Fiabe, favole e altri racconti di Savina Trapani

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SAVINA TRAPANI

Fiabe, Favole e altri racconti

ISBN eBook 978-88-6660-009-1


Copyright © 2011 CIESSE Edizioni Design di copertina © 2011 CIESSE Edizioni Disegni fiabe da 1 a 7 © Monica Candrilli Fiabe, Favole e altri racconti di Savina Trapani Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per la pubblicazione e/o l’utilizzo della presente opera o di parte di essa, in un contesto che non sia la sola lettura privata, devono essere inviate a: CIESSE Edizioni Servizi editoriali Via Conselvana 151/E 35020 Maserà di Padova (PD) Telefono 049 7897910 | Fax 049 2108830 E-Mail redazione@ciessedizioni.it | P.E.C. infocert@pec.ciessedizioni.it ISBN eBook 978-88-6660-009-1 Collana RAINBOW http://www.ciessedizioni.it


Alla mia mamma, filatrice di sogni e tessitrice di forza e determinazione.


BIOGRAFIA DELL’AUTRICEE SAVINA TRAPANI è nata a Catania il 24.08.1970. Nel 1989 ottiene la Maturità Classica, presso l’Istituto “Sacro Cuore di Gesù” a Catania e nel 1998 il Diploma di Specializzazione in Giornalismo presso l’Istituto “Superiore di Giornalismo” ad Acireale con il massimo dei voti: 110 con lode. Collabora con numerose riviste e periodici come giornalista e scrive poesie, raccolte di fiabe e libri fantasy. Una scrittrice matura e completa, i suoi testi sono sempre colmi di una genuinità considerevole. BIBLIOGRAFIA 1997 racconto per ragazzi: “Accadde in India”, Joppolo Editore 2003 nell’antologia “Le più belle poesie del premio letterario Olympia Città di Montegrotto Terme 2003” AA.VV., collana “Le schegge d’oro”, la poesia “Quel lungo viale dagli alti cipressi” 2003 nell’Antologia del premio letterario “Il Club dei Poeti 2003” AA.VV., collana “Le schegge d’oro”, la poesia “La sassifraga”, edizioni Montedit


2005 Presso il catalogo annuale dell’Associazione Accademica Catanese “Eliodoro” di Arte, Lettere e Scienze, pubblica la poesie “Ceneri di castagne” per la XXIX Rassegna Nazionale D’Arte 2006 raccolta di fiabe “La Regina dei ghiacci incantati e altre fiabe”, Casa Editrice La Prova D’Autore 2010 con CIESSE Edizioni ha pubblicato “Il racconto dei boschi” (fantasy) e “Il giardino fatato e altre fiabe” 2011 con la Casa Editrice Edizioni R.E.I. ha pubblicato il racconto, in formato eBook, “L’evocatore di ideogrammi e i frutti dell’immortalità”


1. L’inverno che non voleva finire mai

Mastro Fano consegna all’Inverno il medaglione ritrovato Moltissimi anni or sono, in un’epoca ormai immemorabile, esistevano tre villaggi non molto distanti l’uno dall’altro: uno si chiamava Fossacque l’altro Fossombroso e l’ultimo Fossolevante, ma per quanto fossero vicini, in ognuno di essi le abitudini, così come gli stili di


vita, erano ben diversi e gli abitanti un po’ schivi a interagire gli uni con gli altri. I tre villaggi conservavano però un’abitudine comune: tenevano un registro degli eventi, all’interno del quale venivano narrati gli avvenimenti più significativi, quelli meritevoli di essere tramandati. Uno di questi eventi merita proprio di essere raccontato, poiché modificò drasticamente i rapporti fra i tre villaggi. Dovete sapere, infatti, che Fossacque si trovava in prossimità di fiumi e corsi d’acqua; era un villaggio ridente e attorniato da estesi spazi verdi, con giardini, boschetti e radure. La gente che vi abitava era semplice, gioviale e dedita alla pesca; tant’è che il principale mezzo di sussistenza era proprio il pesce di fiume o di laghetto. Inoltre, i fossacquini erano eccellenti nuotatori. Fossombroso, invece si trovava in collina, un po’ più sopra di Fossacque e la gente non era particolarmente gioviale, i suoi abitanti si mostravano immusoniti, diffidenti e per lo più erano dediti al pascolo; la zona era poco ridente e spesso, per gran parte del giorno, il sole non vi faceva capolino. I fossombrosini erano dei velocissimi corridori.


Fossolevante invece si trovava in montagna, un po’ più in alto di Fossombroso, la gente era sempre con la testa fra le nuvole, sbadata, di loro si diceva che fossero dei pigroni e vivevano essenzialmente di cacciagione; ma erano dei grandi sognatori e si raccontava che i fossolevantini riuscivano a vedere ben più in là rispetto agli altri, in quanto possedevano una vista acutissima. Tutto sommato erano dei villaggi tranquilli, che interagivano fra loro solo negli scambi commerciali; per il resto, difficilmente stringevano amicizie durature ma questo era dovuto alla diversità dei loro modi di condurre l’esistenza. A ciò bisogna aggiungere che gli abitanti di tutti e tre i villaggi godevano di una straordinaria longevità. Un’altra caratteristica comune era che ai piedi di ciascun villaggio, vi era un fossato che durante i periodi di copiosa pioggia, tendeva a ingrossarsi, con il pericolo di allagare le zone circostanti; e neanche a specificarlo, era proprio la presenza dei fossati a dare il nome ai tre villaggi. La vita sarebbe andata avanti così, se non si fosse verificato qualcosa di veramente strano, un evento insolito che scombussolò non solo le


loro abitudini, ma anche il corso delle loro esistenze. Accadde infatti che su Fossombroso l’inverno, una volta giunto, non volle più andar via, protraendosi sul villaggio oltre il periodo stabilito, senza che gli abitanti fossero in grado di comprenderne la motivazione. Il passo che collegava Fossacque con Fossombroso e Fossolevante venne invaso e bloccato dai ghiacci invernali, mentre le altre stagioni faticavano ad alternarsi sugli altri due villaggi, condizionate com’erano dalla perenne presenza dell’inverno su Fossombroso. E per quanto i tre villaggi avessero climi essenzialmente diversi, le stagioni fino ad allora si erano susseguite ed alternate con regolarità, senza mostrare particolari stravaganze. Questo problema non fu di facile soluzione, al punto che si protrasse per anni, non contribuendo affatto al buon umore dei fossombrosini che furenti per quanto accadeva, cominciarono ad accusare i fossacquini e i fossolevantini, ritenendoli responsabili. Un giorno la Massima Autorità di Fossombroso riunì i suoi fossombrosini dicendo: “Cari compaesani, la situazione è difficile poiché qualcuno, ma può anche darsi qualcosa, ci ha rubato le stagioni, lasciandoci solo l’inverno. Tutto ciò è terribilmente grave in quanto non


riusciamo più a far nulla, addirittura neppure le greggi possiamo portare al pascolo. Abbiamo bisogno di aiuto.” Tutti i presenti si guardarono perplessi. Chi avrebbe potuto aiutarli? E come visto che erano completamente isolati a causa delle intemperie invernali, che su di loro si erano abbattute senza concedere alcuna tregua. Il vento soffiava con furente violenza, la neve e il ghiaccio coprivano tutto e la pioggia scrosciava sui tetti a più non posso. “A chi ci possiamo rivolgere?” Cominciarono a interrogarsi fra loro i Fossombrosini. “Chi ci aiuterà?” Si domandavano i presenti. Nessuno sembrava saper rispondere alle domande che di volta in volta si ponevano, fino a che, dal fondo della sala in cui si erano riuniti i fossombrosini, non si levò una voce calma e pacata: “Io penso di sapere cosa sia successo.” Disse Mastro Tac, il calzolaio del villaggio, il quale, pur essendo una persona umile, era tenuto in gran conto, poiché, nella sua semplicità, era sempre stato capace di mostrare idee assennate e, all’occorrenza, brillanti. “Cosa ne puoi sapere tu, Mastro Tac?” Chiese uno dei presenti.


“Sei il solo che può ancora lavorare, dato che la tua opera si svolge al chiuso.” Fece coro un altro. Gli ombrosi fossombrosini cominciavano a scaldarsi, così, quando stavano per litigare, la Massima Autorità disse: “Ascoltiamo cosa ha da dire Mastro Tac, che riesce sempre a dare validi consigli… Buoni!” Cominciò a urlare per farsi ascoltare. “Sentiamo cos’ha da dirci.” “È vero che siamo in una situazione grave ma nella sua tragicità, in effetti, è meno grave di quel che può sembrare. Dovete sapere che alla mia veneranda età di quasi 122 anni, non mi è sfuggito il fatto che l’inverno già un’altra volta si è dilungato su Fossombroso.” “Quando, Mastro Tac? Quando è successo? Il registro degli eventi non riporta nulla sul fatto e personalmente non ricordo niente del genere.” Affermò la Massima Autorità. “Si, quando?” Fecero eco i presenti. “Non tutti possono ricordare poiché questa storia mi veniva raccontata, in gioventù, da mio nonno… ed è passato davvero molto tempo. Mio nonno mi disse che a un certo punto, mentre i fossacquini si crogiolavano al sole e i fossolevantini si godevano il tiepido venticello, su Fossombroso l’inverno giunse e non se ne andò più. Così i fossombrosini cominciarono a pen-


sare che gli abitanti del villaggio soprastante il nostro e di quello sottostante avessero rubato la bella stagione. Ma altre motivazioni stavano alla base del fatto alquanto strano: si venne a sapere, infatti, che l’inverno aveva litigato con le altre stagioni e trovandosi a passare da Fossombroso, decise di fermarvisi stabilmente solo per far dispetto alle altre.” Nella sala si creò un gran vociferare e tutti erano sbigottiti: come era possibile? Com’era potuto accadere? “Zitti, state zitti!” Iniziò a gridare la Massima Autorità. “Silenzio, vi prego, ascoltiamo la fine del racconto di Mastro Tac e poi trarremo le conclusioni. Prego, Mastro Tac, continui.” “A quel tempo i villaggi di Fossacque, Fossolevante e Fossombroso erano molto più uniti di quanto non lo siano oggi, ma l’avvenimento ebbe un gran peso e condizionò i rapporti futuri. Fossombroso, credendo i fossacquini e i fossolevantini colpevoli di aver rubato la bella stagione cominciò a lanciare accuse ingiuste fino a quando non si scoprì la verità.” “Sì.” Disse la Massima Autorità. “Ma in che modo si capì che l’inverno aveva litigato con le altre stagioni?” “Questo è un problema… ”, rispose Mastro Tac, “poiché non ne ho la più pallida idea. Mio


nonno, giunti a un certo punto della storia, non riusciva a ricordarne la fine.” “A posto.” Disse la Massima Autorità. “Siamo di nuovo al punto di partenza.” Mastro Tac aggiunse: “Probabilmente però, qualcuno dei fossacquini o dei fossolevantini ricorda come fecero i nostri antenati a risolvere l’enigma. Basterà inviare un messaggero ai villaggi vicini, per riuscire a trovare chi, come me ricorda. Sfruttando la velocità nel correre che ci contraddistingue costui riuscirà a raggiungere i villaggi e troverà qualcuno che rammenti questa storia. Non penso di essere il solo.” In effetti, tutti cominciarono a riflettere e subito apparve chiaro come non vi era nessuno, almeno a Fossombroso, che conoscesse o fosse in grado di ricordare questa bizzarra storia dell’inverno che aveva litigato con le altre stagioni. L’accaduto, inoltre risaliva a troppo tempo prima e a ciò bisogna aggiungere che la longevità di cui godevano gli abitanti rendeva l’evento ancor più remoto. “Va bene.” Disse la Massima Autorità. “Faremo come dice Mastro Tac, invieremo un messo ai vicini villaggi, nella speranza di trovare chi ancora ricordi come un tempo si poté risolvere un evento tanto inusuale.”


Nel frattempo, a Fossacque venne convocata un’assemblea, per valutare i problemi che involontariamente i fossombrosini stavano causando al villaggio sottostante; infatti, le continue piogge dovute al perenne inverno che imperversava su Fossombroso, stavano riversando su Fossacque un’eccessiva quantità d’acqua, con il conseguente pericolo di far tracimare il fosso sottostante. “Fossombroso sta diventando quasi una calamità naturale, possiamo dire.” Cominciò a parlare il primo cittadino di Fossacque. “Rischiamo di finire allagati, con tutta quell’acqua che scende dalla collina. Perché diavolo hanno deciso di avere l’inverno per tutto l’anno. Da sempre mostrano un comportamento alquanto inconsueto… ma questo è troppo! Come avranno fatto? Ci hanno privati di una stagione. Bisogna provvedere.” Una voce proveniente dalla folla che si accalcava per ascoltare disse: “Allora inviamo qualcuno a chiedere spiegazioni. È vero che hanno un carattere particolare, ma qualcosa dovranno pur dirci. Si pone poi un ulteriore problema, come se ne avessimo pochi: non si vede nessuno giungere dal villaggio, perché tutto quel ghiaccio ha chiuso il passo.”


Così, anche i fossacquini cominciarono a valutare i vari problemi, che rischiavano di diventare tragedie se il fossato si fosse eccessivamente riempito d’acqua. E a Fossolevante le cose non andavano meglio; infatti, ci si lamentava dell’aria che aveva cominciato a rinfrescarsi in piena estate a causa del vento freddo proveniente da Fossombroso e del passo ghiacciato che non permetteva di effettuare alcuno spostamento. “Cosa possiamo fare? Tutto ciò sta diventando un problema serio, siamo rimasti isolati dalla gente bassa.1 L’inverno sembra non voler abbandonare i fossombrosini; dobbiamo necessariamente inviare qualcuno che si faccia dare delle valide spiegazioni e possibilmente anche delle soluzioni per superare l’inconveniente.” Disse l’uomo più in vista di Fossolevante. Ma gli abitanti dei tre villaggi, così come la maggior parte della gente comune, non potevano sapere che la stagione fredda non giungeva mai da sola. In qualunque posto andasse infatti, l’inverno era sempre seguito dal Custode delle Stagioni, il quale controllava il regolare svolgersi e susseguirsi delle stagioni più forti. Era, cioè, colui che costantemente seguiva l’inverno e l’estate; invece l’autunno e la primaLa “gente bassa” erano gli abitanti che vivevano nella parte bassa del villaggio, al di sotto di Fossolevante. 1


vera, essendo più miti, difficilmente andavano fuori di testa e per questo non avevano necessità di un custode. Così, mentre i tre villaggi si organizzavano, ognuno impegnato nel tentativo di trovare valide soluzioni, a Fossombroso si fece strada fra i ghiacci una figura un po’ singolare e misteriosa, mossa dal desiderio d’incontrare la Massima Autorità, per poter con ella conferire: “Chi siete e cosa volete? Questo non è un buon momento per ricevere.” Disse la Massima Autorità, rivolgendosi allo sconosciuto. L’ometto che si presentò all’Autorità era piuttosto basso, non superava il metro d’altezza; aveva grandi piedi scalzi, che erano in contrasto con la figura esile e minuta; una folta e lunga barba scendeva dal mento, conferendogli un aspetto serioso e degli occhialini tondi tondi poggiavano sulla punta del suo naso. “Io, caro signore sono il Custode delle Stagioni e sono giunto fin qui per avere delle spiegazioni. Infatti, potrei sapere perché avete deciso di trattenere l’inverno?” Chiese con fare nervoso. “Cosa abbiamo fatto?” Cominciò a gridare la Massima Autorità. “Non dica sciocchezze! Voi piuttosto, visto che siete l’esperto, cosa ci potete dire? Noi siamo disperati, l’inverno non ci ha più lasciati.”


“Come? Non siete stati voi a confinare quassù l’inverno?” Domandò esterrefatto il custode, con sguardo incuriosito e perplesso. Cosa era potuto accadere? Non si era mai verificato un fatto simile almeno che lui ricordasse; la stagione fredda non aveva mai disobbedito agli ordini ricevuti, né tanto meno era stato così a lungo senza dare notizie. Infatti, l’inverno comunicava con il Custode delle Stagioni utilizzando un medaglione che portava sempre al collo, ma da più di un anno non dava notizie di sé. Il Custode delle Stagioni era arrivato a Fossombroso seguendo le dicerie di coloro che raccontavano di un paesino dove l’inverno sostava permanentemente. Mentre i presenti si disperavano e la Massima Autorità gridava contro il mondo intero (perché, se neanche il Custode delle Stagioni sapeva cosa fare figuriamoci lui, semplice garante dell’ordine), tornarono i messaggeri inviati a Fossacque e Fossolevante nel tentativo di reperire notizie su come in un passato oramai troppo remoto, si era riusciti a mandare via l’inverno quando, giunto a Fossombroso, non se ne voleva più andare. Ma i messaggeri non portarono buone notizie poiché né a Fossacque né a Fossolevante la gente aveva conservato il ricordo di questo in-


solito episodio; per di più, riferirono che i fossacquini e i fossolevantini erano infuriati in quanto, il protrarsi dell’inverno, stava creando loro gravi problemi, se pur di riflesso. “Certo, mi sembra giusto.” Cominciò a urlare la Massima Autorità. “Noi ci disperiamo per l’inconveniente e loro, invece di venire ad aiutarci, che fanno? Si lamentano per i danni che stanno subendo. Certo, certo!” A un tratto il Custode delle Stagioni trasalì dallo spavento per ciò che ricordò e solo dopo essersi ripreso rese partecipi i presenti, dicendo: “È vero, avete ragione un tempo l’inverno si protrasse più del dovuto a Fossombroso. Ora ricordo, allora ero tanto giovane e avevo assunto l’incarico da poco. Avevo completamente dimenticato l’episodio.” “Oh, finalmente. Allora cosa dobbiamo fare?” Domandò la Massima Autorità, rischiarandosi in volto per la bella notizia. “Cosa ci suggerisce?” “Sarà un po’ complicato, ma nella sua complessità è molto più semplice di quel che possiate immaginare. Ho bisogno d’incontrare il padre dell’ultimo nato qui al villaggio, il quale dovrà fare ciò che io gli dirò.” “Che sciocchezze sono queste? Perché il padre dell’ultimo nato? Posso farlo benissimo


anch’io. Mi offro volontario.” Disse la Massima Autorità. “No, voi non potete far nulla. Le istruzioni sul manuale d’intervento sono chiarissime e specificano che solo il padre dell’ultimo nato può conferire con le stagioni.” Sostenne deciso, il Custode. Allora, venne indetta un’assemblea straordinaria durante la quale alla presenza degli abitanti del villaggio di Fossombroso, fu spiegato dal Custode delle Stagioni, al padre dell’ultimo nato, cosa avrebbe dovuto fare. Sul registro degli eventi è riportato che nel periodo in cui avvennero questi accadimenti, il padre dell’ultimo nato fosse Mastro Fano, un modesto pastore dotato di un’intelligenza acuta, la cui migliore qualità era il saper ascoltare più di quanto non facessero gli altri. “Quindi, silenzio, diamo la parola all’esperto, ossia al Custode delle Stagioni, che informerà Mastro Fano su cosa fare. Silenzio, silenzio! Ordine! Prego, dica.” Ordinò la Massima Autorità. “Quindi lei è il padre dell’ultimo nato?” Chiese il custode. “Sì, di una femminuccia.” Rispose con soddisfazione Mastro Fano. “Non ha importanza cosa sia, l’importante che sia l’ultimo, nel suo caso l’ultima. Allora,


mi ascolti con attenzione perché non amo ripetermi; lei dovrà salire in cima alla montagna, dove è abbarbicato Fossolevante dovrà oltrepassarlo, sino ad arrivare alla bocca centrale all’interno della quale troverà il Lago di Passo Inferiore. Mi segue? A questo punto si siederà e attenderà l’arrivo delle stagioni, le quali si riuniscono tutte le notti al lago più vicino al luogo in cui imperversa l’inverno e nel vostro caso è proprio quello che le ho indicato. Si riuniscono per conferire sui risultati della giornata, lo fanno sempre. A questo punto cercherà di farsi dare la parola, ma stia attento perché l’estate è prepotente, difficilmente le permetterà di parlare. Ma con qualche lusinga, forse… Quando la lasceranno parlare si rivolgerà direttamente all’inverno e cercherà di ragionare con lui, facendosi dare valide spiegazioni sul suo comportamento. Non si lasci trascinare dalle chiacchiere delle altre stagioni, altrimenti la svieranno, starà a lei trovare una soluzione poiché, sicuramente non le concederanno una seconda possibilità, non le permetteranno di ritornare lassù… Sapete sono tutte un po’ bizzarre.” “Coraggio, hai una grande responsabilità, Mastro Fano, non ci deludere. Torna con risul-


tati validi e liberaci dal problema.” Sentenziò la Massima Autorità. Mastro Fano, dopo aver baciato la figlioletta e abbracciato la moglie con il peso della responsabilità sulle spalle, s’incamminò verso la cima di Fossolevante per raggiungere il Lago di Passo Inferiore e in effetti, con non poche difficoltà, solamente a notte fonda, vi arrivò. Non fu costretto a sedersi, come gli aveva consigliato il custode in attesa delle stagioni, perché tutte e quattro erano già presenti, che confabulavano ad alta voce agitandosi un po’ troppo. Il lago era illuminato dalla luna piena, mentre la volta celeste era tempestata di stelle in una tranquilla notte in cui padroneggiava l’autunno che da poco, era giunto a Fossolevante. Il povero Mastro Fano era impaurito, si sentiva piccino piccino, mentre dal basso osservava e ammirava l’imponenza e la maestosità delle stagioni. La primavera era molto carina, indossava una lunga toga rosata e drappeggiata che metteva in risalto un corpo esile e affusolato; i capelli, lunghissimi e biondi, erano trattenuti sul capo da una coroncina di fiorellini; l’estate faceva da padrona, era bellissima, tutta di rosso vestita, con i lunghi capelli bruni, sciolti e le messi che


le incorniciavano il volto; l’autunno era un po’ cupo, dall’aspetto giovanile, indossava pellami di pecora, aveva i capelli neri scompigliati da un venticello che sempre gli agitava la folta chioma. Ma un inverno dall’aspetto disperato stava seduto al centro del lago, piangendo, con le mani che gli coprivano il volto e solo ogni tanto alzava il capo per intervenire in una discussione concitata. Aveva i capelli bianchi come la neve e un cappotto di pelliccia, chiarissima e pesante che gli copriva il corpo. Ogni volta che una sua lacrima scivolava sulle terse acque del lago, questo gelava, facendo scintillare la superficie, lì dove la luna si specchiava. “È inutile che piangi ancora…”, diceva l’estate, “così facendo non risolverai certo il problema e con le tue lacrime ghiaccerai anche i fossati dei villaggi, senza, comunque porre fine a questo dilemma.” “Coraggio…”, intervenne la primavera, “continueremo a cercare, in qualche modo faremo.” A un certo punto, intervenne bruscamente l’autunno: “È tutto inutile abbiamo già cercato, non c’è, non si trova in nessun posto. Ma qui dobbiamo considerare un altro fatto: se fra due notti non risolviamo il problema, l’inverno rimarrà per sempre confinato a Fossombroso, modificando,


anche se involontariamente il nostro naturale corso… Sarà la fine per noi.” Mastro Fano non riusciva a trovare il momento opportuno per intervenire, parlavano troppo velocemente e l’estate non finiva mai di dire la sua; fra l’altro era la più indispettita delle quattro. Ma nel momento in cui le stagioni stavano riflettendo, silenziosamente, il povero pastore si fece coraggio e schiarendosi la voce con un colpetto di tosse disse: “Scusate se m’intrometto… ” L’estate fu la prima a girarsi di scatto per osservare chi si fosse intromesso fra loro e chiese furente per la collera: “E tu chi accidenti saresti? Come ti permetti a presentarti al nostro cospetto, senza alcun invito? E per giunta cercando di prendere la parola, in un momento tanto difficile.” “Vi prego, pietà. Non infuriatevi con me sono Mastro Fano, un messaggero del villaggio di Fossombroso. Mi ha mandato quassù il Custode delle Stagioni.” E l’inverno, a queste parole impallidì: “Ecco, lo sapevo, vedrete che punizione mi toccherà, è più di un anno che non mi metto in contatto con il Custode. Ma, senza il medaglione come potevo comunicare con lui?” Disse fra le lacrime l’inverno.


Intanto l’estate, l’autunno e la primavera avevano iniziato ad agitarsi un po’ troppo e nervosamente volavano, colleriche intorno al lago. Ma Mastro Fano, ricordandosi della promessa fatta al villaggio, cioè che avrebbe trovato una valida soluzione dopo un grosso sospiro disse: “Vi prego, spiegatemi; forse nel mio piccolo posso aiutarvi. Raccontatemi cos’è successo all’inverno. Perché è tanto infelice?” “Va bene…”, rispose l’autunno, “tanto, peggio di così non può andare. Dovete sapere, Mastro Fano, che l’inverno non si protrae a Fossombroso per capriccio; un anno fa perse il suo medaglione strumento con il quale può regolare l’intensità della propria opera e che per di più, dirige i suoi andamenti stagionali. Infatti, il medaglione gli indica i posti che deve raggiungere di volta in volta, quando si conclude il suo periodo. Inoltre il medaglione è l’unico mezzo che gli permette di comunicare con il Custode delle Stagioni. Questo medaglione lo posseggono solo l’estate e l’inverno, io e la primavera ci limitiamo a seguirli e ad alternarci ad essi. Purtroppo l’inverno non riesce più a trovare il medaglione, non ricorda dove può essergli caduto, con certezza sa solamente che stava sorvolando uno dei fossati, quando si rese conto di non averlo più con sé. Voi capirete, noi non possiamo immergerci per cercarlo, così


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