito e non brillavo più. Questo circolo si doveva spezzare a tutti i costi...o avrei rischiato di distruggere quello che con amore e tanta abnegazione avevo costruito: la mia famiglia. Nell’ottica dell’auto miglioramento, ad un certo punto del percorso, mi resi conto del perché il primo colloquio con Liliana mi aveva infastidito tanto; “ci ero ricascato! ... ma non ne ero consapevole a livello conscio”. So di essere stato appieno nella sindrome del salvatore in un mio precedente rapporto, ma mi ritenevo immunizzato per la vita visto gli esiti dolorosi che ne erano derivati... la tipologia di ragazza era quella della brava bambina (che poi ti fotte), fragile, da proteggere, da sostenere e guidare alla quale avevo tolto realmente quote di autonomia personale e anche il diritto di compiere sbagli e pagarne le conseguenze sulla propria pelle. Mi viene confessato un tradimento, una conseguente gravidanza indesiderata, la volontà di interromperla con la richiesta di essere ancora una volta accompagnata in questo evento tragico e doloroso. Io accetto con la dicotomia immaginabile di cuore e mente che in quel momento stavo vivendo e la accompagno all’infrazione di questo tabù. L’aborto 8
si ripresenterà nella mia vita questa volta non come scelta ma come evento inevitabile come uno scherzo del destino contro il quale nulla si può agire, con un conseguente stato di impotenza e sofferenza che ti lascia senza respiro. Quando finalmente nella mia vita mi viene fatto il dono della paternità tanto desiderata e attesa (forse anche in conseguenza a quanto sopra detto) mi nasce dentro un fortissimo senso di protezione e di controllo, una volontà di accudimento che mi riporta quasi a ricoprire nuovamente e totalmente il ruolo del salvatore ... ma, la verità primaria era che il debito empirico che avevo accumulato nella mia vita, nasceva da un bisogno d’amore o da una qualità d’amore insufficiente che mi spingeva a ricoprire atteggiamenti del salvatore, di colui che chiede amore, dando attenzioni interessate, aspettandosi in cambio un amore di ritorno che non sempre arriva. Cosa mi ha insegnato la metodologia dell’approccio empirico al fine di risolvere o, per meglio dire, dissolvere la sindrome del salvatore e i tratti che io me ne riconosco? Senza dubbio quello che per me è il passaggio più importante: PRENDERNE ATTO, riconoscerne i segni al primo manifestarsi... in poche parole ...consapevolezza. E come in una costellazione, se io mi muovo anche gli altri si muovono ... e le cose accadono... allontanarmi da casa era possibile, riappropriarmi del mio valore come individuo faceva bene a me e conseguentemente anche alla mia famiglia. E allora, come ho più volte detto in alcune condivisioni “soldi ben spesi”, è arrivata la salvifica formazione. Sento in maniera imperante l’esigenza di fare–agire qualcosa per me stesso e, soprattutto, la consapevolezza di prendermi cura di me.
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Prima parte Il principio di auto miglioramento secondo la grammatica empirica Una trasformazione possibile! “Come qualsivoglia altro principio dell’ordine, anche il codice yang si sviluppa all’interno di un dualismo in cui luce e ombra si completano e contrastano vicendevolmente. Da un lato c’è la parte maschile più desiderabile e ambita alla quale ogni uomo aspira, fonte leggendaria dei racconti più valorosi e ispirazione degli eroi di tutti tempi, mentre dall’altro si sviluppa la parte più violenta e aggressiva, cinica e disprezzante. Il codice maschile, infatti, contiene tutte le qualità empiriche in maniera indistinta, sia quelle che rendono fiero l’uomo-di se stesso, del proprio agire e del proprio essere,-sia quelle di cui farebbe volentieri a meno, facendolo vergognare di sé”. ... “Così ogni eroe, ciascun uomo pieno di coraggio e di virtù maschili, porta in sé anche il seme del carnefice, del cannibale, di chi vorrebbe fare del male e deputato alla distruzione. Non gli è dato di scegliere né può selezionare le qualità più desiderabili, ma l’unica cosa che gli è dato fare è avvicinare e integrare la sua ombra per renderla innocua. L’unica cosa che gli è richiesta è portarla alla luce, esplorarla, e stringere un’alleanza con la forza impietosa che essa contiene in modo da poterla vedere-anche se soltanto con la coda dell’occhio ma sufficientemente per non impallidire o retrocedere davanti ad essa” (Hardy, 2010, p. 47-48). “Il sistema non differenzia tra luce e ombra, trattandosi soltanto di una separazione creata dall’uomo e della sua eterna ricerca di convenienza e di sicurezza. L’ordine non giudica, elevando gli uni e abbassando gli altri, né possiede una personalità o una morale che impone all’uomo” (Hardy, 2010, p. 48). Il sistema “riconosce i moti di luce come parte più costruttiva delle proprie dinamiche vitali” favorendoli per questo motivo ed elevandoli come parametri del libero fluire. Essi compongono la matrice d’eccellenza, insita in ogni ruolo empirico, esprimono il principio dell’auto miglioramento dell’universo”. ... “Ogni essere umano possiede un bagaglio di doti vitali che formano la piattaforma del suo essere profondo. Per quanto il suo ruolo empirico possa essere già alterato, facendolo attingere più all’ombra che alla luce, sono sempre le dinamiche vitali a costruire la sua spinta più grande. La voglia di vivere, la 10
speranza di uscirne fuori, di stare meglio e di ricollegarsi con l’amore costituisce la sua più grande motivazione. Soltanto in casi estremi, qualora il degrado empirico ormai è irreversibile, la persona sprofonda nella propria ombra. In quelle circostanze crea un’affinità alla morte e l’anima si inquina lentamente ma inesorabilmente” (Hardy, 2010, p. 48). “Appunti di viaggio: ogni ferita tende a rinchiudersi per il semplice fatto che è stata inflitta, ogni malattia si risolve autonomamente grazie al sistema immunitario del proprio corpo e ogni necessità della stirpe si riflette nell’evoluzione della specie intera, e così anche le qualità di luce -ossia le proprie dinamiche vitali più costruttive e proficue- sovrastano ogni strategia di auto-boicottaggio dell’individuo, per quanto anche quest’ultima appartenga all’ordine. Il principio empirico di auto-miglioramento si riflette in ciascuna dinamica dell’universo, favorendo sempre la vita rispettò alla morte, la guarigione rispetto alla malattia, la serenità rispetto alla depressione, e la speranza rispetto alla disperazione e sospinge la persona verso una crescita continua, sia con se stesso che nell’ambito cognitivo, intellettivo, sociale finanziario, alimentata dalla voglia persistente di migliorare la propria vita e quella della futura prole” (Hardy, 2010, p. 49).
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Il salvatore secondo la “Grammatica empirica” Mettiamoci in gioco... Mi rispecchia pienamente???? “Il finto yang sfoggia la carica eccessiva come bandiera del proprio essere, man mano che la sente crescere, si identifica completamente con tale ruolo, declinandone tutte le strategie vitali. In certe condizioni la sua alterazione potrebbe assumere anche degli aspetti diversi, presentandosi perfino sotto forma di un maschile virtuoso e nobile. La gamma espressiva di questo ruolo è ampia e variegata, spaziando dalla figura dell’eroe sino a quella del despota, dal cavaliere senza macchia fino al carnefice” ... “La particolarità, infatti, è che, nonostante alcune varianti potrebbero avere una valenza positiva, esse appartengono, ai fini dell’ordine, a una sua espressione deviata. In tal senso quello del Salvatore a tutti i costi, di colui che non può fare a meno di proteggere i deboli e maltrattati, della guida spirituale o dell’uomo d’onore con principi inoppugnabili, equivale ai fini empirici, a quello del tiranno, del boia o dell’integralista religioso” ... Il modello classico dell’uomo finto yang si fa riconoscere attraverso ... modi invadenti o maniere brusche o irascibili, ma anche attraverso modi ritenuti perfino preziosi o desiderabili dal mondo occidentale” ... “Anche l’uomo yang integrato, ossia colui che è collegato con il proprio codice empirico, sperimenta la stessa spinta di base. Essa, tuttavia, non è né totalizzante né compulsiva infatti riesce anche a farne a meno. L’uomo integrato è capace di sviluppare anche un approccio di cuore con il mondo maschile, non soltanto di competizione, servendosi di una modalità yin che ha a che fare con la forza incondizionata” ... “Per quanto sia meno appariscente, vi appartiene anche chi cerca un maschile sacro, chi ha sviluppato una visione romantica e visionaria dell’essere uomo; chi esalta riti o atteggiamenti a fin di bene, come i moderni Robin Hood” ... “Qui entra anche il mito dell’uomo duro, del macho, di colui che non chiede mai, e altre idee ricorrenti di un maschile abusante. Ma anche atteggiamenti meno spettacolari possono essere indice di un finto yang, tipo chi tende a proteggere invece di sostenere, togliendo così al suo protetto la possibilità di imparare da sé e di stare sulle proprie gambe. Un atteggiamento preciso, quello del “Salvatore”, che spesso viene sollecitato dalla sua partner ideale, la donna finta gli yin, la quale sa esaltare questa sua attitudine tipica” (Hardy, 2009, p. 146-150).
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“L’intento primario del Salvatore è quello di apparire protettivo e tutelante, appare molto rassicurante e sicuro di sé, infondendo tale sensazione anche in chi gli sta accanto, ostenta atteggiamenti di superiorità e risolutezza sentendosi portatore di atteggiamenti virtuosi e eroici ... il salvatore si percepisce come modello yang amabile, ha la spinta persistente di difendere chi sente degno di protezione (protezione = potere), mantiene il proprio protetto/la propria protetta in uno stato di dipendenza e di non responsabilità, chiede in cambio appartenenza, fedeltà e obbedienza” (Hardy, 2010, p. 114) “L’uomo finto yang difende per bisogno e non per scelta. Lui incarna il ruolo del Salvatore per eccellenza” ... “Tutte le sue strategie sono atte (dal punto di vista emotivo) a rendere l’altro dipendente, utilizzando il potere ottenuto a proprio vantaggio, fa di tutto per non farlo uscire da tale stato, risolvendogli i problemi della vita in cambio di sudditanza” ... “Ciò nonostante lui si ritiene generoso e a volte perfino eroico illudendosi ancora che tutto ciò accada a fin di bene” ... “Il salvatore sceglie soltanto partner “bisognose”, brave bambine ingenue e timorose che si aggrappano a lui, ammirandolo e facendolo diventare il centro del loro mondo poiché soltanto esse sono in grado di soddisfare l’originale, morboso bisogno (Hardy, 2010, p. 148-150).
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I copioni personali Modelli di riferimento, miti o copioni personali???? Traendo spunto dai metodi dell’analisi fattoriale, in rapporto ai due principali assi che secondo Eysenck and Eysenck (1987) legano il temperamento ai tratti caratteriali -anche se naturalmente nessuno di noi è costantemente posizionato in un certo tipo di temperamento, ma viviamo una condizione di continuo fluttuare fra uno stato e l’altro- io posso tranquillamente e prevalentemente attestarmi in uno stato definito “temperamento sanguigno”. Aggiungo, inoltre, che indubbiamente per diritto di nascita (sono siciliano e soprattutto Monteleprino), mia formazione familiare, condizionamenti culturali, di temperamento, ecc, sento delle profonde risonanze con i personaggi di cui vi parlerò più avanti ... e non tutto deve essere letto esclusivamente nell’ordine del “degrado empirico”. Essere una persona accettabile con un buon grado di evoluzione personale, che ha già fatto un po’ di lavoro su se stesso, che non ha difficoltà a riconoscersi un femminile adeguato, che sa ricoprire diversi ruoli e sottoruoli sistemici, non mi assolve dal sentire anche un certo grado di adesione e appartenenza con gli aspetti che mi appresto a focalizzare qui di seguito con “l’empirichese” (termine coniato da un elemento del nostro magico cerchio e adottato da tutti noi della scuola di Palermo), ovvero: i copioni personali, la consegna d’amore, la forza della consegna, il potere delle convinzioni, le attese tradite, colpa e dovere, i ruoli empirici e lo stato ideale -che inserisco appositamente in calce al mio elenco di risonanze, in quanto quest’ultimo può essere percepito e vissuto solamente dopo aver preso coscienza del debito sistemico, per poter assaporare infine la forza dell’essere presente-.
Il copione personale - I ruoli empirici Il copione personale “Contiene e descrive il proprio debito. Esso si manifesta attraverso le convinzioni più profonde e radicate, sia su se stessi che sugli altri e sul mondo. Il copione personale si forma sulle credenze tramandate rispetto a cosa sia giusto o sbagliato, bene o male, morale o immorale secondo un codice proprio della famiglia, illudendosi della validità assoluta di tali convinzioni” ... “Una volta acquisita la consegna, l’individuo si sentirà a suo agio 14
soltanto con persone che riportano gli stessi indicatori sistemici, ossia la sua stessa qualità di debito. Il copione, una volta formatosi, viene custodito dal singolo come fosse il deposito della verità assoluta e, per quanto sia disarmonico nocivo, viene difeso contro ogni attacco o diversa visione” ... “La ricerca personale lo porterà a percepire sensazioni di simpatia e affetto soltanto in presenza di indicatori sistemici che fanno parte del suo stesso copione” (Hardy, 2008, p. 9-10). La consegna d’amore “Il copione personale si determina dalla consegna dei genitori e costituisce, una volta tramandato, un collegamento fondamentale con la propria stirpe. Su un livello profondo il figlio la percepisce come una consegna d’amore da custodire e conservare” ... “Attraverso una consegna compromessa i punti di riferimento del fare della persona non sono più legati alla matrice sistemica, bensì al copione personale, a prescindere dalla sua qualità empirica” .... “Ogni consegna d’amore trasforma il destino del singolo che, per sua indole, capacità e talenti, spesso si sarebbe svolto in maniera diversa” (Hardy, 2008, p. 13-15). “Il debito familiare contiene tutte le aspettative disattese, i tradimenti e gli abbandoni, le delusioni le sconfitte tramandate di generazione in generazione. Così gli stessi diventano proiezioni ed aspettative da riscattare anche per la nuova generazione, senza che essa si accorga di tale eredità” ... “Nel copione tramandato sono contenute inoltre, fra tutte quelle possibili, anche le strategie d’amore che, attraverso tale consegna, saranno innestate nelle generazioni future” (Hardy, 2008, p. 11). La forza della consegna “La consegna d’amore viene percepita come tale anche in condizioni severe o poco amorevoli” ... “Questo passaggio è l’inizio di ogni debito empirico, il quale si origina sempre da una qualità insufficiente d’amore ricevuto” ... “Una consegna genuina necessita, oltre che di quantità, anche di una qualità in grado di soddisfare i parametri empirici. Il figlio tuttavia ignora questa esigenza sistemica, non essendogli concesso né di scegliere né di esigere. Egli è tenuto ad accogliere come amore anche una consegna scarsa, senza discuterla o criticarla” (Hardy, 2008, p. 15-16). La consegna familiare “La consegna familiare costituisce sempre una consegna d’amore” ... “In tal modo ciascuno sviluppa un microsistema di riferimenti personalizzati, lo stesso adoperato dai 15
propri genitori, che vigila all’interno della famiglia” ... “L’ultima parte della consegna si renderà visibile solamente dopo la morte dei genitori, momento in cui il figlio si sentirà investito dal pieno ruolo della successione” ... “Un micro-sistema, questo, che contiene l’intera gamma delle strategie genitoriali e allo stesso tempo anche diversi stati di debito. Più questo riferimento personale è allineato con valori reali del sistema, più il figlio permane nel moto d’amore, seguendo il libero fluire delle cose. Più l’eredità, invece, si distingue attraverso strategie contro-sistemiche, maggiormente il figlio soffrirà per il peso del debito tramandatogli” (Hardy, 2008, p. 18). “Uno degli strumenti più adatti per individuare le strategie contro-sistemiche è costituito dall’analisi empirica. Il modello disarmonico del singolo emerge con evidenza dal confronto con la soluzione sistemica d’eccellenza, una volta comprese e assimilate le sue coordinate” .... “Così, possiamo confrontare il copione personale con la soluzione ideale, ossia la matrice d’eccellenza dell’ordine, portando alla luce l’eventuale squilibrio (Hardy, 2008, p. 20). Schema alterazione ruoli empirici YANG INTEGRATO - YIN INTEGRATA MATRICE D’ECCELLENZA
VITTIMA RABBIOSA
“RUOLI EMPIRICI” METAMORFOSI
DONNA FINTA UOMO FINTO
Y I N
DONNA FINTA UOMO FINTO
IRRECUPERABILE Y A N G
ATTIVO/PASSIVO
DONNA YIN ALTERATA UOMO YIN PAURA INNOCENZA BRAVA BAMBINA
DONNA YANG AUTENTICA UOMO YANG ALTERATO ANSIA
RABBIA
BRAVA BAMBINA ANSIOSA
DEGRADO EMPIRICO
VITTIMA RABBIOSA
ODIO FREDDO
MALATTIA - MORTE
DOLORE
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Il potere delle convinzioni “Le convinzioni più profonde del singolo plasmano il piedistallo di ogni personalità, dandole forma e definendola in ogni sfumatura. Esse stanno alla base di tutto ciò che egli crede di se stesso, del mondo esterno e degli altri. Tali convinzioni determinano l’interezza delle sue strategie vitali, tutto quello che per lui diventa giusto o sbagliato, morale o immorale, desiderabile o no, e conferisce strutture di sicurezza al suo stare al mondo” (Hardy, 2008, p. 20). “...una delle leggi principali dell’ordine ovvero la legge di compensazione, altro non è che un meccanismo di autodifesa in grado di creare un’illusione persistente ingannevole, atta a esorcizzare l’arretrato personale e a sostenere il suo esatto contrario” (Hardy, 2008, p. 25). Le attese tradite “Ognuno impara ad approcciarsi al mondo attraverso il proprio copione personale e propri parametri più o meno alternati. Esso diventa la sua identità, ciò che generalmente si intende per carattere, permettendogli di identificarsi con le convinzioni alterate acquisite. Partendo da tale identità, egli crea una vasta scala di aspettative e proiezioni che coprono ogni ambito personale” (Hardy, 2008, p. 27). “Tali attese investono e plasmano l’interezza delle sue strategie vitali, definendo ogni inter-azione tra lui e il mondo come giusto o sbagliato, desiderabile o no” ... “Così ogni essere umano costituisce un micro sistema modellato da migliaia di aspettative proiettate su se stessi e sugli altri e guidato dall’unico intento ovvero volerle soddisfare. Si tratta di un processo empirico in cui ciascuna persona diventa il proprio giudice supremo sostituendosi al meccanismo empirico e ha i suoi valori genuini” (Hardy, 2008, p. 28). Colpa e dovere “Il senso del dovere costituisce uno dei concetti più alterati della coscienza umana, in grado di violare perfino il diritto alla vita. Il sistema non ammette doveri, né li riconosce come parametri validi, ma considera soltanto le responsabilità del singolo e le loro conseguenze. Ugualmente non concepisce il principio della colpa, essendo essa la negazione di ogni rapporto responsabile” (Hardy, 2008, p. 28). “Ciò che l’uomo ha istituzionalizzato come senso del dovere, descrive soltanto il rapporto alterato con il proprio sé” ... “Uno dei suoi paradigmi, ben interpretato nella frase “prima il dovere poi il piacere”, nega il libero arbitrio” ... “tuttavia ogni gesto privo di libero arbitrio, ogni 17
possibilità di scelta che non contiene il diritto alla sua espressione più importante, ossia quella di poter sbagliare, non appartiene ai valori sistemici e come tale viene rifiutato dall’ordine” ... “La nostra società, tuttavia, ci mostra tale copione come solida base di sicurezza, lodando chi si riconosce in questo richiamo che in realtà costituisce una semplice alterazione delle leggi empiriche” ... “Il senso di colpa è sempre generato dalla paura che contemporaneamente crea anche un’altra emozione: la rabbia” ... “Ciò può avvenire in maniera silenziosa e nascosta, qualora la rabbia costituisca il suo indicatore passivo, ma anche in modo aggressivo dinamico, nel caso che si tratti dell’indicatore attivo primario” (Hardy, 2008, p. 31-33). I ruoli empirici “L’ordine empirico non fa differenza tra la parte più gioiosa della nostra anima, e i suoi lati più oscuri” ... “Il sistema ammette ogni tipo di manifestazione vitale, a prescindere dalla sua valenza o qualità, concependo ogni sua forma come una preziosa testimonianza” ... “L’ordine empirico contiene anche le ombre dell’esistenza oltre la sua luce, essendo in grado di differenziare le energie per la loro diversa natura. Il funzionamento empirico si basa sull’equilibrio tra le sue forze principali, che costituiscono anche il suo moto di base, quello tra dare e ricevere e l’eterna dinamica tra essi” ... “Il funzionamento empirico è in grado di distinguere il dare materno da quello paterno, di contenere le loro diversità e i loro compiti, definendo per ciascuno degli appositi modelli empirici. Il sistema distingue le differenti espressioni del sesso femminile da quello maschile, attribuendogli i rispettivi diritti naturali che nascono dalla loro diversità genuina” (Hardy, 2008, p. 34-35) ... Ogni individuo “ha bisogno di incarnare più ruoli sistemici possibili, durante l’andamento della propria vita, per potersi sentire appagato” ... “Così, seguendo un preciso ordine, l’individuo passa dal ruolo di base del figlio o della figlia, a quello dell’adulto, suddiviso in parti femminili e maschili” ... Successivamente e dopo aver “incarnato i precedenti ruoli, può entrare in quello della saggezza che lo porterà al suo esaurimento biologico. Tutti gli altri ruoli costituiscono soltanto dei sotto-ruoli, compresi quelli del padre e della madre, tutti strettamente dipendenti all’acquisizione di quelli basilari (Hardy, 2008, p. 39), in questo caso l’essere uomo o donna”.
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Lo Stato ideale “Le leggi dell’ordine empirico costituiscono l’unico meccanismo di riferimento per ogni moto esistente, sia dentro che fuori dall’anima” ... “Ciò che l’essere umano riconosce come le proprie virtù più nobili e preziose corrisponde generalmente a nient’altro che agli stati d’essere che esprimono un funzionamento empirico regolare, la sua condizione naturale all’interno del libero fluire” ... “Uno Stato ideale, questo, che si può definire come forza dell’essere presente” ... “Questa condizione sta alla base di ogni relazione armonica, esprimendo per l’uomo l’unico stato “normale” ai fini empirici” ... “Ogni individuo che si avvicina alla sua condizione ideale si sentirà libero dai condizionamenti imposti sia dagli altri che da se stesso” ... “Tuttavia egli può avvicinarsi al suo Stato ideale soltanto man mano che evade il debito sistemico accumulato”, (ovvero guardare dentro il famoso zainetto). “Questo necessita ovviamente che sia prima entrato in un conflitto con la legge dell’ordine, diritto inconfutabile e necessario per la sua crescita. Soltanto l’alternarsi tra l’infrazione e il riscatto porta al raggiungimento della forza dell’essere presente. Si tratta di un’integrazione ai fini sistemici che avvicina la persona alla completezza dell’ordine, principio fondamentale del suo funzionamento” (Hardy, 2008, p. 1-2).
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Il copione secondo Eric Berne Il copione è la ripetizione di un intero dramma transferale, cioè in esso si riproduce, in forma traslata, un “protocollo” inteso come “quel dramma familiare” che negli anni dell’infanzia per primo viene recitato per intero sino alla sua conclusione insoddisfacente. Si tratta classicamente di una versione arcaica del dramma di Edipo, rimossa negli anni successivi. Il Copione propriamente detto, a sua volta, non può essere statico perché deve confrontarsi ogni giorno con la vita reale. La persona è costretta, quindi, ad adattare il proprio copione alle situazioni e alle persone concrete con le quali si trova a dover interagire. “l’adattamento” è ciò che il paziente si sforza in effetti di recitare nella vita reale, manipolando la gente che gli sta intorno. Nella pratica clinica, protocollo, copione e adattamento sono compresi tutti e tre sotto il termine “copione” (Berne, 1971). L’esigenza di espandere il proprio bisogno di struttura (e di continuità della stessa), espressa dall’esistenza stessa dei tre stati dell’Io, è causa del formarsi, al fine di evitare il disagio determinato dal trovarsi a vivere dentro un tempo non pianificato, privo di senso e possibilità di controllo, di uno schema di vita destinato a pianificare periodi di tempo più lunghi (fino all’intera vita) che Berne chiama “copione”. Come l’attore che deve seguire lo schema di battute scritte da altri (dall’autore del dramma o della commedia), così la persona, anche nella sua vita adulta, si trova a seguire uno schema comportamentale pre-scritto nei primi anni di vita, da se stesso e dalle persone che per lui sono e sono state “importanti”. Un copione caratterizzato da meccanismi psicologici e comportamentali relativamente stabili i quali, secondo taluni schemi, limitati per numero di varianti (sei) e ritrovabili in svariate culture, riproducono una storia di vita con i relativi personaggi la trama ed il finale, lieto o tragico, già deciso.
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Le mie figure di riferimento maschile/i miei copioni...... Due eroi italiani e un bandito...bella accoppiata!!!!! Questa è stata l’esclamazione di Michel quando durante lo spettacolare seminario del maschile e femminile (esperienza fatta sui tetti del centro storico palermitano) mi venne rivolta la domanda: quali sono le tue figure di riferimento maschili? Apparentemente in antitesi... questi tre miei modelli di riferimento (nel mio sentire e nell’analisi empirica del ruolo del salvatore) hanno moltissimo in comune: l’impegno profuso per cercare di sconfiggere il potere mafioso nel sud; e la costruzione di una nuova identità collettiva di principi di legalità e di uguaglianza per i primi due, in Giuliano ritrovo lo stesso impegno al fine di spingere i poveri contadini siciliani a ribellarsi contro ingiustizie di stato e contro un sistema ancora feudale e di baronaggio che i latifondisti esercitavano in quegli anni. Per non parlare della loro morte... tutti e tre i casi vanno a costituire capisaldi dei nostri “misteri di Stato” con forti implicazioni tra Stato, mafia, movimenti deviati e intelligence. Salvatore Giuliano: dopo 60 anni è ancora giallo sulla morte. Le indagini del caso, riaperte dall’allora procuratore aggiunto Antonio Ingroia (nonché discepolo di Falcone e Borsellino) restano avvolte nel mistero. L’inchiesta mirava a svelare se dentro la bara seppellita nel 1950 nella necropoli di Montelepre ci fosse davvero Salvatore Giuliano o un suo sosia; infatti sono ancora in tanti a pensare che quello che è avvenuto 63 anni fa a Castelvetrano sia stata una messinscena L’esame del Dna sui resti di Giuliano, comparato con quello del nipote Giuseppe Sciortino, non avrebbe dato esiti certi. L’ipotesi, per molti scontata, è che in realtà si è voluto insabbiare tutto per non ammettere le responsabilità che lo stato ha avuto nella strage di “Portella della Ginestra”. Lo sapremo nell’anno 2016 quando scadrà il vincolo del ‘segreto di Stato’ sulla morte di Salvatore Giuliano. Ci sono due volumi custoditi al Ministero dell’Interno e altri documenti custoditi al ministero della Difesa che potranno essere desecretati solo nel 2016.
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Giovanni Falcone e Paolo Borsellino Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano coetanei: entrambi sono nati a Palermo, il primo nel 1939, il secondo nel 1940. Sono due giudici siciliani che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la mafia. Di loro si racconta infatti che quando erano ancora adolescenti giocavano a pallone nei quartieri popolari di Palermo e che fra i loro compagni di gioco c’erano probabilmente anche alcuni ragazzi che in futuro dovevano diventare uomini di “Cosa Nostra”. E forse proprio il fatto di essere siciliani, nati e cresciuti a contatto diretto con la realtà di quella regione, era la loro forza: Falcone e Borsellino infatti capivano perfettamente il mondo mafioso, capivano il senso dell’onore siciliano e capivano il linguaggio dei boss e dei malavitosi con cui dovevano parlare. Per questo sapevano dialogare con i “pentiti” di mafia, sapevano guadagnarsi la loro fiducia e perfino il loro rispetto. Ma il 23 maggio 1992 - con un attentato spettacolare - la macchina di Falcone viene fatta esplodere sull’autostrada che collega Palermo e Trapani: 500 chili di tritolo che tolgono la vita a Falcone, a sua moglie Francesca Morvillo e a tre agenti di scorta. Quando Falcone salta in aria, Paolo Borsellino capisce che non gli resterà troppo tempo. Lo dice chiaro: “Devo fare in fretta, perché adesso tocca a me”. Il 19 luglio dello stesso anno un’autobomba esplode sotto casa di sua madre mentre Paolo Borsellino sta andandola a trovare. Il magistrato muore con tutti gli uomini della scorta. Pochi giorni prima aveva dichiarato: Non sono né un eroe né un Kamikaze, ma una persona come tante altre. Temo la fine perché la vedo come una cosa misteriosa, non so quello che succederà nell’aldilà. Ma l’importante è che sia il coraggio a prendere il sopravvento... Se non fosse per il dolore di lasciare la mia famiglia, potrei anche morire sereno.
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Salvatore Giuliano il re di Montelepre Salvatore Giuliano è una figura controversa della storia del banditismo siciliano. Nato in una famiglia di umili condizioni economico-sociali in un piccolo paese nella provincia di Palermo, Montelepre, Giuliano nel 1943 venne
accusato
dell’uccisione
“di
un
carabiniere e da quel momento ebbe inizio la sua latitanza. Dopo aver collaborato con il Movimento Indipendentista Siciliano (M.I.S) ed
essere
Volontario
stato per
colonello
dell’Esercito
l’Indipendenza
Siciliana
(E.V.I.S.), Giuliano insieme alla sua banda venne dichiarato responsabile del massacro di Portella della Ginestra del 1° maggio 1947. In seguito a questa vicenda Giuliano perse l‟appoggio” di chi lo aveva precedentemente sostenuto. Il 5 luglio 1950 il suo corpo senza vita venne ritrovato nel cortile De Maria a Castelvetrano, da dove pare che il bandito si sarebbe dovuto imbarcare per gli Stati Uniti. Le circostanze della morte di Salvatore Giuliano non sono mai state chiarite (Renda, 2002). Salvatore Giuliano, colpevole annunciato C’era chi sapeva, chi progettava. La mafia, ma anche alcuni esponenti
delle
dell’ordine.
I
uccisero
in
forze carabinieri
un’imboscata
quattro uomini della banda di Fra’ Diavolo e fecero prigioniero quest’ultimo che, ferito, si arrese gridando: ‘Sono un confidente di Messana’. Ferreri, che si dichiarò ‘agente segreto’ venne portato in caserma ma, stando al rapporto, al seguito di una colluttazione il capitano Renato Giallombardo freddò ‘con due colpi alla fronte il delinquente’. Moriva così un possibile esecutore materiale della strage e soprattutto un ormai pericoloso collegamento con alcuni settori delle forze dell’ordine. Intanto Giuliano 23
negò pubblicamente ogni responsabilità per l’eccidio di Portella e minacciò di fare i nomi dei mandanti. A Viterbo il processo per la strage di Portella, in corso già dal 12 giugno, prese una nuova piega: l’attenzione si sposta su Gaspare Pisciotta, luogotenente di Giuliano. Evidentemente prima lusingato con false promesse e poi arrestato e messo sotto accusa per la strage, dichiarò: ‘avendolo io personalmente concordato con il ministro dell’Interno Mario Scelba, è stato da me ucciso Salvatore Giuliano’. Poco dopo fece i nomi dei politici mandanti della strage del 1° maggio 1947, i deputati monarchici Bernardo Mattarella, Tommaso Leone Marchesano e Gianfranco Alliata. L’ergastolo non fu per lui l’unica condanna: il 9 febbraio 1954 un caffè corretto alla stricnina lo ucciderà in una cella dell’Ucciardone. Aveva urlato nell’aula di corte d’assise: ‘Siamo un corpo solo, banditi, polizia e mafia, come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo’. Portella della ginestra Il piano di azione prevedeva una sparatoria in aria per catturare l’oratore e poi farlo giudicare dai convenuti. Purtroppo non poté prevedere che tra i suoi uomini vi fossero degli infiltrati della polizia e della mafia: Questi ultimi, nascosti a pochi metri dalle persone, anziché sparare in aria spararono sulla folla, uccidendo 11 persone e ferendone 27. Era evidentissimo che il delitto era anomalo. In nettissimo contrasto con gli ideali di un uomo che aveva lottato con il popolo e per il popolo. Ma questo orrendo delitto, di cui egli non fu responsabile, gli venne addebitato nonostante le sue innumerevoli giustificazioni. Per circa mezzo secolo la responsabilità venne attribuita a Giuliano ed ai suoi uomini. Recentemente, analizzando le perizie balistiche, i verbali di sopralluogo, le perizie necroscopiche, si è scoperto che i colpi che fecero le 11 vittime furono sparati dal basso, con armi beretta calibro 9, modello Thompson, che né Giuliano, né i suoi uomini, avevano in dotazione.
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Giuseppe interpreta Salvatore Giuliano Mi permetto, chiaramente dopo aver chiesto il dovuto permesso alla prof.ssa Donatella Salvà, di riportarvi un nostro scambio epistolare avvenuto proprio dopo il seminario dei “copioni personali” in cui la professoressa svolgeva il ruolo di osservatore, e a noi era stato chiesto di interpretare uno dei nostri copioni...
“Carissimo Giuseppe, ecco lo stralcio della tua interpretazione di Salvatore Giuliano. Se manca qualcosa è perché, data la velocità dello svolgersi della performance, non sono riuscita a scrivere tutto. Ma andrà sicuramente ad integrare sia quello che ricordi tu, sia il perché della scelta del personaggio e, soprattutto cosa di lui risuoni in te. Ti auguro una tranquilla Pasqua, momenti sereni con la tua famiglia e, soprattutto, di viverti giorno per giorno ogni momento della tua vita. Un abbraccio dei nostri!!! Donatella”
“Mia carissima ho provato un tuffo al cuore trovando la tua mail ...l’ho letta con avidità e il tuffo al cuore si è tramutato in un galoppo sfrenato......i tuoi rimandi sono potenti e mi fanno venire i brividi per la capacità che tu hai di scendere nel profondo...... grazie di esserci e grazie dei preziosi consigli che spesso mi sai dare.... anche solo con uno sguardo.....baci Giuseppe” “Grazie per le tue parole. Ci vediamo a Miracles ...e sarà un seminario ricchissimo di emozioni. Godiamoci intanto queste vacanze! Donatella”
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Rimando che il docente ci ha inviato... Si siede con fare sicuro, che cela però un certo imbarazzo, probabilmente imputabile al fatto di sapere di mettersi a nudo, non solo di fronte ad una platea, ma a se stesso. Viso serio e fiero, provato dal peso di una vita vissuta in solitudine, tra crimini e latitanza. Si nota, però, il fatto di avere agito con convinzione, nel bene e nel male, nei vari momenti della sua vita, ma di portare un grande dolore per il male provocato. “Nella mia vita sono stato molto altruista, ma sono pentito perché ho causato molto dolore. Sono vissuto nel primo dopoguerra, spesso sono stato isolato” Se fossi . ??? Se fossi una parte del corpo?
Il cuore
Se fossi un posto?
Una grotta
Se potessi rinascere ancora?
Sarei ricco.
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Attività svolta durante il seminario sui copioni personali Interpretazione dei copioni personali (psicodramma) Vi metto in situazione ....!!! Attraverso il gioco del “Se fosse...”, alle domande dei partecipanti (se fosse un film, se fosse un fiore, …) al protagonista che interpreta il personaggio scelto, questi risponde in modo da non far capire chi è ma al tempo stesso rappresentando i suoi aspetti emozionali e relazionali. Sala vuota, sedia al centro, il gruppo disposto in semicerchio... Consegna: in modalità sequenziale (e non random, questo ha un suo preciso perché), ognuno di noi, (senza dire assolutamente il nome del nostro personaggio), avrebbe preso posto sulla sedia e dopo aver chiuso gli occhi e fatto una serie di profondi respiri (connessione con se stessi) avrebbe brevemente e in maniera concisa dato voce al suo personaggio (monologo interiore), dopodiché avrebbe dovuto rispondere a dei “se fosse” rivolti dal gruppo, che in ultima istanza avrebbe provato ad indovinare il personaggio... ma anche in questa fase vieni chiamato a fare una scelta in base alle tue percezioni... chi ha interpretato ... decide di dare parola per la possibile identificazione del personaggio solo a due persone ... dopodiché il personaggio rimane, se non è stato ancora individuato dai prescelti ... celato nel mistero... Qualcuno inizia... e in base alla mia posizione... qualunque giochetto abbia fatto la mia mente, tentativi di auto boicottaggio, costruzione di una perfomance teatrale, che io sia pronto o no... arriva il mio turno. Mi alzo... mi seggo sulla sedia ... penso di avere un filo logico da seguire... chiudo gli occhi ... respiro ... mi connetto. Apro bocca e non so nemmeno quello che dico le mie parole mi risuonano strane quasi senza senso... rispondo ai se fosse... e improvvisamente mi sento imbarazzato... sudorazione, battito accelerato come se mi fossi ritrovato improvvisamente nudo. Il gruppo freme... hanno in molti intuito, io cerco i loro sguardi, ma quando i miei occhi incontrano quelli di “Lisa” il suo sguardo commosso, amorevole e sereno .... non ho dubbi... lei sa!!!!! P.s. molti personaggi quel giorno non furono svelati.
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Attività di Counseling su me stesso ... Solo col “senno di poi” mi rendo conto del perché ero così in trepidante attesa dal “ritorno” che aspettavo dall’osservatore... e per il solo fatto di aver ricevuto la mail... il mio cuore batteva all’impazzata... interpretare il personaggio significava fare uscire parti di me!!! “La gamma espressiva di questo ruolo è ampia e variegata...” ... “La particolarità, infatti, è che, nonostante alcune varianti potrebbero avere una valenza positiva, esse appartengono, ai fini dell’ordine, a una sua espressione deviata. In tal senso quello del Salvatore a tutti i costi, di colui che non può fare a meno di proteggere i deboli e maltrattati, della guida spirituale o dell’uomo d’onore con principi inoppugnabili, equivale ai fini empirici, a quello del tiranno, del boia o dell’integralista religioso” (Hardy, 2009, p. 146). Sentirsi portatore di atteggiamenti virtuosi ed eroici; Un maschile virtuoso e nobile; Il Senso dell’onore; Essere cavaliere senza macchia; Salvatore a tutti i costi; Robin Hood; Tendere a proteggere invece di sostenere; Sentirsi molto altruista... Quanto hanno in comune due eroi dell’antimafia e un bandito??? Tra di loro forse poco ...non so...!!! Ma con me tanto, soprattutto un riconoscimento profondo nella nostra ombra!!! Che si traduce nel sentire e vivere uno stato di identificazione e di fratellanza con personaggi che riportano gli stessi indicatori sistemici che fanno parte del mio stesso copione ovvero la stessa qualità di debito. La stessa ombra... “La nostra ombra è una risorsa, non un limite. Le infinite personalità racchiuse in noi sono la nostra ricchezza, non la nostra vergogna. Quando lo capiremo e lo accetteremo saremo finalmente liberi” (Vercelli e D’Albertas, 2013). “Il diavolo è una variante dell’archetipo dell’ombra, vale a dire quell’aspetto pericoloso, della parte oscura dell’uomo quando non è riconosciuta”. C. G. Jung.
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Il processo di counseling secondo l’analisi transazionale Secondo la teoria dell’A.T., il counseling, intende far conoscere al cliente degli aspetti strutturali della persona, cioè gli Stati dell’io. Se il cliente è consapevole dei suoi Stati dell’io, fondamentalmente il suo livello di ansia si abbassa, a favore di un aumento della sua consapevolezza nei confronti del disagio che gli procura un determinato comportamento. Gli assunti di base del counseling, secondo A.T. sono: ogni persona è OK, ha valore e dignità; ognuno possiede la capacità di pensare ed ha la responsabilità di decidere cosa fare e cosa volere nella vita; ognuno ha la capacità di decidere il proprio destino e queste decisioni possono essere cambiate, se lo si vuole. L’OKness è, in primo luogo, il punto di partenza nell’approccio alla persona che ci sta davanti, sia per quanto riguarda l’altro, che il counselor. Solo in un momento successivo diventa un obiettivo del lavoro, ovvero favorire nella persona il raggiungimento e il mantenimento della posizione di “doppio OK”. L’elemento che rende possibile questo è il dato esistenziale, fondante della persona, il “nucleo di fondo” che alimenta il desiderio di cambiamento e la potenzialità di operarlo, su cui si può far leva insieme. Per il counselor Analista Transazionale è fondamentale averlo riconosciuto in sé stesso nel proprio percorso di crescita ed è ciò che lo guida anche nell’approccio all’altro; fornire riconoscimenti alla persona ogni volta che emerge, gli consente inoltre di rendere efficaci gli interventi che opera, che altrimenti resterebbero pure tecniche; far leva sul desiderio e la potenzialità al cambiamento, anche quando inizialmente nascosti, rende possibile al counselor e al proprio cliente costruire insieme il “contratto”. All’inizio del percorso di consulenza, il counselor e il cliente si assumono la responsabilità di arrivare al tipo di cambiamento desiderato dal cliente stesso, mediante la stipulazione di un “contratto”. Cliente e counselor hanno un ruolo di parità ed è per questo motivo che quest’ultimo stimola il cliente ad apprendere i principi dell’A.T. Il counselor è accogliente, partecipa attivamente mediante l’ascolto e riscontra sempre le verbalizzazioni e i gesti del cliente. L’obiettivo, che il counselor avrà da raggiungere, è quello di svelare al cliente stesso i suoi “giochi” e il suo copione di vita, sia in senso strutturale, che transazionale e fargli conoscere come gli Stati dell’io interagiscono nel sociale. Il counselor per essere efficace, fa sia una diagnosi strutturale, che serve a stabilire quale stato dell’io, (avendo il potere decisionale) diventa esecutivo, cioè si fa una ricognizione della struttura dell’io dalla quale la decisione 29
comportamentale viene data: da A, da G o da B; sia una diagnosi funzionale, che consiste nell’individuare la natura di un comportamento (affettivo, normativo, logico, di adattamento emotivo). Usando entrambe le diagnosi, nel modo più corretto possibile, usando un determinato stato dell’io, quando interagisce con il cliente, può evitare “transazioni” che rinforzino il “copione” del soggetto, favorendo un opportuno cammino verso il cambiamento. Importante è che il counselor usi, dal punto di vista funzionale, con equilibrio e congruenza tutti i suoi stati dell’io: il Genitore del counselor ad esempio fornisce opinioni, permessi, protezione, incoraggiamento a sostegno; l’Adulto fornisce informazioni, probabilità e capacità di analisi; il Bambino fornisce creatività, la carica per l’espressione delle emozioni sane per soddisfare bisogni e necessità del cliente. Al momento della stipulazione del contratto di consulenza, che stabilisce gli scopi, le fasi e le condizioni del percorso di counseling è indispensabile, ad esempio che il “contratto” sia stipulato tra lo stato dell’io Adulto del counselor è lo stato dell’io Adulto del cliente. Il counselor adotta tecniche quali lo psicodramma, il role-playing, le immagini guidate, stimolando l’adozione di strategie transazionali diverse, facendo sperimentare al soggetto nuove decisioni e diversi modi di comportamento. Inoltre il counselor incoraggia il “disagio”, cioè rende palese al cliente i problemi che gli procura il suo copione di vita, incoraggia anche la “confusione”, cioè induce alla scoperta di nuove possibilità di comportamento mettendo in “confusione” le vecchie modalità relazionali. Un’altra tecnica usata è quella del “confronto con il cliente” quando si verificano cambiamenti del copione. Il dialogo interiore, invece può essere utilizzato anche adoperando tecniche mutuate dalla Gestalt, come la sedia vuota e le immagini guidate. L’A.T. prende in considerazione gli aspetti più nascosti del comportamento psicologico sociale. La conoscenza del funzionamento degli Stati dell’io, favoriscono quindi, un quadro esauriente per la comprensione del funzionamento personale è interpersonale (Salvà e Minutoli, 2014).
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Seconda parte Il salvatore secondo l’Analisi Transazionale In questa seconda parte vorrei affrontare la tematica del Salvatore considerando il punto di vista e gli studi attraverso i quali altri professionisti, scuole di pensiero, ricercatori e psicologi /psicanalisti hanno affrontato la medesima problematica. Principi di base dell’analisi transazionale L’Analisi Transazionale è una teoria psicologica, di facile comprensione ma estremamente acuta, relativa al pensiero, ai sentimenti e al comportamento delle persone e allo stesso tempo è un sistema efficace ed attuale di psicoterapia, di analisi socio-culturale, valida anche nel campo dell’educazione e delle organizzazioni, e di psichiatria sociale. Partendo dalla Psicoanalisi di Sigmund Freud, lo Psicologo Eric Berne comincia a studiare l’uomo nelle sue relazioni con gli altri, concentrandosi sulle comunicazioni e sugli scambi: le “transazioni” appunto. Gli stati dell’Io. Berne sviluppa così una Teoria della Personalità, utile a comprendere comportamenti, rapporti umani e comunicazioni, nonché un tipo di Psicoterapia basata sulla convinzione che i disturbi derivano da una disarmonia fra vari Stati dell’Io che, secondo Berne, sono: •
il Genitore, il modello e l’insieme di valori e norme imparati da bambini dai propri
genitori, dagli insegnanti e dagli adulti significativi; •
il Bambino, la parte spontanea, ingenua ed emotiva di noi stessi, capace di entusiasmarsi
e meravigliarsi, ma anche di provare paura; •
l’Adulto, la parte razionale che media fra gli altri due stati, esamina la realtà delle cose e
valuta i fatti (Moiso e Novellino, 1982).
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Questi stati si manifestano nelle transazioni e nelle varie situazioni che ci troviamo di fronte, nel nostro modo di comunicare e comportarci: parole, espressioni, tono della voce ecc. Ogni Stato dell’Io presenta tratti positivi e negativi, può rivelarsi efficace oppure dannoso per il nostro benessere in base alla situazione. L’A.T. è una corrente della psicologia umanistica-esistenziale (Maslow, Rogers, Perls, Allport) e in tal senso non corrisponde semplicemente alla concezione medica della guarigione da una malattia. Infatti, “la sofferenza psichica viene vista come un blocco di crescita del potenziale psicofisico dell’essere umano” (Novellino, 2003). Assunti Filosofici dell’Analisi Transazionale Ci sono alcuni presupposti filosofici che caratterizzano l’A.T. e che è importante considerare: - ogni individuo è ok (va bene così com’è): le persone sono uguali tra loro ed ognuna ha valore in quanto persona, indipendentemente dalla sua razza e dal suo contesto socioculturale; - ogni persona ha la capacità di pensare e di autodeterminarsi: ognuno può decidere che cosa fare della propria vita ed ha la capacità di crescere e di imparare qualunque esperienza abbia avuto anche negativa; - le decisioni prese possono essere modificate: ciascuna persona prende delle decisioni e ne è responsabile, ed è anche responsabile di cambiarle quando non sono più funzionali.
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Analisi Transazionale e modello decisionale La teoria dell’Analisi Transazionale è basata su un modello decisionale. Ciascuno di noi impara comportamenti specifici e decide un piano di vita nell’infanzia. Benché le nostre decisioni infantili siano fortemente influenzate dai genitori e da altre persone, siamo noi stessi che prendiamo queste decisioni nel modo peculiare di ogni persona. Dal momento che siamo noi ad aver deciso il nostro piano di vita, abbiamo anche il potere di cambiarlo, prendendo nuove decisioni in qualsiasi momento. Contrattualità dell’Analisi Transazionale La metodologia di intervento dell’A.T. si fonda sulla contrattualità: la relazione terapeutica è vista come un accordo tra terapeuta e cliente, i quali hanno una responsabilità congiunta nel lavorare per raggiungere gli obiettivi di terapia definiti in modo chiaro e specifico. “Il paziente viene quindi responsabilizzato dall’inizio a porsi come controparte attiva di un professionista il cui compito non è quello di risolvere i problemi del paziente, bensì quello di aiutare a comprendere come finora si è bloccato dal risolverli da solo” (Novellino, 1998). I contratti di terapia, attraverso i quali viene specificamente stabilita la meta della terapia, possono essere distinti in contratti di controllo sociale e contratti di autonomia. I contratti di controllo sociale (terapia breve) sono accordi di terapia tesi a risolvere un problema specifico e hanno come obiettivo un cambiamento comportamentale e il suo mantenimento nel tempo. Per contratti di autonomia (terapia che può richiedere anni) si intendono, invece, quei contratti in cui la meta della terapia non è solo un cambiamento comportamentale ma un cambiamento del copione della persona, per cui la terapia non è rivolta solo ad un sollievo dai sintomi, bensì alla ristrutturazione della personalità. Per spiegare questa differenza usiamo una metafora ideata da Berne: ciascun individuo nasce principe o principessa ed esperienze negative precoci convincono alcune persone ad essere ranocchi, da ciò deriva lo sviluppo della patologia. Gli obiettivi terapeutici possono essere due: il primo tende al miglioramento, ad un progresso che equivale ad uno star meglio come ranocchi; il secondo tende a curare, a guarire che significa togliersi la pelle del ranocchio e riprendere nuovamente lo sviluppo interrotto del principe o della principessa. 33
Triangolo drammatico di Karpman uno studio analitico transazionale Stephen Karpman (1968) che ha ideato questo mezzo, così si esprime: “Quando si fa l’analisi del dramma bastano tre ruoli a descrivere quella inversione emotiva che in realtà costituisce tutto il dramma. Tali ruoli di azione, in contrasto con i ruoli di identità di cui abbiamo parlato, sono il Persecutore, il Salvatore, la Vittima. L’azione drammatica ha inizio quando questi ruoli vengono stabiliti o previsti dal pubblico. Senza scambio di ruoli non c’è dramma… Il dramma è assai simile ai giochi transazionali, ma contiene un maggior numero di scambio per evento, e spesso una persona recita due o tre ruoli alla volta. Inoltre i giochi sono molto più semplici e lo scambio di ruolo è in essi più evidente. Per esempio, nel gioco “sto solo cercando di aiutarti” nel triangolo drammatico avviene una rotazione (quasi in senso orario) dei ruoli: la Vittima diventa Persecutore e il Salvatore diventa Vittima”. Il triangolo drammatico di Karpman teorizza che nelle relazioni anche se i membri sono due interpretano, però, tre ruoli diversi: il Salvatore, il Persecutore e la Vittima. La loro relazione è di reciprocità in quanto la presenza dell’uno implica giocoforza quella degli altri. Nella co-dipendenza uno dei due membri della relazione può assumere anche due ruoli diversi, contemporaneamente. “Tutto il mondo è un palcoscenico E tutti, uomini e donne non sono che attori. Hanno le loro entrate e le loro uscite; Ciascuno nella sua vita recita diverse parti.” Shakespeare La persona che si immedesima nel ruolo del Salvatore avverte la necessità di aiutare l’altro, anche se questi non ne ha effettivo bisogno.
Egli
ritiene
che
l’altro
sia
bisognoso del suo aiuto, mentre, invece, è lui che ha bisogno di sentirsi utile perché sono presenti sensi di colpa o insicurezza ed inferiorità. Il Salvatore si preoccupa soltanto 34
di sé e l’aiuto offerto agli altri gli serve per sentirsi accettato e amato dagli altri. Una persona che assume tale tipologia di comportamento non deve essere fermato, perché potrebbe sentirsi tradito e diventare un Persecutore, ma deve essere aiutato a valorizzare la sua persona piuttosto che le sue azioni, al fine di sentirsi riconosciuto ed amato dagli altri a prescindere dall’aiuto che può fornire loro. Tale tipologia di persona è attratto da chi soprattutto tende ad assumere il ruolo di Vittima, cioè da chi valuta sé e i suoi comportamenti sempre in modo negativo, con il conseguente atteggiamento di forte inferiorità nei confronti degli altri. Questi esercita una forte attrattiva sia nei confronti del Salvatore, dal quale riceve attenzioni esagerate e talvolta inutili, sentendosi così aiutato a risollevarsi dalla sue frustrazioni, sia nei confronti del Persecutore, il quale, criticandolo e maltrattandolo, lo convince sempre di più della sua inferiorità e delle sue insicurezze. La Vittima non deve essere assecondata nelle sue frustrazioni, cosa questa che giustificherebbe le sue paure inconsce, ma deve essere aiutata a valutare se stessa a prescindere dal giudizio degli altri e dall’aiuto che questi potrebbero offrirgli. Deve, inoltre, capire e convincersi che ha dentro sé tutto ciò che serve per cavarsela da sola. Per fare ciò deve essere spinta a provare concretamente le proprie azioni ed esperienze per modificare il rapporto negativo che ha con sé e con il mondo. È Persecutore, colui il quale nutre disperazione e rabbia che lo spingono ad assumere un atteggiamento punitivo e vendicativo nei confronti di tutti. Egli si considera realizzato se riesce a far giustizia, a prescindere dalle richieste e dai bisogni effettivi degli altri, e nasconde gioia e soddisfazione nel perseguitare gli altri dietro i suoi sentimenti di giustizia e di onestà. Per aiutare il Persecutore bisogna invitarlo ad assumere con sé e con gli altri atteggiamenti carichi di tenerezza, facendogli conoscere un differente modo di porsi nei confronti degli altri. La tenerezza è un sentimento che è utile a dosare nella giusta misura amore ed odio. Ognuno dei personaggi che assumono i diversi ruoli del triangolo drammatico pensano di agire in funzione del bene dell’altro, ma invece agiscono solo in funzione di ciò che è bene per sé stessi, cosa questa che porta ad incomprensioni e a rapporti patologici. Per ovviare a ciò l’individuo deve prendere consapevolezza del suo comportamento e dei bisogni inespressi sottesi ad esso; per fare ciò egli deve assumere un atteggiamento logico e razionale, al fine di chiedersi il perché dei suoi comportamenti e di quelli degli altri componenti. 35
Solo così egli potrà sostituire i comportamenti automatici con quelli dettati dal buon senso e dalla ragionevolezza. In una relazione disfunzionale di questo tipo ciascuno degli interlocutori deve innanzitutto chiedere all’altro che cosa si aspetta da lui per concordare insieme un percorso comune e per soddisfare attese che in altro modo rimarrebbero insoddisfatte. Il dialogo e la negoziazione sono necessari per fondare rapporti sani e costruttivi. “Chi non può ricordare il passato è condannato a ripeterlo”. G. Santayana
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Terza parte L’approccio empirico del prof. Michel Hardy... una metodologia inclusiva L’approccio empirico ponendo al centro del suo intervento “l’esperienza e il sentire”, fa vivere in prima persona le attività proposte, i “giochi” e ne fa sentire gli effetti sul proprio corpo e le conseguenti onde emozionali che ne scaturiscono. Questa tipologia di lavoro mi ha permesso di cogliere immediatamente la differenza che passa tra una formazione solamente teorica, e una formazione che pone al centro dell’intervento la persona nella sua interezza “mente-corpo-sensazioni-emozioni” ritengo che la formazione affrontata in questi tre anni sia stata molto valida perché inclusiva di varie tecniche e modalità di approccio che pongono come nucleo centrale il” cliente” e la modalità del fare e dello sperimentare che noi stessi abbiamo percorso in prima persona.
Risonanze con altre metodologie scientifiche e strategie di crescita personale La terapia centrata sul cliente sviluppata da Carl Rogers La terapia centrata sul cliente è una teoria psicologica sviluppata da Carl R. Rogers. Lo Psicologo americano sostituisce la parola “paziente” con quella di “cliente” allo scopo di sottolineare il ruolo attivo e autonomo della persona (Rogers, 1997). Compito del Terapeuta Rogersiano è calarsi nei panni della persona usando capacità di ascolto ed empatia, per instaurare un rapporto orizzontale e paritetico, che Rogers definisce “non direttivo”. Il Cliente, in questo clima fatto di fiducia, stima e accettazione incondizionata, si apre più facilmente. In questa relazione a due sicura, protetta e soprattutto priva di pregiudizi, la persona può abbandonare le sue resistenze, rivelarsi senza timori e trovare la forza di cambiare. Questa conquista permette di affrontare meglio anche le sfide future della vita.
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Analisi Bioenergetica Bioenergetica: la Psicoterapia corporea di Alexander Lowen il Corpo, il Grounding L’Analisi Bioenergetica è un metodo terapeutico che affonda le radici nella Psicoanalisi e affianca - al lavoro analitico tradizionale - il lavoro sul corpo e l’osservazione del suo linguaggio. Wilhelm Reich, Medico Psichiatra allievo di Freud, iniziò a sperimentare tecniche sul corpo capaci di risvegliare emozioni e sentimenti profondi. Alexander Lowen riprese il suo lavoro dando avvio allo sviluppo del concetto di Bioenergetica. Essa si basa sul presupposto che mente e corpo sono un’unità indivisibile e che il corpo è in grado di manifestare le nostre emozioni più nascoste, i nostri pensieri, la nostra mente. Se ci pensiamo in effetti un dolore emotivo può causare anche dolore fisico, debolezza fisica o una malattia psicosomatica che, a sua volta, può provocare sofferenza emotiva e agire negativamente sull’umore. Secondo questo approccio quindi le posture rigide del corpo, le tensioni muscolari ecc. sono spesso lo specchio di blocchi energetici e nodi emozionali, perciò diventa necessario lavorare sia sulla psiche (mente, anima) che sul corpo. Grounding Lowen introduce anche la tecnica del “Grounding”: esercizi per il radicamento al terreno e il bilanciamento del proprio corpo. Letteralmente Grounding significa “avere i piedi per terra” (ground), simbolicamente significa entrare in contatto con se stessi e con la realtà, ascoltare le proprie emozioni e i propri pensieri “qui e ora”. Questi esercizi permettono di trovare il proprio baricentro (all’altezza dell’addome ma anche simbolicamente), respirare meglio e sciogliere le tensioni del corpo. Sciogliendo blocchi muscolari e le rigidità, l’energia inizia a scorrere più liberamente e così si sciolgono anche i nodi emozionali profondi.
Gestalt (Terapia Gestaltica) L’obiettivo della psicoterapia della Gestalt è far sì che l’uomo giunga a superare la frammentarietà con cui percepisce se stesso e la realtà, e che tutte le parti della sua personalità trovino integrazione. Per favorire questo processo vengono utilizzate diverse tecniche: dal dialogo individuale ai “giochi” di gruppo, esercizi di finzione e messa in scena. Il paziente, durante la terapia, può conoscere e accettare le emozioni, comprendere i 38
problemi, esplorare le soluzioni, scoprire le sue risorse e le sue potenzialità inespresse, giungere alla completezza e all’autonomia. Per questo la Terapia della Gestalt, oltre che per la Psicoterapia individuale, è utilizzata anche nei percorsi di Crescita Personale.
Lo Psicodramma di Moreno Moreno scoprì che portando “sulla scena” come a teatro, il proprio dramma interiore (un dolore, un rapporto difficile o conflittuale), le persone riuscivano a tirare fuori la propria sofferenza, le emozioni e cose taciute, a volte perfino a se stessi. Il fatto di mettere in scena il proprio mondo interiore in un contesto protetto permette di fare un’esperienza positiva, in cui non solo ci si può liberare dal proprio dolore ma anche diventare consapevoli delle proprie risorse, della propria forza interiore e della propria inventiva. Il fatto di farlo insieme a un gruppo facilita il confronto e l’apertura verso gli altri. Lo Psicodramma offre la possibilità di “giocare” e mettersi in gioco, usare la fantasia ed “esplorare” la propria creatività.
Psicodramma Psicoanalitico Dopo Moreno lo Psicodramma è stato applicato in ambiti e modi differenti e ripreso da altri studiosi che ne hanno sviluppato e ampliato il metodo e le tecniche, fra questi ricordiamo i francesi Genie e Paul Lemoine, In generale lo Psicodramma trova applicazione in: Psicoterapia, Crescita Personale, scienze dell’educazione, formazione professionale, sotto forma di Psicodramma Classico, Psicoanalitico, Analitico, Drammaterapia, Playback theatre ecc.
Psicosomatica La Psicosomatica, deriva dal greco “psyche” (anima, soffio vitale) e “soma” (corpo). Nasce dal contributo del Medico e Psicoanalista tedesco Georg W. Groddeck, allievo di Sigmund Freud (1930). La Psicosomatica si fonda proprio sul presupposto che ogni cosa che il corpo sente o manifesta, ha un suo riflesso nella psiche, allo stesso modo ciò che “attraversa” la psiche ha una sua manifestazione sul corpo. Le due componenti sono indissolubili. Del resto la sede della psiche è il cervello, e il cervello non è altro che un organo, che produce ormoni, capaci di condizionare il nostro stato fisico e psicologico. 39
Lo possiamo riscontrare nel quotidiano: eventi stressanti e dolorosi a livello emotivo possono debilitare l’organismo e abbassare le difese immunitarie; una malattia può condizionare in modo negativo i nostri pensieri e le nostre emozioni. Allo stesso modo un’emozione positiva o un atteggiamento emotivo sereno possono favorire la salute fisica o il recupero da una malattia. Secondo la Psicosomatica quindi è importante mantenere l’armonia e l’equilibrio fra il corpo, la mente e le emozioni.
Training Autogeno Tecnica naturale anti-stress per gestire l’ansia, le emozioni e rilassarsi. Il Training Autogeno è una tecnica di rilassamento e di introspezione, sviluppata dallo Psichiatra e Neurologo J. Heinrich Schultz intorno al 1930. Secondo Schultz (1971) pensieri ed emozioni sono intimamente connessi con il corpo e si regolano secondo leggi precise, che chiama “leggi della vita” (bionomia). In base a queste l’uomo dovrebbe auto-realizzarsi, seguire i suoi bisogni e il suo personale progetto di vita, per vivere bene. Se ciò non accade può provare sofferenza, possono sorgere conflitti o problemi psicologici che bloccherebbero il suo naturale sviluppo. Equilibrio fra mente e corpo Con il Training Autogeno Schultz non intese solo creare una tecnica per rilassare il corpo e la mente, ma anche un metodo per permettere alle persone di riuscire a farlo anche da sole. Con questa tecnica la persona riesce a riequilibrare il suo assetto psico-fisico. Il termine Autogeno infatti significa che “si genera da sé”. Attraverso precisi esercizi, una persona acquisisce una tecnica che permette di modificare il suo modo di rispondere agli stimoli e alle emozioni, eliminare quelle negative per far spazio ad associazioni nuove, più funzionali al suo benessere. Gli esercizi si dividono in: “basilari” (per il rilassamento muscolare e per aumentare il flusso sanguigno) e “complementari”, (per stimolare la respirazione, il cuore, il plesso solare e la mente, per liberare dalle tensioni).
Psicoanalisi (Sigmund Freud) La cura delle parole Lo Psicoanalista austriaco rivoluzionò il metodo di affrontare i disturbi introducendo quella che allora chiamò: “la Cura delle parole”, grazie alla quale le persone riuscivano a parlare liberamente seguendo il flusso dei propri pensieri, senza censure. 40
Psicoanalisi: Io, Es, Super Io Un concetto fondamentale per la Psicoanalisi, espresso da Freud, è la suddivisione della psiche in tre parti, potremmo dire che la psiche è composta da: •
Io: la parte cosciente e consapevole di noi stessi, o meglio
la parte con cui identifichiamo noi stessi e che ci fa adeguare alla realtà; •
Es: la parte “primordiale”, inconscia e non consapevole che
è “governata” dagli istinti e dalle pulsioni; •
Super Io: la parte della mente che, in modo “automatico”,
governa i nostri impulsi e li censura, ad esempio facendoci vergognare o sentire in colpa, oppure dicendoci che “questo o quello” non si possono fare perché sono azioni da persone cattive, oppure sono cose maleducate o sconvenienti. Per arrivare a conoscere l’Es, oltre alla “cura delle parole”, Freud usava l’interpretazione dei sogni, ricchi di simboli e significati: la “via maestra verso l’inconscio”. In questo modo Freud ha elaborato la “Teoria dell’inconscio” e fondato un nuovo metodo terapeutico. Possiamo dire che la Psicoanalisi nasce come metodo di esplorazione della mente che, seguendo il flusso dei pensieri, senza censura, attraverso sogni e libere associazioni, fa sì che la persona possa superare il proprio problema, e generare quegli “anticorpi” che le permetteranno di non bloccarsi in futuro in altre problematiche simili.
Psicologia Analitica (Jung) Jung, la Psicologia del Profondo, l’individuazione, l’Inconscio collettivo e gli Archetipi Nell’impostazione junghiana anche il concetto di disturbo mentale acquista una dimensione particolare: incarna il simbolo di una trasformazione da effettuare. Non considerando il disturbo come “malattia”, Jung ritiene che non ci sia bisogno di una “cura”, così sostituisce il concetto di guarigione con quello di Individuazione, per lui fine ultimo dell’esistenza umana e della Psicoterapia. Jung, accanto all’inconscio individuale, ipotizza la presenza di un inconscio collettivo, un’eredità culturale, mitica e religiosa, fatta di immagini primordiali collettive e immutabili, gli Archetipi, che condizionano i modi di vivere e fare esperienza dell’uomo. 41
Per realizzare la sua autonomia rispetto a questi modelli collettivi, l’uomo deve affrontare un percorso spesso doloroso, un confronto con se stesso che coinvolge tutti gli opposti presenti in lui: l’aspetto di sé che mostra nel rispetto delle convenzioni sociali “Persona”, la parte che tiene nascosta, i suoi impulsi repressi in quanto inaccettabili o incompatibili con la parte conscia “Ombra”. L’uomo deve riconoscere gli atteggiamenti psicologici dominanti in lui “Archetipi”, i modelli collettivi ereditati che impediscono il suo adattamento e la sua realizzazione individuale. In sintesi il Processo di Individuazione può essere inteso come lo sviluppo della personalità individuale. Terapia Junghiana Il compito del Terapeuta Junghiano è accompagnare il paziente in questo percorso, per identificare il senso del suo malessere. Il Terapeuta si mette in gioco in prima persona, con empatia, per aiutare il paziente a trovare l’energia per individuarsi, e cioè confrontarsi con se stesso, rinnovare la sua vita e realizzare la propria autenticità. Potrà recuperare così ciò che aveva lasciato per strada per aderire alle esigenze collettive e non alle proprie.
Musicoterapia “Le motivazioni per le quali scelgo di porre un’attenzione particolare alla musicoterapia sono strettamente legate a vissuti esperienziali e formativi diversi che mi caratterizzano e vanno a costituire il mio bagaglio formativo”, che mi risuona sempre dentro, e mi fa porre particolare attenzione nella scelta di un brano musicale che va sostenere o diventa anche elemento principale sia delle attività di sperimentazione ... o anche a momenti puramente ludici che dedico alle mie bambine.... La Musica come Terapia, Riabilitazione, Rilassamento psicologico L’uso della musica a scopo “curativo” è molto antico e si perde nella storia dell’uomo. Se ne ha testimonianza sin dal Medioevo, dall’antica Grecia e ancora prima... Si tratta di una tecnica che utilizza il suono, il ritmo, l’ascolto passivo della musica e delle vibrazioni che produce nel corpo, l’ascolto attivo, il movimento e la produzione di musica. Suoni e musica riescono a coinvolgere la persona in più dimensioni, risvegliando il corpo, la mente, le 42
emozioni e i ricordi, stimolando tutti i sensi. La Musicoterapia rende più facile esprimere la propria creatività e i propri sentimenti e aiuta a entrare in relazione con se stessi e con gli altri. Questa condizione positiva favorisce il rilassamento, la motricità, la comunicazione, la socialità, per questo la Musicoterapia viene utilizzata in diversi campi, come ad esempio la Scuola, la Pedagogia, la Psicologia, la Psicoterapia e la Medicina, a livello paramedico, per la riabilitazione e la prevenzione di alcuni disturbi. Il campo di applicazione della Musicoterapia si sta comunque allargando grazie a ricerche e applicazioni in svariati campi, quindi si parla di una terapia di supporto in continuo progresso. La caratteristica fondamentale di tali interventi e in stretta correlazione con esperienze di didattica musicale che prevedono l’esercizio, lo sviluppo della creatività, l’uso del corpo, gli aspetti relazionali, interpersonali e di socializzazione. In questo senso si può dire che è implicito che un orientamento preventivo quanto una corretta educazione con la musica, per mezzo della musica, e non alla musica, contribuiscano alla strutturazione di una salda ed equilibrata personalità. In un approccio musicoterapico di matrice cognitivo-percettiva, la maggior parte del materiale operativo, è tratto direttamente dai metodi della pedagogia musicale. La musicoterapia piega in parte i metodi della pedagogia musicale ad esigenze riabilitative. Non si tratta quindi di esprimersi in termini oppositivi divergenti, occorre invece documentarsi per incrementare le basi da cui trarre gli spunti necessari per continuare a seguire il lavoro svolto dai pionieri della musicoterapia quali: Emile Jaques Dalcroze (18651950) considerato precursore della moderna didattica musicale, il nodo centrale e innovativo del suo pensiero è che il ritmo musicale non va considerato sotto l’aspetto teorico ed intellettuale o anche come fatto puramente percettivo, ma va “sperimentato” attraverso il proprio corpo, integrando l’informazione sensoriale con una risposta motoria; Edgar Willems (1890-1978) gran parte della ricerca e del suo lavoro si indirizza alla pedagogia musicale; egli sostiene che con l’aiuto di un materiale creato appositamente per lo sviluppo dell’orecchio, si può rendere la musica accessibile ad ogni essere umano creando un metodo con esercizi iniziali del ritmo basati sul battito cardiaco sulla frequenza respiratoria; Carl Orff (1895-1982) compositore tra i più noti del XX SECOLO fondò nel 1924 la “Gunter Shule”, una scuola di ginnastica-musica-danza fondata sui principi psicopedagogici di Dalcroze, nonché creatore dello “strumentario Orff” (strumenti di classi diverse ma 43
accomunati da un’estrema facilità di fruizione); Zoltan Kodaly (1882-1967) ideatore del metodo “corale pentatonico” fautore dei cori a cappella anche per bambini o persone con una non specifica formazione musicale, egli sostiene che cantando all’unisono non si impara correttamente l’intonazione perché le due voci non si correggono a vicenda. Grazie a questi musicisti e pedagogisti, è subentrata la stagione della sistematizzazione e della teorizzazione di dati scientifici che spiegassero le ragioni dei successi ottenuti per mezzo della musica e giustificassero l’utilizzo di particolari tecniche e procedure musicoterapeutiche. Ma mi piace sottolineare quanto tutto ciò sia un processo antico anzi antichissimo insito nell’essenza stessa dell’uomo. Nella storia dell’umanità la terapia musicale secondo Alvin J. (1981) si sarebbe già concretizzata ancora prima che il suono diventasse musica. Nell’immaginazione degli antichi” Veda “la musica nasce dalle nozze del suono col tempo, ed il suono è la sostanza primordiale del mondo e nel contempo l’unico mezzo di unione tra cielo e terra. Offrire un suono è fare il più alto sacrificio possibile. Il suono è terapia perché il grido è propiziatore e toglie l’ansia. Esiste anche nella cultura antica uno stretto rapporto tra suono e luce, tanto che i due concetti sono espressi in sanscrito da fonemi molto vicini “svara” e “svar”. Determinati canti erano, perciò, usati per facilitare ed ottenere la guarigione da certe malattie. Il loro fine era persuadere, adulare e talora di minacciare lo spirito maligno. Anche i Greci davano un potere magico sia alla musica che agli strumenti musicali, poiché ritenevano che ambedue fossero di origine divina. Il vocabolario musica risale al greco mousiké (da Musa), con cui si indicava, in origine, il complesso delle arti sacre alle Muse (poesia, musica, danza, ecc.). Aristotele stesso ci riferisce, già nel 400 a.C., che ascoltando la musica ci si rilassa; essa avrebbe cioè una funzione di normalizzazione dello stato affettivo. Galeno aveva scritto che “la melodia serve per calmare sedare l’animo inquieto”. Ancora oggi nella lingua spagnola la parola “canto” conserva la connessione storica con “pietra”: “encantar” significa pietrificate, cioè uccidere mediante il canto, è “desencantar” offrire un canto capace di ridare la vita al defunto. “La musica è forse l’esempio unico di ciò che avrebbe potuto essere-se non ci fosse stata l’invenzione del linguaggio, la formazione delle parole, l’analisi delle idee-la comunicazione dell’anima” M. Proust (La Prisonnière) 44
Arteterapia Psicoterapia attraverso l’arte: teatroterapia, danzaterapia, musicoterapia, pittura, scrittura L’arteterapia è una modalità di intervento che prevede l’uso di tecniche e attività espressive (disegno, pittura, teatro, danza, etc.) a scopo terapeutico e riabilitativo. Le forme creativoespressive sono impiegate come mezzi per contattare ed esprimere le parti vitali di se stessi che giocano un ruolo cruciale nello sviluppo psicologico, emotivo, affettivo e relazionale. Attraverso le tecniche arte-terapeutiche è possibile dare forma (immagine, colore, corpo, suono) alle esperienze interiori difficili da esprimere a parole o per le quali le parole non sono sufficienti o adeguate. Principali forme espressive impiegate in arteterapia: •
tecniche plastico-grafico-pittoriche (scultura, mosaico, disegno, pittura);
•
scrittura: questa viene impiegata in forma attiva, cioè le persone producono brani scritti
(come ad esempio nella writing therapy); oppure in forma passiva, in questo caso le persone leggono testi come poesie, narrativa, romanzi (biblioterapia). Attraverso la parola scritta o letta è possibile cominciare a far parlare e a comprendere il disagio; •
danza movimento terapia (biodanza, danzaterapia, danza movimento terapia, etc.): il
corpo viene attivamente coinvolto. Il movimento, con o senza musica, è finalizzato a sciogliere tensioni emotive-muscolari, a stimolare il contatto con il proprio corpo e le sensazioni ad esso legate (piacere, dolore, forza, debolezza); •
musicoterapia: i suoni e la musica sono utilizzati per promuovere il rilassamento fisico e
mentale e anche per favorire il contatto con le emozioni. La musica può essere impiegata sia in forma passiva (ascolto) sia in forma attiva (composizione di brani musicali); •
teatro terapia (psicodramma, teatro terapia, playback theatre, ecc.): in questa forma vi è la
“messa in scena” (drammatizzazione) di conflitti, vissuti, sentimenti ed emozioni allo scopo di poterli elaborare e superare; •
foto-video terapia: il “cinema” e la fotografia vengono impiegati per mettere su pellicola
e dare immagini, alle impressioni e alle esperienze. L’arteterapia è di aiuto a chi desidera migliorare vari aspetti di sé: conoscersi, capirsi, accettarsi, migliorare le proprie capacità comunicative, sviluppare e rafforzare la considerazione di se stessi e del proprio valore personale. In ambito psicoterapeutico (in 45
forma individuale o in gruppo), è possibile curare varie forme di disagio psichico, come ad esempio la depressione. Infine in ambito riabilitativo e di sostegno l’arteterapia aiuta a promuovere l’autonomia e la socializzazione in persone con disabilità fisiche (ad es. handicap), psichiatriche (ad es. schizofrenia, autismo), neurologiche (ad es. ictus o traumi cranici) o con demenza (ad es. Alzheimer, Parkinson) e ancora con persone colpite da tumore. L’arteterapia ha vari ambiti di applicazione e viene impiegata sia con adulti che con bambini.
La Danza dei Cinque Ritmi Ritrova te stesso La danza dei 5 Ritmi è una danza estatica, una meditazione in movimento, uno splendido linguaggio che ci consente di radicarci e connetterci con il nostro potere e le nostre potenzialità. Ideata da Gabrielle Roth musicista, autrice, ballerina, direttore d’orchestra, filosofa e artista che spazia dal mondo della musica alla danza trance, con un particolare interesse per lo sciamanesimo. È una danza in cui ci si muove con ogni parte del corpo, seguendo il proprio sentire. Per questo è adatta a tutti, non ci sono limiti né fisici, né d’età. Seguendo i 5 Ritmi si evocano e si entra in contatto con le fasi della vita (nascita, crescita, adolescenza, maturità, morte) e con i cinque tipi di energia che caratterizzano la vita degli esseri umani. I cinque ritmi “Fluire, Staccato, Caos, Lirico e Silenzio” corrispondono a cinque passi che riportano l’individuo al suo equilibrio interiore. Il
fluire
dell’energia
femminile
favorisce la connessione con la terra. Corrisponde alla fase della nascita. Con lo staccato si favorisce l’unione con il fuoco, il dirigere e il rafforzarsi con l’elemento maschile. Corrisponde alla fase della crescita. Nel Caos c’è il lasciarsi andare ed è la massima espressione della propria energia vitale. L’elemento è l’acqua e corrisponde alla fase dell’adolescenza. Nel Lirico la connessione è 46
con l’aria e i movimenti sono ancora liberi e selvaggi ma si fanno più leggeri, delicati, quasi senza peso. Corrisponde alla fase della maturità. Il Lirico stimola uno stato di trance nel quale è possibile addentrarsi nei misteri dell’essere. Il Silenzio è il momento del riposo e dell’immobilità. Corrisponde alla fase della morte. “I 5 Ritmi ci insegnano che la vita è energia in movimento, liberandoci da concetti rigidi riguardo persone, luoghi, oggetti o opinioni” (Gabrielle Roth). “La fiamma dello spirito risiede nella Danza” (Luciano di Samosata, 2° secolo D.C.)
Costellazioni Familiari “È più facile continuare a soffrire che cambiare” (Bert Hellinger). Spesso la nostra vita viene condizionata da destini e sentimenti che non sono veramente nostri, possono essere dovuti a grovigli sistemici familiari che vengono portati alla luce attraverso il processo delle Costellazioni. Le Costellazioni Familiari, messe a punto da Bert Hellinger, consentono di scoprire, portare alla luce e sciogliere “irretimenti” familiari che si trasmettono di generazione in generazione e che sono causa di malattie e disturbi psichici e fisici. Rappresentano dunque un valido contributo per affrontare varie problematiche, siano esse relazionali, professionali o legate a malattie. Il lavoro sistemico consente di prendere coscienza che scelte piccole e grandi, emozioni, pensieri che crediamo nostri sono invece spesso la risposta ai condizionamenti imposti dall’anima collettiva del sistema familiare di appartenenza. Compito del costellatore è favorire l’emersione di tali dinamiche inconsce, così che il cliente riconosca la realtà per ciò che è e si liberi degli irretimenti. Il grande punto di forza delle costellazioni sta nel fatto che, grazie a questo metodo, ciascuno può verificare col corpo e con l’anima le dinamiche in cui è invischiato, liberandosene e riprendendo in mano le redini della propria vita, bypassando la mente (la 47
mente mente, il corpo no!). Il processo di consapevolezza che ne consegue ha un enorme potere di guarigione, dando pace, serenità e una soluzione a problemi complessi e apparentemente insolubili. Le costellazioni familiari utilizzano tecniche e dinamiche già presenti nella spiritualità dei popoli tribali e in numerose filosofie tradizionali del pianeta. Attraverso il metodo delle Costellazioni Familiari possiamo allora rendere consapevoli certi processi destinati normalmente a restare e agire nell’oscurità e nello stesso tempo ristabilire il collegamento con le forze vitali delle origini, in accordo e all’unisono con gli “ordini dell’Amore” (Hellinger ten Hövel, 2004). “È necessario accettare la realtà per ciò che è, senza rammarico, senza desiderare che sia diversa. In questo modo anche gli avvenimenti più terribili si trasformano in pace e forza. Tutto ciò che rifiutiamo si impossessa di noi. Tutto ciò che rispettiamo e integriamo, ci lascia liberi.”
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Quarta parte Sperimentazione-progetto... Percorso di sperimentazione, incentrato sull’orientamento interpersonale. Denominazione dell’attività: “Modelli e tecniche di comunicazione” Finalità: “Attivare processo di consapevolezza dei personali ruoli comunicazionali” Destinatari: Il percorso ideato, è rivolto alle classi quinte dell’istituto dove presto servizio come docente di sostegno (sei in tutto), prevede un incontro di due ore per ogni classe, per un totale di 12 ore. Strumenti e mezzi: “Corpo proprio e dell’altro, un’aula spaziosa, uno stereo portatile in grado di riprodurre adeguatamente i brani proposti... la voglia di esserci, un certo grado di “presenza” e l’apertura del cuore”. Modalità di svolgimento: L’attività si svolgerà in assetto laboratoriale ed è prevista come tirocinio/ sperimentazione del percorso triennale della “Scuola di counseling empirico in ambito pedagogico relazionale”.
Cosa ho fatto? Come prima cosa, dopo una breve e reciproca presentazione, ho voluto stipulare un patto formativo raccontando brevemente del mio percorso di formazione, della necessità di mettermi in gioco e specificando che per loro questa attività avrebbe potuto fornire una visione diversa da quella abituale, rispetto ai loro ruoli comunicazionali. Visione spendibile opportunamente nella loro vita futura visto che si trovavano alla fine di un percorso quinquennale e che presto si sarebbero dovuti confrontare con il mondo del lavoro o comunque con un mondo più adulto. La risposta è stata assolutamente favorevole ed entusiastica. 49
Creazione del setting a noi dedicato! (creare una ritualità-darci importanza) - Abbiamo tolto dalla stanza banchi e sedie, in modo da creare una sala. - Abbiamo costruito al centro della stessa (rito del totem) un piccolo centro con nostri oggetti personali che potesse rappresentarci tutti (occhiali fermagli chiavi felpe ecc.) e acceso una candela gialla e profumata... (già erano piacevolmente sorpresi e soddisfatti da queste attenzioni che un professore stava loro dedicando). Prima attività: gustiamoci insieme un brano... (pongo l’accento di nuovo sul fatto che stanno per intraprendere una nuova fase della loro vita) Doppio ascolto del brano “Cambiamenti” di Vasco Rossi 1° ascolto (della mente): seduti in cerchio con in mano il testo da leggere. 2° ascolto (del cuore): li invito a posare i fogli, a chiudere gli occhi, a fare una serie di profondi atti respiratori e ... riparte il brano... alla fine li invito a restare ancora un po’ con gli occhi chiusi, altra serie de profondi respiri... e piano piano li invito a riaprire gli occhi e a incontrare lo sguardo di tutti. Mi sorprendo da solo a non riscontrare atti di resistenza o di auto-boicottaggio dell’attività (risate commenti inopportuni ecc); stato emozionale alto. Verbalizzazione Li invito a riportare una frase, una parola del brano che più hanno sentito dentro risuonare. Le più gettonate (in tutte le classi): cambiare vita è quasi impossibile; vivere bene o cercare di vivere; cambiare tutte le ragioni che ci hanno fatto fare gli errori; fare il meno male possibile e non essere il migliore; si può cambiare solo sé stessi... Condivisione libera. Principali tematiche emerse: ansia, demotivazione, paura del nuovo, curiosità e voglia di cambiamento. CAMBIA-MENTI (cfr. Appendice 1) Questo brano, è basato su un classico giro rock blues. Nel primo inciso svetta il lamento di un trombone, e sul finale vengono citate le marching band di New Orleans. Vasco lo 50
interpreta con ironia, aggiungendo quel personalissimo tocco di malinconia che caratterizza molte sue canzoni. Il titolo va letto come “cambia-la-mente” ed è chiaro fin dal primo ascolto che si tratta di una canzone molto ironica, e al tempo stesso feroce, che vuole offrire spunti per riflettere. Vasco prende spunto dalle piccole grandi abitudini del quotidiano per affrontare una volta ancora il tema esistenziale. Già, è proprio nel titolo il significato della canzone al di là del testo. Cambiamenti infatti è una sciarada. Cambia + Menti = Cambiamenti. Proprio questa sciarada ci da il senso del brano. Sostanzialmente Vasco dice che ci sono cambiamenti che si possono fare in maniera più o meno semplice ma solo cambiando “se stessi” cioè il proprio modo di pensare e quindi le nostre menti si possono fare grandi cose: “Si può cambiare solo se stessi, Sembra poco ma se ci riuscissi faresti la rivoluzione”.
Seconda attività: Gioco di ruolo/role playing (È funzionale per spezzare l’energia emozionale creata prima e per mettere in moto un po’ di giovialità). Lancio dell’attività: dico solo che dovranno interpretare alcuni ruoli e il fatto principale... Fatto Un giovane motociclista guida senza casco, viene fermato da un poliziotto per essere sanzionato, un passante interviene. Chiamo i primi tre volontari in disparte e faccio leggere loro in segreto la caratterizzazione dei personaggi Caratterizzazione dei personaggi Scenario 1 Poliziotto: autorevole ma paterno Motociclista: consapevole ma conciliante Passante: comprensivo e lucido Scenario 2 Poliziotto: autoritario e giudicante Motociclista: arrogante e sprezzante 51
Passante: invadente e pressante A turno tutti svolgono la piccola drammatizzazione alternando le caratterizzazioni... (se ne vedono proprio delle belle) ... il clima è gioviale e l’atmosfera rilassata e divertita. Alla fine delle turnazioni torniamo in cerchio e in maniera sequenziale tutti sono chiamati ad esprimere la loro preferenza, ovvero da quale personaggio si sono sentiti intimamente rappresentati. Io registro il dato. Abbiamo riso, applaudito ogni performance il clima è buono ci siamo mossi è girata parecchia energia... a questo punto propongo un’attività statica... Terza attività: Test Altruismo-egoismo (cfr. Appendice 2) Consegna: Distribuisco i test e chiedo di isolarsi nella classe, trovare un posto tutto per sé. Mi raccomando di segnare istintivamente e senza riflettere la prima risposta che sentono più vicina a loro stessi. Li invito a chiudere un momento gli occhi a fare una serie di profondi respiri e do il via. Alla fine raccolgo i test e li metto in una carpetta con il nome della classe. Quarta attività: Esercizio per scoprire la propria sequenza sensoriale (Cfr. Appendice 3) Piccola
verbalizzazione
sulla
contemporaneità
a
diversi
livelli
dell’atto
della
comunicazione: linguaggio del corpo, capacità espressiva e tipicità sensoriale. Aggiungo, inoltre, che il modo in cui comunichiamo parla di noi... delle nostre emozioni, del nostro passato, dei desideri che intendiamo realizzare e persino della nostra relazione con la vita. Ognuno di noi ha la propria sequenza sensoriale che mette in gioco nell’atto della comunicazione. Questa classificazione comprende: il gruppo del senso V (vedere), il gruppo del senso A (ascoltare) il gruppo del senso S (sentire). Prendere consapevolezza di questa nostra peculiarità fa la differenza, nel nostro modo di rapportarci alla realtà di comunicarla, ma anche rispetto alle nostre relazioni con gli altri (Colosimo, 2014). Questi alunni hanno già sentito parlare di verbale, non verbale e di comunicazione in generale... ma l’aver detto loro che esiste anche questo personale canale, averlo detto con amorevolezza, portando subito l’esempio della mia sequenza sensoriale e di come io avendone preso coscienza cerco di usarla a mio vantaggio... li ha molto incuriositi...
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Consegna: Dico loro che dopo aver risposto a sei semplici domande, scopriremo e sperimenteremo insieme la loro personale sequenza sensoriale... naturalmente per chi ha voglia di mettersi in gioco... Il primo volontario è un po’ imbarazzato, leggiamo la sua scheda e io lo sistemo davanti al gruppo e sistemo dietro di lui altri volontari che rappresentano la sua sequenza... chiediamo al gruppo se la riconoscono come corrispondente... e tutti concordano. Considerazione personale: Sempre e in tutte le classi qualche dubbio era espresso solo dal primo attore, cioè da colui che si metteva in gioco (non volersi riconoscere). Il gruppo è sempre stato coeso e non ha avuto esitazione nel riconoscere le caratteristiche del compagno che venivano fuori dall’esercizio. Quinta attività: Test sull’assertività (Cfr. Appendice 4) Anche la quarta attività è stata piuttosto movimentata e varia... passo quindi ad un altro test più breve del precedente (ma funzionale per la mia raccolta dati). Sempre con le raccomandazioni di prima, riguardanti l’immediatezza della risposta, riprendiamo uno spazio tutto nostro e ci connettiamo un po’ con noi stessi (atti respiratori) e poi via al test. Alla fine li raccolgo ....
Sesta attività: Attività di rispecchiamento a coppie Si sente un po’ di stanchezza, è arrivato il momento di far girare un po’ di energia e alzare il livello di coinvolgimento. Lancio un’attività di rispecchiamento a coppie... “Negli occhi dell’altro” (volutamente do questo titolo per creare subito “Pathos” ...). 1a fase Chiedo un’assunzione di coraggio e di responsabilità..., chiedo di formare delle coppie facendo però attenzione a non scegliere come interfaccia la nostra persona preferita... il nostro interlocutore privilegiato... la persona con la quale ho più confidenza ecc. (sto bene attento a non usare termini cha abbiano accezioni negative) e che ci sarebbe stata una comunicazione di qualcosa di personale... di profondo... che avremmo dovuto contattare la nostra anima... per una comunicazione sincera e generosa... per noi stessi e per il compagno. 53
2a fase Formatesi le coppie faccio decidere la divisione in A-B (a parla e b ascolta e relativa consegna di alternanza dei ruoli al suono del triangolo)... li invito a prendere una posizione nello spazio della stanza che possa creare isolamento dal resto dei partecipanti... li faccio accovacciare vicini uno di fronte all’altro (senza contatto fisico) chiedo loro di guardarsi reciprocamente negli occhi, senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi dell’altro... lo ripeto rimarcando “sempre, qualsiasi cosa succeda, a qualunque costo”... non distogliete mai lo sguardo... (lasciando intendere volutamente così che qualcosa sarebbe successo“prescrizione del sintomo”). 3a fase Pongo l’accento sul fatto che tutti ci saremmo ritrovati in uno spazio sicuro protetto... dove non esiste critica e giudizio... dove chi parla è assolutamente sicuro che non sarà mai interrotto... e che l’altro accoglierà con amore tutto il messaggio trasmesso. Li invito a chiudere un momento gli occhi a fare una serie di profondi respiri a connettersi con un livello emozionale più intimo... e do il via. Dopo il primo turno di rispecchiamento, li invito a ripetere l’esperienza, facendo prendere un contatto ancora più ravvicinato e prendendosi per mano (contatto fisico) ad ascoltare le differenze tra la prima esperienza e quella attuale ricordando ancora che tutta l’esperienza sarà priva di critica e giudizio sia verso se stessi che nei confronti della persona che ci fa da specchio... Tutta l’attività e sostenuta da un sottofondo musicale neutro... “suoni della natura” ... o che al limite può dare sensazioni di serenità e freschezza. Fortunatamente presi questa decisione, anche se inizialmente ero un po’ combattuto, perché quando riproposi la stessa attività all’interno del mio gruppo (attività prevista per i corsisti del terzo anno) con un sottofondo diverso, “Nick Cave ... Into my arms”, il livello emozionale che ne scaturì fu veramente molto alto... che andava benissimo per persone in percorso da tre anni, ma che sarebbe stato fuori luogo nel contesto della mia sperimentazione. Ritengo che il suddetto brano possegga una carica emozionale molto forte, che viene trasmessa interamente ai suoi ascoltatori, per sua struttura musicale, tonalità 54
(minore), timbro di voce del suo interprete (profondo e un po’ roco), per la capacità insita nella musica di suscitare emozioni e per tanto altro ancora. Condivisione finale del vissuto (modalità random e solo per chi lo desidera...). Alcuni non vogliono parlare... altri sono sorpresi di aver stabilito un contatto “forte” con un compagno alla quale non si sentivano particolarmente vicini... altri un po’ imbarazzati per quello che hanno vissuto e che sono stati capaci di suscitare nell’altro... ma tutti concordano che la seconda parte è stata più forte e significativa rispetto alla prima...
Ultima attività: Cerchio di chiusura e di ringraziamento Voglio ancora sfruttare le emozioni provate nel precedente “gioco” e chiedo loro di formare un cerchio con la consegna di guardarci reciprocamente negli occhi e salutarci con amorevolezza ringraziandoli tutti per la presenza dimostrata e li saluto augurando loro di spendersi al massimo delle loro energie per il raggiungimento dei loro sogni... perché solo in questa fase della loro vita potranno buttare le basi per essere un domani uomini e donne felici e realizzati... “buona vita”. Finalmente mi concedo il lusso di mettere il brano di Nick Cave... che svolge egregiamente il suo compito. P.S. mentre scrivo questa parte del mio lavoro recuperando ricordi e sensazioni provate non resisto dal concedermi l’ascolto del brano in questione e immagino, inoltre, di ascoltarlo insieme a voi nel momento del mio esame... e mi emoziono!
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Disegno della ricerca/Metodologia Nel mio disegno di ricerca, inizialmente mi sono arrovellato un po’ per trovare un nesso, un collegamento con la tematica che il maestro Hardy aveva individuato per me... ma proprio non riuscivo a trovare un collegamento con la problematica che stavo affrontando e il percorso di sperimentazione che mi accingevo a delineare... Poi improvvisamente l’illuminazione! Perché non provare a misurare nel campione che mi sarei trovato davanti questo tipo di “atteggiamento personale”??? Ho strutturato la sperimentazione in modo da ottenere informazioni sulla propensione individuale a: rivestire/identificarsi in relazioni di “altruismo” ... “d’aiuto”...“di supporto all’altro”...che potevano essere il campanello d’allarme per processi di identificazione (anche se parziali ) col “Salvatore”. Chiaramente non potevo presentarmi al gruppo dichiarando le mie segrete intenzioni... e così ho mescolato tra le attività incentrate sull’orientamento interpersonale i test di rilevamento statistici sopra descritti, presentandoli senza nessuna intestazione, o specifico titolo che potesse in qualche modo influenzarli. Il gruppo oggetto di studio è composto da 68 alunni di età compresa tra i 18 ed i 20 anni, composto, in maniera del tutto casuale ed inusuale, da un numero pari di ragazzi e ragazze. Questa casualità mi consente inoltre di dare un valore ai dati anche per distinzione di genere. I questionari da me somministrati sono stati due: il primo, “Test Altruismo-Egoismo”, voleva appunto indagare e capire come si spalmasse il campione su queste due posizioni così diverse tra loro, con la consapevolezza che questo test non aveva valore diagnostico e che il suo risultato era da intendersi come puramente indicativo. (Ma a me ha fornito un dato significativo). Possiamo immaginare egoismo ed altruismo come due estremi opposti. L’egoista è colui che pensa esclusivamente a se stesso, agendo in modo da ottenere un beneficio personale, spesso a scapito degli altri. L’egoismo puro si manifesta in una miriade di comportamenti di ogni genere, ma alla sua base c’è una mentalità estremamente opportunistica e autocentrica, la quale induce la persona a muoversi solo quando vi è la certezza che ne deriverà un tornaconto personale. Ma non è tutto qui purtroppo. L’egoismo può manifestarsi anche in maniera più subdola e nociva, avviene quando pur di ottenere un vantaggio personale si è disposti a calpestare le altre persone. L’egoismo può dunque 56
facilmente sfociare nell’invidia. All’estremo opposto abbiamo l’altruista puro, quello che si sente a proprio agio soltanto quando può fare del bene al prossimo. L’altruismo può giungere ad esasperazioni (sindrome del Salvatore) esattamente come la sua controparte. Questo accade quando una persona arriva a privarsi di cose importanti per donarle agli altri, e non necessariamente a persone effettivamente bisognose. Alla base di questa forma di altruismo non vi è una nobile motivazione, quella di aiutare il prossimo, ma piuttosto un sentimento di autopunizione, se non addirittura un desiderio di ricevere attenzioni e approvazione da parte degli altri. Il vero altruista non sente dunque la necessità di pubblicizzare i suoi gesti nobili, e soprattutto non compie tali gesti aspettandosi qualcosa in cambio. Come sempre, la moderazione è la soluzione migliore. Il test in questione è stato da me individuato sul sito www.nienteansia.it, sito di psicologia completamente dedicato ai temi dell’ansia e dello stress, che ha inoltre provveduto a fornirmi i risultati in termini percentuali dandomi questi indicatori: un livello sano di egoismo dovrebbe attestarsi attorno al 20-35%; valori più bassi fanno pensare ad un altruismo eccessivo e poco sincero, mentre valori superiori al 50% lasciano intravedere una forma di egoismo poco sana; valori superiori al 70% sono assolutamente inaccettabili. I suddetti risultati sono stati forniti anche in termine di livelli, esplicitando i seguenti indicatori: altruismo sfrenato, basso livello di egoismo, medio livello di egoismo, egoismo sopra la media, egoismo preoccupante, egoismo sopra la media. Il secondo questionario, “Test Assertività”, è stato da me ideato ed elaborato con relativa tabella di tabulazione dati, che mi ha fornito indicazioni sull’appartenenza ai diversi livelli di assertività: assertivo, poco assertivo e per niente assertivo. Il test, ha permesso di verificare il livello di assertività dei diversi soggetti, ossia l’importanza che viene attribuita alle proprie esigenze, ai propri diritti, bisogni e desideri, cercando di soddisfarli. Il perseguimento dei propri bisogni viene tuttavia realizzato senza ledere i diritti e le necessità degli altri. Oltre ai suddetti questionari, ho messo a punto un gioco di ruolo/role playing che svolgeva due funzioni principali, “identificazione e rispecchiamento”, con i seguenti ruoli: salvatore, vittima e carnefice. 57
Quindi alla fine mi ritrovo a misurare quanto un “Salvatore” è impegnato in atteggiamenti altruistici ... e quanto è disposto a piegarsi, anche se inconsciamente alla volontà altrui (assertività), o anche per contrapposizione quanto un “Carnefice” può essere egoista e non rispettare le idee altrui e arroccarsi nelle sue posizioni...
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Risultati sperimentazione/anche su me stesso Trasferimento da counselor a cliente In assoluto il dato più significativo, sia per quanto riguarda i ragazzi che le ragazze, anche solo dal punto di vista quantitativo (e che mi risuona di più), è l’identificazione col ruolo del “salvatore”, che chiede amore dando attenzioni interessate aspettandosi in cambio un amore di ritorno che non sempre arriva (Fig. 1).
Figura 1 - Distribuzione del campione per ruolo
L’analisi di queste informazioni da un punto di vista “empirico” mi parla di una diffusa mancanza di autostima e di un disperato bisogno d’amore o da una qualità d’amore insufficiente. Questo dato in mano ad insegnanti, educatori e operatori della formazione “consapevoli” potrebbe essere particolarmente significativo al fine di sviluppare interventi educativi mirati a valorizzare gli aspetti sociali e affettivi che farebbero assumere all’ambito pedagogico una valenza importante sul piano esistenziale e culturale. Essere stato vicino a questi ragazzi, aver sentito in maniera empatica le loro ansie e paure per il futuro, a volte anche il loro senso di inadeguatezza, mi ha fatto rivivere un mio antico dolore, che potrebbe anche essere l’origine delle mie insicurezze (aver ricevuto un tipo d’amore inadeguato). Aver assecondato le paure e le pressioni dei miei genitori, le loro esigenze di tranquillità e controllo... (invece che la spinta all’autonomia e alla fiducia... che ritengo sia il compito 59
primario di un genitore), ha creato in me certamente un senso di inadeguatezza, perché in qualche modo mi sono arreso alla loro volontà e non ho saputo o non ho voluto lottare fino in fondo, al fine di
realizzare un mio sogno... “essere un veterinario”. Con queste
considerazioni nella mente e nel cuore... mi congedo dal gruppo, augurando loro di spendersi al massimo delle loro energie per il raggiungimento dei loro sogni... perché solo in questa fase della loro vita potranno buttare le basi per essere un domani uomini e donne felici e realizzati... “buona vita”. Altro dato particolarmente rilevante è quello sulla distribuzione del campione per livello di egoismo, che in assoluto mi dice che 46 persone (pari al 68% campione) hanno un basso tasso di egoismo (Fig. 2); tra queste prevalgono le ragazze (Fig. 3).
Figura 2 - Distribuzione del campione per livelli di egoismo
Figura 3 - Distribuzione del campione per sesso 60
Quest’ultima informazione incrociata col dato di identificazione del ruolo mi dà una doppia corrispondenza: un’alta propensione a ricoprire atteggiamenti di “altruismo”, “d’aiuto”, “di supporto all’altro” soprattutto nelle persone che si identificano nel ruolo del “salvatore”, che io oggi riesco a leggere come bisogno di sentirsi valorizzati e presi in considerazione e con l’esigenza di ricevere attenzioni e amore (Fig. 4).
Figura 4 - Livello di egoismo per ruolo
Per quanto riguarda il test sull’assertività, è emerso che solo 8 persone sono “per niente assertive”, e sono per lo più ragazze (Figg. 5 e 6). I ragazzi tendono ad essere più assertivi; considerando questo risultato dal punto di vista dell’analisi empirica, trovo sia un’informazione significativa, in quanto conferma uno slancio maggiore ed indicativo di appartenenza alla forza Yang genuina che porta avanti con determinazione una progettualità che si muove verso la vita.
61
Figura 5 – Distribuzione del campione per livello di assertività
Figura 6 - Distribuzione del livello di assertività per sesso
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Conclusioni L’arte del kintsugi: la bellezza nel difetto Mi piace concludere recuperando l’immagine che ho inserito nella copertina della mia tesi che volutamente non ho voluto prima commentare ... perché trovo che
la
potenza
evocativa
e
simbolica che essa contiene abbia svolto il suo compito in maniera sottile ed efficace. L’antica
arte
giapponese
del
kintsugi, consiste nel riparare vasi e
stoviglie
di
ceramica
aggiungendo una vena di lacca dorata dove i frammenti si ricongiungono, evidenziando quello che non è più un difetto ma un nuovo, sorprendente, bellissimo tratto distintivo. Questa è un’antica pratica filosofica giapponese, con una forte carica simbolica, contenente una preziosa metafora della vita stessa. Ovvero mette in risalto il principio di “unicità e preziosità” di ogni individuo anche se ferito. Le lesioni rappresentano il nostro dolore che colmiamo con qualcosa di bello e prezioso, per cui le nostre ferite non si rimuovono ma diventano il nostro bagaglio la nostra esperienza, proprio come facciamo col nostro famoso “zainetto”. Ogni volta che guardiamo dentro il nostro zainetto e prendiamo consapevolezza di un dolore, di una quota di rabbia o altre parti del nostro debito non facciamo altro che (col prenderne atto) impreziosire questa o quella frattura. Attraversando la vita ci rompiamo molte volte, ci procuriamo diverse ferite nel corpo, nell’anima, nel cuore e nello spirito. Cosa si tende a fare? Nasconderle, incollarne bene i pezzi in modo da non rendere visibili a noi stessi e al mondo le nostre ferite. Perché quando siamo feriti ci sentiamo più deboli. Quello che accade in realtà è che proprio le nostre ferite sono le cose che c’insegnano a vivere e alla fine fanno di noi quello che siamo veramente. Noi siamo la somma di tutti gli eventi che ci sono capitati è la risposta che abbiamo dato a questi eventi. Io sono sicuro che questi tre anni di formazione hanno dato un valore aggiunto alla persona Giuseppe Costanzo, sento di essere una persona migliore, non 63
ho più paura delle mie ombre, anzi le vivo come una risorsa... L’ombra rende ognuno di noi unico e speciale, perché la nostra vera bellezza è nella nostra integrità, quindi anche nel nostro lato oscuro. Nell’ombra risiedono, spesso abbandonate, gran parte delle nostre risorse e della nostra energia. Il nostro lato oscuro è la nostra più grande opportunità di crescita e di trasformazione, ma, soprattutto, è la possibilità di tornare consapevolmente a noi stessi, alla nostra interezza. Tutto ciò che desideriamo che il mondo ci offra dobbiamo offrirlo prima a noi stessi. Se, dunque, voglio amore dagli altri dovrò prima amare me stesso, se voglio essere ascoltato dovrò prima ascoltarmi e così via. Dentro di noi ci sono tutte le risorse di cui abbiamo bisogno e ce ne sono in abbondanza: il nostro compito è cercarle lì, non altrove. Solo così potremo conquistare una reale forza interiore, una forza che non potrà esserci sottratta da nessuno perché indipendente dagli altri. Ognuno di noi ha il fervido desiderio di mostrarsi e di essere amato per ciò che è. Quando riusciamo a essere noi stessi e vediamo che le persone ci amano per ciò che siamo, senza più dover fingere di essere diversi, allora la nostra vita cambia e diventa molto più ricca e felice. Insieme al cuore, la mente torna indietro all’ultima condivisione che abbiamo avuto nel grande cerchio di “Miracles.” Noi partecipanti a questo seminario dobbiamo ritenerci fortunati, e non siamo neanche così pochi, la nostra missione è di inondare il mondo col nostro amore, producendo un effetto a cascata che potenzialmente potrebbe acquisire una forza dirompente.
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Bibliografia Alvin J. (1981), Terapia musicale. Dalle origini della musica alla musica come mezzo magico di guarigione alle moderne applicazioni della musica nel trattamento medico. Armando Editore. Roma. Berne E. (1971), Analisi transazionale. Astrolabio, Roma. Colosimo M. (2014), Modelli e tecniche di comunicazione. Palermo. Dalcroze J.E. (1986), Il ritmo, la musica e l’educazione. ERI, Torino. Eysenck, H. J., & Eysenck, M. W. (1987), Personality and individual differences. Plenum. Hardy M. (2008), La grammatica dell’essere. Il copione personale. I ruoli empirici. Vol. III. Libera Università di studi psicologici empirici, Rimini. Hardy M. (2009), La grammatica dell’essere. Le dinamiche di coppia. Vol. IV. Libera Università di studi psicologici empirici, Rimini. Hardy M. (2010), La grammatica dell’essere. Il codice Yang. Vol. VI. Libera Università di studi psicologici empirici, Rimini. Harris T.A. (2000), lo sono Ok, Tu Sei Ok. Rizzoli editore. Hellinger B. e ten Hövel G. (2004), Riconoscere ciò che è. La forza rivelatrice delle costellazioni familiari. Apogeo. Jung C.G. (1982), Gli archetipi dell'inconscio collettivo, Bollati Boringhieri, Torino. Karpman, S. (1968), Fairy tales and script drama analysis. Transactional Analysis Bulletin, 7(26), 39-43. Moiso C. e Novellino M. (1982), Stati dell’Io. Astrolabio ed., Roma. Novellino M. (1998), L’approccio clinico all’analisi transazionale. Epistemologia, metodologia e psicopatologia clinica. FrancoAngeli, Milano. Novellino, M. (2003). La sindrome dell'uomo mascherato. Milano: FrancoAngeli. Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un’attiva stimolazione allo sviluppo del bambino. Pro Civitatae Christiana, Assisi. Renda F. (2002), Salvatore Giuliano: una biografia storica. Sellerio, Palermo Rogers C. (1997), Terapia centrata sul cliente. La Nuova Italia, Firenze (prima edizione americana 1951) Salvà D. e Minutoli L. (2014), Punti di intersezione tra la pedagogia, la filosofia e il counseling. Palermo. Schultz J. H. (1971), Il training autogeno, Voll. I e II. Feltrinelli editore. Vercelli G. e D’Albertas G. (2013), Il potere nascosto dell’ombra, Anteprima Edizioni, Palermo www.nienteansia.it 65
Appendice 1. Cambia-menti Cambiare macchina è molto facile Cambiare donna un po’ più difficile Cambiare vita è quasi impossibile Cambiare tutte le abitudini Eliminare le meno utili E cambiare direzione Cambiare marca di sigarette O cercare perfino di smettere Non è poi così difficile È tenere a freno le "passioni" Non "farci prendere" dalle emozioni E "non indurci in tentazioni" Cambiare logica è molto facile Cambiare idea già un po’ più difficile Cambiare fede è quasi impossibile Cambiare tutte le ragioni Che ci hanno fatto fare gli errori Non sarebbe neanche naturale Cambiare opinione non è difficile Cambiare partito è molto facile Cambiare il mondo è quasi impossibile Si può cambiare solo se stessi Sembra poco ma se ci riuscissi Faresti la rivoluzione Vivere bene o cercare di vivere Fare il meno male possibile E non essere il migliore Non avere paura di perdere E pensare che sarà difficile Cavarsela da questa situazione
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Appendice 2. Test altruismo-egoismo Nome____________________________
Cognome ______________________ Classe______
1 - Secondo te può esistere una forma di egoismo positiva? No assolutamente, l’egoismo è sempre negativo Non credo, però non ci ho mai pensato attentamente Sì, a volte bisogna anche pensare a se stessi, ma senza esagerare L’egoismo è sempre positivo, aiuta a vivere meglio 2 - Rispetti maggiormente le persone che: Ti sono utili in qualche modo Potrebbero esserti di aiuto nei momenti di bisogno Mostrano a loro volta rispetto verso di te Rispetti tutti a prescindere 3 - Trovi che sia giusto aiutare chi è meno fortunato di te? Sì, dovrebbe essere un dovere per ogni essere umano Sì, ma è una scelta personale, non un obbligo Non del tutto; è giusto aiutare i cari, ma non si può aiutare tutto il mondo! No, è una cosa sciocca 4 - Hai mai danneggiato volontariamente qualche altra persona, anche sconosciuta, per ottenere un beneficio personale? No mai, piuttosto farei del male a me stesso! Non credo, ma forse è capitato senza che fosse nelle mie intenzioni Sì, ma è stato un caso eccezionale Sì, il mio benessere viene prima di quello degli altri 5 - Quando fai una promessa a qualcuno, cerchi poi di mantenerla a tutti i costi? Certo, altrimenti non ha senso promettere Di solito sì, ma può succedere che io cambi idea La mantengo se non mi costa troppa fatica e sacrificio La mantengo solo se è di qualche utilità anche per me 6 - Vai al centro commerciale in auto e l’unico posteggio libero si trova ad almeno 100 metri di distanza. Che fai? Parcheggio nel posto libero prima che venga occupato Continuo a muovermi finché non ne trovo un più vicino Parcheggio il più vicino possibile al centro commerciale anche se in divieto 7 - Che valore ha la sincerità per te? La sincerità non esiste! Dipende, a volte è meglio non dire la verità Ha un certo valore, anche se ci sono cose più importanti Ha un peso fondamentale 8 - È più importante guadagnare molto o essere persone oneste? Guadagnare il più possibile Guadagnare molto cercando, se possibile, di essere anche onesti 67
Essere onesti, ma non rinunciare al guadagno Essere onesti prima di tutto. I soldi vengono dopo 9 - Se vincessi una cospicua somma di denaro, come la useresti? Mi comprerei tutto quello che desidero! Comprerei delle cose che desidero e se avanzasse qualcosa la metterei da parte Penserei alle persone care e se avanzasse qualcosa la spenderei per me stesso Farei molta beneficenza e il resto lo userei per aiutare amici e parenti 10 - Quando hai la possibilità di demandare un lavoro noioso ad un’altra persona, come ti comporti? Le chiedo immediatamente di farlo al posto mio! Le spiego che nel frattempo io mi dedicherò a qualcos’altro e le demando il lavoro Mi sentirei in colpa a chiederle di farlo al posto mio, per cui evito di farlo Se il lavoro spetta a me è giusto che lo svolga io, anche se è noioso 11 - Quando una persona ti accusa ingiustamente, come reagisci? Mi arrabbio e passo alle parole pesanti Mi irrito e chiudo la conservazione per evitare che degeneri Ci rimango male ma cerco di spiegare le mie ragioni mantenendo la calma Non c’è motivo di prendersela: sorrido e con calma le spiego come stanno le cose 12 - Quando sta parlando un’altra persona, tu: Non le presti attenzione, ti distrai Non la ascolti, ti concentri sui tuoi pensieri Cerchi di prestarle attenzione anche se si tratta di discorsi noiosi La ascolti attentamente qualsiasi cosa dica 13 - Un amico ti chiede di fargli un favore che ti farebbe saltare i progetti per la serata. Come ti comporti? Inventi una scusa per evitare di fargli il favore Gli spieghi la tua situazione e gli fai capire che non puoi fargli il favore Trovi un compromesso per aiutarlo senza rinunciare del tutto ai tuoi progetti Accetti di fargli il favore senza esitare 14 - Nella vita si ottiene soltanto ciò che si da. Cosa ne pensi? Falso, io ottengo sempre più di quello che do Non è sempre vero, a volte si può ottenere più di quel che si da Vero, anche se a volte si vorrebbe ottenere più di quel che si da Verissimo, chi da molto riceve molto, chi da poco riceve poco 15 - Ricavi maggior piacere dal dare o dal ricevere? Dal ricevere, assolutamente Dal ricevere, ma amo anche dare Dal dare, ma è bello anche ricevere Dal dare, assolutamente
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Appendice 3. Esercizio per scoprire la propria sequenza sensoriale Nome__________________________
Cognome ______________________ Classe______
Qual è il modo in cui apprendi meglio? ________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________ Cosa percepisci per prima di una certa situazione o relazione? ________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________ Qual è il tuo modo preferito di rapportarti ad un nuovo amico? ________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________ Come scegli i vestiti che indossi? ________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________ Quali attività ti rilassano di più? ________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________ Cosa ti distrae di più se cerchi di concentrarti? ________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________
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Appendice 4. Test assertivitĂ Nome___________________________
Cognome ______________________ Classe______
1. Mantieni le tue opinioni quando: a) Sempre b) Pensi di essere facilmente condiviso c) Pensi di aver ragione 2. Hai un’opinione controcorrente: a) La moderi b) La affermi c) La cambi 3. Senti di avere torto: a) Ti ravvedi e ti scusi b) Ti arrocchi comunque nelle tue posizioni c) Fai finta di aver ragione 4. Senti di essere nel giusto ma sei comunque attaccato: a) Spieghi il tuo punto di vista b) Non senti nessuna ragione c) Cerchi di convincere l’altro 5. Cambi facilmente opinione quando: a) Vuoi essere accettato b) Non vuoi affrontare un conflitto c) Ti convincono del contrario 6. Ascolti le opinioni altrui quando: a) Non ne hai una tua b) Sempre c) Hai stima del tuo interlocutore 7. Ti attieni ad un ordine di un tuo superiore quando: a) Sempre b) Se lo ritieni giusto c) Se non ti crea alcun fastidio 8. Fai una scelta sbagliata: a) Ti ostini a perseguire il tuo scopo/obiettivo b) Cerchi di limitarne le conseguenze negative c) Fai dietrofront 9. Hai una mansione da svolgere ma non ne hai voglia: a) Prendi tempo b) Ti affretti a terminarla c) Non la esegui
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Griglia di tabulazione del test dell’assertività
1 2 3 4 5 6 7 8 9
ASSERTIVO A B A A C C A C B
POCO ASSERTIVO C A B C A A B B A
PER NIENTE ASSERTIVO B C C B B B C A C
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Appendice 5. Into My Arms, Nick Cave & the Bad Seeds Dall’album “The Boatman’s Call” del 1997 I don’t believe in an interventionist God But I know, darling, that you do But if I did I would kneel down and ask Him Not to intervene when it came to you Not to touch a hair on your head To leave you as you are And if He felt He had to direct you Then direct you into my arms
Non credo in un Dio interventista Ma so, cara, che tu ci credi Ma se ci credessi, mi inginocchierei e Gli chiederei Di non intervenire quando si tratta di te Di non toccarti neanche un capello Di lasciarti così come sei E se proprio Lui volesse condurti Allora che ti conducesse fra le mie braccia
Into my arms, O Lord Into my arms, O Lord Into my arms, O Lord Into my arms
Fra le mie braccia, O Signore Fra le mie braccia, O Signore Fra le mie braccia, O Signore Fra le mie braccia
And I don’t believe in the existence of angels But looking at you I wonder if that’s true But if I did I would summon them together And ask them to watch over you To each burn a candle for you To make bright and clear your path And to walk, like Christ, in grace and love And guide you into my arms
Non credo all’esistenza degli angeli Ma quando ti guardo penso invece che siano veri Se ci credessi li convocherei tutti insieme E chiederei loro di proteggerti E di accendere ognuno una candela per te Per renderti la strada luminosa e chiara E farti camminare, come Cristo, nella grazia e nell’amore E guidarti fra le mie braccia
Into my arms, O Lord Into my arms, O Lord Into my arms, O Lord Into my arms
Fra le mie braccia, O Signore Fra le mie braccia, O Signore Fra le mie braccia, O Signore Fra le mie braccia
And I believe in Love And I know that you do too And I believe in some kind of path That we can walk down, me and you So keep your candlew burning And make her journey bright and pure That she will keep returning Always and evermore
Credo nell’amore E so che anche tu ci credi Credo che esista una strada Lungo la quale potremmo incamminarci, tu ed io Perciò fate bruciare le vostre candele Per rendere il suo viaggio luminoso e puro Affinché lei torni ancora Sempre e per sempre
Into my arms, O Lord Into my arms, O Lord Into my arms, O Lord Into my arms
Fra le mie braccia, O Signore Fra le mie braccia, O Signore Fra le mie braccia, O Signore Fra le mie braccia
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