IL NAUFRAGIO DELLA II E
LA GRANDE STORiA Di FRANCiSCO di Cristiano Piasente e Nicola Fattore Mattia Bortolotti
25 giugno 1899 Stavamo navigando verso un’isola, quando all’improvviso andammo a sbattere contro uno scoglio. La ciurma mise tutti gli oggetti in sacchi di lana. Ora sono seduto con il mio amico Mike su un pezzo di legno che galleggia.
Ciao, a domani, ora devo nuotare . Francisco
26 Giugno 1899 Ieri stavamo nuotando verso il sole, con gli oggetti nei sacchi di lana, fino a che trovammo rifugio sulla spiaggia; così ho smesso di scriverti ed ora vado avanti. Arrivammo sull’ isola dove usammo il machete per costruire una capanna di legno; poi Mike tagliò la legna e accese il fuoco. Io con l’arco andai a pesca e presi due bei tonni, li portai a riva e poi li cucinammo sul fuoco. Mike ed io ci avventurammo nella foresta, trovammo un altro machete, così ne avemmo uno a testa e cominciammo a tagliare la legna. Una volta abbattuti i tronchi facemmo una zattera che fosse il più resistente
possibile. Io presi tutte le noci di cocco necessarie prima della partenza. Francisco 27 Giugno 1899 Caro diario, costruito l’albero per la zattera, siamo quasi pronti per partire, ma aspettiamo ancora un giorno per lasciare l’isola, perché Mike ha un’infezione alla gamba. Per equipaggiare la zattera abbiamo preso i fiammiferi e svuotato il barile d’acqua in delle fiaschette, costruite con del materiale avanzato. Arrivata la sera, abbiamo acceso il fuoco per riscaldarci e dopo un po’ lo abbiamo spento e siamo andati a dormire. Francisco 28 giugno 1899
Arrivato il mattino abbiamo lasciato sull’isola tutti gli oggetti tranne: acqua nelle fiaschette, carne secca , arco, frecce e machete. Ci siamo messi in viaggio con la nostra zattera. 7 luglio 1899 Ci sono voluti 2 -3 giorni per raggiungere la terraferma. Il mio amico, avendo un’infezione, volle arrivare in Marocco perché lì poteva essere curato meglio ed io lo seguii. Un dottore della zona ci mandò in Norvegia con una nave, lì Mike fu medicato ed io tornai dalla mia famiglia. Francisco
L’AVVENTURA SULL’ISOLA
di Sabrina Tessaro, Sabrina Rippa e Karin Muraro
23 ottobre 1899 Caro diario, eravamo in rotta verso l’America. C’era una forte tempesta e le onde erano così violente da inondare la nave. Al comando c’era Sabrina, il capitano. La ciurma era composta da venti uomini, fra cui io e Karin. Il comandante aveva perso il controllo della nave ed essa si era schiantata contro uno scoglio. Avevamo circa un’ora per prendere degli oggetti. Abbiamo preso una corda che ci sarebbe stata utile per arrampicarci, un barile d’acqua per dissetarci,
una scatola di fiammiferi per accendere il fuoco. Ci siamo portati anche un pacco di carne secca per nutrirci, una bussola per orientarci, una torcia per vedere di notte ed un telone impermeabile per proteggerci. Ovviamente sapevamo che ci sarebbero stati utili pure una cassetta del pronto soccorso per curarci, un arco con frecce per cacciare e un cannocchiale per vedere in lontananza. Abbiamo lasciato la nave e siamo arrivati su un’isola deserta. Tutto l’equipaggio era morto a parte io, Karin e Sabrina. Appena arrivate sull’ isola abbiamo costruito una capanna per dormire. Poco dopo siamo andate ad esplorare: c’era un immenso deserto con delle oasi qua e là, dove si intravedevano degli alberi. Abbiamo preso due noci di cocco e della legna. Ritornate alla capanna abbiamo acceso il fuoco. Ci siamo riscaldate e poi ci siamo divisi le noci di cocco. Ci sentivamo molto stanche e quindi siamo andate a dormire.
24 ottobre 1899 Caro diario, Questa mattina Karin si è alzata per prima e ci ha svegliate. Per colazione c’era della carne secca e ci siamo accontentate. A stomaco pieno ci siamo incamminate nel deserto. Non potevamo però portare con noi tutti gli oggetti, quindi ci siamo equipaggiate solo di fiammiferi, cassetta del pronto soccorso, bussola, arco con le frecce e corda. C’era un caldo terribile e avevamo bisogno d’acqua. E’ apparsa all’improvviso, davanti ai nostri occhi, una grande oasi che ci ha permesso di dissetarci. Si udivano rumori paurosi, provenienti dagli alberi e
dalle alte rocce. Ad un tratto abbiamo visto arrivare delle scimmie e degli scimpanzé. Spaventate, ci siamo arrampicate con la corda, frettolosamente, sulle rocce, riuscendo a raggiungere il centro dell’oasi. Arrampicandosi Sabrina si è tagliata su di un spuntone ed io e Karin le abbiamo curato la ferita. Non sapevamo come tornare nel deserto e abbiamo iniziato a preoccuparci. La stanchezza però è sopraggiunta e ci siamo addormentate.
25 ottobre 1899 Caro diario, abbiamo sentito dei rumori e tutte e tre ci siamo alzate. Dall’oasi si scorgevano dei sassolini che il
giorno precedente non c’erano così abbiamo stabilito di seguirli fino ad arrivare al mare. Ormai molto stanche, abbiamo deciso di accendere un fuoco sulla spiaggia. Mentre stavamo riposando siamo state svegliate dal rumore di un piroscafo. Probabilmente avevano visto il fumo provocato dal fuoco. Sulla barca c’era un uomo che ci ha dato volentieri un passaggio per tornare a casa. Tornati a casa abbiamo scritto questo diario per far conoscere a tutti il “viaggio” sull’isola “deserta”.
L’iSOLA
di Manuel Gecele e Pietro dall’Agnol
8 dicembre 1899 Siamo naufragati su un’isola deserta, siamo in cinque uomini sopravvissuti al naufragio. Nella notte ci siamo imbattuti in uno scoglio, la cala delle polveri era stata danneggiata; la nave, a poco a poco, cominciava ad affondare, abbiamo perso metà dell’equipaggio. Siamo stati sbalzati in mare e abbiamo nuotato verso la spiaggia che desideravamo fosse vicina, con noi il mio fidato cane, Poldi.
Mi sono svegliato su una spiaggia bianca e soffice; ho guardato attorno e non ho visto i miei compari. Mi sono alzato per cercarli, arrancando sulla spiaggia. Ho visto una luce, un fuoco. I miei compagni si stavano scaldando con una vivida fiamma. I resti della Santa Maria 2° stavano sorgendo dal mare ed erano portate sulla spiaggia dalla corrente. Abbiamo montato la tenda, ci siamo avvolti nella coperta e ci siamo addormentati. 9 dicembre 1899 Siamo andati a esplorare i paraggi e abbiamo capito che ci troviamo su un’isola. Nel pomeriggio, io, Franz e Eddy siamo andati a caccia, sperando di trovare qualcosa da mettere sotto i denti. Qualche ora dopo sono riuscito a catturare un tacchino bello grasso, di almeno 15 chili. Lo abbiamo portato alla capanna, costruita da John nel frattempo. Fiorello si è preoccupato di cucinare il pennuto. Dopo aver mangiato, ci siamo riposati e abbiamo rinforzato la capanna. Nella notte Eddy e Fiore avevano convulsioni e sudavano come fontane, ho
messo un panno bagnato sulle loro fronti e li ho lasciati dormire.
11 dicembre 1899
Caro diario, Eddy e Fiorello non ce l’hanno fatta, siamo molto spaventati e da giorni non mangiamo; John ormai non desidera altro che la morte lo abbracci, come impedirglielo?! La penna sta per finire e non so per quanto potrò informarti.
13 dicembre 1899
Questa mattina Franz ed io siamo rimasti paralizzati; John si era impiccato nella notte. Non ce la facciamo più, siamo distrutti e senza parole, soli e affamati, avanti così resisteremo ancora 4-5 giorni. 16 dicembre 1899 Siamo poveri e indeboliti; attendiamo costantemente una nave, ci basterebbe anche una piroga. Tiriamo avanti mangiando topi e noci di cocco, non dureremo ancora tanto. 24 dicembre 1899 Oggi è la vigilia di Natale, e forse della nostra fine, attendiamo ancora una nave. Notizia INCREDIBILE, un piroscafo ci ha avvistati grazie ai fuochi che abbiamo acceso. 25 dicembre 1899 Sono sul piroscafo, il “capitano” si chiama Hauwart ed è diretto verso le indie, fortunatamente ci siamo potuti rifocillare delle merci che lui stesso ci ha offerto. Ti scriverò al più presto.
27 dicembre 1899 Siamo attraccati a New Delhi, siamo molto emozionati, però siamo ancora molto lontani sa casa. Il nostro salvatore ci ha regalato 1500$ in contanti per il ritorno a casa, con la promessa di restituirli. 3 gennaio 1900 Nuovo anno nuova vita, ma non per Franz: ha la febbre gialla e presto morirà . Adesso siamo in treno, a poche miglia dalla nostra cara Austria.
5 gennaio 1900 Franz mi ha lasciato. Sono ormai a casa da qualche ora. Farò erigere nel cimitero una stele in memoria dei miei compagni. Questa è l’ultima pagina, cambierò lavoro non voglio mai più vedere un’imbarcazione. Kosgrove
L’UOMO SPERDUTO
di Daniel Pacciolla e Alberto Marighetto
8 Dicembre 1899 Caro diario, Io e la ciurma siamo su un’isola in mezzo all’oceano Atlantico, lat. S.30°25’17” long. 011°10’55”. Abbiamo poche provviste, viveri per due giorni e un barile d’acqua per cinque. Alle prime luci del mattino ha iniziato a piovere ed è venuta giù una tempesta. Tutto ad un tratto il
mio equipaggio si è trovato sulla prua mentre io mi trovavo al timone. Al momento sbagliato il timone si è bloccato e noi siamo andati a sbattere contro gli scogli alti e per l’equipaggio sulla prua non c’è stato scampo. Mentre la nave affondava, piano piano, sono riuscito a vedere un’isola, ed ho fatto in tempo a prendere l’occorrente, a legarlo a una corda e a buttarlo in mare. Poiché sapevo nuotare mi sono buttato anch’io, ho preso la corda e ho nuotato fino all’isola. Appena raggiunta l’isola, ho cercato un posto dove accamparmi e l’ho trovato vicino ad un albero. Dall’occorrente ho preso la tenda e l’ho montata per la notte. Intanto con il machete mi sono procurato la legna e ho acceso il fuoco, nel pomeriggio è venuta giù un’altra tempesta ma più forte che è finita solo nel tardo pomeriggio. Nella sera sono andato a fare una passeggiata in giro per l’isola. Nel centro dell’isola ho trovato una buca profonda. Attaccato all’albero c’era un foglio con disegnato una mappa, così ho potuto scoprire dove mi trovavo. Ero su un’isola strana, che io non conoscevo, ero sull’isola di Guadalupa. Ho guardato più in
basso sulla mappa ed ho visto che c’era disegnata una stradina con in fondo un tesoro. La mappa portava dentro la buca, mi ci sono infilato ma dopo un po’ sono risalito perché non si vedeva niente. Ho rivisto la mappa ed ho capito che mi conduceva da un’altra parte. Ho costruito una chiatta e sono andato sull’altra isola, l’isola di Martinica. Oramai sono stanchissimo e quindi mi metto a dormire con la mia tenda sotto un albero. A domani.
9,Dicembre 1899 Caro diario, oggi ho esplorato un po’ l’isola. Mentre camminavo ho guardato dietro un cespuglio ed ho visto qualcosa, qualcosa di strano. Ho preso coraggio ed ho guardato, purtroppo lì dietro c’erano i corpi dei miei amici morti. Questa sera non so che fare mi sono accampato qui un'altra notte.
15, Dicembre 1899 Caro diario, la notte del nove Dicembre ho preso paura perché ho visto le ombre dei miei compagni morti sulla tenda, così sono andato fuori a vedere, ma niente. Oggi ho deciso di prendere la zattera e ritornare sull’isola di Guadalupa, sono qui sulla zattera prima mi stavi per finire in mare ma per fortuna sono riuscito a prenderti. Sull’isola, però non ho trovato più niente. Non avevo niente né da bere né da mangiare, le mie speranze ormai erano finite, ti nasconderò sull’isola e proverò a raggiungere qualche stato con la zattera. Sapendo solo che sono nell’oceano Atlantico.
Addio, Gianluca
LA MiA ROViNA
di Menguzzo Letizia e Moranduzzo Giacomo
22 o 23/08/1899 Caro diario, Ê successa una cosa incredibile! La Giulietta, il mio galeone, è affondata! Stavamo navigando tranquillamente. Il vento era a favore e anche la corrente. Ad un tratto la nave ha urtato uno scoglio, abbiamo cominciato a imbarcare acqua, i marinai hanno cominciato ad agitarsi. Io, grazie al corso di nuoto seguito a
Londra, sono rimasto calmo, forse è per questo che sono ancora vivo. A prima vista sono su un’isola deserta, per ora ho visto solo ampie spiagge, distese di sabbia tipo deserto,boschi e una montagna. A domani, forse. Enrico
23 o 24/08/1899 Caro diario, sono disperato! E’ come se il mondo mi volesse eliminare!
A quanto ne so, sono l’unico superstite della Giulietta. E’ da circa un giorno che sono su quest’isola, non so di preciso dove, l’ultima volta che ho guardato le coordinate mi trovavo nei pressi di Sant’Elena. Per fortuna ho avuto il tempo necessario per prendere alcuni oggetti che ritenevo fondamentali: la corda, l’acqua, i fiammiferi, il machete, la bussola, la tenda, la cassetta delle emergenze e quella degli attrezzi e il cannocchiale. Le riserve d’acqua stanno finendo e la fame aumenta, ho sistemato trappole in molti punti dell’isola. Domani andrò a perlustrare la montagna, anche se penso di non arrivare in cima…sono sfinito! A rigor di logica dovrei morire entro un mese. Mi manca moltissimo Giuditta, non sai quanto vorrei stringerla ancora una volta! Ogni sera prego affinché una nave passi di qui e mi porti in salvo! Spero di non perdere mai le speranze! Ora vado, forse ti scriverò domani. Enrico
25 o 26/08/1899 Caro diario, ormai ho perso le speranze. Stamattina ho preso un granchio e l’ho mangiato a pranzo. Ho recuperato un po’ di forze per scalare la montagna. L’escursione è andata male: non ho trovato né acqua né animali. Sulla riva stanno cominciando a depositarsi i corpi dei miei amici, uno spettacolo orripilante!Nei prossimi giorni penso che mi resterà solo la scelta di mangiare i loro resti. Non so più cosa pensare, mi manca Giuditta e la mia città, in pratica sono un uomo morto! Enrico
iL NAUFRAGO
11 Agosto 1899 Sono in mare da due mesi ormai, al largo delle coste dell’Africa, non so dirti precisamente dove. Stavo navigando tranquillo con la mia ciurma quando è accaduto il peggio: una tempesta che avrebbe fatto impallidire “GODZILLA”; la nave è affondata ed è stata trascinata sugli scogli vicino alla riva. Ho visto la mia nave squarciata dagli scogli. Sono svenuto per l’avvenuto. La mattina seguente mi sono svegliato e sono entrato in quello che rimaneva della nave; quando sono entrato, ho visto una borsa colma di oggetti; ho fatto un passo e ho sentito la nave crollare sotto i miei piedi. D’impulso ho afferrato la borsa, ho avuto appena il tempo di uscire che la nave è crollata.
Sono andato subito a caccia. Ho trovato solo granchi e noci di cocco. Ho tirato fuori il cannocchiale e ho visto una nave, subito ho preso il mio arco e ho legato le mie tre frecce ad una corda e poi le ho scoccate prendendo tre marinai :uno in pancia, uno in testa e l’ultimo in una gamba; ho intrecciato la corda ad un albero e mi sono arrampicato fino ad arrivare alla barca. Ho preso il machete e ho squarciato un marinaio; poi ho usato il carburante e i fiammiferi per carbonizzarne quattro, infine mi è restato solo il capitano quindi ho lanciato il coltello e lui è caduto a terra, poi ho afferrato la boccetta del veleno, l’ho svuotata completamente nella sua gola e mi sono impadronito della nave.
15 Agosto 1899 Ho fame, molta fame. Ho divorato tutto quello che ho trovato nella stiva. Ho navigato senza meta fino a trovarmi fianco a fianco con
un’altra nave. Subito ho avuto la tentazione di farla affondare. Ho finito le risorse di luce quindi ho pensato di saccheggiare la nave invece che affondarla. Quindi l’ho fatto: ho frugato nella stiva e ho scoperto che portano animali. Stavo per andarmene quando mi hanno scoperto e mi hanno legato. Mi hanno lasciato su un’altra isola sperduta. Marco Biasetto Mattia Bassi