Musée Archéologique Saint Romain en Gal

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MUSÉE ARCHEOLOGIQUE DI SAINT-ROMAIN-EN-GAL CHAIX & MOREL ET ASSOCIÉS

Saggio critico a cura di Chiara Girolami


SCHEDA TECNICA Luogo: Saint Romain-En-Gal, dipartimento del Rhône-Alpes. Cliente: Conseil Général du Rhône. Progettisti: Chaix & Morel et Associés, Parigi. Coordinamento ingegnieristico: Ingerop. Controllo termico: Inex. Grafica: Margaret Gray. Strutture: Arcora e Agibat. Acustica: Peutz & Associés. Superficie di intervento: 13 900 mq. Costo dei lavori: 22,7 M € Concorso 1988 - inaugurazione 1996 Premi e riconoscimenti: Prix d'architecture publique del 1990

Fig. 1. Vista dell'intervento dalla riva destra del Rodano, foto di Luc Boegly.

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SOMMARIO

Introduzione

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PARTE I. UN CONTESTO RICCO DI STORIA 1. La città, dal V sec a.C. al III sec d.C.: le origini e la colonizzazione romana 2. La città, dal medioevo al XX secolo 3. Le prime scoperte archeologiche e il concorso per la costruzione del nuovo museo archeologico 4. Gli architetti

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PARTE II. ANALISI DEL PROGETTO 1. Composizione architettonica 2. Percorsi e funzioni 3. Struttura, tecnologia e materiali 4. Allestimento e collezione 5. Il tema della luce

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PARTE III. CONFRONTO E CONCLUSIONI 1. Musei sull'archeologia: La situazione francese 2. Lavorare con l'archeologia: Panorama internazionale 3. Conclusioni

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BIBLIOGRAFIA

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SITOGRAFIA

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ELENCO E FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

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INTRODUZIONE

Lo scopo del seguente saggio critico consiste nell'analisi del Musée Archeologique di Saint-Romain-en-Gal/Vienne, un esempio di spazio espositivo in sito archeologico progettato da Chaix & Morel Associés. Questa tipologia di museo si presenta come un tema considerevolmente interessante e di rilievo in un continente come l’Europa, ricco di memorie archeologiche e testimonianze di civiltà passate. In particolare nella città francese di Saint Romain-en-Gal lo scopo del museo è quello di valorizzare, proteggere e rendere visibili i resti dell'antica Colonia Iullia Viennensium, un insediamento romano nella Gallia del I secolo a.C., localizzato nell'odierno dipartimento regionale del Rhône-Alpes. L'intervento è stato realizzato dal 1988 al 1996 dagli architetti parigini Philippe Chaix e Jean-Paul Morel e si presenta come uno dei loro primi progetti nel campo delle grandi opere pubbliche culturali. Nella prima sezione il saggio si pone l'obiettivo di ripercorrere brevemente la storia del sito e delle scoperte archeologiche che hanno portato al concorso museale. Dopo aver redatto un identikit dello studio vincitore, nella seconda parte lo scopo sarà quello di analizzare il museo, evidenziando le scelte progettuali e le linee metodologiche che hanno guidato gli architetti nella composizione e nell'allestimento espositivo dell'edificio. Nella terza sezione si cercherà infine di comparare il Musée Archeologique di Saint-Romain-en-Gal con altri esempi di complessi museali archeologici, francesi e internazionali, in modo tale da rilevarne gli aspetti positivi e negativi.

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PARTE I. UN CONTESTO RICCO DI STORIA

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1. La città, dal V sec a.C. al III sec d.C.: le origini e la colonizzazione romana

Al giorno d'oggi Saint-Romain-en-Gal si configura come un comune autonomo del dipartimento Rhône-Alpes, situato sulla riva destra del Rodano, di fronte alla città di Vienne, su un'ansa a circa 30 km a Sud di Lione. In origine tuttavia le due città facevano parte di un unico insediamento, caratterizzato da una posizione strategica ottimale: crocevia di diversi itinerari, il Rodano, le Alpi e il Massiccio Centrale, protetto da un arco collinare e fornito di un accesso diretto alle vie d'acqua, il sito si configurava in antichità come un importante centro economico e commerciale. Il nucleo originario dell'abitato, localizzato su un promontorio della sponda sinistra del fiume (attuale Vienne), risale al V secolo a.C., epoca in cui, con lo sviluppo del commercio fluviale, il popolo degli Allobrigeni scelse questo luogo come sua capitale. In seguito alla conquista romana dell'area del 121 a.C., Caio Giulio Cesare nel 50 a.C. vi fondò una colonia di diritto latino, chiamata Colonia Julia Viennensis; i romani individuarono nel settore sinistro del Rodano il cuore politico e religioso della comunità gallo-romana e vi costruirono monumenti pubblici significativi, quali il foro, alcuni templi e un teatro (ad oggi ancora ben conservato). Dal I sec. a.C al II secolo d.C. il prosperare dei commerci fluviali accrebbe notevolmente l'importanza della colonia, la quale fu testimone di un nuovo processo di espansione urbanistica riguardante entrambe le rive del fiume. Fu così che, sull'argine destro del Rodano, nacque il quartiere residenziale e produttivo extra-muros di Saint-Romain-en-Gal; esso ospitò dalla metà del I

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sec d.C. grandi ville patrizie, un impianto termale, botteghe artigianali, vasti magazzini per i commerci fluviali e un monumentale portico sul Rodano.

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Fig. 1 Planimetria di Vienne alla fine del II sec d.C..

1: sito archeologico di Saint-Romain-en-Gal 2: terme del palazzo degli specchi, 3: Casa di Amore e Pan, 4 confine 5 foro e tempio di Roma e Augusto, 6: teatro, 7: Santuario de Pipet, 8 Odeon, 9: magazzini, 10 Casa delle Ninfee, 11 fanum 12: Circo, 13 acquedotti, 14 stadio.

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Fig 2 Aerofotogrammetrico di Vienne e Saint-Romain-enGal, 2014.

Figura 3 Confini amministrativi dei comuni sulle sponde del Rodano, 2009.

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2. La città, dal medioevo al XX secolo

A partire dal III sec. d.C. l'importanza della colonia romana iniziò lentamente a diminuire, tanto che si assistette a una lenta ma inesorabile depressione urbana con conseguente abbandono dei quartieri della riva sinistra del Rodano. Nel corso del medioevo la comunità cittadina si ritirò progressivamente sulla sponda destra, nell'odierna Vienne e gli abitanti iniziarono ad utilizzare i resti romani come materiale da costruzione di riuso. Fu così che le domus, le terme e i magazzini di Saint-Romain-en Gal vennero a poco a poco rasi al suolo e le loro fondamenta vennero interrate dai campi: in questo modo le vestigia della comunità gallo romana, sull'argine sinistro del fiume, furono dimenticate per più di mille anni.1 Nel 1651 il crollo del ponte di collegamento tra le due sponde contribuì ad alimentare l'oblio dell'antico passato. La connessione fu ristabilita soltanto due secoli dopo, nel 1829 con una passerella in acciaio sostituita dal 1934 al 1947 (i lavori si interruppero a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale) con l'odierno ponte in calcestruzzo di Lattre de Tassigny. Dal medioevo al 1900 dunque Vienne e Saint-Romain-en-Gal si svilupparono come due entità indipendenti e separate: la città di Vienne nel corso dei secoli tornò a prosperare e a ingrandirsi, mentre il centro prospiciente mantenne una vocazione agricola e fu interessato da uno sviluppo urbano moderato.

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L. Brissaud, Le site gallo-romain de Saint-Romain-en-Gal (Rhône): monumentalité des vestiges, persistance de la mémoire des lieux, p.5, saggio presentato alla conferenza Journée d'étude / monumentalités et mémoire, Paris, 30 Novembre 2012, in http://hicsa.univparis1.fr/documents/file/5_Brissaud.pdf (accesso 14/04/14)

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Dal 1800, tale netta separzione fu avvalorata dal fatto che il Rodano venne riconosciuto come un confine amministrativo: ancora al giorno d'oggi, infatti, il comune di Saint-Romain-En-Gal dipende dal dipartimento del Rhône-Alpes e conta 1700 residenti, mentre la città di Vienne, con 30.000 abitanti, è parte del dipartimento dell'Isère.

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Fig. 1: Vista generale di Vienne alla fine del XIX sec., Fonds ancien, SociĂŠtĂŠ des Amis de Vienne. Dettagli della sponda sinistra: 1. Campi isolati, attuale sito archeologico e luogo di progetto del museo; 1. Resti di antiche rovine, interpretate allora come una torre; 3. Ponte medievale prima del crollo del 1651.

Fig. 2: La cittĂ di Vienne in un'incisione del 1648.


3. Le prime scoperte archeologiche e il concorso per la costruzione del museo archeologico

L'antico settore Nord-Ovest della Vienne romana venne riportato alla luce, dopo secoli di abbandono, solamente nel 1967, anno in cui fu inaugurato il cantiere per la costruzione del nuovo liceo lungo la riva sinistra del Rodano. I lavori di scavo delle fondazioni portarono in breve alla scoperta di numerose tracce archeologiche. In seguito ai ritrovamenti il comune decise di spostare la scuola in un sito piÚ a ovest e negli anni '70 il Consiglio Generale del Rodano acquistò il terreno. Nel 1981 l'amministrazione istituÏ un'equipe permanente di archeologi aventi il compito di riportare alla luce l'antico quartiere e di lavorare per la conservazione e la valorizzazione della riserva archeologica. Il parco oggigiorno conta un'estensione di circa 4 ettari e racchiude la configurazione di come si presentava Saint-Romain-en-Gal alla fine del II sec d.C.. L'espansione urbana del XXI secolo ha circondato l'antico quartiere: come mostra la figura 1, la piscina comunale che si affaccia lungo la strada provinciale D502 (che a est attraversato il ponte conduce a Vienne) delimita il sito a sud, mentre il liceo e il Rodano lo chiudono a Ovest e a Est. I resti dei bagni pubblici, isolati a sud dell'arteria stradale che attraversa la valle da est a ovest, sono infine esclusi, fisicamente e burocraticamente, dalla riserva. Al fine di preservare al meglio il sito e di presentare la collezione di mosaici e decorazioni scoperti sul luogo, negli anni '80 il Consiglio Generale del Rodano indisse un concorso per la costruzione di un nuovo museo. Il bando di progetto prevedeva la possibilità di utilizzare due lotti diversi: uno sul confine


meridionale del parco, adiacente al ponte Lattres de Tassigny, l'altro più a nord su Quai du Rhône, parallelo al corso d'acqua. Nel 1987, durante i lavori di sbancamento preliminari per la costruzione delle fondazioni nel terreno a Nord venne riportata alla luce la maison au Lion, una domus estesa su 2500 mq. Nel 1988 gli architetti parigini Philippe Chaix e Jean-Paul Morel, scegliendo di utilizzare entrambi i lotti e integrando profondamente la nuova costruzione al contesto archeologico e urbano, vinsero il concorso pubblico. Come afferma M'Hammed Behl, uno dei restauratori e curatori del museo, il punto di forza del progetto, che portò alla vittoria nella selezione, fu la grande trasparenza con cui l'esposizione permanente andava a inserirsi sulle rovine e la capacità del progetto di unire idealmente le due sponde del fiume1 facendo trasparire l'antica connessione tra Vienne e Saint-Romain en Gal. Il cantiere venne così ultimato, dopo otto anni di lavori, nel 1996 data dell'inaugurazione del museo.

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Intervista a M'Hammed Behl ripresa nel video Le musée archéologique de Saint Romain en Gal-Vienne registrato da CRDP (Centre Régional Departement), Académie d'Amiens Pole National Education au développement durable, in http://crdp.ac-amiens.fr/edd4/index.php/inondations/685-le-museearcheologique-de-saint-romain-en-gal-vienne (accesso 10/04/2014).

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Fig.1: Il sito archeologico di Saint-Romain-en-Gal. Vestigia riportate su sfondo catastale, elaborato di L. Brissaud, JL Prisset, D茅partement du Rh么ne, 2006. 1: Le terme del palazzo degli specchi. 2 Thermes des Lutteurs. 3: Rue du Portique.


Fig. 2: Vista aerea del sito archeologico di Saint-Romain-en-Gal, con evidenziati i lotti oggetto di bando, elaborato di P. Veysseyre, 1987, D茅partement du Rh么ne.

Fig.. 3: Aerofotogrammetria del sito archeologico e del museo di Chaix e Morel, 2014.

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4. Gli architetti

Per comprendere al meglio il progetto di Saint-Romain-en-Gal e capire come questo si collochi all'interno dell'esperienza progettuale di Chaix&Morel et Associés, è opportuno ripercorrere brevemente il lavoro e i temi affrontati dallo studio. I progettisti francesi Philippe Chaix e Jean-Paul Morel aprirono uno studio di architettura a Parigi nel 1983. Il primo progetto che riscosse interesse nel panorama architettonico internazionale, ottenendo una menzione al premio Equerre d'argent, fu la realizzazione nel 1984 per il Ministero della cultura, dello Zénith, un grande palazzo per concerti situato nel Parc de la Villette a Parigi. Il lavoro dell'atelier sui teatri e sulle concert hall proseguì dagli anni '80 al 2000 con numerosi progetti tra i quali quello dello Zenith di Montpellier (1986), di Orléans (1996), di Nantes (2006), e di Saint-Denis de la Réunion (2008). La tipologia del museo è una tematica frequentemente affrontata da Chaix et Morel: il primo esperimento museale dello studio risale al 1986 con il Musée de l'Architecture alla Défense di Parigi e con la pianificazione del settore 3 della Cité des Sciences et de l'Industrie a La Villette. Prima di realizzare il museo archeologico di Saint-Romain-en-Gal, essi si confrontarono il tema dei padiglioni espositivi temporanei con la costruzione nel 1992 del Tepee al Grand Palais parigino (poi installato nel 1996 nei pressi della Bibliothèque François Mitterrand e nel 1997 di fronte al centre Pompidou). Nel 1999 essi parteciparono invece al restauro e all'ampliamento del Musée du Petit Palais di Parigi, terminato nel 2003. Recentemente lo studio ha vinto il concorso per

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l'allestimento museografico della stazione metropolitana di Saint-Germain-des Prés a Parigi e per la realizzazione della House of European History, a Bruxelles, oggi in via di completamento. Sempre nel campo delle architetture pubbliche, l'atelier ha partecipato a numerosi concorsi per la progettazione di strutture sportive e centri di istruzione superiore e universitaria. Tra le architetture sportive più celebri si ricordano lo stadio Licorne a Amiens, del 1999 , il palazzo del ghiaccio di Montpellier del 2000 e l'Alpes stadium di Grenoble del 2008. In campo educativo invece sono da menzionare i progetti della nuova école des Ponts et Chaussées de Marne-la-Vallée del 1996 e del nuovo dipartimento di Fisica dell'Università di Parigi VII DenisDiderot del 2006. In più di trent'anni di lavoro gli architetti Chaix e Morel, oltre che numerosi progetti pubblici, hanno realizzato anche significative architetture nel settore privato, prevalentemente uffici e complessi industriali. Tra di essi sono un esempio "Artois" e "France" due edifici per uffici di 20.000 mq nel cuore di Parigi Seine Rive Gauche e il "Crystal Defense" di 16.000 m² di Nanterre. La grande diversificazione degli obiettivi progettuali dello studio è testimoniata da importanti realizzazioni nei campi più diversi, che vanno dal settore pubblico a quello privato, dall'urbanistica al design. Nel loro portfolio, infatti, si possono annoverare il progetto Art'Otel, un hotel di lusso a Colonia del 2003, il progetto urbanistico Luxembourg Station del 2005 e il campus Thyssenkrupp a Essen del 2010, un complesso industriale, amministrativo e residenziale di oltre 17 ettari di estensione. Oltre al lavoro di architettura, lo studio di design ha sviluppato diversi progetti di mobili privilegiando l'impiego di vetro e la sperimentazione di nuovi materiali1. 1

E. Doutriaux, “Le Musée Archéologique de Saint-Romain-en-Gal”, in L'architecture d'aujourd'hui , n. 276, Septembre 1991, p. 82.

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In generale, al di là della grande varietà tipologica delle realizzazioni, i temi di fondo che si possono ritrovare nelle loro opere sono una composizione architettonica fedele alla verità dei materiali, una progettazione attenta all'innovazione tecnologica e alla sostenibilità e un costante lavoro sull'interazione tra luce naturale ed artificiale.2

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Cfr. Chaix & Morel et associés ;JSWD Architekten, Thyssenkrupp Architekten, Chaix & Morel et associés, Jovis, Berlin, 2011, p. 129.

quartier

:

JSWD

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Fig. 1: Zenith di Parigi, foto di GĂŠrard Dufresne.

Fig. 2:, Teepe Beaubourg, Parigi, foto di Bruno Delamain


Fig. 2: House of European History, Bruxelles, foto di Eddie Young.

Fig. 4: Campus Thyssenkrupp, Essen, foto di Christian Richters.

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Fig. 5: Progetto urbanistico Luxembourg Station, elaborato di Eddie Young.

Fig. 6: Prototipo di tavolo in vetro, foto di Mario Pignata-Monti.

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PARTE II. ANALISI DEL PROGETTO

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1. Composizione architettonica

Il primo aspetto che si coglie dall'analisi compositiva è la spiccata dualità dell'intervento: il museo è composto infatti da due corpi distinti che si differenziano per allineamento rispetto alle giaciture del contesto, funzioni, struttura ed estetica. Il bando di progetto proponeva di scegliere il lotto di costruzione tra due terreni di proprietà del Consiglio Amministrativo Generale: uno perpendicolare al Rodano, adiacente alla strada provinciale D502 e collegato a Vienne tramite il ponte Delattres De Tassigny, e un altro, più a Nord, parallelo al fiume. Al fine di creare un complesso fortemente legato al contesto insediativo e al contempo rispondente alle molteplici esigenze museali1, i progettisti hanno scelto di utilizzare entrambi i lotti adottando una «doppia scrittura»2 funzionale e compositiva. L'edificio che ospita le funzioni di accoglienza, di laboratorio e di mostre temporanee si presenta come un volume di tre piani massivo in calcestruzzo, saldamente ancorato al suolo, identificabile quasi come una prosecuzione naturale del ponte di collegamento tra le due città al quale è allineato. Il padiglione dell'esposizione permanente, anch'esso di pianta rettangolare, è al contrario un «abrì leger»3 di acciaio e vetro, parallelo al fiume e staccato dal suolo da quattro file di sei pilotis che si innestano sui resti della maison au Lion. Questo corpo, allineato secondo l'asse 1

Cfr. E. Doutriaux, “Le Musée Archeologique de Saint-Romain-enGal”, in L'architecture d'aujourd'hui , n. 276, Septembre 1991, p. 83., dove il progettista descrivendo la poetica progettuale dello studio afferma «Nous aimons cette espèce de gènération automatique des formes, basée sur une compréhension en profondeur des phénomènes» ossia «Noi siamo interessati a questo tipo di generazione automatica delle forme, basata su una profonda comprensione dei fenomeni». Traduzione a cura dell'autore. 2 E. Doutriaux, “Le Musée Archéologique de Saint-Romain-en-Gal”, in L'architecture d'aujourd'hui , n. 276, Septembre 1991, p. 83. 3 «Riparo leggero». Ibidem. Traduzione a cura dell'autore..

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dell'antica domus romana sulla quale sorge, permette, grazie alla sua trasparenza, un collegamento visivo tra il Rodano e gli scavi e contemporaneamente assicura ombra e protezione agli archeologi che operano nel sito sottostante. La connessione tra i due blocchi è infine assicurata da una passerella vetrata che nella parte terminale si trasforma in rampa: da qui i visitatori possono accedere al parco archeologico e completare il percorso museale.

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Fig. 1: Modello del museo, foto di Laurent Bievelot.

Fig. 2: Schizzo dell'ingresso, Disegno di Chaix & Morel et AssociĂŠs .

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Fig. 3: Vista del museo inserito nel contesto urbano, foto di Christian Richters.

Fig. 4: Vista del volume della collezione permanente, foto di Christian Richters.

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Fig. 5: Piante del piano terra e del primo piano. Disegno a cura dell'autore.


Fig. 6: Piante del piano secondo e delle coperture. Disegno a cura dell'autore.

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Fig. 7: Sezione trasversale del volume della collezione permanente con particolare della sala centrale,. Disegno di Chaix & Morel et AssociĂŠs .

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Fig. 8: Particolari della sezione trasversale del volume della collezione permanente . Disegno di Chaix & Morel et AssociĂŠs .

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2. Percorsi e funzioni

Come già anticipato in precedenza le funzioni museali sono suddivise all'interno di due diversi edifici. Il blocco meridionale, perpendicolare al fiume e addossato al terrapieno della strada provinciale, è tagliato longitudinalmente in due sezioni asimmetriche da una monumentale scalinata. Essa, rompendo l'ortogonalità dello stretto blocco rettangolare, dalla banchina del Rodano porta alla copertura-belvedere che si affaccia sulle vestigia romane. A metà percorso la scala si dirada in modo da creare una spianata di accesso al museo. L'ingresso al complesso avviene dunque al primo piano dell'edificio ed è accessibile da due diverse quote e direzioni: da Quai du Rhône, imboccando la scalinata dalla banchina al piano terra e dalla provinciale D502 al primo piano. Per rendere visibile tale accesso dalla strada, nel prospetto Sud il muro perimetrale continuo di calcestruzzo si interrompe con un grande portale, dal quale si intravede la spianata e le vetrate di ingresso ombreggiate da una pensilina aggettante. Il piano terra del volume ospita i laboratori di analisi e gli uffici nella parte a Nord, mentre i depositi, non avendo bisogno di un apporto diretto di illuminazione naturale, sono localizzati nel settore meridionale addossato al terrapieno. Una particolare menzione spetta alla sezione di restauro del Museo di Saint-Romain-en-Gal: il laboratorio, sviluppato su doppia altezza, è situato nella parte occidentale dell'edificio, direttamente collegata al livello degli scavi. Esso è destinato all'equipe fissa di archeologi che dal 1981 si occupa di riportare alla luce le tracce e i tesori dell'antica colonia romana. Al primo piano sono invece presenti le funzioni di accoglienza (reception, guardaroba, bookshop e caffetteria su due livelli), spazi per le mostre

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temporanee e laboratori didattici, un auditorium di 160 posti posizionato al di sotto della scalinata esterna e gli uffici amministrativi. Il secondo livello ospita infine l'archivio generale, il centro educativo e l'appartamento del curatore. Significativo è osservare come la posizione di tutti gli spazi sia stata studiata in modo da creare una stretta interazione tra funzione interna e contesto esterno: tutti gli ambienti pubblici sono rivolti verso il fiume «témoin inchangé de deux mille ans d'histoire, [detentore] di un pouvoir d'évocation très fort»1, i magazzini e gli spazi di lavoro per gli studiosi si trovano al piano terra direttamente connessi al parco archeologico e infine la sezione amministrativa si trova nella parte pù interna e "privata" dell'edificio. Superata la reception si accede a una passerella coperta vetrata che conduce all'edificio dell'esposizione permanente e che, dopo aver superato l'ingresso di quest'ultima, si prolunga in una rampa che porta al livello degli scavi. L'"abrì leger" accoglie sul primo livello la collezione fissa del museo, composta principalemente da decorazioni murarie e mosaici ritrovati in loco dall'equipe di studiosi: l'assenza (eccezion fatta per tiranti e pilastri) di elementi strutturali fissi consente di avere una disposizione in pianta flessibile e libera da vincoli. Al piano mezzanino un sistema di passerelle permette inoltre di osservare le opere da un punto di vista privilegiato. Per quanto riguarda i percorsi, il complesso museale appare profondamente inserito nel contesto di riferimento sia visivamente che fisicamente: il volume che ospita l'ingresso si presenta, per posizione e allineamenti, come naturale prosecuzione del ponte di collegamento tra Vienne e Saint-Romain-en-Gal. In aggiunta a ciò la trasparenza e il piano terra libero del secondo blocco consentono una connessione ininterrotta tra il parco archeologico e il Rodano. Si noti infine che la passerella di collegamento tra i due corpi si configura 1

«Testimone immutato di duemila anni di storia, detentore di un potere di evocazione molto forte». E. Doutriaux, “Le Musée Archéologique de Saint-Romain-en-Gal”, in L'architecture d'aujourd'hui , n. 276, Septembre 1991, p.83.Traduzione a cura dell'autore.

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come una promenade architettonica che ancora il museo al parco archeologico e che tutte le connessioni verticali non meccanizzate interne e esterne all'edificio, eccezion fatta per la scalinata di accesso, sono costituite da scale a chiocciola.

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Fig. 1: Schemi funzionali. A cura dell'autore.


Fig. 2: Vista dell'ingresso e della scalinata, foto di Frank Ripert.

Fig. 3: Vista dell'ingresso e del bookshop, foto di Bruno Delamain.

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Fig. 4: Vista dell'auditorium, foto di Bruno Delamain.

Fig. 5: Vista della caffetteria, foto di Bruno Delamain.

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Fig. 6: Vista della rampa di collegamento, foto di Frank Ripert.

Fig. 7: Vista dell' esposizione permanente con visuale sugli scavi, foto di Christian Richters.

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3. Struttura tecnologia e materiali

I due corpi presentano una struttura profondamente diversa, strettamente dipendente dalle funzioni in essi ospitate. Il blocco rettangolare è organizzato da una maglia strutturale di pilastri e setti in calcestruzzo armato che al piano terra si addossano al terrapieno della strada. Esternamente la muratura in cemento è rivestita da pannelli in acciaio inox, di dimensione 2230 x 1100 mm spessi 2mm, appesi alla struttura portante tramite profilati metallici saldati sul retro 1. Questo motivo di facciata, simmetrico e ripetitivo, viene utilizzato secondo Jean Paul Robert per evocare «quant à elles les carroyages conçus sur le chantier par les archéologues pour réaliser les relevés précis des vestiges mis au jour» 2. La monumentale scalinata d'accesso è invece rivestita da granito di Tarn grigio. I prospetti trasversali, così come le pareti esterne del primo piano rivolte verso la spianata d'accesso, sono composti da grandi sezioni di vetro strutturale che permettono di affacciarsi sul fiume e sugli scavi. In questo modo dunque «malgré ses allures massives, il s'agit donc à cet endroit d'un bâtiment très ouvert, en prou sur le site».3 Il padiglione della collezione permanente è invece sostenuto da 24 pilastri d'acciaio, la cui maglia (4 file da sei colonne ciascuna) è direttamente 1

M. Helzel, “Facciate di acciaio inossidabile”, in Edilizia, n. 2, 2002, p. 14. «Le griglie disegnate sul posto dagli archeologi per realizzare rilievi precisi delle vestigia dissotterrate».J.-P. Robert, "Dossier Chaix et Morel. Musée archéologique de Saint-Romain-en-Gal/ Vienne" , in L’architecture d’aujourd’hui, n. 309, Fèvrier 1997, p. 40. Traduzione a cura dell'autore. 3 « Nonostante il suo aspetto massivo, è quindi in questo punto un edificio molto aperto, rivolto verso il sito ». E. Doutriaux, “Le Musée Archéologique de Saint-Romain-en-Gal”, in L'architecture d'aujourd'hui , n. 276, Septembre 1991, p. 84. Traduzione a cura dell'autore. 2

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condizionata dai tracciati delle rovine a cui si aggancia: «c'est dans ces murs que la structure vient chercher ses bases, sans rien toucher d'essentiel»4. Le colonne sono direttamente collegate a sei alte travi d'acciaio che si dispongono trasversalmente allo sviluppo longitudinale dell'edificio. A quest'ultime, nascoste assieme agli impianti dal controsoffito della copertura, si agganciano i tiranti che sostengono le chiusure verticali vetrate e i due solai. La scelta di utilizzare tiranti verticali metallici di 40 mm di diametro per sorreggere il peso dei pavimenti consente alla costruzione di "galleggiare" sopra ai resti archeologici con un minor numero di supporti e con luci maggiori rispetto alla griglia standard, richiesta da un sistema di scarico tradizionale dei carichi gravitazionali. In questo edificio dunque secondo Sandaker e Eggen «the choice of a minimal hanger system is clearly and integrally connected to the building's design concept and fundamental raison d'être»5. Le quattro facciate del padiglione sono interamente costituite da vetrate strutturali; l'architetto Philippe Chaix esprime tutto il suo favore per questa soluzione affermando: Le verre est un matériau extrêmement rèsistant, durable, facile d'entretien [...] Il est possible aujourd'hui [grazie al vetro termico e a nuove tecniche di incollaggio] d'envisager des parois dont le matériau de base est le verre, comme nous le faisons pour du musée de Saint-Romain-en-

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« E' all'interno di queste mura che la struttura va a cercare le sue basi, senza toccare niente di essenziale ».P. Blin, “Dinamique pédagogique, Musée Archéologique de St-Romain-en-Gal”, in Techniques et architecture, n. 431, Avril-Mai 1997, p. 14. Traduzione a cura dell'autore. 5 « La scelta di un sistema di aggancio minimale è chiaramente e integralmente collegata al concept dell'edificio e alla sua ragion d'essere fondamentale». B. N. Sandaker, A. P. Eggen, M. Cruvellier, The Structural Basis of Architecture, Routledge Editore, s.l. 2013, p. 119 . Traduzione a cura dell'autore.

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Gal Museum. La façade devient assez immatérielle limite incertaine entre l'intérieur et l'extérieur; elle laisse entrer la lumièere saturée qui est ensuite filtrée, dirigée, attenué.6

Al fine di modulare la luce naturale e proteggere gli utenti e le opere dalla radiazione solare diretta, una serie di brise soleil orizzontali di vetro serigrafato sono agganciati alle facciate tramite tiranti in acciaio così che «the light look the metal pavilion is reminiscent of the usual temporary structures used to protect archeeological excavations»7.

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« Oltre ad essere molto resistente, il vetro è resistente e facile da pulire [...] oggi giorno[grazie al vetro termico e alle nuove tecniche di incollaggio] è possibile concepire intere pareti di vetro, come nel caso dell'edificio per la mostra permanente del museo di Saint-Romain-en-Gal. La facciata diventa immateriale, un limite incerto tra interno ed esterno, lasciando entrare luce satura che viene successivamente filtrata, direzionata e attenuata». E. Doutriaux, “Le Musée Archéologique de SaintRomain-en-Gal”, in L'architecture d'aujourd'hui , n. 276, Septembre 1991, p. 83. Traduziona a cura dell'autore. 7 « L'aspetto leggero e luminoso del padiglione metallico evoca le strutture temporanee usate per proteggere gli scavi archeologici». F. Frià, “Archaeological Museum, Saint-Romain-en-Gal”, in AV Monografìas, n. 65, May 1997, p. 104. Traduzione a cura dell'autore.

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Fig. 1-3: Sezione della collezione temporanea, edificio in calcestruzzo con rivestimento in lastre d'acciaio. 1 Foto di Christian Richters; 2-3 Foto di E. Avenel


Fig.3-6: Sezione della collezione permanente, edificio in acciaio con solai agganciati alle travi di copertura, vetrate strutturali e brie-soleil. Foto di Christian Richters.

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4. Allestimento e collezione

«A l'époque du concours, le muséographique restait relativement vague, nous avons opté pour un dispositif très simple, des surfaces d'une grande flexibilitè et avons ainsi prévu une enveloppe continuement vitrée»1. Come afferma il progettista, la trasparenza e la flessibilità della disposizione interna sono le peculiarità più importanti che caratterizzano il progetto di allestimento del museo. Al piano terra dell'"abri leger", l'assenza di partizioni fisse consente di utilizzare l'intera superficie attraverso configurazioni ostensive sempre diverse e innovative, che permettono di reinterpretare di volta in volta la pianta della villa gallo romana. Tredici sezioni tematiche, disposte attorno a grandi mosaici esposti sul pavimento, raccontano (con approccio etnografico mediante maquette, ricostruzioni e panneli espositivi) i tratti salienti della vità dell'antica comunità, soffermandosi in particolare sull'importanza dell'artigianato e del commercio per la città e sul ruolo essenziale rivestito dal Rodano nella sua economia. In aggiunta a questo piano, il livello del mezzanino consente ai visitatori di osservare le decorazioni musive da punti di vista diversi e privilegiati, in modo da avere una scenografica visione d’insieme della collezione sullo sfondo degli scavi archeologici. Il controllo dell'illuminazione naturale delle opere è assicurato dai brise soleil esterni e da alcuni teli bianchi, i quali, tesi a seconda

1

« All'epoca del concorso, la museografia era relativamente vaga, abbiamo optato per un dispositivo molto semplice composto da superfici di grande flessibilità e abbiamo anche previsto un involucro completamente vetrato». E. Doutriaux, “Le Musée Archéologique de Saint-Romain-en-Gal”, in L'architecture d'aujourd'hui , n. 276, Septembre 1991, p. 84. Traduzione a cura dell'autore.

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delle esigenze museografiche, «remplissent un double office: filtrer la lumière et cadrer des vues, sur les ouvres comme sur le paysage alentour»2. Al centro dell'edificio infine una stanza separata dal resto della collezione, illuminata unicamente da luce artificiale, ospita uno dei pezzi più importanti dell'intera collezione: il mosaico del Châtiment de Lycurgue. La scelta di isolare l'opera dal resto dell'esposizione, di impedirne il confronto con altri esemplari, permette agli architetti di esaltarne il valore, introducendo una pausa contemplativa "solenne" nel percorso museale. La visita si conclude con l'attraversamento all'aperto degli scavi archeologici, un momento significativo durante il quale il pubblico può raffrontare le nozioni appena apprese con i resti delle architetture della antica Colonia Iullia Viennensium. La maggior parte delle opere del Museo di Saint Romain en Gal proviene dalle scoperte archeologiche realizzate sul posto a partire dal 1980, mentre in misura minore vengono anche esposti degli oggetti di proprietà dell'archivio storico della città limitrofa di Vienne. E' significativo ricordare inoltre che numerosi pezzi archeologici, provenienti da tutta la Francia per essere restaurati dal laboratorio di Saint Romain En gal, trovano saltuariamente posto nella sezione delle mostre temporanee. Il nucleo principale della collezione permanente è composto da una trentina di mosaici e affreschi rinvenuti nelle ville gallo romane; tra essi i più importanti sono: Athlètes vainqueurs, Lutteurs, Orphée charmant les animaux ed il già citato Châtiment de Lycurgue. A questi si aggiungono una serie di modelli urbani e riproduzioni di barche e utensili vari realizzate a supporto della narrazione museale. Il percorso esterno è costellato da resti di antichi edifici, tra cui tre grandi dimore patrizie (di cui la più interessante è la maison des Dieux Océan di 3000 mq del 160 d.C.), i bagni, la palestra, le terme, le strade in granito e i 2

«Servono a una doppia funzione: filtrare la luce e incorniciare le viste, sulle opere così come sul paesaggio circostante». Ivi, p 85. Traduzione a opera dell'autore.

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laboratori artigianali. E' importante ricordare che l'allestimento degli scavi esterni non era previsto dal bando del 1988 e viene tutt'oggi interamente curato dall'equipe archeologica del museo. Le rovine a cielo aperto presentano una grande abbondanza di mosaici mantenuti in situ, ricostruzioni di giardini, pergolati, triclini e edifici per la balneazione. I setti murari sono stati livellati tramite inserimento di nuovo materiale al fine di completare parzialmente le strutture, mentre il riconoscimento degli spazi interni ed esterni è assicurato attraverso l' uso di ghiaia colorata. Al fine di accrescere la consapevolezza del visitatore sul passato cittadino, i curatori organizzano saltuariamente delle rappresentazioni temporali di battaglie e scene di vita romana. Come afferma Aldo Accardi lo scopo di queste nuove strategie museografiche: consists in overcoming the informative and didactic character of musealization in favour of a more authentically interpretative approach. Expressive systems of a highly narrative (and often rather audacious) character have been set up with regard to this new trend, the fruit of mediation between a romantic sense of “contemplating the ruins” and a modern desire to filter history through new instruments of interpretation.3

3

«Consiste nel superare il carattere informativo e didattico di musealizzazione in favore di un approccio più autenticamente interpretativo . Sistemi espressivi di un carattere fortemente narrativo (e spesso piuttosto audace) sono stati istituiti per quanto riguarda questa nuova tendenza, frutto della mediazione tra il senso romantico di "contemplare le rovine" e un moderno desiderio di filtrare la storia attraverso nuovi strumenti di interpretazione». A. Accardi, “Open-air Conservation of Ruins and the Concept of ‘Non-Dislocation’”, in Asian Culture and History, vol.4, n. 2, luglio 2012, p. 6, in http://dx.doi.org/10.5539/ach.v4n2p109 Abstract / (accesso 22/05/14). Traduzione a opera dell'autore.

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Fig. 1: Vista dell'interno della sezione permanente dalle passerelle, foto di Christian Richters.

Fig. 2: Vista dell'interno della sezione permanente dal piano terra, foto di Christian Richters.


Fig. 3: Vista della rampa di collegamento agli scavi, foto di Christian Richters.

Fig. 4: Vista della Maison des Dieux OcĂŠans.

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5. Il tema della luce

Uno degli aspetti più significativi del progetto del Museo archeologico di Saint-Romain-en-Gal è il trattamento della luce naturale e artificiale. Come già accennato in precedenza lo scopo degli architetti è quello di instaurare un "approccio sensuale" dal punto di vista dell'illuminazione, in grado di superare la semplice dicotomia tra luce e ombra1. Questo viene reso possibile attraverso l'impiego di brise soleil, che smorzano la radiazione diretta, e di teli bianchi verticali i quali, tesi di fronte alle facciate vetrate in corrispondenza delle sezioni ostensive, sfumano la luce solare. Più si procede verso l'interno dell'edificio più l'apporto della luce naturale diminuisce in favore di quella artificiale. Tale espediente raggiunge il massimo grado al centro dell'edificio dove grazie a delle partizioni verticali i progettisti raggiungono un'oscurità totale: qui l'illuminazione artificiale incornicia scenograficamente il mosaico di maggior rilievo della esposizione. Parlando di questa soluzione Chaix e Morel affermano: «Nous aimons traiter ainsi la lumière en atténuation, en modelage, en tamisage, avec les arguments bien différents de ceux de la traditionnelle paroi percée»2 Al di là dell'ambito allestitivo, l'importanza che Chaix e Morel danno al tema della luce e della trasparenza traspare anche nella disposizione interna funzionale. Tutte le destinazioni pubbliche godono di affacci sul panorama circostante e dunque anche di massimo irraggiamento naturale; le attività 1

E. Doutriaux, “Le Musée Archéologique de Saint-Romain-en-Gal”, in L'architecture d'aujourd'hui , n. 276, Septembre 1991, p. 83. 2 « Noi desideriamo trattare in questo modo la luce in attenuazione, in modellazione, in proiezione, con dei metodi ben diversi da quelli della tradizionale parete forata ». Ivi, p. 85. Traduzione a cura dell'autore.

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private come l'amministrazione e i laboratori sono invece collocati nella parte più interna e meno esposta del museo. Infine anche la scelta dei materiali è strettamente connessa alla resa cromatica e luminosa dell'edificio: «Béton et bardage de métal, granit du Tarn au sol créent une harmonie de gris un peu froide et trés lumineuse en été».3.

3

« Cemento e rivestimenti di metallo , pavimenti in granito di Tarn creano un'armonia di grigio un po ' freddo e molto luminoso in estate ». P. Blin, “Dinamique pédagogique, Musée Archéologique de StRomain-en-Gal”, in Techniques et architecture, n. 431, Avril-Mai 1997, p. 15. Traduzione a opera dell'autore.

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Fig. 1:, Vista della sezione permanente, particolare dei teli bianchi che smorzano la radiazione solare. Foto di Christian Richters.

Fig. 2: Particolare della stanza del mosaico Ch창timent de Lycurgue, illuminata artificialmente. Foto di Christian Richters.


PARTE III. CONFRONTO E CONCLUSIONI

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1. Musei sull'archeologia: La situazione francese

Per arrivare a una valutazione e a una critica quanto più completa possibile sull'intervento progettuale di Chaix e Morel a Saint-Romain-en-Gal, appare indispensabile un confronto con altri musei al servizio di siti archeologici in campo nazionale e internazionale. Per quanto concerne la situazione francese, sono stati scelti i seguenti casi studio di:  Musée Gallo-Romain de Fourvière a Lione, di Bernard Zehrfuss del 1975;  Musée de l'Arles et de la Provence antiques, di Henry Ciriani, del 1995;  Musée Gallo-Romain de Vesunne a Pèrigeux, di Jean Nouvel, 1993-2003. Essi sono simili per tematica affrontata, in quanto riguardano tutti la civiltà gallo-romana, sorgono all'interno o in stretta prossimità del sito archeologico e sono cronologicamente precedenti, contemporanei e posteriori all'intervento di Chaix e Morel. Il confronto è particolarmente interessante in quanto i progettisti hanno optato per un approccio diverso nei confronti delle rovine: nel primo caso il museo si defila rispetto alle preesistenze, nel secondo si confronta con gli scavi e il paesaggio urbano assumendo una forma indipendente da essi e infine nell'esempio più recente la struttura ingloba le rovine, comportandosi come un contenitore.

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Esaminando le istituzioni museali francesi non si può omettere per similitudine tematica, vicinanza geografica e gemellaggio amministrativo (i due musei sono infatti entrambi gestiti dal dipartimento Rhône-Alpes e condividono lo stesso sito internet) il caso del Musée Gallo-Romain de Fourvière a Lione. Progettato da Bernard Zehrfuss e inaugurato nel 1975, il museo è situato nei pressi dell'antico teatro romano e si sviluppa in modo ipogeo nella collina Fourvière, in cima al sito archeologico. All'interno, il sistema tradizionale di sale è stato abbandonato a favore di uno spazio unico, articolato attraverso una grande rampa a spirale: il percorso museale si compie percorrendo la rampa e assecondando la naturale discesa del versante collinare. L'edificio, esternamente ricoperto dalla vegetazione, all'interno mette in mostra la struttura di calcestruzzo non rifinito e attraverso grandi "cannoni di luce" si affaccia sugli scavi. Il confronto tra i due musei è molto interessante poichè appaiono come esempi diametralemente opposti. Tale distinzione va ben al di là del semplice utilizzo di materiali, calcestruzzo plastico da un lato, acciaio e vetro dall'altro, ed è accentuata da scelte progettuali decisamente discordi. Per preservare l'unicità e l'eccezionalità del sito, Zehrfuss ha ideato uno spazio espositivo che si inserisce nel contesto in modo ipogeo, mimetizzandosi e nascondendosi rispetto alle rovine. Lo studio parigino ha invece attuato un intervento ben visibile nel contesto urbano, creando un vero e proprio landmark nel panorama fluviale. Nonostante la più volte citata trasparenza, l'edificio non si mimetizza con il paesaggio circostante e si presenta invece come un segno forte all'interno degli scavi; mentre il museo di Lione quasi sfugge al rapporto con i resti, introducendo nel percorso museale solo poche viste selezionate sui teatri, il complesso di Saint-Romain-en-Gal instaura un rapporto diretto con le rovine, è costruito sopra di esse e ne garantisce una piena visuale. Il secondo importante esempio francese di museo archeologico è il Musée de l'Arles et de la Provence antiques, realizzato da Henry Ciriani nel 1995, nato al

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fine di raccogliere in un unico luogo l’insieme delle collezioni archeologiche della città. Come il complesso di Vienne, anche questo edificio sorge sulla riva del Rodano e più precisamente è situato su una penisola, delimitata dal fiume a Nord-Ovest, dal canale d’Arles à Bouc a Sud e dai resti di un circo romano a Nord Est. Una delle peculiarità di quest’architettura risiede nella sua forma semplice e flessibile: un triangolo equilatero, articolato attorno a un patio centrale, i cui lati, ai vertici non si toccano, in modo da aprire la figura e da adattare il rigore geometrico al sito. A differenza dell'opera di Chaix e Morel, profondamente ancorata alle giaciture e agli allineamenti del sito antico, Ciriani utilizza una geometria estranea al mondo romano che tuttavia ben si presta al programma museografico: i tre blocchi ospitano ciascuno una funzione ben precisa: scientifica (laboratori di restauro, esposizione temporanea e stoccaggio), culturale (foyer, biblioteca, auditorium, e amministrazione) e di mostra permanente. Tale suddivisione è stata similmente operata anche a Saint-Romain-en-Gal grazie alla creazione di due padiglioni distinti. Un'altra similitudine tra i due complessi sta nel fatto che entrambi utilizzano una scalinata come promenade architettonica, integrata al percorso museale, per raggiungere la copertura dalla quale si può godere di un affaccio privilegiato sul panorama urbano. Anche Ciriani infine, come gli architetti parigini, ha dato particolare rilevanza al tema dell'illuminazione naturale: in questo caso la luce provenzale filtra dai grandi shed aperti a nord in copertura, dal patio e dalle grandi vetrate aperte sulla città. Nonostante la grande differenza formale, numerosi sono gli aspetti che accomunano i due complessi museali sulle sponde del Rodano (distinzione museografica delle funzioni, promenade d'architecture, trattamento della luce,...) e che li rendono un segno architettonico forte, ben visibile - basti pensare al blu scelto dall'architetto peruviano per i prospetti - nel contesto urbano. L'ultimo esempio selezionato è il Musée Gallo-Romain de Vesunne di Jean Nouvel, inaugurato nel 2003 a Pèrigeux, nella Francia sud-occidentale.

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L'architetto unisce la funzione protettiva a quella espositiva, attraverso la realizzazione di un museo "teca" che diviene, attraverso passerelle lignee, punto di vista e di approfondimento dell’area archeologica dell’antica colonia. Il percorso museale allontana il visitatore dalla periferia industriale circostante e lo immerge in un vero e proprio "recinto archeologico" che dalla visione complessiva del sito lo conduce all’interno degli scavi. La connessione con l’area circostante è garantita attraverso la selezione di alcuni elementi (casa di Monsieur Taillefer -sede degli uffici– torre di Vesunna, mura del III secolo) posti in comunicazione attraverso muri verdi e vetrate strutturali. La copertura a sbalzo protegge dalla luce la domus gallo-romana e le pareti vetrate racchiudono le memorie archeologiche della città mettendole in comunicazione con il verde circostante. Come si può vedere il linguaggio materico di Nouvel, costituito prevalentemente da acciaio e vetro, è molto simile a quello assunto dagli architetti parigini nella realizzazione dell'edificio della mostra permanente a Vienne: il vetro garantisce una netta distinzione tra antico e moderno e al tempo stesso consente una permeabilità visiva elevata tra città e scavi. Al di là di questa somiglianza formale i due complessi assumono un comportamento significativamente diverso nei confronti degli scavi archeologici: a Périgeux la necessità di protezione spinge la struttura a divenire un contenitore, una semplice scatola trasparente il cui perimetro è dettato dall'estensione della domus; a Saint-Romain-en-Gal invece il grado di condizionamento rispetto all'antico è minore, i padiglioni si innestano sulle preesistenze, le coprono senza inglobarle, e soprattutto cercano una connessione a livello urbano che faccia interagire maggiormente gli scavi col contesto.

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Fig. 1-5: Bernard Zehrfuss, MusÊe Gallo-Romain de Fourvière a Lione. 1-2: Inserimento nel contesto archeologico; 3-4: Pianta e sezione dell'intervento; 5: Vista interna.


Fig. 6-9: Henry Ciriani, MusĂŠe de l'Arles et de la Provence antiques. 6: Inserimento nel contesto; 7: Piante e assonometria dell'intervento; 9: Schizzo vista esterna.

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Fig. 10-14: Jean Nouvel, MusĂŠe Gallo-Romain de Vesunne. 10-11: Viste esterne; 12: Pianta e prospetti dell'intervento; 13-14: Viste interna.

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2. Lavorare con l'archeologia: panorama internazionale

Confrontare il complesso di Saint-Romain-En-Gal con i musei nati, a livello internazionale, per proteggere ed esporre l'archeologia appare particolarmente complesso data l'abbondanza e la varietà degli interventi. Ogni nazione instaura un rapporto diverso con il proprio patrimonio in quanto l'archeologia rappresenta «l'infanzia di ogni paese»1: i siti archeologici sono condizionati da valenze storiche, culturali e simboliche insite nel contesto di appartenenza, che si rispecchiano nell'architettura degli spazi espositivi.2 Nonostante questa grande diversificazione di risultati architettonici, è possibile fare delle distinzioni di carattere generale per comprendere come collocare, all'interno del quadro internazionale, il museo di Chaix e Morel. Per prima cosa è necessario differenziare i diversi tipi d’intervento che si possono attuare sugli scavi archeologici3:  interventi in situ, con soluzioni prevalentemente all’aperto (come giardini archeologici e musei en plein air);  musealizzazione al piano interrato di rovine ubicate sotto edifici preesistenti;  interventi di musealizzazione a livello fuori terra, in edifici di nuova costruzione (come nel caso dell'edificio francese oggetto d'analisi). 1

A. R. D. Accardi, La presentazione dei siti gallo-romani,«Monografie di Agathón 2012», Offset Studio, Palermo 2012, pp. 7-9. 2 Cfr. M. C. Ruggieri Tricoli, Musei sulle rovine: Architettura nel contesto archeologico, Lybra Immagine, Milano 2007. 3 Cfr. M. Vaudetti, Per un approccio metodologico all’allestimento dei siti archeologici, in S. Canepa, V. Minucciani e M. Vaudetti, Mostrare l'Archeologia, Per un manuale-atlante degli interventi di valorizzazione, Allemandi & C., Torino 2008, pp. 52-60.

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Oltre a questa suddivisione tipologica, è indispensabile cercare di individuare le strategie primarie utilizzate per lavorare nelle aree archeologiche 4. Primo punto fondamentale è l'integrazione fra città e area di scavo; a tal proposito Jacques Teller e Sophie Lefert sostengono: La città è qualcosa di più della somma delle sue parti e quello che caratterizza il fatto urbano è precisamente l’interdipendenza delle attività, degli attori e dei processi sociali, economici e culturali. Il fatto di concepire la città come un ecosistema dovrebbe condurre a esaminare la questione della valorizzazione delle vestigia archeologiche all’interno di un insieme più vasto e a insistere sulle relazioni fra il sito e il resto del tessuto urbano. Si tratta di evitare innanzitutto la formazione dei “ghetti archeologici”, sorta di corpi estranei che s’inseriscono nella città senza mai articolarsi con gli altri elementi della struttura urbana5.

Diversi sono i modi in cui la musealizzazione delle aree archeologiche interagisce con il contesto urbano; in particolare si possono trovare sezioni archeologiche sotterranee, come l'Archeoforum sottostante la piazza SaintLambert di Liegi, dove il livello superiore, separato dal sottostante spazio espositivo viene fruito liberamente e inconsapevolmente dalla cittadinanza, o recinti archeologici, aree conservate a cielo aperto ma separate dal resto città da strade o recinzioni (come nel caso degli scavi di Saint Romain-En-Gal). A questi due casi si aggiungono interventi di riqualificazione urbana, come quello di Josè Maria Sànchez Garcià attorno al tempio di Diana a Merida, che tramite l'inserimento di nuovi volumi, tentano di riordinare la trasformazione edilizia e ricostruire nuove scenografie e rapporti urbani per il sito archeologico. 4

Cfr. A. Tricoli, I siti archeologici urbani:integrare/proteggere/rivelare/evidenziare, in S. Canepa, V. Minucciani e M. Vaudetti, Mostrare l'Archeologia, Per un manuale-atlante degli interventi di valorizzazione, Allemandi & C., Torino 2008, pp. 61-74. 5 J. Teller, S. Lefert, L’intégration architecturale et urbaine des vestiges archéologiques, in Villes du passé, villes du futur: donner vie à l’archéologie urbaine - Mise en valeur des sites archéologiques urbains, allegato agli atti del simposio internazionale Appear, Bruxelles, 4-5 ottobre 2005, p. 2, cit in Ivi, p. 63.

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Un altro aspetto fondamentale è la necessità di proteggere le rovine, esigenza che spesso porta alla realizzazione di coperture o teche (così opera Jean Nouvelle a Périgeux) sopra gli scavi. L'inserimento di elementi di protezione sui resti antichi induce sovente alla realizzazione di manufatti che per materiali e forme dichiarano marcatamente la volontà di rottura del moderno con le vestigia antiche. Questo avviene ad esempio nel caso della copertura del Teatro Romano di Saragozza, della Villa romana La Olmeda, e del parco archeologico di Cartagena. Scelta opposta è invece quella della conservazione all'aria aperta, come nell'intervento di Hans Hollein a Michaelerplatz, che evita l’inserimento di opere architettoniche evidenti nel contesto urbano. Un'altra problematica che i progettisti devono infine affrontare nella realizzazione dei musei archeologici è quella della visibilità dei ritrovamenti. Una scelta molto comune è quella di utilizzare ampie superfici vetrate, per rendere visibile dall'esterno le preesistenze. Nascono così grandi contenitori vetrati (in una certa misura anche il padiglione dell'esposizione permanente di Vienne agisce secondo questa logica) come nel museo della Domus del chirurgo a Rimini o del museo delle Terme Romane sulla Viehmarktplatz a Treviri, che «esibiscono in vitro i ritrovamenti»6. Diametralmente opposta è invece la strategia attraverso cui gli architetti, come Zumthor a Chur, limitano la visibilità esterna del sito con strutture completamente opache al fine di sottolineare l'eccezzionalità delle scoperte, sottraendole alla visione casuale.

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A. Tricoli, I siti archeologici urbani:integrare/proteggere/rivelare/evidenziare, in S. Canepa, V. Minucciani e M. Vaudetti, Mostrare l'Archeologia, Per un manuale-atlante degli interventi di valorizzazione, Allemandi & C., Torino 2008, p.71.

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Fig. 1-6: 1.Daniel Boden e Claude Strebelle, Archeoforum, Liege; 2. JosĂŠ Maria Sanchez Garcia, Roman Temple of Diana, Merida; 3. Amann-CĂĄnovas-Maruri, Copertura del Parco Archeologico, Cartagena; 4. Hans Hollein, Michaelerplatz, Vienna; 5. La domus del chirurgo, Rimini; 6. Peter Zumthor, Shelters for Roman Archaeological Site, Chur.


3. Conclusioni

Delineato questo quadro di interventi museali, nel campo archeologico internazionale, è possibile a questo punto leggere criticamente il progetto di Saint-Romain-En-Gal con maggiore chiarezza. Dal punto di vista dell'integrazione degli scavi con la città, il museo tende a creare un "recinto" attorno alle rovine: l'unico punto di accesso ad esse avviene per il visitatore dall'interno del edificio, dalla rampa di collegamento tra i due blocchi. A livello terreno gli scavi sono protetti da recinzioni (a cui possono accedere liberamente soltanto studiosi e ricercatori) e sono separati dal contesto urbano da una grande arteria stradale. Quest’aspetto tuttavia non deve essere giudicato come un elemento negativo in quanto l'area è ancora oggi oggetto di scavi, numerose costruzioni devono essere rivelate, ed è dunque impensabile garantire un libero accesso al piano dei resti. La necessità di diversificare le utenze (turisti e archeologi) ha portato i progettisti a differenziare i percorsi e il grado di accessibilità agli scavi. Le funzioni sono state poste strategicamente in modo che la sezione espositiva ai livelli superiori, pur godendo di una vista privilegiata sulle vestigia, non si incrociasse con la parte di laboratori e magazzini al piano terra. Bisogna inoltre ricordare che, pur non garantendo un accesso diretto dal contesto urbano al sito archeologico, il museo assume un ruolo cardine dal punto di vista urbanistico: esso si configura come prolungamento naturale del ponte Lattre de Tassigny, elemento di connessione tra le due sponde del Rodano; il complesso, attraverso gli allineamenti, la trasparenza del padiglione della mostra permanente e grazie a punti panoramici che permettono di avere

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una visione congiunta di Vienne e Saint-Romain-En-Gal, tenta di svelare l'antico carattere unitario della colonia Iulia Viennensium. Una delle critiche riguardanti la resa estetica, che a prima vista si potrebbero muovere, sta nel fatto che il museo può essere assimilato a una tipica glass box, semplice contenitore di acciaio e vetro indifferente rispetto al contesto. In realtà l"abri leger", pur essendo un prisma completamente vetrato, non si limita a inglobare i resti ma piuttosto si sovrappone a essi, fornendo protezione e contemporaneamente venendo influenzato strutturalmente dagli stessi (i pilastri si innestano sulle murature esistenti in modo tale da toccarli il meno possibile). La scelta di sopraelevare il piano dell'esposizione consente di mantenere il collegamento visivo tra gli scavi e il fiume e al tempo stesso, garantisce un interessante confronto tra la nuova costruzione in alto e l'architettura romana a livello zero. La scelta dei materiali deve essere dunque letta nella volontà di sottolineare la netta rottura tra passato e presente, in modo da distinguere le tecniche costruttive antiche massive da quelle moderne a telaio. In aggiunta a ciò va ricordato che l'acciaio e il vetro non sono utilizzati da Chaix e Morel in modo indiscrimito nella totalità dell'intervento, bensì vengono calibrati a seconda dell'effetto da ottenere. Come più volte sottolineato il museo è caratterizzato da una spiccata dualità compositiva: oltre al padiglione vetrato, che per posizione intesse un rapporto diretto con i resti, un edificio di calcestruzzo, scenograficamente scavato da una scalinata d'accesso, costituisce il punto di partenza dell'esposizione: l'utilizzo di un materiale massivo ben si adatta alla necessità di creare un segno forte, profondamente inserito nel contesto urbano, in grado di collegare idealmente la città di Vienne agli scavi. Tutte queste caratteristiche fanno del museo archeologico un vero e proprio landmark, ben visibile e individuabile, lungo il contesto fluviale: l'edificio non si nasconde, non sfugge il confronto con i resti nè tantomeno quello con la

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città e si configura dunque come un punto di unione simbolico tra le due sponde. Dal punto di vista allestitivo inoltre appare particolarmente significativo il trattamento della luce naturale e artificiale. La grande trasparenza delle superfici vetrate non causa un'illuminazione costante e monotona degli oggetti esposti: l'attenuazione della luce naturale, le sue sfumature, vengono sapientemente trattate in modo da presentare al meglio le opere. A testimonianza di ciò, nella parte centrale dello spazio espositivo, ove è racchiuso il mosaico più importante della collezione, l'oscurità prevale e l'illuminazione artificiale incornicia scenograficamente l'opera. Una critica negativa che può essere mossa al museo sta nel fatto che l'intervento architettonico non ha riguardato, se non in misura molto limitata (attacco della nuova costruzione alla Maison au Lion) il percorso espositivo sugli scavi. Una volta attraversata la rampa ci si ritrova all'interno del parco archeologico, la cui sistemazione allestitiva è interamente nelle mani dell'equipe di ricercatori che lavora sull'area. La scelta di dividere nettamente il campo dell'archeologia da quello dell'architettura può comportare il rischio di frammentare la narrazione museale, utilizzando una pluralità di linguaggi ostensivi che possono distrarre il visitatore. Nonostante ciò deve essere riconosciuto il tentativo dei progettisti di creare un museo cardine dell’interazione tra città e scavi, presente e passato.

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BIBLIOGRAFIA

SULL'INTERVENTO

AA.VV., “Dialectique archéologique”, in Empreinte, n. 36, Mars 1997. BLIN, Pascale, “Dinamique pédagogique, Musée Archéologique de St-Romain-en-Gal”, in Techniques et architecture, n. 431, Avril-Mai 1997. DOUTRIAUX, Emmanuel., “Le Musée Archéologique de Saint-Romain-en-Gal”, in L'architecture d'aujourd'hui , n. 276, Septembre 1991. FRIÀ, Francia, “Archaeological Museum, Saint-Romain-en-Gal”, in AV Monografìas, n. 65, May 1997. ROBERT, Jean-Paul, “Dossier Chaix et Morel. Musée archéologique de Saint-Romain-en-Gal/ Vienne”, in L’architecture d’aujourd’hui, n. 309, Fèvrier 1997. SLESSOR, Catherine., “Housing History”, in Architectural review, vol. CCII, n. 1207, Septembre 1997.

SULLA TECNOLOGIA E SUL SISTEMA COSTRUTTIVO

AA.VV., The Structural Basis of Architecture, Routledge Editore, s.l. 2013. HELZEL, Martina, “Facciate di acciaio inossidabile”, in Edilizia, n. 2, 2002.

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SUGLI AUTORI

CHAIX & MOREL et associés ; JSWD Architekten, Architekten, Chaix & Morel et associés, Jovis, Berlin 2011.

Thyssenkrupp

quartier

:

JSWD

SUGLI INTERVENTI MUSEALI IN SITI ARCHEOLOGICI AA. VV., Mostrare l'Archeologia, Per un manuale-atlante degli interventi di valorizzazione, Allemandi & C., Torino 2008. ACCARDI Aldo, La presentazione dei siti gallo-romani,«Monografie di Agathón 2012», Offset Studio, Palermo 2012. RUGGIERI TRICOLI, Maria Clara, Musei sulle rovine: Architettura nel contesto archeologico, Lybra Immagine, Milano 2007.

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SITOGRAFIA

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FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

COPERTINA Fig. 1: SLESSOR, Catherine, “Housing History”, in Architectural review, vol. CCII, n. 1207, settembre 1997, p. 61.

PARTE I. CAPITOLO 1. Fig. 1:BRISSAUD, Laurence, Le site gallo-romain de Saint-Romain-en-Gal (Rhône): monumentalité des vestiges, persistance de la mémoire des lieux, p. 1,. saggio presentato alla conferenza Journée d'étude / monumentalités

et

mémoire,

Parigi,

30

novembre

2012,

in

http://hicsa.univ-

paris1.fr/documents/file/5_Brissaud.pdf (accesso 14/04/14). Fig. 2: http://www.bing.com/maps/(accesso 18/04/14). Fig. 3: BRISSAUD, Laurence, Le site gallo-romain de Saint-Romain-en-Gal (Rhône): monumentalité des vestiges, persistance de la mémoire des lieux,, p. 3, saggio presentato alla conferenza Journée d'étude / monumentalités

et

mémoire,

Parigi,

30

novembre

2012,

in

http://hicsa.univ-

paris1.fr/documents/file/5_Brissaud.pdf (accesso 14/04/14).

CAPITOLO 2. Fig. 1: Ivi, p. 6. Fig. 2: Ivi, p. 8.

CAPITOLO 3

71


Fig.1: Ivi, p. 4. Fig. 2: Ivi, p. 10. Fig. 3: http://www.bing.com/maps/(accesso 18/04/14).

CAPITOLO 4. Fig.1-6: http://www.chaixetmorel.com/(accesso 24/04/14).

PARTE II. CAPITOLO 1 Fig.1-2: DOUTRIAUX, Emmanuel., “Le Musée Archéologique de Saint-Romain-en-Gal”, in L'architecture d'aujourd'hui , n. 276, settembre 1991, p.83 e p. 85. Fig.3-4: http://www.chaixetmorel.com/(accesso 24/04/14). Fig.5-6: a cura dell'autore. Fig. 7-8: FRIÀ, Francia, “Archaeological Museum, Saint-Romain-en-Gal”, in AV Monografìas, n. 65, maggio-giugno 1997, pp. 107-108.

CAPITOLO 2 Fig.1: a cura dell'autore. Fig.2 e 6: http://www.panoramio.com/(accesso 24/04/14). Fig.3-5 e 7: http://www.chaixetmorel.com/(accesso 24/04/14).

CAPITOLO 3 Fig.1-3: HELZEL, Martina, “Facciate di acciaio inossidabile”, in Edilizia, n. 2, 2002, p. 14. Fig.4-6: http://www.chaixetmorel.com/(accesso 24/04/14).

CAPITOLO 4

72


Fig.1-3: http://www.chaixetmorel.com/ (accesso 24/04/14). Fig.4: http://www.imagesdailleurs.fr// (accesso 25/04/14).

CAPITOLO 5 Fig.1-2: http://www.chaixetmorel.com/ (accesso 24/04/14).

PARTE III. CAPITOLO 1 Fig.1-5: http://andreasangelidakis.blogspot.it/ (accesso 16/05/14). Fig.6-9: http://ciriani-en-arles.blogspot.it/ (accesso 16/05/14). Fig.10-14: http://www.jeannouvel.com/ (accesso 16/05/14).

CAPITOLO 2 Fig.1: http://www.liege.be/ (accesso 16/05/14). Fig.2: http://www.jmsg.es/ (accesso 16/05/14). Fig.3: http://www.reskyt.com/ (accesso 16/05/14). Fig.4: http://www.domusweb.it/ (accesso 16/05/14). Fig.5: http://www.museicomunalirimini.it/ (accesso 16/05/14). Fig.6: http://zumthor.tumblr.com/ (accesso 16/05/14).

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