Fonti, Fontane e Fontanelle Tinture e Tintori

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Fonti, Fontane e Fontanelle a cura dell'Istituto Professionale per i Servizi Commerciali CittĂ della Pieve

CESVOL EDITORE

Quaderni del volontariato 2014

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Tinture e Tintori Arte e tessitura a CittĂ della Pieve a cura dell'Istituto Professionale per i Servizi Commerciali CittĂ della Pieve

CESVOL EDITORE

Quaderni del volontariato 2014

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Quaderni del volontariato 3

Edizione 2014


Cesvol Centro Servizi Volontariato della Provincia di Perugia Via Campo di Marte n. 9 - IV piano 06124 Perugia tel 075 5271976 fax 075 5287998 www.pgcesvol.net pubblicazioni@pgcesvol.net

Edizione Aprile 2014 Coordinamento editoriale di Stefania Iacono Stampa Digital Editor - Umbertide

tutti i diritti sono riservati ogni produzione, anche parziale, è vietata

ISBN: 9788896649282


I Quaderni del Volontariato, un viaggio nel mondo del sociale Il CESVOL, Centro Servizi Volontariato per la Provincia di Perugia, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, ha definito un piano specifico nell’area della pubblicistica del volontariato. L’ obiettivo è quello di fornire proposte ed idee coerenti rispetto ai temi di interesse e di competenza del settore, di valorizzare il patrimonio di esperienze e di contenuti già esistenti nell’ambito del volontariato ed inoltre di favorire e promuovere la circolazione e diffusione di argomenti e questioni che possono ritenersi coerenti rispetto a quelli presenti al centro della riflessione regionale o nazionale sulle tematiche sociali. La collana Quaderni del Volontariato presenta una serie di produzioni pubblicistiche dedicate alle tematiche sociali, ma anche ai contenuti ed alle azioni portate avanti dall’associazionismo e del volontariato. I Quaderni del Volontariato, inoltre, rappresentano un utile supporto per chiunque volesse approfondire i temi inerenti il sociale.


FONTI, FONTANE e FONTANELLE

a cura dell’ Istituto Professionale per i Servizi Commerciali Città della Pieve


Prefazione L’Accademia “Pietro Vannucci”, associazione culturale di Città della Pieve, nata al termine delle manifestazioni dedicate al Divin Pittore Pietro Vannucci detto il “Perugino”, dal 2004 collabora con le scuole di ogni ordine e grado. L’Istituto Professionale per i Servizi Commerciali e Turistici, nel 2004, è risultata vincitrice del concorso “Il Perugino e la sua città, luoghi personaggi ed opere del Maestro pievese”, con il depliant “Il perugino e la sua città” pubblicato a cura dell’Accademia. Nel 2006, lo stesso Istituto ha realizzato una pianta di Città della Pieve con i siti delle opere di Pietro Vannucci “…..Sulle orme del Divin Pittore percorrendo le vie del suo borgo natio” lavoro pubblicato dall’associazione nel 2006. Altro lavoro commissionato all’Istituto Professionale di Città della Pieve la realizzazione di un libro “Io Donna”, donne e lavoro dal medioevo ai giorni nostri, una ricerca storica, antropologica, sociale costruita sul lavoro, sulle battaglie e rivendicazioni della donna nelle sue forme nei secoli, sottolineando le differenze tra i mestieri e le professioni. Nel 2013 il concorso Letterario “Accogliere la vita che nasce”. L’anno successivo i ragazzi delle classi V hanno assistito ad un corso di 5 incontri su “La violenza di genere” con professionisti del settore. Alla fine del corso gli studenti hanno realizzato, sul tema, video molto interessanti. Questo libro è un’ulteriore collaborazione con l’Istituto Professionale che ha l’obiettivo di conservare la memoria storica dei luoghi e delle tradizioni di Città della Pieve. L’Accademia “Pietro Vannucci” ringrazia il Dirigente scolastico, i Docenti, i ragazzi per il loro impegno augurandoci che tale preziosa collaborazione possa durare nel tempo. Il Presidente Marcella Binaretti


Fonti, fontane e fontanelle

LA QUESTIONE DELL’ACQUA Alla fine dell’Ottocento, subito dopo l’unità nazionale, anche Città della Pieve visse l’affermarsi di una nuova classe politica legata a filo doppio con la nobiltà contraddistinta dalla proprietà terriera. In particolare in città fu la Questione dell’Acqua a segnare la vita politica e sociale, come risulta dai verbali delle adunanze dell’amministrazione locale. È il 1923 e i pievesi del contado ingrossano le file degli scontenti che chiedono il rinnovo del Patto Colonico, un rinnovo che braccianti e contadini ottennero con la forza nell’estate del 1920 quando giovani e vecchi arrivati da Moiano, da Salci e dalle campagne, assediarono la città chiudendo le porte e presenziandola armati di grossi randelli; proprietari e fattori, accerchiati furono costretti a firmare. Questo è un anno speciale per i pievesi che, in particolare nel mese di ottobre, celebrano il loro passato e aprono le porte al futuro. Per ciò che riguarda il passato, glorioso passato, il 13 ottobre fu scoperta, nella casa d’angolo della piazza principale, la lapide che celebra i natali di Pietro Vannucci, il giorno dopo, il 14 arrivò a Città della Pieve, portata da costosissime condutture, l’acqua potabile: il futuro. Sembra dunque che il 1923 possa mettere la parola fine alla “Questione dell’Acqua”. Se durante il lunghissimo tempo del Governo Pontificio, la priorità in tema d’acqua rimase quella di rendere salubri e “disseccare”, come più volte citano gli storici locali, le terre a valle, gli anni che seguirono l’Unità d’Italia possiamo indicarli come il “tempo dell’acqua potabile”, quando cioè le amministrazioni che si avvicendarono si preoccuparono di trovare altre polle dalle quali attingere l’acqua potabile che fino ad allora era arrivata dalle principali fonti intorno alla città. 9


Fonti, fontane e fontanelle

Antonio Verri, generale del Genio Civile, ma soprattutto naturalista e geologo, nelle sue memorie sulla città scrive: “Nel Liber Staturomu Terrae Castri Plebis si legge che spettava al comune la manutenzione di queste fonti: Venella (altitudine 463 metri dispensa giornaliera metri cubi 33) Trova (Altitudine 464 metri, dispensa giornaliera metri cubi 16) Cannelle (altitudine 470, dispensa giornaliera metri cubi 23) Musignano (altitudine 452, dispensa quotidiana metri cubi 67). Sinora Città della Pieve, oltreché da pozzi alimentati con docce, attingeva acqua alle tre fonti, Venella, Trova, Cannelle e pel consumo ordinario l’acqua era portata in città da donne colla brocca in testa.” Già nel 1899, quando stava per chiudersi il secolo, la città sembrava pervasa da desideri di modernità e fu proprio il generale Verri a farsi interprete di interessanti novità, dopo aver avviato gli studi preliminari sulla condotta d’acqua per Città della Pieve. Ancora lui alle soglie del 1923 nel suo volumetto sentenzia: “il simpatico costume, di portare l’acqua colle brocche in testa dentro la città, colla venuta dell’acqua di Solaia, tenderà a sparire, forse rimpianto dalle giovinette che ci fanno le brave.” Questo è solo l’antefatto, perché la “Questione dell’acqua” incarna sì il desiderio di modernità, ma anche quello di una “politica” più salubre per il borgo abitato che nel 1901 contava 8673 abitanti di cui 2400 dentro la cerchia muraria. Già in passato si era tentato di portare l’acqua in città da Musignano, ma ancor prima e probabilmente con maggior successo da Trova e Venella verso il Pozzo del Casalino. Pozzi e cisterne esistono sparsi per tutta la città, alcuni sono ancora visibili, di altri se n’ è persa notizia. L’uso delle fontane e delle fontanelle rimase a lungo, e per molte famiglie, l’unico mezzo di approvvigionamento idrico soprattutto negli anni del Dopoguerra. La questione tornò alla ribalta all’inizio degli anni settanta quando ulteriori pozzi 10


Fonti, fontane e fontanelle

furono individuati nel territorio comunale la cui acqua fu incanalata verso la città e verso le abitazioni. Ancora negli anni ottanta le fontane e le fontanelle cittadine erano utilissime e sfruttate, non più dalle famiglie per il fabbisogno casalingo, ma dagli addetti alla pulizia delle strade che vi attingevano l’acqua per la manutenzione. La raccolta di notizie che gli studenti hanno curato su incarico dell’Accademia “Pietro Vannucci” trova la sua ragione proprio nella “Questione dell’Acqua” qui brevemente descritta, nella ricerca di una memoria lontana, e allo stesso tempo vicina, che ha lasciato segni tangibili nell’arredo urbano e nel ricordo dei pievesi stessi. La ricerca si è dunque prefissata l’intento di rintracciare le vecchie fontanelle, la loro pertinenza territoriale, l’uso e non ultimo il successivo declino e disuso.

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Fonti, fontane e fontanelle

FONTI, FONTANE E FONTANELLE Abbiamo cercato di capire come si è evoluto il percorso dell’acqua ad uso pubblico nel territorio pievese. Attraverso la testimonianza del sig. Rino Giuliacci, operaio del Comune di Città della Pieve oggi in pensione, abbiamo ripercorso le tappe cronologiche principali, individuato le fontane e le fontanelle ancora presenti e i luoghi in cui si trovavano quelle non più esistenti. Città della Pieve sorge su una collina di tufo arenario, attraversata in più punti da fossi e torrenti. Prima del 1923, anno in cui venne inaugurato l’acquedotto comunale, il paese si riforniva attraverso cisterne di raccolta delle acque piovane e pozzi collegati alla falda idrica, che per la conformazione geologica del terreno si trova ad una quota non molto profonda. Nel 1923 finalmente arriva l’acqua a Città della Pieve ma non nelle frazioni, che ne beneficeranno soltanto in seguito. L’acqua diretta al centro città, incanalata nel nuovo acquedotto, arrivava direttamente da sorgenti situate in terreni privati nel Comune di Sarteano. Nel mercato coperto, ex chiesa di Sant’Anna degli Scolopi, vicino a Palazzo Orca antica sede del Comune, viene costruita, grazie all’opera dell’ingegnere Luigi Farina, una cisterna della capacità di 280 mc, dove l’acqua giunge per calata e dai tubi che passano nel centro abitato si creano, per i cittadini, 10 punti di approvvigionamento idrico. L’acquedotto in origine era lungo più di 20 km. Negli anni ’50 anche l’acqua proveniente dal fosso di Ripavecchia fu convogliata in questa cisterna; quest’acqua non arrivava per caduta ma veniva pompata. Negli anni ’70 tutte le famiglie di Città della Pieve hanno l’acqua nelle proprie abitazioni per cui le fontane vengono dismesse. 12


Fonti, fontane e fontanelle

Negli anni ’80, per soddisfare l’aumento dei consumi, viene costruita sotto la prima, sempre all’interno del mercato coperto, una seconda cisterna della capacità di 600 mc. Qui a Città della Pieve non esiste la figura dell’acquaiolo, come in molti paesi d’Italia, quale venditore d’acqua a domicilio; l’acquaiolo o “acquarolo” era semplicemente colui che si occupava della manutenzione dell’acquedotto pubblico. Le fontane e le fontanelle che furono costruite a seguito della realizzazione dell’acquedotto, furono, come ricordato sopra, in tutto 10; queste disseminate in tutto il territorio cittadino permettevano un facile ed adeguato approvvigionamento idrico da parte di tutti i privati attraverso secchi e brocche in coccio o in rame dette anche “ramine”. Di seguito mostriamo, all’interno di schede sintetiche, le foto delle fontane e delle fontanelle ancora presenti in città o, in mancanza di esse, dei luoghi in cui si trovavano, e delle tre fonti attigue al centro abitato. Fontana della Rocca Questa fontana, detta “dei Leoni” è una delle due presenti ancora in situ e funzionanti, l’altra, che a dire il vero è una fontanella, è quella situata in via Fiorenzuola. Due sono le bocche da cui usciva l’acqua. Un tempo, quando entrambe erano in funzione servivano all’acquaiolo per monitorare il funzionamento dell’acquedotto.

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Fonti, fontane e fontanelle

Fontanella in Via Roma In Via Roma oggi non esiste più la fontanella ma è visibile il luogo in cui era posta, addossata al civico 19.

Fontanella in via Beato Giacomo Villa Questo punto di approvvigionamento idrico non più presente era posto in prossimità dell’attuale Ospedale, in via Beato Giacomo Villa.

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Fonti, fontane e fontanelle

Fontanelle di Viale Cappannini La prima fontanella, in località Piagge, è presente in loco ma non più funzionante.

La seconda fontanella non è più presente in situ, era collocata nei pressi delle scalette che scendono da via Garibaldi, a sinistra in direzione Perugia.

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Fonti, fontane e fontanelle

Fontanella del Casalino (via Pietro Vannucci) Oggi in prossimità del pozzo non esiste più alcuna fontanella. Originariamente si trovava spostata più indietro, in via Santa Maria Maddalena, poi negli anni ’40 fu posta in zona più centrale, nella piazzetta del pozzo del Casalino, addossata all’edificio posto tra via Santa Maria Maddalena e via Pietro Vannucci.

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Fonti, fontane e fontanelle

Fontanella in Via Fiorenzuola Tale fontanella, che si trova ancora nel luogo in cui fu realizzata al momento del passaggio dell’acquedotto, è una delle due ancora funzionanti.

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Fonti, fontane e fontanelle

Fontanella in piazza Gramsci La fontanella, oggi conservata presso la casa di riposo della città , era posta su di un lato del Palazzo dei Priori sull’angolo verso via Verri.

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Fonti, fontane e fontanelle

Fontanella di piazza XIX Giugno Circa due anni fa, in seguito ai lavori di ristrutturazione di palazzo Fargna, sede del Comune, fu tolta questa fontanella posizionata nell’angolo dell’edificio verso via Garibaldi e non fu piÚ rimessa.

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Fonti, fontane e fontanelle

Fontanella in Largo Baglioni Inizialmente tale fontanella, che purtroppo non eroga piĂš acqua, non si trovava nel punto in cui oggi possiamo ammirarla, bensĂŹ al centro della piazza.

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Fonti, fontane e fontanelle

FONTE “CANNELLE” Localizzazione: La Fonte “Cannelle” è situata sul versante nord-ovest dalla collina dove sorge Città della Pieve. Vi si accede da Via Gino Cappannini o da Via del Crocefissino. Storia: La Fonte in uso già in epoca medievale, era chiamata anche “fonte dentro” perché l’unica fonte compresa all’interno della cinta muraria della città. È collegata, attraverso un cunicolo sotterraneo percorribile a piedi, al “Pozzo del Casalino”, situato in via Pietro Vannucci. Struttura: La struttura della fonte presenta due vasche contigue scoperte, una più grande e una più piccola. Uso delle acque: L’acqua di questa Fonte è la meno pura rispetto a quella delle altre due. Essa veniva utilizzata dall’adiacente Mattatoio Comunale funzionante fino a qualche anno fa.

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Fonti, fontane e fontanelle

FONTE “TROVA” Localizzazione La fonte “Trova” è situata nel versante Nord della collina tufacea della città, è possibile l’accesso da via Marconi, fuori Porta S. Agostino anche detta Porta Fiorentina. Storia La fonte è in funzione sin dal Medioevo. L’acqua proviene da una vena situata nelle sue vicinanze che si trova a 464 metri sopra il livello del mare e forniva agli inizi del XX sec. 16 mc di acqua al giorno, come attesta Verri nell’opera “L’Altopiano di Città della Pieve” del 1919. Struttura Essa è formata da tre vasche coperte da una struttura a tre volte a tutto sesto in laterizio. Due vasche venivano utilizzate

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Fonti, fontane e fontanelle

per il lavaggio e il risciacquo della biancheria, mentre la terza veniva usata per lavare le vesti dei defunti. Davanti alle prime due vasche vi sono due cannelle per attingere l’acqua potabile. Uso delle acque: La Fonte era molto frequentata dalla popolazione di Città della Pieve sia per attingere acqua potabile sia per lavare la biancheria.

FONTE “VENELLA” Localizzazione La fonte “Venella” si trova sul versante sud-est della città, l’accesso è possibile da via delle Mura, fuori Porta S. Maria anche detta Porta Romana. Storia Questa fonte è citata nel documento della costruzione della Rocca di Città della Pieve del 1326, oltre che negli Statuti del 1537. La vena è situata a 463 metri s.l.m. e dispensava 33 mc d’acqua al giorno, come attesta nel 1919 Antonio Verri in “L’Altopiano di Città della Pieve”. Struttura La fonte, con acquedotto sotterraneo praticabile, è costituita da una vasca, coperta da una volta in mattoni, usata per lavare e sciacquare i panni. A 10 m da questa si trova un’altra vasca più piccola ora ricoperta da vegetazione spontanea che serviva per lavare i panni dei defunti oppure la lana dei materassi. 23


Fonti, fontane e fontanelle

Uso delle acque Le acque di questa fonte erano molto apprezzate per uso potabile perchĂŠ ritenute ottime dal punto di vista chimico e batteriologico.

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Fonti, fontane e fontanelle

BIBLIOGRAFIA -Fiorenzo Canuti, Nella Patria del Perugino, Città di Castello, 1926 -Antonio Verri, L’Altopiano di Città della Pieve, Roma 1919 -Antonio Verri, Studi preliminari sulla condotta dell’acqua per Città della Pieve, Roma, 1899 Ricerca su Internet nei siti delle Regioni Umbria e Toscana e della Provincia di Perugia.

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Fonti, fontane e fontanelle

ISTITUTO PROFESSIONALE per i SERVIZI COMMERCIALI Città della Pieve (Pg) Docenti curatori: - Ivonne Fuschiotto - Emanuela Lucacchioni Collaborazione esperti: - Gaetano Fiacconi - Nicoletta Mezzetti

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Fonti, fontane e fontanelle

Note

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Tinture e Tintori

a cura dell’ Istituto Professionale per i Servizi Commerciali Città della Pieve


Tinture e Tintori

Arte e tessitura a Città della Pieve Città della Pieve, comune della provincia di Perugia situato su un colle ad una altezza di 508 m s.l.m, è una cittadina completamente rinascimentale costruita in mattoni a vista. Paese oggi privo di industrie, era in origine una zona particolarmente fiorente per le industrie tessili dei velluti, delle sete e degli arazzi, che furono favorite, molto probabilmente, dall’abbondanza di acqua, proveniente dalla palude della Chiana, necessaria alle attività di lavaggio, tessitura e tintura. Le fonti storiche riportano che nel 1463 il Consiglio delle Arti di Perugia chiamò, da Castel della Pieve (antico nome della cittadina), un artefice della lana a tingere sete in ogni varietà di colore, specialmente cremisi e zafferano, al quale fu assegnato un vero e proprio stipendio. L’ economia della città era così asservita alla tintura dei tessuti che, come si apprende dagli Statuti Cittadini del 1530, era proibito tingere panni fuori dal territorio pievese, al fine di impedire che questo tipo di industrie si sviluppasse all’ esterno dei confini cittadini. A ricordo di questa attività si ha notizie di una via chiamata all’epoca “Via dei Velluttari”, situata nella parte scoscesa della città, verso ponente, ad indicare la presenza di tali fabbriche in questa zona. Il proprietario dell’ultima filanda esistente fino al 1870 in città fu il Sig. Ludovico Scaccia; Filanda è il nome con cui sono conosciuti gli stabilimenti di lavorazione e filatura della seta. Erano grandi edifici, generalmente a più piani, dai soffitti alti e dotati di grandi finestre per garantire l’illuminazione. Venivano costruiti vicino a corsi d’acqua in quanto utilizzavano quest’ultima sia per la forza motrice sia per le vasche di trattura (operazione con la quale, partendo dal bozzolo, si giunge a formare il filo di seta). 5


Tinture e Tintori

Della produzione di tali fabbriche abbiamo qualche ricordo nei drappi, in massima parte di color cremisi, conservati nella Cattedrale, in altre Chiese, ma anche nelle case di qualche famiglia nobile. Dall’ Arte dei tintori all’industria tessile L’attività tessile fu molto importante per l’economia di numerose città italiane, situate soprattutto nel Nord e nel Centro Italia. A Firenze, uno dei principali centri di affari della Toscana, l’organizzazione Arte dei Tintori ebbe grande rilievo dovuto alle loro abilità e competenze lavorative nella varietà, stabilità e brillantezza delle tinte. Ai membri dell’ Arte dei Tintori, fu sempre negato un proprio autonomo riconoscimento corporativo nonostante le continue richieste, motivate dall’importanza del proprio ruolo nel ciclo di produzione di tessuti. Solo nella seconda metà del ’300, in seguito a numerose rivolte, i tintori riuscirono ad ottenere un’ organizzazione autonoma, sciolta dopo quattro anni dai più potenti lanaioli fiorentini. Alla fine del secolo, con la crisi della produzione della lana i tintori ebbero minor peso nell’ economia cittadina e dovettero adattarsi a lavorare con tecniche e materiali più economici. La categoria dei tintori si divideva in tre gruppi: Arte Maggiore (organizzazione migliore, tingeva i tessuti nei colori più vari), Arte Minore (specializzati nelle tinture di color rosso, che ottenevano estraendo il principio attivo da una sostanza vegetale, la robbia) e Arte Del Guado (altro vegetale usato per ottenere una vasta gamma di azzurri). La padronanza di questa complessa arte e dei tanti segreti, consentì di produrre un’ enorme quantità di stoffe e manufatti che ancora oggi troviamo nelle rappresentazioni pittoriche 6


Tinture e Tintori

della Firenze rinascimentale. Durante il Medioevo, grazie alla confraternita degli Umiliati che promosse lo sviluppo della tessitura nel Nord Italia, le corporazioni delle arti e dei mestieri permisero ai tintori di organizzarsi e tutelarsi con Statuti che regolamentavano la materia. Nacque dunque la piccola industria, forse l’ unica in quell’epoca che importava materie prime sia tessili che tintorie. Una delle industrie più importanti era la Filanda in cui veniva praticata la filatura della seta (fibra naturale proteica di origine animale con la quale si possono ottenere tessuti pregiati). Le prime Filande erano a fuoco diretto, l’acqua nelle vasche di trattura era riscaldata direttamente con fuoco di legna, successivamente divennero a vapore, si poteva così controllare maggiormente la temperatura dell’acqua e di conseguenza si migliorava la qualità del prodotto. Questo periodo di transizione, soprattutto nel Comasco dove raggiunse i massimi livelli qualitativi nel mondo, segnò il passaggio dall’economia agricola a quella industriale. Sempre tra le industrie più diffuse troviamo quelle del velluto (nome derivante dal latino “vellus” = vello indicante la caratteristica copertura di pelo che si presenta fitto se unito o riccio se composto da una serie di anelli) e della lana (fibra tessile naturale che si ottiene attraverso la tosatura del vello di ovini, conigli, cammelli e alcuni tipi di lama). In Umbria l’importanza culturale ed economica delle attività artigianali è dovuta alle loro origini antichissime. Esse risalgono infatti al Medioevo, ma la produzione artigianale nella nostra regione raggiunse il suo massimo splendore soltanto nel Rinascimento. Lo sviluppo delle industrie ne causò il declino, occorre arrivare agli inizi del ’900 per riscontrare una vigorosa ripresa delle attività artigianali. 7


Tinture e Tintori

Nella nostra regione altre produzioni artigianali riguardavano le ceramiche artistiche ed i merletti; attività tramandate soprattutto di padre in figlio. Tinture I prodotti per la tintura possono essere sia di origine vegetale come ad esempio fiori, foglie, radici, cortecce etc., sia di origine animale quali la cocciniglia e la porpora. Le tinture seguono un procedimento di lavorazione complesso. In alcuni casi, prima di tingere, bisogna preparare le fibre tessili con la mordenzatura, così da rendere insolubile in acqua il colorante facendolo penetrare direttamente nelle fibre. Il secondo passaggio vede invece la preparazione di un decotto ottenuto con la maceratura o facendo bollire i vegetali in acqua; quindi si immergono le fibre bagnate nel bagno del colore, preparato con il decotto diluito e riscaldato. Infine segue un accurato risciacquo e l’asciugatura. A seconda del momento della fase di lavorazione si hanno diversi tipi di tinto: - Tinto in pasta: quando il colorante viene aggiunto prima dell’ estrusione (nello specifico per l’acrilico e il poliestere); - Tinto in fiocco: quando ad essere tinto è il fiocco, prima della sua filatura; - Tinto in filo: quando ad essere tinto è il filo; - Tinto in massa: in inglese solution dyed; - Tinto in pezza: quando ad essere tinto è il tessuto; - Tinto in capo: quando ad essere tinto è il capo finito. Le tinture naturali tipiche dell’Umbria sono quelle ricavate dallo Zafferano e dalla Cocciniglia.

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Il color giallo zafferano Nome: Con il termine zafferano si indicano gli stimmi del fiore di una pianta bulbosa a fioritura autunnale dal nome “Crocus Sativus Linnaeus” che sembra derivare dal termine ebraico “karkom” modificato dai fenici in “krakhom”. Il nome sardo è invece “zaffanau” che come il nome italiano “zafferano” sembra prendere origine dal termine arabo “jafaran” trasformato dal persiano “sahafaran”, a sua volta derivante dalla parola “asfar” che significa giallo. Principio attivo: Il suo principio attivo è dato dalla crocina che insieme alla crocetina impartiscono il tipico colore giallo. Per le sue molteplici proprietà questo fiore veniva usato non solo per tinteggiare i tessuti ma anche in farmacologia nella cosmesi e nella gastronomia. Colore: Giallo dorato. La pianta dello zafferano è originaria dell’Asia Minore. Le sue proprietà curative e tintorie erano già conosciute dagli Egiziani. Furono gli Arabi però a diffonderla in Spagna (che rimane tutt’oggi il paese maggior produttore) e da qui in altri paesi d’Europa. È sempre agli Arabi che si deve il cambio del nome da croco a zafferano. In Italia la sua produzione ha rivestito un ruolo importante per l’economia, vista anche la creazione di un buon indotto. Lo Statuto di Perugia testimonia la produzione di tale pianta in Umbria già a partire dal XIII secolo. Particolarmente adatto per la tintura di panni in lino, in seta ed in lana, veniva usato da Pietro Vannucci, detto il Perugino, anche per le sue tele e i suoi affreschi. Il colore dorato derivante dagli stimmi è stato da sempre il 9


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colore caratteristico di abiti sacri e religiosi: dalle toghe degli antichi Egizi, agli abiti dei re Assiri, dei re d’Irlanda fino all’abito del Dalai Lama. Questa tinta è interamente di origine vegetale, in quanto usata senza l’intervento di soluzioni acide che avrebbero potuto danneggiare le fibre tessili. Per garantire la buona qualità dei prodotti furono emanati negli anni, nelle varie città italiane, severi Statuti con i quali si sottolineava il divieto di usare coloranti di buona qualità miscelati con altri di basso prezzo.

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Il color rosso cremisi Nome: Il termine cremisi deriva dal latino medievale “cremesinus” o “carmesinus” a sua volta collegato al nome scientifico dell’insetto dal quale viene estratto il colorante e cioè il “Kermes vermilio”, una specie di cocciniglia che vive sulle foglie di specifiche piante di quercia. Colore: La tonalità è di un rosso luminoso e chiaro che, contenendo alcune componenti di blu, tende lievemente al porpora. La cocciniglia è il nome comune che indica l’insetto, appartenente alla famiglia della coccoidea, da cui si ricava il colorante naturale di origine animale, oggi sostituito in gran parte da un processo di sintesi e utilizzato per produrre il maggior numero dei coloranti rossi nell’industria alimentare e nella tintura dei tessuti. Questo insetto secerne un liquido molto denso simile a cera dentro cui si avvolge e si protegge dai predatori. Il materiale molto soffice che si crea rende l’animale facilmente localizzabile nel momento in cui si procede alla raccolta. Solo le femmine posseggono il pigmento rosso carminico, la cui massima concentrazione si ha nel periodo in cui devono deporre le uova. Bisogna quindi raccogliere l’insetto prima che deponga le uova, essiccarlo e schiacciarlo quale termine ultimo del processo. Questa pratica fu scoperta dalle prime popolazioni del Messico. I Conquistadores spagnoli rimasero affascinati da questo colore, tanto che a partire dal 1518 lo importarono in Europa. Con questa tintura naturale molti europei appagarono la loro voglia di tinte vive. 11


Tinture e Tintori

La cocciniglia ha un grandissimo potere tintorio, che non si esaurisce mai in un solo bagno; si può sempre usare per un secondo bagno e spesso per un terzo, ottenendo dei colori sempre più chiari. Con l’avvento del XIX secolo le tinture sintetiche cominciarono a sostituire i coloranti naturali. Attualmente però sta tornando di moda la richiesta di coloranti naturali non nocivi alla salute. Oltre alla cocciniglia esiste anche una specie vegetale, la bacca rossa della Spina Cervinia detta Grana d’Avignone, da cui si ricava la stessa tinta. Essa però è considerata poco pregiata, adatta soprattutto per acquarelli, miniature e tempere ad olio. L’amore per il colore rosso: È il colore del sangue. Antropologicamente associato ad una mania scaramantica. È il colore che si dice indichi la voglia di sentirsi vivi; sin dall’antichità indice di potere per re, cardinali e popolo. Scrive Michel Pastoureau nel suo Dizionario dei colori: “Il colore rosso è il colore per eccellenza”. Nel medioevo le prostitute erano obbligate ad indossare qualcosa di rosso sui loro abiti; era una lanterna rossa quella che indicava le loro case. Nella moda non è stato un colore da gran dame sino a che i grandi couturier di oggi non lo hanno svincolato da tale convinzione.

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Tinture e Tintori

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Tinture e Tintori

Bibliografia Mons. F. Canuti: “Nella Patria del Perugino”, Scuola Tipografica Orf. Sacro Cuore, Città di Castello, 1926. Ricerche effettuate anche in vari siti Internet di interesse.

ISTITUTO PROFESSIONALE per i SERVIZI COMMERCIALI Città della Pieve (Pg) Docenti curatori: Ivonne Fuschiotto Emanuela Lucacchioni Collaborazione esperti: Nicoletta Mezzetti

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Tinture e Tintori

Note

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