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N OT I Z I A R I O D I I N F O R M A Z I O N E D E L C O M P R E N S O R I O V I L L A F R A N C H E S E GIUGNO 2012

R e g i s t ra z i o n e a l Tr i b u n a l e d i Ve ro n a n . 1 8 3 8

Auguri Terzo Stormo L’ E D I TO R I A L E di Diego Cordioli

81 anni di impegno e lavoro dell’Arma Azzurra

NUOVE MISSIONI, NUOVI DECOLLI Vola ad alta quota questo numero del Giornale di Villafranca. Inizia infatti la nuova collaborazione con l’Aeronautica militare, che vedrà ogni mese la presenza di una intrepida rubrica curata direttamente dal Terzo Stormo. Arruolati tra i nostri fedeli lettori e collaboratori, anche i membri delle Forze Armate che planeranno con noi sulle notizie e sui fatti del territorio villafranchese. I “quattro gatti”, così chiamati per il loro stemma che presenta due gatti neri su sfondo bianco e due gatti bianchi su sfondo nero, sono presenti, con la denominazione di Terzo stormo, a Villafranca, dal 1954 e forniscono servizi di supporto logistico e relativi alla navigazione aerea, occupandosi naturalmente anche di attività di natura più strettamente militare. La loro missione, per il nostro giornale, sarà quella di raccontare a voi lettori, il loro lavoro e gli eventi a cui prendono parte. Una sinergia, tra il mondo civile e quello militare, resa possibile dagli strumenti del comunicare e dalla dedizione di entrambi alla causa comune. Voi che ci leggete, avrete notato che ogni mese cerchiamo di proporvi sempre contenuti innovativi e nuovi, che siamo instancabili nel desiderio di informarvi e nell’aumentare in qualità e quantità, le rubriche che vi proponiamo. La partecipazione al nostro giornale del Terzo Stormo non è la sola novità: da questo numero infat-

Il Colonnello Roberto Poni

PRIMO PIANO

Articolo a pag.14 e 15

SOCIETÀ & DIPENDENZE

Il gioco delle tre carte, Riflessioni sull’IMU articolo a pag. 2

La cocaina e i danni correlati articolo a pag. 12

SOCIETÀ & PSICOLOGIA

Terremoto: come reagire alla paura articolo a pag. 13

› segue pag. 2

Bar - Pasticceria - Caffetteria

OGNI SABATO MUSICA LIVE

SCUOLA & ISTRUZIONE

Violenza e abuso sui minori articolo a pag. 16

GIUSTIZIA & LEGALITA’

Il diritto alla salute nella Costituzione articolo a pag. 17

CULTURA dell’ALIMENTAZIONE

Intolleranze alimentari e salute articolo a pag. 25

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Primo Piano

A cura di Diego Cordioli

Il gioco delle tre carte Ovvero come raccontarla ai villafranchesi Il sindaco SuperMario apre la campagna elettorale per le prossime amministrative cancellando l’IMU sulla prima casa. Ma allo stesso tempo raddoppia l’IRPEF. Regalo o fregatura?

di Paolo Martari

E’ davvero tutto oro quello che luccica? La domanda ci interpella da quando il sindaco Faccioli ha comunicato che per il 2012 i cittadini di Villafranca non verseranno nemmeno un euro di IMU sulla prima casa. Il tam-tam, avviato dal primo cittadino durante le feste di chiusura dell’anno scolastico alle scuole materne (che abbia confusione sui contribuenti?), proseguita dall’ambone della chiesa di Rosegaferro (che sia intervenuta una vocazione profetica?) e terminata con imbarazzanti sms informativi inviati direttamente dagli assessori ad alcuni cittadini (per informazioni si chieda ad Alpo), ha fatto il giro della piazza e delle frazioni prima di trovare conferma nel-

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la conferenza stampa congiunta con molti rappresentanti della maggioranza. Una buona notizia, quindi, che nel grigiore politico attuale ha ridonato il sorriso a molti che in questo periodo schiumavano rabbia a causa della crisi. La via tracciata da Marano di Valpolicella (primo comune del Veneto ad esentare il versamento IMU sull’abitazione principale) è stata seguita dal nostro comune. Tuttavia il fatto che questa decisione sia stata presa a pochi mesi dalle prossime elezioni amministrative lascia più di qualche dubbio circa l’autentico spirito dell’iniziativa. Non è che si tratta dell’ennesima trovata pre-elettorale tipo quella fatta da Berlusconi quando tolse l’ICI? Non è forse un altro specchietto per le allodole che dura il tempo di pochi mesi senza badare alle conseguenze future? Va ricordato che il governo Monti ha introdotto l’IMU per evitare il default dell’Italia, cercando di reperire ingenti risorse e far fronte alle pressanti richieste dell’Unione Europea. Anziché agire su una tassa patrimoniale ha optato per gravare gli immobili, imponendo aliquote diverse a seconda dei casi. Ha preferito, cioè, non incidere sui redditi delle persone, reintroducendo invece un’imposta che il

Cavaliere aveva troppo velocemente (ed elettoralmente) tolto, accelerando la crisi economica del Paese. E per questo motivo il governo centrale (che riceverà la metà del gettito IMU, l’altra metà spetta invece ai comuni) attende dal comune di Villafranca una certa quantità di denaro, derivante dall’IMU. Se dunque i proprietari di prima casa non verseranno nulla, come potrà essere garantita a Roma questa somma? E come potrà il comune tenere in equilibrio il bilancio senza ridurre i servizi alla popolazione? E poi: che effetti avrà questa scelta sui prossimi anni? Ma soprattutto: si tratta di una decisione giusta ed equilibrata oppure punisce eccessivamente alcune categorie di persone? La risposta arriverà entro la fine del mese, quando il consiglio comunale dovrà votare il bilancio preventivo dell’Ente per il 2012. Un dato per ora è certo: la giunta guidata da SuperMario ha stabilito l’incremento (sarebbe meglio dire il raddoppio) dell’addizionale comunale sull’IRPEF, portandola dall’0,4% allo 0,7% (vale a dire un aumento del 75%). Cosa significa questo? Che tutti i proprietari di abitazione principale non verseranno l’IMU 2012 ma tutte le persone percettrici di reddito dovranno versare al

comune quasi il doppio di quanto sinora pagato. Va sottolineato che il comune non fa alcuna distinzione tra chi è proprietario di mega ville o di piccoli appartamenti, equiparando situazioni molto diverse tra di loro. Mentre ad essere maggiormente colpiti saranno i titolari di redditi fissi, a cominciare da operai, impiegati e pensionati. Soprattutto se essi vivono in affitto, perché in tal caso non beneficeranno nemmeno dell’esenzione sulla casa di proprietà. Insomma, questa amministrazione con una mano dà e con l’altra toglie. Però vuole ancora raccontare che “non mette le mani nelle tasche dei cittadini”, ma in questo caso sembra davvero difficile dimostrarlo. Il nostro sindaco ci ha sin qui abituato a performance eccezionali e se sarà in grado di dare prova dell’equità e della giustizia di questa scelta saremo ben lieti di prenderne atto e sostenerla. Diversamente, dovrebbe avere l’onestà di dire ai nostri concittadini che si tratta di un artificio contabile, che premia alcuni ma danneggia molti altri. Nel frattempo cercheremo di comprendere meglio questa misura, cercando di smascherare quella che ha tutto il sapore di essere una regalia pre-elettorale.

L’ E D I TO R I A L E ...continua da pag. 1

ti ci occuperemo anche di psicoanalisi. Pronti per coricarvi insieme a noi sul lettino dell’analista? La rubrica dedicata alla psicologia sarà curata dalla psicologa clinica e sessuologa, dottoressa Giuliana Guadagnini. In questo numero si occupa di un tema tragico e delicato che ha scosso l’Italia intera nell’ultimo periodo: quello dei terremoti, analizzando i loro effetti psicologici, la paura, l’ansia, l’attacco di panico che scatenano e le diverse fobie, semplici e complesse, ad essi collegate. Tutti noi sentendo la terra tremare siamo stati posti davanti alla nostra vulnerabilità e al fatto di essere inermi di fronte ai movimenti, con conseguenze spesso terribili, del suolo. Particolari attenzioni durante le scosse sismiche devono essere rivolte ai bambini, per rassicurare le loro angosce. La dottoressa Giuliana Guadagnini entra a far parte del team del giornale e dedicherà la sua rubrica ai fatti d’impatto psicologico più rilevanti del momento. Continuerete a leggere il parere dei nostri esperti di economia, dei nostri dottori, ma anche dell’uomo comune e del lettore, invitato sempre a partecipare attivamente e a sottoporci i fatti che ritiene di maggiore interesse. Prosegue l’esplorazione nell’allucinata e perversa realtà delle droghe, con il professor Giovanni Serpelloni, del Dipartimento per le Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, continua il nostro impegno nell’ambito del sociale e daremo sempre risalto alle associazioni del territorio e alle loro iniziative. Anche il Procuratore Enrico Buttitta, con i suoi racconti e le sue riflessioni sui temi della legalità, continuerà a tenerci compagnia e Anna Lisa Tiberio animerà sempre vivacemente il dibattito sul mondo delle scuole e dell’istruzione. La nostra squadra è pronta per il decollo: allacciate le cinture e tenete vigili la curiosità e l’attenzione: il viaggio tra le ultime notizie della realtà villafranchese ha inizio! Diego Cordioli

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Primo Piano A cura di Diego Cordioli

Per comprendere meglio gli effetti concreti della misura adottata abbiamo provato a fare un esercizio, delineando tre casi-tipo. Nel primo abbiamo immaginato una coppia di impiegati con due figli e casa di proprietà, nel secondo una famiglia di un artigiano a basso reddito con moglie, due figli a carico e casa di proprietà e infine una famiglia monoreddito di un impiegato con moglie ed un solo figlio che abita l’appartamento dei suoceri in comodato d’uso (seconda casa). I risultati si possono apprezzare nei box qui sotto. Solo il caso dell’artigiano sembra vantaggioso. Negli altri due, invece, l’addizionale IRPEF è maggiore dell’esenzione IMU (caso 1) oppure (caso 3) si somma all’IMU sulla seconda casa (che i suoceri probabilmente faranno pagare agli inquilini).

Perché ti vesti di robe altrui? Le battaglie per l’eliminazione dell’IMU sulla prima casa e per far si che l’addizionale IRPEF non salga all’8 per mille

1° CASO: Due impiegati con due figli e casa di proprietà Composizione nucleo familiare 4 Di cui figli a carico

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Numero percettori reddito 2 impiegati Reddito lordo imponibile addizionale IRPEF

51.600,00 euro

Rendita catastale abitazione principale 150 mq:

426,00 euro

Rendita catastale pertinenza principale 50 mq:

134,00 euro

Incremento addizionale comunale IRPEF (+0,3%):

155,00 euro

IMU 2012 1a casa (4 per mille) dei 2 coniugi

76,32 euro

2° CASO: Un artigiano con moglie, due figli a carico e casa di proprietà Composizione nucleo familiare 4 Di cui figli a carico

2

Numero percettori reddito:

1 artigiano

Reddito lordo imponibile addizionale IRPEF:

20.000,00 euro

Rendita catastale abitazione principale 200 mq:

550,00 euro

Rendita catastale pertinenza principale 80 mq:

200,00 euro

Incremento addizionale comunale IRPEF (+0,3%):

60,00 euro

IMU 1a casa (4 per mille) dei 2 coniugi

204,00 euro

3° CASO: Un impiegato con moglie e figlio a carico e casa in comodato d’uso Composizione nucleo familiare 3 Di cui figli a carico:

1

Numero percettori reddito 1 impiegato Reddito Iordo imponibile addizionale IRPEF:

20.000,00 euro

Rendita catastale abitazione principale 100 mq:

350,00 euro

lncremento addizionale comunale IRPEF comodatari (+0,3%):

60,00 euro

IMU 2a casa (7,6 per mille) del proprietario:

446,00 euro

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di Lino Adamo

In questi giorni di notizie terribili dal fronte del terremoto, che sembra distante se visto in Tv, ma che è realmente dietro l’angolo, un annuncio passa in secondo piano. Ritengo importante farvi sapere (ancor di più se è rilevante per i nostri cittadini) come mai l’IMU si è volatilizzata. Lo scontro silenzioso e serrato che si è combattuto fra le mura del comune ha ottenuto il primo risultato eccellente: niente IMU sulla prima casa. Dopo la presentazione del nostro studio per l’eliminazione dell’IMU sul bilancio comunale alle parti politiche che sostengono il sindaco Mario Faccioli, si è creato un pandemonio. Il loro progetto iniziale era: Irpef al 6,5 per mille ed IMU su tutto. Poi con l’eliminazione dell’IMU sulla prima casa il Sindaco vuole aumentare l’addizionale al 7-8 per mille. Milioni di euro di tasse in più. Alcuni consiglieri da sempre impegnati contro gli eccessi della tassazione hanno intrapreso un serrato confronto con il sindaco per rigettare la proposta. Super Mario ha condotto il gioco come sempre: irritato, ha sfidato tutti a contraddirlo “dopo tutto il tempo e lavoro speso!!!”. Anche altri hanno speso tempo e lavoro, “forse più esperti di lui” hanno studiato il bilancio ed hanno scoperto che sotto varie voci come avanzo dell’ anno passa-

to, oneri di urbanizzazione ecc, c’erano soldi nascosti (quasi un milione di euro) per poter fare un po’ di maquillage alla cittadina nell’ ultimo anno da sindaco. E’ stato fatto un gran pressing per evitare che la giunta e il sindaco trascurassero le difficoltà della gente nel pagare sempre più tasse e sempre più insostenibili. Dopo un’animata “discussione” si è raggiunto il risultato sperato: in soli due giorni è sparito un balzello da oltre un milione di euro. Festeggiamo e ringraziamo chi ha sfasciato la proposta inaccettabile di Super Mario che è stata difesa da pochissimi consiglieri a lui fedelissimi. Il nostro sindaco è sempre più solo in quest’ ultima parte di mandato. Forti di questo risultato per noi tutti, chiediamo ai nostri amici di proseguire l’opera: c’è ancora da migliorare, l’ addizionale Irpef era il 2 per mille solo un anno fa. Oggi il sindaco la vorrebbe all’8 (quattro volte tanto in un anno). Ci auguriamo che venga fatto tutto il possibile per riqualificare la spesa. Niente spese inutili. Niente “marchette pre elettorali” tipiche dell’ultimo anno di tanti sindaci. Chiediamo: analisi seria dei costi nascosti che il comune sostiene per l’attività concertistica e le feste di ogni genere. Oggi più che mai, in un periodo di crisi profonda, bisogna abbandonare le spese inutili per far si che queste non ricadano sui nostri concittadini sotto forma di tasse, bisogna garantire la spesa qualificata,la manutenzione del territorio (e non solo delle strade delle frazioni che stanno a cuore al sindaco), la difesa sociale e basta. Abbassiamo il più possibile l’addizionale Irpef che colpisce i pensionati e dipendenti in busta paga. Chiediamo a consiglieri ed assessori che non si riconoscono nelle proposte del sindaco di avere il coraggio di uscire allo scoperto.

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Vivere a Villafranca

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Villafranca, la città mai nata

Vivere a Villafranca analizza lo stato della nostra città con riflessioni approfondite sul nostro modo di vivere quotidiano. In questo numero parliamo anche di sicurezza cosa manca? Vi metto alla prova con una semplice domanda: “se un amico da fuori città viene a farvi visita, cosa lo portate a vedere?”. Vediamo se le risposte sono imbarazzanti o no. Di sicuro andiamo al castello; vediamo le nostre mura imponenti e sole. La chiesa “dell’oratorio del Cristo”, che è la chiesa più antica di Villafranca all’indi Giorgio Negrini terno della torre del Castello é chiusa; la stessa torre del castelCos’è la tua citta? E’ il luogo lo è chiusa. Il museo del Risorgidella convivenza, della promo- mento è stato spostato a Palazzione sociale, dello sviluppo zo Bottagisio (o Casa del Tratpersonale. Il luogo dove siamo tato di Pace del 1859) e anche nati, cresciuti, abbiamo messo su quello è chiuso per quasi tutta la famiglia, il luogo insomma dove settimana. Il giardino all’interno, si passa la vita quotidiana. For- che fino a qualche tempo fa era se non ci abbiamo mai pensato meraviglioso è anch’esso chiuma la città è il posto in cui si ri- so e in degrado. L’obelisco “del specchia una parola ben definita: Quadrato” del 1880 non si sa “sicurezza”. In casa ci sentiamo quasi nemmeno dove sia finito. “sicuri” e nella nostra città vo- Ai giardini del castello è meglio gliamo “sicurezza”. non andarci, e quindi? Non sto parlando di extracoLa chiesa di San Rocco del munitari. 1400 è stata sistemata con l’aiuVi faccio un esempio: quando to del comitato di villafranchesi usciamo di casa e vogliamo an- sorto per il restauro; la chiesa dare in piazza a fare la spesa, a della Disciplina del XV° secoprendere il giornale, a trovare lo è aperta per modo di dire, qualcuno, ci sentiamo a nostro dato che il “Mortorio” è chiuso agio? Per muovermi posso pren- come pure la parte posteriore dere la bicicletta e vedo che: della chiesa. Il Duomo dei SS. non posso andare sulla strada Pietro e Paolo con le pale del perché prima o poi mi “centra” Brusasorzi del XVI° secolo se o un’auto o un camion; se invece vado con la bici sul marciapiede prima o poi “centro” io un pedone o viceversa. Se arrivo in piazza sono fortunato se ritrovo la bicicletta dopo che l’ho posteggiata e chiusa con le catene. Perfino i vigili ci dicono che “fanno i buoni” perché ci dovrebbero multare dato che un veicolo non può transitare sul marciapiede e la bicicletta è un veicolo. Se andiamo a piedi la situazione è diametralmente opposta con in più il passaggio sulle strisce pedonali che tutti sappiamo quanto è problematico. Non parliamo poi di prendere l’auto perché o per il traffico o per la difficoltà dei parcheggi è ormai un calvario anche solo uscire dal box di casa. Vi ripongo la domanda: vi sentite “sicuri” quando uscite di casa? Io no di sicuro. Per avere questo senso di sicurezza nella nostra città

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lo sistema sempre la Parrocchia, e poi cosa rimane? Caspita ne abbiamo parecchia di roba da far vedere per una città al 15° posto (oggi forse al 14°) della regione Veneto. Avrei tenuto per ultimo un buon argomento per le nuove mamme: care mamme non avete mai pensato che il mal di gola, le bronchiti dei vostri pargoli che portate a fare un giro con le carrozzine per le vie di Villafranca possano essere dovute a quella camera a gas che sono le nostre strade? Abbiamo già ampiamente documentato questa situazione nei numeri precedenti. Da quanto tempo è che non vedete uno strumento di misurazione di polveri e inquinamento dell’aria? Nessuno degli amministratori ci ha mai messo al corrente della situazione dell’aria a Villafranca. Non vorrei essere proprio io a ricordarvi che siamo una delle città più inquinate del Nord Italia. Un tessuto urbano, come si potrebbe definire una città, è composto da spazio edificato e spazio non edificato comunque costruito: strade, piazze e zone verdi che strutturano ed attrezzano la città, dotandola di luoghi che la caratterizzano in modo specifico rispetto al resto del territorio.

La città è luogo di incontro di persone, di produzione e commercio delle merci, di convergenza di canali e flussi di comunicazione. La città è soprattutto costituita dai suoi abitanti, ed è definita dai segni di coloro che l’hanno abitata precedentemente e che hanno lasciato un patrimonio composto da significati, memorie, elementi identitari, tradizioni e modi di abitare. Che è rimasto di tutto questo? Niente se non un caos di traffico, nessun ospedale, nessun luogo di incontro come cinema o teatro e niente dal punto di vista di parchi, giardini e verde. Ma la cosa che ci deve preoccupare di più è che all’orizzonte non c’è niente di programmato! Strumento principale per una pianificazione di uno sviluppo sostenibile è il Piano di Assetto Territoriale o PAT. Dov’è? Dove si trova? Avrebbe dovuto essere pronto da qualche anno eppure se ne sono perse le tracce. E sì che metodi per programmare lo sviluppo sostenibile ce ne sono, dalla “Pianificazione Strategica” alla “Pianificazione Negoziata”. Ma non crediamo che ci sia bisogno di “teste pensanti” per fare questo tipo di valutazione; basta semplicemente capire chi sono i “soggetti” del

nostro paese, singoli o a gruppi (commercianti, industriali, agricoltori, insomma i cittadini di Villafranca), e agire in modo consapevole per conseguire insieme determinati obiettivi; visto che questi obiettivi spesso sono in conflitto tra di loro, non sono necessari attori politici che portano in sé idee conflittuali proprie dei partiti. Per fare questo è necessaria la partecipazione di noi villafranchesi che abbiamo un solo obiettivo: Villafranca. E’ per questo motivo che siamo nati come associazione Vivere a Villafranca, non legata a nessun aspetto politico ma con l’obiettivo di fare politica villafranchese: dobbiamo ricostruire i nostri valori di fondo e modificare gli atteggiamenti di tipo conflittuale con atteggiamenti di tipo cooperativo. In questo momento questi aspetti che stiamo analizzando non sono nemmeno presi in considerazione. Sta a noi ora, valutare, pensarci, e poi decidere cosa vogliamo fare. Dobbiamo pensare se la nostra città ci sta a cuore, ma soprattutto pensare se ci sta a cuore il futuro dei nostri figli perché non vorremo trovarci fra qualche anno, e non fra dieci o venti, a dover dire ai nostri figli che non abbiamo fatto niente quando era il nostro momento.

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L’Odissea dell’ospedale Magalini Il nuovo piano socio-sanitario del Veneto in discussione in Regione, gli ostacoli dovuti al bacino d’utenza previsto, l’incendio che devastò l’ospedale nel 2003 Foto scattata a fine Maggio 2012

di Giorgio Negrini Da questo numero apriamo una nuova rubrica che proseguirà per i prossimi mesi a venire e che cercherà di far luce sull’Odissea del nostro ospedale. Cercheremo di partire dai primi anni del 2000 per arrivare all’attuale situazione e cercare di capire, come è nel nostro motto, dove si potrebbe andare a finire. Anticipiamo che tutto quello che riguarda l’ospedale è talmente ingarbugliato che facilmente potremmo scrivere cose non vere, perché solo intraviste e che i legami politici, personali, di convenienza e quant’altro sono talmente tanti che l’ interpretazione dei fatti sarà riportata solo come un nostro modo di vedere le cose dato da una non attuale (per ora) conoscenza approfondita. Quindi se qualcuno è a conoscenza della realtà, con dati di fatto, si faccia avanti e ci corregga! Saremo ben felici di pubblicare la nuda realtà. Partiamo da cosa i nostri agenti segreti , che non sono nient’altro che i ricoverati nel nostro ospedale, vedono ogni giorno e ci riferiscono cosa sta succe-

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dendo in quello che dovrebbe essere un cantiere aperto da un paio di mesi: niente! Per la verità ogni tanto vedono muoversi una ruspa verde che mette qualche palata di terra su un camion; questo e nient’altro. Le nostre fotografie testimoniano ciò che loro vedono e constatano. Ora vista l’attuale situazione cosa succederà o potrà succedere in futuro? La cosa fondamentale che oggi giugno 2012 si deve mettere come pietra miliare è la discussione in Regione Veneto del nuovo Piano Socio-Sanitario del Veneto già presentato dalla Giunta Regionale e in discussione in Consiglio Regionale nei giorni 12-13-14 giugno 2012. Cosa dice questo nuovo Piano? Sono 150 pagine circa in cui si dettano le linee guida di quella che sarà la Sanità nel Veneto negli anni 2012-2016. Sono 187 gli emendamenti presentati sia da Destra che dal Centro e dalla Sinistra al piano depositato in Regione identificato come legge 190 della 9^ Legislatura della Regione Veneto. Cosa dicono queste 150 pagine di nuovo? Tutto e niente per quanto riguarda sia noi villafranchesi che tutti i veronesi.

Perché? L’unico dato ben definito è che un ospedale dovrà avere come bacino d’utenza dai 200.000 ai 300.000 abitanti che gravitano su di esso. Ora visto che la Provincia di Verona ha circa 900.000 abitanti, vediamo come distribuire gli ospedali riferendoci all’articolo del mese scorso riguardo l’ospedale che non si farà mai. San Bonifacio è nuovo; prende l’est veronese cioè tutti i paesi verso Vicenza e se ne sono andati 250.000 abitanti. Poi arriva Borgo Roma: altri 250.000 abitanti. Poi c’è Legnago che si prende tutta la bassa: altri 250.000 abitanti e siamo a 750.000. Si devono distribuire circa 150.000 abitanti tra Borgo Trento, Bussolengo e Villafranca; ditemi voi come o cosa si farà. Non è ancora finita! Come si apprende da quotidianosanità.it di mercoledì 13 giugno 2012 l’approvazione del piano rischia di slittare perché l’assessore alla sanità della Regione Veneto Luca Coletto ha annunciato un maxi emendamento recependo le indicazioni del sindaco di Verona Flavio Tosi contrario alla chiusura di un ospedale di Verona e al declassamento dell’altro ospedale;

il Governatore Luca Zaia ha risposto che il nuovo piano sociosanitario non si tocca! Addio Villafranca. Ora ripetiamo che quanto scritto sono solo congetture anche se corredate sia dal testo originale della legge 190 che dalla matematica di chi ha imparato a far di conto. Ripercorrendo la vicenda del nostro ospedale bisogna ritornare al 2000 quando Flavio Tosi fu eletto Consigliere Regionale a Venezia come capogruppo della Lega Nord; ricoprì la carica di Assessore Regionale alla Sanità fino al 2007. In quel periodo Villafranca perse l’occasione di costruire un ospedale come Polo Unico appena fuori dalle nostre mura; pura fatalità. In questo nuovo viaggio che stiamo incominciando, sarebbe magari ora che in qualche modo fosse possibile fare luce sull’incendio che nel 2003 devastò il nostro ospedale. Lo ripetiamo, fu una pura fatalità quell’incendio di cui non si seppero mai né le modalità né le responsabilità ; così, tanto per sapere, dato che sono passati quasi 10 anni. Comunque, ritornando alla rinascita del nostro ospedale, dall’Arena del 19 luglio del 2008

leggiamo: “La tempesta arriva da Venezia e il fulmine che colpisce in pieno Villafranca è una delibera: la 1308 della Giunta Galan che ordina: i 32.000.000 (milioni) di Euro per completare l’Ospedale Magalini sono dirottati su Borgo Trento”. Altra batosta e questa non parrebbe pura fatalità, noi riportiamo quanto scritto su Internet da Luigi Grimaldi. A proposito di Internet: avete mai provato a cliccare: incendio ospedale Magalini Villafranca? Si presenta un filmato su YouTube che è necessario anzi indispensabile vedere e far vedere ai propri famigliari. Vi riporto solo i dati: finanziamento 40.000.000 (milioni) di Euro; monoblocco 5 piani, 220 posti letto, piastra chirurgica, rianimazione, sale operatorie, pronto soccorso, mensa logistica, servizi generali, celle mortuarie. Inserito il 12/12/2009. La voce del servizio dice: “...tra 3 anni il Magalini sarà un moderno e funzionale ospedale a servizio dei cittadini di Villafranca”. Io sono andato a vedere quello che c’é, andateci anche voi. Per ora ci fermiamo qui, ci risentiamo il mese prossimo.

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Attualità A cura di Diego Cordioli

Dossobuono e l’autonomia perduta L’attuale frazione di Villafranca è stata Comune prima della dominazione napoleonica e tra il 1816 e il 1818. Nel 1953 il desiderio di indipendenza, tornato fervente, venne spento da una corrente sviluppatasi nella Democrazia Cristiana. di Francesco Bommartini Perchè Dossobuono non è Comune? Se lo domandano ancora in tanti. Le motivazioni, come spesso accade, vanno ricercate nei risvolti storici. E a Dossobuono c’è chi di storia se ne intende. Lorenzo Antonini ha scritto un libro esemplificativo a riguardo, intitolato “Aspetti di vita a Dossobuono – Dal secolo XI al XIX”. Nel volume, parlando del dominio napoleonico, è scritto: “Agli inizi del 1800 Dossobuono venne assegnata al Dipartimento del Mincio, con Mantova capoluogo. Ma il 20 ottobre 1801 il Comune della Torre di Dossobuono perse la sua secolare autonomia venendo unito al Comune di Sommacampagna assieme a Custoza, Alpo, Cà di Fontana e Ognissanti. Nel 1803 il territorio veronese venne staccato dal Di-

partimento del Mincio e costituì dapprima il Circondario e, nel 1805, il Dipartimento dell’Adige che, nel 1807, fu diviso in quattro distretti:Verona,Villafranca, Lonigo e Legnago. Villafranca venne suddivisa nei cantoni di Isola della Scala e di Villafranca, che comprendeva Alpo, Cà di Fontana con Ognissanti, Custoza, Dosso buono, Ganfardine, Povegliano e Sommacampagna. Quando il 4 febbraio 1814 ai napoleonici subentrarono gli austriaci, l’imperatore Francesco I costituì una commissione per la riorganizzazione amministrativa del territorio, che avvenne nel 1816. Dossobuono tornò quindi ad essere Comune, accorpato con Alpo, Cà di Fontana e Ognissanti. Ma questa suddivisione non piacque a Villafranca che, in più occasioni, richiese tramite il cancelliere distrettuale e il Podestà, la riannessione di Dossobuono. Ciò avven-

ne nel 1818”. Una cinquantina di anni fa Dossobuono ha richiesto nuovamente l’indipendenza da Villafranca, retaggio proveniente dal periodo pre-napoleonico. “Nel 1953 a Dossobuono sorse un comitato promotore, capeggiato da Augusto Mariotto e dal cavaliere Angelo Marastoni”, scrive Renzo Rizzi nella sua tesi “La ristrutturazione del Comune di Villafranca di Verona”. Rizzi continua: “Mariotto, che aveva già donato al paese la chiesa parrocchiale, l’acquedotto e la colonia montana, e l’asilo infantile ad Alpo, era disposto a sostenere l’onere economico dell’istituzione del nuovo Comune che avrebbe avuto come territorio le tre frazioni Dossobuono, Alpo e Rizza”. La sua ambizione era esserne sindaco. La popolazione, inizialmente favorevole (come confermato in una riunione al cinema Girelli il 20 ottobre

PUBLIREDAZIONALE

1953), ebbe un ripensamento, conseguente alla pressione fatta da esponenti democristiani villafranchesi. “Secondo alcuni”, scrive Rizzi, “le risorse della zona non consentivano di sostenere le spese generali richieste da un Comune”. La raccolta di firme tenutasi in novembre non det-

te quindi più l’adesione massiccia iniziale. Quella contesa però non fu vana: l’amministrazione villafranchese infatti concesse i finanziamenti necessari per completare le scuole elementari e per costruire le case popolari dette “case Fanfani”.

a cura di Lino Adamo Destra In Movimento - Cultura E Politica Email : destrainmovimento@yahoo.it

25 aprile: ricordo di una data che divide un Paese già diviso Ho cercato di informarmi con tutti i mezzi a mia disposizione di Destra, di Sinistra o di Centro non importa, per comprendere perché il 25 aprile è una data che fraziona un Paese già diviso. La Resistenza italiana (detta anche Resistenza partigiana), fu l’insieme dei movimenti politici e militari che in Italia dopo l’8 settembre 1943 si opposero al nazifascismo. Il periodo documentato in cui il movimento fu attivo, comunemente indicato come “Resistenza”, termina nei primi giorni del maggio 1945; durò quindi 20 mesi circa. La scelta di ricordare il 25 aprile 1945 fa riferimento alla data dell’appello diramato dal CLNAI per l’insurrezione armata nella città di Milano, sede del Comando Partigiano dell’Alta Italia. Invece di unire tutti gli italiani il 25 aprile, inteso come festa della liberazione dal nazifascismo, continua a frazionare. Bisogna prenderne atto, non è diventato solida memoria collettiva dei suoi cittadini. Perché? La festa del 25 aprile fu decisa nel 1946 dal premier democristiano Alcide De Gasperi, dietro la spinta poderosa del comunista Giorgio Amendola, dirigente PCI e allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Sono anni che questa data viene bran-

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dita come una clava contro “qualcuno” ovvero contro il nemico di turno, che fino a ieri era Berlusconi. La data del 25 aprile, che avrebbe dovuto simboleggiare la festa della libertà, è diventata sempre di più una festa di parte e un ulteriore motivo di scontro tra fascisti e antifascisti, comunisti e democristiani: è lo spirito di divisione che ci portiamo dietro da secoli. Le grandi date, quelle che diventano sangue e carne di una nazione, non si possono imporre per decreto, ma si riconoscono dall’emozione e dal tormento che evocano. La Francia ha il 14 luglio, l’America il 4 luglio, la Spagna il 12 ottobre, sono tutte feste nazionali dove tutti si fermano e le festeggiano uniti sotto le proprie istituzioni, nessuno pensa che siano feste di parte o di divisione e nessuno le rivendica, ma tutti si sentono orgogliosi di far parte delle proprie nazioni in questi giorni di festa. In Italia invece da 67 anni il 25 aprile divide le persone, non le unisce. Perche? Il fascismo volendo rafforzare l’identità nazionale inventò la storia della “gloria militare perduta” e riempì il calendario di feste nazionali che però erano tutte feste di regime. Feste che la Repubblica ha abolito senza trovarne una valida per tutti. Nel 25

aprile c’è ancora un sedimento di ideologia e retorica. E’ giusto riconoscere alla Resistenza i meriti che ha; ma senza attribuirle quelli che non ha. Il 25 aprile sa ancora di cellula di partito: risente dell’egemonia comunista che servì al PCI per prendere parte alla spartizione del potere finita la guerra. Vorrei ragionare con voi sui tanti perché questo 25 aprile divide e non unisce, senza parlare di partigiani o di fascisti durante la guerra. Non mi interessa quello che hanno fatto i fascisti o i partigiani, non mi interessa perché chi pensa che i fascisti siano tutti bravi continuerà a pensarlo, chi pensa che siano tutti cattivi continuerà a pensarlo, chi pensa che erano sia buoni che cattivi idem, stessa cosa per i partigiani. Quindi perché il 25 aprile divide e non unisce? A mio avviso è ancora una volta colpa della politica italiana che dal ‘46 ad oggi, con motivazioni diverse, ha voluto questo fino a Tangentopoli, correggetemi se sbaglio, il 25 aprile era una festa nazionale che però era snobbata da molti partiti politici (DC PRI PLI PSI). Ricordo che da bambino nei cortei del 25 aprile vedevo solo bandiere del PCI , bandiere tricolore o bandiere di altri partiti politici. Questo ha fatto si che detta festa si al-

terasse in una festa privata e non più nazionale. Prima di Tangentopoli una grossa parte politica italiana non aveva interesse a prendere parte alle celebrazioni del 25 aprile per motivi loro (giusti o sbagliati non lo so). Con Tangentopoli cambia completamente lo scenario politico italiano. La destra, con la Lega e Berlusconi, va al governo e da quel momento, sempre per interesse politico si sono accese le polemiche sul 25 aprile. Chi dal 1946 ha sempre festeggiato detta festa (PCI) non voleva che alla suddetta festa potessero parteciparvi altri che non fossero loro, specie se facenti parte della Lega, di AN o di FI. Da Tangentopoli ad oggi questo accade ogni anno, con una parte politica che rivendica questa festa, ed un’altra che a seconda della polemica locale o nazionale che si va ad innescare, non la riconosce o si dice vittima e non vuole che presenzi a detta festa. Tutto questo ha portato ad avere gli italiani divisi in 3 gruppi. Ecco la differenza tra il nostro 25 aprile e le feste sopra citate. Le ricorrenze sono un ponte, fra noi, il nostro passato e la nostra storia. Chi dimentica la propria storia rischia di ripeterne gli errori.

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Economia & Finanza A cura di Diego Cordioli

La ricetta per uscire dalla crisi: più federalismo, finanza ed equità mi e troppi gli interessi in ballo che legano gli uomini di potere che non si avvedono delle strade di uscita possibili e richiamano solo grandi principi a cui, nel mondo, nessuno realmente si appoggia. In Italia, sospendendo la democrazia parlamentare, sono stati dati pieni poteri al Goverdi Maurizio Zumerle no Monti. Monti ha subito cominciato male. Per prima cosa si è sistemato con la carica di La crisi incombente su tutto senatore a vita, poi è andato in il mondo occidentale è notorio giro dicendo che occorrono sasia stata causata dalla finanza. O crifici equi e promettendo subimeglio dai regolatori ( hanno un to dopo la crescita. Sembrava la nome e cognome) e da regole riedizione del governo Berluscoetiche inesistenti o inapplicate ni senza il bunga bunga. Le prida parte del mondo della finanza. missime intenzioni sono svanite Il diavolo denaro ha prodotto i e l’equilibrio immobilizzante con suoi effetti e li sta esplicando in cui ha nominato i suoi ministri svariate forme: tutte ora intolle- ne è stata la prima manifestaziorabili. Risalta, in questo contesto, ne: uno di questo, uno di quell’incapacità dei Governi, europei lo, uno amico di , l’altro imposto e mondiali, di governare la glo- da. Messi tutti con il ciuccio in balizzazione. Sono troppi i lega- bocca per calmare le voracità dei

partiti, giù con le tasse e i tagli al bersaglio grosso, con l’accetta. La professoralità e la parziale irresponsabilità politica del Governo, in teoria libero da lacci e lacciuoli partitocratici, non sono riuscite a produrre quasi niente di serio per la crescita. Dopo un primissimo risparmio sugli interessi, nulla più. Ha spaventato tutti ma manovre strutturali ( a parte tagliare le pensioni più basse dei lavoratori più anziani) quasi nulla. Ha promesso una fase due, in cui saremo ripartiti, mai arrivata, e ha mancato sui principali temi di equità che il cittadino comune sente. Ora fa il Brontolon, rimprovera, brontola, e strombazza i refrain sulla moralità, sull’evasione, sull’unità. Predica il Monti un “volemose ben”, molto patristico, di autorevolezza sistemica, di goldoniana memoria a cui il mondo italiano, però, non crede più. Monti si

è bruciato la voglia di credere e di fidarsi che tanti italiani sarebbero stati pronti a dare per l’ennesima volta. Lo Stato, oggi, continua ad usare due pesi e due misure, proprie delle diverse Italie, ma con leggi universali, tanto al nord quanto al sud . La burocrazia impazza a tutela dell’ignaro, inconsapevole, beota italiano. Lo Stato, nonostante i cittadini non siano più analfabeti e sudditi, deve forgiare tutto e tutti, domina una logica imperial-comunista che ora si chiama progressismo statalista, ma anche altro. Solo retorica per proteggere fantomatici o statistici cittadini per poter distribuire prebende dello Stato o tasse occulte caricandole sui consumatori. Ecco perché uno pensa e dice, come secoli fa il Goldoni, al nostro Paron-Governo: “La sarà servida! Ma, per mi, me farò na pignatela a modo mio”. Un recente volu-

IMU, tasse, disoccupazione e credit crunch A Villafranca, Sindaco e consiglieri comunali di maggioranza hanno deciso di non far pagare l’IMU sulla prima casa. Attraverso un aumento della detrazione fiscale che lo Stato consente di portare oltre i 200€ previsti, si è potuto non far pagare l’odioso tributo a tutti i cittadini villafranchesi. Come è noto l’imposta in questione prevede che il gettito vada interamente allo Stato centrale. La scelta dell’amministrazione è, quindi, sicuramente importante dal punto di vista politico, in quanto in tutta Italia Comuni di destra, sinistra o leghisti che siano hanno “sbraitato” contro l’ingiusta tassa dell’IMU, ma non hanno fatto alcunché per impedire che questa imposta colpisse i loro cittadini. Anzi, in molti casi si è portata l’aliquota sulle seconde case, negozi, uffici, capannoni al massimo dell’1,06 contro lo 0,76 previsto dalla legge. A Villafranca, al contrario, anche

in questa situazione si è mantenuta l’aliquota più bassa. In questo caso il gettito fiscale dell’IMU va per metà allo Stato centrale e per metà agli enti locali. C’è stato qualche Comune che ha pure aumentato l’IMU sulla prima casa alzando l’aliquota dallo 0,4 allo 0,5 (vedi Napoli). Il Comune di Villafranca ha dovuto, ovviamente, cercare nel suo bilancio altre risorse per far fronte alla mancata entrata che comunque è dovuta allo Stato centrale. Si è deciso, quindi, d’innalzare l’addizionale Irpef fino allo 0,7%, ma certamente, avendo l’imposta un carattere progressivo, forse è ritenuta più equa. Rimango comunque fermamente convinto che le addizionali sia regionali (in Veneto è all’1,23%) che comunali, comincino ad essere troppo pesanti e a costituire un’ulteriore aggravante del carico fiscale su persone ed imprese e resto pure convinto che molto si può

me, da cui è stato tratto un film, modernizza il concetto e dice: “Io, speriamo che me la cavo”. Ognuno cerca di salvarsi come può dato che per primo ci ha pensato chi ci governa! Ora , occorre ripartire dalla finanza che si è sfasciata e che ha portato allo sfascio. Il nostro sistema economico, a meno di ripensarlo completamente, ha bisogno della finanza. Lì è iniziato, da lì si deve ripartire. Vanno poste regole, condivise e fatte rispettare, anche dai grandi per ripristinare la fiducia senza la quale la finanza non funziona. E poi, oltre alle regole: l’equità. Oltre l’evasione occorre estirpare le amebe appiccicate allo Stato ed allora gli investimenti in campi strategici potranno tornare, allora i sacrifici saranno compresi e la gente tornerà a rimboccarsi le maniche. E ad avere fiducia nel Bel Paese.

di Cristiano Tabarelli

fare nel controllo della spesa da parte degli enti locali. Rimane, quindi, un giudizio positivo da parte mia per il tentativo fatto dall’amministrazione villafranchese di farsi carico di questa situazione fiscale tremenda che stiamo vivendo. Infatti resta non risolto il problema della crescita economica, che anche in questo primo trimestre 2012 è negativa. Il terremoto in Emilia in uno dei distretti economici più vivaci d’Italia non sta certo aiutando la situazione. La disoccupazione soprattutto giovanile sta raggiungendo livelli allarmanti. Oltre a ciò si aggiunge il problema del credit crunch, ossia il mancato apporto delle banche in termini di affidamenti ad imprese e famiglie. Gli istituti finanziari italiani sono stati ben finanziati dalla Banca centrale europea (a tassi direi ridicoli), ma non hanno rimesso sul mercato interno tutta questa liquidità. Capisco le sofferenze che

le stesse hanno subito in questi ultimi mesi come pure i requisiti di patrimonializzazione che l’Eba (l’istituto europeo di controllo sulla stabilità bancaria) impone loro, ma qualcosa per migliorare la situazione bisogna assolutamente fare. Il ministro Passera ha rassicurato che è pronto un piano per la crescita e che l’intero Governo ci sta mettendo la “faccia”. Vedremo! Nel frattempo il commissario Bondi, chiamato a risolvere la questione dei tagli agli sprechi nella spesa pubblica, ha concluso il suo lavoro, ma il Governo decisioni in merito non le ha ancora prese. I mercati ci impongono di agire con rapidità ed efficienza ma non mi sembra che si stia facendo tutto ciò. Certamente ci si attendeva molto di più dai “famosi” professori. Ed intanto la speculazione continua ad attaccare Italia e Spagna…il “ventre molle” dell’Europa.

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Salute & Sanità

A cura di Diego Cordioli

UROLOGIA

a cura del Dott. Pecoraro

Primario di Urologia presso l’Ospedale di Isola della Scala Specialista in Urologia

Caro Dott. Pecoraro, Ho sentito due miei amici che hanno subito un intervento alla prostata in laparoscopia. Uno da lei e l’altro con il robot in un altro ospedale. Stanno tutti e due bene. Ma le chiedo: quale è più vantaggioso? V.R. di Castel d’Azzano La differenza tra la laproscopia classica e quella che si fa con il robot è che nel secondo caso il chirurgo sta in una consol lontano dal letto operatorio, dove invece vi sono una ferrista e almeno un altro medico. Ovviamente è sempre la mano del chirurgo che porta avanti l’intervento e non è, come si può pensare, che sia invece il robot a guidare il chirurgo.

Quindi tutto dipende come sempre da quanto il chirurgo sia bravo o meno. Tutti gli studi internazionali dimostrano che l’una non è più vantaggiosa dell’altra e lo dimostrano anche i suoi due amici che entrambi stanno bene. Però il costo del robot è notevole perché oltre al costo iniziale ( circa un milione e mezzo di euro) ha anche un costo di manutenzione di circa 150.000 €

l’anno. In tempi di crisi mi sembra eccessivo, visto che gli stessi interventi si possono eseguire in laparoscopia che ha un costo molto ma molto inferiore. E inoltre per certi interventi può essere rischioso il fatto che il chirurgo sia lontano dal letto operatorio perché se hai bisogno di aprire subito la pancia del paziente perché magari si è rotto un grosso vaso sanguigno, in laparosco-

pia lo puoi fare immediatamente, con il robot ti devi spostare, lavare, vestirti con teleria sterile e questi tempi potrebbero essere pericolosi per il paziente. In conclusione le due metodiche sono completamente equivalenti ma una costa a noi cittadini molto ma molto di più.

Per porre i vostri quesiti, potete scrivere direttamente al Dott. Pecoraro alla mail gpecoraro@ulss22.ven.it o alla redazione del giornale a redazione@ilgiornaledivillafranca.com

MEDICINA GERIATRICA

a cura del Dott. Garzotti

Dirigente Medico I° livello presso 1^ Geriatria O.C.M. Borgo Trento Responsabile di Struttura Semplice di Malattie Reumatiche dell’Anziano Specialista in Medicina Interna

Il “Problema demenza”: aspetti pratici che interessano la famiglia Cari lettori, con questo terzo articolo si conclude la trilogia dedicata al “problema demenza”. Dopo avere trattato l’aspetto clinico, nel primo articolo e le ripercussioni sul “caregiver” (colui che sopporta il carico assistenziale) nel secondo, ora affrontiamo l’ultimo aspetto del problema facendo alcune considerazioni dal punto di vista economico e sui benefici che spettano alla famiglia che accetta di accudire e di farsi carico dell’assistenza di un ammalato affetto da demenza senile. Queste considerazioni avranno sicuramente poco interesse dal punto di vista clinico ma sono certamente importanti qualora si debba affrontare un problema così grave ed impattante per il caregiver e la sua famiglia. In un momento storico come questo in cui la “sanità” deve sempre più confrontarsi con la necessità di rivedere la sua organizzazione, nel tentativo di razionalizzare la spesa, di ridurne i costi, di individuare le priorità, il “problema demenza”, meriterebbe, a mio avviso, una attenzione particolare sia da parte della “politica” che dell’amministrazione sanitaria. Come detto più volte, l’invecchiamento della popolazione ci impone un ripensamento del “Welfare” ponendo la famiglia dell’ammalato al centro degli obiettivi di programmazione della sanità regionale. Non è immaginabile pensare che l’ospedale possa rispondere ai bisogni del paziente affetto da demenza. Bisogna sottolineare che, spesso, l’ospedalizzazione viene vista dal caregiver come ultima ancora di salvezza, quando non è possibile trovare nel territorio una idonea risposta ai bisogni dell’ammalato. La mia esperienza registra un maggior afflusso di malati di questo tipo in PS durante i weekend, proprio perché in quei momenti è più comune il verificarsi di un qualche vuoto

assistenziale. Ma quali sono i costi sociali della demenza? Sinteticamente possono essere divisi in tre gruppi. Al primo appartengono i costi DIRETTI, cioè le spese direttamente monetizzabili per l’acquisto di beni e di servizi come, ad esempio: procedure diagnostiche, visite specialistiche, terapia farmacologica, assistenza in strutture istituzionali, ricoveri ospedalieri, assistenza domiciliare professionale e aiuto domestico. Il secondo gruppo sono i costi INDIRETTI, e cioè, ad esempio, il mancato reddito e/o la diminuzione di produttività da lavoro riferiti sia alla persona malata, che ai famigliari che si dedicano alla sua assistenza. L’ultimo gruppo si riferisce ai costi INTANGIBILI che esprimono la sofferenza fisica e psicologica dell’ammalato e della sua famiglia. Sono quelli di più alta rilevanza sociale, considerando che al di là delle differenze legate alle oggettive condizioni del paziente, in media, tre quarti della giornata del caregiver sono assorbiti da compiti di cura. Questo comporta un notevole stress fisico e mentale che spesso grava su di un unico famigliare. Nel 2003 si è calcolato che il costo medio annuo di un paziente affetto da demenza supera i 41 mila euro.

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Cosa deve fare la famiglia che desidera fruire di tali benefici? Va ricordato che, nel meccanismo di fruizione dei benefici previsti per legge, sono coinvolte due importanti figure. E precisamente il medico di medicina generale(MMG) e l’Unità Valutativa Mutidimensionale(UVMD). L’UVMD è un’equipe multidisciplinare che ha il compito di delineare una valutazione globale dell’anziano, attraverso una scheda di valutazione multidimensionale, analizzando le condizioni complessive di salute, identificandone i bisogni e orientandolo al servizio più idoneo. L’UVMD è composta da: - Medico geriatra - Assistente sociale - Infermiere professionale - Altre figure specialistiche in funzione del caso clinico Il primo passo da fare è ottenere il “riconoscimento invalidità civile”. Come fare? 1) Avvio procedura del MMG che invia una relazione medica all’INPS 2) Recarsi al Patronato o CAF per completamento domanda(entro tre mesi). Il riconoscimento dell’invalidità da diritto a: –Ausili –Esenzione ticket –Usufruire della Legge 104(permessi retribuiti; tre giorni a mese) –Se 100% invalidità grave, ad una INDENNITA’ di ACCOMPAGNAMENTO (che è indipendente dal reddito e mantenuta anche se si è ricoverati in struttura)

Quali sono i benefici che la famiglia può richiedere? 1) Indennità di accompagnamento (legge 11.2.1980, n. 18) 2) Assegno di cura (Contributo economico Regionale (solo con paziente a domicilio) 3) Permessi retribuiti in condizione di disabilità grave del paziente (legge 104/1992) 4) Abbattimento delle barriere architet- Come ottenere l’Assegno di cura? toniche (legge 12/07/2007 n°16 dgr 509; (Contributo economico regionale per

non autosufficienti gestiti a domicilio, legato al reddito e non al grado di non autosufficienza) 1) Richiedere modello ISEE( Indicazione Situazione Economica Equivalente) ai patronati o CAF. 2) Inviare domanda ai servizi sociali (comune-ULSS) con ISEE Come usufruire del “Servizio assistenza domiciliare - Pasti a domicilio”? Contattare l’assistente sociale territoriale (comune; ULSS) che valuterà la situazione generale ed organizzerà un progetto assistenziale adeguato. Come procedere per l’ inserimento del paziente nell’Ospedale di Comunità(Valeggio-Caprino)? 1) Medico di base inoltra richiesta al Distretto 2) Il Distretto attiva UVMD (Unità Valutativa Mutidimensionale) La degenza non prevede spese per l’assistito o famigliari. Come ottenere un ricovero in R.S.A.(Residenza Sanitaria Assistita; Caprino-Negrar)? 1) Il famigliare inoltra la richiesta Assistente Sociale del Comune di residenza 2) L’accesso viene deciso dalla UVMD distrettuale Costi: retta giornaliera di circa 48€ al giorno. Stessa procedura per l’inserimento in Casa di Riposo (strutture per anziani non autosufficienti) Costi: parte a carico della Regione, parte a carico dell’assistito o famigliari) (Il Comune interviene esclusivamente in caso di persone sole e senza reddito).

Per porre i vostri quesiti, potete scrivete direttamente al Dott. Garzotti alla mail paolo.garzotti@email.it o alla redazione del giornale a redazione@ilgiornaledivillafranca.com

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Salute & Sanità

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A cura di Diego Cordioli

Casa di Cura Pederzoli di Peschiera Risale al 1947 la nascita della Casa di Cura privata “Dott. Pederzoli”, una struttura a vocazione principalmente chirurgica, istituita a Peschiera del Garda dal dottor Piero Pederzoli. Il figlio Vittorio ripercorre la storia che ha portato alla sua fondazione una spinta emotiva in grado di animare giorno dopo giorno i nostri comportamenti. Qual è stata la storia di suo padre, come è arrivato alla creazione della Casa di Cura? Mio padre voleva fare il medico chirurgo; nato nel 1906 in un paesino di campagna nel bresciano da genitori contadini, con grandi sacrifici (tutti i giorni doveva fare 6 Km in bicicletta sulla straVittorio Pederzoli da sterrata, non c’erano scuolaPresidente C.d.A. della Clinica bus) prese la maturità classica a “Pederzoli” di Peschiera del Garda Desenzano e poi con borse di studio si laureò a Padova in Medicina, nel 1932, a 26 anni. Vinse Qual è il messaggio che vo- il concorso di aiuto chirurgo prileva trasmettere suo padre ma a San Candido in Val Pusteria istituendo questo luogo di (Bressanone) e poi a Conegliacura? no Veneto, fino al 1943. ChiaIl messaggio si può sintetizza- mato alle armi, venne inviato in re nella frase riportata nel pro- Africa (in Algeria) dove, fatto gramma: “Noi siamo gente che prigioniero dai francesi, vi restò passa. Desideriamo che la gente fino al 1945. Tornato dalla guerci ricordi per quello che abbia- ra vide che l’Italia era un Paese mo fatto.” Vorrei ricordare che completamente distrutto sotto dietro ad ogni successo c’è qual- tutti i punti di vista (povertà, dicuno che ha preso una decisione struzione totale, assenza di procoraggiosa e che ogni decisione spettive economiche, sociali e coraggiosa deve essere soste- politiche). La realtà difficilissima nuta, alimentata. Presuppone di quegli anni portò mio padre sogni, ideali, il desiderio di rag- a interrogarsi su cosa fare, con giungere un fine in cui si crede, l’entusiasmo di chi aveva tanta un obiettivo di vita per il quale voglia di lavorare e di esprimersi si è disposti a dare tutto il pro- professionalmente. Il suo sogno prio entusiasmo. Ci deve essere era quello di fare il medico (pen-

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sava che avrebbe fatto il medico di campagna) e magari avere una piccola Casa di Cura con 30 posti letto.

buito e partecipato attivamente a questa avventura, non solo con il suo lavoro ma anche con i suoi risparmi. Aveva infatti una piccola campagna, pochi campi, Quando iniziò a prospet- che nel 1950, quando decisero tarsi la possibilità della na- di realizzare il sogno di costruire scita della Casa di Cura? quella piccola Casa di Cura di 30 Nel 1946 con sua moglie e noi, Posti letto, mia madre vendette tre figli, decise di trasferirsi a e con 10 cambiali da 1 milione Peschiera, un piccolo paese po- l’una che ottennero dalla banca, sizionato bene sul territorio e iniziarono la costruzione della snodo importante sotto il profi- Casa di Cura che ha rappresenlo delle comunicazioni. Prese in tato il primo nucleo dell’attuale affitto un piccolo immobile vici- struttura ospedaliera. La gente no alla stazione di Peschiera con ha subito avuto fiducia in lui e lui pochi posti letto ed iniziò questa la ripagava con il massimo della avventura. Furono anni difficili disponibilità e dell’altruismo. ma la tenacia e il lavoro continuo lo portarono a farsi conoscere Quali sono state le difficole ad essere sempre più stimato. tà iniziali e l’evoluzione delLa formazione medica era cer- la Casa di Cura nella forma tamente meno settorializzata attuale? di quella attuale: oggi c’è l’ortoLe difficoltà erano legate al pedico della mano, del braccio, tipo di organizzazione sanitaria della spalla, della colonna verte- che era tipica del sistema mubrale, dell’anca, del ginocchio, del tualistico. Le difficoltà finanziarie piede… Il medico di allora era derivavano dal fatto che le mucertamente più completo: sape- tue non pagavano le prestazioni va fare diagnosi, faceva l’oste- e hanno comportato seri protrico, il medico generale… Era blemi: mio padre aveva rischiaa disposizione 24 ore al giorno, to di dover chiudere l’attività aiutato da due persone prive di nonostante avesse molti crediti qualifica professionale e da sua da riscuotere. Nel 1978 partì la moglie che lo supportava in sala riforma del Serv. San. Naz. che operatoria e doveva preoccu- riconobbe la Casa di Cura come parsi della cucina, della lavande- presidio ospedaliero, che quindi ria e degli approvvigionamenti. entrò nella programmazione reEd in effetti mia madre ha contri- gionale a pieno titolo.

Come si configura oggi la vostra struttura? Oggi 800 persone lavorano nella nostra struttura; gestiamo 22.000 ricoveri all’anno, 15.000 interventi chirurgici, 900 parti, 40.000 prestazioni in Pronto Soccorso, 100.000 prestazioni ambulatoriali. Disponiamo dei più importanti reparti (Chirurgico, Ortopedico, Medico) e dei servizi, compreso il dipartimento di urgenza (Rianimazione, unità coronariche, Unità Ictus). Abbiamo acquisito altre strutture ospedaliere a Rovigo e a Rovereto e disponiamo delle tecnologie e dei professionisti migliori.

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Società & Dipendenze

A cura della dott.ssa Fiorella Calò

La cocaina e i danni correlati

Le conseguenze negative dell’abuso di cocaina: gravi lesioni alle fosse nasali, alle vie aeree e al palato, disturbi al cervello e al sistema nervoso ne di cocaina, si tratta di lesioni alla mucosa nasale come la rinite crostosa, con conseguenti emorragie e infezioni. Subito dopo l’assunzione della sostanza, si innesca un effetto di vasodilatazione molto vasta; in alcuni casi, questa vasodilatazione porta a fuoriuscita di sangue che va a mescolarsi con il muco bloccato nelle fosse Prof. Giovanni Serpelloni nasali. Questo causa la formaPresidenza del Consiglio dei Ministri zione di croste voluminose e Dipartimento Politiche Antidroga molto fastidiose che il paziente tenta di rimuovere per respirare meglio. In questo tentativo, di Fiorella Calò essendo la parte anestetizzata dalla cocaina, vengono provoLe problematiche sociali e i cate altre lesioni che il corpo disturbi all’apparato cardio- non è in grado di riparare. Se circolatorio e al cervello non questa situazione si protrae sono le uniche controindica- nel tempo, il danno progressizioni del consumo di cocaina. In vo della mucosa e del tessuto campo medico, infatti, vengono pericondrale porta alla necrosi riscontrate anche una serie di ischemica della cartilagine del lesioni, di diversa gravità e tipo- setto e, nei casi più estremi, alla logia, alle fosse nasali, alle strut- sua perforazione. Nei casi più ture delle prime vie aeree e al gravi, si può arrivare addirittupalato, difficili da ricondurre al ra alla distruzione delle strutconsumo per via inalatoria di ture osteocartilaginee del naso, questa sostanza. La diagnosi di dei seni paranasali e del palato, queste lesioni e la comprensio- distruggendo così le struttune della loro origine è dunque re esterne e interne del volto fondamentale per i medici, pri- e provocando danni estetici e mi fra tutti gli otorinolaringo- funzionali. Esiste inoltre una vaiatri, ai quali il Dipartimento sta serie di disturbi meno gravi Politiche Antidroga ha dedica- ma che alterano comunque la to il manuale “Uso di cocaina funzionalità dell’apparato ree lesioni distruttive facciali. Li- spiratorio, come congestione nee di indirizzo per specialisti nasale frequente, non correlata otorinolaringoiatri”. Una pub- ad allergie o raffreddore, e diffiblicazione nata con l’obiettivo coltà inalatorie per occlusione di sensibilizzare e allertare gli delle vie aeree superiori. specialisti sulla possibilità che In molti casi, inoltre, i pazienalcune lesioni riscontrate co- ti con questo tipo di problemi munemente possano essere negano il consumo di cocaina associate all’uso di cocaina. “Il rendendo la diagnosi più comcoinvolgimento degli specia- plicata perché queste lesioni listi – precisa il Capo del Di- hanno caratteristiche cliniche partimento Politiche Antidroga, analoghe a quelle di altre maGiovanni Serpelloni - fa parte lattie che provocano alteraziodella strategia generale di pre- ni dell’apparato respiratorio, venzione delle tossicodipen- come patologie di natura infetdenze e di incentivazione del tiva, neoplastica, traumatica e contatto con i centri di cura immunologica. che il DPA sta portando avanti Ampliando l’osservazione dei e che prevede la partecipazio- sintomi che possono indicare ne degli specialisti, che spesso il consumo di cocaina, sopratentrano in contatto diretto col tutto nei giovani, i più evidenti paziente consumatore di cocai- sono: alterazioni dell’umore e na per le diverse patologie che del ritmo sonno-veglia, peggioquesta sostanza è in grado di ramento delle perfomance scoprovocare”. lastiche, frequenza cardiaca acQuanto ai disturbi e alle pa- celerata, aritmie, crisi di panico. tologie provocati dall’inalazioSebbene le lesioni al naso e al

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palato siano estese e, in alcuni casi, molto gravi, i danni causati dalla cocaina al cervello e al sistema nervoso sono di entità superiore. Come psicostimolante, infatti, la cocaina agisce proprio sul sistema nervoso centrale (SNC) e attiva, tra i numerosi neurotrasmettitori, la dopamina impendendo però all’organismo di recuperarla nel momento in cui la sua funzione è terminata (reuptake). Il risultato di questa azione di blocco del reuptake è un aumento delle concentrazioni di dopamina libera tra le terminazioni neuronali nel cervello. Il neurotrasmettitore è così ancora in grado di stimolare il cervello e prolungare la sensazione di piacere ricercata dagli utilizzatori. Gli effetti del consumo di questa sostanza dipendono dalla dose e dalla frequenza di assunzione. Per questo, si possono distinguere tra effetti a breve e a lungo termine. L’assunzione di piccole dosi provoca, quasi immediatamente, euforia, percezione di aumento dell’energia e dello stato di vi-

gilanza mentale oltre che della vista, dell’udito, del tatto e della parola, inoltre temporanea alterazione del ritmo sonno/ veglia e diminuzione del senso di fame. A livello fisiologico, la singola assunzione può provocare vasocostrizione, dilatazione delle pupille, aumento della temperatura corporea, del battito cardiaco e della pressione sanguigna. A lungo termine, oltre alla dipendenza, l’uso di cocaina può portare invece a irritabilità e disturbi dell’umore, agitazione, attacchi di panico, psicosi paranoide e allucinazioni uditive oltre che a malnutrizione, causata dalla progressiva perdita di appetito. L’approccio a tale sostanza, infatti, può avvenire con l’intento di ottenere una riduzione dello stimolo della fame. Ciò si manifesta soprattutto fra le ragazze, che tendono ad assumere cocaina per ridurre il proprio peso corporeo in breve tempo. L’effetto anoressizzante, quindi, costituisce una forte attrattiva per le giovani generazioni femminili che emu-

lano modelli di fisicità longilinei, con i quali quotidianamente si raffrontano e ai quali costantemente si riferiscono. La vastità e la gravità dei disturbi provocati dall’assunzione di cocaina sono solo una parte del problema più ampio che è la forte dipendenza che questa sostanza dà. Una dipendenza tale per cui una volta provata diventa molto difficile prevedere o controllare il comportamento nei confronti della sostanza e a causa della quale, anche dopo lunghi periodi di astinenza, il rischio di ricadute rimane molto elevato. Studi recenti sul meccanismo della dipendenza da cocaina rivelano che questa sostanza causa infatti la memorizzazione dell’esperienza nel cervello, anche con forti associazioni a situazioni ed eventi i quali, una volta sperimentati, possono riaccendere un forte desiderio improvviso nei confronti di questo psicostimolante la cui diffusione è sempre più ampia e trasversale a livello sociale.

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Società & Psicologia

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AElezioni cura della dott.ssa Giuliana Guadagnini comunali

Terremoto: come reagire alla paura Le calamità sono eventi che travalicano l’ambito dell’esperienza umana normale e che, dal punto di vista psicologico, sono abbastanza traumatici da indurre stress in chiunque. Vi forniamo qui qualche suggerimento utile per affrontare l’ansia dovuta ai terremoti suscitata da un insieme di stimoli, come spazi esterni, situazioni sociali... In questo caso le situazioni che sono fonte di ansia vengono anticipate mentalmente È facile immaginare che essere travolti da un evento così da interferire seriamente con la vita quotidiana: di questo tipo sia un’esperienza che mette a durissima la persona non solo cerca di evitare la situazione ma prova le nostre capacità di adattamento e la nostra restringe pericolosamente il proprio spazio di vita. La salute psicologica. Le reazioni di stress vengono con- tremofobia è la paura dei terremoti e dei tremori. È siderate una reazione normale a eventi non normali, definita come una paura persistente, anormale e income i terremoti. I rischi sono legati all’insorgere di giustificata del tremore. Coloro che soffrono di quepatologie gravi, conseguenti alla cronicizzazione della sta fobia sentono paura dinanzi all’idea di poter assipaura, che diventa angoscia quando l’evento sismico stere ad un terremoto o soffrire un tremore. Questo non si esaurisce in tempi brevi. Generalmente le rea- sentimento, che in qualsiasi persona è naturale, per i zioni da stress non diventano problemi cronici e ci si fobici è estremo. riprende di solito in un arco di tempo compreso fra L’ansia è un allarme soggettivo che richiede che si 6 e 16 mesi. Il terremoto produce nelle persone uno faccia qualcosa: la risposta comportamentale evocata choc emozionale intenso: è utile esplorare il mondo dall’ansia ha lo scopo di ridurre l’ansia stessa, ristadelle emozioni, per essere in grado di fronteggiarle in bilendo l’equilibrio dell’individuo. E’ un’emozione a situazioni di emergenza. La paura è la risposta emoti- due facce: da un lato può spingere l’individuo al miva ad una minaccia o ad un pericolo ben riconoscibili glioramento, dall’altro può limitare la sua esistenza. e di solito esterni. È caratterizzata dal riconoscimen- Esiste un livello ottimale di questa tensione, che può to del pericolo presente e dal sufficiente accordo presentarsi in grado più o meno elevato e diversa è con lo stimolo. Le cause della paura sono extrapsi- la sua capacità di sopportazione che varia da un inchiche, cioè esterne e facilmente individuabili. L’ansia dividuo all’altro. E’ importante imparare a canalizzare invece è l’apprensione o la spiacevole tensione data gli aspetti positivi dell’ansia per sfruttarla in modo dall’intimo presagio di un pericolo imminente e di costruttivo piuttosto che subirla passivamente. origine in gran parte sconosciuta. Ciò che si prova è Per quanto riguarda i bambini, quanto più sono picsproporzionato a qualsiasi stimolo noto, alla minaccia coli e immaturi, tanto più reagiscono d’impulso con o al pericolo che ci sovrasta. Le cause dell’ansia sono risposte globali, che coinvolgono l’intero organismo, intrapsichiche. Un attacco di panico è un attacco di laddove servirebbero una sequenza di comportaansia acuta ed improvvisa: si viene colti da uno stato menti coordinati. I bambini sono più esposti alla pauforte di inquietudine, fisicamente ci si sente eccitati ra degli adulti ed è in loro che cercano protezione e tesi, mentalmente ci si aspetta che stia per accade- ed indicazioni su come comportarsi. L’indecisione e re qualcosa, anche se non riusciamo ad individuarlo. l’iperprotezione non sono d’aiuto. La maggior parte Nella nevrosi invece si parla di ansia cronica che può delle paure infantili ha una giustificazione concreta, durare anche anni e che manifesta i sintomi quasi di pertanto ciò che è necessario non è evitare le difcontinuo. La fobia è una paura irrazionale generata ficoltà, ma imparare a fronteggiarle. Molte paure inda un’ansia cronicizzata. Nella fobia la paura non ha fantili scompaiono spontaneamente, anche perché il di Giuliana Guadagnini

un rapporto con l’oggetto o evento pericoloso, ma è generalizzata a tutti gli aspetti dell’esistenza, oppure è centrata su aspetti non pericolosi, è fluttuante e tende a cronicizzarsi. Le fobie semplici sono caratterizzate da un solo sintomo, sono abbastanza diffuse e non sempre sono l’espressione di tendenze nevrotiche. La persona invece di affrontare l’oggetto o l’evento ansioso, assume un atteggiamento infantile: fugge alla ricerca di sollievo. Le fobie complesse diventano tali quando l’angoscia, che ne è alla base, è

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bambino possiede la capacità di “curarsi” con il gioco. Quest’ultimo rappresenta, insieme alla fantasia, la modalità attraverso la quale l’infanzia si rapporta con la realtà e la sperimenta. E’ importante ascoltare il bambino quando parla delle sue paure, spiegargli che non ha nulla da temere, reagendo ai pericoli in modo razionale ed evitando di sottovalutare le paure del bambino. Durante una scossa si devono controllare le nostre reazioni emotive forti, razionalizzare comportamenti che consentano di salvaguardare l’inco-

Dott.ssa Giuliana Guadagnini Psicologa clinica – Sessuologa Specializzata in Psicologia Giuridica Civile e Penale Perfezionata in diagnosi e trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare Perfezionata in Psicogeriatria e Psicogerontologia Iscrizione Albo Psicologi Veneto N° 3438 sez. A Iscrizione Albo Federaz. Italiana Sessuologia Scientifica Per contattare direttamente la Dott.ssa Guadagnini: g-guadagnini@hotmail.it lumità di tutti ed evitare di mostrarsi spaventati: per tutti la paura è “contagiosa”, quindi è opportuno contenere le paure dei bambini rassicurandoli. Con gli adolescenti bisogna creare un clima accogliente e di fiducia che favorisca anche a scuola l’espressione delle emozioni positive e negative. Si devono rispettare i loro tempi e la loro crescita individuale ed è utile proporre lavori di gruppo, discussioni e laboratori centrati sulle emozioni che le varie paure suscitano in loro, così che le ansie possano essere rielaborate e non restino inespresse: il disagio potrebbe anche aumentare dando luogo a comportamenti devianti. Particolare attenzione va prestata a chi tende ad isolarsi dal gruppo dei coetanei. Si raccomanda di utilizzare sempre un linguaggio che aderisca il più possibile al principio di realtà, anche quando le paure in oggetto sono quelle della morte o della guerra, tenendo conto dell’età e delle possibilità cognitive degli interlocutori. Dopo la scossa, per riacquistare il normale ritmo di vita, è bene che bambini e ragazzi tornino a scuola al più presto. E’ opportuno dare ai bambini la possibilità di “agire” le proprie paure attraverso attività didattiche. Con i bambini che sono intrappolati in fantasie angoscianti si può, giocando al terremoto, indicare vie d’uscita e soluzioni positive in modo da trasmettere coraggio e fiducia nel futuro. Gli adolescenti vanno subito coinvolti perché, quando una comunità subisce una ferita di questo tipo, da questa emozione dovrebbe nascere l’opportuntà di trasformare quest’emozione non in qualcosa che separa e distrugge, ma in un vissuto che unisce, come risorsa e opportunità preziosa per renderci capaci di continuare a crescere.

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L’arma Azzurra

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Buon compleanno al Terzo Stormo Si accendono 81 candeline per il reparto villafranchese dell’Aeronautica Militare del Colonnello Roberto Poni Innanzitutto, anche a nome di tutto il personale dello Stormo, ritengo doveroso ringraziare l’editore Diego Cordioli per averci dato questa inaspettata - e quindi ancora più gradita opportunità, beneaugurante regalo per l’ottantunesimo compleanno del 3° Stormo. Con quel “pizzico di presunzione” che non guasta mai, sono convinto che la rubrica sia destinata a suscitare quella giusta curiosità, soprattutto in coloro che solo ora cominciano ad addentrarsi nei temi “tinti d’azzurro”. Il nostro compito consisterà nel mantenere alto l’interesse generale per gli argomenti trattati. Mi rivolgo anche al personale del 3° Stormo S.O. che solo adesso viene coinvolto: “in bocca al lupo ragazzi”, una nuova e stimolante sfida ci attende! Ma non abbiate timore, “le pagine della nostra vita”, i numerosi attuali impegni e quelli che sicuramente ci attendono in futuro, non potranno che costituire imbarazzo per la scelta del “materiale da trattare”, sia direttamente, che indirettamente e in piena sinergia con la redazione stessa. L’ambito obiettivo, è quello di trasmettere quel po’ di sana ammirazione per chi, come me, ha avuto la fortuna di poter conciliare la propria passione con questa particolare professione, che mi accompagna e gratifica da più di trent’anni. Peraltro, sono certo che la rubrica “l’Arma Azzurra”, semmai ce ne fosse bisogno, avvicinerà ulteriormente la nostra grande famiglia alla popolazione villafranchese, che ci accoglie dall’ormai lontano 1954 con sincero e incondizionato senso di ospitalità e, alla quale, con l’occasione, rimarco l’affetto e l’amicizia del 3° Stormo Supporto Operativo di cui, credetemi, senza ipocrisia, ho il grande onore e privilegio di essere Comandante. Come facile immaginare non è stato affatto semplice scegliere il titolo de “la prima volta” ma, per mia fortuna, il ricorso storico mi è venuto in soccorso dandomi, nel contempo, l’egoistica giustificazione per poterlo dedicare proprio a noi, militari e civili, uomini e donne, personale in congedo e famigliari, ai tanti amici, nostri instancabili e insostituibili sostenitori. Auspicando, sin da ora, una piacevole lettura per tutti, vi lascio con “un minuto di storia” “e uno per dirvi chi siamo”. Viva l’Aeronautica Militare, Viva la Città di Villafranca. Foto: il Colonnello Poni vicino la gloriosa Bandiera di Guerra del 3° Stormo.

Conosciamo il Colonnello Roberto Poni Il Colonnello AAran CSA/DA (Arma Aeronautica ruolo delle armi normale – Controllore Spazio Aereo/Difesa Aerea) Roberto Poni è nato il 24 maggio 1961 a Pisogne, in provincia di Brescia. Conseguita la Maturità Scientifica, il 3 settembre 1981 si è arruolato in Aeronautica Militare con il Corso Aquila IV° come Allievo Ufficiale.

Dal 1° agosto 1998 è stato assegnato al 2° Ufficio del 4° Reparto dello Stato Maggiore dell’Aeronautica (Roma), dove dal settembre 1999 ha assunto l’incarico di Capo della 4^ Sezione, occupandosi dei programmi per l’acquisizione e l’ammodernamento dei velivoli da trasporto e supporto della Forza Armata. Nel 2001-2002 presso il CASD (Centro Alti Studi della Difesa) di Roma ha frequentato il 4° Corso ISSMI (Istituto Superiore di Scienze Militari), conseguendo anche il Master in Studi Internazionali Strategico-Militari.

Nell’aprile 1985, terminati gli studi accademici, ha frequentato il 2° Corso Controllori Difesa Aerea, per poi essere assegnato al 13° Gruppo Radar dell’Aeronautica Militare presso Concordia Sagittaria (Venezia), dove negli anni 1986- A luglio 2003 è stato nominato Capo della Rappresentanza Aeronautica Mi1994 ha ricoperto vari incarichi attinenti la specialità Difesa Aerea e altri settori, litare Italiana presso gli stabilimenti Boeing di Wichita (USA, Kansas) per il completando l’iter istruzionale e conseguendo le abilitazioni di Controllore del- programma del velivolo per il rifornimento in volo e/o il trasporto KC-767°. la Difesa Aerea, Guidacaccia e Capo Controllore Difesa Aerea. Dal 23 giugno 2008 ha ricoperto l’incarico di Capo del 3° Ufficio Operazioni Dal luglio 1992 al gennaio 1993 ha prestato servizio presso la Base Radar di dello Stato Maggiore del Comando Logistico di Roma. Lione (Francia) in qualità di Capo del Team italiano responsabile di tutte le attività di coordinamento operativo tra l’Aeronautica Militare Italiana e l’Armée Il 1° settembre 2010 è stato assegnato al 3° Stormo Supporto Operativo e dal de l’Air francese. 13 dello stesso mese ha assunto il Comando. Nel novembre 1993 ha iniziato il Corso di Controllore Sorveglianza Aerea presso la Base NATO Airborne Early Warning Force Component di Geilenkirchen in Germania, dove è stato poi assegnato nel luglio 1994 e [tra il 1994-1998, come componente degli equipaggi di tali velivoli, ha partecipato alle attività connesse alla crisi in Bosnia, effettuando nel complesso circa 1.700 ore di volo, conseguendo la qualifica di Controllore Sorveglianza Aerea sul velivolo AWACS, di Istruttore di Specialità, Responsabile delle Prove in Volo dei Velivoli e di Direttore Tattico] come responsabile di varie attività di test e prove in volo per il programma di ammodernamento della flotta NATO dei velivoli radar E-3A – AWACS (Airborne Warning And Control System).

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Il Colonnello Poni è laureato in Scienze Politiche e in Scienze Aeronautiche, è insignito dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, Croce d’Oro con stelletta per anzianità di servizio anni quaranta, Medaglia Nato per il mantenimento della pace in Bosnia e Medaglia Italiana per operazioni di Mantenimento della Pace, nonché dell’attestazione di pubblica benemerenza del Dipartimento della Protezione Civile per attività svolte nell’ambito dell’Operazione “Strade Pulite” anno 2008 e del “Sisma Abruzzo 2009” - “G8 l’Aquila 2009”. E’ sposato dal 1986 con la signora Fabia e ha una figlia: Federica.

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L’arma Azzurra

In foto: “La consegna della Bandiera di Guerra al 3° Stormo”.

Riconoscimento al Comandante del 3° Stormo Supporto Operativo Al Colonnello Poni è stato assegnato il “Premio Beatrice” per la solidarietà sociale e l’impegno civile La premiazione ufficiale si è tenuta sabato 26 maggio 2012 alle ore 21.00 presso il Teatro Filarmonico di Verona. Il primo concorso “Premio Beatrice” - una donna scomparsa a soli 40 anni per un tumore - è stato organizzato dal “Il sorriso di Beatrice – ONLUS” con la collaborazione dell’Ufficio Scolastico n° 12 di Verona e diversi patrocini, tra cui la Provincia e il Comune. L’associazione, con sede a Colognola ai Colli (Verona), opera in tutta la Provincia con iniziative a favore degli ammalati oncologici, per sensibilizzare e stimolare i ragazzi alla riflessione sulle tematiche dell’impegno sociale e del volontariato. Ha premiato i tre elaborati scelti da un’apposita commissione tra quelli partecipanti alle categorie :“Scatti e video di solidarietà”, “Musica, danza e arte varia” e “Premio speciale slogan”. Inoltre, sono stati assegnati anche alcuni “premi – riconoscimento” a personalità che si sono particolarmente distinte per la loro

attività nel campo medico, della solidarietà sociale e dell’impegno civile. Il Direttivo dell’associazione ha approvato all’unanimità l’inserimento del Comandante del 3° Stormo Supporto Operativo di Villafranca Colonnello AAran Roberto Poni tra le otto persone a cui conferire il “Premio Beatrice”: “per la sua attenzione ai valori del territorio in cui opera e alle tematiche della solidarietà sociale e per la sua costante disponibilità ad attivare iniziative in campo umanitario, anche avvalendosi delle proprie competenze professionali”. Le altre personalità premiate sono state: il Procuratore Militare della Repubblica Dottor Enrico Buttitta, il Presidente di Riferimenti, Coordinamento Nazionale Antimafia Adriana Musella, il Responsabile degli interventi educativi presso l’Ufficio Scolastico Provinciale di Verona Dottoressa Anna Lisa Tiberio, il Responsabile dell’Unità di Cure Palliative Dipartimento Oncologico Ospedali Don Calabria –

Sacro Cuore di Negrar Dottor Roberto Magarotto, il Presidente dell’Associazione Moby Dick Dottor Maurizio Cianfarini, il Segretario Generale UIL Verona Lucia Perina, il Capitano della squadra di pallavolo Marmi Lanza Verona Marco Meoni e, infine, la Nazionale Cantanti, rappresentata dai Sonohra. Lo spettacolo, condotto da Francesca Cheyenne di RTL 102.5, ha visto la partecipazione ed esibizione di numerosi artisti nazionali e internazionali: i

ragazzi di “Ti lascio una Canzone” (RAI 1), Iskra Menarini (vocalist di Lucio Dalla), Benedetta Caretta (vincitrice di “Io Canto” – Canale 5), Cecilia Cesario, il Musical Aspettando Broadway, Enzo e Ramon di Colorado Cafè, i ragazzi di Ponte Milvio e gli stessi Sonohra. Il Colonnello Poni era accompagnato dalla consorte Fabia e da una rappresentanza militare del 3° Stormo S.O. con alcuni famigliari.

Un minuto di storia...

...e uno per dirvi chi siamo.

Il Reparto nasce il 1° giugno 1931 a Bresso, nei pressi di Milano, come 3° Stormo Caccia. Nel marzo del 1933 viene trasferito sull’Aeroporto di Mirafiori (Torino).

Il 3° Stormo S.O. è posto alle dirette dipendenze del Vice Comandante Logistico dell’Aeronautica Militare.

Il 1° luglio 1944 viene trasferito sull’Aeroporto di Campo Vesuvio (Napoli) come Stormo da Bombardamento e denominato “1° Stormo Baltimore”.

Il Comando Logistico è uno dei quattroAlti Comandi della Forza Armata ed ha sede presso il cosiddetto“Palazzo Aeronautica” in Roma, dove risiede anche lo Stato Maggiore Aeronautica. Attualmente, ha il compito istituzionale di assicurare le capacità di “Sopravvivenza Operativa” e il “Sostegno Logistico” ai Reparti di Volo e alle altre Unità mobili proiettate a operare al di fuori delle proprie sedi stanziali e cura la predisposizione di procedure, metodologie, attrezzature idonee a ottimizzare e razionalizzare l’attività delle dipendenti articolazioni in occasioni di rischieramenti campali, assicurando la manutenzione degli equipaggiamenti e attrezzature in dotazione.

Nel giugno del 1945 lo Stormo viene trasferito prima sull’Aeroporto di Guidonia (Roma) e poi il 1° novembre del 1948 su quello di Bari Palese dove assume la denominazione di 3° Stormo Caccia. Nel marzo del 1954 lo Stormo inizia il trasferimento sull’Aeroporto di Villafranca dove si insedia ufficialmente dal 1° luglio. Prima della fine dell’anno diviene 3° Stormo Ricognitori. Il 1° gennaio 1956 il 3° Stormo Ricognitori diviene 3^ Aerobrigata Ricognizione Tattica. Il 1° settembre 1977 la 3^ Aerobrigata Ricognizione Tattica diviene 3° Stormo. Il 19 luglio 1999 il 3° Stormo diviene Reparto Mobile di Supporto e, dal 2 maggio 2008, rinominato in 3° Stormo Supporto Operativo. L’11 settembre 2008, l’Aeroporto di Villafranca è transitato da “Aeroporto Militare aperto al traffico civile” ad Aeroporto Civile appartenente allo Stato, aperto al traffico civile”. Lo Stormo è dotato di Bandiera di Guerra, ricevuta il 3 aprile 1937 all’Altare della Patria, è decorata con due Medaglie d’Argento al Valor Militare e insignita della Croce di “Cavaliere” dell’Ordine Militare d’Italia.

Lo Stormo, inoltre, fornisce all’Aeroporto Civile il servizio della Torre di Controllo. Infine, lo Stormo provvede al supporto logistico e amministrativo degli altri Enti autonomi dell’Aeronautica Militare che insistono sul sedime aeroportuale: Infermeria Principale Villafranca, 27° Gruppo Genio Campale e 109° Nucleo Sicurezza.

Dal maggio 1984 lo Stormo è intitolato al Maggiore Carlo Emanuele BUSCAGLIA, decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare, alla memoria.

Il Comandante svolge anche l’incarico di Comandante del Presidio Aeronautico di Verona.

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Scuola & Istruzione

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A cura della Dott.ssa Anna Lisa Tiberio

Violenza e abuso sui minori Per la tutela dei minori, è importante rafforzare gli strumenti di prevenzione e di informazione: è dovere morale di tutti segnalare situazioni che rivelino uno stato di disagio, mentre è di competenza degli Organi deputati, effettuare valutazioni e disporre gli accertamenti del caso. gnalare le situazioni di evidente e grave disagio, oltre che di abuso, subite da un minore anche di Dal “Protocollo d’intesa sul- altra nazionalità o etnia e anche la prevenzione della violenza e se l’episodio non riguarda il prodell’abuso sui minori”, con cir- prio figlio. Farlo rappresenta un colare del Ministero dell’Interno obbligo di legge per gli operatori del 2000, veniva evidenziata la sociosanitari, per tutti i pubblici necessità che la tematica della ufficiali, per gli operatori incariviolenza minorile, dal maltrat- cati di un pubblico servizio e per tamento fino alla pedofilia, po- l’istituzione scolastica ed è un tesse trovare una sede di ana- dovere morale per ogni persona lisi nell’ambito del Comitato responsabile che venga a conoProvinciale della Pubblica Am- scenza di episodi del genere. Seministrazione, ora Conferenza gnalare non significa accusare o Permanente. Con successive denunciare, ma è espressione di circolari questo proposito è civiltà, senso civico e sensibilità stato ulteriormente ribadito, in (nel rispetto della legge 3 agosto un’ottica di prevenzione, basata 1998 n° 269, che tutela i minosu azioni comuni e condivise fra ri contro ogni forma di sfruttai vari attori sociali e istituzionali mento e violenza sessuale, per coinvolti. La violenza sui minori la salvaguardia del loro svilupha spesso connotazioni sotter- po fisico, psicologico, spirituale, ranee che ostacolano un’ azione morale e sociale). Segnalare un mirata di prevenzione che possa presunto abuso non vuol dire portare ad interventi correttivi violare le norme di tutela della e a tempestive forme di contra- privacy: esse riguardano vita, abisto. L’ esigenza primaria è quella tudini, costumi, usanze, convindell’interesse del minore, che va zioni del singolo individuo, non tenuto presente sia nella fase atti che possono arrecare danno informativa, sia in quella di de- ad altra persona (adulto o minuncia, sia in quella degli accer- nore che sia). Non è compito o tamenti, per evitare che la con- dovere del cittadino valutare se dizione del minore possa subire i fatti siano veri o meno, se coulteriori influenze negative e sof- stituiscano reato, se siano perseferenze aggiuntive. La crescente guibili d’Ufficio o a querela della presenza di minori stranieri, per parte offesa, se consistano nella quanto riguarda il fenomeno del semplice incuria da parte dei gemalessere minorile, richiede una nitori o nella mancanza di proparticolare sensibilità, per co- tezione e di quelle condizioni afgliere i segnali di disagio e per fettive minime che garantiscano portare alla luce situazioni di al minore una normale crescita, abbandono e di sfruttamento. La evoluzione e sviluppo o, ancora, maggioranza degli episodi di abu- se dimostrino una vera situazioso e di maltrattamento a danno ne di abbandono. E nemmeno se dei minori avviene in ambito fa- dipendano dall’ incapacità o dall’ migliare (tra padre e figlio o fi- impossibilità oggettiva di gestioglia; zio o nonno, con i nipoti) o ne dei figli da parte dei genitori in contesto para-famigliare (tra o da altro. E non è compito o il convivente del genitore ed il dovere del cittadino effettuare bambino) o ambientale (coinqui- indagini o accertamenti persolino, vicino di casa, amico di fami- nali per stabilire come si siano glia). Solo raramente si sviluppa svolti i fatti e chi ne sia responsain circostanze di relazioni occa- bile . Al contrario interventi del sionali (tra estraneo e minore). genere sono controproducenti Soltanto una percentuale bassis- e rendono più difficile l’accersima di questi episodi di abuso tamento della verità. Per tutte emerge. Proprio negli ambienti queste valutazioni esistono istidove il minore dovrebbe sentirsi tuzioni specifiche a cui spetta il maggiormente tutelato (famiglia, compito di provvedere a queste scuola, parrocchia, piscina, pa- verifiche. Trattare dei procedilestra etc.) c’è chi non vede, o menti relativi ad abusi sessuali o non vuole vedere, o fa finta di a comportamenti violenti (siano non vedere. Bisogna sempre se- essi psicologici o fisici) a dandi Anna Lisa Tiberio

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no dei minori, esige particolare professionalità, sensibilità, competenza e preparazione, in considerazione della speciale natura dei soggetti vittime di tali comportamenti ed anche delle conseguenze che di solito ne derivano, nella vita personale e famigliare della vittima e dell’indagato. La segnalazione va effettuata alla Prefettura di Verona: tel. 045 8673411 (attivo 24h), Via Santa Maria Antica 1, 37121 Verona, prefettura.verona@interno.it (dal lunedì al venerdì dalle ore 08.00 alle ore 14.00). Da parte dell’Ufficio Interventi Educativi USP Verona sarà importante monitorare e valutare costantemente il progetto nella sua complessità, per porre le basi delle azioni da intraprendere e portarle a conoscenza del mondo della scuola.

Alle studentesse e agli studenti della scuola italiana 19 maggio 2012 Care ragazze e ragazzi, vi scrivo come Ministro, come padre ma soprattutto come italiano a voi che rappresentate il futuro del nostro Paese. Oggi siete stati selvaggiamente colpiti, per la prima volta nella nostra pur travagliata storia unitaria e repubblicana, davanti ad un edificio pubblico nel quale vi stavate recando sicuri di essere protetti, per imparare a diventare cittadini. Capisco dunque che dentro ciascuno di voi e tra i vostri amici e compagni di classe possa nascere, assieme al dolore per la morte assurda della vostra compagna, un sentimento di sgomento per essere stati aggrediti lì dove non doveva succedere. Il vostro sgomento è quello di tutti. Colpire da vigliacchi una scuola è infatti colpire l’Italia intera, perché lì si forma il suo futuro. Dovete credermi, sento profondamente questa responsabilità e con me tutto il Governo e l’Italia intera. Faremo di tutto perché una cosa del genere non succeda mai più, affinché voi entrando nella vostra scuola pensiate solo ai compiti e allo studio, alle amicizie e allo sport. Immagino vi siano dentro di voi sentimenti come dolore e rabbia: non abbiate paura di averli. Oggi sono naturali. Solo vi dico e vi chiedo di non cedere ad essi, pensando di essere soli. Non lo siete. Siete invece la parte più importante di una grande comunità sulla quale potete contare, a partire dai vostri insegnanti e dal personale che lavora nella scuola. Sulla forza e sulla saldezza di questa comunità che ha in voi il suo futuro potrete fare affidamento affinché domani questi sentimenti possano lasciare il posto alla speranza e alla fiducia. Speranza che il Paese nel quale vivete diventi sempre più a vostra misura e sempre meno ceda spazio a illegalità e violenza. Noi sapremo unirci: voi potete contare su di noi. Nelle prossime ore e nei prossimi giorni lavorerò ad iniziative in questo senso. Vi dimostreremo che i terribili fatti di oggi sono un segno di debolezza e non di forza di chi li ha compiuti. Vedrete che non sarete lasciati soli. A presto,

Francesco

Profumo

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Giustizia & Legalità

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A cura del Dott. Enrico Buttitta

Il diritto alla salute nella Costituzione Dall’assistenza dei religiosi cristiani ai malati, alle condizioni di salute degli italiani dopo l’unità nazionale, dalla tutela del benessere dei cittadini da parte dello Stato, alle ultime novità in materia di sanità pubblica e privata di Enrico Buttitta

Le origini dell’assistenza sanitaria in Italia affondano le proprie radici nel fenomeno della c.d. hospitalitas cristiana. Le prime forme di assistenza alle persone malate da parte di un soggetto dotato delle conoscenze mediche del suo tempo nell’ambito di un complesso organizzato, iniziano infatti all’interno di strutture religiose già a partire dall’alto Medioevo, soprattutto per assistere i pellegrini e gli infermi lungo le vie dei pellegrinaggi. In seguito, soprattutto a partire dal XIII secolo, queste strutture religiose di accoglienza si moltiplicarono, acquisendo una propria autonomia rispetto all’originario carattere di appendice di monasteri o conventi. E presero il nome di ospedali. Fino agli inizi del 1800 le cure offerte in Italia a un malato da parte di strutture sanitarie furono considerate di esclusiva spettanza delle organizzazioni che si occupavano di poveri ed emarginati, religiose e, solo più tardi, laiche. Ed infatti il suddito non poteva ancora pretendere dallo Stato e dalla collettività un aiuto per i suoi bisogni sanitari. In tale contesto l’assistenza al malato era concepita come un atto di carità verso gli ultimi, non configurandosi alcun dovere pubblico di prestare un servizio. Solo a partire dal 1800, l’autorità pubblica iniziò ad interessarsi dello stato di salute degli individui, ma solo nel caso in cui la diffusione delle malattie e le epidemie potessero minacciare la collettività. Ma quali erano le condizioni di salute degli Italiani all’indomani della conquistata unità nazionale ? Negli anni dal 1880 al 1885 venne pubblicata un’inchiesta parlamentare affidata al senatore Stefano Jacini, che costituisce un’ottima fonte di informazioni. Sappiate dunque che: -Un bambino su cinque moriva prima di compiere 5 anni. Al Sud uno su 4. -Per chi aveva la fortuna di sopravvivere all’infanzia, la vita media era di 60 anni (oltre 20 meno di adesso). -Il Regno d’Italia, da poco costituito, nel 1863 chiamò alle armi 253.000 ventenni della classe 1843 con il proposito di ricavare 55.000 abili da arruolare a sorte. Di questi 253.00 ventenni: 12.634 erano già morti; 33.156 vennero subito scartati perché deformi o informi; altri 22.918 vennero scartati perché non raggiungevano m. 1,54 di statura. -Sulle condizioni di salute della popolazione influiva notevolmente anche il fatto che i bambini iniziavano subito a lavorare. Soltanto nel 1886 infatti una legge stabilì l’età minima di nove anni per il lavoro in

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fabbriche e miniere e per un massimo di otto ore. Dopo i dodici anni non esisteva alcun limite e nessun limite esisteva per il lavoro nei campi. Nel 1800 si moriva soprattutto per malattie infettive, per mali psichiatrici e del sistema nervoso, tubercolosi, sifilide, colera, rachitismo e, soprattutto, malaria. La puntura della zanzara anofele è stata infatti fin dall’antichità la principale causa di morte e nel 19° secolo minacciava un terzo degli italiani, soprattutto al Sud. Con la rivoluzione industriale aumentarono poi i fattori di rischio per la salute delle persone e questo portò alla comparsa delle prime forme di previdenza, fino ad arrivare nel 1898 all’introduzione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e alla istituzione della Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e vecchiaia degli operai, il primo grande istituto pensionistico italiano. Tuttavia, fino all’avvento della Costituzione, la salute dell’individuo continuò ad essere considerata solamente in un’ottica di assenza di malattia, con la conseguenza che la tutela della salute scattava solo nel caso di insorgenza di una patologia. Solo con l’avvento della Costituzione nel 1948 tale situazione mutò. L’art. 32 Cost. recita: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. L’art. 32 è l’unico caso nella Carta Costituzionale in cui un diritto viene definito “fondamentale”, proprio a dimostrazione del fatto che la tutela della salute costituisce un principio assoluto e incondizionato del nostro ordinamento giuridico. In questo articolo si possono distinguere numerosi principi: innanzitutto il diritto dell’individuo a che la Repubblica tuteli la sua salute, poi l’interesse generale a che la Repubblica tuteli la salute collettiva; il diritto degli indigenti ad avere cure gratuite; la libertà dell’individuo di non sottoporsi o di rifiutare trattamenti sanitari, tranne i casi di trattamento sanitario obbligatorio che devono però essere previsti da una legge e sempre nel rispetto della persona umana. I principi enunciati dall’art. 32 della Costituzione rimasero tuttavia per lungo tempo inattuati. L’art. 32, infatti, venne inizialmente definita una norma programmatica, la cui attuazione era rimessa cioè al legislatore. La tutela della salute venne quindi ricondotta inizialmente all’art. 38 che, fondandosi sull’obbligatorietà dell’as-

sicurazione sociale contro le malattie in favore dei lavoratori e dei pensionati, garantiva cure appropriate nel caso dell’insorgenza di una malattia. Questo sistema garantiva però l’assistenza ai soli iscritti e ai loro famigliari, con esclusione di ogni altro soggetto non ricompreso nelle categorie suddette. Il sistema inoltre non era equo perché poteva accadere che alcuni gruppi di lavoratori beneficiassero di una copertura meno estesa e di minori prestazioni rispetto ad altri (ad esempio i lavoratori dell’industria avevano una protezione più ampia rispetto ai coltivatori diretti o agli artigiani). Questo regime, iniziato verso la fine dell’Ottocento, durò fino alla metà degli anni Settanta. Successivamente l’art. 32 venne interpretato non più solo come una norma programmatica bensì come una norma dal contenuto precettivo, con la conseguenza che la salute venne considerata finalmente come un diritto assoluto e fondamentale, meritevole di tutela prioritaria con diritto a qualsiasi prestazione assistenziale. L’attuazione piena dell’art. 32 venne realizzata con la legge n. 833/1978 che istituì il Servizio Sanitario Nazionale, riordinò l’intera materia sanitaria e affermò i principi della generalità dei destinatari (tutti i cittadini indistintamente e non più solo lavoratori, pensionati e loro famigliari ed indigenti), della globalità delle prestazioni (prevenzione, cura e riabilitazione) e dell’ uguaglianza di trattamento. Il SSN venne articolato sul territorio in Unità Sanitarie Locali, configurate come struttura operativa dei Comuni e strettamente vincolate ad una gestione tecnico-amministrativa di natura politica. Questo sistema, tuttavia, entrò in crisi e si rivelò presto inefficiente, rendendosi così necessaria una ulteriore riforma (D. Lgs. 502/92 e 229/99). Si arrivò così, all’inizio degli anni Novanta, alla aziendalizzazione delle UU.SS.LL., che vennero dotate di autonomia imprenditoriale e di strumenti operativi mutuati dal settore privato. Le vecchie UU.SS.LL. vennero trasformate in Aziende Sanitarie Locali e gli ospedali di maggiori dimensioni vennero scorporati e trasformati in Aziende Ospedaliere. Le funzioni amministrative vennero sottratte all’ambito comunale e ricollocate in capo alle Regioni. Punto cardine del nostro attuale SSN è innanzitutto il principio dell’universalità dei destinatari, in quanto l’art. 32 prevede la tutela del diritto della salute per ogni individuo nella sua qualità di persona umana. Quindi la tutela è garantita a tutti gli individui, a prescindere dalle condizioni economiche e ovunque si trovino nel territorio nazionale. Questo anche in attuazione dell’art. 3 della Cost., che appun-

to ribadisce come tutti gli individui hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge. Il SSN è dunque uno degli strumenti attraverso i quali la Repubblica “rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Un ulteriore principio fondamentale che sta alla base del nostro sistema sanitario è il principio della globalità delle prestazioni, comprensive non più solo della cura della malattia ma anche della promozione, mantenimento e recupero della salute intesa in senso ampio, quale stato di completo benessere fisico, mentale e sociale della persona.Fondamentale in questo complesso sistema è anche l’apporto delle strutture private, in quanto la tutela della salute del SSN non è un compito esclusivo del sistema pubblico, ma è un obiettivo dell’intera società, cui concorrono quindi soggetti sia pubblici che privati, pur con ruoli diversi. E vorrei evidenziare che, secondo l’ultima ricerca dell’OMS risalente al 2000, l’Italia aveva il secondo sistema sanitario migliore del mondo in termini di efficienza di spesa e accesso alle cure pubbliche per i cittadini, dopo la Francia. Anche nel nostro territorio vi sono case di cura private riconosciute Presidio Ospedaliero dell’ ASL, che svolgono un ruolo indispensabile nell’assistenza sanitaria pubblica sul territorio in termini di pazienti ricoverati, di servizi di pronto soccorso, prestazioni ambulatoriali, interventi chirurgici e nascite. Queste esperienze possono costituire la realizzazione in perfetta sintonia di due principi costituzionali: il diritto alla salute ed il corrispondente dovere della Repubblica di cui all’art. 32 Cost., e la libertà di iniziativa economica privata garantita dall’art. 41 Cost. se svolta per fini di utilità sociale e di sicurezza umana.

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Aziende

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PUBLIREDAZIONALE

L’acqua, risorsa importante e bene comune Bottiglia o rubinetto ? Questo è il dilemma che milioni di italiani si pongono LA SOLUZIONE A TUTTO ESISTE:

C’è un modo per bere sicuro, economico e pratico: purificare l’acqua del rubinetto senza la necessità di allacciarsi alla rete idrica. Risparmio sull’acquisto delle acque minerali. Riduzione dell’inquinamento da trasporto e confezionamento di acque minerali. Evita la scomodità del trasporto delle casse di acqua.

Negli ultimi anni sono sempre più le famiglie che si affidano all’acqua potabile che esce dal rubinetto di casa, tanto che noi italiani siamo i primi consumatori al mondo di acqua minerale in bottiglia. Specifico in bottiglia, perché di acqua minerale in Italia se ne può trovare anche negli acquedotti. Un po’ di dati: solo il 13% degli italiani consuma esclusivamente acqua da rubinetto (dati Federconsumatori di Pisa). Solo il 24,5% consuma esclusivamente acqua minerale in bottiglia (dati Aqua Italia, istituto indipendente). Possiamo quindi considerare che la stragrande maggioranza ( 62.5%) usa per dissetarsi sia acqua del rubinetto, sia acqua in bottiglia. Premesso che la scelta di affidarsi all’una o all’altra soluzione dipende dalle convinzioni di ogni singolo, il fatto di utilizzare entrambe le “fonti” significa incertezza e diffidenza . E’ vero che se una delle due scelte fosse dannosa alla salute o al portafoglio, sarebbe meglio schierarsi da una parte ben definita del fronte. RUBINETTO O BOTTIGLIA? Analizziamo i pro ed i contro delle due alternative: Acqua del rubinetto: Pro: Più economica; più comoda; più sicura (analisi giornaliere da parte degli enti locali) Contro: sapore talvolta sgradevole a causa di presenza di cloro e minerali o metalli; talvolta elevato contenuto di calcare (a Villafranca soprattutto); presenza di residui di metalli e sabbia che in assenza di filtri specifici, passano dal rubinetto. Acqua da bottiglia: Pro: Gusto gradevole; possibilità di averla frizzante; etichetta che riporta i dati salienti (non si sa di quale campione); provenienza da fonti pure e montane (non sempre). Contro: Costo elevato; mancanza di controlli sullo stato delle bottiglie durante il trasporto e lo stoccaggio (caldo, luce, ecc...); controlli eseguiti a campione; utilizzo di bottiglie spesso senza possibilità di riutilizzo integrale (la plastica viene differenziata ma è sempre un rifiuto); costi accessori per l’approvvigionamento; poca praticità per la fruibilità (continui acquisti o disponibilità di depositi in luoghi freschi e asciutti). •Il mercato delle acque minerali vale 3,2 miliardi di euro. •In 15 anni (1988-2003) il consumo italiano è più che raddoppiato (da 80 a 182 litri), un fenomeno unico al mondo. • Con 182 litri pro capite all’anno, l’Italia è balzata in pochi anni al primo posto nel mondo per consumo di minerale. •Il consumo pro capite di 182 litri l’anno significa consumare 22 litri di petrolio e 108 litri d’acqua (utilizzati per la produzione e il trasporto), oltre all’emissione di 23 kg di CO2. Quanto paga e quanto inquina mediamente in un anno una famiglia di 4 persone che consuma acqua in bottiglie di plastica nella misura di 1 litro a testa al giorno, in Italia? •Costo medio dell’acqua: € 400,00 •Consumo di petrolio per fare le bottiglie: litri 32 •Consumo di acqua per fare le bottiglie: litri 560 •Acqua sprecata nelle varie fasi di lavorazione: litri 3.360 •Consumo di carburante per il trasporto delle casse d’acqua: litri 32 A tutto questo vanno aggiunti i costi ingenti per lo smaltimento delle bottiglie di plastica e l’inquinamento ambientale, derivante anche dall’emissione dei gas immessi nell’aria dai veicoli preposti al trasporto dell’acqua (fonte Federconsumatori di Pisa).

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Caratteristiche generali : 1. sistema di filtraggio a doppia tecnologia e ad elevatissima durata (fino a 6 mesi) monitorata elettronicamente; 2. elevata velocità di filtraggio fino ad 1 litro/min; 3. sistema gasatore con bombola CO2 per preparare fino a 80 litri di acqua gassata; 4. sistema di bypass per regolare il livello di filtraggio per modificare la durezza dell’acqua e le caratteristiche organolettiche in funzione dell’utilizzatore e del tipo di acqua potabile in ingresso; 5. autodiagnosi e supervisione del sistema, con interfaccia utente a LED multicolore che segnala: - erogazione acqua in corso; - gasatura in corso; - esaurimento filtro; - esaurimento bombola CO2; - stato del dispositivo UVc. Possibilità di funzionamento con batteria ricaricabile (12 ore di ricarica), fino a 20gg di autonomia. Pratica caraffa “a scomparsa” da 1.8 Lt. -Conforme alla Normativa Europea ed Italiana di settore. Accessori in dotazione: -1 cilindro CO2 per gasatore -2 bottiglie di vetro da 2 litri -2 bottiglie in plastica per bombola CO2 -2 cartucce composite filtranti sterilizzate. -1 alimentatore 12 V Sistema di disinfezione, basato sulla tecnologia UV-c, che può abbattere la carica batterica, ove presente, fino a valori superiori al 99%. Il doppio sistema consente la riduzione degli agenti organici e inorganici (solventi, pesticidi, cloro, piombo, zinco, rame, arsenico, metalli pesanti, calcare, ecc). Assorbimento massimo in fase di erogazione dell’acqua 4.6W

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Giovani A cura di Diego Cordioli

Apprendimento e istruzione La presentazione dei lavori degli allievi dell’Istituto Carlo Anti, alla presenza delle autorità cittadine e locali e la pubblicazione di un volume su Custoza lendosi di una strutturazione flessibile, trasversale ad ogni materia d’indirizzo che va daSabato 26 maggio in una ric- gli interventi sul gruppo classe ca cornice di pubblico data da a quelli realizzati per gruppi di genitori ed allievi, le classi del livello, di compito o elettivi. L’obiennio dell’Istituto di scuola su- biettivo prioritario è quello di periore Carlo Anti di Villafranca offrire strumenti di conoscenza di Verona, guidato dal preside ed occasioni di esperienza anprof. Claudio Pardini e dal vica- che applicativa, che consentano rio prof.ssa Lauretta Zoccatelli, a ciascuno di apprendere, contihanno presentato presso l’au- nuare ad apprendere, interagire ditorium del comune i lavori di e operare nella società. L’Istitufine anno inerenti le Unità Di- to Carlo Anti ha così presentadattiche di Apprendimento. to per il secondo anno i lavori Esse, nell’ambito della riforma ed i più che positivi risultati del sistema scolastico decre- ottenuti dagli studenti, di tale tato dalla Legge 53/2003, volta progetto, afferenti, quest’anno a recepire appieno le direttive alle seguenti tematiche: i sassi, il europee, costituiscono un pun- moto parabolico, la formazione to fondamentale del processo della Verona medievale e del suo educativo; la loro progettuali- patrimonio artistico, il valore tà è caratterizzata da obiettivi dell’acqua e la storia della vite formativi adatti e significativi e del vino nel territorio di Vilper ogni allievo e sono tese alla lafranca Custoza. In particolar trasformazione delle capacità modo queste due ultime unità, personali in competenze, avva- affrontate rispettivamente dalle del Prof. Umberto Massaro

classi prime e seconde del biennio commerciale sono state oggetto di un ulteriore lavoro di coordinamento seguito dal nostro prof. Umberto Massaro, storico e ricercatore che insegna in quel di Verona, culminato in un’elegante e completa pubblicazione sostenuta dalla Graphistudio, avente per titolo “Tra storie d’armi, nobili vini e Cristalline fonti: Custoza.” Presenti alla manifestazione erano: l’Ing. Luca Zamperini, assessore alle politiche giovanili del comune; il dott. Bruno Minotto, agronomo della Cantina Sociale di Custoza; il dott. Stefano Tomezzoli, presidente del Consorzio di bonifica Adige Garda Tartaro; il dott. Ermanno Murari, direttore di zona dei Vivai Cooperativi di Rauscedo, ai quali è stata dedicata una pagina della ricerca; la dott.ssa Anna Lisa Tiberio del Provveditorato scolastico, ed il dott. Gustavo Franchetto, con-

sigliere della Regione Veneto e componente della Commissione Cultura della Regione e già ospite e relatore a Campagna di Maniago, in occasione della presentazione di una pubblicazione sulla comunità sempre sostenuta dalla Graphistudio, alla quale Franchetto ha rivolto un sentito ringraziamento per la sensibilità e coerenza da sempre dimostrate nel sostegno alle iniziative culturali.Tutte le autorità convenute hanno espresso i più fervidi complimenti agli allievi ed a tutti i docenti interessati, per gli eccellenti lavori e risultati di ricerca presentati e per la perfetta riuscita dell’incontro. In particolar modo la pubblicazione su Custoza ha dimostrato una profondità di approfondimento degna di una tesina universitaria con un’esposizione completa, esplicativa ed estremamente chiara. Tutti i convenuti si sono augurati che la crescita di questi

giovani studenti possa portare a seri ed apprezzati professionisti del mondo economico, sono risultati essere studenti davvero in gamba che hanno saputo apprezzare l’insegnamento dal vivo, quello che la natura, l’arte, la storia, il paesaggio offrono agli occhi dei più attenti, avendo compiuto in tal modo il Carlo Anti un percorso di grande rilievo educativo, auspicando che questa iniziativa diventi un appuntamento fisso di fine anno e si radichi ed espanda nel territorio. Un momento di grande partecipazione affettiva si è inoltre avuto quando è stato inviato sul palco il veronese Luigi Bertagna, classe 1922 reduce della battaglia di El Alamein e protagonista assieme al pordenonese Piero Di Giusto di una delle “Serate per non dimenticare” a Rauscedo, la capitale delle barbatelle.

SPECIALE ESTATE Progetto Centri Estivi di Luca Zamperini L’estate è ormai alle porte e con essa anche l’inizio delle attività rivolte ai più giovani. Anche quest’anno infatti saranno attivati i centri estivi realizzati grazie alla collaborazione tra Amministrazione comunale, scuole, parrocchie ed associazioni del territorio. Essi sono il risultato di un percorso che in questi anni ha portato alla stesura di una convenzione condivisa che ha lo scopo di garantire la presenza su tutto il territorio comunale di quelle attività divenute ormai di fondamentale importanza per oltre mille famiglie. Sono stati attivati, nel corso degli anni, nuovi percorsi formativi rivolti agli animatori realizzati in collaborazione con il Servizio Educativo Territoriale e il Polo Emergency e l’Amministrazione in questi anni ha investito maggiori risorse al fine di offrire un servizio di qualità che, pur tenendo conto delle peculiarità delle diverse realtà territoriali, possa nel complesso rispondere nel miglior modo possibile alle esigenze di genitori e figli. È infatti da due anni attivo, su richiesta di molti genitori, un terzo turno mattutino durante il mese di agosto dei centri estivi realizzati in collaborazione con la cooperativa Aribandus e per il quinto anno consecutivo le tariffe sono rimaste invariate. L’obiettivo è quello di mettere al centro dell’agire i bambini e le famiglie e garantire in questo modo un servizio che sia in grado di conciliare al gioco e al divertimento anche una forte valenza educativa.

Per maggiori informazioni: www.informagiovani.comune.villafranca.vr.it oppure cooperativa Aribandus - telefono: 045 564362.

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I Tesori di Villafranca

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AAcura cura di di Diego Elisa Francesco Cordioli Zanola Bommartini

Il Castello di Villafranca

Il castello rappresenta forse il monumento più significativo del territorio villafranchese. La sua edificazione risale al 1200 ed è legata alla storia della Signoria scaligera

murarie e furono usati ciottoli di origine morenica disposti “a spina di pesce”: Il cammino di ronda, protetto da merlature, è alto 16 metri, la pavimentazione è in Un’opera di fortificazione a scopo difensivo: l’area pietra. I mattoni e le feritoie furono realizzati con la veronese e limitrofa conosce diversi esempi di castel- tecnica “a tolos” e ai piedi delle cortine murarie ci sono li risalenti al periodo scaligero, come quelli di: Sirmio- ripide scarpate che servivano per prevenire gli attacchi ne, Lazise, Malcesine, Torri del Benaco e Peschiera sul con gli arieti. Agli angoli delle cortine ed a queste strutlago di Garda o quelli di Valeggio, Monzambano, Soave turalmente indipendenti, a intervalli di circa 40 metri, vi e Montagnana. Quello di Villafranca venne concluso nel sono le torri, con più piani e sulla sommità, presentano 1202; trent’anni dopo, venne assediato e incendiato da il cammino di ronda con le merlature. In alcuni punti Ezzelino da Romano; fu ricostruito nel 1242 con l’ag- di particolare importanza si trovano nelle cortine degli giunta dei fossati e del mastio. Erano periodi di assedi apparati a sporgere, con delle aperture da cui venivae guerre frequenti e la costruzione dei castelli scaligeri no lanciate pietre, acqua bollente, a scopo difensivo. I seguiva schemi per lo più comuni: alla corte d’onore, rivellini (un tipo particolare di fortificazione), ognuno dove risiedeva il castellano, si affiancava la corte d’ar- per ciascun accesso, davano su un ponte levatoio ed mi, lo spazio per i soldati. Questi due ambienti erano erano separati dalla corte d’onore da portoni. La corte spesso separati da un’area intermedia. La corte d’onore d’onore veniva difesa anche dalle torri angolari, collegain genere prevedeva torri aperte verso il fronte di gola te alle cortine murarie. Alla torre del mastio si poteva e il mastio, al suo interno, dominava, per la sua altezza, accedere dai cammini di ronda a 16 metri d’altezza. Nel la zona circostante e rappresentava l’ultimo rifugio dei castello di Villafranca la muratura è composta da massi castellani. L’accesso non avveniva da terra ma da porte di epoca romana e da mattoni, per uno spessore di cirche si raggiungevano con passerelle levatoie dai cam- ca 2,50 metri che si riduce di un mattone per ciascun mini di ronda. I materiali con cui i castelli venivano co- piano interno. Questi erano formati da solai in legno; in struiti erano per lo più recuperati in zona e quelli più alto il mastio è chiuso da una volta a botte. La rocca è comuni erano la pietra, i mattoni e i ciottoli di origine formata da due rivellini, uno che dà verso la città, l’altro morenica. Nel caso specifico del castello villafranchese, verso la corte d’armi; questi presentavano ponti levatoi, c’è stato l’impiego di murature a secco per le cortine che in seguito vennero rimpiazzati da ponti di muratura. di Elisa Zanola

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Tra i rivellini c’è un percorso di attraversamento ai lati del quale, nel XVII e XVVIII secolo, vennero costruiti al piano terra un loggiato e a quello superiore, un vano. Nella stessa epoca, sul lato opposto, vi fu la costruzione della chiesetta del Cristo. Nel 1800 il rivellino verso la corte d’armi venne modificato; vicino ad esso si trova una delle due torri minori del castello che ospitavano le prigioni, mentre il pian terreno serviva come sagrestia della chiesetta del Cristo. Passando per il percorso di attraversamento, si arriva alla corte d’onore all’interno della quale sorge l’imponente mastio. Resta solo un tratto delle cortine murarie dell’epoca, mentre delle due torri minori, solo quella nella corte d’onore ha lo stesso aspetto originario, perché a quella accanto al rivellino venne aggiunto un vano scala che serra l’apertura sullo spigolo di gola. Da queste torri si possono raggiungere i cammini di ronda con le caratteristiche merlature. Il mastio è rimasto inalterato nel tempo, tranne che per alcune modifiche dovute al collocamento di un orologio nel XIX secolo. Il castello ha subito molti interventi nel corso dei secoli ed è stato interessato da restauri nei periodi 1988-1998 per quanto riguarda la rocca, 19982002 per il restauro della porta sud e la costruzione di nuove passerelle, 2006-2007 per gli interventi di sicurezza sulla corte d’armi e per il ripristino dei servizi nella torre mediana ovest. Un patrimonio, il castello, di grande valore, diventato simbolo della stessa Villafranca.

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Arte

AAcura cura di di Diego Diego Cordioli Cordioli

L’oro blu: acqua sorgente di vita Al centro espositivo Antonio Berti di Sesto Fiorentino, dal 25 marzo al 9 aprile è stata allestita la mostra di Maria Grazia Cordioli a cura di Francesca Roberti, dedicata all’acqua. di Elisa Zanola

Una ricerca materica e artistica che ha come oggetto quest’elemento sfuggente e fondamentale: l’acqua. L’acqua che sa adattarsi a qualsiasi contenitore, assumere ogni forma, vincere ogni forza. Tutto diventa liquido, fluido, mutevole. Sculture che rappresentano flutti, installazioni che sembrano galleggiare nell’aria e sono ricolme d’acqua. Forme di plastica dorata e attorcigliata che si contorcono su una parete nera. Si ondeggia, si fluttua. Gocce, flussi lavorati utilizzando la plastica, di bottiglie di in un’ estetica del riciclo che diventa un modo di fare del riciclo una nuova estetica. Acqua come risorsa da difendere per lottare contro il suo spreco ed inquinamento. Acqua come occasione creativa per un’indagine intima e profonda sulla realtà. La plastica, modellata dall’abilità dell’artista, risorge a nuova vita, per diventare veicolo di significati che attingono anche all’ecologia. E l’acqua si fa metafora della vita, impreziosita da sfumature oro-argento o lasciata al suo colore trasparente, non dipinta.

Acqua che permette la vita sulla terra. Acqua celebrata nelle cromie sgargianti o in discrete trasparenze, attraverso un lavoro inedito sulla materia plastica. Maria Grazia Cordioli, di arte si occupa da ormai quarant’anni e la sua prima personale risale al 1982. Nel 2006 ha inaugurato a Villafranca OPEN ART, una casastudio-spazio espositivo permanente d’arte contemporanea in via Bixio 272. La mostra di Sesto Fiorentino recupera l’uso dei rifiuti, caratteristica di alcune avanguardie artistiche del Novecento, per ridare a quello che comunemente è scartato, un nuovo valore, in una ricerca artistica che attinge all’arte povera, a quella minimalista e concettuale e al riciclo che da estetica diventa anche etica. Se la plastica è comunemente gettata come oggetto di rifiuto, l’importanza dell’arte e dell’acqua sono universalmente riconosciute: ecco allora che un uso sapiente e creativo della plastica di recupero diventa strumento per incarnare il suo contrario, per inglobare un nuovo valore, per farla diventare essa stessa preziosa, come l’oro blu che rappresenta. L’acqua è anche un elemento fondamentale per tutte le religioni e non a caso

un’installazione presente nella mostra si chiama “Il tempio della vita”. I contenitori trasparenti traboccanti d’acqua, che la costituiscono, sono oblò di lavatrici installati su una struttura di acciaio. “Il tempio della vita” rappresenta così il tempio dell’acqua, fondamentale per tutte le religioni che in essa vi riscoprono i significati della purificazione, della rinascita e della guarigione, nonché una traccia della presenza divina. Acqua è anche il ricordo del grembo materno, simbolo di nascita e rinascita. Metafora del cambiamento e dell’adattabilità a qualsiasi circostanza, è essa stessa vita. Durante l’esposizione, accanto alle sculture dorate e argentate che rimandavano ai flutti d’acqua “Il tempio della vita” occupava lo spazio centrale sotto la volta del soffitto. All’esterno, nel giardino, ombrelli rossi e gialli sparsi ovunque come fossero stati investiti da una folata di vento: usati comunemente per ripararsi dalla pioggia, rimandano al valore dell’acqua piovana che scende dal cielo per fecondare la terra. Insieme agli ombrelli, sempre all’esterno, dei drappi trasparenti di plastica, immense onde d’acqua lucenti. Un’indagine sulla sacralità dell’acqua e sui

suoi usi “profani”: per ribadire il proprio no ad ogni abuso indiscriminato di quest’elemento prezioso che ci compone e di cui necessitiamo per sopravvivere: un inno alla vita e alla sua bellezza attraverso quell’elemento che scorre, liquido e libero, in noi e in tutto quello di vivente che ci circonda. Allora Maria Grazia, che cosa ci racconti della tua ultima personale? Non ho parole , non mi aspettavo un’ accoglienza e un’ ospitalità così: una valorizzazione, un apprezzamento del mio lavoro che non ho mai avuto. Uno spazio prestigioso, donato da uno scultore, Antonio Berti, abilissimo e apprezzatissimo artista amico di Manzù, che ha ritratto le persone più in vista del suo tempo, è stato messo a mia disposizione gratuitamente . Che cosa ti ha colpito che non ti aspettavi? La presenza e gli apprezzamenti del presidente della Provincia di Firenze, il presidente del Progetto Acque Firenze che proprio durante l’inaugurazione ha detto davanti a tutti che vuole essere il mio sponsor ufficiale in tutta Italia... mi confermano e mi incoraggiano a proseguire e mi ricompensano della fatica, del lavoro e dell’ indifferenza che ho incontrato in tutti questi anni. Non voglio dimenticare il rinfresco offerto da un’ antica cioccolateria di Firenze... chi se lo aspettava? Non mi era mai successo! Una persona presente ha ripreso l’inaugurazione che si può vedere sul sito YouTube digitando: “Cordioli acqua“. Secondo te questa esperienza

intensa e soddisfacente potrebbe avere un seguito? Forse si... il direttore di TV Toscana Arte è venuto alla fine della mostra, ha fatto un bel filmato che ha mandato in onda nella sua trasmissione dedicata all’arte contemporanea, si è complimentato con me e ha detto alla curatrice, dott.ssa Francesca Roberti, molto soddisfatto per quello che aveva visto, che mi deve far conoscere in tutta Italia. Non solo, ma ha fatto un elenco degli spazi nelle diverse città che secondo lui sono molto adatti a valorizzare questa modalità di fare arte. Speriamo... Quale è il messaggio che con questa mostra vuoi comunicare? H2O l’oro blu: l’acqua è più preziosa dell’oro. Se avessimo tutto l’oro del mondo ma non avessimo l’acqua, noi non potremmo vivere… Per me l’acqua, come la celebra S. Francesco nel Cantico delle Creature, è “utile et umile et pretiosa et casta” ed è anche un programma di vita. La nostra vita è un bene prezioso da non sciupare e da vivere in pienezza, in purezza di cuore, con sincerità, lealtà, trasparenza umiltà. Circondati da falsità, intrighi, imbrogli, non è facile, ma possibile...

Foto in alto: autoritratto dell’artista Foto a lato: una delle opere esposte nella mostra di Sesto Fiorentino “Flutti d’Acqua”

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Cultura AAcura di di Diego Francesco Cordioli Bommartini cura Diego Cordioli

MEZZO SECOLO – fatti e persone Presentato al Museo Nicolis il nuovo libro di Carlo Rigoni . Numerose le autorità intervenute e tra queste i Procuratori Papalia e Schinaia.Una corposa sequenza di storie vissute. In vendita per beneficenza Nel salone convegni del Museo Nicolis, affollato come nelle grandi occasioni (250 presenze e tante autorità civili, militari e religiose di Verona) è stato presentato il nuovo libro di Carlo Rigoni:“MEZZO SECOLO fatti e persone”, 400 pagine su carta patinata finemente rilegato con copertura in cartone e sopracoperta chiara... Nella prefazione Michelangelo Bellinetti, già presidente dell’ordine dei giornalisti del Veneto, ha scritto e ribadito:“Per oltre cinquant’anni, con umiltà e con passione, Carlo Rigoni ha raccontato, giorno dopo giorno, le vicende del proprio paese dalle colonne de L’Arena. Oggi di quel tempo ha raccolto gli articoli più significativi. Si tratta di una corposa sequenza di storie vissute. Sono le gioie e i dolori che segnano le stagioni della vita di ciascuno, in questo caso di una comunità laboriosa e tenace” e ancora “Ora dalla rinnovata testimonianza di Carlo Rigoni emergono da queste pagine il retaggio del tempo vissuto, la qualità della partecipazione civile, il sapore di una memoria che sarebbe ingiusto perdere”. Molto articolata la presentazione di Gian Paolo Marchi, già ordinario di letteratura italiana e preside di facoltà all’Università di Verona. Fatta una premessa di carattere storico circa la nascita e la funzione dei giornali e i personaggi che nel corso della storia hanno dato lustro a Villafranca, Marchi ha ricordato come per evidenti ragioni si capisce come «L’Arena» consideri Villafranca tra le località strategiche della provincia e che abbia scelto con particolare attenzione i giornalisti chiamati a registrarne le cronache. Tra questi primeggia Carlo Rigoni che festeggia quest’anno il cinquantesimo anniversario della sua attività. Quando nel 1968 si iscrisse all’ordine dei giornalisti, Rigoni aveva inoltre al suo attivo la collaborazione al «Corriere del Mattino», avviata fin dal 1955; incontriamo la sua firma anche in altre testate, come la «Gazzetta di Mantova», «Avvenire», «Stadio», «La Gazzetta dello Sport», il «Corriere Ortofrutticolo». Accanto ad una intensa presenza giornalistica e con incarichi istituzionali nell’Ordine, Rigoni ha dispiegato la sua attività nell’ambito delle arti e delle lettere con la promozione di rassegne, mostre e concorsi di pittura, grafica e scultura, a carattere sia provinciale che nazionale. Dal 1991 ha allargato la sua attenzione alla letteratura e alla poesia, organizzando concorsi nazionali con commissioni formate da accreditati critici letterari, da docenti universitari e da giornalisti. In queste pagine Rigoni ha riprodotto parte dei suoi articoli pubblicati nel quotidiano veronese. Sfogliando il volume, troviamo nelle prime pagine un’insistita attenzione nei confronti delle tematiche connesse con l’insediamento della III Brigata dell’Aeronautica Militare, che contribuì alla prosperità e, in certo senso, alla sprovincializzazione di Villafranca. La quotidianità delle corrispondenze impone la rinuncia a ogni prospettiva gerarchica: non può quindi destar meraviglia il fatto che il flauto di Severi-

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no Gazzelloni abbia lo stesso rilievo riservato pochi giorni dopo alla foglia di edera (o di rosa, di pioppo o di betulla) che Dario Cordioli tiene fra le labbra per eseguire in questo modo canzoni e melodie popolari. Se un qualche spazio viene dedicato alla politica locale, Rigoni si sente particolarmente a suo agio allorché presenta i casi di cittadini che hanno raggiunto livelli di eccellenza nelle varie professioni: e si va dal primario ospedaliero al chirurgo di grido, dal campione ciclista all’avvocato rotale (per di più in sottana), fino all’arrotino (il «moléta») che va in pensione «dopo sessant’anni di scintille», fino al fornaio rimasto unico dei sette un

personaggi della vita pubblica. Guido Papalia , procuratore generale della Corte di Appello di Brescia, intervenuto anche personalmente alla presentazione del volume, definisce Rigoni «osservatore acuto e attento e, allo stesso tempo, testimone e, in qualche caso, partecipe delle storie raccontate». Alessandro Mazzucco, magnifico Rettore dell’Università di Verona, paragona l’emozione che si prova nello scorrere un album fotografico di famiglia a quella che si prova sfogliando «la raccolta degli articoli di Carlo Rigoni, attraverso la quale si intuisce l’evoluzione dei tempi ma anche la visione della professionalità del

tempo attivi a Villafranca, o all’ultimo calderaio («parolòto») che resiste al banco di lavoro dopo mezzo secolo di attività; senza dimenticare l’imprenditore di successo che ha dato vita ad un museo in cui sono esposte le più prestigiose vetture d’epoca italiane ed estere. Si capisce che Rigoni è contento allorché può dir bene dei suoi concittadini, a partire dai neonati venuti alla luce dopo qualche traversia (casistica rievocata da un’ostetrica bisnonna), per arrivare ai vecchi che, raggiunta la soglia dei cent’anni, non hanno alcuna premura di lasciare questa valle di lagrime. Preti, frati (in particolare i cappuccini) e suore hanno il loro spazio, anche in ragione del loro consolidato radicamento nel territorio e del loro spendersi per il benessere spirituale e materiale della popolazione. Non poteva certo mancare la cronaca nera. Così, scorrendo le centinaia di pagine di questo volume, sembra quasi di guardare il mondo attraverso le lenti di un cannocchiale rovesciato e di poter osservare (e, per quel poco che è possibile, comprendere) - trasformate in precise miniature - le grandi scene della storia umana. Numerose le testimonianze agli autorevoli

giornalista», caratterizzata dalla capacità «di far incontrare , di mettere insieme le persone che hanno qualcosa da dire. Per Dario Bertezzolo, Presidente della sezione penale del Tribunale di Verona, pure presente alla serata, la raccolta degli articoli di Rigoni ci aiuta «a capire, con uno sguardo retrospettivo, quante vicende abbiamo vissuto in questi cinquanta anni trascorsi così velocemente, e quanto queste vicende abbiano riempito il nostro tempo», Gianni Pizzolo, Direttore di Ematologia dell’Università di Verona sostiene che Rigoni «non si è limitato a osservare e a descrivere gli intrecci degli accadimenti delle nostre vite», ma «è stato ed è un paziente e creativo assertore di relazioni, che ha creato e crea con inesauribile energia occasioni di incontro tra le persone più diverse che le circostanze della vita gli hanno fatto avvicinare». Giuseppe Chiecchi, ordinario di letteratura italiana, anche lui presente, osserva che «Mezzo secolo di collaborazione con l’Arena è uno spazio impressionante, un contenitore nel quale Rigoni -dotato della straordinaria capacità di coinvolgere persone di merito «nel cerchio rutilante e sincero delle sue amicizie»- «ha riversato

tutta la sua curiositas di uomo radicato nella sua terra lungo il largo tempo che gli è stato e gli viene tuttora concesso». Michele Tansella, preside di Medicina, presente alla presentazione, osserva che Rigoni è attento a riferire la sostanza degli eventi, a descrivere in modo lucido e critico, senza compiacimenti o inopportuni rimpianti. Mario Giulio Schinaia, Procuratore capo della Repubblica di Verona, che pure ha preso la parola, ritiene apprezzabile, in un momento di crisi di valori e di idee, la pubblicazione di un volume dal quale emerge «lo spirito e l’entusiasmo con il quale il buon Rigoni elargisce con tanta disponibilità energie vitali a favore della cultura e dell’arte, specialmente con riferimento al mondo dei giovani”. Francesco Calabrò, Direttore di chirurgia toracica dell’Azienda ospedaliera integrata di Verona, tra i presenti, è convinto che Rigoni impersoni esattamente «i valori che sono espressione di questa terra», cui fa riscontro la «generosità nei confronti delle persone che hanno bisogno e per le quali si prodiga sempre in modo efficace e puntuale». Francesco Giovannucci, Prefetto di Verona dal 2000 al 2006, rileva che «la narrazione è caratterizzata da due elementi: eleganza e sobrietà di esposizione. Qualità che rispecchiano il carattere dell’uomo, sensibile e attento, mai invadente, capace di fornire notizia con dovizia di particolari e con lo spirito di chi è profondamente innamorato della sua gente.» Mons. Giancarlo De Grandis, vicario episcopale per la cultura della diocesi di Verona, intervenuto alla serata con altri vicari e sacerdoti, osserva che «la fatica di Carlo Rigoni non è autoreferenziale e narcisistica, ma ha valore culturale e educativo». Ilvano Caliaro, docente di letteratura italiana nella facoltà di lettere dell’Università di Udine, osserva che «la specola di Rigoni è sì locale, veronese e particolarmente villafranchese, ma attraverso questa egli ha potuto osservare, cogliere e restituire, attraverso molteplici fatti, la profonda trasformazione che in questi cinquant’anni hanno subito il nostro ambiente e la nostra società». Paolo Pellegrini, ricercatore di Filologia della letteratura italiana a Verona, constata che gli articoli di Rigoni, «stesi nell’arco di una attività lunga una vita, su tutti i fronti, sono tutti accomunati dalla medesima attenzione alla propria terra ch’è tutt’uno con l’attenzione alla persona e alle persone». Lorenzo Carpanè, docente di letteratura italiana nella facoltà di scienze della formazione di Verona, leggendo gli articoli di Carlo Rigoni conferma che le persone vanno incontrate senza mediazioni, per cogliere relazioni e dare senso agli avvenimenti. Il volume, elegantemente confezionato, è in vendita presso la libreria R.E.A.D. e nelle edicole di Villafranca e Quaderni. Il ricavato è interamente devoluto all’Opera Don Calabria per la ricostruzione della missione nelle Filippine devastata dallo tsunami.

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Musica

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A cura di Francesco Bommartini

Benvegnù e Marta sui Tubi battono la pioggia Sabato 9 giugno sera i presenti agli impianti sportivi di Sommacampagna hanno potuto godere di un doppio live di grande livello, che neppure qualche goccia di pioggia ha potuto fermare. E dopo il concerto le band non si sono risparmiate, tra autografi e fotografie di Francesco Bommartini Paolo Benvegnù e Marta sui Tubi concludono con il botto la due giorni musicale organizzata da Rocken ed Emporio Malkovich. Il pubblico presente sabato 9 giugno sera, nell’ordine delle 250 unità, ha tributato il giusto riconoscimento a due realtà di

assoluto valore. Il primo ad esibirsi, un po’ a sorpresa, è stato Benvegnù. La sua voce calda ha cesellato i brani del nuovo album Hermann e quelli estratti dai lavori precedenti. Benvegnù, accompagnato da Luca Baldini al basso, Guglielmo Ridolfo Gagliano alla chitarra solista e Andrea Franchi alla batteria, è parso molto concentrato. Questo atteggia-

mento ha giovato notevolmente al live, come da lui stesso confermato post concerto.Tra dolci arpeggi e parti decise il cantautore ha mostrato tutta la ricercatezza e la classe che contraddistinguono il suo repertorio. Ma Benvegnù è sembrato anche provato da una situazione di salute instabile che, e glielo auguriamo di cuore, speriamo si stabilizzi presto. Tra una Love is talking e una versione riarrangiata, e molto plumbea, di La schiena, il cantautore ha ringraziato i presenti cercando però di concludere il set senza cincischiare troppo. Nonostante la pioggia che cominciava a cadere dal cielo, i Marta sui Tubi hanno cominciato il loro show, trascinando il pubblico sotto il palco. E hanno convinto. In pieno. Il quintetto, formato da tre siciliani, un sardo e

MUSIC CORNER

un milanese, ha offerto un spettacolo memorabile che sarà ricordato tanto dai numerosi amanti della loro articolata proposta quanto da chi non li conosceva. Seguire un loro concerto non può lasciare indifferenti. Carmelo Pipitone si muove sulla sua acustica modificata senza lasciare spazio ad errori, sorretto dalla precisione ritmica di Ivan Paolini. Le importanti sfumature sono opera di Mattia Boschi, al violoncello elettrico e basso fretless, e Paolo Pischedda, tastiera. Su questo coacervo sonoro si muove con sicurezza la voce di Giovanni Gulino. La sua timbrica varia di continuo. Gulino cesella le sue emissioni come vuole, dimostrando una padronanza del mezzo invidiabile. Una band italiana di livello elevatissimo di cui si parla troppo poco.

in collaborazione con www.artcorner.it

Iniziano i concerti open air di grande livello. Tra artisti internazionali come: Hevia, Chris Cornell, Portishead, Mumford, Duran Duran e compagnia non c’è davvero di che annoiarsi, a Villafranca così come a Verona. Ma non mancheranno anche nomi affermati del panorama nazionale come Venditti e i Negrita, con Arisa e la nuova Erica Mou. Tutti i live segnalati di seguito sono serali.

23.06 Days Before July + Allborn Piazza Costituzione (San Bonifacio) 26.06 Portishead Castello di Villafranca (Villafranca) 28.06 Chris Cornell Teatro Romano (Verona)

8.07 Erica Mou Piazza Umberto I (San Giovanni Lupatoto)

29.06 The Soul Busters Zodiaco (San Vito di Cerea)

9.07 Antonello Venditti Arena (Verona)

1.07 University Big Bang Parco ai Cotoni (San Giovanni Lupatoto)

13.07 Ancher Villa Raimondi (Nogara)

2.07 Mumford&Sons Teatro Romano (Verona)

16.07 Duran Duran Arena (Verona)

3.07 Hevia Parco Villa Balladoro (Povegliano)

19.07 Arisa Piazza Carlo Alberto (Valeggio)

7.07 Negrita Castello di Villafranca (Villafranca)

20.07 Nutini Castello di Villafranca (Villafranca)

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Cultura dell’Alimentazione

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A cura dell’Istituto Alberghiero “A. Berti” di Verona

Intolleranze alimentari e salute In parallelo alla cura per il gusto e alla prelibatezza dei piatti proposti, nella moderna ristorazione deve trovar spazio l’attenzione verso i problemi alimentari del cliente re che si sentisse esposta, che i suoi problemi non erano nè conosciuti nè capiti e risolti a dovere dal perNella moderna e aggiornata risto- sonale addetto. Possiamo arrivare razione non è più possibile ignora- alla conclusione che la ristorazione re le esigenze salutari del cliente. dava poco peso alla questione e le Un occhio di riguardo il cuoco e il soluzioni erano alquanto approssiristoratore, a dire il vero, lo hanno mative e spesso dettate dal cliente sempre avuto, ma la preoccupazio- di salute cagionevole stesso. ne maggiore era quella di una cu- Da molti anni nelle scuole albercina gustosa, di personalità e per ghiere ci si adopera per formare nulla propensa all’attenzione delle giovani risorse e personale capace; esigenze forzate dovute alla salute siamo una nazione con larghe e apdi alcuni clienti. prezzate capacità professionali,su In sostanza il cliente doveva al- questo non vi è alcun dubbio, ma zarsi da tavola senza eccessivi pesi se tocchiamo il tasto della presullo stomaco ma con la mente e venzione in merito alle diete e ai il palato appagati dalle note positi- prodotti indicati per gli intolleranve di gusti e sapori di cibi e vini. ti siamo ancora deficitari. Molto si Si può ben capire con quanti pro- sta facendo e proprio dalle scuole blemi e dubbi l’utenza sofferen- alberghiere bisogna partire, cioè te di diabete o con qualsiasi altra dai giovani che devono acquisire forma di intolleranza alimentare si questa giusta e completa mentalità, recasse al ristorante o in qualsiasi ovvero non considerare un cliente esercizio pubblico. E’ logico pensa- con intolleranza alimentare come del Prof. Nello Valbusa

un problema o come materia sconosciuta ma come un valore aggiunto al proprio sapere professionale. In questo modo, con un giusto percorso e studio, si infonde fiducia all’utenza allargando anche la possibilità di incrementare la clientela e raccogliere di riflesso ampie soddisfazioni. L’istituto A. Berti di Verona negli ultimi anni ha attivato più progetti per approfondire la conoscenza specifica del problema , inoltre nella sede stessa vengono svolti numerosi corsi anche per l’Associazione Diabetici di Verona con risultati interessanti, tanto da vedere nascere un libro, un ricettario completo di accorgimenti, suggerimenti e calcoli calorici di ricette studiate e svolte dentro la scuola. Il cambiamento deve esserci e deve avvenire con la conoscenza e la giusta mentalità, come appunto riporta il titolo di questo libro “In cucina per la salute”.

Tagliatelle di farina d’orzo con battuto di pescato e pomodori secchi Ingredienti per 4 persone

Bieta da costa ripiena Ingredienti per 4 persone 200 gr. di bieta 40 gr. di crescenza o stracchino light 40 gr. di acqua minerale gassata

40 gr. parmigiano 50 gr. di farina

300 gr. di tagliatelle d’orzo 100 gr. di filetto di branzino 100 gr. di filetto di orata 20 gr. di prezzemolo La buccia grattugiata di 1/2 limone 20 gr. di acciughe sott’olio 50 gr. di pomodori secchi 30 gr. di olio extra vergine di oliva

Procedimento Mettere a bagno i pomodori secchi in poca acqua tiepida per circa un’ora, scolarli e asciugarli, levare la pelle dai filetti di pesce, sia orata che branzino, tritarne la polpa grossolanamente, unirla ai filetti di acciuga, al prezzemolo tritato e ai pomodori, anche questi tagliati a piccoli pezzi. Insaporire con sale e pepe se necessario, cuocere la pasta in acqua salata, scolarla, condirla con un po’ dell’acqua di cottura e tutto il battuto prima preparato. Per ultimo mettere l’olio e servire caldo. Accorgimenti e suggerimenti Al momento di unire il battuto di pesce con la pasta , non è necessario rimettere la pentola sul fuoco, in quanto la bontà di questo piatto si distingue per la cottura breve o quasi nulla del pesce , che risalterà nei suoi sapori naturali. Se si desidera una cottura più completa basta, al momento di unire la pasta al battuto, portare la pentola sul fuoco per qualche istante. Anche la buccia di limone tritata può essere levata se non gradita, sostituita magari con un cucchiaino di senape o con dello zenzero grattuggiato.

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Procedimento Pulire la verdura e tagliarla a fette di circa 5 centimetri di lunghezza e di 3 di larghezza, quindi farle bollire in acqua salata per circa 20 minuti, scolare e fare raffreddare. In una ciotola impastiamo insieme la crescenza, il parmigiano grattugiato e circa un cucchiaio di farina, ottenendo una crema corposa. Questo ripieno va messo al centro di ogni fetta di bieta che successivamente va chiusa a portafoglio. Poi, sempre in una ciotola a fondo concavo, mettere tutta la farina e l’acqua gassata, un pizzico di sale e mescolare con una frusta ottenendo una pastella liscia e piuttosto densa. Intingere in questa pastella le forme di bieta ripiena, sistemarle su una placca possibilmente con carta da forno e mettere in forno a 200 gradi per circa quindici minuti. Se necessario, girarle per farle dorare da ambo i lati . Accorgimenti e suggerimenti In questo modo possiamo fare tutte le verdure di una certa consistenza, per esempio il cardo o le foglie di verza. Insieme al parmigiano e alla crescenza se si desidera ci stanno molto bene dei pistacchi oppure qualche pezzo di uvetta ammollata. Se vogliamo conservare il tutto è necessario non bagnare la verdura con la pastella , ma farlo solo al momento dell’uso per il servizio. Questo piatto non si conserva per molto in frigorifero in quanto sia la verdura che il ripieno tenderanno a rilasciare dell’acqua che comprometterà il risultato finale.

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Ambiente

AAAcura didi Diego Cordioli cura cura di Diego Diego Cordioli Cordioli

Referendum sull’acqua 2011 Ecco perchè il mio voto va rispettato! Campagna di disobbedienza civile

la risposta dei cittadini (95,8% a favore della cancellazione del profitto) non lascia alcun dubLe istituzioni non bio sull’opinione, praticamente rispettano l’esito unanime, del popolo italiano. referendario: Oggi, a distanza di mesi, risulta facciamolo noi! Ora che, in tutto il territorio nazionale, nessun gestore abbia applicancelliamo il profitto cato la normativa, in vigore dal dalla bolletta dell’acqua 21 luglio 2011, diminuendo le dopo averlo cancellato tariffe del servizio idrico. In altre parole tutti i gestori con il referendum del servizio idrico italiano hanno ignorato con pretestuose argomentazioni l’esito referendi Maria Lorena Cordioli dario. Questo non può essere accettato! Perciò chiediamo a tutti i cittadini italiani utenti del servizio idrico di aderire alla Con la pubblicazione, in data campagna di “Obbedienza civi20 luglio 2011, del Decreto del le” . Presidente della Repubblica n. In che cosa consiste la campa116 è stata sancita ufficialmen- gna di “Obbedienza Civile”? te la vittoria referendaria e Gli utenti che intendono adel’abrogazione della norma che rire alla campagna di “obbedienconsentiva ai gestori di caricare za civile” devono far pervenire sulle nostre bollette dell’ acqua all’ente pubblico incaricato di anche la componente della “re- affidare il servizio idrico e di munerazione del capitale inve- stabilire le tariffe, ovvero all’Austito”. La “remunerazione del torità di Ambito Territoriale capitale investito”, che ricordia- Ottimale Veronese, e all’ente mo, è pari al 7% della sommato- gestore dl servizio idrico, nel ria degli investimenti effettuati nostro caso alla società “Acque nel periodo di affidamento al Veronesi”, una “dichiarazione/ netto degli ammortamenti, nella reclamo” tramite un modulo generalità dei casi, incide sulle che si potrà trovare presso i nostre bollette per una per- banchetti che saranno prossicentuale che oscilla, a seconda mamente organizzati dal Codel gestore, fra il 10% e il 20%. mitato Villafranchese Acqua e Il referendum era stato propo- Beni Comuni (luoghi e date sto per far valere un principio consultabili sulla pagina facebochiaro: nella gestione dell’acqua ok https://www.facebook.com/ non si devono fare profitti! E pages/Acqua-Bene-Comune-

GLOSSARIO AMBIENTALE

Verona/126397274038869, oppure presso la Cooperativa “La Buona Terra” di Villafranca tutti i venerdì dalle ore 17.00 alle ore 19.00. Compilando questo modulo si: -chiede che venga eliminata dalle bollette dell’acqua la quota di remunerazione del capitale investito, avvisando che la stessa costituisce una pratica commerciale scorretta ai sensi di quanto previsto dal d.lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del consumo); -chiede che venga rimborsato quanto già indebitamente pagato dal 21 luglio 2011a titolo di remunerazione del capitale investito; -comunica che, in caso non vengano accolte le richieste

sopra riportate, gli utenti si riservano il diritto di agire senza ulteriore preavviso nelle competenti sedi giudiziarie ordinarie e amministrative. Questa campagna è stata chiamata di “obbedienza civile” perché non si tratta di “disubbidire” ad una legge ingiusta, ma di “obbedire” alle leggi in vigore, così come modificate dagli esiti referendari. Lo scopo principale della campagna di “obbedienza civile” è ovvio: ottenere l’applicazione del risultato che è inequivocabilmente scaturito dai referendum. In tutta Italia i vari comitati costituitisi in occasione del referendum sull’acqua hanno ripreso ad agire in collegamento tra di loro e con la mobilitazio-

ne di migliaia di cittadini si propongono di attivare una forma diretta di democrazia dal basso, auto-organizzata, consapevole e indisponibile a piegare la testa ai poteri forti di turno. Ci proponiamo anche di dare una scossa all’evidente crisi della democrazia rappresentativa della classe politica, ormai diventata impermeabile non solo alle istanze della società, ma persino ai formali esiti delle consultazioni codificate nella nostra Carta Costituzionale, come appunto i referendum abrogativi. L’acqua è un bene comune, la sua gestione deve essere pubblica e con l’acqua pubblica nessuno ci deve guadagnare!

a cura di Luigi Facincani

Sviluppo sostenibile Lo sviluppo sostenibile è un processo finalizzato al raggiungimento di obiettivi di miglioramento ambientale, economico, sociale e istituzionale, sia a livello locale che globale. Tale processo lega quindi, in un rapporto di interdipendenza, la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali alla dimensione economica, sociale e istituzionale, al fine di soddisfare i bisogni delle attuali generazioni, evitando di compromettere la capacità delle future di soddisfare i propri. In questo senso la sostenibilità dello sviluppo è incompatibile con il degrado del patrimonio e delle risorse naturali (che di fatto sono esauribili) ma anche con la violazione della dignità e della libertà umana, con la povertà ed il declino economico, con il mancato riconoscimento dei diritti e delle pari opportunità. La sostenibilità ruota attorno a quattro componenti fondamentali: • Sostenibilità economica: intesa come capacità di generare reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione; • Sostenibilità sociale: intesa come capacità di garantire condizioni di benessere umano (sicurezza, salute, istruzione) equamente distribuite per classi e genere; • Sostenibilità ambientale: intesa come capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali; • Sostenibilità istituzionale: intesa come capacità di assicurare condizioni di stabilità, democrazia, partecipazione e giustizia. L’area risultante dall’intersezione delle quattro componenti, coincide idealmente con lo sviluppo sostenibile.

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I nostri Amici Animali

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A cura di Elisa Zanola

L’abbandono estivo degli animali Come ogni estate, il numero di animali domestici abbandonati aumenta vertiginosamente: abbandonare un animale rappresenta un reato, punito, in Italia, ai sensi dell’art. 727 del Codice penale.

Si prevede che nel corso del 2012 saranno 250 mila i cani abbandonati e la maggior parte di loro saranno abbandonati nei mesi estivi, spesso lungo le autostrade e le strade italiane. L’abbandono rappresenta una delle cause principali del fenomeno del randagismo, oltre ad un atto di brutale inciviltà. La sorte a cui vanno incontro gli animali abbandonati, quando non vengono accolti da canili e da strutture apposite, è spesso la morte ed il randagismo rischia di creare situazioni di indiscusso disagio per tutti, tra cui anche gravi incidenti stradali. Piuttosto che abbandonare un animale, il consiglio è quello di affidarlo a persone che possano prendersene cura o a strutture adeguate, come

i canili. A luglio partirà, come ogni anno, la campagna di sensibilizzazione contro l’abbandono degli animali domestici di AIDAA, Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente, che ne propone anche un’altra, mettendo a disposizione uno sportello informativo di consulenza cinofila gratuito ed invitando le persone ad adottare cani anziani. Si stima che siano circa 156.000 i cani che si trovano nei canili italiani ed il 40% di loro è rappresentato da cani di età superiore ai cinque anni. Sono loro che hanno le maggiori difficoltà, quando non sono di razza, a trovare una famiglia che li adotti. A Verona il canile si trova in Via Campo Marzo n. 20 (Tel: 045 800 23 64). Per la Dichiarazione universale dei di-

ritti dell’animale, “L’abbandono di un animale è un atto crudele e degradante”. Non sono soltanto i cani che rischiano l’abbandono: con loro, i gatti, i pesci rossi e le tartarughe, insieme ad altri animali domestici. Se trovate un animale abbandonato, la cosa migliore da fare è rivolgersi alle forze di polizia o ai veterinari dell’Asl. Se avete previsto di andare in vacanza, potete affidare il vostro animale domestico ad amici, parenti o ad apposite pensioni per cani e gatti, oppure ad un dog sitter. Molte strutture ricettive poi accettano la presenza degli animali ed in molti casi portare il proprio cane o gatto in vacanza con sé è molto più semplice di quanto si pensi. Esistono in molte regioni d’Italia diverse spiagge in cui

l’accesso dei cani non è vietato. L’Enpa, Ente Nazionale Protezione Animali, (www.enpa.it) suggerisce diverse modalità di “vacanze bestiali” in compagnia

dei propri animali domestici e segnala hotel, campeggi e strutture alberghiere pronte ad accogliere con voi i vostri amici animali.

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PUNTI di DISTRIBUZIONE del GIORNALE Il Giornale è inoltre disponibile presso le edicole di VILLAFRANCA DI VERONA e nei seguenti punti di distribuzione: Redazione de “Il GIORNALE DI VILLAFRANCA” via L. Prina, 71 - tel. 0457903235 MBE - Mail Boxes Etc. via Napoleone III, 6 - tel. 0456305207 Municipio di Villafranca corso Garibaldi 24 Liceo E.Medi Via Magenta, 9 Ospedale “Magalini” - Via Ospedale Casa di Riposo “Morelli-Bugna” - Via Rinaldo da Villafranca, 16 Centro Sociale CIRICUPE - Via Rinaldo da Villafranca, 9 Supermercati Martinelli - Villafranca Il Giornale è inoltre disponibile presso le edicole di DOSSOBUONO, QUADERNI, PIZZOLETTA, ROSEGAFERRO, ALPO.

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Sport Villafranchese

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A cura di Elisa Zanola

Fineco Trophy: Final four di coppa Italia serie A2 Si conclude a Villafranca la stagione agonistica dei club di Villafranca di Hockey.

Al “Lamacchi Tosoni”, struttura che potenzialmente può ospitare eventi internazionali per la qualità dell’impianto in erba sintetica saturo d’acqua, rinnovato nel 2011 grazie ai fondi stanziati da Comune, Regione e Federazione, si sono disputate le finali di coppa Italia Maschile di serie A2 e l’ultima giornata di campionato di serie A Femminile. Una tre giorni indimenticabile grazie alla conquista del trofeo per la squadra maschile e alla

vittoria per la squadra femminile ai danni del fanalino di coda Hf Roma che porta le venete a chiudere il campionato 2011-2012 al secondo posto. Queste tre giornate si sono ancora piu animate grazie alla festa di fine stagione organizzata per i ragazzini e le ragazzine (4-12 anni) del vivaio che sabato hanno ricevuto i diplomi e le medaglie della scuola di Hockey tra gli applausi delle famiglie. Se alle origini e in passato dire Giagulli a Villafranca voleva dire Hockey oggi non è più così, a questo nome si possono tranquillamente affiancare Saviatesta e Vujovic anche se hanno ancora molto da vincere prima di eguagliare il palmares di chi li ha preceduti. La Formazione guidata da Bazzoni H., terminato il campionato di serie A2, sembra aver messo da parte ansie e preoccupazioni giocando queste final four con assoluta tranquillità e giocando un ottimo Hockey, concedendo poco agli avversari. Una squadra compatta che ha permesso ai giovani Franzoia e a Melegatti, in primis, di effettuare prestazioni esaltanti. Chiudono al primo posto con tre vittorie quante sono le gare. Le ragazze dell’HCF Villafranca effettuano una buona gara strapazzando l’Hf Roma e si portano al secondo posto scavalcando le terze per un punto. Ora sia la squadra maschile che quella femminile guardano al futuro con un pizzico di serenità in più sapendo che per la nuova stagione gli obiettivi da centrare saranno sicuramente più ambiziosi.

Hockey Castello di Villafranca, piccoli campioni crescono, ecco i risultati della stagione 2012 I RISULTATI SERIE A2 MASCHILE VENERDI’ Hockey Villafranca - Superba Hc GE Cus Padova - Città del Tricolore RE

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SABATO Hockey Villafranca - Cus Padova Superba Hc GE - Città del Tricolore RE

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DOMENICA Cus Padova - HC Superba GE 3-7 Hockey Villafranca - Città del tricolore RE 3 - 0 CLASSIFICA 1. Hockey Villafranca 2. Superba Hc 3. CUS Padova 4. Città del Tricolore

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SERIE A FEMMINILE HCF Villafranca - Hf Roma

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Grandi successi anche per i giocatori di Hockey più giovani, che il 27 maggio a Padova hanno disputato un torneo, vincendo tutte le partite. La prima contro l’istituto Galileo di Padova, vinta 7 a 1, la seconda contro Città del Tricolore di Reggio Emilia col punteggio di 8 a 2, e l’ultima contro l’Hc Parma, trionfando 7 a 1. Tante soddisfazioni per i piccoli atleti villafranchesi.

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Sport A cura di Elisa Zanola

Cena al Milan Club, ospite il campione Maxi Lopez Lo scorso 24 maggio l’attaccante del Milan Maxi Lopez è stato ospite del Milan club villafranchese, cenando insieme ai tifosi Foto BIUGU’

Foto BIUGU’ Conosciamo MAXI LOPEZ Conosciuto anche come “Gallina de oro” e “El rubio” (il biondo), Maximiliano Gastòn Lòpez è un attaccante del Milan. Nato a Buenos Aires, in Argentina, ha giocato nel River Plate, nel Barcellona, nel Maiorca, nel Fk Mosca, nel Gremio e nel Catania, prima di approdare, nel 2012, al Milan, dove gioca indossando la maglia 21.

Il Comando Logistico vince il campionato nazionale di tennis In finale ha superato il Comando Squadra Aerea con il risultato di 3 a 1 Il Campionato nazionale di Tennis dell’Aeronautica Militare si è svolto dal 20 al 24 maggio 2012 sostituendo, dopo molti anni, la precedente formula di Torneo. L’evento è stato organizzato dal Comando Logistico in collaborazione con il 3° Stormo Supporto Operativo di Villafranca di Verona e il patrocinio dell’Assessorato allo Sport dello stesso Comune. Gli incontri si sono disputati presso i campi dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Tennis di Villafranca, Associazione Sportiva Dilettantistica Tennis di Mozzecane (Verona) e Associazione Tennis Olimpica di Dossobuono (Verona), l’assistenza sanitaria è stata interamente assicurata dall’Infermeria Principale di Villafranca. Alla manifestazione hanno partecipato 60 atleti appartenenti alle squadre del Comando Logistico (1^ classificata, capo rappresentativa Colonnello Fabio Nuccetelli), Comando Squadra Aerea (2^ classificata, capo rappresentativa Maggiore Pompilio Sammaciccio), Comando Aeronautica Militare di Roma (3^ classificata, capo rappresentativa Tenente Colonnello Paolo Maestri) e Comando Scuole dell’A.M./3^ Regione Aerea (4^ classificata, capo rappresentativa Primo Maresciallo Maurizio Mariella). Il regolamento prevede l’assegnazione del trofeo che, rimesso

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in palio ogni anno, prima di essere assegnato definitivamente deve essere vinto dalla stessa squadra almeno per tre edizioni consecutive. Il campionato open “under 50” è stato vinto dal Sergente Maggiore Marco Parisella (Comando Logistico) mentre quello open “over 50” dal Luogotenente Gaetano Gison (Comando Logistico). La cerimonia di premiazione è stata presieduta dal Comandante del 3° Stormo S.O. Colonnello Roberto Poni, alla presenza del Sindaco di Villafranca Mario Faccioli, del Sindaco di Mozzecane Tomas Piccinini, del Direttore dell’Infermeria Principale di Villafranca Colonnello Dario Di Blasio e di altre autorità, ospiti e militari con consorti.

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“Felice e il buffet de la stasìon” Cari amici, care amiche, perdonatemi, in apertura, una considerazione ed un invito. Quando l’amico Giorgio mi propose di collaborare a questa pagina accettai un po’ titubante perchè scrivere non mi è mai stato facile (e lo si vede) ed anche perchè pensavo di aver ben poco da raccontare. Poi però i ricordi personali li ho integrati con i racconti di chi la “Villafranca de ‘na ‘olta” l’ha vissuta ed allora mi sono detto, perchè non parlare dei personaggi che ci sono rimasti nel cuore ed attraverso la loro storia ricordare gli usi ed i costumi e il modo di vivere dei nostri padri, in pratica le nostre radici? Vi invito, cari lettori, a non limitarvi alla sola lettura degli argomenti, che per ragioni di spazio e di scelta, sono appena accennati, ma di approfondirli. Come? Parlatene tra di voi, con i più piccoli e soprattutto con le persone anziane che saranno ben liete di dedicarvi un po’ del loro tempo e del loro sapere. Ma affrettatevi, perchè di persone “de ‘na ‘olta” non ce ne sono rimaste poi così tante. Oggi tocca a Felice e “il buffet de la stasion” a riportarci indietro nel tempo, da prima della guerra agli anni ‘60 ed ai passatempi di allora. Felice Ferrari, classe 1911, era subentrato al padre Albano, nella gestione del bar della stazione con annessi campi di bocce o buffet (come in uno slancio di modernità indicava l’insegna delle ferrovie). Albano era a sua volta già un personaggio: alpino, reduce della Grande Guerra, era infatti molto noto in paese, tanto che era assurto agli onori della cronaca per un articolo apparso sul giornale l’Arena intitolato “Gentilezza Alpina”, dove appariva in divisa, con l’immancabile cappello alpino e attorniato dai suoi adorati canarini che gli si erano appoggiati sulle mani e perfino sui baffi. Felice era nato a Sona dove trascorse l’infanzia con la mamma Melania Corti. Negli anni ‘20, trasferitasi la famiglia a Villafranca proprio per gestire il bar della stazione, aiutava i suoi, sino al 6 aprile del 1934 quando, chiamato alle armi, si presentò al 1° Battaglione “Torino” in Castelmaggiore per adempiere agli obblighi di leva. Il 20 ottobre 1935, terminata la “naja”, venne trattenuto alle armi per essere mandato in Africa Orientale. Quattro giorni dopo lo imbarcarono a Napoli, destinazione Eritrea e il 31 ottobre sbarcò a Massaua. Partecipò alle operazioni militari nelle Colonie dell’A.O.I. (Africa Orientale Italiana), effettivo alla 1^ Compagnia Meccanici Elettricisti Mobile, sino al 22 agosto del 1937 quando rientrò in patria e venne posto in congedo. Le notizie allora si davano, e si ricevevano, per lettera ed arrivavano anche dopo mesi e mesi, cosicchè un giorno suo padre Albano, dopo oltre tre anni, se lo ritrovò davanti. Vi lascio immaginare la sua gioia e quella dei compaesani: damigiane di vino sui tavoli e da bere per tutti fino ad esaurimento delle scorte. Ma la vita tranquilla durò poco: incombeva lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Il 12 settembre del 1939 Felice venne richiamato e assegnato alla 24^ Compagnia del Reggimento Genio Ferrovieri.Tre anni di guerra sino al 13 dicembre del 1942 quando, anche per i postumi delle malattie coloniali, venne giudicato idoneo ai soli servizi sedentari e mandato a casa. Era ancora in guerra però, perchè di lì a poco alla stazione cominciarono a fermarsi tradotte cariche di prigionieri. Quanti rischi, anche solo per portare un po’ di acqua a quei poveri “disgraziati” diretti ai campi di concentramento in Germania e più di uno era riuscito anche a farlo fuggire, come chi gli era vicino ha raccontato, non lui però: non era nel suo carattere, riservato e schivo, non si vantava mai, faceva e basta. Felice nel 1952 si sposò con Lina Magalini che lo aiutò nella non facile conduzione del Bar Buffet. Colgo l’occasione per ringraziarla per le foto, le notizie ma soprattutto per la sua bontà, pazienza e generosità di allora. Ricordo molto bene quando, noi ragazzotti del vicinato senza un soldo in tasca, bighellavamo attorno al campo di bocce per passare il tempo a guardare “i grandi” giocare. Non ci mandava mai via, anzi, spesso ci offriva un bicchiere di aranciata o ci regalava un mazzo di carte usate. Il matrimonio di Felice e Lina fu allietato dalla nascita di Maria Teresa e Roberta che, come si usava allora, ben presto coadiuvarono i genitori nella conduzione del bar. Di fronte al bar della stazione, proprio dove oggi vi è il parcheggio auto, sotto due file di grandi alberi, vi erano due campi da bocce ben ombreggiati e freschi, il posto ideale dove passare i lunghi pomeriggi estivi. In paese allora ben pochi erano i passatempi, per cui “i grandi” si ritrovavano spesso all’osteria.Vietato dalla legge il gioco d’azzardo, compreso il gioco della “morra”, non rimanevano che alcuni giochi delle carte, briscola e tresette e quello delle bocce. “A l’ostaria o al zugo delle boce” ci si giocava la consumazione, un quartino di vino e una gazzosa ed allora occorreva in principio essere prudenti, perchè le serate, o i pomeriggi, erano lunghi e le partite da fare tante. Ma tranquilli, ci pensavano Felice e la Lina a mantenere l’ordine e la disciplina e ogni tanto a spedire a casa qualcuno “sà pien”. Il bar della stazione era sì di supporto ai tanti che “prendevano” il treno ma era un vero punto di aggregazione, frequentato com’era da persone di ogni ceto ed in particolare “dai formaiari che la matina i fasea el marcà e dopo disnar i ‘ndasea a sugar a le boce”. L’era la “Villafranca de ‘na ‘olta” quando “no se butaa via gnente” e un mazzo di carte, per malandato che fosse, faceva la felicità di noi ragazzi: “passar da le picie a le carte” ci faceva sentire già grandi . Alla prossima Rico Bresaola

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Si ringraziano per il contributo gratuito: Giorgio Negrini, Col. Roberto Poni, Dott.ssa Anna Lisa Tiberio, Dott. Enrico Buttitta, Dott.ssa Fiorella Calò, Dott.ssa Giuliana Guadagnini, Prof. Vittorio Pederzoli, Dott. Paolo Garzotti, Dott.Giuseppe Pecoraro, Dott.ssa Giuliana Guadagnini, Prof. Umberto Massaro, Ing. Luca Zamperini, Prof. Maurizio Zumerle, Dott. Cristiano Tabarelli, Francesco Bommartini, Prof. Nello Valbusa, Luigi Facincani, Maria Lorena Cordioli , Enrico Bresaola

Stampa: Centro Stampa Editoriale S.r.l. Grisignano di Zocco (VI)

Numero chiuso in redazione il 22/06/2012

Direttore responsabile: Elisa Zanola - e.zanola@ilgiornaledivillafranca.com Registrazione al Tribunale di Verona n. 1838

stampato in 23.000 copie con distribuzione gratuita nel comune di Villafranca di Verona e in vari Istituti e Convegni di Verona.

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