Š 2013 Chiarelettere editore srl
chiarelettere
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© Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol S.p.A. Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.) Sede: via Melzi d’Eril, 44 - Milano ISBN
978-88-6190-458-3
Prima edizione: maggio 2013 Pubblicato per la prima volta in allegato a «il Fatto Quotidiano» nel febbraio 2013
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Daniele Luttazzi
Lolito
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Daniele Luttazzi è nato a Pietroburgo nel 1961 da una famiglia dell’antica aristocrazia russa. Grazie alla glasnost’ poté trasferirsi in Italia e ne adottò la lingua, che adopera tuttora con la medesima disinvoltura del suo idioma natio. Dopo aver introdotto nella tv del Bel Paese, con un monologhetto di quindici minuti a Raiperunanotte, un’atmosfera di spontaneità divertente e controversa, in questo nuovo libro Luttazzi continua quella polemica combustibile liberando appieno la propria incantevole personalità, che un critico ha definito «l’equivalente umano del chewing gum che ti si appiccica sotto le suole».
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Sommario
Prefazione di Carlo R*ss*ll* IX lolito
Prima parte Capitolo 1 Capitolo 2 Capitolo 3 Capitolo 4 Capitolo 5 Capitolo 6 Capitolo 7 Capitolo 8 Capitolo 9 Capitolo 10 Capitolo 11 Capitolo 12 Capitolo 13 Capitolo 14 Capitolo 15 Capitolo 16 Capitolo 17
5 6 16 22 24 47 48 54 61 69 100 121 125 131 136 139 142
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Capitolo 18 Capitolo 19 Capitolo 20 Capitolo 21 Capitolo 22 Capitolo 23 Capitolo 24 Capitolo 25 Capitolo 26 Capitolo 27 Capitolo 28 Capitolo 29 Capitolo 30 Capitolo 31 Capitolo 32 Capitolo 33
148 156 159 172 176 180 190 194 199 202 225 232 242 244 246 257
Seconda parte Capitolo 1 Capitolo 2 Capitolo 3 Capitolo 4 Capitolo 5 Capitolo 6 Capitolo 7 Capitolo 8 Capitolo 9 Capitolo 10 Capitolo 11 Capitolo 12
261 279 291 302 311 314 315 317 323 328 329 336
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Capitolo 13 Capitolo 14 Capitolo 15 Capitolo 16 Capitolo 17 Capitolo 18 Capitolo 19 Capitolo 20 Capitolo 21 Capitolo 22 Capitolo 23 Capitolo 24 Capitolo 25 Capitolo 26 Capitolo 27 Capitolo 28 Capitolo 29 Capitolo 30 Capitolo 31 Capitolo 32 Capitolo 33 A proposito di un romanzo intitolato Lolito
341 344 370 372 384 386 396 406 412 426 431 438 441 447 451 456 475 480 489 490 529 530
Note 535
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Prefazione di Carlo R*ss*ll*
Lolito o Il piacere della conquista a pagamento: questo era il doppio titolo delle pagine indecenti ricevute dall’estensore di questa nota preliminare. «Lolito»,1 il loro autore, era morto in esilio a Malindi, di trombosi coronarica, il 26 gennaio 2018, a pochi giorni dalla ripresa del processo in cui era stato dichiarato contumace. Il suo avvocato, un mio buon amico, membro del foro di Padova, nel chiedermi di curare il brogliaccio basò la sua richiesta su una clausola nel testamento del suo cliente che gli dava facoltà di intervenire a propria discrezione in merito all’imprimatur. La decisione del legale, forse, era stata influenzata dal fatto che il sottoscritto aveva da poco licenziato un saggio storico (Donne che ha leccato in ingenti quantità, Mondadori 2018) in cui venivano discussi certi stati morbosi e certe perversioni. Il mio incarico si rivelò più semplice di quanto entrambi avessimo previsto. Benché il romanzo, un classico esempio di abilità dilettantesca, a prima vista non valesse l’attenzione del lettore adulto (era banale, banale, banale in modo pretenzioso, e maliziosamente fatuo), alcuni dettagli, giornalisticamente assai noti, ma spiritualmente troppo osceni per essere trattati in un libro2 che si rivolge a una Corte di giustizia, sussistevano nella palude del testo come pietre tombali, a segnalare persone o luoghi che il buon gusto imponeva di nascondere e la compassione di risparmiare. Per lo studioso di storia che c’è in ogni cronista, dunque, non potevano esserci dubbi: queste memorie sorprendenti, che in un certo senso erano da cestinare, andavano pubblicate nella loro integrità.
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Lolito
È vero, l’intera opera include, senza scrupoli, un profluvio di parole e di situazioni così sconce che neppure il gagliardo filisteo più rotto alle convenzioni moderne riuscirebbe a restarne indifferente; ma se, per accontentare i perbenisti, l’editore tentasse di diluire o di omettere scene che un certo tipo di mentalità definirebbe «afrodisiache» (vedasi a questo riguardo la sentenza monumentale emessa il 23 dicembre 2015 dal Tribunale di Milano su un altro libro notevolmente più sboccato, Labbra contro glande, con tredici illustrazioni e una carta topografica nel testo, Dalai 2014), si dovrebbe rinunciare del tutto alla pubblicazione di Lolito, in quanto queste scene, che potrebbero essere accusate, a torto, di una loro sensuale autonomia, sono invece le più strettamente funzionali allo sviluppo di una vicenda tragica che mira, senza tentennamenti, all’apoteosi morale.3 Non ho alcuna intenzione di glorificare «Lolito». Senza dubbio, egli è orribile, è abietto, è un fulgido esempio di lebbra morale; ma lo contraddistingue un misto di buffoneria e di ferocia che, nel suggerire un’infelicità suprema, contribuisce a rendercelo simpatico. Dà prova di una ponderosa fantasia burlesca mentre ostenta le proprie imperfezioni come un fantasma vendicativo che se ne va in giro per il castello con la sua testa sotto il braccio a spaventare i turisti; e molti dei suoi giudizi sui magistrati e sui giornalisti di questo paese sono decisamente pittoreschi. La franchezza spudorata che pulsa nella sua confessione non lo assolve comunque da peccati la cui scaltrezza è diabolica. È un anormale (grida di «no! no!» tra parentesi redattoriali: con quanta magia il suono del suo piffero sa evocare una tenerezza, una compassione per le ragazze che ci rende incantati dal libro mentre ne aborriamo l’autore!) e, come tutti i gaudenti, incorreggibile. Forse, se il nostro aberrante diarista si fosse rivolto per tempo a uno psicopatologo competente, non sarebbe accaduto alcun disastro, né a lui, né (questo però è da vedersi) al paese; ma in tal caso non ci sarebbe stato neppure il libro. Come caso clinico, Lolito diventerà, senza dubbio, un classico negli ambienti psichiatrici. Come opera d’arte, trascende
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gli aspetti penali,4 e chi si dedica alle lettere potrà attribuire una discreta importanza all’incredibile rigurgito intellettuale, all’esplosione creativa che si verificò nel cervello di questo ottuagenario strano, senza veri amici e un po’ ripugnante. Ancor più cospicuo del valore scientifico e letterario, però, è l’impatto etico che il libro, incolume, dovrà avere sul lettore serio, affinché da questo abominevole tentativo d’espiazione individuale derivi un magistero di carattere generale. La minorenne traviata, la madre tardona, l’ansimante maniaco, infatti, non sono soltanto personaggi vividi di una storia esecranda, ma funzioni narrative che, additando mali potenti, mettono in guardia contro tendenze pericolose. Educare una generazione migliore per edificare5 un mondo più elegante: questo il grande monito che sale dalle pagine del testo, questa la grande responsabilità che i tempi ci impongono, questa la grande sfida che ci attende. Tocca a noi. A ciascuno e a tutti. Carlo R*ss*ll* Capri 5 agosto 2018
Post scriptum A beneficio dei lettori all’antica che desiderano ficcanasare nei destini delle persone «reali», protagoniste della «vera» vicenda, aggiungo alcune notiziole che ho ricevuto dal signor «Mario Rossi» di «Milano», il quale preferisce tenere nascosta la sua identità onde evitare che «la lunga ombra di questa triste e sordida faccenda» raggiunga la comunità professionale cui è fiero di appartenere. «Nicole» non è più membro di un consiglio regionale. «Sabina» ha smesso di fare l’attrice. «Maria Stella» è stata ministro. «Emilio» è in pensione. «Noemi» si è rifatta labbra, naso e seno. «Ruby» ha partorito. «Spinelli» ha subìto un sequestro lampo. «Silvio» è stato condannato a quattro anni
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Lolito
per frode fiscale, con cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. «Veronica» riceve tre milioni di euro al mese. Quanto alle innumerevoli ville, dicono che un misterioso magnate russo presto acquisterà quella di Porto Rotondo per 4706 milioni di euro. I custodi delle altre affermano di non vedere più paparazzi ormai da anni.