Non narra Monika Crha. Non racconta nemmeno. Parla, in modo fluido, naturale, realistico, coinvolgente, vero. E anche se non si conosce la sua voce, la si ode, mescolata a quella nostra interiore, mentre gli occhi scorrono le parole, catturati definitivamente dalla vicenda de “Lo sposo imperfetto”. È stato questo il mio primo pensiero quando finii di leggere il romanzo. Mi accadde qualcosa di inedito durante la lettura: sono rimasta stregata dalle parole di Marco, dalle sensazioni di Carla, dalla città avvolgente e descritta in modo vivo. Sentimento inedito, perché non mi era stato offerto il piacere di leggere in anteprima in qualità di lettrice, bensì con compiti precisi da assolvere. Invece di notare la virgola superflua, mi sedetti sulla panchina in pietra in Piazza Vittorio, a Torino, tra Marco e Carla.