“WORDS MOVE, MUSIC MOVES/ONLY IN TIME.” T. S. Eliot
Il Centro Studi Fabrizio De André è nato nel 2004 per iniziativa della Fondazione Fabrizio De André Onlus e della facoltà di Lettere dell’Università di Siena. Cura iniziative di ricerca e di divulgazione, organizza convegni, seminari di studio e sostiene iniziative editoriali sull’artista genovese e sulla canzone d’autore. www.chiarelettere.it I S B N 978-88-6190-037-0
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788861 900370
15,00 Progetto grafico: David Pearson www.davidpearsondesign.com
Centro Studi Fabrizio De André IL SUONO E L’INCHIOSTRO
Un viaggio nel ritmo dell’Italia contemporanea. Un libro per scoprire il dialogo tra poesia e canzone attraverso le parole di studiosi, giornalisti e artisti, che riflettono sui modi e le forme in cui le due arti si confrontano fra loro, ma anche con alcune forme contemporanee di spettacolo e di performance. Oltre a interventi di artisti come Teresa De Sio, Sergio Berardo, Aldo Nove, Samuele Bersani, Elisa Biagini, Lello Voce, Frankie Hi NRG Mc, Rosaria Lo Russo, Franco Loi, Enrico Ruggeri, Salvatore Niffoi, David Riondino e Roberto Vecchioni, il libro riproduce alcuni autografi di Fabrizio De André attraverso i quali è possibile ripercorrere i suoi processi creativi.
A CURA DEL
“NOI DAI CANTAUTORI ABBIAMO TRASLATO, COPIATO, ALLUSO, PARODIATO, TRADOTTO E, SOPRATTUTTO, CANTATO, PER DIRE IN PRIVATO, CON PAROLE RUBATE, COSE CHE A PENSARLE NON SONO MAI COSÌ CHIARE.” Marco Paolini
POESIA E CANZONE NELL’ITALIA CONTEMPORANEA
IL SUONO E L’INCHIOSTRO CANTAUTORI, SAGGISTI, POETI A CONFRONTO
Centro Studi Fabrizio De André A CURA DEL
CON UN CONTRIBUTO DI
Marco Paolini
Pamphlet, documenti, storie REVERSE
Autori e amici di
chiarelettere Michele Ainis, Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani, Gianni Barbacetto, Franz Baraggino, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti, Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Tito Boeri, Caterina Bonvicini, Beatrice Borromeo, Alessandra Bortolami, Giovanna Boursier, Carla Buzza, Olindo Canali, Davide Carlucci, Luigi Carrozzo, Andrea Casalegno, Carla Castellacci, Massimo Cirri, Fernando Coratelli, Pino Corrias, Gabriele D’Autilia, Andrea Di Caro, Franz Di Cioccio, Gianni Dragoni, Diego Fabricio, Giovanni Fasanella, Massimo Fini, Fondazione Fabrizio De André, Goffredo Fofi, Massimo Fubini, Milena Gabanelli, Vania Lucia Gaito, Pietro Garibaldi, Mario Gerevini, Gianluigi Gherzi, Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi, Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo, Guido Harari, Ferdinando Imposimato, Karenfilm, Giorgio Lauro, Stefano Lepri, Marco Lillo, Felice Lima, Giuseppe Lo Bianco, Saverio Lodato, Carmelo Lopapa, Vittorio Malagutti, Elia Mariano, Giorgio Meletti, Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Angelo Miotto, Letizia Moizzi, Giorgio Morbello, Alberto Nerazzini, Raffaele Oriani, Sandro Orlando, Pietro Palladino, David Pearson (graphic design), Maria Perosino, Renato Pezzini, Telmo Pievani, Paola Porciello (web editor), Marco Preve, Rosario Priore, Emanuela Provera, Sandro Provvisionato, Luca Rastello, Marco Revelli, Piero Ricca, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza, Marco Rovelli, Claudio Sabelli Fioretti, Andrea Salerno, Laura Salvai, Ferruccio Sansa, Evelina Santangelo, Michele Santoro, Roberto Saviano, Matteo Scanni, Roberto Scarpinato, Filippo Solibello, Riccardo Staglianò, Bruno Tinti, Marco Travaglio, Elena Valdini, Carlo Zanda.
“...rifiutavo questa etichetta di poeta che volevano per forza appiccicarmi addosso: cercavo soltanto di gettare un ponte tra la poesia e la canzone, e mi servivo della musica come un pittore si serve della tela.â€? Fabrizio De AndrĂŠ
© Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol S.p.A. Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.) Sede: Via Guerrazzi, 9 - Milano ISBN
978-88-6190-037-0
Prima edizione: gennaio 2009 www.chiarelettere.it BLOG / INTERVISTE / LIBRI IN USCITA
© Per i testi delle canzoni: Mi sono innamorato di te, Fuochi nella notte (di San Giovanni), Una rotonda sul mare, La topolino amaranto, Diavolo rosso, Madeleine, Questa sporca vita, Max, Hemingway, Alle prese con una verde milonga, Hesitation, Chissà, I giardini pensili hanno fatto il loro tempo Universal Music Publishing Ricordi Srl; Signorinella Gennarelli Casa Editrice, Abici Edizioni Musicali Srl, Bideri C.e.v.e.l. Spa; La Reina Felmay Srl. © Per i testi delle poesie: La casa dei doganieri Arnoldo Mondadori Editore; Città vecchia Giulio Einaudi editore.
A cura del Centro
Studi Fabrizio De AndrĂŠ
Il suono e l’inchiostro
chiarelettere
Sommario
Quelli di Genova, quello di Venezia e noialtri
ix
di Marco Paolini
il suono e l’inchiostro Premessa
3
Introduzione
5
di Gianni Guastella LA SCRITTURA NEL TEMPO. GENESI, RAPPORTI, TENDENZE
Canzone d’autore: lo stato dei lavori
17
di Enrico Deregibus
La Musa e sua cugina
28
di Umberto Fiori
Non sono più solo canzonette. Storia della canzone e storia sociale degli italiani (e dell’italiano)
38
di Massimo Arcangeli
Le radici culturali di Fabrizio De André
70
di Gianni Borgna
De André il progressivo
81
di Franco Fabbri
Il «mosaicista» De André. Sulla genesi e la composizione dei testi di un cantautore
104
di Marianna Marrucci
«Max, non si spiega.» Figure dell’opacità semantica in Paolo Conte 122 di Paolo Zublena
L’ARTE DEL SUONO. VERSI, RITMI, MELODIE
Il verso di canzone: una neometrica dal basso?
151
di Paolo Giovannetti
Diavolo rosso: l’immagine e l’epopea
160
di Stefano Colangelo
Musica per poesia in Paolo Conte. Una rilettura di Madeleine
171
di Stefano La Via
Sereni-Tenco: un confronto impossibile
214
di Stefano Dal Bianco
Situare lo stile nel suono di De André
221
di Errico Pavese
Nota
249
di Enrico de Angelis LIVE
L’uso dei dialetti nella canzone e nella letteratura
255
Tavola rotonda moderata da Enrico de Angelis, con Teresa De Sio, Franco Loi, Sergio Berardo e Salvatore Niffoi.
Scrivere fra canzone e letteratura
291
Tavola rotonda moderata da Teresa Marchesi e Francesco Stella, con Aldo Nove, Elisa Biagini, Samuele Bersani e Piero Cademartori.
Poesia, canzone e performance
319
Tavola rotonda moderata da David Riondino, con Enrico Ruggeri, Frankie Hi NRG Mc, Rosaria Lo Russo e Lello Voce.
Poesia e canzone d’autore nella scuola
359
Tavola rotonda moderata da Natascia Tonelli, con Roberto Vecchioni, Giuseppe Truini, Federica Ivaldi, Simone Giusti, Paolo Giovannetti e Umberto Fiori.
Indicazioni bibliografiche
390
Gli autori
395
Quelli di Genova, quello di Venezia e noialtri di Marco Paolini
Il cantautore in inglese non si chiama così, non so come lo chiamino i francesi, ma tradotto alla lettera dall’italiano non suona per niente, e forse chansonnier non è proprio giusto. Ho letto che l’inventore della parola italiana sarebbe un professore de angelico di Verona, uno che, per inciso, conosco di persona, mentre quelli di cui si parla in questo libro, i cantautori genovesi e gli altri di questo repertorio di successi non li ho incontrati né conosciuti, solo invidiati. Invidiati perché scrivere d’amore senza far ridere è un’impresa quasi impossibile e per cantarlo devi essere credibile. E loro lo sono, lo sono stati, e usando quelle canzoni io e altri siamo riusciti a esprimere qualcosa altrimenti inesprimibile. Noi dai cantautori abbiamo traslato, copiato, alluso, parodiato, tradotto e, soprattutto, cantato, per dire in privato, con parole rubate, cose che a pensarle non sono mai così chiare. Non sono un fan e non ho mai scelto un cantautore fra gli altri. Non ho mai sentito il bisogno di una foto con lui, perché di lui mi bastava il canto. Ogni tanto a teatro canto qualcosa, ma preferisco partire da un testo, a volte una poesia, e inventare la musica insieme ai miei compagni di avventure. Sono brevi incursioni alla periferia di quel territorio che in Italia chiamiamo «canzone d’autore», che ho fatto soprattutto con i Mercanti di Liquore che spesso, oltre alle loro, hanno suonato canzoni di
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Il suono e l’inchiostro
De André, avendo il merito di aver smesso di farlo quando il rischio di diventare una cover band si era fatto più forte. Secondo me copiare all’inizio non è un peccato, quando succede per sbaglio poi è anzi quasi inevitabile. Quando si forma un territorio nella musica con dei modelli, per tutti gli altri che vengono dopo è impossibile evitare il confronto con gli originali o presunti tali. Ho vissuto qualcosa di simile nel teatro. Qualcuno, non so chi sia l’inventore (ma non è quel professore di Verona), ha chiamato teatro di narrazione il mio lavoro, facendo di me un capostipite, e di quello che faccio, un genere. La cosa di per sé non è importante, io continuo a pensare al teatro e non al genere, sentendomi libero di provare strade, ma per altri più giovani di me, che si cimentano con l’arte del racconto non è facile, sono schiacciati dall’accusa di plagiare, di far come me, anche se io sono sicuro che insistendo quelli che valgono trovano, troveranno o hanno trovato strade che allargano il territorio della narrazione costringendo lo spettatore pigro o prevenuto ad accorgersi di loro. Quando ho iniziato a raccontare storie e personaggi il mio regista e amico Gabriele Vacis mi diceva: «Non fare Dario Fo, non corrugare le sopracciglia, non strabuzzare gli occhi, chiudi quella bocca quando resta aperta». C’era solo Dario Fo negli occhi e nelle orecchie della mia generazione. Oggi non è così, ma non è stato facile liberarsi di un padre putativo così ingombrante. Mi è capitato di cimentarmi con qualche canzone di De André sul palco. Giusto o sbagliato che sia, mentre provavo a farle, ho smesso di ascoltarle per non tentare di imitare l’interprete. Da un cant-autore, parola composta, secondo me occorre separare la seconda, che si può proficuamente usare, dalla prima che si può solo clonare, riprodurre o copiare. Non credo sia saggio per chi vuole provare a scrivere, cantare o fare teatro, ignorare il repertorio ormai abbastanza solido che questi autori con le loro musiche e testi hanno costruito in
Quelli di Genova, quello di Venezia e noialtri
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pochi anni; pochi in confronto a generi più tradizionali, ma non pochi per la storia recente del nostro Paese. Ma credo sia deleterio assecondare la nostalgia, l’effetto Graceland che replica cloni di artisti, di band di interpretazioni famose, al solo scopo di bucare nel modo più ovvio l’emozione: con la nostalgia. Le cover band mi sembrano come le vacanze sulle navi da crociera. Per me una canzone di De André o di Gaber o di Giovanna Marini sono due cose: un piacere privato del tutto legale e una pubblica sfida se decido di cimentarmi con loro sul palcoscenico. Serve una traduzione-tradimento non diversa da quella che si ha con un’opera letteraria, bisogna avere il coraggio di non farla uguale, tanto quella è impossibile da fare. La mia non è una teoria, non un pensiero legato all’esperienza di quelle incursioni in un territorio che non è il mio. Il resto che segue è un racconto di provincia, una cosa che ho immaginato così. Al cantautore stava cambiando la voce. All’inizio si poteva far finta di non accorgersi, finché stavamo tra noi non succedeva niente, ma alle manifestazioni era lui il miglior megafono degli studenti medi, gli slogan che detti da altri non funzionavano, detti da lui diventavano credibili, giusti, potenti e uno li ripeteva. Gli stava cambiando la voce. Quando cantava Avevamo vent’anni e oltre il ponte, ma il titolo forse è O ragazza dalle guance di pesca, nessuno di noi aveva ancora vent’anni e li volevamo subito. Quando lui cantava noi gli andavamo dietro, è incredibile quanto si sta bene ad andar dietro a uno che canta lì davanti a te, e canta bene. A Venezia di notte il canto arriva lontano. Il cantautore aveva facilità con le parole e siccome sapeva suonare, ma non come certi che imparano gli accordi, sapeva suonare e, quando ascoltava un disco, capiva subito come si suonava, e lo rifaceva solo con la chitarra ma quasi non te ne accorgevi. Anche noi sul diario abbiamo scritto versi, perché se uno è sfigato di solito diventa poeta e dura almeno finché non finisce la
XII
Il suono e l’inchiostro
sfiga. Ma il cantautore aveva quaderni di testi e spesso gli slogan li prendeva dalle sue canzoni, ma questo lo capivamo in pochi. Di canzoni di lotta e di dolori del mondo lui ha scritto volumi. Ma gli stava cambiando la voce, prima era profonda e poi, per un po’, gliene è venuta fuori una da donna, tutta in testa, con dei colpi e delle frustate che gli scappavano via quando apriva la bocca. Quella volta poi al corteo è successo un disastro, era orrendo sentirlo, poi gli han tolto il megafono e lui non l’ha presa bene. Per un periodo non si è fatto più vedere, sei mesi almeno, poi un giorno è tornato, aveva la chitarra e dei fogli. Ha cominciato a cantare roba in inglese. L’aveva studiato di nascosto, era solo da ascoltare, bello, ma avevamo voglia di cantare. Lo ha capito e ha fatto Avevamo vent’anni e oltre il ponte e l’ha fatta in un modo che nessuno potrà più farla così. La voce era strutturata in modo strano, che i vent’anni li sentivano tutti cantando anche se noi ne avevamo solo diciassette. C’erano toni nuovi, medio alti, che uscivano dalla schiena, dalla nuca, dai gomiti. La chitarra incollata al bacino, allo stomaco, la gamba piegata teneva su tutto, la pelle del collo vibrava e tutti abbiamo cominciato ad andargli dietro. Al finale, ripetuto una volta in più di quel che serve, ho avuto una specie di piacere così intenso da sentire pudore. Quella volta eravamo in pochi, era quasi estate, maggio credo, era tardi, faceva un po’ freddo ma avevamo sempre un bottiglione per resistere, eravamo appoggiati al muro del campo sportivo della Giudecca. Poi ha accennato a una melodia nuova, l’ha fatta a vuoto e poi ha cantato. Pausa. Ho cominciato a vergognarmi per lui, una vergogna così intensa che volevo scappare. Era una canzone d’amore, sua, il titolo era Norma ti ricordi. Norma era una che piaceva anche a me, ma la canzone era ridicola. Quando ha finito c’è stato un silenzio... lui ha capito e non l’ha presa bene. Dopo un po’ di anni ho risentito la canzone, mi pareva bella, oggi penso sia bellissima. Il testo era lo stesso, ha solo cambiato il nome, non più Norma, ma Nina, ed era in dialetto. A mente mia è l’unico tentativo efficace fatto in Adriatico per contrastare la supremazia dei can-
Quelli di Genova, quello di Venezia e noialtri
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tautori liguri in campo amoroso, ma ammetto di non saperne molto, comunque preferisco scrivere un monologo di tre ore sull’acqua e sul cemento, che una canzone di tre minuti sull’amore. Quelli di Genova che scrivono canzoni e poi le cantano così... esagerano, bastava meno, bastava meno, non occorreva stravincere così.
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Un viaggio nel ritmo dell’Italia contemporanea. Un libro per scoprire il dialogo tra poesia e canzone attraverso le parole di studiosi, giornalisti e artisti, che riflettono sui modi e le forme in cui le due arti si confrontano fra loro, ma anche con alcune forme contemporanee di spettacolo e di performance. Oltre a interventi di artisti come Teresa De Sio, Sergio Berardo, Aldo Nove, Samuele Bersani, Elisa Biagini, Lello Voce, Frankie Hi NRG Mc, Rosaria Lo Russo, Franco Loi, Enrico Ruggeri, Salvatore Niffoi, David Riondino e Roberto Vecchioni, il libro riproduce alcuni autografi di Fabrizio De André attraverso i quali è possibile ripercorrere i suoi processi creativi.
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POESIA E CANZONE NELL’ITALIA CONTEMPORANEA
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Marco Paolini