sociale Centro Servizi per il Volontariato Perugia Terni
Quaderni del volontariato CESVOL PERUGIA EDITORE 2018
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Quaderni del volontariato 12
Edizione 2018
Cesvol Centro Servizi Volontariato della Provincia di Perugia Via Campo di Marte n. 9 06124 Perugia tel 075 5271976 fax 075 5287998 www.pgcesvol.net pubblicazioni@pgcesvol.net
Edizione Ottobre 2018 Coordinamento editoriale di Stefania Iacono Immagini di copertina realizzate da Marco Tiberi Stampa Digital Editor - Umbertide
tutti i diritti sono riservati ogni produzione, anche parziale, è vietata ISBN 9788896649817
Le parole che trasformano Con la collana “I Quaderni del Volontariato”, giunta alla sua undicesima edizione, il Cesvol con ben 116 titoli, concretizza una delle proprie finalità istituzionali, che rimane quella di promuovere la cultura del volontariato, della solidarietà e della cittadinanza attiva. Si tratta di testimonianze e di esperienze di vita che possono contribuire a tessere un filo di coesione e di dialogo positivo, contaminando il nostro immaginario collettivo con messaggi valoriali ed equilibrati, in perfetta controtendenza rispetto al flusso, ormai pervasivo, di contenuti volgari ed, in molti casi, violenti ed aggressivi di cui è piena la contemporaneità con le sue “vie brevi” di comunicazione (come i social). Se consideriamo la nostra mente come un bicchiere, sarebbe da chiedersi di quale liquido si riempie quotidianamente. Se la nostra rappresentazione della realtà viene costruita dai programmi televisivi, se il nostro punto di vista su un tema specifico viene condizionato dai commenti della maggioranza dei nostri amici di facebook, se abbiamo appreso tutti la facilità con la quale è possibile trattar male una persona, mascherati e non identificabili, senza che questo produca qualche tipo di turbamento alla nostra condizione psicologica, se nel postare i nostri punti di vista ci consideriamo degli innovatori solo perché siamo ignoranti e tutto quello che sappiamo lo abbiamo ricavato da ricerche lampo su Google… ebbene, se riflettiamo su tutto questo, forse non va ricercata molto lontano la risposta alla domanda ormai cronica del perché di una polverizzazione delle relazioni, di un isolazionismo nelle nostre “case elettroniche”, dell’adesione acritica ai vari estremismi di turno che, quelli sì, sono perfettamente consapevoli del potere trasformativo della parola e della sua comprensione sia razionale che emozionale. Eppure, le parole (e quindi i pensieri e le emozioni che vi sottendono) creano la realtà. Non occorre scomodare tanta letteratura per
comprendere quanto i pensieri siano potenti nel determinare la nostra realtà, nel convincerci che una cosa è in questo modo piuttosto che in quell’altro. Lo abbiamo sperimentato più o meno tutti nella nostra esperienza di ogni giorno, ma poi perdiamo la consapevolezza della nostra stessa origine: all’inizio era il Verbo ed il Verbo era presso Dio. Il verbo era Dio. Più laicamente, questa “sequenza” è stata ripresa in tutte le millenarie tradizioni sia orientali che più vicine a noi. Ma ancora una volta, oggi se ne è persa la consapevolezza. La parola è un “fattore” unico nel suo genere, una vera e propria bacchetta magica. Ascoltare, leggere, udire solo parole negative produce nel destinatario un vero a proprio campo energetico negativo. L’energia altro non è se non un trasferimento di informazioni. Un trasferimento che avviene attraverso il filo sottile della comunicazione. Oggi, forse inconsapevolmente, l’umanità sta letteralmente usando il potere della parola senza rendersi conto di quanto questa stia trasformandola, conducendola agli estremi di qualsiasi punto di vista. E, quindi, l’un contro l’altro armati. Dice il noto psichiatra Vittorino Andreoli, “Ci troviamo ad un livello di civiltà disastroso, regrediti alla cultura del nemico”, ma a noi, come osservatorio della sottile realtà dell’associazionismo e del volontariato, piace conservare e consolidare la speranza che, ad un certo punto, rispuntino da qualche parte parole come amicizia, solidarietà, condivisione e, perché no, amore. Le parole, non urlate, che appartengono e che ispirano il comportamento di quella parte di cittadinanza che ha preso in carico la sua quota di responsabilità nella società che abita. E che non resta alla finestra, o peggio, dietro al rassicurante schermo di un computer. Sono queste le parole che popolano il piccolo mondo della Collana del Volontariato, che con queste testimonianze prova a riempire con il liquido magico della parola trasformante quel bicchiere ancora mezzo vuoto. Salvatore Fabrizio Cesvol Perugia I Quaderni del Volontariato
Co-Creare la cultura: Storytelling sul Teatro piĂš piccolo del mondo a cura di Serena Brenci Pallotta
SocietĂ del Teatro della Concordia
Perché lo storytelling? Perché chi vive in un borgo sa che ogni pietra racconta una storia e se si ha il giusto atteggiamento si è in grado di ascoltarla. Già, perché di sottofondo non c’è il caos della grande città, con i suoi rumori assordanti, ma solo un rassicurante silenzio interrotto a tratti dal cinguettio degli uccelli o dal chiacchiericcio dei passanti. Così proviamo a condensare in un testo le sensazioni e le impressioni di chi visita il cuore pulsante del nostro paese, il Teatro della Concordia, per creare una scatola delle emozioni da aprire ogni volta che si ha bisogno dell’effetto consolatorio della bellezza. Da primo cittadino di questa piccola, ma vivace comunità non posso fare altro che ringraziare i volontari della Società del Teatro della Concordia che ogni giorno contribuiscono a custodire questo prezioso patrimonio culturale e a coinvolgere i visitatori in un viaggio emozionale in grado di lasciare un segno indelebile nella memoria. Voglio ringraziare gli adulti che sanno raccontare con grande esperienza, ma anche e soprattutto i giovani che con il loro entusiasmo e l’approccio social consentono di coniugare storia e innovazione per proiettare un bene culturale nel futuro. Un futuro nel quale ci auguriamo riscopriremo il grande valore della cultura non solo come patrimonio, ma anche come opportunità di lavoro per i tanti ragazzi che non vogliono lasciare i borghi natii, ma rimanere per contribuire al loro sviluppo. Daniela Brugnossi Sindaco del Comune di Monte Castello di Vibio
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Cara Serena, mi hai chiesto due parole di contributo a questo bel lavoro collettivo, o meglio, di comunità, e io te le mando. In realtà queste parole hanno poco da aggiungere a un testo - a un mosaico di testi - che è esauriente in sé, proprio come tessuto comunitario, se non forse per rappresentare ed esprimere la simpatia per un'impresa che ha fatto della piccolezza una grandezza. Sai, sapete, che il mio modo di comunicare, per ragioni professionali, ma anche anagrafiche e di vocazione è un altro: ci siamo incontrati più volte, conosciuti e poi stimati, proprio in occasione di servizi giornalistici in cui cercavo, non so se ci riuscivo, di far passare la profondità, l'intensità e il calore del vostro impegno culturale di comunità attraverso la superficialità e la freddezza del mezzo televisivo. Ecco, questa è forse l'unica ragione vera di queste mie parole, a parte l'affetto personale: in un'epoca in cui il minimalismo è diventato una moda, non più un'estetica, in cui "piccolo è bello" - frase vera - si è spesso trasformato in uno slogan logoro e vuoto, il "piccolo" del vostro teatro e del vostro Comune mantiene un senso grande proprio perché riguarda non una cosa inerte, mura, pietre, ma una cosa viva e vitale, perché ha dentro l'anima della vostra comunità (è la quarta volta che in poche righe uso questa parola ma capite che non posso farne a meno perché è il cuore della questione). Il vostro piccolo teatro ha un'anima che è quella che voi gli date. Senza sarebbe certo bello, ma inerte e chi lo curerebbe? E chi se ne curerebbe? Avete fatto del teatro, con la matura esperienza dei padri e l'entusiasmo giovanile dei figli, un elemento vitale di identità e di cittadinanza, per questo è diventato così importante per tanti, non solo per voi; lo avete fatto con un lavoro paziente, costante e appassionato che è un esempio per tutte le realtà piccole e 2
belle che non riescono a sfuggire all'isolamento e all'appassimento proprio perché quest'anima non riescono a darsela. Perché quest'anima civica non è un dono che cade dall'alto ma il frutto di volontà generose, di sensibilità, di amore per le radici. Poi la rete, le grandi risorse della tecnologia, possono fare il resto, ma la scintilla vitale è quest'impegno, che riconnette quanto ce n'è bisogno - la piazza materiale della comunita' a quella telematica. Senza questa connessione, l'unica veramente necessaria, la rete amplifica solo se stessa e il vuoto. Voi ci avete messo la vostra forza e il vostro amore e avete marcato la differenza. Grazie per quest'esempio. Vi abbraccio e vi auguro ogni bene. Paolo Raffaelli Giornalista RAI
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La Società del Teatro della Concordia al traguardo dei 25 anni della gestione del Teatro della Concordia, bene del patrimonio storico, artistico e culturale italiano. 25 anni sono i sogni dell'allora Teatro in rinascita, da poco salvato dalle macerie di una stasi lunga 42 anni; 25 anni sono quelli di un'attività ininterrotta fatta di volontariato, di programmazione coordinata, di aperture nei giorni di festa per incontrare il sorriso di un visitatore entusiasta; 25 anni sono tutti i collaboratori che per una sera o per 25 anni sono stati parte della squadra, dietro ad un nuovo allestimento scenico o all'idea embrionale di un nuovo meeting, o alla commozione di quel fidanzato che qui fece una sorpresa alla sua amata; 25 anni sono le coccole che ricevono i visitatori, l'emozione degli sposi, l'incanto dei bambini delle scuole, la trepidazione degli artisti, le speranze degli innovatori, la compostezza elegante dei partecipanti ai convegni. 25 anni di tutti Noi con Voi! Ecco! Una mèta di approdo che non mi sarei aspettato di traghettare, ancora qui con l’impegno civico, l’amore e la passione mia e dei soci, sostenuti dall’ammirazione delle migliaia di Amici del teatro più piccolo del mondo! Abbiamo lavorato incessantemente per accrescere il valore della cultura con la condivisione dei visitatori, la comunicazione web, incrementando l’indotto turistico che beni artistico culturali come il Teatro della Concordia incentivano con l’ulteriore funzione di poter valorizzare “la Cultura per la Cultura” come fine in sé, rendendola partecipata. 4
Ecco che il turismo culturale, molto di più rispetto ad altre forme di turismo, ha la caratteristica di muovere gente attorno a territori piuttosto vasti e per tutto l’arco dell’anno. I processi d’innovazione culturale che abbiamo strutturato considerano la cultura come: • fattore di civilizzazione ed elevazione morale e spirituale dei cittadini, il turista avventore cerca i “luoghi dell’anima” come una fede imprescindibile nella sua identità umana; • veicolo per l’educazione dei cittadini; • strumento d’intervento per raggiungere obiettivi in vari ambiti di politiche pubbliche; • fattore identitario Queste attività producono valore per Monte Castello di Vibio: in riferimento alla crescita turistica e culturale del territorio ed in termini aggregativi, per quel che riguarda la vita sociale. I soci collaboratori direttamente interessati a dare la loro opera di volontariato dimostrano di essere fortemente motivati nella loro partecipazione attiva: essi si adoperano per il proselitismo della vita associativa con spirito costruttivo e propositivo. È il caso di sottolineare che qui in Associazione si crea per i giovani soci una scuola esperienziale di organizzazione e di rispetto per i valori patrimoniali della collettività, perché questi vivano e si mantengano per le future generazioni. Edoardo Brenci Pallotta Presidente della Società del Teatro della Concordia APS
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Prefazione e Ringraziamenti Questa avventura è iniziata nel web il 20 marzo 2014, equinozio di primavera e Giornata mondiale dello Storytelling, che coincide con la Giornata in cui si celebra, in tutto il mondo, anche la Felicità. Poter assumere di trovare con la narrazione una ricetta per la felicità potrebbe risuonare come una pretesa: possiamo se non altro constatare che quando si crea insieme una storia condivisa si diventa, ognuno per sé ed insieme agli altri, parte di qualcosa di più grande, che ci comprende e che prima non esisteva. La scrittrice Willa Cather la definiva così “Credo che, in fin dei conti, la felicità non sia altro che il sentirsi dissolvere in qualcosa di grande e assoluto”. Ogni storia esiste in relazione ad ogni altra cosa che le ruota intorno ed ognuno di noi ha bisogno di trovare un senso, a quello che prova, dentro un senso comune e più esteso. Lo Storytelling è l’arte di narrare intorno ad un argomento con un obiettivo di comunicazione, che è quello di portare gli utenti ad immedesimarsi sentendo la storia come propria. Per un brand aziendale o per una realtà culturale, come il Teatro della Concordia, il più piccolo del mondo, fare Storytelling significa raccordare i valori del pubblico intorno ai propri valori, mediante delle parole chiave della storia. Amo molto scrivere perché credo che le parole abbiano la responsabilità di dare forma al pensiero e definirci nelle intenzioni e nell’identità. Quindi ci rendono anche liberi. Amo molto la realtà del #teatropiccolo, perché ero una bambina quando l’ho visto riaprire dopo 42 anni di inattività ed ho percorso con la nostra Associazione di Promozione Sociale questi ultimi 25 anni di progettualità e promozione, per farlo conoscere ed apprezzare anche a chi è stato raggiunto oltreoceano da immagini e video ed è venuto in visita o ha scelto di svolgerci il suo evento. 6
L’idea di coniugare queste due passioni in uno Storytelling digitale è stata una naturale conseguenza per la professione che svolgo nell’area della comunicazione. Ed anche un esperimento. Intorno a 28 parole chiave ed a 22 storie inerenti il Teatro della Concordia ho allacciato le mie emozioni, e quelle degli altri collaboratori in Associazione, alle emozioni di molte altre persone che ogni settimana hanno partecipato via Twitter. Ognuno di loro è stato un creatore attivo della Storia che leggerete nelle prossime pagine anche se non conosceva di persona il #teatropiccolo. Lo ha immaginato figurandosi cosa potesse essere, per lui o per lei, un micio nero che ci osserva dal foyer o la memoria e il senso di appartenenza che tanto significano per un luogo d’arte di oltre due secoli di età. E si sa: l’immaginazione è l’anticamera dell’amore. E infatti dal 20 marzo al 28 agosto del 2014, periodo in cui si è svolta questa esperienza condivisa, i follower Twitter di @SmallestTheater sono diventati 182 in più. Ancora di più quelli che hanno partecipato anche solo con una frase di 140 caratteri. Grazie ancora e sempre ad OGNUNO di loro. Grazie a Marco Tiberi che mi ha supportato a livello tecnico ed emotivo in questo viaggio, ricontattando insieme a me i nostri co-creatori di storie. Grazie al Presidente della Società del Teatro della Concordia, che è anche il mio papà, e ad ogni socio che ogni giorno si adopera con le sue risorse e la sua affezione per questo bene culturale di grande prestigio. Grazie a Daniela Brugnossi, sindaco ancora in carica proprio dal 2014, che prima di tutto è una Donna, appassionata sostenitrice del nostro paese, Monte Castello di Vibio, ed una fine conoscitrice della letteratura e del valore empatico che ogni storia narrata racchiude in sé. Serena Brenci Pallotta 7
Sommario Prefazione e Ringraziamenti ..................................................... 6 Il micio nero di Luigi Agretti .................................................. 10 #teatropiccolo/micionero .................................................... 13 #teatropiccolo/Luigi1892 .................................................... 15 Tu chiamale, se vuoi, emozioni .............................................. 16 #teatropiccolo/Battisti ......................................................... 19 #teatropiccolo/Armonie ...................................................... 20 La forza del pathos .................................................................. 22 #teatropiccolo/pathos .......................................................... 24 #teatropiccolo/tango ............................................................ 24 Un “Mondo Piccolo”, di Arte e Cultura .................................. 26 #teatropiccolo/Mondopiccolo ............................................. 29 Il 5 x Mille ad un Mondo Piccolo ........................................... 30 #teatropiccolo/Mondopiccolo ............................................. 32 Quanto ti lasci plasmare dal tuo Pigmalione? ......................... 32 #teatropiccolo/Pigmalione .................................................. 36 La visita emozionale al teatropiccolo...................................... 38 #invasioneteatropiccolo ...................................................... 39 “La misura dell’amore è la perdita?” Chiedi a Flora .............. 41 #teatropiccolo/perdita.......................................................... 44 E tu come mi vedi? PermeUmbriaè… .................................... 46 #teatropiccolo/permeUmbriaè ............................................. 48 Perché un luogo diventa luogo del cuore? .............................. 49 #teatropiccolo/luogodelcuore .............................................. 53 Get married in the Smallest Theater in the World .................. 56 #teatropiccolo/sposarsi ........................................................ 59 Per scrivere bisogna amare ..................................................... 59 #teatropiccolo/scrivere ........................................................ 62 L’atavica esigenza di concertare ............................................. 64 #teatropiccolo/confronto ..................................................... 66 Fare i conti con la maturità ..................................................... 67 #teatropiccolo/maturità ....................................................... 70 8
L’identità è la memoria che resta ............................................ 72 #teatropiccolo/memoria ...................................................... 75 Tra palco e web, lo storytelling ed il turismo culturalemozionale .............................................................................. 78 #teatropiccolo/appartenenza................................................ 81 La partecipazione e le sue leve, proposito e motivazione ....... 85 #teatropiccolo/partecipazione ............................................. 90 Il valore aggiunto per il singolo e per l’organizzazione che sostiene, come riconoscerlo e perseguirlo............................... 91 #teatropiccolo/valoreaggiunto ............................................. 97 Dall’appartenenza all’autodeterminazione: il singolo ed il suo paese ........................................................................................ 99 #teatropiccolo/autodeterminazione ................................... 103 #teatropiccolo/unpaesecivuole .......................................... 104 La creatività, ricreazione individuale e fattore determinante per la crescita economica ............................................................ 104 #teatropiccolo/creatività .................................................... 107 Sydel Silverman ed uno spaccato etno-antropologico di Monte Castello di Vibio ................................................................... 110 Quando si arriva alla fine ...................................................... 114 #teatropiccolo/arrivederci ................................................. 116 Contributori .......................................................................... 120 Bibliografia ........................................................................... 125 Materiale documentale ......................................................... 127 Sitografia............................................................................... 128
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Il micio nero di Luigi Agretti Posted on 20 marzo 2014 Storie #teatropiccolo vi dà il benvenuto! A partire da questo giovedì e fino al 28 agosto vi regalerò un frammento dell’identità del Teatro goldoniano più piccolo esistente. Lasciatevi trascinare dalla vostra immaginazione e/o dall’emozione che avete provato visitandolo. Le sue storie sono le storie di tutti noi, reali o immaginarie: che cosa vi suscitano i due hashtag in elenco? Raccontatecelo via Twitter, corredatele con immagini e video. Pronti… VIAAAAA!
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I settimana Gli hashtag di questa prima settimana sono i seguenti: #teatropiccolo/Luigi1892 #teatropiccolo/micionero Ogni storia d’amore inizia dall’amore in sé, e non può essere diversamente quando si parla di arte e cultura. Prendi un borgo medievale oggi appartenente al Circuito de I Borghi più Belli d’Italia, mettici dentro un Teatro goldoniano di stile bibienesco (fine 1700) con ogni elemento dei Teatri all’Italiana… ma nella forma più piccola esistente! Il proscenio, il boccascena, la graticciata, i camerini, la doppia ansata poligonale dei palchetti disposti a ferro di cavallo, l’atrio tappezzato dei meriti e dei ricordi, incarnati in spettacolo, di questo gioiello che ci incanta la vista ed il cuore. E proprio dall’atrio parte la scalinata che sale su su per i palchetti ed il foyer dipinto dal giovane Luigi Agretti, appena quattordicenne, con la freschezza di un tratto che richiama il trompe-l’œil e l’entusiasmo adolescenziale per un’Italia unita da una trentina d’anni, che ripropone negli stemmi delle città per lui più importanti sul soffitto della sala… era il 1892 ed in tre mesi il giovane Luigi dipingerà anche la parte frontale dei palchetti del proscenio, le semilunette laterali ed il plafone superiore. Fra cotanta espressività dirompente c’è un dettaglio di tenerezza infantile: un micio. Un micio nero che sbuca in parte da dietro un tendone, a breve distanza da un libro chiuso ed alcuni calamai… poco più in là lo stralcio di un giornale dell’epoca, dipinto per fornire un escamotage alla voglia di Luigi di firmare l’affresco. Non si poteva ma lui lo volle fare. 11
Così su quel giornale è dipinto uno scorcio del borgo con la prima riga di una poesia che dedicò al paese: “Salve ameno colle nostra patria…” e sotto l’autografo del quattordicenne creativo e sognante: L. Agretti.
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#teatropiccolo/micionero
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#teatropiccolo/Luigi1892
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Tu chiamale, se vuoi, emozioni Posted on 26 marzo 2014 II settimana Hashtag della II settimana: #teatropiccolo/Armonie #teatropiccolo/Battisti
E se dal foyer sposto lo sguardo verso il palchetto di fronte a me sento l’eco del micio nero, ma allo stesso tempo un soave richiamo per le mie orecchie… mi affaccio e sono avvolta da una dolce armonia musicale, che mi culla come fossi un feto nel caldo ventre del teatro più piccolo. È il particolare plafone fatto con la tecnica a “camorcanna” ed il legno quercino dei palchetti a conferire al luogo questa acustica perfetta. 16
Beethoven, Debussy, Schumann, Schubert e Ravel sono catturati con una incisione dal vivo nel CD Armonie in Concordia1, ma mi rapiscono come se fossero qui ora, con me, coi loro sei strumenti originali che rivivono attraverso queste note, il romanticismo ottocentesco ed il tepore intimo delle nove famiglie che si scambiano sorrisi e fanno conoscere fra loro i figli adolescenti… Mi soffermo un solo attimo a pensare che queste arie sono state presentate il giorno 28 settembre 2013 in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, promosse dal Ministero per i beni e le attività culturali, che le luci si spengono… ora il teatro è pieno, volti entusiasti e curiosi si sporgono ai miei lati e dai palchetti sotto al mio, sono ancora seduta al secondo ordine. Una voce fuori campo e il sipario si apre, è sabato sera, 22 marzo 2014, in scena la “Folle corsa” di Lucio Battisti (Musicisti: Andrea Caponeri voce – Sandro Paradisi fisarmonica e tastiere – Giuseppe Barbaro chitarre): “Se nei miei occhi è sceso un velo e nel mio mondo non c’è più cielo allora tu dammi la fede persa, tu l’azzurro in cuore versa”
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Tweedle Edizioni Musicali. Il CD contiene la registrazione di un concerto live nel Teatro della Concordia, eseguito con strumenti originali dell’ottocento la sera del 6 Maggio 2000
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È il Battisti più intimo, il ricercatore sperimentale che alterna la delicatezza melodica a energici refrain del ritornello, e si cimenta con accattivanti arrangiamenti originali fin nel suo primo capolavoro “29 settembre”, con la sua intro di corde di chitarra, cui si vanno ad aggiungere basso, archi e fiati. Dopo l’approdo al funky e al pop elettronico di fine anni ’70, risultando perfettamente in linea con le nuove tendenze wave anglo-americane, ci sorprende con la ricercatezza e l’autentica poeticità della lirica, che, ormai libera e disgiunta dalla nota musicale, talvolta diviene ermetica e minimalista. Ma in questi “giardini di marzo”, che ci aprono ad una ritrovata primavera, il suo coraggio di spingersi oltre gli argini del sistema, all’apice del successo, “quello ancora c’è”. Torna il buio, è calato il sipario, resta l’armonia di immagini e suoni in questa acustica perfetta di 99 posti.
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#teatropiccolo/Battisti
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La forza del pathos Posted on 2 aprile 2014 III settimana Hashtag della III settimana: #teatropiccolo/pathos #teatropiccolo/tango Le luci si riaccendono. Ma solo un attimo. Balena sul palco un bagliore sfuggente, lo squarcia e si dilegua ancora nel buio. Mi chiedo cosa ci fosse in scena, è bastato lo spazio di qualche secondo e non esiste più. Contemplo il buio. Si dice che il buio consenta di proiettare soprattutto i propri fantasmi, e quello che vedo dinnanzi a me è una messa in scena delle emozioni, che aspettano di essere elette. Ed ecco compare la supponenza, incalza fremente una presunzione, accanto alla captatio benevolentiae, scortata da un’umiltà che lascia intravedere tenerezza e timore. Sullo sfondo l’ambizione, di lì a breve si materializza di sottecchi la viltà, che è la peggiore malattia dell’amore, perché lo macera come la mancanza di aria fa con una bella mela. Poi ecco in scena l’amore. Lo riconosco perché è luminoso e non ha paura: l’amore è coraggio e non ha mai paura di prendere posizione. È una luce che avvampa nel #teatropiccolo come un’aurora boreale. Dà l’impressione di accecamento, come quando respiri per la prima volta di diaframma, ti sembra ti manchi l’aria: invece più respiri più impari a respirare, più lasci spazio all’amore più impari ad amare. E’ un equilibrio dimesso fra il radicamento che ti centra al suolo ed il protenderti verso lo spazio dell’altro, con la fiducia o il timore, avvertendo le sensazioni che lo muovono, lo allontanano o lo affidano a te: il teatro ti fa da 22
palco, tu puoi osservare ogni emozione, prenderci contatto, poi “devi scegliere a chi dare da mangiare dentro di te, se al tuo demone o alla tua parte più edificante”. Di colpo si accendono i faretti laterali, puntano il sipario, si apre, la luce è su di una coppia: un sinuoso movimento a due calamita la mia attenzione, ancora è silenzio sui loro movimenti sensuali, un silenzio carico di pathos: Fotos de Tango2. Quell’amore da bagliore boreale si incarna in essi, nell’armonia dei corpi che si avvicinano e ricreano una nuova armonia, senza smarrire quella che àncora ciascuno di essi all’asse centrale del proprio corpo, altrimenti si avvicinerebbero solo per essere sostenuti e diverrebbero un peso. Una bimbetta riccioluta trotterella verso il mio palchetto, con un sorriso ampio e luminoso mi porge un programma: sabato 5 aprile 2014 andrà in scena questo spettacolo, alle 17, con replica alle 21.15 ed il ricavato di quello serale sarà devoluto in beneficienza per i bambini e gli adulti con gravi disabilità del Centro Speranza di Fratta Todina. Guardo la piccola di rimando, con un sorriso amplissimo. Anche questa volta il #teatropiccolo ha dato voce al suo angelo buono.
Tango on the street, realized by Assunta Cassa
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è uno spettacolo di Matteo Corrado per la regia e le coreografie, e di Emanuele Grigioni per gli arrangiamenti e le musiche, eseguite da Artensemble Group Music.
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#teatropiccolo/pathos
#teatropiccolo/tango
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Un “Mondo Piccolo”, di Arte e Cultura Posted on 9 aprile 2014 IV settimana Hashtag della IV settimana: #teatropiccolo/Mondopiccolo #teatropiccolo/SummitArte L’emozione che passa attraverso uno dei luoghi più piccoli esistenti è palpabile e condivisibile. Lo è perché il luogo è palesemente il modello di Teatro goldoniano ottocentesco della dimensione più ridotta nella sua completezza di elementi architettonici, come leggevate anche qui (vd. storia I settimana), lo è perché può considerarsi unico nella sua tipologia, come intelligente via di mezzo fra gli allestimenti teatrali cinquecenteschi in ambienti preesistenti ed il tipico teatro all’italiana, dove atrio, sala e spazio scenico si integrano in un codificato equilibrio3, ma… le stesse nove famiglie proprietarie del Teatro della Concordia nel 1808 scrissero: “la civiltà non si misura a cubatura né a metri quadri”. Pertanto l’emozione che passa attraverso uno dei luoghi più piccoli esistenti è palpabile e condivisibile soprattutto perché al suo interno ti senti protagonista di una dimensione scenica suggestiva e avvolgente, che si sviluppa intorno a te lasciandoti libero e libera di inventare e proiettare in questo salotto culturale la mappa interiore che più ti si addice, qui ed ora. Così in esso vivono infinite voci, da oltre duecento anni, che qui si sono confuse, alternate, innalzate, aggregate, divise. 3
Dalla Relazione tecnica redatta dai progettisti e direttori del restauro terminato nel 1993, gli architetti Mario Struzzi e Paolo Leonelli
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“Il sipario si apre, entra in scena una voce” – scrive Valerio Millefoglie4. È stato qui lui, lo scorso anno, ad ascoltare nel silenzio di questo tempio laico quelle voci fuori campo e fuori tempo che gli toccavano l’anima e le ha racchiuse nel suo libro Mondo Piccolo, spedizione nei luoghi in cui appena entri sei già fuori, una raccolta edita Laterza di quei luoghi piccoli che in giro per il globo hanno catturato la sua emozione, come il Teatro della Concordia di Monte Castello di Vibio. E qui sta per tornare con la sua Operetta, sabato 12 aprile alle 17.30, a performare quel silenzio di una voce, attrice protagonista, che è la voce di chi si è perso nella bellezza di questo luogo: “Io c’ero quando la parrucca di un’attrice prese fuoco e per qualche attimo la recitazione fu stupenda e indimenticabile, c’ero quando i fascisti presero possesso del teatro e disegnarono sui palchetti il loro simbolo, c’ero quando c’eravamo io, la soprano Antonietta Stella e Gina Lollobrigida, c’ero anche ai veglioni con tutto il paese dentro, così mascherati però non ci si conosceva più tutti, pareva un altro paese, un altro mondo, chi erano quelle persone?” E mentre aspetto che ci raggiunga Valerio e mi preparo per lasciare queste dolci colline umbre alla volta di Milano per il 4° #SummitArte e Cultura, rifletto su quanto la cultura abbia valore potendo trovare finalità in se stessa, come poche altre cose possono, perché è bellezza per gli occhi e diletta i sensi, ci investe di energie positive elevandoci oltre la dimensione fenomenologica dove tutto accade, a immaginare un mondo delle idee nostro e condivisibile. 4
Personaggio poliedrico, unisce l'attività di scrittore a quella di musicista e performer
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La cultura eleva l’uomo e non è per forza un diktat che “con la cultura non si mangia”: il patrimonio Made in Italy si caratterizza essenzialmente per la proposta di una identità locale fatta di tradizione enogastronomica, artigianale, architettonica e paesaggistica che muove turismo. La sfida è verso la sua sostenibilità, programmaticità ed integrazione. Ed ovviamente l’investimento di risorse per mantenere ed innovare la fruizione: a partire dal piccolo, a partire da ognuno di noi, a partire da quel che non ci costa nulla quando facciamo la dichiarazione dei redditi, come il 5 X Mille. Questo è quello che possiamo fare per il Teatro più Piccolo: il 5 X Mille per il Teatro della Concordia, progetti realizzati e da finanziare. Io ci sono, e voi?
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#teatropiccolo/Mondopiccolo
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Il 5 x Mille ad un Mondo Piccolo Posted on 17 aprile 2014 V settimana Questa settimana è la voce e lo sguardo su #teatropiccolo/Mondopiccolo il prolungamento sensoriale (udito + vista) dell’articolo della scorsa settimana, la concretizzazione di quelle parole in video ed immagine, per la voce del @Mondopiccolo e #teatropiccolo/5xMille. Stop alle mie parole, vi lascio immagini e suoni, e mi rimetto alle vostre.
OPERETTA:
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#teatropiccolo/Mondopiccolo
Quanto ti lasci plasmare dal tuo Pigmalione? Posted on 23 aprile 2014 VI settimana Hashtag della VI settimana: #teatropiccolo/Ore #teatropiccolo/Pigmalione Il sipario si chiude su quella voce, le luci si accendono. Alzo il capo verso l’alto e mi soffermo con lo sguardo sul plafone, ripenso a Luigi, sì, il quattordicenne pittore Agretti, ha dipinto anche il soffitto del teatro più piccolo del mondo: mi appare nella sua tensione di apertura verso l’esterno come un manto steso su quel pezzo di cielo a camorcanna, una tovaglia che si staglia sul blu e riecheggia il tromp-l’oeil, già usato nel foyer, la tecnica dell’illusione ottica che lascia spazio alla fantasia. Su di esso campeggiano le quattro mitologiche figlie delle Ore, legate all’orologio dipinto sopra il palcoscenico, fermo alle 20.30 – probabilmente l’orario in cui cominciavano le attività ottocentesche nel teatro… le Ore sono dipinte in modo alternato rispetto alle Arpie, figure mitologiche metà donne e metà uccello, che qui paiono aver 32
dismesso pacificamente la loro usuale ira funesta, raccogliendosi composte attorno ai tre putti che troneggiano al centro e che sostengono corone di alloro e lo stemma della Torre di Porta di Maggio, già ingresso della cinta muraria medievale di Monte Castello di Vibio e simbolo del paese.
Il plafone del Teatro della Concordia
Risate. Dal palco. Torno a guardare sotto di me. In scena si prepara il Pigmalione di George Bernard Shaw, che il prossimo sabato 26 aprile la Compagnia Teatrale Al Castello interpreterà per la regia di Claudio Pesaresi. Voglio capirci di più, cerco info, la rete ne dà di molteplici, mi rimanda allo scultore omonimo della mitologia greca che si innamorò talmente di Galatea, la statua che egli stesso aveva realizzato, da implorare Afrodite affinché la trasformasse in un essere umano per poi poterla sposare. Un mito greco alquanto attuale: quanta manipolazione c’è nel tentativo di plasmare i nostri modelli comportamentali addosso a chi diciamo di amare, e sulla base dei quali monitoriamo la loro aderenza ai nostri parametri? 33
Detta più semplicemente: quanto ci impegniamo a cercare di cambiare le persone che amiamo, illudendoci così di trattenerle a noi? L’Eliza di Henry Higgins, eccentrico professore di fonetica che scommette di educare alla buona pronuncia la piccola fioraia, che parla un cockney atroce, riuscirà nel suo intento facendola apparire una donna raffinata e colta, ma la tratterà sempre senza stima, e la ragazza, stanca di sentirsi una cavia, lo lascerà per sposare uno stolto Freddy… ops, vi ho spoilerato il finale… ma la domanda centrale resta: si finisce sempre per diventare ciò che si è? La psicanalista Melanie Klein, d’altro canto, aveva mostrato come il mondo interno degli individui dia forma alla loro percezione dell’oggetto, e come, attraverso l’identificazione proiettiva, l’oggetto sia costretto a sentire e a comportarsi secondo le proiezioni che riceve. Se siamo fasci di rappresentazione per il mondo percettivo degli altri possiamo sempre scegliere di vederci e viverci col nostro “occhio interiore”, quello della coscienza del sé. Nella sua commedia del 1912 George Bernard Shaw voleva evidentemente risvegliare anche la coscienza popolare, mettendola in guardia su quanto le classi superiori potessero operare manipolazione comunicativa sui meno abbienti. Su queste tematiche, verosimilmente, l’attualità non scade mai. Buona visione.
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Pigmalione in scena il 26 aprile 2014 al Teatro della Concordia
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#teatropiccolo/Pigmalione
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La visita emozionale al teatropiccolo Posted on 1 maggio 2014 VII settimana Hashtag della VII settimana: #invasioneteatropiccolo Il lato ipnotico di un luogo si rivela quando ci capiti per caso e ne esci cambiato, come una piccola catarsi che ti regala un insight interno, conferisce significato a qualcosa di te che prima vedevi diversamente. Durante le visite al Teatro della Concordia, in questi dodici anni, ho accumulato memorie di “attimi di stupore”. Gli “oh…” al varco della tenda rossa mentre accedevamo allo spazio platea, quei “dalla tv sembrava più grande, ma certo che a starci dentro… è tutto intorno a me” “…com’è raccolto e a misura… una bomboniera…”. E pian piano quei segni di apprezzamento e di appartenenza al luogo, come luogo dell’anima, sono diventati questa testimonianza, un mix inscindibile di ricordo, emozione, partecipazione alle vicende associative: le famiglie, le coppie, i bambini delle scuole, i cral… ognuno col proprio vissuto di gruppo empatico, che lì, nella platea dalle 37 poltroncine rosse, ci ha trasmesso qualche frammento vivido della propria identità ed ha incontrato la nostra, quella di un gruppo accoglienza appassionato e composito, di tutte le età. Le vostre e le nostre storie… e quelle del teatro, in un punto di incontro fisico e avvolgente di questo salottino d’arte… diventa ogni volta una storia nuova. Così, dal “ci capiti per caso” sta diventando sempre più un’intenzione di viaggio, o una deviazione scelta. E noi, lo Staff Accoglienza di questa associazione culturale, ci 38
siamo resi disponibili in tempi predefiniti per accogliervi, con questi orari.
Ora possiamo fare di piÚ‌ il prossimo 4 maggio 2014 sarà la giornata interamente dedicata ad una #invasioneteatropiccolo!
#invasioneteatropiccolo
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“La misura dell’amore è la perdita?” Chiedi a Flora Posted on 8 maggio 2014 VIII settimana Hashtag della VIII settimana: #teatropiccolo/perdita “La misura dell’amore è la perdita?” Hermann Hesse nel suo “Scritto sulla sabbia” dispiegava questi versi: […] “Così il nostro cuore è consacrato con fraterna fedeltà a tutto ciò che fugge e scorre, alla vita, non a ciò che è saldo e capace di durare. Presto ci stanca ciò che permane, rocce di un mondo di stelle e gioielli, noi anime-bolle-di-vento-e-sapone sospinte in eterno mutare.” […] Mi chiedo se nella fuggevolezza di ciò che materialmente non c’è più possiamo bearci di una fantasia ideale e pura, che modelliamo a nostro piacimento, e che è l’unica garanzia di immutabilità di ciò che amiamo (o sarebbe meglio dire dell’idea di ciò che amiamo), per tutta la durata di cui ha bisogno il nostro tempo interiore per andare oltre. E disfarsi di tale immutabilità per crearne un’altra. Lo stesso Hume, nel suo Trattato sulla natura umana, asseriva 41
che “Noi non siamo altro che fasci o collezioni di differenti percezioni”, così, aggiungo io, nell’immaginario degli altri possiamo essere questa infinita varietà di rappresentazioni, secondo i loro tempi tecnici interiori di elaborazione e smaltimento, sia chiaro… La mente come un teatro, l’amore come spazio immaginato. Lo scrittore brasiliano Jorge Amado nel suo romanzo “Dona Flor e i suoi due mariti” ritrae la dimensione di una donna di Bahia semplice e apparentemente timida, ma con un animo sensuale, che resta vedova di Vadinho, un uomo brillante e affascinante quanto irresponsabile e portato al ripetuto tradimento. Ma Dona Flor lo ama pazzamente, pur se in continua sofferenza per la vita sregolata del marito, lui che riesce ad essere al contempo allegro, passionale e generoso. E quando dopo un anno si risposa con Teodoro, un farmacista dabbene e tranquillo, fedele e innamorato… sembra che neppure la pace dell’ordine decoroso possa soddisfare appieno l’animo di Dona Flor… tanto da richiamare in vita lo spirito del defunto Vadinho, stavolta solo per lei! “Lui il tuo volto mattutino, io sono la tua notte, l’amante di fronte al quale hai né possibilità di fuga, né forza, siamo i tuoi due mariti, i tuoi due volti, il tuo sì e la tua negazione. Per essere felici hai bisogno di tutte e due. Quando eri sola con me avevi il mio amore ma ti mancava tutto, e quanto soffrivi! Poi avesti solo lui: avevi tutto, non ti mancava nulla, e soffrivi anche di più. Ora sì, sei dona Flor intera, come devi essere.” Il prossimo 17 maggio 2014 “Dona Flor e i suoi due mariti” diverrà “Flora e li mariti sua” per la regia di Norma Martelli, interpretata da Claudia Campagnola nel Teatro più piccolo del mondo di Monte Castello di Vibio, in una trasposizione ambientale che la vede protagonista di questa “faccenda 42
domestica� nella Roma trasteverina dei primi del novecento. Immaginandoci i toni frizzanti nostrani applicati a questa pièce non vediamo l’ora di vederla in scena!
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#teatropiccolo/perdita
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E tu come mi vedi? PermeUmbriaè… Posted on 15 maggio 2014 IX settimana Hashtag della IX settimana: #teatropiccolo/permeUmbriaè La finestra di Johari è un flash che mi guizza in mente, in riferimento al “Punto Cieco”, ovvero ciò che di me non conosco ma che gli altri percepiscono, e l’unico strumento che posso utilizzare per acquisire queste informazioni è chiedere e ricevere un feedback. Un feedback per allargare il mio campo percettivo, ricevere nutrimento empatico, sentirmi riconosciuta e fare squadra, lasciando che la comunicazione fluisca come atto di responsabilità non manipolatorio a partire dal valore aggiunto della relazione entro cui è contenuta. Sono ad una tavola rotonda molto interessante dove le dinamiche e lo scopo della condivisione rispondono a questa esigenza di costruire insieme, a partire dal brainstorming su un punto di interesse comune: “La gente non ci arriva… Umbria irraggiungibile!”. Si tratta della tavola rotonda facente parte di It Fits, Forum Italiano sul Turismo e la Sostenibilità alla sua seconda edizione, che Federico Fioravanti, giornalista ideatore e coordinatore del web magazine Umbriatouring.it, da oltre trenta anni dedito a diversi
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quotidiani locali, di cui ha assunto anche il ruolo di direttore responsabile, modera con una spiccata disposizione umana prima ancora che tecnica. È questa tensione verso il cuore stesso delle cose che lascia emergere la volontà di confronto a partire dalla percezione. Nel turismo la percezione, quel feedback del “Punto Cieco”, è essenziale per individuare in che direzione ci si sta muovendo e come i nostri utenti rispondono, o meglio, elemento proattivo, gli indizi che ci stanno dando per cambiare, migliorare il sistema rendendolo più fruibile. Fruibile, apprezzabile, accessibile… cos’è l’accessibilità? L’Umbria a livello infrastrutturale ha carenze in collegamenti e velocità, eppure… uno dei suoi punti di forza è la stessa lentezza di un viaggio in treno fra le sue colline, l’intimo raccoglimento che offre a chi sceglie un suo borgo o una sua campagna per rigenerarsi, fuori dal mondo. Il viaggio entro i confini dell’Umbria, prima ancora di gustare la meta, è già parte dell’esperienza. Cosa si potrebbe fare affinchè la permanenza entro i suoi confini si stabilizzi su una media superiore agli attuali 2.2 giorni? Probabilmente comunicare in modo più coordinato le sue peculiarità: a livello di politiche pubbliche e a livello di singola piccola realtà (che sia struttura ricettiva extralberghiera immersa in uno dei suoi ameni scorci o attrazione artisticoculturale come lo stesso pregevole Teatro della Concordia), che si interfaccia con le altre per cooperare al servizio di chi si ferma ad apprezzare questa regione. E magari in tal modo, a partire dal marketing interno, da una sorta di “psicoterapia di gruppo” per conoscerci e ri-conoscerci come umbri consapevoli del proprio territorio, potremmo farne uscire un’immagine condivisa unitaria. Che sia logo, cartello tematico in superstrada, gadget identificativo comune di una sua peculiarità enograstronomica, 47
come quella possibile del vino, dell’olio o delle acque minerali, riproposta da tutti gli operatori del settore, o un format aggregativo in rete che dìa notizia di eventi possibilmente non sovrapposti… il punto di contatto è la volontà di proporsi così, e di farlo sempre meglio. Ben vengano tavole rotonde autentiche e propositive come questa, per cominciare, per riprendere, per fare il check-point o rimproverarci un po’. E chiederci, a noi e a voi, dentro e fuori regione: tu come mi vedi? #permeUmbriaè
#teatropiccolo/permeUmbriaè
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Perché un luogo diventa luogo del cuore? Posted on 22 maggio 2014 X settimana Perché un luogo diventa #luogodelcuore? Scrivici del tuo luogo del cuore usando questo hashtag #teatropiccolo/luogodelcuore e, se ci hai visitato e ti è rimasto sensorialmente addosso questo piccolo scrigno o se desideri venire al più presto votaci qui5 (nn. 133° posto nel 2014, come luogo del cuore FAI con 2371 voti), e condividilo coi tuoi amici sui tuoi social.
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https://www.fondoambiente.it/luoghi/teatro-della-concordia?ldc
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Ognuno di noi ne ha almeno uno, spesso la sua bellezza è intrinseca, per le emozioni che lì si sono aggrumate come un coacervo di nervazioni e capillari dell’anima, stratificandosi a nostra consapevole insaputa. Così può accadere che un viottolo malridotto o un prato cittadino lo diventino perché legati a qualche frammento di vissuto fondante per ciascuno di noi. La bellezza è negli occhi di chi guarda, o semplicemente nel cuore. Poi ci sono quei luoghi che sono anche “belli fuori”. Penso alle nove famiglie che nel 1808 fondarono il Teatro della Concordia, spinte dal desiderio di ritagliarsi uno spazio personale e sociale per esprimersi e ritrovarsi: quella platea, disadorna delle attuali 37 poltroncine che vennero aggiunte soltanto nel 1914, divenne luogo di carnevalate, balli e prosa, il foyer uno spazio di conversazione con caminetto, il salotto bene della bella Monte Castello di Vibio. Proprio Monte Castello di Vibio, che era divenuto capo cantone di una vasta zona che si estendeva dal Tevere all’orvietano, in un periodo di grande fermento culturale per gli ideali giacobini che si andavano sviluppando in un clima ancora fertile da post-rivoluzione francese.
Le due mani che si stringono in segno di concordia, simbolo del Teatro
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Le nove famiglie vollero farsene portatrici ideali, nominarono il Teatro “della Concordia”, ne fecero simbolo le due mani che si stringono in segno di conciliazione e stabilirono che nessuna di esse avrebbe avuto un palchetto nominativo: la decisione più equa sarebbe stata infatti scambiarsi con delle turnazioni le varie viste prospettiche da tutti i palchetti. Nel 1823 le nove famiglie fondarono l’Accademia dei soci del Teatro della Concordia, una società costituita per la gestione del Teatro, che simbolicamente ha mantenuto la stessa denominazione “Società del Teatro della Concordia” nel 1993, quando, dopo 42 anni di chiusura, la nostra associazione non profit ha deciso di costituirsi per valorizzare e promuovere questo splendido gioiello, salvato dalla demolizione ed usura del tempo grazie ai fondi strutturali della comunità europea ed al sapiente lavoro di restauro degli architetti Mario Struzzi e Paolo Leonelli. Da allora il cuore di questo teatro è emerso formalmente in occasione dell’annullo del francobollo filatelico ad esso dedicato, il 7/09/2002, in qualità di “bene del patrimonio storico, artistico e culturale italiano”, per cui l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi espresse un ufficiale apprezzamento per “la cura e l’impegno a custodire l’identità italiana”, ed in occasione degli eventi commemorativi del bicentenario dalla fondazione, quando le stesse Poste Italiane ci hanno omaggiato di un secondo annullo datato 7/12/2008. Informalmente il cuore di questo teatro emerge ogni qual volta i visitatori vengono a trovarci, nei week end, durante le festività e nei mesi estivi di luglio ed agosto, in cui siamo aperti tutti i giorni, quando scelgono di emozionarsi coi nostri spettacoli o di usufruire della location per i propri eventi culturali, celebrativi, commemorativi e gestionali: matrimoni civili, team building e role-playing aziendali, affitti culturali. 51
Tutto quello che puoi fare in questo #luogodelcuore lo trovi qui:
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#teatropiccolo/luogodelcuore
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Get married in the Smallest Theater in the World Posted on 30 maggio 2014 XI settimana Hashtag della XI settimana: #teatropiccolo/sposarsi #teatropiccolo/marriage Mettici l’emozione, considera che vorresti che quel giorno fosse tutto perfetto ed invece c’è sempre qualcosa che sfugge al tuo controllo, come
Put the excitement in, just consider you would like that day was all perfect and instead there is always something escaping from your control, as it happens 56
nella vita, ricorda che l’anticipazione del piacere è già piacere, come suggerisce Lowen, e quindi una preparazione accurata per un luogo che ti emoziona è già amplificazione dell’emozione che verrà: è quanto hanno provato coloro che hanno scelto di sposarsi nel Teatro più piccolo del mondo. La messa in scena del giorno più bello risponde al gusto degli sposi: alcuni fra questi hanno scelto di essere soltanto loro, nessun invitato, i testimoni presi in prestito dal paese; alcuni fra questi hanno scelto sketch parodistici sulla stessa storia dei promessi coniugi fra un articolo e l’altro del codice civile e la partecipazione divertita della platea di amici e parenti, altri la lettura di poesie, altri ancora intermezzi musicali… senza tralasciare il pranzo in piazza, con lo splendido belvedere su Todi o le Bomboniere della Concordia, personalizzate con i vostri nomi ed il giorno del Sì. Ti abbiamo incuriosito?
in life, remember that the anticipation of pleasure is already pleasure, as suggested by Lowen, and then a careful preparation for a place that excites you is already amplification of the future positive emotion: those ones who have chosen to get married in the smallest theater in the world, located in Monte Castello di Vibio, have tried this feeling. “Staging the happiest day” is according to tastes: some of our spouses wanted to be alone during their rite, even witnesses borrowed from the village; some of other ones have enjoyed their relatives and friends with parody sketches regarding themselves during celebration (accomplice the celebrant, a special friend of them), other ones had made poems read or musical interludes… not to mention the suggestive catering on the main village square, with a gorgeous view of Todi or the “Concordia fancy sweet-boxes”, personalized with your names and your marriage date. Would you like to discover 57
more about it? Rispondiamo alle tue domande via mail: eventi@teatropiccolo.it Non esitare a contattarci.
We will reply to your questions at: eventi@teatropiccolo.it Do not hesitate to contact us.
Get married in the Smallest Theater – Umbria. Cristiano Ostinelli Photographer
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#teatropiccolo/sposarsi
Per scrivere bisogna amare Posted on 5 giugno 2014 XII settimana Hashtag della XII settimana: #teatropiccolo/scrivere 59
Lasciarsi rapire da un’emozione ed avere l’urgenza di fermarla su carta, o su tastiera, nei moderni tempi del web 2.0. Avere il bisogno di restare in contatto con quello spiraglio del proprio sé che sta lasciando uscire un messaggio, solo proprio, e fissarlo, riformularlo per raccontarcelo, perché la storia non è quella che accade, ma quella che ci narriamo per come la sentiamo. “La gioia di scrivere. Il potere di perpetuare. La vendetta di una mano mortale.” Ci fa eco così il Premio Nobel Wislawa Szymborska. Così un’ombra diventa la proiezione di un castello fatato, un labirinto avventuroso con un premio al termine del percorso, un avanzamento nel bosco verso la radura e poi l’oasi che ci sarà al di là, se davvero la più grande soddisfazione è nel sudore speso affrontando la salita, e ce ne possiamo accorgere soltanto una volta che arriviamo ad osservare il panorama dalla vetta. John Fante ne “La confraternita dell’uva” sostiene: “Per scrivere bisogna amare, e per amare bisogna capire” Aprirsi alla comprensione del bello che c’è nei nostri occhi, e nella nostra anima, mentre guardiamo qualcosa che ci piace, come un sorriso che rimandiamo spontaneamente quando ci sorridono di cuore, senza schermi. Mettiamo in scena i nostri film più emozionanti prendendo la realtà come scenario della nostra dimensione interiore. Chissà il - Teatro bomboniera più piccolo e completo esistente - nei suoi elementi stilistici minuziosamente aggregati quanto avrà giocato questo ruolo, emozionando ognuno per il vissuto carico di significati forti e contrapposti che si portava con sé visitandolo, scegliendo di sposarcisi o di interpretare un 60
personaggio, in una commedia, in un role-playing, sotto gli occhi avidi di sconosciuti, amici, familiari o colleghi… Alcuni lo hanno scritto qui:
Oltre alla recensione digitale persiste ancora la pagina bianca e l’odore della carta che attende paziente la penna del visitatore avventuratosi nel turbinio emozionale del #teatropiccolo: il nostro Libro dei Visitatori, su cui hanno convogliato la propria “gioia di scrivere” anche Rita Levi Montalcini, Annamaria Testa Pica, Roberto Saviano, Folco Quilici… 61
#teatropiccolo/scrivere
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L’atavica esigenza di concertare Posted on 12 giugno 2014 XIII settimana Hashtag della XIII settimana: #teatropiccolo/confronto
Meeting aziendale in corso
Cosa anima gli umani intorno ad un tavolo, o nella Curia Iulia del Foro Romano a generare trattative, discutere leggi e stabilire decisioni sulla propria vita collettiva, per quanto vincolanti esse risultino? E se i maggiori contrattualisti sociali, da Hobbes a Rousseau, ci insegnano che l’uomo ha sempre barattato un po’ di libertà per la sicurezza, ci sovviene spontaneo rilevare quanto l’equilibrio dell’uomo, animale sociale, abbia la necessità di compiersi al 64
confine fra il suo sé interiore e quello dei suoi simili. Il self interest ed il common interest di Hume che si intersecano per definire l’area condivisa nella concertazione. La tavola rotonda, la conferenza, il convegno, il simposio, l’outdoor training, fino al role playing formativo per mettere in scena anche quanto di più opposto corrisponde al nostro modo di comportarci, ed appropriarcene, incarnarlo per diventare quel personaggio e sentire come sente lui/lei. Sono meccanismi gestaltici che le aziende scelgono sempre più sovente di proporre ai propri dipendenti, per farli ri-conoscere come persone, oltre i meccanismi talvolta irrigiditi del proprio ruolo di reparto, mettendosi nei panni dell’altro, scambiandosi funzioni e responsabilità.
Il Premio Nobel Rita Levi Montalcini ad un convegno al Teatro della Concordia, nel 2003
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Non importa che sia un gioco, l’importante è acquisire percezione interna di un ruolo esterno. Tutto questo consente e alimenta la flessibilità, la detentrice per eccellenza di uno stato psicofisico sano. Il Teatro della Concordia, nella sua raccolta intimità, offre un ambiente propizio alla condivisione di informazioni e di esperienze a mediazione artistico-culturale, dal convegno tecnico-scientifico al team building, per rinforzare l’empatia di squadra e l’orientamento all’obiettivo. Sei curioso di info tecniche più precise in merito? Scrivici qui: eventi@teatropiccolo.it #teatropiccolo/confronto
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Fare i conti con la maturità Posted on 19 giugno 2014 XIV settimana Hashtag della XIV settimana: #teatropiccolo/maturità Ad appena due anni e mezzo dalla “maturità” dell’A.p.s. che lo gestisce il Teatro della Concordia si ripensa, lo fa spesso, con l’animo gioioso che si alterna alla nostalgia delle emozioni vissute, vibranti in una sequenza di arioso scorrimento visuale su quel palco. La commozione con cui la prima assemblea dei nuovi soci il 2 luglio 1993 dava vita alla “Società del Teatro della Concordia” del XX secolo, la stessa commozione che trovava concretezza con la prima stagione teatrale 1994-95, breve eppur già sentita in uno spirito condiviso: l’allora compagnia teatrale del paese che si esibiva coi sogni e la voglia di metter in scena i propri 67
entusiasmi, i concerti di Natale e degli Auguri del Nuovo Anno, che sarebbero diventati spiritualmente emblematici per tutti gli Amici del Teatro più Piccolo del Mondo negli anni a seguire, fino ancora ad oggi. E vedere quella stessa stagione teatrale ogni anno più variegata, arrivando ad ospitare prosa d’autore e popolare in vernacolo, musica classica, jazz, che spazia dal barocco italiano al latino americano, fino all’opera e alle colonne sonore più coinvolgenti dei film. Ospitare artisti emergenti internazionali, come Johanna Beisteiner e Lavinia Bocu, altri già affermati come il tenore Gianluca Terranova, Pino Strabioli, una calamitante Claudia Campagnola ed un emozionato Remo Girone, l’ammirazione più profonda per la grandezza di Rita Levi Montalcini a suo agio su quel palco semplice e piccolo, l’onore per poter ospitare un membro di giuria come Corrado Augias per il Festival del Monodramma del 1998, premio nazionale che ha sollecitato la produzione del monologo stimolando drammaturghi, scrittori, attori e registi a misurarsi con la piccola dimensione, sia di struttura che di “mercato”.
Un pianoforte, attesa e libertà
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La maturità arriva carica di sacrifici, aspettative e ideali, stratificati via via nei tentativi che si strutturano in consapevolezze, acquisizione dell’errore e coscienza della propria identità. La maturità ha viva in sé quella magia imperitura di immagini fissate nell’eterno ritorno di Nietzsche, lì nelle nostre viscere, magari dimentichiamo i dettagli di quell’esame universitario che ci costò stanchezza e fatica, ma la sensorialità connessa alle ultime corse verso il portone dell’istituto superiore, gli sguardi carichi di cinque anni ampi e controversi rivolti verso la fila di banchi disposti sul corridoio per le prime tre prove scritte, i volti cari di quei giorni e le notti prima degli esami (e dopo gli esami) quelli no, quelli sono fervidi e costanti fra i ricordi dei passaggi focali della nostra vita. La maturità di #teatropiccolo è arrivata nel 2011, un po’ di sottecchi rispetto a quella pomposa annunciata da un qualche diploma, perché in realtà resta sempre il più piccolo che, con umiltà e sacrifici, continua a conquistarsi l’apprezzamento dei visitatori e lo stupore dei sostenitori del bello, la resilienza del gruppo di volontari che si occupano instancabilmente ed incessantemente ogni week end dell’accoglienza e sorridono con garbo e amore profondo ai Certificati di Eccellenza TripAdvisor 2013 e ancora 2014, che il Teatro della Concordia ha conquistato grazie alla loro cura e al suo splendore. E allora si può effettivamente fermare, giusto un attimo a ripensarsi nei suoi passaggi focali: il suo gemellaggio nel 1997 con il teatro più grande, il Farnese di Parma, che conta 4000 posti; l’emissione nel 2002 di un francobollo delle Poste Italiane raffigurante l´interno del Teatro della Concordia, per il Patrimonio Storico Artistico e Culturale Italiano; il Bicentenario del 2008 con il nuovo annullo filatelico delle Poste Italiane e l’inaugurazione della sala espositiva dedicata alla memoria storica del Teatro Nello Latini; le aziende che l’hanno scelta come location per i loro eventi e gli eventi 69
emozionali che hanno fissato l’eternità di alcuni istanti fra quei palchetti, per le coppie che si stavano sposando, i bambini che facevano la loro prima recita, la fidanzata che ha ricevuto a sorpresa una dichiarazione d’amore… e ancora ancora… non siamo mai abbastanza “maturi” fin quando possiamo ancora permetterci di stupirci! (…O forse è proprio questa la condizione imprescindibile per esserlo).
#teatropiccolo/maturità
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L’identità è la memoria che resta Posted on 26 giugno 2014 XV settimana Hashtag della XV settimana: #teatropiccolo/memoria La memoria del cuore è quella che sopravvive rinnovandosi oltre ogni accumulazione nozionistica, perché passa attraverso i canali percettivi e consente un’interazione emozionale con gli altri, attraverso la relazione, il contenitore centrale di ogni cambiamento. L’identità è forse la memoria che resta: siamo la storia di noi che è accaduta, per come ce la raccontiamo. Così ognuno si tiene la sua verità, il proprio immaginifico copione di una scena andata in onda sul palcoscenico della sua vita, la stessa scena che abbiamo condiviso con altre persone, ma che ciascuno di noi ha registrato a proprio modo. Il ricordo non è democratico né assoluto, ma se quelle scene sono condivise allora resta la memoria di come ci siamo sentiti, di ciò che ci è stato trasmesso, come ci fa eco Maya Angelou6:
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Scrittrice e attivista per i diritti civili, divenne famosa grazie al suo libro di memorie del 1969, "Il canto del silenzio", che fece la storia della letteratura in quanto divenne il primo best-seller di una scrittrice afro-americana. Fu una poetessa e attrice pluripremiata.
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“Ho imparato che le persone dimenticano quello che hai detto o fatto, ma non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire.” E “l’anima è la memoria che lasciamo”, scrisse Ambrogio Bazzero in Storia di un’anima. C’è uno spazio, nel Teatro della Concordia di Monte Castello di Vibio, in cui è custodita l’anima di una memoria storica lasciata in eredità, intrisa di attimi di vita di gente del posto, mentre si esibiva su quel palco di legno e mentre viveva giù da quel palco, per le vie del borgo, aspetti conviviali e anche privati. Sono le raccolte fotografiche e documentative custodite nella sala espositiva sottostante la platea ed aggregate con passione certosina dal 1939 al 2005 da Nello Latini. Nello Latini, versatile personalità montecastellese, un uomo che partecipava propositivamente alle attività ricreative del suo borgo ed aveva un ruolo di responsabilità all’ufficio postale locale, che dipingeva lo stesso borgo sui sassolini e scritte di responsabilità ecologica sui cestini del paese, fotografava, viaggiava verso l’Australia e ritornava, instancabile ad accogliere i primi visitatori del #teatropiccolo. Ritrovò nel 1994 il fondale storico dipinto da Cesare Agretti e andato perduto durante la chiusura del Teatro nel 1951, e, per primo, pensò alla possibilità che l’interno di questa location da bomboniera potesse entrare tutta in un francobollo: quello che è poi diventato il quarto francobollo di un teatro in Italia, ed il solo che mostra palchetti e platea. 73
Parte dell’Archivio Storico Nello Latini
Ricevette dal proprio precursore Renato Ippoliti tutti i carteggi riguardanti il Teatro della Concordia dal 1888 al 1963, e li continuò ad arricchire lungo tutta la sua vita, per farne poi dono alla non profit che dal 1993 continua a gestirlo, e di cui anche io faccio orgogliosamente parte. Se Nello ancora oggi fosse fra noi sarebbe in prima linea a ricordarci di votare il Teatro della Concordia fra i luoghi del cuore FAI, perché questo può consentirci di ottenere finanziamenti per restaurare i suoi affreschi. Dopo venti anni dalla ristrutturazione si pone l’esigenza di combattere l’usura del tempo e mantenerli ancora apprezzabili come Cesare e Luigi Agretti li dipinsero. Dobbiamo arrivare ad almeno 1000 voti. Aiutateci! 74
La mia identità è in divenire perenne. Non ho un’identità da proteggere, ho un’identità da realizzare, un’identità che avanza, che cresce, che evolve. La mia identità di oggi non è più quella di ieri. Chi sono io? Sono le mie idee che ho cambiato, le emozioni che ho avuto, belle o brutte, sono la mia volontà. La mia identità è il comporsi di tutte queste cose, per cui sono braccia che si stendono, non sono radici immobili. [Ermes Maria Ronchi]7 #teatropiccolo/memoria
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Presbitero e teologo italiano
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Tra palco e web, lo storytelling ed il turismo cultural-emozionale Posted on 3 luglio 2014 XVI settimana Hashtag della XVI settimana: #teatropiccolo/appartenenza Quand’è che l’appartenenza taglia i cordoni della catena per essere legame imprescindibile dalla nostra stessa essenza? Ci sono pochi legami inossidabili, molti legami funzionali. E la parola “funzionale” non ha necessariamente un’accezione negativa: si tratta dei cosiddetti “legami deboli”, contestuali e occasionali, come analizza Giovanni Cappellotto8, che però ci consentono di stabilire scambi interattivi sul piano professionale o di interessi tematici, di allargare il nostro campo percettivo, per arrivare via via a sentire la presenza intorno a noi di un network. La partecipazione a quel network si realizza quando si condivide quel che si sa e ci si pone nell’ottica di non aver imparato ancora abbastanza da chi ne fa parte. Così nel flusso non giudicante delle diversità con cui ci si pone in comunicazione, eppur senza mai perdere spirito critico verso i fenomeni che accadono, si diventa quanto si desidera trasmettere. Se il legame più arduo è quello con se stessi ed ai legami deboli non si affida l’aspettativa di risolverci, quanto di noi riversiamo nei legami forti? 8
Consulente ecommerce, project manager, web marketer
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Mi domando quanto equilibrio personale comprometta la confluenza con l’altro eppure quanto quella confluenza si ricerchi nell’ineffabile tentativo di sentirci parte di un microcosmo emotivamente autosufficiente. C’è la parte del proprio Sé che cediamo, trascurandone il bisogno individualistico, per ritrovarla in un Noi, con il surplus di emozione che si porta dietro, e che valica l’accesso verso propri aspetti interiori mai conosciuti prima a quel modo, come ci viene in aiuto Calvino: “Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo“. Questo ci danno i legami forti. E trovano la forza di adattarsi agli inevitabili cambiamenti personali. Spesso hanno bisogno di nutrirsi di presenza, talvolta invece l’assenza riassesta i gap temporali delle anime affini che si sono trovate nel tempo sbagliato e continuano a rincorrersi attraverso gli anni, in un ipotetico “tempo giusto” per entrambi. Il Teatro, un teatro che è piccolo, può essere lo specchio più intimo di questo confronto con l’idea di appartenenza ad un legame, a partire dal legame con la propria vulnerabile dimensione dell’anima. E pensate a chi questo #teatropiccolo lo ha continuato a guardare attraverso i decenni, ci è cresciuto, ci ha recitato come la nostra memoria storica Nello e la signora Marisa, carismatica guida emozionale per molti di coloro che vengono a trovarci, a chi ci ha trovato l’energia creativa per poi catalizzare l’amore verso tutto il proprio paese, divenendone attivissimo consigliere comunale, come Marco, aka @withoutshadow, a chi ci è entrata bambina per un legame forte che se ne occupava, e poi ha finito per declinare ogni 79
proprio studio e attitudine al fine di apportare un contributo al bene culturale pubblico, come me. Noi, e altri con noi, abbiamo sviluppato un legame forte con questo palco. Molti lo conoscono attraverso il web, poi decidono di visitarlo, di esibirsi qui, di sposarsi qui, di fare laboratori teatrali qui, di rafforzare lo spirito del proprio gruppo aziendale qui. E dopo, nel follow up dell’evento concluso, continuano a seguirci, ad emozionarsi quando un post social li raggiunge ad altri capi del mondo, come accade a Johanna Beisteiner, a Lavinia Bocu, a Hanneke Lokhoff, ai docenti e agli studenti dei masterclass internazionali che qui si esibiscono almeno una volta l’anno, ai giapponesi che organizzano tour di alcuni Borghi più Belli d’Italia, con intermezzo concertistico di archi a Monte Castello di Vibio, nel Teatro più piccolo del mondo. Anche questi richiami sono appartenenza. Dall’emozione dell’esperienza di contatto alla circolazione di pillole emozionali possono bastare anche i “Due gradi e mezzo di separazione” di cui parla Domitilla Ferrari nel suo accattivante manuale edito Sperling & Kupfer, dispiegando ulteriormente il valore dei legami deboli. Il virtuale, del resto, anticipa sempre il reale, lo ha fatto da ancor prima che la rete web ci avvolgesse: lo stupore di un dettaglio impercettibilmente carpito, l’attesa, il richiamo del bello, l’anticipazione del piacere è essa stessa piacevolezza, senza tuttavia l’esigenza di assecondare totalmente Flaubert, che credeva che la forma più pura di piacere fosse l’aspettativa. Che poi, dentro o fuori il web, come e quando, sta a noi integrarla senza che la cross-medialità ci fagociti. Perchè la pratica delle emozioni ne resta fuori, e si trova anche su questo palco di #teatropiccolo. 80
#teatropiccolo/appartenenza
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La partecipazione e le sue leve, proposito e motivazione Posted on 10 luglio 2014 XVII settimana Hashtag della XVII settimana: #teatropiccolo/partecipazione
L’entusiasmo di una serata nel Teatro più Piccolo del Mondo
Partecipazione come reciprocità e responsabilità condivisa di un processo comune che coinvolge l’intero sistema economico, giacché il libero mercato implica ripercussioni globali e il “welfare globe” non può prescindere dalla salubrità di ciascuna porzione di umanità, soprattutto delle porzioni più disagiate. Non è soltanto una questione etica di rispetto e buona predisposizione verso il prossimo, è cooperazione di risorse, 85
ausilio socio-economico per raggiungere obiettivi di pace e benessere comune. La “cosa pubblica” sembra così evanescente e distante dal singolo su così grande scala, pertanto è evidentemente dal piccolo che si deve partire. Il piccolo è già microcosmo di tutti gli ambiti che possono generare partecipazione, se ci si appella all’inclinazione vocazionale che sospinge ogni persona: è in base a quella che ciascuno può far del proprio meglio per contribuire alla propria felicità e di conseguenza a quella comunitaria. La felicità? Sembra quasi un parametro antieconomico, che fa leva su retaggi ancestrali poetici ed evocativi. Eppure la chiave è lì, nel FIL, la Felicità Interna Lorda.
I nove parametri del GNH, Bhutan 2010
Il Bhutan lo adotta già da quattro anni come indicatore per calcolare il benessere della popolazione, in base a nove parametri riguardanti la qualità dell’ambiente, la salute psico86
fisica dei cittadini, l’istruzione, la sostenibilità ecologica delle diversità e la ricchezza dei rapporti sociali. Il Bhutan, che è fra i Paesi più poveri dell’Asia? Si, proprio così, perché è anche l’ottava nazione più felice del mondo. Probabilmente quando si è immersi nella crisi questa andrebbe colta nel suo significato etimologico di discernimento e conseguenziale scelta di un nuovo indirizzo, per aprirsi ad una fase di cambiamento basata su criteri innovativi per quanto basilari: tornare all’essenza stessa del concetto di partecipazione, quello secondo il quale si ha il desiderio di prendere parte allo spirito collettivo se ci si sente sia riconosciuti nelle proprie peculiarità, sia fondamentali alla crescita della comunità entro cui si vive, a partire dalla valorizzazione delle proprie competenze emotive e abilità e dall’uso sostenibile delle risorse a km 0. Se un Gross National Happiness Center in Italia non è nemmeno nei pensieri sicuramente sarebbe interessante e proficuo, al fine di consapevolizzare un senso di appartenenza e quindi di partecipazione, ripartire dal minimo comune denominatore dell’italianità: la cultura. La cultura che non riceve abbastanza finanziamenti pubblici eppure ancora tende a dover giustificare l’iniziativa imprenditoriale e quella di crowdfunding per auto-sostenersi. Come se l’economia fosse di per sé materia nera e come se la raccolta fondi fosse denigrante per gli operatori culturali. Così la cultura (e con essa il finanziamento che la sostiene) resta spesso la terra di mezzo, così osannata e poco frequentata. La cultura che ha in sé l’espressione artistica dell’animo umano ed il patrimonio di animi talentuosi e geniali che valica decenni, secoli e millenni di memoria storica. Che peccato che venga propinata come cosa impegnativa e noiosa, che peccato che resti esiliata in un cantuccio rispetto alle sensibilità cui veniamo più spesso sollecitati, che peccato 87
non riuscire sempre bene a trasmettere il valore aggiunto che ha per il PIL e per il FIL. In occasione della tavola rotonda sulle prospettive del fundraising per la cultura e finanziamenti europei, organizzato a Spoleto dal Gruppo Territoriale Umbria dell’Associazione Italiana Fundraiser (ASSIF), in collaborazione con Noesis Foligno, mi ha notevolmente colpito la riflessione di Marianna Martinoni9, permeante l’intero principio che dovrebbe motivare la donazione alle organizzazioni culturali non profit: è la stessa organizzazione che deve consapevolizzare e valorizzare, prima internamente, il proprio valore aggiunto per il territorio e la comunità di riferimento. Individuare qual è il proprio apporto territoriale, come organizzazione, sull’effetto moltiplicativo delle spese di alcuni individui, che determinano a loro volta il reddito di altri individui, che ne destineranno a loro volta parte in consumi e parte in risparmio e così via, “facendo girare” attivamente l’economia monetaria e sociale del luogo. Secondo il moltiplicatore keynesiano ed ipotizzando una propensione marginale al consumo individuale dell’80% (ed il restante 20% destinato al risparmio) qualsiasi incremento nella spesa o negli investimenti genera un incremento nel reddito nazionale di cinque volte superiore rispetto alla spesa pubblica iniziale. Lo spirito di appartenenza e partecipazione dell’individuo collettivo non deriva soltanto dalla consapevolizzazione dell’effetto moltiplicatore sullo sviluppo locale: Irene Sanesi, dottoressa commercialista e Presidente della Commissione “Economia della Cultura” UNGDCEC, cita anche gli altri quattro indicatori del VAC – valore aggiunto culturale, quali la reputazione, il fattore di impatto culturale, 9
Docente e libera professionista nel settore della comunicazione e del fundraising
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la varietà delle proposte culturali e l’efficacia ed efficienza dei prodotti generati. Così la conoscenza degli strumenti di defiscalizzazione per imprese e privati e l’accountability, magistralmente definita dalla stessa Irene Sanesi come la capacità dell’istituzione culturale di comunicare le decisioni intraprese – accountable – e di farlo ponendo attenzione – responsibility – alla comunità di riferimento, sono necessarie ma non sufficienti se non è abbastanza radicata la membership. La Felicità Interna Lorda come indicatore collettivo di teste consapevoli che possono e quindi vogliono scegliere, dal momento che La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione. Grazie Giorgio, mi prendo in prestito il tuo stornello, con cui riecheggerai nel Teatro storico più piccolo e completo al mondo il prossimo 18 luglio 2014, onorato dalla compagnia MabTeatro. Compagnia e spettatori, Vi attendiamo. Anche questa è partecipazione, anche questa è raccolta fondi per rendere fruibile la cultura in un incanto architettonico.
Prospettiva del Teatro della Concordia dalla platea
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#teatropiccolo/partecipazione
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Il valore aggiunto per il singolo e per l’organizzazione che sostiene, come riconoscerlo e perseguirlo Posted on 17 luglio 2014
XVIII settimana Hashtag della XVIII settimana: #teatropiccolo/valoreaggiunto L’emisfero destro e quello sinistro predominano l’uno sull’altro a seconda di come ci poniamo nei confronti della comprensione di un fenomeno e della tipologia della funzione sollecitata, se restiamo orientati su una visione d’insieme sensoriale/emotiva o se ci inoltriamo nei processi linguistici e di catalogazione logica del pensiero. Quando si parla di valore e sua individuazione, soprattutto del margine di quello aggiunto, le valutazioni
La luna e Monte Castello di Vibio
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possono essere di due ordini: Da cosa rilevi che il valore aggiunto è abbastanza evidente da farti compiere una scelta? E quanto l’intenzione con cui inizi un processo condiziona lo sviluppo successivo del tuo percorso? Per quanto rimarchevole sia l’intenzione iniziale talvolta accade che la duttilità con cui ci poniamo verso un segnale sincronistico da cogliere ci conduca fuori dal binario che credevamo predefinito. L’acausalità di due eventi connessi nel significato ma non nelle intenzioni iniziali riconduce al concetto junghiano di sincronicità e, perché no, anche di serendipità. Così ci piace “cogliere il segno”, quel dettaglio che in modo euristico e senza apparenti inferenze, ci porta a “conferire il senso”, senza il quale non potremmo vivere. Il valore aggiunto che interessa il nostro emisfero destro sta nelle sensazioni suscitate da un’indistinta interconnessione di incontri, luoghi, risonanze. Come quando ci innamoriamo… magari è un odore, o uno sguardo che le/gli abbiamo rivolto proprio in quel momento lì in cui lei/lui stava per sorridere/correre/direlasua, magari è la sorpresa di sentirci attratti da qualcosa che non credevamo potesse ancorarci i sensi ed il pensiero così ripetutamente, magari è… fatto sta che spesso c’è almeno quell’attimo in cui possiamo scegliere se darci l’ok, prima di smettere di padroneggiare razionalmente quelle meravigliose interconnessioni implicite. Il valore aggiunto da discernere c’è anche quando è chiamato prevalentemente in causa l’emisfero sinistro e siamo motivati a riconoscere i parametri oggettivi che regolano realtà e fenomeni. Nello scorso articolo ho introdotto il concetto di Valore Aggiunto Culturale (VAC) di una organizzazione, 92
presentato dall’economista ed ex presidente dell’Agenzia per il Terzo Settore Stefano Zamagni come una complessità di parametri qualitativi (Reputazione, Fattore di impatto culturale, Varietà delle proposte culturali, Efficacia ed efficienza dei prodotti generati), che si aggregano ad una misurazione socioeconomica dell’Effetto Moltiplicatore sullo Sviluppo Locale. Se la partecipazione diviene progetto quando riesce a convogliare la proattività del singolo in un processo collettivo è fondamentale individuare il valore aggiunto derivante da quella stessa partecipazione, sia per il singolo che per la sua comunità. Il Teatro della Concordia di Monte Castello di Vibio ha da poco superato i suoi venti anni di gestione associativa, come Associazione di Promozione Sociale che persegue le finalità di:
creazione di appartenenza identitaria dei concittadini, dei visitatori e degli utilizzatori al patrimonio artisticoculturale di cui si prendono cura; valorizzazione e promozione del bene come tempio laico da apprezzare per le proprie uniche peculiarità architettoniche e da fruire nel rispetto della funzione originaria e delle applicazioni innovative di sostenibilità socio-ambientale che consente (laboratori a mediazione artistica, coniugazione della realtà aumentata dai mezzi social 2.0 con l’esperienza emozionale in loco, creazione di eventi che coniughino la partecipazione di spazi del borgo con rappresentazioni teatrali all’interno della struttura); diffusione e sviluppo dell’immagine turistica di Monte Castello di Vibio e del suo territorio circostante in modo ecosostenibile ed integrato.
A proposito dell’effetto moltiplicatore sullo sviluppo locale, come cambierebbe il contesto turistico se l’attività di questa 93
non profit non esistesse? Consiglio direttivo e soci attivi della Società del Teatro della Concordia sono consapevoli che, per il 2013, nella stima dei 150.000 € generati dall’indotto turistico sul territorio (introiti di strutture ricettive e/o ristorative, servizi commerciali di agenzie/aziende) la fruizione del bene Teatro della Concordia abbia contribuito nella misura del 65% a vantaggio del territorio stesso, dove per territorio non ci si limita al Comune di Monte Castello di Vibio, ma si considera una più ampia zona della Media Valle del Tevere, comprendente anche i comuni limitrofi. I parametri valutativi di questa esperienza di compartecipazione alla vitalità economica territoriale della non profit culturale, che in quanto tale non ripartisce gli utili e ha al contempo bisogno e diritto di strutturare sempre meglio ruoli e retribuzioni al suo interno, per mantenere la propria attività sostenibile e scalabile nel tempo, sono principalmente cinque: – Visitatori – Spettatori della stagione teatrale – Fruitori della combinazione cena tipica + ingresso allo spettacolo serale – Fruitori del pacchetto Week end (cena + ingresso spettacolo + pernottamento + colazione) – Fruitori della location per matrimoni ed eventi In termini di fidelizzazione emozionale e ripercussioni sullo sviluppo sociale il bacino di appartenenza ai valori perseguiti e trasmessi dalla Società del Teatro della Concordia è ben più ampia, includendo gli artisti, i visitatori, gli users di eventi internazionali e le coppie che dall’estero hanno scelto di venire a sposarsi qui… un’appartenenza che non ha confini linguistici né nazionalistici, perché il linguaggio dell’emozione è universalmente trasmissibile. 94
La membership, sentirsi parte come condivisori della Carta dei Valori di questa realtà:
il Peopleraising riguarda soprattutto i volontari fisicamente e frequentemente più prossimi al Teatro della Concordia, i donatori di tempo e competenze, come li definisce Luciano Zanin10. Sono soprattutto i volontari dello Staff Accoglienza che, con preparazione, entusiasmo e personalità, aprono il Teatro e lo illustrano ai visitatori durante i week end, le festività ed ogni giorno nei mesi di luglio e agosto. Ad essi, nel corso di questi venti anni, è stata dedicata formazione periodica in loco, con l’affiancamento a persone che hanno già maturato esperienza, ed in aula, come accadrà anche col prossimo corso in “Comunicazione e accoglienza turistica” del Progetto Cometa, coordinato da Iter, Innovazione Terziario.
Amici del Teatro più Piccolo del Mondo
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Consulente, fundraiser, formatore e Presidente di ASSIF, Associazione Italiana Fundraiser, dal 2011
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il Friendraising, che lega con questa simbolica tesserina gli Amici Sostenitori del Teatro più Piccolo del Mondo che vengono a trovarci personalmente, esprime quella che Irene Sanesi definisce come la relazione di reciprocità che fonda la sua ragione sulla capacità di generare esperienza comune e socialità attraverso la produzione e l’erogazione di specifici beni relazionali.
in merito al Fundraising, ed al Corporate Fundraising nello specifico, buone aspettative derivano dalla recente modifica all’Art Bonus, che, per favorire il mecenatismo culturale, consente una detrazione Irpef/Ires per le erogazioni liberali alla cultura pari al 65%, anche in riferimento alle donazioni a favore dei concessionari e affidatari di beni culturali pubblici, per la realizzazione di interventi di manutenzione, protezione e restauro.
Buone nuove si palesano anche dalla Riforma del Terzo settore11 in merito alla razionalizzazione e semplificazione del regime di deducibilità e detraibilità dal reddito delle persone fisiche e giuridiche delle erogazioni liberali; in merito all’introduzione di meccanismi volti alla diffusione dei titoli di solidarietà e di altre forme di finanza sociale (finalizzate a obiettivi di solidarietà sociale) ed in merito alla valorizzazione del ruolo degli enti nella fase di programmazione. Questa si esplica a livello territoriale ed è relativa anche al sistema integrato di interventi e servizi socio-assistenziali, di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, paesaggistico e 11
La legge 106/2016, la Riforma del Terzo settore, ha avuto un momento fondamentale del suo ciclo attuativo con l’approvazione del d.lgs. 117/2017, il Codice del Terzo settore
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ambientale. Il fine comune è sempre quel valore aggiunto, tangibile e intangibile, che si possa recepire con entrambi gli emisferi cerebrali e che, forse, in ambito culturale può sintetizzarsi in quella “piacevole stanchezza” da cambiamento del battito cardiaco, frequenza respiratoria e lucidità negli occhi, che non necessariamente deve tradursi in una intensa e folgorante sindrome di Stendhal12.
#teatropiccolo/valoreaggiunto
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Affezione psicosomatica che provoca tachicardia, capogiro, vertigini, confusione e allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d'arte di straordinaria bellezza
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Dall’appartenenza all’autodeterminazione: il singolo ed il suo paese Posted on 24 luglio 2014 XIX settimana Hashtag della XIX settimana: #teatropiccolo/autodeterminazione #teatropiccolo/unpaesecivuole 99
Come lungo un filo conduttore che si dipana alla volta di una finalità concreta e misurabile, il viaggio dell’appartenenza si traduce in partecipazione e valore aggiunto, attestando e confermando un’intenzione e potenziandosi soltanto attraverso l’autodeterminazione. Se l’intenzione è “Orientamento della coscienza verso il compimento di un’azione, che può indicare semplicemente il proposito e il desiderio di raggiungere il fine, senza una volontà chiaramente determinata e senza la corrispondente deliberazione di operare per conseguirlo” l’autodeterminazione interviene quando l’uomo afferma quella volontà di determinazione secondo la propria legge, indipendentemente da cause che non sono in suo potere. Non possiamo scegliere cosa ci capita, possiamo invece scegliere cosa fare con quel che ci capita. Sartre nel suo pamphlet “L’esistenzialismo è un umanesimo”, scritto nel 1946, sostiene: “Prima che voi la viviate, la vita di per sé non è nulla, sta a voi darle un senso, e il valore non è altro che il senso che scegliete” Siamo ciò che facciamo, ed il viaggio sono i viaggiatori come ci fa eco Pessoa. Se per viaggio intendiamo quello imprevedibile della vita molto spesso ci rendiamo conto che la vera libertà sta nella perdita di controllo su tutto ciò che non dipende direttamente da noi e nell’assunzione di 100
responsabilità di ciò che ci prendiamo per noi di questa imprevedibilità. Quanto più ci autorizziamo ad essere quello che siamo e ad autorealizzare la nostra natura, anziché la concezione di come dovremmo essere, tanto più possiamo stare nell’attimo presente e fluire verso un cambiamento naturale, dapprima come sé autonomi, poi come comunità che ha il coraggio e la creatività di poter fare la differenza. Mi colpisce la figura di Franco Arminio13, che ha delineato la scienza-arte sulla paesologia come la predisposizione a “scrivere col corpo dei luoghi in cui si vive o dei luoghi che si attraversano. Una forma di attenzione in cui l’osservazione del mondo esterno e quella del mondo interno s’intrecciano continuamente. Un’attenzione inquieta, in cui l’osservazione di qualcosa diventa osservazione di qualcos’altro. Alla fine non è il paese che mi interessa, ma quel paese un poco più grande che chiamiamo mondo. Mi interessa la contemplazione di quello che c’è. Mi piacciono le persone che mettono la percezione davanti alla discussione. Nutrirsi di immagini più che di opinioni, nutrirsi di dettagli più che di astrazioni.” Ogni paese ha in sé un pullulare di vita e di silenzi, brainstorming indefiniti di tentativi, ripensamenti e suggestioni di massa, spinte innovatrici che conquistano i più attivi e dilagano poi in maniera contagiosa fra tutti, diventando la specificità che fa la differenza. Come è tangibile a Monte Castello di Vibio anche in questa settimana, dal 21 al 27 luglio: questo borgo, fra i Più belli d’Italia e appartenente anche al circuito Città Slow, si sta 13
Poeta, scrittore e regista italiano, autodefinitosi come “paesologo”
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animando di degustazioni e concertini, all’aperto nelle piazze, in Chiesa, al Teatro della Concordia. Si tratta degli allievi musicisti, provenienti da ogni parte del mondo, di un Masterclass giunto al suo terzo anno consecutivo e rivolto a strumenti ad arco, la cui principale docente è la violinista Elizabeth Wallfisch, eminente solista di violino barocco e nome di livello mondiale. Attraversare le viuzze avvolti da queste melodie è rigenerante e alienante, come se davvero tutti avessimo bisogno di ricondurci all’idea ancestrale di paese.
Masterclass internazionale di strumenti ad arco, foto di Ross J Slade
“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via” scrive Cesare Pavese. 102
Come la base sicura da cui spiccare il volo e poi tornare anche soltanto col pensiero, rigenerando ed autodeterminando il proprio divenire. “Per un attimo dimentico di essere a Illmitz e ricerco, smarrito, la via di casa. Forse, soggiornandovi a lungo, ogni paese finisce per rassomigliare all’altro: ognuno racchiude in sé un certo numero di caratteri umani; e i caratteri umani, in fondo, non sono poi molti. Passando davanti a un gruppo di anziani che discute del tempo, penso che i paesi sono come dei piccoli zoo; come un animale in cattività, ognuno di noi nasce con un destino e lo compie sommessamente, con piccole gioie e con dolori. Ognuno sa ciò che è e ciò che dovrà essere. Non è il mito del buon selvaggio: piuttosto l’idea che, come in un gioco a incastro, ciascuno riempie la sua casella che combacia con quella vicina dell’altro. In città è diverso: ciascuno crede di poter essere differente da ciò che è, ciascuno aspira a qualcosa di più grande, senza comprendere quale grandezza sia invece il vivere ogni giorno.” [Susanna Tamaro, Illmitz]
#teatropiccolo/autodeterminazione
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#teatropiccolo/unpaesecivuole
La creatività, ricreazione individuale e fattore determinante per la crescita economica Posted on 31 luglio 2014 XX settimana Hashtag della XX settimana: #teatropiccolo/creatività Quando sentiamo una spinta propultrice in mezzo all’usuale, quando lasciamo da parte l’usuale per esaurire quell’onda dinamica, che ci ispira e motiva il senso.
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Come asseriva Winnicott14 è la percezione creativa più di ogni altra cosa che fa sì che l’individuo abbia l’impressione che la vita valga la pena di essere vissuta, che stabilisce o ri-stabilisce il filo di continuità del dialogo con se stessi e poi con gli altri. Il passaggio attraverso lo spazio transizionale dello strumento creativo crea inevitabilmente un ponte fra la realtà esterna ed interna di ogni individuo, un ponte di espressione libera che ripropone attraverso un processo inesauribile quello che, secondo lo stesso psichiatra e psicanalista inglese, era il passaggio fra la base sicura materna e l’esplorazione della realtà oggettiva in cui il bambino, e l’adulto che sarà, apporta gradualmente porzioni di quel calore che ha assimilato, in forme aderenti al suo modo di essere. Forse, mi dico, è per questo che la mediazione espressiva è il canale più immediato per ricondurre l’individuo, che si trova sotto stress o in una situazione di impasse relazionale/decisionale, al contatto con la sua natura profonda. La mediazione che offre la creatività, per ricongiungere la rappresentazione che facciamo di noi con il modo in cui siamo, passa per la percezione sensoriale, il meccanismo più diretto per consentirci di riconoscerci come corpo integrato. E ci credo, noi siamo un corpo, non abbiamo un corpo. “Se parlare del corpo non significa riferirsi ad un oggetto del mondo, ma a ciò che dischiude un mondo, quello che scorgo in procinto di agire, o paralizzato dallo sguardo dell’altro, o incoraggiato da un gesto, o piegato dal dolore, non è il mio corpo, ma sono io” [Galimberti, 1993] 14
Pediatra e psicoanalista britannico, a lui si devono molte conoscenze sullo sviluppo nei primi mesi di vita del bambino e sul rapporto speciale che lo lega alla figura di riferimento principale
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L’area intermedia dell’esperienza, che ci offre la creatività ed in cui il corpo può ritrovare se stesso, ha a che fare con quella capacità di combinare in modo nuovo elementi preesistenti, per dar luogo a soluzioni inedite, che Henri Poincaré15 teorizza come la possibilità di riutilizzo di basi e schemi presi in prestito da metodiche già apprese e consolidate, rivisitate dal valore aggiunto che apporta la specificità della nostra personale natura, ispirazione, vocazione, tensione… Se dall’individuo ci spostiamo alla collettività ecco che l’economista e sociologo statunitense Richard Florida ci porta al concetto di “classe creativa”, rivalutando il capitale culturale, la conoscenza e l’elaborazione concettuale per connotare la società. Secondo questo economista della Carnegie Mellon University di Pittsburgh è soprattutto la creatività a determinare la crescita economica di un paese, per la compresenza di tre principali fattori, quali la Tecnologia, il Talento e la Tolleranza, che motivano le persone allo scambio di conoscenza e all’innovazione integrata e procedurale. Riportando questi principi nel contesto territorialmente e antropologicamente più raccolto del “tessuto paesologico” italiano credo che lo straordinario talento del nostro popolo abbia ancora bisogno di dinamiche chiare e regolari all’interno delle quali consentire ai giovani ed ai meno giovani di canalizzare la propria creatività. I paesi, soprattutto le roccaforti storiche con una forte tipicità territoriale, sono un coacervo di potenzialità e di spunti per la valorizzazione eco-sostenibile del proprio vivere, produrre e collaborare, magari unendo innovazione al made in Italy esistente.
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Matematico e fisico teorico francese
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E anche quando è soprattutto la tradizione a prevalere, come a Monte Castello di Vibio, ne esce un agosto pieno di attività aggregative e ricreative. Senza dimenticare che il Teatro della Concordia, attrattore culturale distintivo di questo Borgo fra i più Belli d’Italia, sarà aperto tutti i giorni del mese di agosto. Ad accogliere VOI. #teatropiccolo/creatività
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Sydel Silverman ed uno spaccato etnoantropologico di Monte Castello di Vibio Posted on 12 agosto 2014 XXI settimana Hashtag della XXI settimana: #teatropiccolo/cultura Correva il mese di settembre dell’anno 1960 quando l’antropologa statunitense Sydel Silverman iniziava i suoi dodici mesi di studio e permanenza nel borgo di Monte Castello di Vibio, con in progetto un’analisi etnologica sulla vita di un paese di collina dell’Italia centrale. Fino ad allora le dissertazioni etno-antropologiche in Italia si erano concentrate sullo scenario rurale e di sostenibilità economica dell’Italia meridionale e sui distretti industriali del Nord. Quello che uscirà nel 1975 sarà il primo libro con un focus di interesse etnografico sulla vita sociale ed economica di un villaggio dell’Italia centrale nella sua fase di passaggio dalla mezzadria agraria agli anni 73/74, periodo di ritorno a Monte Castello di Vibio della professoressa, in cui la conversione del sistema agricolo in terreni di proprietà autogestiti ed in imprese ha mutato anche l’assetto delle caste sociali, modellandone diversamente gli usi ed i costumi vigenti. Il dato interessante, che riflette la dinamica più ampia del sistema rurale regionale, riguarda la maggiore disponibilità di terreni nella forma di lavoro salariale,
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Divisione del grano col sistema della mezzadria, 1960/61 a Monte Castello di Vibio
che si registra nel censimento del 1970, declinato il sistema della mezzadria, nonostante il generale decremento del lavoro agricolo rispetto a dieci anni prima. Il cambiamento economico e sociale si riflette sulla percezione personale e sull’organizzazione degli spazi comuni: vita privata e pubblica sono più chiaramente distinti e si riscontra una maggiore iniziativa privata nell’organizzare i propri spazi ricreativi anziché aderire automaticamente a quelli vigenti in prossimità dell’abitazione; così come si rilevano minori attriti nelle feste quaresimali con la figura del sacerdote ed una nuova percezione del borgo, inteso come detentore di una qualità di vita civile e salubre.
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Intorno alla metà degli anni ’70 emerge più fortemente il bisogno di valorizzare la propria identità territoriale, di investire localmente per restaurare il Teatro della Concordia (chiuso dal 1951) e per promuovere festival sul posto. Il termine civiltà richiama il concetto di riconoscimento identitario nazionale più di quanto non afferisse a distinzioni locali nel 1960/61, così come risiedere entro le mura o in campagna non denota più così spiccatamente un’appartenenza di classe, ed i trend di moda delle maggiori città influenzano anche lo stile della provincia. L’antropologa Sydel a pagina 234 del suo libro “Three bells of Civilization“, asserisce che Monte Castello di Vibio, così come ogni cittadina, è depositaria di elaborazioni culturali, attraverso i cambiamenti politici, economici e sociali che vive. “New ideas were therefore continually reinterpreted through an urban view of the world” #teatropiccolo/cultura apre la riflessione al background che sottende l’odierna manifestazione culturale e che si è accumulato nel corso dei decenni, ripetuti per millenni, nei luoghi che abitiamo, nella configurazione del tessuto urbanistico, dei materiali edili, della conformazione territoriale e della vocazione tipica per risorse possedute e implementate. 112
Sydel Silverman al Teatro della Concordia (foto di Ross J Slade)
Aver avuto l’onore di ospitare Sydel Silverman al Teatro della Concordia domenica 10 agosto 2014, dopo 40 anni, è stato un momento celebrativo annoverabile nella stessa matrice etimologica della parola “cultura”, da intendersi tanto come perfezionamento della persona quanto come intervento sulla natura e sull’ambiente sociale, e conservante “l’idea della trasformazione” [Treccani.it], come costante processo evolutivo, cui è stato aggiunto un ulteriore tassello di contatto empatico ed etnologico con il gruppo nuovo e con quello persistente di allora (che l’ha accolta in una graditissima sorpresa!). E, se passando in questi luoghi il celebre trattatista Cipriano Piccolpasso scrisse nel 1568 che gli “hommini di 80 anni paiono averne appena 35”, perché l’aria era pulita e salubre, e nel 1986 la vicinissima Todi fu definita “la città ideale e più vivibile del mondo” da uno studio dell’Università del Kentucky, forse forse che un filo conduttore di vantaggio competitivo questa terra lo detiene, in termini di vivibilità e variazione ecologica. 113
Quando si arriva alla fine Posted on 28 agosto 2014 XXII settimana Hashtag della XXII settimana: #teatropiccolo/arrivederci Il post-contatto è quel momento in cui tiri le somme, emozionali e fenomenologiche, e chiudi il cerchio dell’esperienza. Ecco… è avviarci insieme alla chiusura di questa splendida esperienza che abbiamo fatto insieme, in cui le vostre sensazioni, immagini, pensieri ed emozioni personali hanno corredato il filo conduttore #teatropiccolo stories. L’abbiamo fatto insieme perché le storie del Teatro della
Concordia, considerato il più piccolo esistente per completezza 114
stilistica e particolarità della struttura goldoniana, ruotano attorno a quei valori e sentimenti racchiusi nelle nostre parole chiave, sapientemente da voi accolte in queste 22 settimane di condivisione. Sentimenti e valori che sono universali, e risvegliano i vostri cuori anche se non tutti avete già visitato (ma lo farete presto, vero?) il Teatro suddetto. Perché qui, come ormai sapete, vi potete anche sposare civilmente, realizzare sorprese ecosostenibili per le persone a voi care, fare team building col vostro gruppo di lavoro, passare un fine settimana immersi nel relax umbro e abbinarci una serata a teatro, nel più piccolo… e suggestivo!
Vi lascio con questo resume degli apprezzamenti #teatropiccolo che con piacere tengo con me!!!
**È il potere della rete empatica**
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Contributori Grazie a coloro che hanno contribuito con i loro pensieri tramite Tweet (in ordine di intervento): @FederighiEd @avadesordre @NadyLaGrafica @OllyPatchanka @massimoslv @GiovannaGioja @Paolo_Beccuti @SedCetta @widgetball @LuigiBrugnaro @RivistaCult @caro_viola @lonelytraveller @OphelinhaP @beccodigru @margherita_ri @AdrianaFalsone @laurentianaf @pixiedixi @erikaluna @LiveFelicita @SoniaSabbatini @zizzo_zizzo @cuordicarciofo @Writers_Readers @manugasperoni @aquagiugi @withoutshadow @beccodigru 120
@GiovanniFanfoni @Vita8Gaia @MartaDeiana @___LB___ @FabioMillevoi @Lycia18 @marcarbonio @vivimaxia @utopazia @MarcoStancati @nebulosatbh @MichelaEremita @Tour_guide_taxi Per le attivitĂ intraprese all'interno del Teatro della Concordia e per gli spunti significativi forniti alle Storie, ringrazio (in ordine di citazione): La famiglia dei pittori Cesare e Luigi Agretti, per le testimonianze fornite; Filippo Bussi di Tweedle Edizioni Musicali ed i musicisti Maurizio Gambini e Claudio Veneri per il CD Armonie in Concordia; Andrea Caponeri, Sandro Paradisi e Giuseppe Barbaro per aver omaggiato Lucio Battisti con la Folle corsa; Matteo Corrado, Emanuele Grigioni ed Artensemble Group Music, per lo spettacolo Fotos de Tango; il Centro Speranza di Fratta Todina, che si prende cura di persone con disabilitĂ , per la reciproca fiducia; 121
la pittrice Assunta Cassa, per il suo emozionante dipinto Tango on the street; Valerio Millefoglie, per averci scelto come "luogo in cui appena entri sei giĂ fuori", nel suo Mondo Piccolo; i nostri amici sostenitori che non ci fanno mancare la loro scelta del 5xMille; il regista Claudio Pesaresi e la sua Compagnia Teatrale Al Castello per aver messo in scena Pigmalione di George Bernard Shaw; la regia di Norma Martelli e l'interpretazione di Claudia Campagnola, per la messa in scena di Dona Flor e i suoi due mariti; It Fits, Forum Italiano sul Turismo e la SostenibilitĂ , per la tavola rotonda alla quale ho preso parte, ed al giornalista Federico Fioravanti per averla moderata; il fotografo Cristiano Ostinelli per la foto presente nell'articolo Get married in the Smallest Theater in the World; Rita Levi Montalcini, Annamaria Testa Pica, Roberto Saviano, Folco Quilici e tutti i visitatori che ci hanno lasciato un pensiero scritto a mano nel Libro dei Visitatori; la compagnia del Teatro della Concordia, attiva nei primi anni dopo la riapertura, gli artisti emergenti internazionali come Johanna Beisteiner e Lavinia Bocu, altri giĂ affermati come il tenore Gianluca Terranova, Pino Strabioli e Remo Girone, che si sono esibiti sul nostro palco; 122
Corrado Augias, membro di giuria del Festival del Monodramma del 1998; lo Staff Accoglienza, meritevole di aver coinvolto i visitatori con attenzione e cura, che sono valse i Certificati di Eccellenza TripAdvisor dal 2013 e per ogni anno a seguire; la famiglia di Nello Latini, per averci donato i suoi raccoglitori cartacei di memoria storica del Teatro e del paese di Monte Castello di Vibio [1939-2005]; le aziende che vi hanno svolto i propri convegni, le coppie che vi si sono sposate, i bambini che ci hanno recitato, tutti gli altri artisti, non citati nelle storie di questa raccolta, che vi si sono esibiti; il Gruppo Territoriale Umbria dell’Associazione Italiana Fundraiser (ASSIF); Irene Sanesi, dottoressa commercialista e Presidente della Commissione “Economia della Cultura� UNGDCEC; MabTeatro per il tributo a Giorgio Gaber; Elizabeth Wallfisch per il Masterclass condotto dal 21 al 27 luglio 2014 nel borgo di Monte Castello di Vibio e nel Teatro della Concordia; Sydel Silverman per essere tornata a Monte Castello di Vibio ed al Teatro della Concordia dopo 40 anni dal dottorato che le fece maturare il libro Three bells of Civilization
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Bibliografia Amado J., Dona Flor e i suoi due mariti, Milano, Garzanti Libri, 2003 Arminio F., Geografia commossa dell'Italia interna, Milano, Bruno Mondadori, 2013 Bazzero A., Storia di un’anima [1885], Milano, Lampi di stampa, 2003 Boccardini L., Cerquaglia R., Mazzi S., Monte Castello di Vibio in Bianco e Nero. Scatti, schizzi e scritture sul colle dei vibi, Perugia, L’Urlo edizioni, 2014 Calvino I., Il barone rampante, Milano, Oscar Mondadori, 2010 Chiuini G., Teatri storici in Umbria, L’architettura, Firenze, Mondadori Electa, 2002 E. Fink, La filosofia di Nietzsche, tr. it. di Pisana Rocco Traverso, Marsilio Editori, Venezia 1973 Fante J., La confraternita dell’uva, Torino, Einaudi, 2004 Ferrari D., Due gradi e mezzo di separazione. Come il networking facilita la circolazione delle idee (e fa girare l'economia), Milano, Sperling & Kupfer, 2014 Flaubert G., L'Éducation Sentimentale, Paris, Michel Lévy Frères, Éditeurs, 1870, trad.it. Balatti M., L'educazione Sentimentale, Milano, Feltrinelli, 1992 125
Galimberti U., Opere. Vol. 4: Psichiatria e fenomenologia., Milano, Feltrinelli, 2006 Herman H., La Felicità. Versi e pensieri, trad.it. Salomon N., Milano, Mondadori, 2002 (ed. orig. Glueck – Gesammelte Dichtungen, Suhrkamp Verlag Frankfurt am Main und Leipzig, 1952) Holmes J., La teoria dell’attaccamento, John Bowlby e la sua scuola, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2012. Hume D., Opere filosofiche, volume primo: Trattato sulla natura umana, Bari, Laterza, 2008 Millefoglie V., Mondo Piccolo, spedizione nei luoghi in cui appena entri sei già fuori, Bari-Roma, Laterza, 2014 Pastore G., Il recupero degli spazi teatrali in Umbria, in Le forme del teatro italiano dal 1968 ad oggi, sl, st, sn, 1982; Umbria, Giunta Regionale, Restauro e riattivazione dei Teatri storici e razionalizzazione del circuito teatrale umbro. Progetto presentato per il finanziamento FIO 1985 (L.887/84, art.12), Perugia st, sd. Pavese C., La luna e i falò, Torino, Einaudi, 2014 Pessoa F., Il libro dell'inquietudine, a cura di Valeria Tocco, Milano, Mondadori, 2011 Retti M., Il teatro di Todi. Montecastello di Vibio, Marsciano, Regione dell’Umbria, Perugia, 2000.
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Silverman S., Tre campane di civiltà. La vita di un paese di collina in Italia, Monte Castello di Vibio nel 1960, trad.it. Artegiani P., Marsciano, 2F Editore, 2015 (ed. orig. Three bells of civilization. The life of an italian hill town, New York, Columbia University Press, 1975) Sartre J.P., L' esistenzialismo è un umanesimo, Roma, Armando Editore, 2007 Szymborska W., La gioia di scrivere, in La gioia di scrivere, Milano, Gli Adelphi, 2009, pp. 183 Tamaro S., Illmitz, Milano, Bompiani, 2014 Winnicott D.W., Esplorazioni psicoanalitiche, Milano, Cortina Raffaello, 1995 Zamagni S., Il valore aggiunto culturale, in «Paradoxa, Fondazione Nova Spes», 4, (2010)
Materiale documentale Archivio Famiglia Cesare e Luigi Agretti Archivio storico Nello Latini Costituzioni e leggi organiche dell’Accademia de’ Soci della Concordia di Monte Castello, 1827 Atto Costitutivo della Società del Teatro della Concordia, 2 luglio 1993
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