Dopo di lui, il diluvio

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“Noi fummo i Gattopardi, i Leoni, chi ci sostituirà saranno gli sciacalli, le iene; e tutti quanti, gattopardi, leoni, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra...” scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa, e dalla parafrasi dell’immortale GATTOPARDO, nella quale gli “sciacalli” sono coloro che ridono al telefono del terremoto dell’Aquila, parte Oliviero Beha per una ricognizione tra le macerie materiali e immateriali del Paese. A cinque anni dall’uscita del suo pamphlet CRESCETE & PROSTITUITEVI, preso alla lettera dalla classe dirigente di ieri e di oggi, l’autore si domanda che cosa succederà quando sarà finita la stagione di Berlusconi, se davvero “dopo di Lui” ci sarà “il diluvio”. Perché Berlusconi è il prototipo di quel “berlusconismo” che ha attecchito a destra e a sinistra. Per arrivare a concludere che non siamo più una “democrazia”, che tira aria da “Weimar” sia pure “all’amatriciana”, che ogni giorno che passa è peggio e il risveglio del Paese si allontana. Ma non è detto, ci sono albori all’orizzonte... Giornalista di carta stampata, radio e tv, Oliviero Beha è autore teatrale e poeta. Ha firmato trasmissioni di successo (Radio Zorro, Radio a colori, Va’ pensiero). Editorialista de “il Fatto Quotidiano”, oggi collabora con il Tg3 come commentatoree fa programmi per Rai3. Tra i suoi libri ricordiamo: INDAGINE SUL CALCIO (con A. Di Caro, Bur), ITALIOPOLI (Chiarelettere), IL PAZIENTE ITALIANO (Avagliano), I NUOVI MOSTRI (Chiarelettere) e il romanzo EROS TERMINAL (Garzanti). www.chiarelettere.it I S B N 978-88-6190-113-1

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788861 901131

13,60 Progetto grafico: David Pearson www.davidpearsondesign.com

NEL PAESE DEL TELEVOTO

Oliviero Beha DOPO DI LUI IL DILUVIO

“GLI UOMINI SONO PORTATI A CREDERE SOPRATTUTTO QUELLO CHE CAPISCONO MENO.” Michel de Montaigne

“IL PUNTO FONDAMENTALE DELLA TEORIA DEMOCRATICA IN REALTÀ È QUELLO DI CERCARE DI IMPEDIRE IL FUNZIONAMENTO DELLA VERA DEMONoam Chomsky CRAZIA. NON DEVE FUNZIONARE.”

DOPO DI LUI

IL DILUVIO WEIMAR, ITALIA

Oliviero Beha



Pamphlet, documenti, storie REVERSE



PRETESTO 1

f a pagina 163

“Tutto cola nel medesimo recipiente in un Paese senza più classi: c’è chi ha i soldi e chi non li ha. Stop.”


PRETESTO 2

f a pagina 141

“I post-italiani, paria senza alcun potere (se non quello di votare...), ignoranti, disinformati o informati ad arte sempre pro o contro uno dei due fronti e mai pro veritate.�


f a pagina 184

“La Prima Repubblica ha la colpa di aver costruito un ceto medio che non ha neppure la consapevolezza di essere borghesia.” Federico Zeri

f a pagina 58

“La catena si è spezzata. Spesso per i giovani è meglio non avere esempi se sono quelli che sappiamo e cominciare da capo, senza radici e senza bussola.”


PRETESTO 3

f a pagina 204

“Come fatturato quella dei giochi d’azzardo è la terza industria in Italia dopo Eni e Fiat.” Fonte Mediobanca, ottobre 2008


f a pagina 173

“Berlusconi governa un Paese fondato sul conflitto di interessi, sarebbe impensabile che la casta/cupola/cosca ‘si suicidasse’ autoregolandosi e facendo i propri disinteressi. Non si dà in natura...”

f a pagina 201

“Forza con il Malcalcio quasi tutti i giorni in tv, primario pensiero unico e unico linguaggio nel Paese dell’analfabetismo di ritorno che invade, pervade e occupa la maggior parte di post-italiani, tifosi di una squadra come hanno imparato a tifare per un partito, che sia dell’odio, dell’amore o dell’invidia poco importa.”


© Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo Editoriale Mauri Spagnol S.p.A. Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.) Sede: Via Melzi d’Eril, 44 - Milano ISBN

978-88-6190-113-1

Prima edizione: maggio 2010 www.chiarelettere.it BLOG / INTERVISTE / LIBRI IN USCITA


Oliviero Beha

Dopo di Lui il diluvio

chiarelettere


Oliviero Beha, giornalista di carta stampata, radio e tv, è nato a Firenze nel 1949, si è laureato in Italia in Lettere (Storia medievale) e in Spagna in Filosofia (Storia d’America). Inizia a fare il giornalista con «Tuttosport» e «Paese Sera». Dal 1976 al 1985 è a «la Repubblica», come inviato, dove si occupa di sport e società, con inchieste in molte parti del mondo. Editorialista e commentatore anche politico per «la Rinascita», «Il Messaggero» e «Il Mattino» (e successivamente per «L’Indipendente»), nel 1987 dà inizio alla sua attività televisiva con Andrea Barbato conducendo Va’ pensiero. Nel 1991 progetta e realizza Un terno al lotto, il primo programma televisivo dove domanda e offerta di lavoro potevano incontrarsi. Nell’aprile 1992 dà vita a Radio Zorro, che poi si fonde con lo storico 3131. Radio Zorro 3131 diventa il caso radiofonico dell’anno: oltre centomila richieste di intervento piovono in redazione da tutta Italia. Dal novembre ’95 al giugno ’96 Beha conduce anche una versione televisiva del suo programma (Video Zorro). La censura lo tiene lontano dalla Rai governata dal centrosinistra per due anni. Dal settembre 1998 è di nuovo ai microfoni di Radiorai con Radioacolori in onda tutti i giorni, fino a quando – nel giugno 2004 – la tanto seguita trasmissione radiofonica viene improvvisamente soppressa. La Rai è governata dal centrodestra. Comincia un lungo periodo di esclusione e di mobbing, sia in tv che in radio, favorito da qualunque versante politico con il concorso del mondo dell’informazione cui Beha in trent’anni non ha risparmiato dure critiche. È anche autore e attore di testi teatrali rappresentati, di numerosi saggi e di raccolte di poesie. Ha vinto nel 2001 il prestigioso premio Guidarello per il giornalismo d’autore per la radiofonia. In questi anni pubblica il suo primo romanzo, Sono stato io (Marco Tropea Editore, tre edizioni), in libreria nel 2004. L’anno dopo esce con i saggi Crescete & prostituitevi (Rizzoli Bur) e Trilogia della censura (Avagliano Editore). Nel 2006 è la volta di Diario di uno spaventapasseri (Marco Tropea Editore) e Indagine sul calcio (Rizzoli Bur, con Andrea Di Caro). Nel 2007 pubblica con Chiarelettere Italiopoli. E nel 2008 Il Paziente italiano (Avagliano Editore), cui seguono nel 2009 I nuovi mostri (Chiarelettere) e il romanzo Eros Terminal (Garzanti). È editorialista de “il Fatto Quotidiano” fin dalla sua fondazione (2009) e dal marzo 2010 conduce su Rai Tre la trasmissione Brontolo.


Sommario

DOPO DI LUI IL DILUVIO

Premessa. Cinque anni dopo

5

Nostradamus e il timoniere

10

Pasolini e il dottor House

18

Post-italiani

27

La Costituzione materiale

37

La scomparsa delle parole

43

Padri e figli in polvere. Bianca

54

Facciamo cantare il coro. Della carta stampata

64

«Il Fatto» e il Regime

77

L’informazione in altalena

89

Internet, una lama a doppio taglio

105

Una escort (ri)chiamata tv

114

Nel Paese del televoto

124

Al voto, al voto, su su, fino al Colle

141

È una «cosa» che non sta in piedi

156


E la chiamano «appartenenza»...

165

Il Golpe in atto e la Festa del Privilegio

175

Il «borghesismo» dal volto inumano

183

Il buco nero del Re Solicello

194

Viola, non solo un colore

208

La nuova stagione

218

Conclusioni. Gli «stradini» di Weimar

231

Lost

235


d o p o d i lu i i l d i lu v i o



Ai differenti che ancora resistono



Premessa Cinque anni dopo

Fine corsa, si scende. Siamo arrivati alla stazione di Weimar, Italia. Si sta fermando il treno superveloce, la Freccia Rossa o Azzurra secondo le politiche cromatiche circostanti o più esattamente la Freccia Rotta del Paese, dopo cinque anni di Alta Velocità verso il peggio, in un’accelerazione che «non fa prigionieri» come diceva un eponimo di questo precipizio, Cesare Previti, tanti anni fa... E invece soltanto cinque anni fa, precisamente nel giugno del 2005, scrissi per i tipi della Bur, Rizzoli, un rapido pamphlet intitolato Crescete & prostituitevi. Già il titolo era tutto un programma. Il sottotitolo era ancora più esplicativo: «In una Repubblica fondata sul denaro l’Italia di Berlusconi e di una sinistra in riparazione manda ai giovani un pessimo messaggio». Cinque anni sono pochi, la durata di una mia «legislatura» esistenziale intiera, e invece un semplice bagnetto, una doccia lustrale per la storia. Potrei quindi limitarmi a riproporre quel testo, solo modificato e aggiornato. Era un trattatello sullo stato complessivo della morale individuale e dell’etica collettiva durante «il governo più stabile e duraturo» della storia della Repubblica italiana, con a capo «il miglior presidente da 150 anni» come Berlusconi si sarebbe successivamente autodefinito, con approssimazione presumo per difetto.


6

Dopo di Lui il diluvio

Ma questi cinque anni sono anche tanti, tantissimi perché sono stati micidiali per una spinta ulteriore, consequenziale e tremenda del degrado italiano, sufficientemente documentato persino da un’informazione condizionatissima e divisa a metà, in una sorta di maggioritario truffaldino della notizia. O per Berlusconi o contro di lui. Non per caso leggendo quel titolo immagino non possiate fare a meno di evocare il precipizio della spaventosa crescita, sì, ma della corruzione, o le modalità correnti nella quotidianità nostrana, sì, ma della prostituzione in senso stretto e in senso lato. Volessi sorriderne perché, come sostiene il poeta, «l’allegria non è mai stupida» pur in questo contesto di macerie, potrei facilmente sostenere che la realtà, la classe dirigente e una certa parte montante della società italiana mi hanno preso perversamente e inopinatamente alla lettera. Sono un mandante, un «cattivo maestro», un inseminatore d’odio: «Crescete & prostituitevi» come esortazione da seguire, come linea accettata e accertata di comportamento un po’ dappertutto. La cronaca ne fa fede, e la pioggia di intercettazioni di questi anni picchia sui vetri delle nostre finestre, emotive e razionali. E si vorrebbe quindi murare le finestre e azzerare la pioggia... Così ho deciso di riprendere sinteticamente il cammino da dove lo avevo lasciato con quel libretto, che tra l’altro ha subìto diverse peripezie censorie cui brevemente magari più avanti accennerò. Vorrei ripercorrere la ricognizione morale ed etica, e quindi sociale, politica ed economica nelle sue varie sfaccettature allo specchio di questi cinque anni. Fino allo stadio istituzionale in cui versiamo grazie ai colpi di mano e di legge del Cavaliere Inarrestabile. Più o meno tema per tema prenderò lo spunto dal pamphlet di allora per considerarne gli sviluppi sempre sul piano che più mi interessa qui, ossia ciò che è accaduto e sta accadendo «dentro di noi», la devastazione della nostra cosiddetta «Costituzione materiale» ben prima di quella formale su


Premessa

7

cui si regge la Repubblica nata dalla Resistenza e dall’antifascismo: la devastazione del nostro modo di intendere la vita e le sue priorità, la devastazione morale, etica, quindi politica di noi cittadini/elettori. Una devastazione palese nella palude culturale in cui stiamo affondando ma descritta qui alla luce dei fatti di cui comunque bene o male in questo lustro siete stati messi al corrente: anche se solo parzialmente e quindi mai abbastanza, anche se senza essere minimamente forniti di uno strumento indispensabile: la lettura del mosaico composto dalle varie tessere che invece nessuno giustappone in una visione d’insieme. Che sarebbe però fondamentale per approfondire i fatti, farsene un’opinione il più possibile completa e corretta, avvicinarli l’uno all’altro perché appunto l’insieme, tessera dopo tessera, acquisti un significato comprensibile e un senso credibile. Senza associazioni di fatti e di idee non si va da nessuna parte, è come un’automobile di cui si conoscano solo il volante, o soltanto la frizione, o il freno, o le marce ecc. Guidereste o viaggereste su un’automobile così? Quindi sotto con una rapida incursione nell’Italia del 2010, senza inseguire la cronaca ma adoperandola, nella forma spero più accessibile che posso (in un capitolo rabbrividente sull’analfabetismo spiegherò anche perché, tenetelo a mente), nel tentativo di avvicinarmi almeno all’essenziale. Ecco, credo che questa possa essere una discreta bussola nella nebbia: il bisogno di essenziale, la necessità di farlo come «rimbalzare» dalla realtà impantanata nella palude (oggi aggiornata dalle cronache giudiziarie in «gelatina») di cui ormai parliamo e scriviamo da anni in tanti – ma evidentemente non abbastanza: per limiti di chi lo fa oppure per mancanza di ascolto o di comportamenti consequenziali un po’ di tutti, di chi non lo urla abbastanza chiaro o abbastanza forte, e dei destinatari troppo passivi di queste «grida».


8

Dopo di Lui il diluvio

E poi l’indispensabilità urgente di ricominciare a distinguere tra il necessario e il superfluo, l’orizzontale di superficie e il verticale della profondità in noi stessi. E ancora lo stimolo ad andare oltre gli schematismi che ci imprigionano la vita, sempre più rozzi, sempre più imbarbariti in una recessione culturale che forse la storia si incaricherà di evidenziare con un respiro più lungo, oltre il quotidiano derby su Berlusconi, il Cavaliere Inarrestabile (perché improcessabile) che ormai da una generazione ci ammorba l’esistenza che mascheriamo da vita. Siamo diventati nel frattempo «post-italiani», cioè un qualcosa privo di identità che si stenta a definire. Lo anticipavo con raccapriccio già allora, lo documento oggi quasi da «cronista», inteso più che come giornalista direi come «testimone cronologico», da persona nel tempo «cronista» con lo stesso etimo del «tempo» che è trascorso da allora, cinque anni che ci hanno (definitivamente?) sconvolto. Almeno, a parere di uno che appunto diacronicamente, «nel tempo», ha figli in senso proprio e ne tiene conto in senso metaforico ragionando sui giovani italiani, per quello che vede ogni giorno, per quello che non vede, per l’impatto che questa realtà (innegabile ma a quel che sembra distante dal sentire comune) di «crescita & prostituzione» ha o non ha su di noi. Tutto ciò nel buio solo apparentemente illuminato del fondo del barile in cui ci troviamo. Barile-Italia acquistato quasi del tutto da Berlusconi, nelle varie forme che analizzo qui e che mi suggeriscono un Dopo di Lui, il diluvio, per un Re Solicello insieme tragico e buffonesco preceduto dal Re Sole e seguito dai Robespierre d’occasione. Eppure questo «capolinea» al termine di una corsa acefala e distruttiva, con un count down forse alle ultime o penultime battute, può e deve essere anche un segnale di ripartenza. Cambiando treno, capostazione, amministratore delegato della metafora, ma forse non solo, magari anche


Premessa

9

alla lettera giacché le Ferrovie marcano vistosamente la «modernità» di un ceto viaggiante ad Alta Velocità e di una massa di pendolari praticamente a piedi. Una nuova classe dirigente sarebbe meglio per tutti. Ma dov’è? Se finisce per «autoconsunzione» quello che è diventato il Cavaliere Inarrestabile, nei due sensi, della giustizia e della dinamica verso il declino a sua volta apparentemente irrefrenabile, che cosa ci aspetta? Rutelli e Montezemolo, due a caso, correi di questo declino? Epperò spiragli di futuro a cercar bene per fortuna se ne intravedono, specie perché sembra impossibile grattare anche generazionalmente la gromma senza fare insieme qualcosa di leggermente più costruttivo. Questo pamphlet prova a illuminarne qualche barlume cogliendo eventuali segnali di soglia o di vigilia di un cambiamento, come si dice «un po’ per celia un po’ per non morire». Per mollare definitivamente forse c’è sempre tempo...


“Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra...” scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa, e dalla parafrasi dell’immortale GATTOPARDO, nella quale gli “sciacalli” sono coloro che ridono al telefono del terremoto dell’Aquila, parte Oliviero Beha per una ricognizione tra le macerie materiali e immateriali del Paese. A cinque anni dall’uscita del suo pamphlet CRESCETE & PROSTITUITEVI, preso alla lettera dalla classe dirigente di ieri e di oggi, l’autore si domanda che cosa succederà quando sarà finita la stagione di Berlusconi, se davvero “dopo di Lui” ci sarà “il diluvio”. Perché Berlusconi è il prototipo di quel “berlusconismo” che ha attecchito a destra e a sinistra. Per arrivare a concludere che non siamo più una “democrazia”, che tira aria da “Weimar” sia pure “all’amatriciana”, che ogni giorno che passa è peggio e il risveglio del Paese si allontana. Ma non è detto, ci sono albori all’orizzonte... Giornalista di carta stampata, radio e tv, Oliviero Beha è autore teatrale e poeta. Ha firmato trasmissioni di successo (Radio Zorro, Radio a colori, Va’ pensiero). Editorialista de “il Fatto Quotidiano”, oggi collabora con il Tg3 come commentatore e fa programmi per Rai3. Tra i suoi libri ricordiamo: INDAGINE SUL CALCIO (con A. Di Caro, Bur), ITALIOPOLI (Chiarelettere), IL PAZIENTE ITALIANO (Avagliano), I NUOVI MOSTRI (Chiarelettere) e il romanzo EROS TERMINAL (Garzanti). www.chiarelettere.it

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NEL PAESE DEL TELEVOTO

Oliviero Beha DOPO DI LUI IL DILUVIO

“GLI UOMINI SONO PORTATI A CREDERE SOPRATTUTTO QUELLO CHE CAPISCONO MENO.” Michel de Montaigne

“IL PUNTO FONDAMENTALE DELLA TEORIA DEMOCRATICA IN REALTÀ È QUELLO DI CERCARE DI IMPEDIRE IL FUNZIONAMENTO DELLA VERA DEMOCRAZIA. NON DEVE FUNZIONARE.” Noam Chomsky

DOPO DI LUI

IL DILUVIO WEIMAR, ITALIA

Oliviero Beha


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