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CITY VISION osservatorio sull’architettura e la città contemporanea

numero uno_autunno 2010

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TM TM ACTIVE ACTIVE Clean Clean AirAir & Antibacterial & Antibacterial Ceramic Ceramic si ottiene si ottiene concon l’applicazione l’applicazione a temperatura a temperatura elevata elevata di particelle di particelle micrometriche micrometriche di biossido di biossido di titanio di titanio (TiO (TiO 2) 2) che, che, sfruttando sfruttando il processo il processo di fotocatalisi, di fotocatalisi, permette permette di realizzare di realizzare lastre lastre in porcellanato in porcellanato superiore superiore perper rivestimenti rivestimenti a pavimento a pavimento e parete, e parete, antinquinanti antinquinanti e antibatteriche, e antibatteriche, cheche concorrono concorrono in modo in modo efficace efficace a migliorare a migliorare la qualità la qualità della della vita. vita.

TM TM ACTIVE ACTIVE Clean Clean AirAir & Antibacterial & Antibacterial Ceramic Ceramic is obtained is obtained through through thethe application application at aathigh a high temperature temperature of micrometric of micrometric particles particles of titanium of titanium dioxide dioxide (TiO (TiO 2) 2) which, which, by by exploiting exploiting thethe photocatalysis photocatalysis process, process, allows allows thethe creation creation of superior of superior porcelain porcelain slabs slabs forfor floors floors and and walls, walls, anti-pollution anti-pollution and and antibacterial antibacterial which which effectively effectively help help to to improve improve thethe quality quality of life. of life.

La riduzione La riduzione dell’inquinamento dell’inquinamento atmosferico atmosferico e l’azione e l’azione battericida battericida largamente largamente documentati documentati del biossido del biossido di titanio di titanio (TiO(TiO 2) sono 2) sono e unanimemente e unanimemente riconosciuti riconosciuti dalladalla comunità comunità scientifica, scientifica, come come dichiarato dichiarato anche anche da Jennifer da Jennifer Ariss, Ariss, ricercatrice ricercatrice scientifica scientifica del del TCNA. TCNA. ConCon ACTIVE, ACTIVE, Fiandre Fiandre e Iris e Iris Ceramica Ceramica hanno hanno trasferito trasferito le proprietà le proprietà del del TiO2TiO2 sullesulle proprie proprie lastre lastre in porcellanato in porcellanato per per rivestimenti rivestimenti a pavimento a pavimento e parete, e parete, potenziandone potenziandone gli effetti gli effetti attraverso attraverso un’innovativa un’innovativa metodologia metodologia produttiva. produttiva. Questi Questi risultati risultati sono sono statistati attestati attestati dal dal TCNA TCNA (Tile(Tile Council Council of North of North America) America) e dal e dal Centro Centro Ceramico Ceramico Bologna. Bologna.

TheThe reduction reduction of atmospheric of atmospheric pollution pollution andand the the bactericidal bactericidal action action largely largely documented documented andand unanimously unanimously of titanium of titanium dioxide dioxide (TiO(TiO 2) are 2) are recognised recognised by the by the scientific scientific community, community, as stated as stated by Jennifer by Jennifer Ariss, Ariss, scientific scientific researcher researcher for the for the TCNA. TCNA. WithWith ACTIVE, ACTIVE, Fiandre Fiandre andand Iris Iris Ceramica Ceramica havehave transferred transferred the the properties properties to 2its toanti-pollution its anti-pollution andand antibacterial antibacterial porcelain porcelain slabs slabs for floor for floor of TiO of 2TiO andand wallwall coatings, coatings, boosting boosting the effects the effects withwith an innovative an innovative production production method. method. These These results results were were certified certified by the by the TCNA TCNA (Tile(Tile Council Council of North of North America) America) andand the the Centro Centro Ceramico Ceramico Bologna Bologna (Italian (Italian Ceramic Ceramic Center). Center).

www.active-ceramic.com, www.active-ceramic.com, www.floornature.com www.floornature.com

GranitiFiandre GranitiFiandre spaspa via via Radici Radici Nord, Nord, 112112 42014 42014 Castellarano Castellarano (RE)(RE) ItalyItaly www.granitifiandre.com www.granitifiandre.com

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CITY VISION

CityVision è un veicolo nato per far dialogare l’attuale città contemporanea con la sua immagine futura attraverso l’organizzazione di concorsi visionari d’architettura sulle principali metropoli mondiali che possano essere da stimolo per le amministrazioni locali e aiutare così i giovani architetti che si affacciano al mondo del lavoro. Il nostro obiettivo è promuovere e discutere delle idee più avanzate generate nelle scuole e negli studi professionali di tutto il mondo. E’ un mezzo per esplorare la realtà e il futuro della progettazione e del design con notizie, eventi e progetti. CityVision is a forum for investigating the contemporary city through the lense of its’ future image. By means of competitions, installations, and exhibitions of visionary architectural creation, CITYVISION strives to be a catalyst for local governments to facilitate the development of young architects and designer entering the workforce. Our goal is to promote and augment critical advanced practices, often including emerging ideas generated in academia and professional studies worldwide. It is a means to explore the potential reality and future of planning, architecture, and design practice through information exchange, events, and projects. www.cityvision-mag.com

osservatorio sull’architettura e la città contemporanea copertina | cover La copertina di questo mese è dedicata al progetto vincitore del concorso internazionale rome city vision del gruppo WEEKENDINAMORNING alias massimiliano marian e andrea cassi

05 Editoriale di Francesco Lipari 08 WAVING 10 farm cultural park 12 bonjour tristesse 13 silver factory 18 Moretti parametrico di Alberto pugnale 21 La citta' inventata di Francesca Romana Moretti

redazione

direttore responsabile | editor emilio fabri emilio@cityvision-mag.com caporedattore | editor-in-chief francesco lipari francesco@cityvision-mag.com redazione | editorial staff vanessa todaro vanessa@cityvision-mag.com giorgia sborlino giorgia@cityvision-mag.com andrea debilio andrea@cityvision-mag.com

direttore creativo | creative director francesco lipari responsabile marketing andrea debilio translations (abstract) catherine iftode giancarlo tramontozzi hanno scritto su questo numero francesca romana moretti alberto pugnale davide del giudice emanuele capponi distribuzione | distribution distrubuzione@cityvision-mag.com editore | publisher associazione culturale amuri via appia nuova, 503 00181 roma www.a-m-u-r-i.it stampato da | printed by C.S.R. Srl - Tipografia Via di Pietralata, 157, Roma - 06 4506671 registrata al Tribunale Civile di Roma n° 211/2010 del 13/05/2010

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24 Rome City Vision competition 30 Factory Annese Farina 32 Modostudio Cibinel Laurenti Martocchia 38 Jurgen Mayer H. Special interview 48 Davide Del Giudice Nuove tecnologie per l'architettura 56 ESCAPE FROM ROME ARCHITENSIONS ALESSANDRO ORSINI 63 AO' il fumetto della controcultura architettonica 66 CITYVISION PLAYERS 72 Francesco Gatti 76 WHITE NOISE na3 Nicola Auciello 80 DICIANNOVEDIECIDESIGN 82 NEW MATERIALS Active by Graniti Fiandre 88 abstract english version


the awakening of contemporary Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. Mi piace iniziare da qui e scomodare la celebre frase del Gattopardo. Nonostante le parole esprimano un forte senso di sconforto per l’incessante routine delle cose, mi danno comunque fiducia. Poche parole ma rumorose come un esercito in marcia. Un esercito contro la stupidità di chi fa finta di cambiare, un esercito contro coloro che insistono in un conservatorismo sfrenato, un esercito contro coloro che sono schiavi di se stessi. E’ vero, non c’è mezzo migliore della cultura. La cultura rende consapevoli. E senza consapevolezza non ci può essere libertà. Ecco che allora scendiamo in campo con questo oggetto culturale free press. Il soggetto di questo primo numero è il risveglio della contemporaneità, the awakening of contemporary. Si RISVEGLIO, perchè Roma ha solo bisogno di ricordare e ritornare ad essere contemporanea, anche se da quell’ultima volta sono passati circa 400 anni.... L’idea di iniziare una rivista free press e organizzare un concorso internazionale d’architettura a Roma nacque per caso in una giornata caratterizzata da una lunga riflessione sullo stato delle cose che riguardavano l’architettura contemporanea di questa città millenaria. Il suo passato così forte è senza dubbio una grande fortuna ma, come tutte le madri apprensive, rischia di strangolare con le sue lunghe braccia calorose i propri figli che vorrebbero, ormai adulti, essere indipendenti e farla ravvedere perchè la sua educazione non fa altro che alimentare menti avide di un conservatorismo sfrenato lasciando così a bocca asciutta chi invece cerca di colmare il suo vuoto “caratteriale” e chi soffre nello stare a guardare le “sorelle europee” al passo con i tempi e con un’urbanistica che integra perfettamente il volto storico con quello contemporaneo. Ecco perchè insieme ai “miei fratelli” abbiamo pensato di iniziare cityvision mag e lanciare il concorso d’architettura rome cityvision, allo scopo di dar voce e stimolare idee nuove e visionarie e supportare una nuova vocazione contemporanea per Roma; attraverso idee e metodologie innovative che possano implementare e connettere la storia, il presente e il futuro della città spingendoci ad una riflessione netta sull’evoluzione critica della storiografia architettionica della Roma che verrà. Francesco Lipari

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design by Antonio Citterio with Toan Nguyen

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a new vision:

kelvin LED

Milano, Corso Monforte 9 • Roma, Via del Babuino 85

www.flos.com 01 CITYVISION 11


Roma 2010.

Presente Imperfetto È nella ricchezza della scala degli spazi, nella coesistenza di stili, nella possibilità di creare realtà attraverso la facoltà del togliere e dello scavare, che l’identità visiva di Roma rappresenta la scenografia ideale di possibili e contemporanee unità nel molteplice, d’interazioni fra tracce passate e presenti. All’interno di tale dimensione spaziale, la trasformazione della forma di ciò che è già presente, assume una rilevanza pari alla nascita di costruzioni inedite. Roma è dimensione urbana e turistica, è proiezione romantica di un passato al quale siamo da secoli abituati, è scansione di spazi stratificati scanditi dai grandiosi sistemi urbanistici dell’Impero Romano (risultato di una esigenza più ampia di trasferirvi la monumentalità delle proprie imprese). I monumenti murari che Roma presenta, testimoniano una società passata amante della bellezza, di una bellezza fatta di armonie di forme, di equilibrio oggi come ieri apprezzata da tutti. L’aspetto formale di Roma perdura a partire dell’Ottocento, nella scoperta e nella conservazione dei monumenti intesi come fonte primaria e insostituibile di conoscenza storica. Roma è storia, è indefinito centro storico che nonostante la sua apparente naturalezza, ha in sé una modalità inedita di offrirsi perché la progressione del tempo le ha conferito artificialità rispetto al progetto originario. Delle vetrine trasparenti circondano i monumenti e l’identità che su essi si proietta. Come rapportarsi con tale patrimonio? È certo che l’alternanza della rappresentanza politica, ciclicamente,

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di Rossana Macaluso da sempre si è espressa sull’importanza di tale patrimonio e sulla possibilità di intervenire su essi. Spesso la politica ha attivato un processo di immedesimazione, tanto da porsi come difensore indiscusso di un passato che esprime un’attuale e propria grandezza. L’illusione vigente e generale è quella di preservare il passato che inesorabilmente, invece, fa i conti con le coordinate temporali. Così l’ideologia del rudere si è evoluta in visione estetica dell’urbanistica, e questa, a sua volta, è diventata metafora e giustificazione di una paralisi estetica e infrastrutturale. Un regime politico consapevole, democratico e maturo non può elevare a simbolo di valori civici e istanze storiche “il monumento” (per quanto rappresentativo esso sia) totem da mantenere in vita, oggetto contemplativo da rispettare e da vivere come testimonianza autentica. L’arte contemporanea nelle sue differenti accezioni può migliorare lo stato dei monumenti della capitale. Interventi installativi possono migliorare e rendere più profonda la fruizione dello spazio da parte del fruitore. L’architettura, può attraverso un linguaggio contemporaneo, risolvere la paralisi che attorno ad i monumenti si è creata. Un modalità propositiva è possibile: interventi che non scalfiscano la materia del bene culturale e la storicità che racchiude,


permettendo al presente di rivendicare la propria esistenza estetica e funzionale, il tutto in relazione ad un miglioramento della fruibilità del bene stesso. Un metodo di intervento reversibile che non scheggi la materia e non tradisca l’istanza estetica, un apporto riconoscibile che non falsi la creazione e non tradisce l’istanza storica . Un processo che attraverso la qualità dell’azione decifri il dilemma tra passività della tutela e distruttività dell’intrusione. Gli architetti possono intervenire sugli spazi monumentali della capitale, e poiché con la terminologia restauro “si intende generalmente qualsiasi intervento volto a rimettere in efficienza un prodotto dell’attività umana” possono effettuare un vero e proprio intervento di restauro. Potranno essere guidati dal fondamentale concetto brandiano dell’uso nel restauro, di trattamenti reversibili, quindi asportabili, e facilmente distinguibili. E’ possibile superare la visione del monumento come rappresentazione formalmente esteriorizzata di ciò che non appartiene più all’identità culturale ed etica della popolazione. Evitare così la “centralizzazione” degli interventi nelle sole zone della “Città Storica” e risolvere l’accusa di “pigrizia urbanistica”che da più settori viene rivolta all’iniziativa comunale. Se è la democrazia a decidere che le tracce della storia abbiano una coerenza estetica in sé conclusa, da guardare con l’ammirazione che si deve a qualcosa di sacro e di assoluto, spetta alla cultura attivare un processo di rivendicazione del contemporaneo che rispetti e interagisca con il contesto storico per interrompere la suggestione ad un’attitudine passiva, infrangere le vetrine protettive che circondano gli affetti culturali ai quali si è delegata la propria identità. Uscire dalla paralisi infrastrutturale che si è creata in Italia e allontanarsi dalla cultura del rudere che si è delineata.

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WAVING di Vanessa Todaro

DESIGN

SOFTWARE

ARCHITECTURE

EXHIBIT

MODE

WHEEL + SEAL UMBRELLA by cheng-chung-chen chen

iRHINO FOR iPAD

SERPENTINE GALLERY by jean nouvel

L’incredibile urban art di Sandrine Estrade Boulet

Architetture da indossare Zaha Adid for Melissa

Le caratteristica di questo ombrello è che le ruote lasciano immagini di faccine sul pavimento dopo essere entrate in contatto con l’acqua di una pozzanghera.

Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato ... era solo questione di tempo! E’ arrivato Rhino per Ipad.. un file di base si carica in circa 10-20 secondi, grande visualizzatore 3d... Presto anche la versione stereo!

La struttura geometrica combina leggerezza, materiali di facciata traslucidi, tende da sole a scomparsa e 12 metri di muro a sbalzo. Il colore rosso del padiglione colpisce e contrasta con il parco circostante e si riferisce a simboli iconici di Londra.

Sandrine Estrade Boulet è un’artista francese, classe 1969.Probabilmente è la sua fervida immaginazione a vedere in palazzi, macchie per terra, paletti vari, un mondo fantastico, popolato di figure immaginarie o, comunque, diverse da quello che appaiono.

Ci eravamo abituati a scarpe sempre più hi tech e futuribili-non ultime le scarpe disegnate da Zaha Hadid per il marchio brasiliano Melissa-ma queste sono delle vere e proprie architetture da indossare.

by apple

CLOCKS by Stefan Strumbel Photos: Oliver Rath www.oliver-rath.com

Cosa c’è di così minaccioso appeso lì al muro? E’ solo un orologio a cucù Killer! Sono gli orologi a cucù di Stefan Strumbel che rappresentano la violenza, la morte e il sesso. Il lavoro di Strumbel è nuovo. Per cinque anni l’ex artista graffiti ha costruito orologi a cucù nella sua città natale tranquillo di Offenburg. Nel suo studio, gli orologi tradizionali sono stati trasformati da un makeover sfacciato: gli orologi sovradimensionati sono imbrattati dai colori sgargianti, spesso decorati con bombe a mano e ossa, così come più simboli tradizionali come corna di cervo.

Bio Robot Refrigerator Yuriy Dmitriev

Quattro volte più piccolo di un frigorifero convenzionale, il Bio robot refrigerator si raffredda attraverso gel biopolimero luminescente. Il gel non appiccicoso, inodore avvolge i prodotti per creare delle unita’ separate. Senza porte, tutti i prodotti bevande e prodotti alimentari sono facilmente accessibili. Il frigo è adattabile - può essere posizionato in verticale o orizzontale e persino sul soffitto. 14

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MUSIC

CINEMA

TRAVEL

CULTURE

SHOP

Sexy Boy AIR

The Smurfs

Shanghai Expo 2010

Yes is More BIG architects

Made in China: Shanghai Shopping

Gli Air sono architetti del pop, capaci di costruire paesaggi sonori di rara pregevolezza, ricchi di influenze e difficili da collocare stabilmente in un contesto. “Sexy Boy”, beat sostenuto che evoca fragranze del “french touch” da dancefloor

Gli spettatori di tutto il mondo saranno presto catapultati nel mondo dei puffi, per il loro primo viaggio in 3D sul grande schermo nella nuova commedia per famiglie I Puffi, prodotta da Columbia Pictures e Sony Pictures Animation con la nuova tecnologia ibrida live action.

In occasione dell’Expo Internazionale 2010 a Shanghai, a partire dal 1 maggio sino al 31 ottobre, Viaggi di architettura, primo tour operator italiano su Shanghai, organizza itinerari specifici per architetti e tecnici, industriali e imprenditori.

“Yes is more” è il titolo della mostra e del catalogo che presentano l’opera di B.I.G. al centro di architettura danese. BIG è un gruppo danese di 85 fra architetti, designer, costruttori e filosofi che si occupano appunto di architettura. Con la forma popolare del fumetto Yes is more spiega l’approccio all’architettura del gruppo BIG.

Consigliata è la visita in uno dei mercati del fake in giro per la città, anche solo per fare un po’ di sano “people watching”. Vi è uno molto grande sulla Nanjing lu a Puxi (si chiama Taobao), una specie di centro commerciale di patacche.

WAVING

flash...

KRUIKANTOOR by tim vinke E’ un ufficio portatile di schiuma EPS e coperto da uno strato di poliuretano hotspray.

BLOOM SCENTED FLOWER EARNIN by jee toh peng sun Applica la tua fragranza quotidiana con questi orecchini a forma di fiore di carta usa e getta.

CDSEA by Bruce Munro L’installazione è formata da un pattern di 600000 cd che con un percorso sinuoso attraversano il parco Wiltshire nel Regno Unito.

TETRAS by frackenpohl poulheim Set di 6 sottopentola in silicone, getta il tetra come i dadi e avrai un piatto caldo!

DISH PAWS by Liang Yanije Avete le mani piatte? Paws vi permette di lavare i piatti o qualsiasi altra superficie in un attimo.

YELLOW CUP FOR REAL by the way we see the world Le coppe sono realizzate interamente in agar agar e gettato in diversi gusti, come il limone, basilico, zenzero, menta, rosmarino o di barbabietola.

YELLOW LIGHT SWITCH, by Heo Jaesik & Lim Hojoon Fascino del controllo organizzato? Nell’ipotesi in cui questa sia la vostra passione, allora la spia gialla Switch è essenziale.

MILK BOTTLES by DAG designlab Bottiglie di latte di forma diversa ogni giorno utilizzando lo stesso stampo.

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around architecture

Farm Cultural Park Florinda Saieva, responsabile di Farm Cool Hunting e ideatrice insieme ad Andrea Bartoli di Farm Cultural Park ci descrive il loro fantastico progetto nel cuore della Sicilia. Farm Cultural Park nasce dal desiderio di migliorare il territorio in cui viviamo, non solo da un punto di vista architettonico ma, soprattutto da un punto di vista culturale offrendo agli abitanti del posto ed ai turisti della Valle dei templi la possibilità di visitare un borgo antico ricco di contemporaneità. La nostra esigenza era quella di rivivere nel luogo in cui viviamo le esperienze di cui abbiamo fatto tesoro durante i nostri viaggi, dando alle nostre figlie la possibilità di crescere in un ambiente migliore. I nostri artisti parlano tutti lo stesso linguaggio, sono provocatori, dissacranti e con la capacità, comunque, di stupirti. Questi sono i requisiti che gli artisti devono avere, spesso li contattiamo noi, magari perchè conosciuti in fiera o abbiamo visto qualche loro pubblicazione, ma non di rado si presentano loro stessi. Quanto all'impatto su Favara non mi aspettavo così tanta partecipazione; cominciando dai vicini che ci hanno sostenuto e continuano a farlo in ogni occasione, certamente il favarese ha mostrato molto stupore ma abbiamo ricevuto tanti incoraggiamenti e complimenti E CREDO CHE CON IL PASSARE DEL TEMPO...TANTO TEMPO il progetto migliorerà sicuramente il nostro ambiente. www.farm-culturalpark.com 01 CITYVISION 17


around architecture

Bonjuor tristesse di giorgia sborlino garcia

simone amato image communicator

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La verità è che l’architettura non è un fatto privato, ieri sera dei ragazzini mi parlavano di “architettura sociale”. “È una tautologia” ho pensato, come fa l’architettura a non essere sociale? È ovunque, è per tutti, sempre in mezzo, così invadente, con la sua bruttezza, la sua bellezza, il suo esserci. E la cosa strabiliante è che prescinde da chi l’ha creata, lo svezzamento avviene subito dopo aver tolto le impalcature, subito lei va da sola, disobbediente, selvaggia. A chi lo sa ascoltare questo richiamo di sirena parla di luoghi dal sapore denso, di un sapere che è fantasia, è tecnica, è molto altro. Un eterno gioco di rimandi e richiami, mai, quasi mai, è fine a se stessa. Ho letto “Bonjour Tristesse” molti anni fa, quel libro oggi mi sembra ancora un potente capolavoro, così scarno, bianchissimo, puro e scorretto. Inizia così. «Non so se dare il bel nome solenne di tristezza al sentimento sconosciuto che mi tormenta con i suoi affanni e con la sua dolcezza. È un sentimento così assoluto ed egoistico che quasi me ne vergogno, mentre la tristezza mi è sempre parsa onorevole. Non sapevo cosa fosse, avevo provato solo noia, rimpianto, più raramente rimorso. Oggi qualcosa si avvolge su di me come una seta, irritante e dolce, e mi separa dagli altri». Quel titolo lo ritrovai molti anni dopo, passeggiando per Berlino, annusando un viaggio che aprì molti occhi dentro di me, la scoperta che dove non può l’architetto arriva il lattaio, o chi per lui. La forza di quella mano che segnò l’edificio di Siza, forse a cavalcioni su quell’occhio lasciato aperto a respirare. Nel bel mezzo di Kreuzberg regnava quest’esplosione di espressionismo, timidamente conclusa da delle linee, a formare due parole, le “esse” meravigliosamente specchiate, l’imperfezione, un trionfo di umanità. Questo edificio è bellissimo, guardatelo, cercatelo, siate quella mano che disegna “esse”, siate l’orecchio che sa annusare i piccoli spettacoli di una città.


around architecture

imaginary cities di Francesca Romana Moretti

Il cinema ha incrementato la quantità e la qualità di mondi possibili, ha immaginato altri spazi in cui farci desiderare, o meno, di vivere. Luoghi reali, luoghi immaginari, luoghi mentali. Luoghi inventati dal cinema o da esso rielaborati; sono luoghi necessari allo sviluppo del film, oppure luoghi “normali” resi indimenticabili e simbolici dal film stesso. Ci sono film che trasmettono una forte sensazione di familiarità e conducono in luoghi che ci sembra di conoscere bene e che consideriamo rassicuranti. Il cinema offre luoghi in cui almeno una volta abbiamo desiderato di abitare. Nel mondo dell’immaginario urbano rappresentato nel cinema non c’è mai nulla di inventato senza ragione o senza riferimento ma soprattutto senza uno scopo preciso. Perché, si sa, la città è realizzata, o dovrebbe esserlo, a misura d’uomo. Analizzare la sua evoluzione, attraverso quello che è l’immaginario urbano e architettonico in merito al futuro e al passato, vuol dire analizzare la “socialità”, vuol dire analizzare ciò che l’uomo ritiene sia importante da conservare del passato, e ciò che sia aspetta di trovare nel suo futuro. Dietro una città inventata ci sono paure, speranze, ansie e desideri. Alcune di queste città possono essere anche viste come moniti per il nostro futuro, oppure rappresentare il nostro progresso o ancora possono ricercare nel passato quello che abbiamo perso nel presente. I realizzatori delle fantasie cinematografiche traggono ispirazione da una miriade di influenze architettoniche, anche perchè gli architetti sono incaricati di inventare gli ambienti in cui l’umanità potrà evolvere nei decenni a venire. Ma anche i nostri spazi personali sono sempre più “cinematografici” e influenzati dalle visioni digitali dei futuri possibili.

Nei vecchi film il futuro sembrava molto lontano, mentre, nel XXI secolo, esso è come se si avvicinasse sempre più rapidamente. Tutti viviamo già nel futuro e l’umanità sta cercando di inventarsi un futuro sostenibile. I film di fantascienza divengono sempre più pietre di paragone, affermazioni che riguardano i temi irrisolti o i tabù della nostra contemporaneità. Con la crescita delle reti invisibili di informazioni, gli ambienti fantascientifici riguardano ormai anche le realtà dello spazio digitale ed il modo in cui gli esseri umani si orientano nella mutevole relazione con il loro abitato, materiale o immateriale che sia. Come l’architettura, anche i film sono diventati parte della nostra vita quotidiana, delle memorie e del nostro inconscio; le immagini che ci hanno trasmesso ci hanno reso familiari luoghi ed ambienti in cui non siamo mai stati. Andare a New York per la prima volta non è propriamente come vederlo per la prima volta, in quanto lo skyline di Manhattan ed i suoi edifici fanno parte della nostra memoria di immagini, non c’è più il senso di stupore visivo che si ha quando si vede una cosa per la prima volta. New York, è la megalopoli per eccellenza, una città monumento e una città in movimento, che è diventata un riferimento sia culturale che architettonico. Può essere

considerata come una metropoli violenta, estranea e nemica, e nel contempo la città delle luci e della vita. New York riassume in maniera perfetta l’istanza tecnologica e il mito della terra promessa. Non a caso resta la città maggiormente rappresentata nei film. L’architettura, dunque, aiuta il film a comunicare con il pubblico, offrendo scenari riconoscibili; il cinema, dal canto suo, aiuta l’architettura infondendo interesse per le architetture rappresentate, mostrandole, talvolta, con dovizia di particolari e facendo vivere al pubblico esperienze che non ha ancora vissuto, accompagnandolo in luoghi mai visitati. L’analogia che si riscontra tra queste due arti è dovuta soprattutto al merito del cinema di raccontare la città ed i modi di abitarla; entrambe cercano di portare alla luce aspetti nascosti della società tra i quali i desideri della stessa in merito al futuro o al presente. Il rapporto fra cinema ed architettura può anche essere letto in chiave di funzione

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NELLA PAGINA PRECEDENTE 1.I ROBOT | futurist vision of Chicago | Chicago,USA

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IN QUESTE DUE PAGINE 2.JEAN NOUVEL| Insitute du Monde Arabe | Paris, France

archivistica, ad esempio, nel caso delle immagini dei film storici che documentano in modo realistico le architetture e l’urbanistica di un determinato luogo in un determinato periodo del passato. Una funzione simile è svolta anche dai film fantastici che documentano l’immaginario architettonico tipico di un periodo a cui si può ricollegare uno studio sulla società del periodo stesso (pensiamo ad esempio alla città di Metropolis o alla Los Angeles di Blade Runner, entrambe mostrano le paure e le aspettative degli uomini riguardo al futuro, rispettivamente negli anni ‘20 e negli anni ’80). Gli spazi filmici sono svincolati dalla funzione architettonica primaria e possono, pertanto, far rivivere le architetture del passato come possono condurci per mondi fantastici completamente inventati, soggetti a regole che sarebbero improponibili nella realtà. La realtà è il luogo delle architetture ed il cinema è il luogo delle rappresentazioni della realtà per immagini in movimento. Il cinema ci dà la possibilità di vedere realtà presenti altrove, rendendole familiari, ma anche “realtà” d’invenzione, non connotate da riferimenti spaziali e temporali a noi riconoscibili. In conclusione possiamo affermare che architettura e cinema sono due “grandi” arti, la loro grandezza sta nella grandezza del progetto, dell’immaginario, della quantità e della qualità delle cose che riescono a comprendere. Il cinema esiste come “fabbrica di stupore”; Michael Cimino (cit dove) dice: “Il cinema sono gli spazi, gli scenari, la grandezza che ti mette in moto.” La stessa cosa vale per l’architettura . Il cinema ha assunto un ruolo importante nel modo di vivere e di percepire la città del XX secolo, realizzando una sorta di raccolta di rappresentazioni, attraverso le quali il nostro secolo ha costruito la sua architettura. Il cinema potrebbe, dunque, essere considerato come uno strumento di conoscenza del testo urbano in quanto rappresenta la città, ne parla e la descrive nei suoi molteplici aspetti: la città fisica e la città sociale, quella soggettiva, quella della memoria e quella del futuro. Lo spettatore guardando le città “raccontate” nei film, arricchisce il suo bagaglio di immagini tratte dal reale. Tutte queste immagini vengono sovrapposte e confrontate fra loro e con la realtà, così da dar luogo ad un’idea definita dei vari spazi urbani, della loro socialità e quindi di ciò che essi rappresentano

per l’uomo. Si potrebbe dire che in alcuni casi il cinema è una “riproduzione filtrata” della realtà; filtrata in quanto non tutto viene rappresentato, ma solo ciò che è si è certi lascerà il segno nello spettatore. Questo meccanismo potrebbe essere trasposto nella realtà considerando la città come esteriorizzazione dei bisogni degli abitanti e delle idee dei progettisti, che hanno, in questo caso, un ruolo parallelo a quello dei registi che operano la selezione delle immagini che devono lasciare il segno nello spettatore. Città e cinema, quindi, sono le espressioni delle intenzionalità di comunicazione dei loro “autori” che, incontrandosi con lo spettatore, gli raccontano storie che lo riguardano e gli descrivono mondi da punti di vista nuovi. Si noterà come la maggior parte dei film in cui si può analizzare l’immaginario urbano siano film prodotti negli Stati Uniti a discapito di quelli europei. Nella cinematografia americana, infatti, la città è utilizzata anche come espressione della società e di un particolare momento che essa sta vivendo, a volte risulta essere la “protagonista”, prendiamo ad esempio la 25ma Ora (Spike Lee, 2002), qui la città di New York è la protagonista assoluta del film, il protagonista camminando per le sue strade la racconta e ce la mostra nei suoi dettagli nel suo “essere viva”. Nella cinematografia europea l’immagine urbana è spesso trascurata o relegata a sfondo, non è quasi

mai “protagonista”, non interpreta un ruolo che esprime la società è un palcoscenico su cui si muovono gli interpreti. Il cinema italiano contemporaneo sembra mancare di interesse nel rappresentare architetture inventate o utopie urbane forse anche perché si tratta di un cinema “povero” di mezzi, se raffrontato con quello internazionale, basato principalmente sulla improvvisazione, che confida pertanto nella recitazione e non nel decor. Sono quindi le produzioni statunitensi che maggiormente si interessano a rappresentare la città come specchio di una società, rendendola il teatro delle nostre paure sul futuro e dei nostri desideri in merito al presente. Sono queste produzioni che ricorrono all’architettura classica o all’architettura razionalista, tipica del ventennio delle dittature europee, per piegarle alle loro esigenze. Non a caso, come è stato accennato in precedenza, l’architettura razionalista romana, ad esempio, è spesso utilizzata come simbolo di uno scenario urbano e sociologico schematico essenziale dove vige un rigore geometrico che si rispecchia in una società “arida” di emozioni e stimoli. Come molte città hanno influenzato i film, molti film si sono trovati ad influenzare l’architettura. Alcune città futuristiche sono state immaginate molto prima di essere realizzate; sono state create condizioni di vita dominate dalla tecnologia, dove alcuni edifici sono utilizzati per proiettare immagini e suoni e questi edifici, oggi, possiamo trovarli nelle maggiori città. Insomma si potrebbe pensare che in qualche modo il cinema tenti di anticipare il futuro reale, ma, per fortuna, non sembra essere così, o almeno non sempre (altrimenti ci ritroveremo a vivere nella città ipotizzata da Lang più di 70 anni fa). Se analizziamo bene quello che il cinema mostra delle città future notiamo che le architetture sono il risultato della commistione e rielaborazione di stili che sono più o meno sempre gli stessi: liberty, decò, monumentale (tipico delle dittature), insomma sembra che più che una progettazione del futuro l’immaginazione sia una variazione del passato. Tutto ciò che inventa il cinema deve essere concreto, anche quando si tratta di mondi fantastici devono essere immagini concrete, una sorta di altri reali possibili. La città creata deve essere una sintesi delle immagini conosciute, magari trasfigurate e “mimetizzate”, perché deve evocare particolari significati o simbolismi. Deve essere portatrice di un messaggio e lo spettatore deve saper vedere oltre, interpretandolo grazie al confronto e alla sintesi delle immagini che possiede nella propria “libreria” della memoria. 01 CITYVISION 21


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MORETTI PARAMETRICO di Alberto Pugnale Department of Civil Engineering, Aalborg University, Denmark

Luigi Moretti è sempre una grande sorpresa. Leggendo i suoi scritti e i suoi articoli pubblicati su Spazio, si scopre un vero pioniere teorico dell’Architettura scientifica, che lui definiva Parametrica (però

con significato diverso da come lo intendiamo oggi). Nell’articolo “Struttura come forma” scrive abilmente riflettendo su quel mondo di strutture, di varie tipologie, che possono prendere in diverso modo forma diventando architettura. In merito propone un progetto dell’arch. Figus, praticamente un personaggio sconosciuto, che lavora su geometrie un po’ Origami, come le chiamerebbe oggi Yves Weinand (vedi le ricerche dell’università di Losanna pubblicate su Matières n°8), facendo prendere forma architettonica ad una struttura che resiste per forma. Il valore del progetto proposto è nella gradevolezza plastica della composizione, supportata però da una elevata prestazione strutturale che proprio gli deriva dalla sua forma. Il grande pregio di questo articolo, e in generale del pensiero di Moretti, sta nel fatto di vedere l’architettura come un insieme di discipline, e non come una somma di contributi. Non considera mai i valori plastici separatamente da quelli funzionali, costruttivi, ecc… ma assolutamente possiede una visione assolutamente contemporanea del progetto di architettura, applicata attualmente solo talvolta nei progetti dai processi molto lunghi e complessi. L’articolo “Strutture e sequenze di spazi” propone una visione atipica dello spazio interno degli edifici, solitamente ‘vuoto’. Viene qui riproposto come unico pieno nella ricostruzione dei modelli di grandi architetture del passato, con il San Pietro, la Villa Rotonda e via di seguito. Si propone quindi un ulte24

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riore sapiente modo di ragionare sullo spazio, su cosa definisce lo spazio, su cosa è fisicamente lo spazio, su come uno spazio si può definire architettonicamente gradevole, godibile, ecc… Gli altri articoli “Forma come Struttura” e “Ricerca matematica in architettura e urbanistica” pongono invece l’accento su un altro aspetto della progettazione architettonica: l’Architettura Parametrica (ribadisco non come la intendiamo oggi, sarebbe meglio definirla quindi scientifica), con visione del tutto pionieristica dell’argomento. Per Moretti una forma diventa struttura nel senso che si compone di tutte le strutture ottenute come risultato di una ricerca scientifica sulla base dei parametri di progetto e dei requisiti del programma progettuale. In pratica, se si dovesse progettare uno stadio di calcio (come egli esemplifica proprio nel suo testo) si dovranno prendere in considerazioni molteplici variabili, funzionali e non, da ottimizzare al fine di trovare un ottimo compromesso. Egli chiama “Parametri” queste variabili, definendo un’architettura scientificamente ottenuta con questo metodo di lavoro un’”Architettura Parametrica”. Attualmente non possiamo riconoscere lo stesso significato alla parola, ma potremmo più che correttamente tradurre il parametro come “Funzione di Fitness” all’interno algoritmo genetico evolutivo che ottimizza in modo euristico delle forme. Dunque Moretti aveva ben chiaro quali potessero essere dei metodi per produrre dei progetti innanzitutto, e poi delle architetture costruite, che rispondessero al programma di progetto in maniera impeccabile. Si costruisce e definisce un metodo di lavoro, che attualmente si presta ad essere implementato con le nuove tecnologie all’interno dei computer e potrebbe produrre risultati più che positivi nella ricerca della forma, che non rispecchi una pura ricerca geometrica. www.albertopugnale.com

Nell’immagine grande a sinistra Luigi Moretti In alto Origami

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ROME CITY VISION competition by Francesco Lipari

Rome is the city of illusions, it is not a chance that the Church, Government, and Cinema, all things that produce illusion, as you do and as we do, are here. (...) which place better than this city, who died many times and many times was reborn, which quieter place to wait for the end by pollution, overpopulation. The ideal place to see if the world will end or not. Roma è la città delle illusioni, non a caso qui c’è la Chiesa, il Governo, il Cinema, tutte cose che producono illusione, come fai tu come faccio io. Sempre più il mondo si avvicina alla fine perché troppo popolato con le macchine, veleni e quale posto migliore di questa città, morta tante volte e tante volte rinata, quale posto più tranquillo per aspettare la fine dell’ inquinamento,della sovrapopolazione. E’ il posto ideale per vedere se il mondo finisce o no. (“Roma” by Federico Fellini, 1972)

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E’ stato un gran successo diciamolo pure. Da quando abbiamo inziato a scrivere il bando e pensato di fare un sito web non avremmo mai pensato che alla fine di maggio avremmo avuto ben 118 iscritti e agli inizi di giugno ritrovarci col server quasi saturo di megabites inviati da 87 gruppi di progettazione provenienti da 22 paesi. RomeCityVision è stata una gran bella scommessa. Fin’ora vinta. E ne siamo orgogliosi perchè crediamo nell’importanza di lanciare un concorso d’idee rivolto ad architetti, ingegneri, designer, studenti e creativi di tutto il mondo allo scopo di stimolare, aggredire e sostenere il lato contemporaneo di Roma, attraverso idee innovative che migliorino la convivenza tra tessuto storico e tessuto futuro e favorire una corretta evoluzione della storiografia architettonica. Il tutto nasce soprattutto per ottemperare ad un senso di disagio etico che tristemente la città italiana ci propone. Ci offre apertamente il suo fianco e manifesta una costante mancanza di pianificazione urbana e una povertà progettuale. Obiettivo del concorso è stato poi quello di spingere l’ immaginazione dei partecipanti attraverso l’utilizzo di nuovi materiali, ecotecnologie, software parametrici. Il risultato è stato di tutto rispetto, grazie a Massimiliano Marian ed Andrea Cassi dove nella loro proposta immaginano una nuvola di palloni aereostatici che circondano la città e mongolfiere prese in prestito da un tempo in cui il sogno e la rincorsa al futuro erano d’ obbligo. Quasi un sogno felliniano, una sonata di un celebre compositore suonata su cordiere allentate. Ogni pallone aereostatico è partito da un attracco, corrispondente ad un quartiere periferico, fino a costituire un cerchio

immaginario che, riprendendo il diametro del Raccordo Anulare, abbraccia la città. Un trampolino per guardare, contare i caduti e sognare. Per poi scendere a terra, con un pezzetto di questi pensieri nelle tasche. Stretta dai colli in un abbraccio circolare; centro di un lembo di terra scivolato sul Mare, mare nostro. Roma è l’ abbraccio di un antico porticato, verso il mondo. Circondata da un anello di traffico; da montagne di case che non seguono più la direzione dettata dal Fiume, case tutte uguali, con una porta ed una finestra, ammucchiate una sull’ altra; Roma non è Roma ovunque. Il cerchio di strade e palazzi della sua periferia circonda la città dei souvenir e della memoria: senza uno scambio, senza una parola. Come un vecchio ed un giovane, seduti sulla stessa panchina, senza niente da dirsi. Una visione è quel luogo in cui memoria e futuro si guardano, senza paura di parlarsi. A volte ne esce un sogno. Il risveglio è sempre duro: cerchio alla testa e mal di stomaco. La visione che da sempre circonda Roma è fatta di passato, edifici che ti sbattono in faccia la loro storia. Scavi per una tubatura che durano anni, in una corsa ad ostacoli tra ricchezze sepolte. Giovani ragazze americane in sandali e macchine fotografiche internazionali, quasi fossero in un parco a tema. Risvegliarsi da un sogno così significa uscire dalla città storica per andare incontro a quello che noi, e non i nostri padri, stiamo costruendo. Roma non è Roma ovunque. Ci sono luoghi in cui nessun elemento architettonico o plastico ci riporta ad una regione precisa, a paesaggi riconoscibili.


Sono luoghi in cui si rivela, senza filtri, la disumanità di una società massificata e globalizzata, in cui il paesaggio è unico, frutto di ideologie che procedevano per semplificazioni o di semplici speculazioni. In questi luoghi l’ unica cosa che ci riconduce ad un punto preciso nel territorio è lo skyline del centro, nella foschia. È il cielo, l’ unico elemento unificante di due realtà parallele ma divise. È sulle periferie e sul cielo che si concentra la nostra visione. La proposta consite nella creazione di una sorta di Raccordo Anulare fluttuante. Un nuovo livello che si somma alla stratificazione della città. Un livello immateriale, costituito soltanto dalla traiettoria circolare delle mongolfiere che si spostano di attracco in attracco, collegando le varie periferie romane. Un sistema posto ai margini della città, che permette di appropriarsi dell’ ambiente urbano attraverso nuovi mezzi. La conoscenza, unita all’ immaginario di un mondo sognate ed effimero, come un tendone da circo, come i taccuini dei viaggiatori, è alla base del nostro sguardo. “ (…) Salvi pure il mondo chi vuole, purché voi riusciate a vederlo con chiarezza e nell’ insieme.” (da Ernest Hemingway, Death in the Afternoon, 1932) La periferia diventa il centro di una rete infrastrutturale particolare e quasi fine a se stessa: le torri di attracco diventano nuovi simboli architettonici e richiamano la necessaria fisicità dei confini urbani. Allo stesso tempo costituiscono l’ ossatura di un sistema di spostamento che può dimostrarsi risolutivo in due direzioni: quella turistica e quella ambientale. Il nuovo sistema, grazie alla possibilità di sorvolare Roma, ha l’ intenzione di decentrare parte del turismo, oggi concentrato nel centro storico della città, creando in questo modo nuove opportunità per i sobborghi. Parallelamente questo nuovo livello infrastrutturale può porsi come alternativa allo spostamento individuale legato all’ automobile. Un modo rapido e non inquinante di creare nuovi collegamenti nel tessuto urbano. Il sapore antico di questo aeromobile non ci deve fare dimenticare l’ evoluzione che ha portato alla creazione di mezzi sempre più efficaci e tecnologicamente avanzati. Ci sembra fondamentale che l’ aspetto poetico e immaginario di questa proposta, sia affiancato da una particolare attenzione agli aspetti ambientali e di sviluppo tecnologico che devono essere alla base di un qualsiasi progetto urbano.

In un bar, due vecchi amici (lo straniero e il locale) si incontrano e cominciano una conversazione interessante ... LO STRANIERO: Roma, la città eterna ... IL LOCALE: Roma la città eterna? La città come la si immaggina, amico mio, non esiste più LO STRANIERO: Roma è sparita? Impossibile ... Roma è la città eterna, eternamente specchio di se stessa, prigioniera e schiava fedele al servizio della sua storia. La città è felice del suo stato di prigioniero, lei è soddisfatta di se stessa. E la gente di tutto il mondo ama la sua anima prigioniera. IL LOCALE: Ah, ah ... ora Roma è cambiata ... lei è libera e ha una nuova anima ribelle LO STRANIERO: E chi l’ha detto? Il suo carceriere, la storia, è sempre stata troppo forte per potersi liberare! IL LOCALE: Il suo vecchio amante, negato e trascurato. E ‘stata una storia di amore e odio ... all’inizio erano legati, e dipendevano l’uno dall’altro; l’acqua alimentava la città. Ma poi ha chiuso il suo cuore e buttato via la chiave nel fiume ... LO STRANIERO: Il Tevere? Il Tevere era il suo amante? IL LOCALE: Sì, ma lei lo ha lasciato. LO STRANIERO: E adesso ... dov’è? IL LOCALE: E ‘sempre stato con lei, non l’ha mai lasciata. LO STRANIERO: E ... dove era nascosto? IL LOCALE: questo è incredibile! Non era nascosto da nessuna parte, ma a nessuno importava di lui. LO STRANIERO: E che cosa è successo? IL LOCALE: Dopo anni di silenzio, il Tevere, stufo di essere ignorato, ha deciso di riprendersi il suo regno e la sua regina! LO STRANIERO: E poi sono andati via? IL LOCALE: No! Dopo la sua liberazione, hanno preso la loro rivincita. Hanno eliminato la tirannia di Archeologia e Storia e ripreso possesso della vecchia città. E poi hanno fatto l’amore: l’acqua e la città, come ai vecchi tempi....

Da Lincoln USA la visione di Janghwan Cheon, Nay Soe, Matthew Conway e Felipe Colin che riconcepiscono il rapporto tra paesaggio, progettazione urbana e l’architettura nel contesto di un ambiente storicamente complesso e dinamico. La loro proposta consiste nel dare una visione integrata urbana in base alla quale i programmi, gli spazi e le tipologie si intrecciano producendo una provocatoria visione urbanistica. A differenza di diverse opere di architettura, la città viene vista come un’icona per diversi modelli urbani per la forma del tessuto urbano e per le sue funzioni pubbliche. Anche se il piano urbanistico di una città non è visibile ad occhio dalla strada, è ancora il mezzo più utilizzato per capire la città come luogo (attraverso le sue mappe, la metropolitana e gli autobus, così come gli spazi verdi). E il terzo premio di Valentina Andriulli, Antonia De Angelis che in maniera molto grafica e visionaria inventano una fantastica storia d’amore tra Roma e il Tevere. Ecco la storia:

E poi i progetti menzionati tutti molto originali, per chiudere con l’ultimo premio il FARM SPECIAL PRIZE assegnato dal nostro sponsor FARM del notaio siciliano Andrea Bartoli e conferito al duo femminile Erika Del Vecchio e Caterina Di Giorgio. www.cityvision-competition.com

PRIMO POSTO Massimiliano Marian Andrea Cassi SECONDO POSTO Janghwan Cheon Nay Soe Matthew Conway Felipe Colin TERZO POSTO Valentina Andriulli Antonia De Angelis MENZIONI D’ONORE Pietro Bellucci Leila Bochicchio Eliana Capiato Gabay Matthieu Maciocci Guido Hye jin Jeon Cho hae Park Ji eun Hong Seung buk Gu Milena Farina Mariella Annese Riccardo Nannola Livia Paolucci Lebreton Jean-Sebastien Mariambourg Charles Deniza Radulova Radostina Radulova Luigi Centola con Pia D’Angelo Alessandro di Prisco Maura Gravagnuolo Melanie Iorio Domenico Manzione Francesco Rizzo Giulio Sterbini Francisco J. P. Fernández FARM SPECIAL PRIZE Erika Del Vecchio Caterina DiGiorgio

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FIRST PLACE | WEEKENDINAMORNING Massimiliano Marian, Andrea bassi | Biella, Italy

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SECOND PLACE | Janghwan Cheon, Nay Soe ,Matthew Conway, Felipe Colin | Lincoln, USA

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THIRD PLACE | Valentina Andriulli, Antonia De Angelis | Rome, Italy

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HONOURABLE MENTION | Riccardo Nannola, Livia Paolucci | Rome, Italy

HONOURABLE MENTION | Hye jin Jeon, Cho hae Park, Ji eun Hong | Seung buk Gu, Seoul, South Korea

HONOURABLE MENTION | Milena Farina, Mariella Annese | Rome, Italy

HONOURABLE MENTION | Luigi Centola con P. D’Angelo, A. Di Prisco, M. Gravagnuolo, M. Iorio, D. Manzione, F. Rizzo, G. Sterbini | Salerno, Italy

HONOURABLE MENTION | Gabay Matthieu, Maciocci Guido | Rome, Italy

HONOURABLE MENTION | Lebreton Jean-Sebastien, Mariambourg Charles | Paris, France

HONOURABLE MENTION | Deniza Radulova, Radostina Radulova | Stuttgart, Germany

HONOURABLE MENTION | Pietro Bellucci, Leila Bochicchio, Eliana Capiato | Rome, Italy

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FACTORY FACTORYdi Vanessa Todaro

Roma, ore 17.30... nella nostra sede arriva Milena Farina, del gruppo romano Factory, all’inizio della nostra conversazione appare timida, un pò imbarazzata dal nostro fotografo... ma come potrete leggere dalla nostra intervista Milena si è dimostrata tutt’altro... ho avuto infatti il piacere di parlare con una ragazza molto determinata che sa quello che è oggi Factory e cosa, insieme a Mariella Annese, vuol che Factory diventi in un prossimo futuro. Qual è stato il vostro percorso? Com’è nata

in maniera molto forte ma che non ha trovato

attraverso il quale concretizzare alcuni sogni che

la Factory?

il successo sperato. La nostra strategia di

si muovono intorno alla città di Roma. È cosi che

FA: Factory nasce dalla volontà di mettere a

intervento adotta gli strumenti più ‘soft’ della

Roma muore e rinasce, tra sogni e illusioni.

frutto una sensibilità comune che deriva dalla

progettazione contemporanea come il disegno

nostra formazione e da esperienze che ab-

del suolo e la realizzazione di strutture effimere

Hadid, Piano e Fuksas qui a Roma contribui-

biamo condiviso. Entrambe abbiamo studiato

per trasformare e rilanciare le aree periferiche.

scono a quest’illusione, l’illusione che in qual-

a Roma Tre e dopo la Laurea abbiamo iniziato

Gli interventi di riqualificazione realizzati a

che modo Roma possa cambiare?

a partecipare a concorsi di progettazione

Corviale non sono sbagliati, ma poco siste-

FA: Sicuramente Roma ad un certo punto della

collaborando anche con altre persone. Il nome

matici per riuscire a modificarne la condizione

sua storia – a metà degli anni ‘90 – ha avuto

Factory deriva in parte da una suggestione

complessiva. Più un contesto è problematico

bisogno della realizzazione di opere importanti,

per le aree industriali dismesse, luoghi

più forti dovrebbero essere gli interventi sul

e l’Auditorium di Renzo Piano è stata una tappa

affascinanti e stranianti della città contem-

materiale esistente.

fondamentale. Negli anni successivi sono stati

poranea, in parte dalla volontà di evocare

Il nostro progetto punta inoltre a rafforzare

avviati progetti anche belli ma troppo ambiziosi

lo studio di Andy Warhol a New York dove

l’identità condivisa intorno a questi quartieri

dal punto di vista finanziario per le reali pos-

diversi artisti si incontravano per discutere le

attraverso l’organizzazione di eventi importanti

sibilità e quindi fuori luogo, come il MAXXI. Si

loro idee. Si tratta quindi anche di un riferi-

che portino alla ribalta luoghi dimenticati. Di

potevano in alcuni casi scegliere più oculatamente

mento culturale.

Corviale si è parlato molto in passato e ancora

progetti meno costosi ma che avrebbero risposto

oggi e questo ha contribuito a creare negli

al programma funzionale richiesto con altrettanta

Quali sono i principali interessi della Fac-

abitanti una coscienza collettiva molto forte che

qualità, puntando su interventi minori ma più

tory?

non si ritrova in quartieri altrettanto

puntuali diffusi nel tessuto urbano, magari dando

FA: I nostri progetti si occupano principal-

problematici.

la possibilità d’intervenire anche ai giovani ar-

mente di interventi di riqualificazione urbana,

chitetti. Organizzando più concorsi in periferia e

con una particolare attenzione allo spazio

Cosa vuol dire essere “ architetto donna”

nelle zone più problematiche della città si poteva

pubblico. Siamo molto interessate al con-

oggi?

avviare una riqualificazione più globale, come è

tributo che l’architettura può dare ai contesti

FA: Significa a volte incontrare maggiori diffi-

avvenuto in molte capitali europee.

urbani più delicati e problematici, dai centri

coltà nell’affrontare situazioni tradizionalmente

storici in cui il progetto contemporaneo inter-

gestite da uomini. Si fa più fatica ad essere

In che modo secondo voi si può invertire la ten-

viene attraverso il riuso e l’interpretazione di

apprezzate e questo ci spinge ad essere più

denza a scegliere le archistar dando più spazio

segni di grande valore, ai contesti più

determinate.

ai giovani architetti?

degradati e abbandonati della periferia.

FA: Diciamo che c’è una forte divisione... da un

Quindi luoghi di per sé molto forti, rispetto ai

Avete vinto la menzione d’onore per il nostro

lato c’è chi vuole il nome dell’archistar, di solito

quali l’architettura contemporanea è chiamata

concorso Rome City Vision con il progetto

le Pubbliche Amministrazioni. Dall’altra parte c’è

ad offrire un valore aggiunto.

“La città delle illusioni”. Citate Fellini che

chi come i costruttori non chiama né l’archistar né

descrive Roma in tal modo: “Roma è la città

gli architetti ma si rivolge a figure professionali

A proposito di riqualificazione urbana nelle

delle illusioni. Non a caso qui c’è la Chiesa, il

meno specializzate. C’è un salto troppo forte che

periferie, per la vostra proposta di concorso

Governo, il Cinema. Tutte cose che producono

non permette ai giovani architetti di trovare molte

per Rome City Vision avete scelto come

illusione. Quale posto migliore di questa città,

occasioni di lavoro, nonostante l’attività edilizia

location Corviale. Questo quartiere è stato

morta tante volte e tante volte rinata, quale

sul nostro territorio sia stata febbrile negli ultimi

oggetto di molti interventi con la creazione

posto più tranquillo per aspettare la fine da

anni... l’Amministrazione Comunale ha cercato ad

di alcuni servizi di quartiere come una bi-

inquinamento e sovrappopolazione. È il posto

un certo punto di mediare questa situazione, ad

blioteca autogestita. Cosa pensate di questo

ideale per vedere se il mondo finisce o no”.

esempio con i concorsi “Meno è Più”, tentando di

tipo di interventi? Qual’ è la strategia di

È cosi anche per voi? Roma muore e rinasce?

creare un ponte tra l’architettura e il mondo dei

riqualificazione più adatta ad un posto come

L’architettura contribuisce a creare illusioni?

costruttori romani, ma è stato un processo lento

Corviale?

FA: In qualche modo l’architettura contempo-

che non ha portato a niente di concreto perché a

FA: Abbiamo scelto Corviale perché offre

ranea contribuisce a creare delle illusioni con

un certo punto è stato bruscamente interrotto. Si

un’immagine molto rappresentativa della

progetti ambiziosi e visioni edulcorate, ma

era avviato un processo difficile ma che non ha

periferia, come luogo che è stato progettato

nello stesso tempo può essere lo strumento

avuto continuità, per cui è stato tutto uno sforzo

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vano che si è disperso in poco tempo. L’Amministrazione Comunale dovrebbe avere un ruolo più deciso nel controllare la qualità architettonica dei progetti che hanno rilevanza sul territorio. Questo può avvenire proponendo occasioni di concorso, ma soprattutto introducendo un’attività di controllo sui progetti anche di inizitiva privata che non si fermi al piano urbanistico ma arrivi alla scala architettonica, valutando preventivamente la qualità degli spazi urbani che si vanno a realizzare. La vittoria del concorso “I Piloni” a Frosinone, al quale avete partecipato con l’architetto Garofalo, cosa ha significato per il vostro studio? Come procede il suo iter? FA: È stata un’importante occasione per proporre una strategia di

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intervento in un contesto delicato del centro storico. Il progetto ha affrontato tutti i passaggi per

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l’approvazione delle opere pubbliche e speriamo di vederlo al più presto in cantiere. Il mondo professionale romano è

1. ROME CITY VISION COMPETITION | Menzione d’onore | Roma,Italy 2. FACTORY | Intervento di housing sociale a Milano,Italy gresso

molto difficile. Vi sembra che la conseguenza sia una rivalità “non sana” fra gli studi romani? FA: Pensiamo che sia molto interessante lavorare insieme per confrontarsi, soprattutto tra giovani. Lo abbiamo fatto in diverse occasioni e sono state esperienze molto stimolanti. È vero che c’è rivalità ma non ci sembra che sia malsana. È una situazione che si ritrova in tutte le libere professioni e si rafforza nei momenti di crisi economica come questo che stiamo attraversando. Cos’è Factory oggi e cosa sarà fra 10 anni? FA: Factory oggi continua un’intensa attività progettuale che lascia spazio alla ricerca e alla sperimentazione. Speriamo di aver concretizzato fra dieci anni questa attività con opere realizzate a partire dai concorsi, perché questo significherebbe che qualcosa d’importante nel nostro mondo è cambiato veramente. www.fa-ctory.it

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modostudio di Giorgia Sborlino Garcia e Vanessa Todaro

Appuntamento alle 16.30, al 24 di via Amerigo Vespucci, ci apre un sorridente Giorgio Martocchia che ci mostra il luogo in cui nascono i progetti di MODOSTUDIO: un lungo corridoio luminoso, a sinistra una mensola con i plastici, a destra le stanze, i vetri colorati, i computer, i collaboratori, una sala di lavoro con i modellini in lavorazione. Poco dopo iniziamo a conoscerci, intorno al grande tavolo bianco ci sono anche Fabio Cibinel e Roberto Laurenti.

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Come nasce a Roma uno studio come il vostro? Come si è composta questa squadra? Giorgio: Abbiamo lavorato tutti a studio Fuksas, Fabio 9 anni, Giorgio quasi 6 anni, Roberto 4 anni; 4 anni di conoscenza comune. Andati via da lì abbiamo iniziato con l’attività concorsuale, concorso dopo concorso il primo premiato è stato l’International Port Terminal a Klaipeda in Lituania. Il nostro gruppo funziona perchè ognuno ha una caratteristica che si lega bene a quelle degli altri partners di studio: Fabio fa le immagini, Roberto si occupa della parte progettuale ed io del coordinamento del progetto; un piccolo team che a 360 gradi copre tutte le conoscenze che servono all’attività progettuale. Il meccanismo che ci lega ci ha permesso di fare circa 36 concorsi in tre anni, circa

uno al mese, cosa che senza questo legame particolare non saremmo mai riusciti a fare . Roberto: Ognuno di noi si è ritagliato un proprio spazio dove con il suo 33% completa il lavoro comune di tutti. Si sono creati dei meccanismi tali per cui si sa fino a che punto arrivano le competenze di ciascuno, a cui si interfacciano immediatamente le competenze degli altri due. Fabio: La palestra è stata lo studio Fuksas; nei 4 anni in comune ci siamo specializzati in quello che facciamo adesso. In piccolo possiamo dire di essere un grande studio, con la sua sezione di comunicazione, la sezione immagini, la sezione operativa sui dettagli e gli aspetti tecnici. In un gruppo così collaudato che spazio riservate alla collaborazione? Giorgio: Quando facciamo i concorsi cerchiamo sempre di creare un team con

architetti locali che siano in grado di leggere il progetto in maniera diversa dalla nostra, proprio perchè essendo del posto hanno delle conoscenze del luogo più approfondite rispetto alle nostre, essenziali per la definizione di un concept ed per il progetto in generale. Ad esempio “ExFonderie Modena” è stato progettato assieme ad un team locale (ndr: CCDP + arch. Sofia Cattinari); questo ci ha permesso di venire a conoscenza della memoria storica del luogo. Difatti siamo stati gli unici a proporre nel progetto la salvaguardia dell’esistente, a recuperarlo e ad intervenire solo sulla copertura, cosa che non avremmo fatto se non avessimo avuto questo input… e forse è stato proprio questo input la chiave del successo. Fabio: Collaborare con gli altri a volte è anche una necessità, come nei concorsi in due fasi; siamo uno studio giovane a

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1.MODOSTUDIO | ex fonderie riunite Modena, Italy | render

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cui magari sono riservati solo piccoli concorsi, ed unirsi agli altri gruppi ci permette di partecipare a concorsi più grandi, e di maggiore impegno. E a Roma? Qual è la vostra opinione sul modo di lavorare e sul ruolo dell’architettura contemporanea a Roma? Giorgio: Roma è bella! [il tono è sarcastico...] Manca una strategia, ma non solo a Roma in particolare, parlo in generale dell’ Italia, dove nessuno ha le idee chiare. Un’analisi attenta dei bandi di concorsi di progettazione mostra la maggioranza delle amministrazioni locali interessate a far progettare arredi urbani o giardini, nulla che abbia a che fare con uno sviluppo serio del territorio. Penso invece che un problema fondamentale sia lo sviluppo della città. Qual sarà lo sviluppo di Roma nei prossimi anni? Nessuno lo sa dire con chiarezza e ci si pone questioni inutili quali se dobbiamo costruire i grattacieli o no... Appena 10 anni fa se giravi sul raccordo era possibile vedere grandi aree di agro romano ancora intatte... ora invece c’è un magma confuso... Qual è il futuro di Roma? Una capitale dove la metropolitana chiude alle 23.30… dove prendere il treno per Fiumicino è come prendere un trenino in India...mentre a Shanghai lo stesso treno viaggia a 430 km orari! Roberto: L’architettura a Roma è in mano ai costruttori, e la nostra forse non è architettura per i costruttori non interessati alla sperimentazione. Inoltre nei concorsi Italiani ti richiedono 10 pannelli A0 con un rimborso spese, nel caso di vincita, assolutamente ridicolo rispetto al lavoro fatto. Tutto segue la politica dell’esigenza dell’emergenza”... non c’è un ordine. Fabio: Si mette una toppa... dove c’è un problema. E

1. MODOSTUDIO | Office building and logistics centre Nola, Italy | foto di cantiere 2. MODOSTUDIO | Elisabeth and Helmuth Uhl Foundation Laives, Italy| render

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poi sono gli architetti che devono risolvere questi problemi? Penso sia più una questione di amministrazione e di loro strategie. Siete tra i più grandi studi romani, da dove è derivata la scelta di rendervi indipendenti e fondare MODOSTUDIO? Roberto: Il nostro studio nasce perchè le esperienze passate ci hanno fatto capire che non esistono delle strutture piramidali dove poter trovare un proprio spazio. Solitamente sono sistemi piatti, orizzontali, che ti portano fino ad un certo livello oltre il quale non è possibile andare... mentre tu invece senti che hai lo stimolo a fare cose nuove e da lì fai il passo decisivo... contemporaneamente dobbiamo riconoscere che la nostra forza sta in un certo dinamismo, nel riuscire a relazionarci con studi internazionali e questo deriva dalle nostre esperienze passate, dall’aver potuto lavorare con persone che provengono da tutto il mondo... Come siete stati scelti per il progetto “Elisabeth and Helmuth Uhl foundation”? Roberto: La prima fase dello studio è stata dedicata in particolare alla comunicazione della nostra attività; da qui poi sono arrivati varie proposte di lavoro. Siamo stati pubblicati dapprima su Europaconcorsi, poi su alcune riviste coreane tra cui C3 che ci ha dedicato un ampio spazio per il nostro primo anno di attività. Poi, grazie alle pubblicazioni, abbiamo avuto anche un riscontro dal mondo accademico. Da qui un giorno il Prof. Vidotto ci ha contattato per invitarci a candidarci alla partecipazione di questo concorso, affermando di essere interessato alla nostra architettura. Giorgio: Per questo concorso ogni giurato ha scelto tre gruppi di progettisti della propria nazionalità, rispettivamente di Germania, Austria, Svizzera e Italia. Vidotto, giurato che rappresentava la nazionalità italiana, ha portato noi oltre ad altri due studi romani. Successivamente la giuria si è riunita e ha scelto i cinque studi che effettivamente avrebbero preso parte al concorso... alla fine siamo rimasti in short list con il gruppo di progettisti austriaco, ed alla fine è stato prescelto il nostro progetto! Ora si stanno avviando le pratiche per la licenza edilizia. Tutto ciò per dire che anche questo progetto, così complesso nella sua organizzazione è nato dal nulla, spinto dalla comunicazione possiamo dire. Dove volete arrivare? Giorgio: Di certo alla realizzazione completa di “Office Building and Logistics Centre” a Nola, in modo da dimostrare che anche costruttivamente siamo in grado di portare avanti un progetto. Non è facile realizzare un progetto del genere, circa 13.500 mq per 9,5 m di altezza. È stato molto gratificante trovare un cliente che ha riposto in noi una così grande fiducia... Siete soddisfatti dei risultati raggiunti? Roberto: Considerando che siamo partiti da zero, senza conoscenze, zero contatti… siamo riusciti a crearci il nostro spazio... e lo vediamo sia dalle riviste che ci vogliono pubblicare, sia delle richieste di ragazzi che vogliono fare uno stage da noi... o il fatto stesso di essere stati chiamati a partecipare a concorsi internazionali... Questo significa che qualcosa trasmettiamo, e questa è una grande soddisfazione! Giorgio: Fondamentale è mantenere alto l’entusiasmo in questo mestiere… Roberto: Ed è importante divertirsi, provare interesse per quello che si fa! www.modostudio.eu

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Juergen Mayer H. special interview di Francesco Lipari

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La prima volta che mi imbattei in un’opera di Juergen Mayer ho capito che c’era qualcosa di nuovo e di originale nelle sue produzioni. Forse per via delle sue opere così ludiche e giocose che mi ricordano le famose formine di plastica con i buchi rettangolari che si incastravano per costruire sogni da bambino. Ecco si i sogni! perchè JMH è uno che i sogni li ha trasformati in cose solide come case, uffici e interni strabilianti riuscendo a trasmettere la sua voglia d’architettura, il suo modo di vedere il mondo agli altri e non viceversa. Spesso i tuoi progetti nascono da qualcosa di divertente e ricreativo. JHM:L’architettura dovrebbe rappresentare un “attivatore” per fare in modo che la gente passi da un atteggiamento passivo e di aspettativa ad un livello di coinvolgimento partecipato e consapevole. Quali sono le origini della tua filosofia architettonica? JHM:Dopo aver cominciato i miei studi in Germania, andai negli Stati Uniti per qualche anno. Alla Cooper Union fui colpito dal concetto di pedagogia e volli estendere i miei studi alla Stuttgart University in quell’ambito accademico. Più tardi andai alla Princeton University per arricchire la mia esperienza formativa di un aspetto critico. Ci sono altre professioni o tipi di lavoro che ti hanno interessato? JHM:All’inizio pensai a medicina o arte, ma alla fine decisi di studiare architettura, dopo aver visto una fotografia dei Magazzini Schocken di Erich Mendelsohn, che credo vennero distrutti nel 1960. Quali sono secondo te i principali fattori determinanti all’interno del processo progettuale? JHM:Un investimento rilevante nel nostro lavoro è mirato ad espandere il materiale dell’architettura, intendendo ciò che va oltre il semplice materiale da costruzione.L’influenza dei nuovi media e dei nuovi materiali certamente espande la nostra concezione di “spazio” come piattaforma di comunicazione e per l’interattività socioculturale. Guardiamo da vicino il luogo, ripensiamo in modo critico il programma cercando di trarre qualcosa di specificatamente pensato per il sito. Nel caso del Danfoss Universe ad esempio la pavimentazione e la qualità dello spazio esterno hanno guidato il processo progettuale degli edifici pensati come moduli del pavimento stesso. Cosa pensi degli architetti che si prendono troppo seriamente? E degli ar01 CITYVISION 43


chitetti italiani? Troppa teoria e poca pratica? JHM:Sembra come se negli ultimi anni in Italia fosse sorta una nuova generazione di architetti contemporanei. Saranno loro a cambiare la scena architettonica italiana nell’immediato futuro. Nel frattempo in Italia stanno sorgendo molti nuovi grandi progetti: a Milano il risanamento della vecchia fiera nel centro della città, oppure il museo di arte contemporanea di Zaha Hadid recentemente inaugurato a Roma, tutto ciò avrà dei riverberi, dimostrando al grande pubblico che c’è un futuro per l’architettura e lo scenario urbano. È un cliché piuttosto noto che l’Italia possegga il 40% del pa-

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trimonio artistico mondiale grazie ad una straordinaria cultura della conservazione. Pensi che tutta questa volontà di conservazione ci stia mettendo sottovuoto? JHM:Proprio a causa del 40% del patrimonio artistico mondiale il principale interesse dell’Italia deve essere la cultura della conservazione. Ma nelle ultime decadi sembra come se non ci fosse stato spazio per l’architettura moderna, come se l’Italia avesse perso i contatti con il dibattito architettonico internazionale. Ma come ho già accennato, gli ultimi anni suggeriscono una speranza di cambiamento in Italia, la società sembra essere più aperta verso l’architettura contemporanea ora. Forse questo è anche il risultato dei giovani italiani

che fanno sempre di più viaggi internazionali e lavorano all’estero. Sei stato il nostro presidente nella giuria del concorso Rome City Vision. Credi che questo tipo di iniziative “indipendenti” possa veramente aiutare la città e i cittadini a mutare il loro modo di vedere Roma? Secondo te perché a Roma, a differenza di altre capitali europee, è così difficile trovare un compromesso tra ciò che è storico e ciò che è contemporaneo? JHM:Roma è una delle città più affascinanti del mondo, ma questo aspetto rende più delicata l’operazione di inserimento di nuova architettura. Le persone in Italia devono capire


che l’architettura contemporanea è un arricchimento per le vecchie città e che la conservazione da sola può portare la cultura in un vicolo cieco. La necessità è quella di un dialogo tra presente, passato e futuro. Pensi che l’architettura tenda a voler essere di moda oggi? JHM:L’architettura è sempre stata un prodotto del suo tempo, ma centinaia di anni fa il tempo e la moda cambiavano lentamente. Oggi stiamo vivendo in un’epoca diversa, definita globale, multiculturale e multimediale. Come la moda, l’architettura è sempre lo specchio del dibattito contemporaneo e delle visioni della nostra cultura. Qual è la tua città ideale? JHM:Pokeville. Venite a visitarla all’Audi Urban Future Award Exhibition di Venezia durante la Biennale!

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3 NELLE PAGINE PRECEDENTI 1.J.M.H. | LEVELGREEN | Wolfsburg, Germany

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3 IN QUESTE PAGINE 1.J.M.H. | mensa | Stuttgart , Germany photo: www.davidfranck.de 2.J.M.H. | duplicasa | Ludwigsburg, Germany photo: www.davidfranck.de 3.J.M.H. | sevilla construction site | Sevilla, Spain

Qual è il progetto più interessante che stai facendo in questo momento? JHM:Attualmente stiamo lavorando a numerosi progetti interessanti: un nuovo palazzo di giustizia ad Hasselt, Belgio, il risanamento di Plaza de la Encarnation a Siviglia, Spagna, ed un nuovo stabile nel centro di Berlino, Germania. Ogni progetto ha una diversa scala e una propria sensibilità non è possibile limitare l’essere interessante ad un solo aspetto, è più complesso, è complicato. www.jmayerh.de.com

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1.J.M.H. | Copyrights Jens Passoth All rights reserved. www.passoth.de 2.J.M.H. | ADA 1 - Office Building “An der Alster 1”, | Hamburg , Germany photo: www.davidfranck.de Photographer: Schaulin, Hiepler Brunier, Dirk Fellenberg, Schraubverschluss

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Nuove tecnologie per l’architettura

Davide Del Giudice Davide del Giudice è un architetto che si occupa di computational design e digital fabrication e attualmente lavora presso Zaha Hadid Architects. Il suo design computazionale è un nuovo approccio all’ architettura contemporanea. La sua ricerca confluisce in CO.DE. e nell’ormai famoso blog MadeinCalifornia. Grazie a questa ricerca i coders condividono i loro progetti e le loro soluzioni rispondendo a problematiche di geometria complessa, usando strumenti di disegno computazionale come lo scripting (la manipolazione del codice sorgente del programma) e i modelli parametrici. Questi progetti sono differenti dall’ approccio convenzionale al design dove esiste una singola soluzione progettuale, essi sono pensati tramite logiche parametriche che producono molteplici risultati come se fossero macchine intelligenti che reagiscono e rispondono al dominio dei parametri (input) inseriti dal progettista. Questi sistemi sono studiati secondo un approccio bottom-up che risponde alle qualità di emergenza e alla continua differenziazione e variazione dell’ambiente architettonico e urbano. www.madeincalifornia.blogspot.com

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A parametric field created in Grasshopper from a curves with variable fillet generated from a metaball 2d system.

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Phyllotaxis variation working on variables with a few changes of the values “i” in the math formula of spiral: x= cos(i), y=sin(i), z=i

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Escape from Rome Archi[te]nsions_Alessandro Orsini

di andrea debilio

New York, 4 Giugno 2010, The Empire State Building, 45esimo piano, Studio Archi[te]nsions. “Tanto di cappello a quello che state facendo, molto bello, ma se voi foste qui, avreste il vostro studio e fareste tutt’altro... anzichè arrancare e cercare di convincere le persone che l’acqua si può mandare nel senso opposto... perché qui se hai una buona idea... ben venga...” Da questa frase inizio a raccontarvi l’intervista ad Alessandro Orsini architetto a New York, trasferitosi da Roma nel 2004 dopo aver ricevuto una menzione speciale al concorso per il recupero della New York High Line, uno degli esempi più interessanti di reperti industriali newyorkesi degli anni ‘30. Quello di Alessandro è stato un percorso particolare, notato proprio in occasione del concorso da Bernard Tschumi, membro della giuria insieme a Steven Holl, viene invitato proprio da loro a partecipare ad un a post–graduate work alla School of Architecture Planning and Preservation della Columbia University. In quel periodo Holl iniziava a scrivere Urbanism e trovò in Alessandro la persona giusta da affiancare nella stesura del libro, quel punto di vista europeo che riusciva a staccarsi dal concetto di città meramente americano”.

“Qual è stato il tuo percorso, come ti sei avvicinato allo Star System dell’architettura internazionale?” A.O. “Ammetto di essere stato fortunato, ci sono state una serie di coincidenze: sono arrivato a Steven proprio attraverso questo libro, la stesura si fermò per anni, ma mi chiese di fermarmi a lavorare nel suo studio. In quel momento avevo altri progetti, volevo insegnare, dedicarmi ad altre cose, ero su un altro binario; avevo però sempre pensato che Steven Holl fosse quello per cui avrei voluto lavorare. Arrivò allo studio proprio in quel periodo un cliente italiano che ci commissionò la Sunslice House sul lago di Garda, ero l’unico italiano e diventai il project architect, cosa che mi permise di stare molto vicino a lui”. “Cosa vuol dire essere un architetto italiano a NY?” A.O. “Gli Italiani hanno sempre fatto New York, dal fashion, al food design, siamo tutti noi, l’italiano ha buon gusto, si veste bene. Ma esiste uno strano fenomeno tra di noi, non ci si aiuta, c’è molta competizione anche perché il nostro è un cliente di nicchia, un intellettuale; abbiamo avuto Carlo Scarpa, non trascuriamo nulla, neanche nell’Interior design, possiamo disegnare e produrre tutti i pezzi, tutti, fino alla maniglia, siamo ricercati e questo spesso crea rivalità. Io sono un po’ diverso, credo molto nell’insegnamento, avendo lavorato sotto l’ala 56

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1.Architensions | New York Highline, New York, USA | Concept 2.Steven Holl | Vanke center, Shenzhen, China © Shu He, courtesy of Steven holl architects

4.Architensions | Upside down skyscraper, New York, USA | Render

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3.Steven Holl | Sun slice, Lago di Garda, Italy courtesy of Steven holl architects

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1.IN FACTORY | soffitto di fili di acciaio | steel wires ceiling 2.IN FACTORY | strisce di piscine d’acqua | water pool stripes 3.Automobile Museum | tavola di concorso | competition board

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protettrice di uno dei maestri dell’architettura contemporanea ho capito tante cose, perché non metterle a disposizione degli altri?” “New York, gli investimenti e lo sviluppo urbano, in che direzione si sta andando?” A.O. “Vedi, io sono contro il corporate e tutto quello che gli gira intorno, non so se sia giusto o meno, ma lavorare a fianco di Steven e vedergli rifiutare parcelle esorbitanti solo perché il “programma sociale” non era quello giusto m’ha profondamente condizionato, lui non ti farà mai la torre a Dubai. Apprezzo molto il motivo che sta dietro un disegno, ma esiste anche una contraddizione perché forse un grattacielo orizzontale come questo (Venke Center ndr) senza un colosso come Vanke non sarebbe possibile. Entrando nel merito sicuramente downtown Brooklyn sta ricevendo un grosso apporto per lo sviluppo, intorno a BAM (Brooklyn Academy of Music ndr) si muovono diverse istituzioni culturali, poi l’espansione di Columbia University e la rinascita di Harlem. E poi lo sviluppo della città sull’acqua tra New Jersey e Brooklyn. In questo momento a New York ce la stanno mettendo tutta affinché si riesca a vivere la città per strada, stanno creando diverse aree pedonali, fatevi un giro nel Meatpacking district da dove parte la High Line... Questa è una città che vive di cicli, periodi di stallo e momenti in cui rifiorisce tremendamente. Questo a Roma non lo vedo, non c’è, anche se ad un certo punto si dovrà svegliare”. “Eppure Roma qualche intervento importante l’ha avuto e l’avrà a breve, penso a Piano, Meier, Zaha Hadid, Fuksas...” A.O. “Certo, meglio il Maxxi che niente! Mi piace ad esempio il lavoro di Odile Decq per il MACRO, poi però mi chiedo perché non lavorano i giovani a Roma? Secondo me c’è un immobilismo intellettuale... non arrivano certe cose, non so, forse perché le persone non ce le portano... Vedremo di che cosa saranno capaci le istituzioni culturali che ruotano intorno a Maxxi e Macro... potenzialmente potrebbero avere la stessa forza del MOMA o del Whitney”. “Credi dipenda dalla formazione accademica?” A.O. “Vedi, l’America cosa fa? Prende le menti migliori a livello internazionale e gli stende il tappeto rosso. Io sono venuto qua, ho lavorato con Steven Holl per cinque anni, continuo a collaborare con lui, sto scrivendo uno dei libri più importanti su di

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lui, così... decido di mandare una email al direttore della mia facoltà perché mi sento di dover dare qualcosa a chi mi ha formato: nessuna risposta! È una cosa assurda, chiunque scrivesse a Mark Wigley di Columbia avrebbe un appuntamento il giorno dopo. Per carità anche qui dietro c’è una strategia ben precisa, New York è un’icona, la ricerca si fa qui, le opportunità stanno qui... it’s fine, vieni da me che ti faccio aprire la mostra allo Storefront, tu diventi famoso, ma io faccio lo stesso... è un do ut des... In effetti la differenza la fanno le università americane, quelle di New York per l’architettura sono avanti perché hanno un supporto culturale ed intellettuale diverso. Alla casa dell’Architettura cosa fanno? Così ci convinciamo che Roma sia una città da terzo mondo, in realtà Roma è Roma”. “Ma Roma è Roma grazie a chi ci ha preceduto, se mi chiedessi su cosa si stia investendo avrei difficoltà. Si parla molto di recuperare le aree dismesse, le nuove caserme... recentemente l’Auditorium Parco della Musica ha ospitato un Workshop sui nuovi modelli di trasformazione urbana...” A.O. “ Sì, ho letto e mi chiedo perché si ostinino ad invitare architetti come Krier, basta, ha fatto il suo tempo. Poi vorrei anche dire stop alla tendenza che si ha di invitare architetti solo perché fanno parte dello star system oppure perché sono incredibilmente affidabili, come il nostro bravo Piano e le sue scatole di vetro perfettamente disegnate belle e funzionanti. Per me è fondamentale il legame con l’accademia, il luogo da dove parte la sperimentazione e dove si creano nuovi modelli urbani, se manca questo legame si rischia di non aggiungere nulla alla ricerca intellettuale legata all’architettura. Qui si sta sempre un po’ avanti, la sensibilità sta cambiando, sempre più le grandi corporation hanno bisogno di un’immagine, guarda l’Headquarters di Interactive di Gehry sulla High Line, tutti dicono sia brutto, non credo lo sia, con quegli effetti di luce suggestivi, un edificio di vetro così non l’aveva mai fatto nessuno. Non dobbiamo pensare che ogni opera debba essere un masterpiece, no, non lo è, però quell’edificio di Gehry non è male. Qui si sta molto attenti all’innovazione, si muovono, si guardano in giro, pensano: bene, Campo de’ Fiori non ce l’abbiamo, palazzo Farnese neanche, chiudiamo, mettiamo dei tavolini rendiamo fruibile gli spazi urbani della città. Mi piace molto l’idea di Piano ed Abbado dei 90.000 alberi a Milano, NY è una città che ha fiori tutto l’anno, anche particolari e nessuno li tocca, è una cultura urbana, c’è un grande rispetto per le cose pubbliche, se Central Park chiude all’una di notte


è chiusa semplicemente, con un cartello, senza catene o cancello. Abbiamo avuto tutto il ridisegno delle Bus Stop fatto da Nicholas Grimshaw, bellissime, costosissime, mai un graffio, neanche nelle zone più rough di Brooklyn”.

1. Alessandro Orsini e Andrea Debilio nello studio di NY

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“Architecture is the most fragile of arts: These works depended on great collaboration of all the energetic and creative people listed with each of the project of this book, from clients and consultants to the architects in our office”. È una frase che Steven Holl pubblica sempre sui suoi libri ed è la frase alla quale Alessandro tiene di più e che ha voluto condividere con noi. A voi un’interpretazione personale. www.architensions.com

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pg 64| Factory | Chris Rain pg 65| diciannovediecidesign | Chris Rain pg 66| Na3 | Chris Rain pg 67| Modostudio | Chris Rain

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1.3GATTI |Red Object Shanghay, China | Vista interna

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Francesco Gatti di giorgia sborlino garcia

Esiste un filo conduttore che lega i tuoi progetti? L’uso di rossi è uno degli aspetti che saltano più all’occhio, eppure probabilmente c’è qualcosa di meno evidente che tiene insieme il progetto del Museo dell’automobile con quello di “In Factory”, è effettivamente così? FG:È vero, forse ho esagerato un po’ con il rosso : ) è che mi piacciono i contrasti, e con il rosso vengono bene. Anche il bianco, il nero, insomma credo che con la semplicità sia più facile leggere il progetto. Probabilmente sono incapace nel progettare usando i colori, si vede anche nel modo in cui mi vesto, toni di grigio come background e poi un elemento rosso che spicca, scarpe o mutande che siano. Sono monotono. Quindi tornando alla domanda, a legare tutti i miei progetti credo ci sia la semplicità, che poi è una cosa difficilissima e complicatissima da raggiungere, ma quando la ottieni l’idea viene fuori veloce e potente. Di quali emozioni raccontano i tuoi progetti? Probabilmente le immagini con cui ti sei trovato a confrontarti nella vita di tutti i giorni in una metropoli come Shanghai sono piuttosto lontane dagli stimoli della città in cui hai vissuto fino a 31 anni, quale atmosfera hai deciso di raccontare tra le pieghe dei tuoi edifici? FG:Emozioni brevi, potenti e facili da iniettarsi. Credo che sia questo che vogliamo, noi che siamo cresciuti davanti alla tv, bombardati da immagini dalla mattina alla sera. Che poi da questo punto di vista Roma sia un po’ più rilassata di Shanghai è vero, ma credo che la globalizzazione faccia rassomigliare sempre di più le vite, anche se vissute in luoghi diversi. Per me che voglio imbarbarirmi il più possibile, Shanghai è la mia grande maestra di vita. Credo solo in questo modo potrò capire davvero cosa vorranno gli usufruitori futuri della mia architettura e godere in modo costruttivo del domani. Shanghai è fredda, scintillante, crudele. Gli edifici ti dominano. C’è una specie di frenesia atomistica nell’attività che va avanti; quanto più furioso il passo, tanto più sminuito lo spirito. Un fremito continuo, ma potrebbe benissimo avvenire in una provetta. Nessuno ne sa lo scopo. Nessuno indirizza l’energia. Stupenda. Bizzarra. Sconcertante. Una terribile spinta reattiva, ma assolutamente priva di coordinazione.

L’Oriente suggerisce un’immagine anche della donna molto diversa da quella che conosciamo, l’universo femminile ha mai rappresentato una forma di ispirazione per i tuoi progetti? La donna è il motivo di tutto ciò che faccio nella mia vita e credo anche il motivo che mi ha portato ad essere un architetto e che mi porterà ad abbandonare l’architettura, dopodiché mi viene in mente l’immagine barbara dell’architetto Manuel Fantoni nel film “Borotalco” e scusa se ho violentato la poesia della tua domanda. Assodato che l’Università rappresenti, in questo momento, al più un luogo di scambio di esperienze tra gli studenti e una palestra assai maldestra per ciò che concerne la pratica architettonica, dove credi che dovrebbe avvenire l’insegnamento della libertà e del futuro creativo? Da questo punto di vista chi sono stati i tuoi maestri? FG:I maestri uno se li cerca ovunque: su facebook, in tv, tra gli amici, nei libri, tra i prof... ultimamente trovo insegnamento nel cartone animato “south park” e da un perfetto sconosciuto su facebook. Quando ero piccolo non ero così barbaro e mi dovevo accontentare dei prof. a scuola ma per fortuna sono migliorato e sono uscito dall’elite degli intellettuali. “Crisi” è un termine ampiamente utilizzato attualmente, aldilà del fattore economico che ne rappresenta solo uno dei numerosi aspetti, in che modo credi si possa superare lo stallo zcreativo, innovativo, la resistenza alla sperimentazione e ad ogni tipo di slancio anche emotivo che caratterizzano il panorama architettonico italiano ed in particolare romano? FG:Personalmente sono felice della crisi perché ci vedo l’evoluzione invece che il regresso. L’architettura “di qualità” sta sparendo per fare

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posto all’edilizia, i ristoranti dei buon gustai chiudono per far posto ai fast food e per fortuna non si ascolta più musica classica ma ci si inietta di drumm‘n base. Tutto sta nel saper convertire quello che prima consideravamo avente un’ “anima” con qualcosa senz’ “anima” ma più vitale e vicino a quello che siamo noi VERAMENTE oggi (noi architetti non ci stiamo riuscendo molto bene), e qui consiglio la lettura dell’ultimo saggio di Baricco. Come componente della giuria del concorso “City vision” qual è la tua opinione sulle tendenze dei giovani protagonisti dell’architettura romana contemporanea? Credi che confrontarsi con una realtà millenaria come quella di Roma, così frastagliata, eterogenea e contemporaneamente carica di contenuti simbolici sia un vantaggio o piuttosto un limite per chi si sta affacciando al complesso mondo dell’architettura? FG:Credo sia un vantaggio perche è sicuramente più divertente stuprare il vaticano e i vecchi babbioni di cui Roma è piena piuttosto che una landa desolata americana o cinese dove il barbaro va verso il futuro senza potersi sollazzare nel saccheggio del vecchio impero. A Roma oggi i giovani sono gli unici in grado di fare gli architetti, gli unici che riescono a capire davvero cosa la loro generazione vuole nella vita, generazione che sarà l’unica fruitrice degli edifici che si inizieranno a costruire oggi. L’architettura vera rifugge i precetti, gli idoli, i dogmi, l’unico ideale da coltivare è forse quello del coraggio. La tua storia ci parla di un ragazzo che ha attraversato il mondo per inseguire una passione, in che modo ritieni che il rapporto tra le giovani generazioni e i “maestri” possa agevolare o viceversa ostacolare un rinnovamento di cui l’Italia sente particolarmente bisogno? FG:Il problema dei “maestri” è che ci danno come esempio la loro storia che di solito parla di invenzione, di superamento, di svolta e di rivoluzione. Noi guardiamo questa gente che nei libri di storia ha inventato le avanguardie e ci sentiamo quasi in colpa se non riusciamo ad inventarcene una nuova per dare una svolta all’architettura contemporanea. Ma oggi non credo che inventare il nuovo sia la giusta direzione, guardiamo alla musica che supera sempre l’architettura di molte lunghezze; nella musica contemporanea, quella che oggi ci esprime meglio, non esistono più i compositori, quelli che si inventano il nuovo. Oggi l’operazione che riusciamo a capire meglio è quella della clonazione o al limite della mutazione dell’oggetto clonato. L’arte non si muove più verticalmente nella ricerca del nuovo ma si sposta lateralmente shiftando gli elementi già esistenti. Un altro problema è che oggi si muove tutto in maniera esponenzialmente maggiore rispetto al passato, mentre prima lo studente viveva piu o meno nella stessa sfera culturale/tecnologica del maestro che quindi gli poteva trasmettere le problematiche contemporanee, oggi il maestro deve essere preso in piccole dosi perché trasmette una sfera culturale già superata. Prendiamo i maestri come vanno presi il libri di storia. www.3gatti.com

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1. 3GATTI | Automobile Museum Vista esterna

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WHITE NOISE

na3 - nicola auciello di Giorgia Sborlino Garcia

“Progettare con poesia, costruire con poco tramite la forza delle idee e delle emozioni. La materia, qualsiasi essa sia è caduca e vulnerabile, le emozioni no! Esse sono e rimangono indistruttibili”. Questo c’è scritto sulla parete dello studio romano di Nicola Auciello. Nicola è un giovane architetto, e a lui questa dicitura da un lato fa piacere, dall’altro lo infastidisce, perché è strano essere considerati a vita dei giovani architetti, anche dopo anni che si progetta, si costruisce, si lavora. Questa storia ci racconta invece di un architetto maturo, che porta avanti una ricerca fatta di parole e di piani, di messaggi e di scale, di significati, di volte. “C’è tutto un mondo dietro”, questo ci ripete Nicola, non è solo costruzione, ci deve essere un’emozione. E nonostante i tempi difficili che stiamo attraversando, nonostante le aziende, i pubblici, i privati, i tempi e i costi, i cittadini, i fruitori, le archistar, le critiche, Roma, disorganizzazione e ignavia, ci si riesce a guadagnare un posto in questo complicato mosaico che è l’architettura, e si inseriscono i propri tasselli, uno vicino all’altro, che così si fanno forza. Nicola ha scelto una strada, ha scelto di continuare un percorso iniziato anche prima della facoltà di architettura, e forse è questo che ha funzionato, il non aver abbandonato se stesso per qualcun altro. In questo racconto partiamo dalle parole, per Nicola sembrano fondamentali, i soldi scarseggiano e così si cambia la materia prima, si deve essere un po’ equilibristi, che vuoi… E si riparte da qui, dall’esigenza del committente di risparmiare, sempre, lavorare sull’idea allora, anche quando l’incarico non c’è, anche quando l’azienda chiede all’architetto che sia lui a trovare chi acquisterà il suo oggetto. Addirittura. Nicola allora pensa alle parole e progetta. Il design, per provocare e sperimentare, e la ricerca va avanti, la si fa anche solo per divertimento, la passione è tanta. Da un’idea ne nasce un’altra, tutte di una 76

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poeticità un po’ rara per la verità. E spontaneamente, ci dice, parola dopo parola sono nati i primi progetti, situazioni architettoniche legate ad una formazione classica che ancora lo emoziona, dalle parole al linguaggio, alla comunicazione, e da lì direttamente all’emozione. Nicola puntualizza: «questa emozione deve essere comunicata e traslata secondo me all’interno del manufatto architettonico. L’emozione che non è fatta di materia. L’emozione è qualcosa che c’ è nell’aria, e allora ritorniamo al concetto principale, cioè l’architettura fatta con poco, con pochi soldi, con pochi finanziamenti, però carica di un qualcosa in più che deve avere. Come una persona che ha una sua struttura a livello formale e poi internamente può essere carica di emozioni da donare agli altri. Così accade anche per l’architettura: può essere un’architettura bellissima però può essere anche fondamentalmente fredda». E non sono solo parole queste, ritroviamo tutto nella “casa al Gianicolo” a Roma, un contenitore di poetica ispirato a Giò Ponti ed espressa nei 7 livelli di questa abitazione così candida, così progettata. Gli spazi sono ampi, le prospettive allargate, le stanze si concatenano, di sottofondo c’è la sinfonia della luce, un’illuminazione pensata per celebrare una famiglia. Emozioni, Nicola insiste, la comunicazione fa nascere le emozioni, la sua architettura è tutta lì. E ci fa vedere un plastico, è un cubo, dentro ci sono le rose. Il luogo è un cimitero, ma lo si capisce solo dopo, più che una cappella funeraria il sapore è quello delle antiche tombe egizie, l’attenzione e la cura che si leggono tra le pieghe di questo progetto sembrano esser le medesime. Mentre ci mostra le immagini ci spiega che questa per lui è una metafora, interpreta la costruzione come fosse una persona: l’aspetto esterno minimale, bianco, geometrico, assoluto, come un corpo che non c’è più, dentro c’è una sorpresa, una detonazione, di decori, di materiali, di ricchezza, per esprimere quella ricchezza interiore dell’uomo, il suo universo interno e segreto, custodito da un involucro silenzioso. Il progetto si chiama “la

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1.na3 | la casa interiore | the interior house

Nelle pagine successive 2. na3 | Gymnasium project

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casa interiore”, queste sono le parole con cui Nicola ce lo presenta: «In questo progetto abbiamo voluto assolutamente esprimere questa differenza tra esterno ed interno, quello che dicevo prima parlando in maniera metaforica di una persona… una persona può essere esteriormente molto bella, però interiormente vuota, oppure il contrario. Il discorso di questa cappella va oltre, perché questo è un cubo, un’architettura concettuale. Il discorso è che l’architettura legata al sacro ed in particolare nell’ambito funerario è un’architettura che abbonda di situazioni ricche esteriormente; a livello interiore invece c’è poco, c’è freddezza, c’è marmo, ci sono situazioni fredde il più delle volte, oppure le classiche soluzioni con colonne doriche. Qui invece a livello esterno io vedo un cubo, una soluzione semplicissima, una situazione che non mi identifica nessuna religione, trovo un manufatto che è assolutamente anonimo, varco questa porta, e all’interno devo avere un mondo, un’esplosione di emozioni, un’esplosione di ricchezza, anche sul tetto. Dovrebbe rappresentare la ricchezza delle persone che c’erano e non ci sono più». Quando cambiamo argomento siamo ormai entrati in questo mondo di parole ed emozioni, ed è chiaro che qui l’architettura ha il sapore antico della ricerca, dell’attenzione, quella filosofia che ci raccontano esistesse a Roma negli anni Venti, eccola qua, esiste, basta saperla cogliere e guardare. C’è un’ironia di fondo nei progetti che vediamo: il “Daytiles” sembra uno scherzo del tempo, il dispetto di un bambino che scombina le parti. C’è un’attenzione alle piccole cose che si sposa con continui riferimenti all’arte contemporanea, alla poesia, alla letteratura, e sono piccole cose che messe insieme fanno un percorso. Uno degli ultimi lavori in questo senso nasce sulla strada, in mezzo ai cittadini, si prende cura della città. È un progetto sviluppato in collaborazione con un’azienda che si occupa di

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sistemi innovativi di arredo urbano, l’intenzione era quella di dare nuovi stimoli alla gente, a chi vive la città, stimoli capaci di modificare in futuro i comportamenti a livello urbano. Sono nati 5 progetti diversi, dove ogni progettista secondo il proprio linguaggio ha interpretato questo tema. «Forse al nord questa cosa è più sentita, da noi invece pensiamo che la casa è nostra, la città è degli altri, questi altri non si sa chi sono, e quindi la sporchiamo, la imbrattiamo, la rendiamo meno bella di quello che potrebbe essere», da qui l’idea di regalare una provocazione, un totem da seminare per la città fornito di scopa, paletta e sacchetti, un totem affidato alla donazione di scope vecchie della gente comune, un cartello in alto che recita: “Questo è un oggetto che appartiene a tutti noi, cittadini e abitanti del luogo: perché sia sempre naturale il desiderio di tenerlo pulito e ordinato… e se qualcuno lo rubasse? Chiunque abbia a disposizione una vecchia scopa e paletta può ridonarla alla città e riportarla qui, il luogo e i suoi abitanti vi saranno grati”. Presenza sul territorio, per fare architettura non c’è solo la strada delle grandi opere, tutto ciò che è urbano diventa uno scenario su cui lavorare. La contemporaneità a Roma è un obiettivo ancora molto lontano, che si può raggiungere in molti modi, forse anche con un po’ di ironia. Prima di salutarci chiediamo a Nicola del suo studio, e lui ci risponde «Na3 è uno studio che ama quello che fa», è un giovane studio… che lavora da dodici anni. www.na3.it


abito coral design VANESSA TODARO bozzetto FRANCESCA CAVALLO

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DICIANNOVEDIECIDESIGN di Vanessa Todaro

mutamento dei bisogni delle persone,una ricerca continua di confort e servizi, applicando alla pratica lo svilupparsi di una doppia personalità dell’oggetto. Per quanto mi riguarda credo che sarà la nuova frontiera del design della nuova era.

Dopo le scuole superiori t’iscrivi alla facoltà di giurisprudenza alla “Sapienza” di Roma, poi con un improvviso cambiamento scegli il design... Cosa è stato a spingerti verso questa strada e perché? Cos’è cambiato da allora ad oggi? L’uomo si spinge nella sua crescita verso continui cambiamenti, fino a ritrovare se stesso in ciò che lo completa come uomo lavoratore. La scelta di una facoltà giuridica è stata una decisione che in quel momento ha rappresentato un ripiego dopo una mancata ma temporanea non ammissione alla facoltà di Disegno industriale, che si presentava a numero chiuso. Ma la mia scelta è sempre stata quella, e sicuramente a farmi intraprendere questa via è stata la mia indole creativa e inventiva, che ha preso il sopravvento nel mio crescere come persona, indirizzandomi verso ciò che mi permette tutt’oggi di esprimermi al meglio nei miei lavori (che considero come estensioni di me stesso). I tuoi progetti da “Tira e spingi” a “Disambigua” sono sempre caratterizzati dalla trasformabilità dell’oggetto... Come spiegheresti questa scelta? Il punto centrale di questa mia caratteristica credo sia riassumibile con il termine “evoluzione”, dunque una trasformabilità che si adatta secondo il mio punto di vista al continuo

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Sei stato pubblicato su varie riviste, anche d’importanza mondiale, che ruolo ha la comunicazione all’interno della tua attività? Quali benefici ne hai tratto? La comunicazione è il fulcro centrale del nostro campo, un campo in cui la pubblicità e l’esposizione hanno lo stesso comun denominatore che si ha nella lavorazione di un progetto, ossia la stimolazione della fantasia. Penso che se non ci fossero i media a pubblicizzare le nostre opere, la visibilità nel nostro campo raccoglierebbe risultati molto più bassi, stimolare la fantasia è senz’alcun dubbio una della chiavi per ottenere un buon prodotto. In merito ai benefici ottenuti, ciò che ha influito di più sulla mia attività lavorativa è stato esclusivamente dal punto di vista d’immagine, spero di continuare così e di poter contribuire in maniera crescente ad esportare il design italiano, cercando di migliorare sempre. Design a Roma, cosa ne pensi? Personalmente ritengo che il design a Roma ancora debba prendere le giuste misure, considerando la posizione che la città occupa in campo internazionale per la sua storia e cultura, credo si debbano accentuare in maniera più consistente le iniziative e gli eventi per promuovere

questo campo, che da sempre dà un tocco di magia alle città che lo affiancano. Come ti rapporti con l’ecosostenibilità? In che modo s’inserisce nei tuoi progetti? Dal mio punto di vista un prodotto ecosostenibile è un progetto esaltante, che mi affascina in particolar modo poiché non è solo design e innovazione, ma anche un modo per risparmiare e proteggere l’ambiente, cerco infatti di utilizzare sempre più materiali ecologici e naturali, le aziende stesse oggi si stanno sempre più orientando dalla produzione al prodotto finale verso un ecosostenibilità. Quali sono i tuoi modelli di riferimento? Le tue ispirazioni? Non ho un modello di riferimento specifico, credo che in questo campo l’originalità sia essenziale, le mie ispirazioni infatti sono estratte dalla vita quotidiana, dal vivere comune, dalle culture, insomma da tutto ciò che posso osservare. Spesso estendo le mie ricerche ad altri campi dove la passione per il mio lavoro mi spinge ad andare oltre, credo che sia quest’oltre che determina la mia ispirazione, dunque la possibilità di far notare ad altri che c’è ancora qualcosa di nuovo da vedere. Aspirazioni future? I progetti che vorrei realizzare sono tanti, certo è un campo duro, dove devi fantasticare con la mente per avere un’idea buona e dove al contempo devi attenerti alle possibilità che ti vengono offerte, per adesso sto sviluppando alcuni prodotti con aziende che hanno voglia di sperimentare e di investire, onestamente spero di continuare ad ottenere buoni risultati. www.diciannovediecidesign.it


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NEW MATERIALS ACTIVE

Per il primo numero di City Vision e la sezione della nostra rubrica New Materials abbiamo deciso di parlare di una azienda leader nel mondo della ceramica, Graniti Fiandre e di intervistare i suoi pezzi da novanta: Graziano Verdi e Gianfranco Sassi.

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La Sua è una carriera che è iniziata molto presto, attualmente il percorso di chi vuole entrare nell’universo del lavoro è notevolmente più lungo e spesso più tortuoso: gli studi, la gavetta, stage e quant’altro. Sono tutti passi che non fanno che alimentare illusioni e speranze spesso lontane dalla realtà. In merito alla Sua esperienza personale pensa ci sia qualcosa che desidererebbe comunicare alle giovani generazioni? Crede che il difficile passaggio tra la formazione e il lavoro possa venire colmato da una volontà delle aziende di entrare in contatto con le università e viceversa? In realtà la strada che mi ha portato nella posizione attuale di Presidente e AD dei Gruppi GranitiFiandre e Iris Ceramica è stata tutt’altro che lineare nelle dinamiche iniziali. Sono sempre stato spronato da una grande voglia di fare, ed è questo che mi ha portato a muovermi su più fronti: i miei vent’anni sono stati costellati da diverse attività. La carriera universitaria, l’impegno nello sport che mi ha visto 3° nei 5.000 metri ai campionati italiani militari del 1977/78 e giocare anche nella seconda Lega a basket, il fervore del teatro: si può dire che io sia stato un contenitore di tanti percorsi di crescita, con una costante tensione al fare. L’esito felice della mia carriera è stata una combinazione di caparbietà, tenacia e volontà. In sintesi, è questo che posso sentire di comunicare ai giovani che entrano nel mondo del lavoro: avere desideri e lavorare tanto perché si realizzino. La scuola, la formazione e l’istruzione devono essere trampolini di lancio al servizio della volontà e della voglia di costruire. Le aziende che ho l’onore di dirigere, Fiandre ed il Gruppo Iris, sono un ottimo esempio di ponte tra il mondo del lavoro e il mondo dell’istruzione: siamo aperti a collaborare con i giovani, diamo la possibilità di conoscere il mondo del lavoro attraverso stage formativi. Il nostro stesso staff è un team giovane.

prendiamo il valore della tradizione ma utilizziamo le tecnologie a nostra disposizione per andare oltre la semplicità della natura e creare materiali che alla bellezza delle pietre e dei marmi secolari aggiungano prestazioni tecniche di eccellenza rispettandone la naturalità. La ricerca e l’innovazione continua sono l’unico strumento che un’azienda ha oggi per continuare ad avere successo nella realtà altamente competitiva che caratterizza questo periodo di crisi. La prospettiva per progredire è e deve essere questa: la ricerca, lo studio, la capacità di trovare nuove soluzioni e nuove strade da percorrere. In questo siamo sempre all’avanguardia. Le cito solo alcuni esempi per dare un’idea delle nuove frontiere che ci apprestiamo a superare: veniamo da un anno molto difficile per l’economia mondiale, eppure non ci siamo mai fermati, e solo in questi ultimi 12 mesi abbiamo presentato tre diverse sostanziali innovazioni sul mercato. Parlo di Active Clean Air & Antibacterial Ceram¬icTM, una rivoluzionaria metodologia produttiva che, grazie all’inserimento di microparticelle di biossido di titanio sulle lastre ceramiche dà vita ad un super-eco-materiale in grado di abbattere l’inquinamento e la carica batterica degli agenti patogeni che si depositano sui materiali; della Serie 100, una collezione che nasce dalla volontà di recuperare i materiali residui delle lavorazioni ceramiche, per garantire sempre la sostenibilità del processo produttivo ed il rispetto per l’ambiente, e last but not least ricordo l’iQ System, l’inedito sistema auto posante che rispetta l’ambiente riducendo l’utilizzo di collanti e lo smaltimento dei rifiuti.

Quali sono le caratteristiche che secondo Lei un’azienda deve possedere per portare avanti progetti di qualità nel mondo dell’edilizia attuale? In che misura il rinnovarsi continuamente fa della vostra azienda una realtà competitiva sul mercato e quanto conta invece la tradizione? Quali prospettive vede nel settore dell’edilizia? Un’azienda competitiva deve avere una caratteristica che la renda il più possibile unica nel suo settore. Nel nostro caso ciò che ci distingue è la costante spinta innovativa. Siamo stati pionieri in diversi momenti della nostra storia. Il nostro fondatore e maggiore azionista, il dottor Romano Minozzi, si è fatto pregio di coniare una frase che racconta il nostro spirito: la nostra azienda “Crea in ore quello che la natura crea in ere”, ovvero com-

Ci parli della creatività. Quanto è importante quest’aspetto in un mondo fatto di concorrenza e di ampi spazi dedicati a logiche di mercato sterili e ripetitive. Che attenzione dedicate ad immaginare luoghi piacevoli, stimolanti, progettati con cura e pensati sulle esigenze di chi li abiterà? Ci deve essere condivisione e scambio tra logiche commerciali ed esigenze più ideali. La nostra filosofia aziendale ci porta ad unire in un cerchio virtuoso il mercato e un bene più ampio, l’aspetto più emozionale ed appealing, per creare materiali che abbiano sia un valore estetico che alte prestazioni tecniche. Un esempio mirabile di questo risultato per esempio è la recente realizzazione della Casa del Ben-Essere©, un modulo abitativo realizzato con il

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patrocinio dell’Assessorato alla Salute del Comune di Milano e progettato dall’architetto Paolo Bodega, che ne ha delineato l‘immagine rendendo le pareti della casa simili ad un bosco tratteggiato sulle lastre in gres porcellanato tecnico di GranitiFiandre. In questo modo l’elevato contenuto tecnologico dei materiali Active si è sposato con l’eleganza di un tratto estetico che ha inserito il modulo abitativo nell’habitat circostante in maniera naturale. Questa è l’attenzione che la nostra Azienda pone alle richieste del design: estrema cura nel coniugare eccellenza tecnica e ricerca estetica, ma ancora più importante dell’estetica è l’aspetto etico dei nostri materiali: sia Fiandre che il Gruppo Iris hanno conseguito le certificazioni che attestano il loro impegno per l’ambiente, come per sempio la certificazione ANAB per i prodotti conformi agli standard internazionali richiesti dalla bioedilizia, le certificazioni ISO 9001 e ISO 14001, la certificazione di conformità al regolamento comunitario EMAS in materia di Qualità e Ambiente. Un’ampia gamma di materiali Fiandre ed Iris Ceramica inoltre risulta conforme ai requisiti richiesti dal protocollo LEED del Green Building Council (di cui entrambe le aziende sono socie): proprio uno dei prodotti certificati LEED, le lastre Anthracite NewGround nell’importante formato 120x60 cm, è stato scelto dal Commissariato Generale del Governo e dall’architetto Imbrighi per pavimentare il Padiglione Italiano all’Expo Universale di Shanghai 2010, attualmente in corso. I 7.000 metri quadri del Padiglione Italiano presentano prodotti e materiali che testimoniano la capacità di innovazione e la dinamicità delle aziende italiane, una realtà attuale per Fiandre che si è inserita perfettamente nel concept del Padiglione, “Better City, Better Life”, un tema su cui Fiandre si impegna da tempo investendo nella ricerca di materiali con un impatto ambientale minimo e proponendo soluzioni tecnologiche sempre più avanzate.

La scelta del Commissariato Generale del Governo è la dimostrazione del prestigio e della qualità del made in Italy Fiandre.

GIANFRANCO SASSI INTERVIEW di Vanessa Todaro Il suo percorso in GranitiFiandre? Il mio percorso in GranitiFiandre è iniziato un po’ per caso. Poco prima dei 20 anni entra in Azienda sostituendo un’impiegata che era andata in maternità e da lì è iniziato un rapporto ormai trentennale. Alla fine degli anni ‘80 è iniziata la mia collaborazione con Graziano Verdi, che entrò in Azienda come Direttore vendite a soli 29 anni, dopo l’acquisizione da parte di Iris Ceramica. GranitiFiandre è riconosciuta nel mondo come azienda leader nell’approccio con il mondo dell’architettura, un’architettura fatta d’innovazione, sperimentazione, comunicazione. Mi riferisco per esempio alla postazione bancomat per MPS o alla Casa del Ben-Essere©, come anche alla rivista Materia: da dove nasce questa passione e interesse per il mondo dell’architettura? Iniziai a lavorare sul mondo degli architetti già come area manager, poiché producendo noi un prodotto molto tecnico e ad altissimi livelli prestazionali solo chi progettava poteva comprendere l’utilità delle caratteristiche tecniche dei nostri materiali ed esprimerle al meglio nella realizzazione di un progetto concreto. L’idea nacque essenzialmente dal mio interesse verso il mondo dell’architettura in generale e dal fatto che avevo capito che per portare GranitiFiandre sempre più avanti dovevamo legarci a doppio filo con il mondo del progetto, l’unico in grado di dimostrare la qualità dei nostri prodotti attraverso l’applicazione diretta degli stessi. Mi può parlare del Premio Active Architecture? Anche il Premio nasce con lo stesso spirito: diffondere la conoscenza di materiali innovativi direttamente tramite coloro che poi li utilizzeranno nei loro progetti. Sono arrivate diverse proposte, alcune delle quali molto interessanti e la premiazione avverrà il 28 settembre, giornata inaugurale di Cersaie, all’interno dell’Aula Marco Biagi, prima importnte referenza realizzata con ACTIVE, presso la sede de il Resto del Carlino a Bologna.

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Economia ed ecologia: qual è il loro legame e come interviene GranitiFiandre? Economia-ecologia è un binomio che da sempre il dottor Minozzi, il nostro maggiore azionista, considera una linea guida nella politica dell’azienda. Il nostro obiettivo, come ho raccontato anche alla platea presente all’Open Fiandre durante la presentazione delle novità di primavera nel maggio scorso, è quello di migliorare, attraverso un più corretto stile di vita e sostanziali modifiche nel nostro rapporto con l’ambiente circostante, la situazione del pianeta. Siamo proprio noi grandi aziende a dover dare per prime un esempio virtuoso. Fiandre, attraverso la ricerca all’origine dei suoi prodotti, cerca di farlo da sempre, prima di tutto attraverso l’innovazione che in questo momento trova il proprio apice in Active Clean Air & Antibacterial CeramicTM, l’innovativa metodologia produttiva che grazie all’applicazione di polveri micrometriche di biossido di titanio sulle lastre crea un eco-materiale in grado di depurare l’aria dalle sostanze inquinanti e favorire l’assorbimento di CO2. La nostra rivista cityvision è un osservatorio sulla città e mira a promuovere l’architettura contemporanea a Roma e in Italia dove continua a persistere un conservatorismo sfrenato. GranitiFiandre in che modo interviene per aiutare questa idea così “rivoluzionaria”? Un albero più è alto e più deve avere radici profonde. GranitiFiandre, pur avendo radici molto profonde nella tradizione ceramica e nella storia del proprio territorio, ha sempre saputo cogliere per prima tutti i segnali di innovazione che arrivano dal mondo. L’abilità di un’azienda che sa precorrere i tempi è quella di saper cavalcare queste sollecitazioni per poter portare nel mondo dell’architettura sempre nuove idee e prodotti, oltre a sistemi rivoluzionari, come per esempio l’i.Q system, il sistema di posa intelligente che non richiede l’uso di collanti, la Serie100 che nasce sfruttando materiali di risulta e quindi non va ad intaccare le materie prime naturali, ed il già citato Active Clean Air & Antibacterial CeramicTM. www.granitifiandre.it


1.GRANITIFIANDRE |Taxos_Extreme Active Clean Air & Antibacterial CeramicTM| 2. GRANITIFIANDRE |Matrix| Novità primavera 2010 3. GRANITIFIANDRE |NewGround Hyperfine| Novità primavera 2010 4.GRAZIANO VERDI, Presidente GRanitiFiandre e AD Iris Ceramica 5. SHANGHAI EXPO, PADIGLIONE ITALIANO

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AGENDA

DETROIT. Mike Kelley: Mobile Homestead 25/ settembre

ROMA. Pier Luigi Nervi. Maestro Costruttore 10 /dicembre 2010 – 20/ marzo 2011

SINGAPORE. International Skyrise Greenery Conference dal 1 al 3 novembre 2010

Con la chiusura della mostra di Luigi Moretti, la sezione architettura del Maxxi Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo inaugura la personale di un altro personaggio centrale della cultura architettonica del Novecento: Pier Luigi Nervi, con un focus su sulle sue opere per le Olimpiadi del 1960, di cui ricorre il Cinquantenario. Esposti anche i materiali inediti conservati nelle collezioni del museo con la pubblicazione dell’inventario completo dei progetti e dell’archivio fotografico. www.fondazionemaxxi.it

Intorno al tema del verde urbano e del suo potenziale per trasformare i paesaggi delle città contemporanee, si confrontano esperti internazionali di varie discipline riuniti intorno al tavolo della conferenza, per definire le direttive di crescita di questo settore. L’evento si articola in lezioni, workshop ed escursioni del sito. www.skyrisegreeneryconference.com

AMSTERDAM. Temporary Stedelijk dal 28 agosto 2010 al 9 gennaio 2011

VENEZIA. Mapping Contemporay Venice 26/agosto – 20/settembre

NEW YORK. NPNY 2010 exhibition

Mentre aspettiamo la riapertura della nuova grande struttura completamente rinnovata e ampliata, il Museo Stedelijk aprira’ eccezionalmente per un breve periodo di tempo come ‘Il Temporary Stedelijk’ per festeggiare l’anniversario 115 dell’ istituzione. www.stedelijk.nl

A latere della kermesse internazionale si svolge Mapping Contemporary Venice, iniziativa promossa dallo VIU Venice International University in collaborazione con Moleskine, che offre le pagine dei suoi celebri taccuini ai più grandi nomi dell’architettura. L’invito rivolto agli autori dalla curatrice Raffaella Guidobono è quello di descrivere il futuro visionario della città, narrandone possibili e inediti sviluppi. Dove? www.moleskine.com

New Practies New York 2010 è la mostra dei lavori degli studi emergenti di New York promossa dal New practies Committee of New York.

Mike Kelley annuncia il “ritorno a casa” della sua Mobile Homestead: un’architettura mobile che ricorda la dimora di famiglia dell’artista che percorre il tragitto dal Midtown di Detroit - sede del MOCAD Museum of Contemporary Art Detroit - verso la periferia, passando lungo le arterie principali della città. Il progetto intitolato Giving Back to the Community o Home Invasion si completerà nel 2011 con la creazione di una community space. www.mikekelley.com

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dal 15 luglio al 23 ottobre 2010


ZOOM

La verità è che l’architettura non è un fatto privato, ieri sera dei ragazzini mi parlavano di “architettura sociale”. “È una tautologia” ho pensato, come fa l’architettura a non essere social me ne vergogno, mentre la tristezza mi è sempre parsa onorevole. Non sapevo cosa fosse, avevo provato solo noia, rimpianto, più raramente rimorso. Oggi qualcosa si avvolge su di me come una seta, irritante e dolce, e mi separa dagli altri». Quel titolo lo ritrovai molti anni dopo, passeggiando per Berlino, annusando un viaggio che aprì molti occhi dentro di me, la scoperta che dove non può l’architetto arriva il lattaio, o chi per lui. La forza di quella mano che segnò l’edificio di Siza, forse a cavalcioni su quell’occhio lasciato aperto a respirare. Nel bel mezzo di Kreuzberg regnava quest’esplosione di espressionismo, timidamente conclusa da delle linee, a formare due parole, le “esse” meravigliosamente specchiate, l’imperfezione, un trionfo di umanità. Questo edificio è bellissimo, guardatelo, cercatelo, siate quella mano che disegna “esse”, siate l’orecchio che sa annusare i piccoli spettacoli di una città. 01 CITYVISION 87


ENGLISH ABSTRACT BY CATHERINE IFTODE AND GIANCARLO TRAMONTOZZI 05 EDITORIAL Cityvision mag and the Rome city vision architectural competition were developed in response to the state of contemporary architecture in this eternal city. Rome’s rich past and strong identity is without a doubt a great fortune, yet like an apprehensive mother it risks suffocating with her loving embrace, her grown up sons that wish to now prove themselves independently. Instead of enviously watching our European peers as they perfectly integrate their historic faces with their contemporary ones, we want to take action. We want to stimulate new ideas and give voice to the visionaries that will create a new contemporary vocation for Rome. 08 LA CITTA’ INVENTATA Architecture and cinema have a long lasting symbiotic relationship. Movies have helped us broaden our horizons by increasing the quantity and quality of worlds we know. Whether real or imaginary, movies have portrayed places that at least once we wished we lived in. Architecture and film are similar art forms in that they are both a means of expression of their “author’s” point of view. Both the director and the architect communicate a very specific message, and it is up to them to make sure that the public is able to interpret it. An analysis of the way urban scenes have been portrayed in film reveals much about what people hold to be important of their past, and what they expect to find in their future. Even imaginary futuristic environments are only a reinterpretation of the past. Often, and especially in American films, cities are used as an expression of society at a particular moment in time. Architecture helps films communicate with its spectators by offering recognizable places. Movies in turn create interest for the architecture they represent, helping the public live new experiences and taking them to places they have never visited. Places invented in films, or reinterpreted by them, they are necessary to the development of a movie. Movies as well have rendered places unforgettable as they continue to enrich our “library” of memories and our world of images. 08 FACTORY Factory is a Rome-based, female-headed, young architecture firm focused on urban projects and paying special attention to public spaces. The name Factory is meant to remind us of the abandoned industrial zones and forgotten areas of cities that the firm aims at improving. It also draws inspiration from Andy Warhol’s studio in NY where artists would meet to exchange 88

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ideas. They recently won the “Pylons” competition for an entry submitted along with architect Garofalo, as well as honorable mention in the Rome city vision competition. Co-founder Milena Farina discusses her views on previous attempts at modernizing Rome. She mentions the area Corviale that they chose for their Rome city vision project and the fact that former interventions in the neighborhood were not necessarily misguided but their scale was too small. She believes that the greater an area’s problems are, the greater the projects must be. The philosophy at Factory is to organize important large scale events in troubled neighborhoods in order to make us remember their forgotten stories. While currently there is a strong competition among young architects in Rome, Milena believes it is a positive factor that will hopefully bring about change within the next ten years. 12 MODOSTUDIO Following their joint employment at studio Fuksas, Giorgio Martocchia, Fabio Cibinel and Roberto Laurenti came together to form Modostudio. Feeling restricted by their former experiences, they wanted to create a studio where there are no limits placed on their creativity and their dynamism could reach higher levels. Each partner plays a very specific role in the firm which when joined together create a synergy that has allowed them to complete 36 competitions in 3 years. Their first award was for the International Port Terminal in Klaipeda, Lithuania. They recently won an invitation-only competition for the Elisabeth and Helmuth Uhl Foundation. Chosen by a professor impressed by their work, they claim to owe it all to communication. In the future, they hope to prove themselves capable of completing such a large scale project and also shared their dreams of seeing the development of Rome come into the hands of those more open to experimentation. 22 ROME CITY VISION From the day we launched the Rome city vision competition, we would’ve never imagined to have had 118 registries and an overloaded server by the 87 submissions from 22 countries. It’s been a wonderful venture! We are incredibly proud of the architects, engineers, designers and students that all share our vision of stimulating, enriching and sustaining the contemporary face of Rome. First place winners Massimiliano Marian and Andrea Cassi interpreted Rome as seen from above, a cloud of hot air balloons hovering over it to remind us of a time in which chasing our dreams was obligatory. Their vision encouraged inhabitants of a city to engage in a constant exchange of ideas and to have a better sense of their role within the urban ecosystem. Second place

winners Janghwan Cheon, Nay Soe, Matthew Conway and Felipe Colin redefined the relationship between landscape, urban design and architecture. Their entry consisted of an integrated bond in which spaces, programs and typologies produced a provocative urban vision. In third place Valentina Andriulli and Antonia De Angelis described the fantastical love story between Rome and the Tevere. Rome, once prisoner of history and archaeology, is now reclaiming its freedom and reuniting with the river. We would like to congratulate all participants, as well as Erika Del Vecchio and Caterina Di Giorgio, winners of the FARM special prize. 28 JUERGEN MAYER H A first look at the work of Juergen Mayer H immediately evokes a sense of novelty and excitement. Juergen Mayer H is someone who has transformed his dreams into realities ranging from houses to offices to astonishing interiors. Through his work, he has succeeded in transmitting his take on architecture onto others, not vice-versa. He believes that architecture should enable people to abandon their passive attitudes towards a space and become involved and aware. JHM studied in Germany and the US. He claims to have been inspired to study architecture after seeing a photograph of Erich Mendelson’s “Magazzini Schocken.” In regards to his views on the future of architecture in Italy, he is optimistic about the new generation of contemporary architects that is now emerging. They are the ones that will bring about change. In the meantime, a series of recent contemporary developments throughout Italy will prepare the public for the future of architecture and the urban scene. He claims that it is difficult to introduce contemporary architecture into a city so focused on conservation but efforts must be made to help people understand that contemporary designs will enrich the old cities whereas conservation alone will lead to stagnation. We are living in a rapidly changing era defined globally, multiculturally and through a multitude of media. Architecture must continue to keep up the pace. 32 ALESSANDRO ORSINI Alessandro Orsini is transplanted in New York city at the offices of Steven Holl. His route to get there is full of luck and coincidence he says. It began with his participation in some post-graduate work at Columbia University’s School of Architectural Planning and Preservation. Alessandro ended up there at the same time period when Steven Holl was writing Urbanism. Ultimately Steven saw the potential to chanel this Euorpean point of view to break away from the concept of the pure American city. When Alessandro came to Steven’s studio, coincidentally an Italian client had just hired them. Alessando be-


ing the only Italian at the firm was made project architect. Now what does it mean to be an Italian architect in New York? Alessandro tells us of a strange phenomenon. Italians in New York are actually very competitive with one another. Alessandro how ever doesn’t play into the rivalry. He states that he has learned a great many things in his time, and only feels it is right to share knowledge. Being a New Yorker he has seen the city change. He believes that the urban development that New York goes through is like a cycle, that the city evolves; something never seen in Rome yet. In this respect Architecture, and New York is to Alessandro like a huge intersection of culture, intellectualism, respect for public space, and a support system for research, all evolving simultaneaously as one; Alessandro shares a quote of Steven Holl’s for us to interpret for our own personal take on the profession: “Architecture is the most fragile of the arts: These works depended on great collaboration of all the energetic and creative people listed with each of the projects of this book, from clients and consultants to the architects in our office”. 41 AO’ For an architecture student every day is a bit of a battle. Either to please your professor; to please yourself; or just to wake up. Often the research materials will stack higher and higher, and each walk to the building with feel heavier and heavier. But in some sense, that’s exactly why we do it. We struggle and persevere because we know we can and because we believe in the importance of what we do. So every morning….the bell rings…and the day begins. 50 FRANCESCO GATTI Francesco Gatti begins his take on Architecture by going over his use of graphics. He says that he really doesn’t design with color and that he is monotone, however a common thread does exist in his projects. It is not simply the graphics but rather the concept of “simplicity”, which is an incredibly difficult and complex thing to aquire, but when you do get it then the idea come out fast and powerful. Francesco believes in injecting short, powerful, and easy emotions in his designs. He alludes to Shanghi as his great life teacher for the generation that grew up bombarded by images on TV. The city bombards you in the same way. He says Shanghi is cold, sparkling, and cruel. The buildings dominate you and no one knows the purpose. No one directs the energy. Architecture of quality is disappearing according to Francesco, and in Rome, the youth are the only ones at the level to be architects. They are the only ones who are able to understand what their generation wants in life. The students used to live in the same cultural and technological sphere as their professors, but today the

professor should be taken in small doses so not to transmit too much of a cultural sphere that has already been superceded. “The Professor can be taken like a history book” as Francesco will say. 50 WHITE NOISE - NA3 Nicola Auciello’s studio wall speaks these words when first looked upon. “To design with poetry, contructing with little though the power of idea and emotion. The physical is ephemral and vulnerable, emotions are not! They are and will always be indestructible”. Nicola carries this on his shoulders as he continues on the road that he has chosen. He states that Emotion is not made of matter, emotion is in the air, and so There can be a beautiful architecture which is fundamentally cold with out this emotional charge. His project is called “la casa interiore” (the interior house). The project is an exploration of interior and exteriror using the metaphore of a person being being beautiful on the outside and empty on the inside, or vice versa. Nicola explores this concept through material and detail throughout the project. There is an attention to small things that go with constant references to contemporary art , poetry , literature, and are small things that together make a path. In the end Nicola describes his studio as “a studio that loves what it does”. Beautiful inside and out. 58 DICIANNOVEDIECIDESIGN Originally applied fort law school at Rome’s “Sapienza” just because the first go around the School was industrial design was full. But (Vanessa’s) creative and inventive nature allowed her to stay on track to finally enter the design school. Once in , she continued her path to design through research of human comfort, service, and need in relation to the development of a double personality of object in (her) projects “Tira a spingi” and “Disambigua” to name some. (Vanessa) has also been featured in various magazines, (she) states that it is the communication that is most important as far as our profession is concerened. Publication and exposure have the same common denominator that we have in the processing of a project, namely the stimulation of imagination. In the future (she) wants to work on so many projects, but does realize that it is a difficult field to be in; a field where one must daydream to find a good idea, and where one must keep believing that offers will come. In the mean time (Vanessa) continues to develop products with companies who want to try to experiment. May the good results continue. 60 DAVIDE DEL GIUDICE Davide Del Guidice has gone from being a bright-eyed child of art (drawing and constructing with Legos since in his early

years), to a young architect working with Zaha Hadid Architects with an intimate knowledge of computational design. He believes that contemporary Italian architecture has a latent existence in young designers, and with enough support and space it can blossom. In his eyes architecture should be a combination of technicality and elegance that must respond to social and environmental issues. How does he respond to this philosophy? Davide’s method of computational design is a new approach to contemporary architecture. Thanks to his research (featured in CO.DE. and the up and coming blog MadeinCalifornia) coders can use computational design instruments such as “scripting” to respond to each others shared problems of complex geometry. Different form the conventional design approach where there is a single design solution, Computational design thinks in a parametric logic to produce multiple solutions like an intelligent machine that responds and reacts to the intension of the designer. It’s a bottom-up approach that Davide is taking to respond to the quality of emergence and continual variation of the urban and architectonic environment. 68 MORETTI PARAMETRICO Luigi Moretti is full of surprises. Upon reading his work published on Spazio, one discovers a true pioneer of scientific or “parametric” architecture. In his articles, he reflects upon the world of structures and various typologies that can be developed into architecture. He inspires his readers to view architecture as a discipline that is greater than the sum of its parts. He analyzes the value of interior space in buildings, which he always sees as empty. What defines space? What is space financially? He describes an architecture that is based on scientific research of all the parameters and requirements of a project’s program. It is a process that encourages optimization and evolution. And it is amazingly contemporary in that it easily lends itself to being implemented by new technologies and could produce positive results in the search for form when compared to a more traditional geometric search. 70 NEW MATERIALS Graziano Verdi can be seen as a follower of many growth paths , with a constant commitment to do. He had his university career, his love for sport which allowed him to be a champion runner in the military and play in the second league in Italian basket ball, as well as a love for the theater. He is a man of tenacity and desire. Graziano believes that a good firm must be innovative in their own field. He mentions a phrase coined by his firms founder “We create in hours what nature created in eras”. This alludes to the firms specialty in using modern technology to design with 01 CITYVISION 89


NOTEBOOK

GIACOMO COSTA FOR CITYVISION www.giacomocosta.com

"studio per una rivincita ambientale", 2010

disegno a matita, pastelli, carboncino e china con sovrapposizione di textures 3d Sfortunatamente nel 2012 il mondo non finirà in un lampo. Nonostante le puntuali profezie da eutanasia catastrofica, l'essere umano ama per se stesso e per gli altri le lente e dolorose agonie e così, dopo secoli di maltrattamenti all'ambiente ed all'ecosistema, una natura incattivita, maligna e tossica si riprenderà i suoi spazzi con vendicativa cattiveria. Capiterà quindi che quelle architetture che furono il vanto di una gloriosa e prospera civiltà verranno assorbiti dalla natura. Ciò che accadde alle architetture precolombiane capiterà di nuovo ai simboli del nostro mondo Per questo motivo pratico il giardinaggio maniacale ed ecosostenibile…per ingraziarmi il crudelissimo gelsomino! 90

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Via S. Maria Ausiliatrice 15 - 00181 Roma tel +39 06 789228 fax +39 06 78392311 www.remigio.eu

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