Ligresti story

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principio attivo Inchieste e reportage


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© Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol S.p.A. Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.) Sede: Via Guerazzi, 9 Milano isbn

978-88-6190-547-4

www.chiarelettere.it BLOG / INTERVISTE / LIBRI IN USCITA

Prima edizione digitale: novembre 2013 Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.


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Gianni Dragoni

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Gianni Dragoni è inviato de «Il Sole 24 Ore» e cura per «IL», mensile del gruppo, la rubrica Poteri deboli. È ospite fisso della trasmissione di Michele Santoro Servizio pubblico. Ha già pubblicato per Chiarelettere La paga dei padroni (con Giorgio Meletti, 2008), sugli stipendi dei nostri manager, banchieri, imprenditori; Capitani coraggiosi (2011), sulle storie dei cosiddetti «patrioti» chiamati da Silvio Berlusconi nel 2008 per salvare Alitalia (Ligresti, Riva, Gavio, Benetton, Angelucci, Colaninno, Marcegaglia e ancora Passera con tanti altri), Banchieri & compari, sulle scorribande, i conflitti d’interesse, le speculazioni delle principali banche italiane a spese dei risparmiatori (2012). Per la collana ebook Original ha scritto Alta rapacità (2012), sui cavalieri Montezemolo e Della Valle che hanno inaugurato il treno ad Alta velocità «Italo» che collega Napoli a Milano, e Ilva (2012), sul padrone delle ferriere, Emilio Riva, che si è arricchito comprando la siderurgia di Stato e oggi tiene in scacco un’intera città, Taranto.


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Sommario

LIGRESTI STORY

Questo libro

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Retata di famiglia 4 – Le telefonate del ministro 5

Ligresti story Il condominio dei vip 7 – La rete degli amici: da Craxi a Berlusconi 8 – Polizze e debiti 9 – Dall’Etna alla Sai passando per Sindona 10 – Mattoni d’oro nella Milano da bere 11 – I giorni a San Vittore 12 – La mano pesante di Craxi 14 – L’onorabilità perduta 16 – Una firma in pigiama 17 – Mister 5 per cento 18 – Tra Geronzi e Palenzona 19 – Arriva Gheddafi 21 – Il manager figlio della Cancellieri 22 – Sul ponte di Impregilo 23 – Tengo famiglia 25 – Scambi di favori tra famiglie eccellenti 27 – Ligresti al capolinea 28 – Tocca all’Unipol 29 – Addii d’oro 31 – Da Toulon al Falcon 32

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l i g r e s t i s to ry


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Questo libro

Questo libro racconta chi sono i Ligresti, la storia, le loro relazioni tentacolari nella politica e nelle istituzioni, nelle banche e nella finanza, lo spolpamento delle società quotate in Borsa per trarne benefici personali, fino alla dissipazione del patrimonio a danno di decine di migliaia di piccoli azionisti. Un altro (cattivo) esempio del capitalismo relazionale di cui è «ricca» l’Italia, tra le maggiori cause del declino economico e sociale. Un piccolo azionista della Fondiaria-Sai, Alberto Mecozzi, fa questa domanda all’assemblea dei soci il 24 aprile 2012: «Cinque anni fa, nel 2007, il titolo Fondiaria-Sai valeva in Borsa 23 euro, oggi vale meno di un euro. Se è vero che il mercato ha sempre ragione, mi spiegate che cosa è successo?». Le vicende raccontate in questo libro aiutano a dare una risposta. Salvatore Ligresti, il patriarca, nato a Paternò (Catania) nel 1932, ha costruito la sua fortuna sugli immobili. Le origini della sua ricchezza rimangono misteriose, a metà degli anni Ottanta è considerato il padrone di Milano. Poi arrivano gli scandali, dalle aree d’oro del capoluogo lombardo a Tangentopoli, con una condanna definitiva a due anni e quattro mesi di reclusione per corruzione, insieme a Bettino Craxi. Ligresti risorge di nuovo. Dal sodalizio con Craxi nella «Milano da bere» don Salvatore passa a quello con Silvio Berlusconi, in perfetta continuità. Insieme agli immobili la fortuna di Ligresti si basa sui debiti. Tutte le volte che è in difficoltà viene salvato dalle banche, Mediobanca, Capitalia, Unicredit, generose nel foraggiare gli


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amici come Ligresti (oppure, per ricordare altre situazioni, Romain Zaleski o Luigi Zunino) quanto parche nel (non) concedere credito agli imprenditori comuni, che non hanno santi in paradiso. Ligresti è «troppo grande per fallire», nel crac trascinerebbe troppi potenti della finanza e della politica. Le acrobazie della famiglia siculo-milanese proseguono sempre più spericolate, fino all’epilogo, con la comparsa sulla scena dell’Unipol, la compagnia della finanza rossa. Retata di famiglia Nella retata di famiglia scattata il 17 luglio 2013, il costruttore e finanziere Salvatore Ligresti viene messo agli arresti domiciliari, le figlie Jonella e Giulia finiscono in carcere, il figlio Paolo è ricercato ma al riparo in Svizzera, dove appena tre settimane prima è riuscito a ottenere la cittadinanza. All’origine delle indagini c’è il dissesto della compagnia di assicurazioni Fondiaria-Sai. Insieme agli ex manager di fiducia Fausto Marchionni, Emanuele Erbetta e Antonio Talarico, i Ligresti sono accusati dalla Procura di Torino – e dal gip che ha firmato l’ordinanza degli arresti – di falso in bilancio e manipolazione del mercato. Avrebbero usato una società quotata in Borsa come la Fondiaria-Sai per fini personali. In particolare i Ligresti e gli ex manager sono accusati di aver nascosto un buco nelle riserve sinistri che vengono accantonate a garanzia dei risarcimenti degli incidenti stradali. Secondo la Procura le riserve erano sottostimate e nel bilancio 2010 sarebbe stato occultato un buco di «non meno di 538 milioni di euro». Un bilancio taroccato insomma, per favorire i titoli in Borsa e presentare i conti in condizioni migliori della realtà quando, nel 2011, la Fondiaria-Sai ha fatto un aumento di capitale di 450 milioni chiedendo soldi ai piccoli azionisti. Secondo la Procura sarebbe stata necessaria una ricapitalizzazione più elevata. Ma i Ligresti, pur avendo un tenore di vita lussuoso e attribuendosi stipendi favolosi per gli incarichi


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nelle società quotate in Borsa, non avevano i mezzi, o non volevano intaccare il patrimonio familiare. I piccoli azionisti della Fondiaria-Sai, circa 12.000 risparmiatori che hanno messo i soldi in quell’operazione, hanno subito un danno patrimoniale di almeno 300 milioni, dicono i magistrati. Le telefonate del ministro L’ultima scena nella storia della famiglia Ligresti sono le telefonate di Annamaria Cancellieri, ministro della Giustizia, alla compagna di Ligresti poche ore dopo gli arresti e, un mese dopo, ai vertici dell’amministrazione penitenziaria per aiutare Giulia Ligresti, in custodia cautelare. I fatti risalgono all’estate 2013. Annamaria Cancellieri, prefetto in pensione e già ministro dell’Interno nel governo Monti, è stata tra i candidati al Quirinale prima che Giorgio Napolitano venisse rieletto presidente della Repubblica, il 20 aprile 2013. Sei mesi dopo finisce nella bufera, accusata di aver fatto pressioni per la scarcerazione di Giulia Ligresti. La prima telefonata della Cancellieri è del 17 luglio 2013, il giorno stesso dell’arresto dei Ligresti. Il ministro della Giustizia telefona a Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti: «Guarda, qualsiasi cosa io possa fare, conta su di me. Non lo so cosa possa fare, però guarda son veramente dispiaciuta. Se tu vieni a Roma, proprio qualsiasi cosa adesso serva, non fate complimenti, guarda non è giusto, non è giusto». Quando queste intercettazioni vengono pubblicate la Cancellieri dirà che la sua famiglia è amica dei Ligresti da molti anni. Ai primi di agosto i responsabili del carcere di Vercelli segnalano «un peggioramento delle condizioni di salute» di Giulia Ligresti, che intanto ha chiesto di patteggiare la pena per le accuse di reati finanziari nell’inchiesta sul dissesto di FondiariaSai. La Procura dà parere favorevole, ma il gip Silvia Salvadori respinge la richiesta di scarcerazione. Il 17 agosto Gabriella


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Fragni telefona ad Antonino Ligresti, fratello di Salvatore, chiedendogli di contattare «quella nostra amica», la Cancellieri. Il ministro della Giustizia interviene il 19 agosto «sensibilizzando» i vicecapi dell’amministrazione penitenziaria (Dap), secondo quanto spiega lei stessa al procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi, che la interroga il 22 agosto. «Effettivamente ho ricevuto una telefonata da Antonino Ligresti che conosco da molti anni» sono le sue parole riportate nel verbale. «Ligresti mi ha rappresentato la preoccupazione per lo stato di salute della nipote Giulia Maria la quale soffre di anoressia e rifiuta il cibo. In relazione a tale argomento – dice la Cancellieri – ho sensibilizzato i due vicecapi di dipartimento del Dap, Francesco Cascini e Luigi Pagano, perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati.» La Cancellieri sostiene di aver fatto solo un intervento «umanitario» e nega di aver fatto pressioni per la scarcerazione di Giulia Ligresti, la quale ottiene gli arresti domiciliari il 28 agosto. Pochi giorni dopo viene finalizzato il patteggiamento della pena, Giulia Ligresti viene condannata a 2 anni e 8 mesi di reclusione per falso in bilancio e manipolazione del mercato, oltre a 20.000 euro di multa e alla confisca di quote immobiliari e polizze assicurative del valore, secondo la stampa, di alcuni milioni di euro. La condanna non la priva della libertà. Ai primi di novembre anche la sorella Jonella Ligresti, dal carcere, chiede di patteggiare una condanna a 3 anni e 4 mesi di reclusione. Sulla richiesta c’è il parere favorevole della Procura di Torino, la decisione finale spetta al giudice dell’udienza preliminare. L’inchiesta giudiziaria sullo scandalo FondiariaSai però non è finita: l’inizio del processo, nel quale il principale imputato è don Salvatore, è fissato per il 4 dicembre 2013 a Torino.


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