IL CAMPANILE DI SAN MARCO PORDENONE
UniversitĂ degli Studi di Udine
Dipartimento Politecnico di Ingegneria ed Architettura Corso di laurea in Scienze dell’Architettura L-17
TESI DI LAUREA
Restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
Relatore
Dott.Arch.Vittorio Foramitti
Anno Accademico 2015/16
Laureando
Federico Ceraolo
Sommario La tesi è strutturata in una parte di presentazione del territorio e delle vicende storiche riguardanti il Campanile di San Marco di Pordenone dalla sua costruzione fino Novecento, in una seconda parte in cui viene approfondito il tema della costruzione e del restauro della torre campanaria e dei suoi restauri ed in una terza parte dove vengono spiegati, tramite gli elaborati grafici, prospetti, piante, sezioni e decorazioni della cella campanaria, inoltre sono descritte le parti sostituite duranti i vari interventi.
"Può l'architettura essere poesia?" Carlo Scarpa,1976
INDICE
Parte terza
5. Conclusioni
Sommario
1. Introduzione
p.7
1.1 Obiettivi e risultati
p.7
1.2 Limiti
p.7
1.3 Metodologia
p.7 Parte prima
2. La città di Pordenone
p.8
2.1 Aspetti geologici della città
p.15
3. Vicende del Campanile
p.19
3.1 La Localizzazione
p.20
3.2 La Formazione
p.21
3.3 Le caratteristiche architettoniche
p.23
3.4 Il cambiamento durante i secoli
p.26
3.5 Il restauro del 1992
p.28
3.5.1 Lo studio del sistema fondale 3.5.2 Indagini storiche 3.5.3 Indagini visive e di rilievo 3.5.4 Interventi progettuali
p.28 p.29 p.31 p.31
3.6 Incontro con l'Ingegner Arturo Busetto
p.36
Parte seconda
4. Elaborati grafici 4.1 Tavola 1*
p.39
4.2 Tavola 2*
p.40
4.3 Tavola 3*
p.41
: Tavola ridotta in formato A3 da formato A1
*
p.38
Ringraziamenti Bibliografia
p.43
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
1. Introduzione 1.1 Obiettivi e risultati Gli obiettivi della tesi sono quelli di comprendere e di spiegare attraverso testi e rappresentazioni grafiche quali siano stati i restauri che il Campanile di San Marco di Pordenone ha subito da quando è stato eretto ad oggi. Con questo intento c’è anche la volontà di comprendere come è cambiato nel corso del tempo e se gli interventi che ha subito sono stati causa di cambiamenti di forma o di solo intervento atto a consolidare una struttura che ha attraversato diversi secoli sino a giungere a noi. La ricerca parte dalla geologica della Città ed in particolare della zona dove si erge il Campanile, ciò al fine di scoprire se eventuali interventi di rifondazione sono giustificati dal bisogno di sostenere una struttura di una certa mole a causa della cedevolezza del terreno sottostante la Costruzione. La tesi poi si sposta verso l’ambito storico per comprendere come ed in che modo si relaziona la struttura con la Città che lo ospita, inoltre verificando il suo trapasso storico si possono comprendere quali funzioni svolgesse e come venisse gestito ed amministrato. Inoltre la ricerca in ambito storico risulterà utile per la comprensione delle motivazioni di interventi di restauro che hanno cambiato la forma della Fabbrica. I risultati conseguiti da questa ricerca potranno essere utili per lo studio della Costruzione a livello storico architettonico e per la comprensione dello sviluppo della Città di Pordenone che ha tutt’oggi nel Campanile la sua costruzione più alta. La chiave di lettura e l’ambizione della tesi è la volontà di dimostrare che alcuni restauri hanno intaccato la forma della Struttura e dell'autenticità dei materiali rendendo di fatto molto difficile se non impossibile la comprensione di come sia cambiata durante il corso degli anni e mettendo in difficoltà chi dovrà intervenire per effettuare manutenzioni ordinarie o straordinarie. 1.2 Limiti Il Campanile è situato in una zona particolare della Città, infatti è collocato ai margini del centro storico in una zona di origine alto-medievale, per cui le costruzioni si addossano e rendono impossibile la visione ortogonale dei prospetti , inoltre l’accavallarsi di costruzioni rende molto difficile la distinzione, soprattutto nella parte bassa del campanile, di dove sia il termine reale delle costruzioni addossategli. 1.3 Metodologie La tesi è basata sull’analisi storica del Campanile di San Marco di Pordenone e del Duomo di San Marco di Pordenone, impostando la ricerca su documenti cartografici e testuali al fine di comprendere meglio le relazioni che intercorrono tra il Campanile e la Città di Pordenone. La metodologia storica di ricerca si basa sul metodo diacronico che permette di comprendere come la Costruzione sia sviluppata e trasformata anche in base alle relazioni socio-economiche e culturali della città.
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La città di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
2. La Città di Pordenone Pordenon è una castello, ne la Patria di Friul, di l’Imperador, in mezo di tuti lochi di la Signora nostra; et vi sta uno capitananio mandato per l’Imperador, à ducati 500 a l’anno , el qual habita nel castello ch’è molto forte; el Pordenon è bellissimo, pieno di caxe, con una strada molto larga, si intra per una porta e si ensse per l’altra; va in longo. È protetor San Marco; lì è uno podestà che dà raxon di li cittadini proprji di Pordenon, i qualli lo elexeno per lo suo conseio. À una bella chiesa di San Marco, et vi son furlani, niun todesco. Circonda uno mio; da una banda è il castello fortissimo; la porte si chiama Trivixana et quella di Friul, ovvero di sora et soto […] Quì in Pordenon è una bella loza et piaza. Fuora di la porta è un acqua chiamata Novicello la qual vien poco di sora di Cordenon, zoè 3 mia, et va a la Tisana […] et mazo mio lontan si può navigar, etc. Conclusive, questo castello di Pordenon è molto bello et chome udi’ dir da alcuni: Prato in Toschana, Basan in Vicentina, Coneian in Trivixana, Crema in Lombardia, Rovigo nel Polonese et Pordenon in patria di Friul1. Marin Sanudo, nel 1483, durante un viaggio attraverso i domini di terra ferma di Venezia, ebbe modo di descrivere così Pordenone nella sua minuziosa relazione. All'epoca Pordenone, che il patrizio Sanudo chiama 'castello', si presentava come una città a tutti gli effetti, infatti come emerge dalla descrizione era dotata di mura sia in entrata che in uscita, di un castello, di un luogo di culto riconosciuto dalla diocesi di Concordia e di un santo patrono a cui il suo luogo di culto era intitolato ovvero San Marco. Nel XV secolo Pordenone, era un nucleo demico dell'Italia Settentrionale e ancor di più del Friuli a tutti gli effetti, sia per densità di popolazione che per costruito. A confermare ciò anche Sanudo descrive la presenza di una bella chiesa di San Marco, il che conferma che la città era attiva ed aveva la sua identità economica e sociale ben delineata, tanto da potersi garantire una bella chiesa. (fig. 2.1)
Le origini di Pordenone sono strettamente legate alla presenza del fiume Noncello che è sempre stato navigabile e che ha garantito la possibilità, soprattutto nel XV secolo, di uno sviluppo economico legato alla mercanzia. Tuttavia ci sono resti archeologici di un abside poligonale risalente al III secolo d.C., presso Torre di Pordenone, borgo rurale collocato più a est rispetto a Pordenone, che attesterebbe la presenza di un vero e proprio centro insediativo che aveva il suo porto commerciale all'altezza dell'attuale Pordenone e la sua 'corte' nell'attuale Cordenons. La presenza di una corte e di un porto è sostenuta anche dal ritrovamento di una terma romana nei pressi del castello di Torre che indicherebbe proprio come il centro economico fosse il porto e la parte amministrativa rurale fosse la corte. Questo equilibrio di venne a spezzarsi quando iniziarono le scorribande degli Ungari tra la fine del IX secolo e la prima metà del successivo2. Un successivo smembramento dell'assetto romano ha portato a sviluppare la città in modo prevalente sul lato del porto tanto che nel 1282 diviene patrimonio personale dei Casa d'Austria rappresentando un'enclave dell'arciducato d'Austria nel territorio del patriarcato di Aquileia. L'interesse della comunità di Pordenone per la sua chiesa era diventato importante anche perché con l'ampliamento dei mercati portuali si erano venuti a formare nuovi insediamenti di entità minore come Torre, Valle Noncello e Villanova, che andavano a formare le prime diramazioni della città. La centralità del centro semiurbano di Pordenone venne riconosciuto dalla costruzione del Campanile di San Marco che andava così a confermare la posizione di centralità di Pordenone rispetto a tutto il territorio fuori delle mura.
fig. 2.2 veduta di pordenone, sec.XVII, Udine, Bibl. comunale ms. Joppi 208
fig. 2.1 Veduta moderna della Città , Archivio storico, comune di Pordenone.
1- San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. P.5 tratto da Itinerario di Marin Sanudo per la terraferma veneziana l'anno MCCCCLXXXIII, a cura di R. Brown, Padova 1847, 131.
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Dai modesti dati che si possono ricavare dalle documentazioni grafiche e da quelle testuali è verosimile considerare che Pordenone negli anni '60 e '70 del 1200 fosse ormai diventata una realtà territoriale con un microcosmo molto differenziato e comprendente nuclei di piccola nobiltà, professionisti, artigiani, armigeri, contadini ed indubbiamente commercianti di diverse tipologie di beni. La popolazione pordenonese iniziò a nutrire particolari esigenze dal punto di vista spirituale ed infatti il popolo cristiano pretese una legislazione comunale 2- San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. tratto da :Per una mesa a punto critica, con aggiornata bibliografia, cfr. A.A. SETTIA, Le incursioni saracene ed ungare, in Il medioevo, II, Popoli e paesi della collana La storia, a cura di N.Trafaglia - M.Firpo, Torino 1986, 287-306; per il Friuli in particolare: ID., Chiese e fortezze, 217-228.
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I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
ovvero il diretto patrocinio nei confronti del Duomo3. Nel 1347 fu così inaugurato il Campanile di San Marco che venne edificato accanto al Duomo. La volontà di gestione del bene simbolo della città è dettata dall'attaccamento della comunità ad un bene che è espressione di unità sociale-spirituale e politica. L'unità cittadina spinse Alberto d'Asburgo nel 1291 a riconoscere alla popolazione pordenonese un apposito statuto di diritti libertà e grazie4. Nel 1318 un memorabile incendio distrusse quasi a radere al suolo il duomo e portò ad un uso sistematico del laterizio al posto dei materiali lignei che avevano dimostrato ancora una volta la loro scarsa resistenza alle fiamme. Questa necessità di laterizio portò a lavorare a pieno regime le fornaci pordenonesi dal 1325 al 1328 e ciò spinse la volontà di poter ergere un campanile che si concluse nel 1347. L'anno successivo la struttura fu messa a dura prova in seguito ad un terremoto che fece crollare 4 grossi capitelli ed impegnò le autorità locali nei lavori di ricostruzione5.
La così detta crisi trecentesca non ha intaccato l'unità cittadina, anzi, è durante questo secolo che vengono a consolidarsi i capisaldi architettonici della città, infatti il villaggio di un tempo era ormai diventato una città a tutti gli effetti ed il duomo non poteva rimanere così come era ma aveva bisogno di essere arricchito in termini di arredi, dipinti e luminarie, così i provvedimenti di alcuni vescovi che concedettero l'indulgenza plenaria a tutti coloro i quali si fossero recati in pellegrinaggio a San Marco di Pordenone ha fatto si che il duomo potesse arricchirsi di tutti quegli ornamenti di cui aveva bisogno grazie alle forme più concrete degli aiuti dei fedeli come elemosine o lasciti di paramenti sacri.
fig 2.4 Bolla di indulgenza del patriarca di Aquileia alla chiesa di S. Marco di Pordenone,1397. Pordenone, Bibl. Comunale, Pergamene
fig 2.3 Gio. Maria Zaffoni detto Calderari incendio di sodoma e gomorra 1555 Chiesa della SS.ma Trinità
3- San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. tratto da :Per una mesa a punto critica, con aggiornata bibliografia, cfr. A.A. SETTIA, Le incursioni saracene ed ungare, in Il medioevo, II, Popoli e paesi della collana La storia, a cura di N.Trafaglia - M.Firpo, Torino 1986, 287-306; per il Friuli in particolare: ID., Chiese e fortezze, 499-534. 4-San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. tratto da Statuti di Pordenone , 31-36 5-San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. P.13
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Un fenomeno caratteristico del duomo di San Marco è legato alle usanze delle famiglie più ricche era quello appunto di scegliere come luogo di sepoltura il duomo stesso con la creazione di cappelle celebrative. Questo fenomeno seppur diffuso tra i nobili restò contenuto in quanto le somme di danaro erano molto ingenti, infatti quando le cappelle andavano estinte per assenza di familiari passavano in gestione alla comunità che doveva provvedere a far celebrare i riti per i defunti. Alla fine del medioevo il legame che si era instaurato tra il campanile, il duomo e la popolazione della città era profondo e quasi viscerale, inoltre era anche diventato il luogo dove scontare eventuali pene di detenzione che venivano afflitte. A livello istituzionale il podestà eleggeva un Consiglio di camerari che avevano il compito di vigilare sullo statuto della fabbrica e sulla sua amministrazione, inoltre a fine anno veniva stilato un resoconto dal cancel13
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
liere comunale che era finanziato dai camerai del podestà. La torre campanaria veniva utilizzata, a seconda della necessità come prigione per i facinorosi, come presidio della guardia civica armata e delle guardie del capitano. Emerge quindi che il luogo compreso tra il duomo ed il campanile era il vero e proprio centro spirituale e politico della città che aveva il suo centro economico sulle rive del Noncello. La crisi trecentesca, che non ha toccato Pordenone ed il suo punto nevralgico, ha portato un notevole sviluppo fino a quando non è iniziata, con il secolo successivo, l'invasione ed il dominio asburgico che ha portato sia i preti che i laici a chiedere clemenza e favori a Graz, città capitale del dominio asburgico. Inoltre dopo l'invasione austriaca è toccata quella turca che ha portato un ondata di pestilenza che è perdurata per tutti gli anni '80 del 400 riducendo sensibilmente la popolazione dentro e fuori dalle mura.
fig 2.7 Catasto Napoleonico, archivio di Stato di Udine. Il periodo napoleonico si estende fino al 1866, anno in cui il territorio pordenonese viene annesso al Regno d'Italia. Dopo l'annessione al Regno iniziano i primi processi di industrializzazione che vanno a modificare il territorio in modo significativo. Questo è il caso dell'introduzione dei servizi di collegamento, come la ferrovia (1855) che venne completata in epoca post-napoleonica, gli insediamenti industriali per i cotonifici, risalenti al 1840, la costruzione della centrale idroelettrica e la costruzione della strada che collega Pordenone ad Udine, ovvero la Pontebbana. fig 2.5prigione ricavata al pian terreno del campanile, Archivio storico, Comune di Pordenone
fig 2.6 vista del campanile
I periodo storico che da il là all'età moderna non è dei più felici per la città pordenonese ma nonostante moltissime vicissitudini rimane sotto lo stretto controllo dell'impero asburgico fino al 1514 anno in cui il Capitano Bartolomeo d'Aviano la riporta definitivamente sotto il controllo della Serenissima6. Nel 1537, a seguito della morte dell'ereditiero del Capitano, Pordenone e i territori limitrofi passarono sotto il diretto controllo della Repubblica di Venezia e vi rimasero per più di due secoli e mezzo. La Serenissima mantenne gli statuti della città e ne riconobbe i privilegi già acquisiti durante la signoria degli Asburgo; provvide inoltre a riattivare l'economia pordenonese realizzando un nuovo porto e potenziando le attività manifatturiere. Il dominio Veneziano portò un periodo di pace e questo coincise con diverse espansioni ed arricchimenti con dipinti e sculture del duomo e del campanile. Il periodo veneziano si concluse alla fine con la fine della Serenissima. Inizialmente il territorio venne ripreso dal dominio austriaco, ma poco dopo venne conquistato da Napoleone. 6 -San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. tratto da: Comune di Pordenone e Editore e direttore responsabile Andrea Caselli, Gli Statuti della Città di Pordenone 1291 - 1991, "Dall'aquila al leone", in Supplemento al n. 16 Giugno 1993 di Pordenone Oggi, Edizioni Il Prisma MONSELICE - PADOVA, 16 giugno 1993, p. 10.
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fig 2.8 Foto aerea di Pordenone ai primi del 1900, Archivio storico, Comune di Pordenone 15
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
2.1 Aspetti geologici della città
'La Bassa Pianura pordenonese, ovvero dove si insedia gran parte della città presenta alluvioni di materiale fine, prevalentemente con depositi di materiale sabbioso o limaccioso, alternate e decalcificate in superficie. Alcuni studi geofisici sulla base del Quaternario nella Pianura friulana riconoscono le unità rigide del basamento a circa 400-500 metri dal piano di campagna. Proprio la composizione varia della tipologia di terreni non permette un efficace studio della permeabilità delle acque, ma le conoscenze sull'immediato sottosuolo permettono di conoscere le caratteristiche delle litostratigrafie e delle geotecniche dei depositi superficiali. Quanto appena scritto permette una conoscenza solo superficiale dei valori di permeabilità. Il corso d'acqua principale della città di Pordenone è il fiume Noncello che ha come affluente il torrente Meduna. Il bacino imbrifero del Torrente Meduna ha un'estensione di 800 km2 e comprende i sottobacini dei torrenti Cellina, Colvera e Meduna. L'elevata piovosità della zona ha caratterizzato il bacino ed i forti dislivelli morfologici rendono il deflusso della acque molto rapido e le portate di piena molto elevate. Quando il fiume sbocca nella pianura porta con se una grossa quantità di detriti alluvionali, inoltre il fiume scorrendo nei detriti fa si che molta acqua si infiltri nel sottosuolo e che si vengano a smorzare le piene del fiume ed accentuando la quantità d'acqua presente nel terreno. Il Noncello è un fiume di risorgiva che nasce nel comune di Cordenons e va snodandosi verso il vicino comune di Pordenone lambendo il centro storico e dando così la possibilità di sviluppo portuale alla città. Nella valle pordenonese l'alveo del fiume si presenta tortuoso ed inciso, questo perché le scarse pendenze portano ad un accumulo di acqua e detriti maggiore rispetto ad una zona montuosa o che presenta dislivelli morfologici. Le piene del Noncello si esauriscono più velocemente di quelle del Meduna, infatti a questa consegue che le piene dei due corsi d'acqua non si accavallino quasi mai, anche se quando accade le piene del Meduna ostruiscano il deflusso di quelle del Noncello. Quando le due piene si intersecano si ha un esondazione del fiume nel punto che lambisce il centro storico. Nel corso dei secoli questo fenomeno ha provocato il dislivello presente tra il fiume e la localizzazione del campanile e del duomo8.'
'La città di Pordenone si insedia nella parte occidentale della pianura del Friuli Venezia Giulia e fa parte del bacino idrografico del Cellina-Meduna. I corsi d'acqua prima detti rivestono una grande importanza per la zona del pordenonese in quanto le piene hanno contribuito a rendere molto fertili le terre presenti nelle zone limitrofi e rappresentano tutt'oggi bacini di approvigionamento idrico per l'agricoltura locale. La forte presenza di questi due corsi d'acqua ha caratterizzato la morfologia della pianura dando una forte impronta erosiva prodotta dalle correnti torrentizzate dei corsi d'acqua che si originano alle falde della dorsale pedemontana. Il Cellina ha prodotto diversi terrazzamenti che sono riassumibili in tre: il più antico con un'altezza che raggiunge i 25 metri, di seguito, quello che non supera i 3 metri ed infine il più recente che non supera i cinque metri. I terrazzamenti del Cellina sono formati principalmente da conoidi, ovvero da strutture generate dai depositi dei corsi d'acqua che incidono il versante meridionale della pedemontana e del monte Cavallo7.'
fig 2.1.1 Carta geologica del Friuli Venezia Giulia 1:150.000,
fig 2.1.2 vista a volo d'uccello del fiume Noncello al margine del centro storico 8 -Relazione idrogeologica del Comune di Aviano, 2013.
7-Relazione idrogeologica del Comune di Aviano, 2013.
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I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
fig 2.1.3 Relazione geologica del Comune di Pordenone, Relazione idrogeologica del Comune di Pordenone, 2013 I corsi d'acqua secondari sono rappresentati dalle rogge, dai corsi di risorgiva minori e dai rii di drenaggio. La maggior parte di questo apparato idrico è artificiale ed è legato alle modifiche apportati ai corsi d'acqua naturali, queste necessità sono sorte soprattutto con l'avvento dei sistemi di irrigazione agricola moderni e per esigenze di edilizia urbana ed industriale, un esempio assolutamente celebre è quello del canale Amman che consentiva l'approvigionamento necessario alla centrale elettrica del cotonificio che sorse nell'800 nella città pordenonese. Le rogge ed i corsi d'acqua hanno uno sviluppo prevalente da Nord verso Sud ma la visibilità non c'è perché la maggior parte è stata interrata, intubata, ridotta o canalizzata. Le rogge più importanti sono la Remengola, la Cavallin, la Mai, la Codafora, la roggia dei Molini, la Vallona, la Bianca e la Musili. I rii di drenaggio hanno direzione di sviluppo essenzialmente da Nord-Est a Sud-Ovest ed assecondano la pendenza del terreno. Come le rogge anche i rii nel corso del tempo sono andati per essere interrati o canalizzati. Le risorgive sono sorgenti di origine naturale tipiche della zona delle pianure e sono legate all'emersione della falda. Nella pianura pordenonesi trova una fascia di risorgive che corre attraverso la parte settentrionale del centro urbano ad una quota compresa tra i 30 e 33 m.s.l.m., Nonostante ciò esistono risorgive a quote più basse, questo è il caso delle risorgive delle zone depresse nei dintorni del Noncello e del Lago della Burida. Proprio grazie alla presenza dei corsi d'acqua la Bassa Pianura pordenonese è caratterizzata dalla presenza di sedimenti fini, impermeabili e di sedimenti più o meno grossolani come ghiaie e sabbie. Questa composizione facilita la presenza di di un sistema a multifalda con più falde acquifere confinanti9.
fig 2.1.4 Tracce delle tre sezioni litologiche, da tavola del Comune di Pordenone I modelli litologici evidenziano la situazione della fascia intermedia della pianura pordenonese ed evidenziano cambi litologici granulometrici frequenti sia laterali che verticali. I cambi litologici consistono nell'aumento delle frazioni più fini in superficie ed in profondità. Il riquadro rosso evidenziano le zone soggette ad allagamenti ed inoltre evidenza allagamenti corrispondenti ad aree o fasce di variazione granulometrica più accentuata. Questi cambiamenti, in campo idrogeologico, significano una diminuzione della permeabilità dei sedimenti10
fig 2.1.5 Tracce C-C' delle sezioni litologiche, da tavola del Comune di Pordenone 9-Relazione idrogeologica del Comune di Pordenone, 2013.
10-Ibidem
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3. La localizzazione 3.1 La Localizzazione
Vicende del Campanile
Il duomo di San Marco è collocato nella città nella zona sud est della città medievale di Pordenone. La posizione marginale rispetto al centro più antico della città è dettato dal fatto che l'area dove si insedia è in cima ad un dislivello abbastanza consistente che permette alla costruzione di svettare ancora più in alto rispetto al resto della città. Inoltre, proprio la posizione altimetricamente privilegiata, ha da sempre fatto di questo un luogo ad uso sacro, infatti prima di ospitare il duomo ed il campanile, ospitava un antico luogo di sepoltura.
fig 3.1.1 Pianta dei piani terra della città murata di Pordenone, Archivio storico, Comune di Pordenone La posizione sopraelevata è da sempre considerata come privilegiata perché conferisce una certa sicurezza verso i rischi di allagamenti e di inondazioni dovute alla presenza di corsi d'acqua, come in questo caso. La posizione è vantaggiosa anche perché è vicina alle fortificazioni della città quindi rendeva ancora più sacra la zona. La scelta di voler collocare la zona più sacra in posizione privilegiata è propria di un modo di fare tipico delle zone, infatti questo è un dato che si ritrova anche negli insediamenti di Buttrio e di Vivaro.11 Arrivati a questo punto possiamo affermare che la primitiva chiesa di Pordenone fosse un edificio contornato da mura e con funzione di cimitero, ma nonostante la quasi sicurezza della destinazione d'uso siamo tutt'altro che certi della forma della primitiva chiesa e possiamo affermare con certezza solo la posizione che si può chiamare "marciana" e che corrisponde all'antica acropoli cimiteriale presente in cima al dislivello12 . Dopo una prima fase in cui il luogo delle celebrazioni e quello del campanile era lo stesso, si ha una separazione che fa si che la chiesa non abbia più una diretta corrispondenza con il campanile ma garantisce alla torre la possibilità di relazionarsi meglio con ciò che gli è immediatamente limitrofe. 11- San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. P.98 12-San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. P.99
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I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
3.2 La formazione
Il progetto di una nuova chiesa e di un nuovo campanile doveva essere legato alle esigenze di una città in espansione e che doveva rivendicare la propria autonomia in modo abbastanza forte e per fare ciò doveva impreziosire la propria area religioso-amministrativa seguendo un preciso modo di costruire, come appena descritto, ed un preciso modello di riferimento. Il principale modello di riferimento è il duomo di Udine, infatti la città dell'entro terra friulana era anch'essa della Repubblica Veneziana e stava vivendo un periodo di forte espansione economica e di fertilità architettonica.15 La volontà di trovare unitarietà dell'intero progetto duomo-campanile-loggia è ben delineata ed è evidente dalla contemporaneità delle costruzioni e dall'esame dei caratteri architettonici dei tre manufatti, c'è, però, un elemento nel duomo che può essere considerato quello che esplicita tutto ciò che è stato appena detto ed è il tiburio che si innalza tra navata principale e transetto, il quale è realizzato con mattoni di cotto ed ha delle decorazioni ad archetti pensili che sono ripresi sia nella costruzione del campanile sia in quella della loggia. Spiegando quelli che sono gli elementi inconfutabili del legame tra i tre progetti non possiamo non osservare come la posizione del campanile, posto tra la loggia ed il duomo sia curiosa. Infatti la pianta del campanile è di forma quadrata, ma non è parallela all'ingresso del duomo, bensì è ruotata di 45°, questo perché così la mole della costruzione potesse svettare ed essere percepita da qualsiasi angolazione la si vedesse. Proprio questa caratteristica rotazione unita all'unità di stile architettonico dei tre edifici conferisce un equilibrio all'intero di queste tre costruzioni che seppur abbiano funzioni, progetti e forme diverse vanno a formare quello che oggi è uno dei luoghi più suggestivi del panorama cittadino pordenonese.
Dovendo dare un punto di inizio della vicenda del campanile ho scelto di far iniziare le vicende legate alla costruzione alla fine del XIII secolo, ovvero quando il campanile è stato ultimato nella posizione dove tutt'ora è collocato, questa scelta è legata a caratteri di ricerca in quanto il materiale che testimonia la fase precedente a questa del campanile è molto complesso da reperire e non fornisce informazioni abbastanza soddisfacenti in ambito architettonico riguardo i materiali e gli usi di quella costruzione che tra le altre cose non è che il lontanissimo antenato di quella che ho preso in analisi. La data da cui ha inizio la vicenda del campanile è il 1347, ovvero quando viene ultimata la sua costruzione la quale era iniziata nel 1291, ovvero quando Pordenone ottenne un apposito statuto di diritti libertà e grazie13. Prendendo in considerazione il campanile di San Marco è impossibile non considerare anche i legami che ha con il duomo e con il comune poiché il suo corso è indubbiamente legato a funzioni sia civili (carcere) che religiose (campanile) ed inoltre le costruzioni sono sostanzialmente coeve ed è proprio la costruzione a torre che rappresenta il fulcro ed il punto di incontro tra la vita politica e quella religiosa, sia, come prima detto, in ambito pratico, che in ambito architettonico, infatti possiede il metodo costruttivo e decorativo di ambo due le strutture. L'impianto architettonico è fortemente legato al modo di fare alla francese, con l'uso degli archi a sesto acuto e la predominanza degli accenti verticali sulla struttura, anche se queste caratteristiche non tolgono i caratteri che contraddistinguono le città di denominazione veneziana , come lo era Pordenone. L'uso del cotto come materiale principe che esprime forme e decorazioni legate ai materiali lapidei è sintomo di gusto "lombardo". Questa affermazione è supportata dalla presenza già nel XIII secolo d.C. dalla presenza di banchieri e quindi non è da escludere anche la presenza di mano d'opera. 14
fig 3.2.1 Loggia comunale e campanile del Duomo di San Marco 13- Vedi nota 4 10-San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. P.111
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fig 3.2.2 Duomo e campanile, veduta da est, Archivio personale Ing.Busetto 15--San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. P.132
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I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
3.3 Le caratteristiche architettoniche
La prima parte del campanile, ovvero quella che spicca fino a prima delle decorazioni della cella campanaria presenta tre lesene con doppia ghiera che terminano con degli archi a tutto sesto, questo motivo decorativo viene ripreso nelle cappelle laterali del transetto e del tiburio del duomo. Al di sopra della parte con le lesine a doppia ghiera la canna continua per un breve tratto liscia senza nemmeno la presenza di finestrelle trilobate. Questo piccolo spazio liscio in realtà è molto importante ai fini statici poiché permette di irrigidire la struttura prima di svasare in modo simmetrico.
Oggi il campanile si presenta come un edificio a pianta quadrata di 7,30 metri per lato e con uno spessore della muratura in mattoni che varia da 1,45 a 1,70 metri. La struttura si sviluppa in altezza con un altezza di 45,50 metri di altezza fino alla cella campanaria. Da qui si innestano 5,95 metri di prisma a base ottagonale sormontato da 19,95 metri di cuspide che chiude la costruzione interamente in laterizio di cotto16.
fig 3.3.1 Fotoradrizzamento con altezze del campanile Alla base della torre è collocato un locale con accesso dall'esterno, è lo spazio occupato dalla cella, questo carattere contribuisce a definire il campanile come luogo civile e religioso. La rampa di accesso al campanile è collocata nella zona sud-est e le scale che conducono alla cella campanaria sono disposte secondo un orientamento sud-est e nord-ovest, ovvero salgono seguendo il perimetro interno del campanile. Le finestrelle trilobate collocate in modo sfalsato sui prospetti consentono un illuminazione sufficiente anche se di piccole dimensioni, Questo perché sono strombate verso l'interno e questo accorgimento consente di diffondere la luce. Il materiale da costruzione utilizzato è il mattone di cotto eccenzion fatta per le colonne binate della cella campanaria che invece sono di materiale lapideo. Le scale esterne sono di materiale lapideo, mentre quelle interne sono di legno.
16-San Marco di Pordenone, a cura di Paolo, Rilievo (indiretto) della fabbrica del Duomo, Uberto Trame. Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993.
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fig 3.3.2 lesene sulla canna del campanile e sul duomo Al di sopra dei corsi privi di decorazioni il campanile si adorna di eleganti decorazioni in cotto che rendono la cella campanaria un tripudio di decorazioni geometriche regolari. Inoltre la cosa piuttosto insolita è che il volume del campanile, proprio nel punto dove sulle murature grava anche il peso delle campane, si allarga in modo impercettibile ma continuo per fasce orizzontali. Il complesso delle decorazioni della cella campanaria è unico nel suo genere ed anche nel panorama veneto orientale ed è così costituito: "prima un corso di mattoni disposto in diagonale, poi una fascia di laterizi con disegno a stella, un intervallo, una cornice, un ulteriore fascia di laterizi posti in diagonale e, dopo una pausa nella decorazione, una teoria di archetti pensili trilobi inflessi segna un secondo aggetto nella muratura. Al di sopra esili colonnine in cotto sostengono semplici capitelli sui quali si imposta una seconda teoria di archetti trilobi inflessi a segnare un ulteriore aggetto nella muratura. Salendo ancora, altre fasce di di mattoni ed un motivo a treccia segnano il volume fino ad arrivare ad un ad una teoria di archetti pensili a tutto sesto incrociati con sovrapposta una riga di mattoni in diagonale, poco al di 25
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
spora della quale si imposta la trifora caratterizzata da archi a tutto sesto con triplice ghiera. Una seconda riga di mattoni in diagonale interrompe il vuoto e con la semplicità della zona corrispondente alla cella campanaria ne segna impercettibilmente il volume. La canna termina con archi semplici a tutto sesto incrociati simili a quelli sottostanti e con una cornice modanata. Il manufatto continua con un dado ottagonale i cui lati sono solcati da arcate cieche a tutto sesto che riprendono il disegno delle lesene della canna quadrata. Questo volume termina con una cornice dentellata al di sopra della quale si imposta l'alta piramide ottagonale che conclude l'edificio.17"
3.4 Il cambiamento durante i secoli
fig 3.4.1 Veduta del duomo e del campanile della SS.ma Trinità
fig 3.3.3 Decorazioni della cella campanaria
17-San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. P.160-161
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I cambiamenti più grossi, a livello di forma, si sono avuti a causa di restauri architettonici condotti a partire dal 1562 e con i quali vengono apportate sostituzioni parziali o totali di parti di edificio, decorazioni o di elementi serventi come ad esempio le scale interne.18 I restauri condotti fino alla prima metà dell'800 non badavano alla conservazione dell'oggetto architettonico, bensì avevano come unico scopo la prosecuzione dell'oggetto del tempo con l'apporto di migliorie strutturali e decorative. Questo modus facendi ha portato alla perdita di dati e materiali, inoltre il riconoscimento e la datazione di alcuni elementi è approssimativa o impossibile a causa della mancanza di fonti o proprio a causa della mancanza del materiale in questione. Il campanile di San Marco di Pordenone ha subito questa serie di processi evolutivi che ci hanno consegnato un manufatto, sicuramente interessate dal punto di vista architettonico e storico, che ha però la sua originalità nella sua storia e non nei suoi materiali in quanto anche gli ultimi restauri degli anni novanta del novecento hanno portato alla sostituzione di elementi del paramento murario ed il reintegro senza il criterio della distinguibilità. I primi lavori accertati dai verbali del Consiglio Comunale si hanno a partire dal 1562, anno in cui vengono sostituiti gli elementi lignei dell'edificio e vengono rafforzate le strutture murarie. Da li a poco iniziano dei lavori consistenti sulla cuspide e sulle facciate di nord-ovest e di nord-est (1584-1598). Nel 1626 e nel 1635 viene restaurata nuovamente la cuspide poiché colpita da fulmini ed è possibile che durante questi lavori sia stato costruito il dado ottagonale alla base della cuspide prima mancante19. Come appena analizzato il campanile nel corso di tre secoli ha già subito diversi interventi e cambiamenti di forma come l'aggiunta del dado ottagonale alla base della cuspide e ciò a confermare che l'oggetto architettonico che oggi vediamo è frutto di un processo di aggiunte lento e che si è formato gradualmente con cambiamenti ed evoluzioni che rendono difficile datare in modo assoluto la costruzione.
fig 3.4.2 Veduta del duomo e del campanile XVII sec., Da Benedetti, L'iconografia di Pordenone, Pordenone 1961
18-San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. P.171 19-Ibidem
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I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
Il 1692 è la volta del restauro delle colonne binate della cella campanaria. Durante il 1700 diversi fulmini colpiscono il campanile e si registrano numerosi restauri a causa di questi, soprattutto nella parte della cuspide e del dado ( 1710,1724,1733,1737) fino ad arrivare ad una data importante per la costruzione perché nel 1771 c'è la volontà di apportare un restauro complessivo della struttura, purtroppo i verbali delle sedute comunali non specificano su cosa si sia intervenuto e con quali materiali e tecniche, però specifica che l'intervento è avvenuto, ancora una volta, sulla cuspide del dado ottagonale, sul solaio della cella campanarie e sul castello ligneo delle campane. Nel 1790 si pone fine al problema dei fulmini poiché si pone un parafulmini.
3.5 Il restauro del 1992 L'ultimo restauro subito dal campanile di San Marco è quello del 1992 condotto dall'Ingegnere Arturo Busetto, il quale compie un opera ingegneristica di pregio in quanto risana tutte le murature, le parti lignee ed istalla efficienti mezzi per ovviare all'ormai secolare problema dei fulmini. La fase di intervento è preceduta da un attenta analisi della struttura in termini statici, seguita da una storica. Gli interventi sono documentati in modo puntuale e sono messi a disposizione in modo abbastanza specifico sul testo redatto dopo la fine dei lavori di restauro, inoltre l'Ing. Busetto è stato disponibile ad un colloquio per rispondere ad alcuni dubbi emersi durante questo lavoro di tesi. 3.5.1 Lo studio del sistema fondale La conoscenza del sistema fondale è importante per capire come in un area dove il dislivello del terreno è abbastanza marcato, la presenza del fiume porta erosione del terreno e deposito di detriti e dove la sismicità è sempre stata un problema da affrontare nel giusto modo. Come approfondito nel paragrafo riguardante lo studio degli aspetti geologici della città, il terreno che c'è sotto il campanile è composto da 'limi argillosi nocciola, localmente sabbiosi ed in profondità si sono rivelate alternanze fra ghiaie e sabbie, talora debolmente limose. Si tratta di un terreno "poco plastico" con grado di consistenza prossimo al "solido-plastico", modestamente compressibile e con una permeabilità di 8x10-8 cm/sec [...] La situazione rilevata può giustificare i cedimenti differenziali dello strato superficiale e quindi la pendenza della torre.21'
fig 3.4.3 Veduta del duomo e del campanile XVIII sec., Candiani, Pordenone, Ricordi cronimistici Pordenone 1902
fig 3.4.4 Veduta del duomo e del campanile, particolare della litografia 1853
Il XIX secolo è stato per il campanile quello di massimo degrado e di interventi sostanziali che hanno fortemente modificato il campanile. Nel 1823 lo stato di degrado della torre campanaria era tale che ci fu un progetto di demolizione che poi non andò in porto, ma non portò nemmeno ad interventi sostanziali lasciando la struttura in uno stato di sostanziale pericolo ed abbandono fino al 1862 quando vennero apposti dei tiranti in ferro specie sul lato nord, quello maggiormente danneggiato. L'intervento che comportò la messe in sicurezza della struttura, dal punto di vista statico, fu l'intervento del 1888 che perdurò per due anni, nei quali gli interventi di consolidamento e sostituzione vennero applicati in modo massivo sia sul lato nord-ovest che sul lato nord-est. Vennero tolti i corsi in pietra e sostituiti con laterizi in cotto uguali a quelli già presenti nella struttura rendendo indistinguibile l'aggiunta. Nel 1902 venne nuovamente restaurato il dado ottagonale e la cuspide. Da questa data per novant'anni non furono eseguiti interventi di restauro fino a quello del 199220, il quale sarà approfondito maggiormente e che comporta l'analisi completa della costruzione con interventi di sostituzione ed integrazioni anche consistenti.
fig 3.5.1.1 Esecuzione delle prove geognostiche. San Marco di Pordenone, Vol.2, capitolo: Il restauro del Campanile. P.835
fig 3.5.1.2 rappresentazione andamento stratigrafico del terreno.San Marco di Pordenone, Vol.2, capitolo: Il restauro del Campanile. P.835 San Marco di Pordenone, Vol.2, capitolo: Il restauro del Campanile. P.835
21-San Marco di Pordenone, capitolo: Il restauro del campanile, Arturo Busetto; a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. P 835
20- Ibidem
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I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
Come si evince dal testo sopra citato la torre campanaria ha una pendenza dovuto ad un cedimento differenziale che non è importante,come in altri casi, infatti, si aggira attorno ad 1% e questo porta ad avere un inclinazione del baricentro rispetto alla normale di 15 cm tra la base e la cella campanaria. Nonostante l'imponente mole il campanile ha delle fondazioni abbastanza modeste infatti sono costituite da una risega sotto il setto murario di 50 cm, che è seguita da una lieve inclinazione del paramento esterno fino ad una profondità di 150 cm da l piano di campagna, perimetralmente segue uno strato costituito da un conglomerato realizzato con ciottoli di fiume e calce spenta. Il piano di appoggio è circa situalo a 230 cm dal piano di campagna dove il terreno si compatta maggiormente22. 3.5.2 Indagini storiche Questo paragrafo è dedicato all'indagine storica del campanile che si focalizza maggiormente sul XIX secolo in quanto è proprio questo il secolo di maggior degrado ed è proprio qui che vengono a formarsi i problemi statici di maggior interesse. La parte storica è stata precedentemente trattata quindi le informazioni qui presenti non ripeteranno ciò che è già stato precedentemente analizzato. Collocandoci nell'anno 1823 avremmo potuto vedere un campanile fortemente degradato, tanto da costringere a redarre un progetto di demolizione del monumento stesso, ma che per motivi di assenza di fondi la demolizione o eventuali altri interventi di messa in sicurezza non vennero mai presi in considerazione fino al 1854, anno in cui si intervenne con una soluzione temporanea atta a tamponare una situazione ben più grave, ovvero, vennero poste delle corde di acciaio attorno alla muratura dello spigolo nord affinché questo non crollasse. Nello stesso anno il podestà incaricò anche la formazione di un progetto che comprendesse l'intero restauro dell'edificio, ma una volta completato il progetto di restauro, il capitolato venne ritenuto troppo basso per riuscire a sopperire ai lavori necessari, così venne riproposto lo stesso intervento nel 1856 ma nel frattempo la situazione della torre campanaria si era aggravata quindi il progetto andava cambiato ed il progetto aggiornato nuovamente. Il progetto venne rifatto ma la situazione finanziaria del comune era seriamente compromessa e si concluse nuovamente con un nulla di fatto. Nel 1861 viene nuovamente posto il problema dell'instabilità del campanile e della pericolosità dell'angolo Nord, ma la situazione finanziaria comunale non era sensibilmente cambiata per cui si cercò un intervento provvisorio che mettesse in sicurezza almeno le case sottostanti al campanile e così vennero riproposte le legature di ferro dell'angolo nord e la rimozione delle parti pericolanti. Il rimedio provvisorio questa volta venne attuato ma risultò del tutto inefficace oltre che antiestetico. Con l'annessione al Regno d'Italia, 1880, la situazione rimase immutata e le Giunte comunali continuarono nella ricerca di soluzioni inconcrete nella speranza di mettere in sicurezza l'area. Fu questo il caso della Giunta del 1880 quando decise di attuare una pulitura sommaria delle parti pericolanti e della piramide ottagonale con l'aggiunta di malta di malta cementizia nelle zone di maggior bisogno. Nel 1882, dopo le continue segnalazioni degli abitanti di crolli di murature pericolanti dall'angolo nord si decise di intervenire con la rimozione totale delle parti lapidee pericolanti dello spigolo Nord. Un altro intervento simile venne fatto solo 3 anni più tardi e prevedeva la rimozione totale delle parti lapidee rimaste per essere sostituite da laterizi. Nel 1888, a seguito di una relazione fotografica mandata all'Ufficio del Genio Civile, il compito del restauro del campanile venne preso in carico direttamente dallo Stato, che elargì tutti i soldi necessari per gli interventi di bonifica delle murature, di manutenzione della cuspide 22--San Marco di Pordenone, capitolo: Il restauro del campanile, Arturo Busetto; a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. P 834
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fig 3.5.2.1 muratura pericolante dello spigolo nord con legature metalliche, Archivio personale Ing.Busetto.
e del dado ottagonale. A preservare il campanile dall'antico problema dei fulmini, che aveva già portato non pochi fastidi alla struttura, vennero istallati ben cinque parafulmini, ovvero uno sulla sommità ed uno per angolo della cella campanaria. Durante questo grosso restauro vennero definitivamente eliminati tutti gli elementi lapidei d'angolo, quelli a collegamento, la legatura in corrispondenza dei fori e quella dei bancali in corrispondenza delle riseghe.23 Questa operazione si concluse con l'introduzione di elementi in cotto di decorazione che sono stati fatti allo stesso modo di quelli già esistenti rendendo impossibile comprendere quali siano le parti non sostituite e quelle rifatte, siamo davanti ad un vero e proprio caso di falso storico che però non va ad intaccare l'unità formale ed architettonica del campanile, anche se in qualche modo ciò che emerge dal restauro del 1888 è un campanile inedito e rinnovato nei materiali, siamo davanti ad un edificio che per più di un secolo ha sofferto fulmini e malanni strutturali ma che non offre più nessuna possibilità di lettura cronologica della sua storia, il restauro del 1888 segna una nuova nascita del campanile raccontando una storia di splendore strutturale che non c'è mai stato, ma che ci ha dato la possibilità di continuare ad avere un simbolo che è diventato un monumento della città di Pordenone.
23--San Marco di Pordenone, capitolo: Il restauro del campanile, Arturo Busetto; a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. P 832
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I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
3.5.3 Indagini visive e di rilievo L'indagine visiva del restauro del 1992 ha permesso di notare alcuni elementi di degrado presenti all'interno della struttura ed ha permesso un intervento preciso e puntuale sul paramento esterno atto garantirne la conservazione. Lo stato di degrado maggiore riguarda soprattutto le parti lignee e gli elementi lapidei della cella campanaria, mentre il degrado del paramento murario esterno è stato di entità ridotta e da collegare soprattutto al fenomeno di erosione superficiale quale il ruscellamento delle acqua meteoriche ed ai fenomeni di incrostazioni come la solfatazione che hanno dato origine a qualche crosta nera. In generale la muratura è stata trovata in buono stato di conservazione, anche perché l'intervento massivo del 1888 ha ristabilito gli equilibri in modo quasi definitivo grazie alla ingenti sostituzioni attuate. Gli unici elementi di degrado si sono ritrovati sull'angolo sud e su quello di ovest. Nella cella le fugature eseguito a cocciopesto hanno dato qualche segno di erosione dovuta al ruscellamento delle acqua meteoriche. Le appendici delle legature metalliche che erano state inserite nell'ultimo restauro hanno evidenziato il fenomeno degradante del distacco24. Il degrado delle murature perimetrali è dovuto principalmente all'infiltrazione di acqua piovana all'interno della muratura attraverso i cosiddetti fori puntai, ovvero quei buchi all'interno della muratura che permettevano l'aggancio a mezzi necessari per il sollevamento in altezza di carichi (esempio elementi lapidei) necessari per la costruzione. Il metodo dei fori pontai è strettamente legato al modo di fare delle macchine da costruzioni alto medievali25. La successiva fase di rilievo ha fatto affiorare un dato importante in ambito strutturale, ovvero il campanile ha un inclinazione dell' 1% sul lato nord-est e dello 0,6% sul lato nord-ovest, la presenza di tale inclinazione in ambito percettivo non vale ma in ambito strutturale comporta che le sollecitazioni a sforzo normale dell'angolo nord sono quasi doppie rispetto a quelle degli altri angoli26.
A tal proposito quindi la questione riguardante l'originale e l'originalità del manufatto e nello specifico dei materiali non è questione semplice, infatti la parte risalente al 1347 risulta essere solo l'angolo a nord e quello ad est, il resto è opera successiva, con gli innesti decorativi, a livello della cella campanaria del XVII secolo, con la sostituzione degli apparati lapidei e dei laterizi degradati della canna con mattoni di laterizio della parete sud, quasi per intero, e delle altre pareti, dove necessitava. L'ultimo restauro, quindi, ha rimescolato ancora una volta le carte in tavola, andando a rendere un operazione di pura ipotesi quella del riconoscimento delle parti originali da quelle sostituite. L'operazione di cucitura, ovvero quella di integrazione della parti nuove, è avvenuta con la posa di mattoni identici legati tra loro attraverso una malta costituita da 'una parte di calce spenta di lunga stagionatura, (almeno due anni) proveniente da sassi del greto del Cellina; da tre parti di sabbia di varia granulometria prelevata direttamente dall'alveo, ovvero con diffusione granulometrica senza bisogno di frantumazione; da una parte di "cocciopesto"ottenuto dalla frantumazione dei vecchi laterizi, che essendo stati cotti a temperature non molto elevate ne garantiscono "l'idraulicità" e quindi la naturale accelerazione del processo di presa e successivo indurimento.29'
3.5.4 Interventi progettuali Gli interventi progettuali sul campanile sono stati quelli sulle murature, sulle parti lignee, con prevalenza di intervento sul sistema di risalita fino alla cella campanaria (scale), introduzione di diaframmi rigidi ed installazione di tirantatura integrativa inox longitudinale e trasversale e del recupero della parte lapidea 27. I lavori eseguiti sull'apparecchiatura muraria sono stati di bonifica dei setti con il metodo, quanto meno discutibile, del così detto "cuciscuci". La modalità di intervento consiste nell'asportazione degli elementi deteriorati, corrispondente alla fase dello scucire, e nella giustapposizione di quelli nuovi che, in questo caso sono stati realizzati a mano, di dimensioni e colore uguali a quelli originali (25x5,2x12)28. Questa operazione è a tutti gli effetti la riproposizione della teoria seguita nella ricostruzione del ben più noto campanile si San Marco di Venezia, ovvero quella del "dov'era e com'era", infatti qui, anche se non c'è stato nessun crollo, i pezzi sono stati comunque sostituiti con elementi identici ed indistinguibili da quelli originali, creando un falso storico, ovvero andando a compiere una sostituzione all'interno del muro che non è distinguibile dalla parte non sostituita, la quale a sua volta aveva già subito un intervento con la stessa metodologia nel restauro del secolo precedente.
fig 3.5.4.1 documentazione dei lavori, foto dell'Ing. A. Busetto.
24-Ibidem 25-Tecniche costruttive murarie medievali: la Tuscia, Di Renzo Chiovelli, edizioni Hoepli. 1987. P.310 26-San Marco di Pordenone, capitolo: Il restauro del campanile, Arturo Busetto; a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. P 828 27-Ibidem
29-San Marco di Pordenone, capitolo: Il restauro del campanile, Arturo Busetto; a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto,
28-Ibidem
Pordenone, 1993. P 845
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I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
Il paramento murario esterno è stato spazzolato per eliminare le parti di muffe locali, le parti dove non è bastata spazzolare sono state frugate e reintegrate con la malta composta allo stesso modo di prima. Il lavoro sul paramento murario esterno si è concluso con l'apposizione di un protettivo superficiale che è stato ottenuto tramite una miscela di trementina e cera vergine. L'impasto protettivo consente una traspirazione ed una stagionatura ottimale delle malte permettendo al contempo una protezione da agenti inquinanti e quindi da fenomeni di croste nere30. I lavori per l'apposizione dei diaframmi rigidi si sono svolti in contemporanea con quelli per l'introduzione dei tiranti e quelli della sistemazione del paramento murario esterno. Il compito dei diaframmi, che parzialmente era già stati apposti nel restauro del 1888, è quello di contrastare l'azione dei tiranti, rendendo così il comportamento della struttura simile a quello di una scatolare, la quale risulta sopportare meglio le sollecitazioni esterne ed i carchi che agiscono. I diaframmi sono stati posizionati e montati manualmente in quanto la sola possibilità di accesso è la porta di ingresso sul lato nord est31.
La tirnatatuta integrativa inox longitudinale, come prima detto, è necessaria alla scatolarità della struttura e lavora in modo antagonista ai diaframmi. Anche in questo caso, la presenza di tiranti metallici, è dovuta all'intervento del 1888 ma ne sono stati aggiunti altri in corrispondenza dei punti maggiormente sollecitati, ovvero, sul lato nord, dove la pendenza minima comporta carchi strutturali più importanti rispetto al resto della costruzione, alla quota del pavimento, 'in corrispondenza della base ottagonale di appoggio dell'incastellatura delle campane, e lungo il perimetro della sommità della cella32'. L'intervento e la sostituzione totale dell'impianto di risalita fino alla cella campanaria, ovvero le scale, sono state realizzate in legno di rovere, ovvero lo stesso legno di cui erano formate quelle precedenti. Anche in questa operazione è stato seguito lo stesso principio guida degli interventi sull'apparato murario, portando con se meno problemi perché le scale,a differenza dell'apparato murario, sono secondarie rispetto all'unità architettonica del campanile, ovvero anche una completa sostituzione non costituisce un pericolo ne in senso strutturale e tantomeno in senso storico e artistico. Il nuovo apparato delle scale si sviluppa seguendo il perimetro interno del campanile e tiene conto della presenza dei diaframmi e dei tiranti inseriti nelle murature. La progettazione delle scale è stata fatta tenendo conto che chi le percorre, a causa del dislivello, potrebbe provare fastidio, così all'altezza dei cinque diaframmi sono state inseriti dei rivestimenti in legno di rovere che attenuano la sensazione. Le scale sono fatte alla "cappuccina" e dispongono di un alzata quasi costante di 18cm.33
fig 3.5.4.2 documentazione dei lavori, foto dell'Ing. A. Busetto.
fig 3.5.4.3 Assonometria dello schema costituito dalle nuove scale lignee , Archivio personale Ing.Busetto.
32-San Marco di Pordenone, capitolo: Il restauro del campanile, Arturo Busetto; a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, 30-San Marco di Pordenone, capitolo: Il restauro del campanile, Arturo Busetto; a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. P 846
Pordenone, 1993. P 847 33-San Marco di Pordenone, capitolo: Il restauro del campanile, Arturo Busetto; a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto,
31-Ibidem
Pordenone, 1993. P 852
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I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
Il recupero delle ultime parti lipide rimaste nel campanile è un elemento moto importante perché consente alla struttura di mantenere un tratto della sua forma prima dei restauri ottocenteschi. Come già detto la parte lapidea era presente lungo il paramento di nord-est, sottoforma di bande prima e dopo le finestrelle strombate, e sullo spigolo nord, dove formava l'intero angolo da terra alla cella campanaria. L'unica parte lapidea rimasta è rappresentata dalle colonne binate, dai basamenti e dai capitelli che li sovrastano. Una parte del materiale lapideo preso in considerazione dall'ultimo restauro era logorato dall'usura del tempo, dalla presenza di solfati e nitrati nelle piogge acide che hanno agevolato la comparse di croste nere e di alveolizzazioni. Inoltre il movimento tensionale della cella aveva fessurizzato i capitelli permettendo all'acqua di entrare e di creare pericolo a causa del crioclastismo. Seguendo le metodologie tenute durante tutto il restauro anche qui si è lavorato nella direzione del "com'era dov'era" e si sono sostituite le parti irrecuperabili con elementi identici che rendono irriconoscibile la sostituzione. La base ed i capitelli sono in pietra "Orsera", mentre i fusti delle colnne sono in pietra di "Torreano". Le parti non sostituite sono state ricucite tramite spinottature.
3.6 Incontro con l'Ingegner Arturo Busetto
fig 3.5.4.4 documentazione dei lavori, intervento sulle colonne, foto dell'Ing. A. Busetto.
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Il giorno 23 luglio 2016, ho avuto la fortuna ed il piacere di incontrare l'Ingegner Arturo Busetto, il quale è stato uno dei progettisti ed il direttore dei lavori del restauro del campanile di San Marco, inoltre alla fine dell'opera di restauro ha scritto il capitolo "Il restauro del Campanile" all'interno del testo in tre volumi "San Marco di Pordenone" a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. Questo incontro è stata l'occasione per chiare alcuni dubbi sorti durante la stesura della tesi riguardo la metodologia di lavoro, ovvero, perché affrontare il restauro di un opera simbolo della città con il metodo del "cuciscuci"? Inoltre l'incontro è stato utile per risolvere alcune perplessità riguardanti i dati tecnici delle fondazioni, la tecnica di costruzione utilizzata per innalzare le pareti murarie, come sono stati introdotti i tiranti ed i diaframmi e le problematiche relative alla gestione del cantiere di un opera di tale prestigio. Dall'incontro è emerso che la tecnica del "cuciscuci" è stata scelta perché le lesioni provocate dai fulmini e dal terremoto erano tali che le murature erano "aperte", ovvero presentavano profonde fessure, in alcuni punti anche di un metro, per cui la sostituzione dei laterizi ammalorati e l'introduzione di altri nuovi, ma del tutto identici agli altri in buono stato, era necessaria, inoltre sono state fatte numerose iniezioni di calcestruzzo armato, specie alla basse dell'angolo nord dove la situazione statica era critica. L'ingegnere oltre a sottolineare il fatto che il lavoro è stato fatto da "bravi ed onesti operai" seguiti da un capomastro, indica che le gli angoli erano "pieni di ferro", questo ad indicare che già in passato erano state utilizzate delle armature e che furono proprio le tirantature introdotte nelle murature a salvare il campanile dal terremoto del 1976. A questa indicazione ho posto il quesito riguardante la compatibilità dei materiali, ovvero , l'introduzione di barre armate non reca pericolo per le murature in caso di formazione di sali , o in caso di fessurazione? L' ingegnere ha risposto dicendo che le barre introdotte sono inossidabili per cui non vi sono problemi di ossidazione legata alla presenza di condensa interstiziale, o di fessurazioni ed infiltrazioni di acqua. Alla fine aggiunge che il metodo "cuciscuci" è l'estrema ratio, ovvero è la scelta più difficile e l'ultima da attuare perché in fase di cantiere porta problematiche davvero grosse, soprattutto se si pensa che prima che la parte reintrodotta prima che diventi parte integrate della struttura a livello statico deve maturare e stagionare per diverse decine di anni, fino a quel punto la parte reintrodotta è staticamente "scarica" e porta dei problemi di sovraccarico delle murature restanti. Dopo questa spiegazione il discorso si è spostato sulla tecnologia costruttiva del campanile e l'ingegnere mi ha illustrato, tramite delle fotografie fatte da lui in fase di cantiere, che la muratura è in pietrame artificiale, ovvero edificata secondo l'accostamento verticale di mattoni di cotto sfalsati e legati da un letto di malta di circa un centimetro e mezzo. Nella parte in cui è stato attuato il "cuciscuci", il letto di malta è stato realizzato utilizzando il cocciopesto ricavato dalla cottura e dalla frantumazione dei laterizi deteriorati, così da aumentare la stagionatura della parte nuova. La discussione poi si è spostata sull'apparato decorativo ed afferma che "adesso non c'è più nessun tipo di manovalanza capace di lavorare il laterizio, ma fino agli anni '80 non si faceva difficoltà a trovare chi sapesse lavorare i mattoni, infatti quelli sostituiti, quasi 40 000, sono stati fatti a mano...e non è stata cosa semplice trovare chi li sapesse e potesse fare. Adesso non c'è più nessuno e si usano prodotti già pronti, negli anni '90 ne erano rimasti pochissimi ma qualcuno c'era." Dopo aver risolto i dubbi riguardanti l'apparato murario esterno, ho rivolto le domande inerenti al metodo di inserimento dei tiranti e dei diaframmi, ovvero: sono stati praticati solamente dei tagli e dei fori nelle murature o sono stati rivestiti a prevenzione di infiltrazioni di acqua nella muratura o a fenomeni di degrado dovuto alle differenti dilatazioni dei materiali? L'ingegnere ha risposto dicendo che sono stati fatti dei semplici carotaggi per l'introduzione 37
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
fig 3.5.4.5 Sostituzione del paramento murario ammalorato , Archivio personale Ing.Busetto.
dei tiranti, i quali hanno la caratteristica di contenere le spinte trasversali alla muratura. Lo stesso discorso vale per l'introduzione dei cinque diaframmi rigidi, i quali sono stati inseriti all'interno del campanile facendoli aggrappare alla muratura tramite delle tasche ricavate grazie a dei tagli fatti sul muro, dentro i quali passano degli elementi in acciaio che permettono al diaframma di contrastare le forze che tendono a flettere le murature. Inoltre i diaframmi ed i tiranti lavorano in modo differente permettendo alla struttura di essere rigida e di non avere flessioni o torsioni oltre quelle consentite. L'ultima parte di questo incontro è riguardata l'argomento fondazioni ed il mio quesito è stato soprattutto sulla qualità del terreno, in quanto il campanile è l'unica costruzione con una base così ristretta, delle fondamenta superficiali (inferiori a quattro metri) e così alta nella zona. La sua risposta è stata che il terreno " è ottimo" e che le prove effettuate lo hanno evidenziato, ma questo non è stato mai messo in discussione ed i piccoli cedimenti differenziali che il campanile ha avuto non sono dovuti alle fondamenta quanto a piccoli spostamenti del terreno che durante il corso dei secoli è del tutto normale e che in Italia ci sono costruzioni più imponenti che stanno in piedi su terreni di qualità di molto inferiore. A conclusione dell'incontro l'Ingegnere ha affermato che il Campanile ha avuto un periodo buio in cui in anni di ricerca non ha trovato materiale interessante soprattutto riguardo l'ordinanza di abbattimento, inoltre afferma che in realtà la struttura non è in cattivo stato per avere quasi ottocento anni.
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Elaborati grafici
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Conclusioni
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I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
5 Conclusioni
Ringraziamenti
Il campanile di San Marco è ed è stato il punto di riferimento per la città di Pordenone sin dalla sua costruzione, infatti, condensava sia la funzione religiosa, torre campanaria, che quella civile, carcere e grazie alla sua caratteristica collocazione a metà tra la loggia comunale, simbolo della vita civile, ed il duomo, simbolo della vita religiosa, risultava il punto cardine delle vicende cittadine. Inoltre la rotazione della pianta di 45° rispetto all'ingresso del duomo e gli oltre settanta metri permettono di notare la mole della costruzione da qualsiasi punto della città, ma in particolare la si nota percorrendo il ponte sul fiume Noncello. La scelta di far notare maggiormente il campanile dal ponte non è casuale, infatti essendo il Noncello un fiume che in passato era navigabile e che aveva il suo porto commerciale nelle prossimità della porta della città, permetteva a chi giungeva con la nave l'immediata riconoscibilità della città, dandole importanza ed autorevolezza. Il campanile nel corso dei secoli ha subito varie trasformazioni ma quelle che lo hanno cambiato in modo profondo nei materiali sono state quelle subite alla fine dell'ottocento e quelle della fine del novecento con interventi strutturali che hanno permesso la durata della costruzione fino ad oggi. I cittadini di Pordenone hanno sempre amministrato nel miglior modo il campanile che hanno fortemente voluto fin dal XIV secolo, quindi il legame che si è instaurato tra la città e la costruzione è profondo e viscerale. A conferma di quanto scritto c'è l'ultimo restauro del campanile che è stato condotto dall'ingegnere di Pordenone Arturo Busetto con la collaborazione di numerose attività della zona del pordenonese. Il campanile risulta ancora oggi una delle costruzioni più determinanti della città, infatti è quella più alta di Pordenone e ne caratterizza lo "skyline", inoltre è il simbolo che rappresenta la storia secolare della città e crea un immagine unica se visto assieme alla loggia, facendo diventare il complesso di decorazioni della cella campanaria e quelle della loggia un unicum all'insegna dell'unità architettonica.
Giunto al termine di questo lavoro desidero ringraziare ed esprimere la mia riconoscenza verso tutti coloro che, in modi diversi, mi hanno permesso di giungere fino a qui nel mio percorso di studi e realizzare la stesura di questa tesi. Grazie all' Architetto Vittorio Foramitti, relatore di questa tesi per la costante disponibilità e le cortesie avute nei miei confronti. Un grazie particolare all'Ingegnere Arturo Busetto per la disponibilità e la cortesia avuta nella rispondere alle domande postegli sull'ultimo restauro condotto sul Campanile. Un doveroso ringraziamento al personale della Biblioteca Civica di Pordenone, che mi ha fornito la documentazione necessaria per la stesura della tesi. Desidero ringraziare i miei genitori che mi hanno permesso di continuare gli studi educandomi alla cultura del lavoro e della dedizione allo studio. Un pensiero particolare ai miei nonni che hanno sempre creduto in questo traguardo. Un grazie particolare alla mia morosa che mi sta sempre vicino e che mi supporta nelle mie scelte. Ringrazio fortemente i compagni dell'università con i quali ho passato tre anni di studio, sacrificio, crescita personale e soddisfazioni. Il mio grazie va anche a tutti gli amici con cui ho trascorso il mio tempo perché avere delle persone su cui contare non è una cosa da poco. Sono ancora molte le persone che dovrei ringraziare a cui dovrei dare un ringraziamento sincero, ma non potendo elencarle tutte mi auguro arrivi il mio pensiero.
fig 5.2 Il Campanile e la Loggia.
fig 5.1 Il Campanile visto dal corso.
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I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
I restauri del Campanile di San Marco di Pordenone
Bibliografia Libri San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. Tomo 1 San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. Tomo 2 San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, Edizioni Geap, Fiume-Veneto, Pordenone, 1993. Tomo 3 Tecniche costruttive murarie medievali: la Tuscia, Di Renzo Chiovelli, edizioni Hoepli. 1987. P.310 L'edilizia nell'antichità, Cairoli Fulvio Giuliani, Cacciatori editore. 8aristampa, gennaio 2016. Manoscritti Archivio di Stato di Udine
" Possiamo dire che l'architettura che noi vorremmo essere poesia dovrebbe chiamarsi armonia, come un bellissimo viso di donna. Ci sono forme che esprimono qualche cosa. L'architettura è un linguaggio molto difficile da comprendere, è misterioso, a differenza delle altre arti, della musica in particolare, più direttamente comprensibili... Il valore di un'opera consiste nella sua espressione: quando una cosa è espressa bene, il suo valore diventa molto alto."
Archivio di Stato di Pordenone Carlo Scarpa,1976
Archivio fotografico comunale di Pordenone Archivio fotografico personale Ing.Busetto Sitografia www.architettura.it www.architetturaitaliana.it www.erewhon.ticonuno.it www.comune.pordenone.it www.archivio.stato.pordenone.it www.archivio.stato.udine.it www.beniculturali.it www.diocesi.concordia-pordenone.it Le immagini senza nessuna indicazione sono state riprodotte con mezzo proprio. 46
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