.ac ca po N° 0
editorialmente ironico
04 maggio 2021
Alina Gross la fotografa scelta da Panzine Edizioni
Camilla Boniardi la nuova promessa della scrittura
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Specimen
Tanto sexy e fatale pare
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La camera azzurra
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Specimen
Scacco matto Bobby Fischer
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Diacritico
Camistake Per tutto il resto dei miei sbagli
(Parentesi)
Wabi-sabi Alina Gross per Panzine Edizioni
Il potere dell’ancella Il racconto dell’ancella
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Specimen
Delirium tremens I racconti del mistero
La regina degli scacchi
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Specimen
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Omega
Dio li fa e poi li accoppia
This is .accapo
Book-track
Mettiamo i puntini sulle Irriverente, pungente, ironico, pop e femminista per sbaglio: ma ha anche dei difetti. Questo è .accapo, il magazine che presenta i titoli di catalogo di Panzine Edizioni. Ogni articolo, tra frasi ironiche e foto “vandalizzate”, trae una tematica dal libro presentato e la attualizza, a dimostrazione che le storie narrate non sono superate. E proprio su questa via, la rubrica “This is .accapo”, per metà vintage e metà moderna, suggerisce delle playlist alla scoperta dei titoli nel catalogo: quindi non ti sorprendere se ti ritroverai a leggere un libro dell’800, ascoltando i Måneskin. In contrapposizione, l’altra rubrica rende note le nuove promesse della scrittura (no, non presenteremo youtuber 15enni con i loro libri autobiografici). Ti starai chiedendo perché .accapo: tra passato e presente non vogliamo mettere un punto e virgola, ma un punto e a capo.
Redazione
Progetto grafico
© Copyright 2021
Claudia Petrino Chiara Giorgia Polizzi
Claudia Petrino Chiara Giorgia Polizzi
Accademia di Belle Arti di Catania
Direttore editoriale
Atti vandalici
Marco Lo Curzio
Chiara Giorgia Polizzi
Design della Comunicazione Visiva Grafica Editoriale A.A 2020/2021
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La donna fatale, desiderata e temuta, come rappresentazione dell’emancipazione femminile.
Tanto sexy e fatale pare “Basic Instinct” (Paul Berhoeven, 1992)
04 maggio 2021
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ampira, mangiatrice d’uomini, donna rapace, sirena, tigre, seduttrice, strega, orchessa, o chanteuse: tutte accezioni negative per la femme fatale, ma qual è il confine tra emancipazione e crudeltà? La concezione della donna come ammaliatrice è insita nella società fin dagli albori, già a partire dalla Bibbia, in cui Eva o la bellezza di due donne come Giuditta e Salomè, diventa simbolo della pericolosità della donna, che sfrutta il suo potere seduttivo con intenti manipolatori. Ma la figura della femme fatale diviene particolarmente celebrata e personificata nell’arte e nella letteratura dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento, diventando un prodotto che riflette i cambiamenti della società dell’epoca, coincidenti con i diritti delle donne. Diventa in questo modo un simbolo d’indipendenza femminile, una figura emancipata che assume anche le caratteristiche maschili di potere, ambizione e autorità. E proprio per questo lato rivoluzionario, la femme fatale, spesso punita o uccisa per le sue azioni, può essere considerata un’invenzione degli uomini come risultato diretto di un’ansia maschile per quanto riguarda il femminismo. Nasce così la feministe fatale, donna capace di sedurre, ma
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senza perdersi tra le braccia di un uomo, in grado di condurre il gioco, senza doversi fingere preda del classico macho pettoruto. In Sangue e Arena di R. Mamoulian, la donna vince: è intelligente e alla richiesta della moglie di renderle il marito da lei sedotto, non acconsente anzi lo invita a discutere con lei. Racchiude la forza dell’emancipazione, la conoscenza della propria sessualità, la capacità di domarla o di lasciarla andare. Una donna che non vuole assomigliare all’uomo, come nel femminismo degli inizi, ma che sente il bisogno di distinguersi e cerca un equilibrio con se stessa. In tempi moderni, un esempio di donna fatale è Andrée, ne La camera azzurra di Georges Simenon. Bella e apparentemente algida, è una donna spregiudicata che non esita a sedurre Tony, sicura del suo fascino e decisa fortemente ad ottenere ciò che vuole. La sua tresca con il suo amante però diviene qualcosa di più per lei: un amore avido, molesto, tanto da trasformarsi in pura ossessione e pretende di legarsi a Tony nella maniera più totalizzante, pronta a tutto. Buona o cattiva? Emancipata o spregiudicata? “Chi dice donna, dice danno”, non è una risposta.
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Georges Simenon
LA CAMERA AZZURRA
Georges Simenon La camera azzurra Panzine Edizioni pagg. 153 euro 11,40
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04 maggio 2021
Scacco matto Bobby Fischer Dai pregiudizi del campione americano a Beth Harmon: il gender gap nel mondo degli scacchi.
▲ Bobby Fischer, campione di scacchi (1943-2008)
“
Le donne sono pessime giocatrici di scacchi, non credo che dovrebbero interessarsi di questioni intellettuali, dovrebbero occuparsi solamente della casa”, affermò il campione americano Bobby Fischer nel 1963, stesso periodo in cui si svolge la vicenda narrata da Walter Tevis ne La regina degli scacchi. Se Beth Harmon non fosse stato un personaggio fittizio, probabilmente avrebbe risposto a queste critiche con una vittoria. Paradossalmente il personaggio è proprio ispirato a Fischer: la storia si svolge nel periodo in cui il famoso campione di scacchi era all’apice della sua carriera e molte sono le somiglianze tra i due come l’utilizzo di stili di gioco simili ed aggressivi. Che in realtà l’autore Walter Tevis, costruendo questo parallelismo con Fisher, non abbia voluto burlarsi della sua convinzione sull’inferiorità delle donne? Il maschilismo scacchistico è un fenomeno relativamente moderno: nella prefazione del romanzo, Tommaso Pincio, scrittore e traduttore italiano, racconta come prima del 1500, uomini e donne giocassero tra loro senza nessuna discriminazione di genere e nessuno si sognasse di farne un dramma quando le donne avevano la meglio. Sul finire del sedicesimo secolo le cose cambiano: gli scacchi si elevano a scienza e il giocatore professionista a geniale scienziato. Le donne, non tagliate per la scienza, sono da quel momento escluse dagli scacchi. Qualche anno dopo l’uscita del romanzo, per dimostrare che non esisteva alcun impedimento “naturale” nella donna scacchista, lo psicologo ungherese Laszlo Polgár mise
Walter Tevis: uno scrittore che è riuscito, come pochi altri, a narrare l’alienazione, la speranza e il riscatto.
in atto un incredibile esperimento così da abbattere ogni stupido pregiudizio: sin dalla nascita fece addestrare le sue tre figlie da grandi maestri e a vivere per gli scacchi. Il risultato? Tre campionesse tra cui Judit Polgár, la vera regina degli scacchi, entrata nella top ten dei cento giocatori migliori del mondo. C’è chi ha colto delle somiglianze tra Beth Harmon e la Polgár come grandi donne scacchiste, tuttavia le loro esperienze sono diametralmente opposte: nel romanzo sono tutti gentili con Beth invece la Polgár ha confessato che durante i tornei gli uomini spesso facevano commenti sprezzanti sulle sue capacità e non accettavano la sconfitta. Nonostante questo clima, già nel 1983, da parte dell’autore c’era l’intento di scardinare questo pregiudizio: “Considero La regina degli scacchi un tributo alle donne intelligenti” ha affermato Tevis facendo riferimento alle donne della sua vita - “mi piace Beth per il suo coraggio e la sua intelligenza. In passato, molte donne hanno dovuto nascondere il cervello, ma non oggi”. Il mondo degli scacchi sta iniziando a cambiare. I dati riportano che nel 2001, solo il 6% dei giocatori classificati a livello internazionale erano donne, mentre nel 2020, quel numero è aumentato oltre il 15%. Di recente uscita, la trasposizione Netflix in serie tv del romanzo, ha avuto un impatto fortissimo decretando un aumento dell’87% delle vendite di scacchiere e del 603% di libri di strategie sugli scacchi. Che riesca a demolire anche il pregiudizio sulla donna scacchista? Del resto è la Regina a proteggere il Re dallo scacco matto.
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Walter Tevis
LA REGINA DEGLI SCACCHI
Walter Tevis La regina degli scacchi Panzine Edizioni pagg. 377 euro 13,30
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Camistake “A vent’anni avrei avuto bisogno anch’io di un fallimento comune, qualcuno che mi dicesse: dai è successo anche a me.”
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entile e delicata, ironica e divertente: non stupisce affatto che Camilla Boniardi, in arte Camihawke, sia seguita da 1,2 milioni di persone su Instagram. Questo successo è dovuto alla sua capacità di emergere dalla moltitudine di ragazze perfette presentandosi come una delle tante e raccontandosi sui social in un esercizio di ironia e sincerità. Il rapporto, solido e sincero, che ha saputo creare con i suoi follower si è tradotto nello stesso sostegno ed entusiasmo con cui, tutti noi, compreremmo il romanzo d’esordio di un amico. Il suo primo romanzo, Per tutto il resto dei miei sbagli, è stato scritto da Camilla in persona che promette di averci messo l’anima. Si fa fatica ad attraversare le pagine senza sentire nella testa la voce inconfondibile di Camilla, i dialoghi stessi hanno l’intonazione delle storie di Instagram e l’aderenza della protagonista, Marta, alle caratteristiche dell’autrice, è difficile da non notare. “Marta mi somiglia ma non sono io” tuttavia ha ammesso che ci sono alcuni aspetti che la legano al personaggio come l’insicurezza e il senso di inadeguatezza tipici del periodo dei vent’anni, in cui non si ha ancora una direzione precisa. Ciò è evidente nel personaggio di Marta, alla ricerca della perfezione e di un’identità al di là dell’immagine. Camilla sceglie con cura le parole per raccontarsi in forme sempre diverse ma per rielaborare alcune delle emozioni che l’hanno segnata ha deciso di cambiare modalità di comunicazione, scegliendo la carta in quanto mezzo che costringe a prendere del tempo a differenza della velocità ed estemporaneità dei social. Il linguaggio ironico che la contraddistingue sui social, torna nella stesura del romanzo, per il quale afferma di essersi ispirata a Diego De Silva e a Sally Rooney per la sua capacità di raccontare personaggi vicini a lei. Fuoco di paglia o fenomeno di lunga durata? Ce lo diranno le puntate successive. Al momento il trionfo è totale, riconfermandosi il primo libro più venduto in Italia da due settimane consecutive. Stei tiuned per la #receumile.
▲ Camilla Boniardi, in arte Camihawke
Camilla Boniardi Per tutto il resto dei miei sbagli Mondadori pagg. 304 euro 18
Camilla Boniardi (1990) Nata a Monza, consegue la laurea in Giurisprudenza e decide di intraprendere la strada della comunicazione. Lavora come speaker su Radio2 e conduce uno show cooking con Cracco su Rai
2. Nel 2019 diventa Ambasciatrice AIRC, viene votata come Miglior Instagrammer ai Macchianera Internet Awards e partecipa come speaker a TedX Rimini.
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04 maggio 2021
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Wabi-sabi Alina Gross celebra la femminilità e l’atto di essere una donna, allo stato più puro e crudo.
▲ Alina Gross, Visions of femininity - Venus (2021) Dove trovi l’ispirazione? Qual è il fattore che ti fa venir voglia di iniziare una nuova serie? Una delle ispirazioni per questa serie di foto è stata Joanne Leah, che lavora anche con la pittura del corpo e raffigura il corpo. Mi piacciono i loro colori alla moda e la loro giocosità. Anche la modella tedesca degli anni Sessanta Veruschka, Vera von Lehndorff, è stata un’ispirazione. Si vedeva come parte della natura e connessa con la natura attraverso il bodypainting adottando i suoi colori e le sue forme nel bodypainting. Secondo te, che ruolo gioca oggi lo sguardo femminile nella fotografia? Le donne possono essere potenziate attraverso la fotografia? La femminilità è ed è stata rappresentata in modo molto diverso nella nostra cultura. Basti pensare alle donne di Rubens, a lungo considerate l’ideale della bellezza. Voglio creare uno spazio nella mia fotografia in cui le donne possano essere ciò che sono senza vergognarsi. Credo nel potere delle immagini [...] tutti i corpi sono belli, un seno che pende dopo un lungo periodo di allattamento o una pancia che si raggrinzisce.
C’è un lato molto intimo nel tuo lavoro. Può essere crudo e delicato allo stesso tempo. E, naturalmente, gran parte riguarda le donne e cosa significa essere una donna. Perché questo argomento è così importante per te? Come donna, ovviamente, ho problemi femminili su cui lavoro. Cosa sta succedendo nel mio corpo Quali processi stanno avvenendo lì? Come posso allineare il mio lato emotivo con il lato sensibile? Volevo chiederti come trovare un equilibrio tra l’essere censurati dai social media e la possibilità di condividere il tuo lavoro con il mondo poiché i tuoi post sono stati regolarmente cancellati. Come ti senti riguardo a questa decisione? Per me Instagram rappresenta il vanity fair per eccellenza. Per partecipare alla vita sociale della scena fotografica, bisogna unirsi ad essa. Ho una relazione ambivalente con esso; da un lato, ho avuto molti bei momenti su Instagram, ma anche molti umilianti. Ti esponi all’arbitrio e vivi nella costante paura di essere attaccato o cancellato. Per prima cosa devo sistemarmi e pensare a come andrà avanti.
Alina Gross (1980) Nata in Ucraina ed emigrata in Germania con la sua famiglia quando aveva 12 anni, ha iniziato il suo viaggio fotografico davanti la fotocamera come modella. All’inizio degli anni 2000, è diventata
assistente di un fotografo francese di moda e bellezza. Dal 2012, Alina lavora come fotografa freelance e vive con la sua famiglia in Germania, dove insegna e ha un suo studio.
Il nostro editore, ha selezionato una delle foto della serie “Birth of mother”, per la copertina de Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood. La foto, nel suo essere cruda e d’impatto, è stata scelta per rappresentare le difficili tematiche trattate nella storia.
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Il potere dell’ancella ▲ Donald Trump
Le immagini più potenti de Il racconto dell’ancella rompono i confini della carta stampata o dello schermo della tv e diventano simboli di ribellione femminile.
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uò una storia distopica diventare simbolo della realtà? Sì, e lo dimostra il numero di donne in abiti da ancelle che hanno manifestato per i loro diritti. Quando il romanzo Il racconto dell’ancella è stato pubblicato nel 1985, i fatti narrati sembravano inverosimili, ma oggi dobbiamo pensare che tutto ciò che leggiamo nel libro sia presente nelle potenzialità dell’uomo. Il primo evento in cui l’abito dell’ancella è diventato simbolo della lotta pro-aborto si è tenuto in Texas nel marzo del 2017, in cui un gruppo di donne vestite da “Ancelle” si è presentato presso la Camera del Senato per protestare. Mosse dalla decisione dell’ex Presidente statunitense Trump di tagliare i fondi ad organizzazioni pro-aborto e all’educazione sessuale per distribuirli ad associazioni pro-life, nel luglio dello stesso anno, le manifestanti non hanno detto una parola, proprio come le Ancelle, ma hanno fatto risuonare la loro protesta anche nel silenzio. Oltre agli abiti anche le citazioni tratte dal romanzo sono diventate emblema della protesta come alla Women’s March del gennaio 2018, dove i cartelli recitavano la frase “Nolite te bastardes carborundorum” (“Non lasciare che i bastardi ti annientino”). Eventi di questo tipo si sono diffusi sempre di più, raggiungendo anche l’Italia. A Milano, nel 2018, le donne hanno sfilato davanti al Duomo in occasione dell’anniversario dell’approvazione della legge 194 con cui si legalizzava l’aborto, ma anche per denunciare il fatto
Mantelli rossi e cuffie bianche per il diritto all’aborto.
che in Italia in media il 70% dei medici è obiettore di coscienza. Successivamente, durante la discussione sulla mozione della stessa legge, alcune esponenti del movimento Non una di meno hanno attirato l’attenzione con i vestiti da Ancella, una tra loro dice: “Margaret Atwood scrive di un futuro distopico in cui le donne vengono considerate solo in relazione al loro valore riproduttivo, un futuro che abbiamo già visto compiersi. Così noi ci sentiamo sempre di più spettatrici di una distopia in costruzione. I nostri abiti, oggi, sono una provocazione e un monito”. Realtà di questo tipo riguardano molti più Paesi di quanto ci si possa aspettare, così la figura dell’ancella è diventata un simbolo forte anche in Irlanda, in occasione del referendum sull’aborto e in Argentina, durante manifestazioni a favore della legalizzazione. I difensori argentini della causa hanno guadagnato come sostenitrice la stessa scrittrice Margaret Atwood, che in un tweet ha chiesto alla presidente del senato, Gabriela Michetti, donna cattolica e contraria all’aborto, di non mettere più ostacoli alla legge. Alcune manifestanti hanno dichiarato di non aver letto il romanzo, ciò dimostra come la figura dell’Ancella sia entrata, passaggio dopo passaggio, a far parte di un immaginario collettivo e sia divenuta un’icona capace di essere riconosciuta come il simbolo di difesa dei diritti delle donne. Non più un racconto solo immaginario ma provocatorio e reale.
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Margaret Atwood
IL RACCONTO DELL’ANCELLA
Margaret Atwood Il racconto dell’ancella Panzine Edizioni pagg. 299 euro 16,80
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04 maggio 2021
Come il padre dell’horror ha influenzato le generazioni di registi moderni.
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Io ho una grande fede nei matti - fiducia in me stesso la chiamano i miei amici”: scrittore del grottesco, dell’angoscia e del mistero, in piena linea con le vicende della sua vita, sregolata, alcolica e ribelle, dalla fine prematura ed enigmatica. Ecco chi era Poe, padre dell’horror. Il fascino noir e misterioso di Edgar Allan Poe è riuscito ad influenzare anche il piccolo ed il grande schermo a distanza di due secoli. L’esempio più recente è il successo planetario della serie televisiva statunitense The Following, il cui protagonista cattivo, Joe Carroll, è ossessionato da Edgar Allan Poe. Crede nella “follia d’arte”, concetto spesso esposto dallo scrittore e preso dal delirio uccide ben 14 studentesse. Interessante l’ambivalenza tra passato e presente: Joe, attraverso i racconti dell’800, sfrutta i social media per creare un gruppo di seguaci che imitano le sue azioni malvagie. Il più noto interprete di Poe sul grande schermo è stato Roger Corman, un regista indipendente e innovativo, una figura di culto tra i cinefili di tutto il mondo, scopritore di nuovi talenti. Grazie al suo intuito e talento, Corman è riuscito a trasformare il genio letterario di Poe in prodotto d’intrattenimento per mezzo del ciclo di sette film che dirige e produce tra il 1960 ed il 1964. Per esplorare i tortuosi sentieri della mente di Poe, Corman andò persino in analisi. L’influenza dello scrittore non rimane ancorata solo all’ambito americano ma ha raggiunto anche l’Italia: “Se ripenso a me ragazzino, mi vedo affacciato alla finestra di una stanza intento a guardare il solito panorama urbano, poi mi giro e noto una porta serrata, la cui apertura
▲ Edgar Allan Poe (1809-1849)
“Sono diventato pazzo, con lunghi intervalli di orribile salute mentale.”
è notoriamente interdetta a tutti, io però mi avvicino e la apro, e lo scenario che mi si presenta è di botto completamente mutato: livido, di colori stranissimi, popolato da persone curve, di cui non si scorgono i volti. Ecco, l’impatto con Allan Poe è stato un po’ questo” queste le parole di Dario Argento, maestro del terrore, ma dietro la cinepresa. Solo un amante dell’orrore come Argento avrebbe potuto omaggiare lo scrittore. Così, negli anni ’90, dirige Il gatto nero, secondo episodio del film Due occhi diabolici, insieme a Romero. Tra scene cruente e splatter, quello che spaventa di più è l’evoluzione del protagonista nel corso della storia: ogni minuto più gelido, più insensibile, più perverso. Proprio sulla follia giocava il racconto di Poe e Argento accoglie a braccia aperte l’approfondimento psicologico che lo scrittore compie meravigliosamente in questa sua opera: la paura è nella follia omicida, nel sadismo, non nell’azione in sé. “Chi non si è scoperto, cento volte nell’atto di commettere un’azione spregevole o stolta, a ciò indotto dalla sola ragione che, come ben sapeva, non doveva farla?”
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edgar allan poe
i racconti del
Edgar A. Poe I racconti del mistero Panzine Edizioni pagg. 224 euro 15,20
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Dio li fa e poi li accoppia Prima i salotti dell’Ottocento, oggi quelli virtuali di Instagram: l’intramontabile fenomeno dei book club.
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redi che i book club siano solo dei circoli per vecchiette o che esistano soltanto nei film? Beh, ti sbagli. Non devi essere un grande appassionato di libri (o una vecchietta) per farne parte ma può essere il giusto stimolo per scoprire il piacere della lettura. Se ti stai chiedendo quale sia stato il primo gruppo di lettura, sappi che non esiste una risposta certa. Che sia stato Benjamin Franklin con la fondazione del Junto nel 1727 o le donne aristocratiche che sorseggiavano tè nei loro salotti nell’800, si sa che i piaceri della vita sono amplificati quando condivisi e lo sapevano pure gli antichi greci con i circoli socratici che coinvolsero i grandi filosofi. Se prima questi incontri erano riservati solo a quell’élite che poteva permettersi un’istruzione, oggi i book club rappresentano degli appuntamenti informali, aperti a tutti e finalizzati alla diffusione della lettura e della condivisione della stessa, senza alcuna distinzione o riferimento a classe sociale. Col tempo questi club si sono fatti strada in tutto il mondo, in particolare in America e Inghilterra, per poi approdare anche in Italia. Nelle principali città come Roma o Milano sono stati fondati numerosi book club come il “Circolo della Lettura” che a partire dal 2010 ha aperto la partecipazione a tutti coloro
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▲ “Book Club -
Tutto può succedere” (Bill Holderman, 2018)
che condividono la passione per la lettura. Il primo e più grande circolo di lettura online è il “Club del libro”, nato nel 2009, un vero e proprio forum che ha aperto la stagione del book club virtuale, in un periodo nel quale era ancora concepito come uno strumento di condivisione “vis a vis”. Questa nuova forma di book club non ha soppiantato i gruppi di lettura in presenza ma nel periodo della pandemia si è dimostrata l’unica soluzione per continuare a condividere il piacere della lettura. Ormai non più relegati ad un forum o un sito web, i book club si sono affermati con grande frequenza sui principali canali social, in particolare su Instagram, YouTube e Twitch, dove personalità emergenti diffondono la voglia di leggere anche tra i giovani. Un esempio recentissimo è La camera azzurra, book club della content creator Elettra Lastra, che ogni mese sceglie un titolo di cui discute con i suoi followers in una diretta Instagram. Un altro modello di book club degno di nota è quello pensato dall’influencer Giulia Valentina che seleziona 15 persone a cui mandare la sua copia del libro scelto. I partecipanti, a turno, sfoglieranno lo stesso libro, scriveranno i propri pensieri e sensazioni creando un contatto non solo virtuale ma anche reale. Su TikTok, un fenomeno di questi giorni è #BookTok, attorno al quale si sta costruendo una community che si scambia consigli di lettura e che ha avuto un grande impatto sul mercato editoriale. Vanno in questa direzione anche le iniziative degli editori stessi, come Bompiani, che ha deciso di lanciare un book club con incontri online, utilizzando i social per rendere più forti i legami con chi sceglie i loro libri. Dunque, noi ti abbiamo dato degli spunti, non ti resta che trovare le tue “vecchiette” e iniziare a leggere.
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This is .accapo
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Book - track
Leggendo un libro, ti sarà capitato di pensare alla possibile colonna sonora di quella storia. Ti risparmiamo la fatica: - apri Spotify - clicca su “Cerca” e su - scansiona i codici Ora puoi scoprire (o riscoprire) i titoli di questo mese attraverso i brani del nostro jukebox.
s i h T is Punta la fotocamera su un codice Spotify
La camera azzurra
La regina degli scacchi
Il racconto dell’ancella
I racconti del mistero