Else

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INTERVISTA ESCLUSIVA

CAPOREDATTORE DEL MESSAGGERO VENETO

NICOLÒ BORTOLOTTI

Il giornalista si costruisce da sempre VIETATO MORIRE

La prostituzione non è un lavoro, è una tortura

GAME OVER

Ritenta, sarai più fortunato

GENERAZIONI A CONFRONTO

Madracs vs Leicesta, un campo di emozioni


INTERVISTA ESCLUSIVA CAPOREDATTORE DEL MESSAGGERO VENETO VIETATO MORIRE LA PROSTITUZIONE NON È UN LAVORO, È UNA TORTURA

INTERVISTA ESCLUSIVA CAPOREDATTORE DEL MESSAGGERO VENETO

GENERAZIONI A CONFRONTO Madracs VS LeiCeSta, un campo di emozioni

La prostituzione non è un lavoro, è una tortura

Il giornalista si costruisce da sempre

GAME OVER Ritenta sarai più fortunato

D I F F E R E N T

Vietato morire

La prostituzione non è un lavoro, è una tortura.

GAME OVER

Ritenta sarai più fortunato

Game Over Ritenta sarai più fortunato

GENERAZIONI A CONFRONTO

Madracs VS LeiCEsta, un campo di emozioni

NICOLÒ BORTOLOTTI

intervista a Nicolò Bortolotti

ELSE_Copertina_Ceribelli.indd 1 23/04/2018 11:12

1 23/04/2018COPERTINA_Martin.indd 10:58

UN RINGRAZIAMENTO AD UNA PROF INSOSTITUIBILE

Il giornalista si costruisce da sempre

IL GIORNALINO

SE_Copertina_Benucci.indd 1

J U S T

Madracs VS LeiCeSta, un campo di emozioni

La prostituzione non è un lavoro, è una tortura

IL GIORNALISTA

I T ’ S

Generazioni a confronto

VIETATO MORIRE

SI COSTRUISCE DA SEMPRE

F E A R ,

GENERAZIONE A CONFRONTO MADRACS VS LEICESTA, UN CAMPO DI EMOZIONI

NICOLÒ BORTOLOTTI

VIETATO MORIRE

N O

GAME OVER RITENTA SARAI PIÙ FORTUNATO

Intervista a Nicolò Bortolotti

07/05/2018 15:14

NO FEAR, IT’S JUST DIFFERENT

ANGELA CAMEROTTO: UNA DONNA, MILLE QUALITÀ

QUANDO FAI DELLE PAROLE, LA TUA VITA

Generazioni a confronto Madracs VS LeiCeSta, un campo di emozioni

Intervista a Nicolò Borlotti

Vietato morire

LETTERA SCRITTA DA ELENA RIABIZ E SOPHIE GENOVA

GENERAZIONI A CONFRONTO

MADRACS VS LEICESTA, UN CAMPO DI EMOZIONI

La prostituzione non è un lavoro, è una tortura.

Game Over

S

IL GIORNALISTA SI COSTRUISCE DA SEMPRE INTERVISTA A NICOLÒ BORLOTTI

Ritenta sarai più fortunato

GENERAZIONE E CONFRONTO Madracs VS LeiCeSta, u n c a m p o d i em o zi o n i

VIETATO MORIRE La prosituzione non è un lavoro, è una tortura

GAME OVER Ritenta sarai più fortunato

GAME OVER Ritenta sarai più fortunato

Il giornalista si costruisce da sempre

IL GIORNAISTA SI COSTRUISCE DA SEMPRE Intervista a Nicolò Bortolotti

ELSE_Copertina_Genova.indd 1

LA PROSTITUZIONE NON È UN LAVORO, È UNA TORTURA.

GENERAZIONI A CONFRONTO Madracs VS LeiCeSta, un campo di emozioni

Nicolò Borlotti

NO FEAR, IT’S JUST DIFFERENT

VIETATO MORIRE

VIETATO MORIRE La prostituzione non è un lavoro, è una tortura.

23/04/2018 11:16

ELSE_Copertina_Matteucci.indd 1

GAME OVER

RITENTA SARAI PIÙ FORTUNATO

03/05/2018 09:21

DIS-COVER!

I GRAFICI PROPONGONO INTERVISTA ESCLUSIVA

CAPOREDATTORE DEL MESSAGGERO VENETO

NICOLÒ BORTOLOTTI

Inizialmente è stato creato il logo, dopodiché ognuno di noi ha progettato una copertina sapendo che l’attenzione sarebbe caduta sul protagonista dell’articolo principale, Nicolò Bortolotti. Abbiamo proseguito inserendo gli articoli da evidenziare, già scelti in precedenza dalla redazione. La scelta della copertina finale è stata effettuata attraverso una votazione di classe.

Il giornalista si costruisce da sempre GENERAZIONE E CONFRONTO VIETATO MORIRE Madracs LeiCeSta, La prostituzione non èVSun lavoro, u n ca mp o d i e mo z i o n i è una tortura

GAME OVER VIETATO MORIRE Ritenta, sarai più fortunato

La prosituzione non è un lavoro,

è una tortura GENERAZIONI A CONFRONTO Madracs vs Leicesta, GAME OVER

un campo diRitenta emozioni sarai più fortunato

IL GIORNAISTA SI COSTRUISCE DA SEMPRE Intervista a Nicolò Bortolotti

CAPOREDATTORE DEL MESSAGGERO VENETO

“Il giornalista si costruisce da sempre”

VIETATO MORIRE La prostituzione non è un lavoro, è una tortura.

GAME OVER

IL GIORNALISTA SI COSTRUISCE DA SEMPRE

Intervista a Nicolò Borlotti

Intervista a Nicolò Bortolotti

Ritenta sarai più fortunato

GAME OVER

26 {INTERVISTA ESCLUSIVA}

caporedatore del Messaggero Veneto

VIETATO MORIRE

NICOLÒ BORTOLOTTI

La prostituzione non è un lavoro, è una tortura

“Il giornalista si costruisce da sempre”

5

19

no fear it’s just different

NICOLÒ BORTOLOTTI Intervista esclusiva

GENERAZIONI A CONFRONTO

VIETATO MORIRE La prostituzione non è un lavoro, è una tortura

Madracs VS LeiCeSta, un campo di emozioni

Ritenta sarai più fortunato

GAME OVER

GENERAZIONI A CONFRONTO

Madracs VS LeiCeSta, un campo di emozioni

13

Ritenta sarai più fortunato

IL GIORNALISTA SI COSTRUISCE DA SEMPRE

VIETATO MORIRE

La prostituzione non è un lavoro, è una tortura

GAME OVER

Madracs VS LeiCeSta, un campo di emozioni

30/05/18 07:14

{INTERVISTA ESCLUSIVA}

NICOLÒ BORTOLOTTI

GENERAZIONI A CONFRONTO

NO FEAR, IT’S JUST DIFFERENT

Copertina_RIABIZ Elena.indd 1

MAGAZINE

GENERAZIONI A CONFRONTO Madracs VS LeiCeSta, un campo di emozioni VIETATO MORIRE La prostituzione non è un lavoro, è una tortura GAME OVER Ritenta, sarai più fortunato

Ritenta sarai più fortunato

I migliori insegnanti sono quelli che ti indicano dove guardare, ma non ti dicono cosa vedere. A. K. Trenfor

ono passati un paio di mesi da quando è andata in pensione. Vogliamo ringraziarla per tutto quello che ha fatto per noi e per tutti gli studenti. Questo periodo le sembrerà un po’ triste, ma speriamo che lo stia vivendo con serenità, la serenità di chi si guarda indietro e si rende conto di aver dato negli anni tutta se stessa e di aver lasciato un segno. Perché è questa la realtà: lei ha lasciato un segno dentro di noi. Abbiamo capito soltanto ora che la sua presenza era importante: purtroppo si sente la mancanza di una persona solamente quando è lontana. Lei è una di quelle prof che non solo lascia qualcosa da pensare, ma anche qualcosa da portare a casa. Lei è sempre stata determinata, ha cercato sempre di farci svolgere al meglio il nostro compito. Non voleva ci limitassimo a fare un buon lavoro, ma ci spingeva a renderlo sempre migliore. È sempre stata sincera: di ogni nostro progetto osservava sia i lati positivi sia quelli negativi e ci diceva come correggerli e svilupparli. Sembrava impassibile, ma poi, anche se con riserbo, sorrideva quando si presentava l’occasione giusta. È sempre stata simpatica: durante le lezioni era esigente e inflessibile, ma c’era sempre una parte di lei che sprigionava allegria e questo ci trasmetteva sicurezza e complicità. Anche se spesso la nostra classe non è stata facile da gestire, ha sempre trovato il coraggio e la pazienza di guidarci lungo il nostro percorso. Durante questo periodo di sua assenza abbiamo anche scoperto lati di lei che non conoscevamo. Abbiamo appreso che non solo lei ha lasciato una sua parte in noi, ma anche noi in lei. Questo ci fa capire che anche gli studenti possono insegnare e lasciare qualcosa ai professori. Di lei ci mancherà tutto, dalle sue risate silenziose ai suoi momenti più turbolenti, dal delicato tintinnio delle sue chiavi al suo urlo più forte, da tutte le volte in cui ci ispirava a quelle in cui ci richiamava. Lei è unica e insostituibile e non la dimenticheremo mai. la terza grafici

anno scolastico 2017|2018


IEP RIF INT ECO

CES SPO CET RUB

IDEE E PROGETTI

RIFLESSIONI INTERVISTE

ECONOMIA

CULTURA E SPETTACOLO SPORT

CURIOSITÀ E TENDENZE RUBRICHE

02

18

68

76

98

apri la tua mente

04

occasioni da non perdere

08

alla scoperta di berlino

10

innovazione per la formazione

12

ipad, un nuovo mondo da scoprire

14

dum: diamoci una mano

16

u.f.f.a.

la fabbrica delle notizie gonfiate

22

l’invisibile nessuno

28

qui dove il silenzio parla

32

la scuola che vorremmo

40

una sconfitta in partenza

42

46

il giornalista si costruisce da sempre

56

radio fragola gorizia

62

passi di libertà

66

sui pedali la mia passione

bitcoin, new coin

72

network marketing

disegnando un mondo

78

un viaggio attraverso le parole

80

straight outta compton

84

90

generazioni a confronto

92 mma

94

softair: spara pallini, non pallottole

dead stretching

102

per le strade di milano

RISTORAZIONE

104

saccottino di primavera

106

rossini, che cocktail!

AGROALIMENTARE

108

dolci sapori friulani: la gubana

110

crostata di fragole

trap house

GRAFICA

86

start-up, moovit

112

l’inizio di tutto

88

#eventinzona

ELETTRICO

114

magica casa

game over

BENESSERE

44

primavera, vera pelle

vietato morire

118

120

style your hair


scuola in regola

si.am o.ene rg ia!

CONCEPT nicolmatteucci | jonathanmilan EDITOR cleliabolzon CO-EDITOR elenariabiz MANAGING EDITORS nicholasderonch | nicolmatteucci | samuelemichelin jonathanmilan | gaiasavio | sophiegenova GRAPHIC DIRECTORS alexsodorman |  giulianomichelini ART DIRECTOR sophiegenova PHOTOGRAPHY manuelbenucci | samuelemichelin | elenariabiz

FOLLOW YOUR ENERGY

PRINTING DIRECTOR stefanowenz PRINTING CO-DIRECTORS jonathanmilan | alanvisintini WORKED ON THIS ISSUE manuelbenucci | martincedarmas | kevinceribelli | thomasderonch federicagiovanelli | nicolenasutti | elisariabiz | alanvisintini

“UNA SCUOLA IN REGOLA”

PREMIAZIONE ECCELLENZE 2017/2018

ADVERTISING | LAYOUT | PRINTING | POST-PRESS grafici3 COVER elenariabiz PAPER magno satin 300 g (cover)  |  color copy 90 g (book) PRODUCTION settore grafico - civiform viale gemona, 5  |  cividale del friuli (ud) +39 0432 705811  |  info@civiform.it | www.civiform.it

01 | 06 | 2018 TEATRO “A. RISTORI” , CIVIDALE DEL FRIULI


2 | IDEE E PROGETTI

IDEE E PROGGETTI | 3

APRI LA TUA MENTE TRASFORMA LE TUE IDEE IN UN PROGETTO

ragazzi, debbano avere un tablet e che le lezioni debbano essere interattive.

CHE COS’È UN PROGETTO? Un progetto parte da un’idea che viene solitamente pensata da un gruppo che, viaggiando in Europa, trova in altre scuole progetti particolari e, usandoli come fonte di ispirazione, li sperimenta anche nel proprio ente.

Uno dei progetti più importanti dell’anno scorso è stato quello sugli sport, chiamato Lo sport per tutti, organizzato con i ragazzi della sala. Hanno fatto delle piccole attività formative per migliorare la postura e per avere un certo portamento. I ragazzi hanno seguito delle lezioni con un insegnante che ha mostrato loro esercizi specifici, praticati in palestra, ma che si possono fare

L’ufficio Progettazione del Civiform, guidato da Renata Purpura, si occupa di trasformare idee in progetti. Possono essere ad esempio, progetti, nati per rispondere ai bisogni del territorio, come i progetti triennali della prima formazione. Il progetto, in questo caso, è triennale, impegna delle risorse (insegnanti, coordinatori, tutor, supporto educativo, amministrazione...) e ha un budget a disposizione che può coprire le spese. Un progetto però è anche un’idea innovativa, diversa, come ad esempio nel caso di Molvet che, finanziato dalla Comunità Europea, si occupa dei supporti informatici nella didattica. È stato sperimentato in alcuni settori della scuola: grafico, elettrico e benessere. Parte dall’idea che tutti, insegnanti e

Così tutti gli enti di formazione professionale regionali hanno creato dei progetti. Anche se alcuni non hanno vinto, si è pensato che fosse comunque opportuno provare. Si è voluto creare un progetto più piccolo, con l’aiuto dell’Ambito Socioassistenziale di Cividale, che ha provveduto alla formazione degli insegnanti e ha dato degli spunti per la creazione di una squadra di undici ragazzi con il compito di diffondere l’idea della scuola in regola. In generale i progetti sono una cosa complessa: hanno una durata specifica, richiedono una certa tecnica e, oltre alla creatività, anche conoscenze burocratiche, di economia e diritto. Un progetto vincente infatti deve superare degli step a livello regionale, nazionale ed europeo. Poi ci sono anche i progetti con la Commissione Europea, dove la competizione è ancora più stringente, poiché è a livello internazionale. Tutti i progetti vengono gestiti da un gruppo di amministrazione, che si occupa di controllare i conti, i documenti, e da un gruppo di coordinamento che invece gestisce gli aspetti tecnici.

Renata Purpura Direttore della progettazione

Un progetto può essere un’idea innovativa, può nascere da un bisogno o da una necessità.

di uno strumento per mantenere la disciplina in classe e premiare i ragazzi più bravi, ma anche dalla Comunità Europea che in quel periodo aveva attivato un’iniziativa per la prevenzione del bullismo e per la disciplina all’interno degli istituti.

a casa o in classe. Molto interessante per i ragazzi è anche il progetto La scuola in regola, sperimentato tra il 2010 e il 2011 e attivato definitivamente l’anno successivo. È partito da un’idea nata tra il 2009 e il 2010 dagli insegnanti che avevano espresso la necessità

Nicol Matteucci


4 | IDEE E PROGETTI

IDEE E PROGETTI | 5

Che cosa sono le mobilità? L’Unione Europea, attraverso il Programma Erasmus Plus, finanzia percorsi di formazione all’estero anche per i ragazzi che frequentano gli istituti di formazione professionale. La mobilità finanziata con il programma Erasmus+, costituisce un’opportunità che consente a studenti italiani di soggiornare per un periodo di 2/3/4 settimane in un paese europeo e di svolgere prevalentemente attività formativa pratica. Il Civiform organizza questa attività in collaborazione con Scuola Centrale Formazione (SCF), un’associazione che agisce a livello nazionale e internazionale nel campo della formazione professionale con l’obiettivo di favorire la condivisione, lo scambio di esperienze e qualificare gli operatori della propria rete di enti associati, proporre sperimentazioni e offrire servizi in risposta ai bisogni individuati dagli enti soci, tra cui Civiform. Il beneficiario finanziario del progetto è quindi SCF e il Civiform organizza le mobilità. SCF rappresenta quindi per il nostro Centro il referente per i progetti di mobilità essendo l’organismo che procede con la richiesta di finanziamento dei flussi di mobilità per tutti gli enti soci del territorio italiano. Annualmente, quindi, SCF concorda con il nostro Centro il numero di mobilità da organizzare al fine di dare l’opportunità anche ad alcuni nostri allievi selezionati di lavorare all’estero, imparare nuove competenze tecniche legate al profilo professionale, conoscere una nuova cultura e approfondire una lingua straniera (inglese o altra lingua parlata nel paese di destinazione).

OCCASIONI DA NON PERDERE INTERVISTA A SARA DIODATO, RESPONSABILE CIVIFORM PER LA MOBILITÀ

Chi vi partecipa? Partecipano solitamente da due a quattro allievi per corso di formazione che vengono selezionati in base al profitto scolastico, alle presenze in classe, al comportamento, al livello di conoscenza della lingua straniera richiesta e in base alla motivazione personale del singolo studente. Sono coinvolti anche alcuni docenti che ricoprono il ruolo di accompagnatori dei ragazzi durante l’intero periodo all’estero.


6 | IDEE E PROGETTI

Quali sono i vantaggi? Le mobilità all’estero degli studenti sono considerate esperienze fondamentali che servono a: ■■ confrontarsi con un nuovo contesto

e saper superare le difficoltà; fanno crescere e fanno emergere con molta chiarezza i propri punti di forza e di debolezza; ■■ accrescere le competenze tecniche relative a ciascun profilo professionale; si tratta di un momento fondamentale nel percorso formativo di uno studente che voglia ampliare la conoscenza della propria professione e vivere in un contesto multiculturale, competitivo e stimolante; ■■ avere le idee più chiare rispetto a ciò che si vuole o non si vuole fare; ■■ “aprire la mente”: andare all’estero permette di incontrare persone nuove, culture differenti, provare stimoli inaspettati, di uscire dalla propria zona di comfort, di vedere le cose sotto prospettive diverse, di amplificare le proprie capacità di comprensione e relazione, di stimolare la creatività;

IDEE E PROGETTI | 7

■■ migliorare le proprie prospettive

lavorative: è ormai risaputo che chi fa un’esperienza all’estero di medio-lunga durata accresce le proprie opportunità occupazionali, trova lavoro più velocemente e migliora le prospettive di carriera. Chi ha la possibilità di andare all’estero dimostra flessibilità, capacità di adattamento, curiosità: tutte doti molto apprezzate in tutti i settori lavorativi; ■■ accrescere nei ragazzi una maggior autonomia.

Quali mobilità ha realizzato Civiform nello scorso anno formativo? Nel 2016/2017 sono state realizzati tre flussi di mobilità che hanno coinvolto anche gli studenti della sede di Trieste: ■■ un primo flusso partito a giugno di 4 settimane per Siviglia (Spagna)

per un totale di 8 ragazzi dei reparti Benessere e Agroalimentare; ■■ un secondo flusso di 4 settimane partito a inizio agosto a Cork (Irlanda) per un totale di 6 ragazzi del settore Ristorazione (camerieri e cuochi); ■■ un terzo flusso di 2 settimane partito a fine agosto/inizio settembre a Berlino (Germania) per un totale di 7 ragazzi dei settori Grafico, Elettrico e Meccanico.

Samuele Michelin


8 |  IDEE E PROGETTI

IDEE E PROGETTI | 9

ALLA SCOPERTA DI BERLINO ECCELLENZE IN VIAGGIO

I

l 27 agosto 2017 gli alunni premiati per l’eccellenza nello stile di Civiform Cividale e Trieste sono partiti per un viaggio di due settimane a Berlino, grazie a Scuola Centrale di Formazione, ente di cui Civiform fa parte e che collabora con Berlink, nell’organizzazione di scambi e stage per studenti delle scuole superiori europee ed extraeuropee. Quella mattina i ragazzi, accompagnati dal prof. Passoni, sono partiti dall’aeroporto di Trieste per un’avventura che li ha portati in varie famiglie berlinesi. Il gruppo era composto da otto persone: quattro ragazzi del Civiform

di Cividale, tre della sede di Trieste e il professore. Ogni mattina si riunivano insieme all’incaricato di Berlink che li guidava in diverse visite didattiche, tutte molto interessanti: hanno visitato una sede della BMW, dove si fabbricano motociclette, un’azienda che produce protesi ideate in uno studio grafico, un’azienda che si occupa della creazione di giochi e molto altro ancora. In seguito, i pomeriggi, rientravano nella sede di Berlink, scrivevano una relazione sulla visita del giorno e preparavano una presentazione in PowerPoint su quanto visto e imparato da esporre in inglese l’ultimo giorno ad alcuni rappresentanti di Berlink. Ecco la loro giornata tipo: sveglia alle 7.30, tram delle 8.00 per andare all’ufficio Berlink, arrivo alle 9.00; alle 9.30 partenza

per i vari musei o aziende; alle 13.00 pranzo, alle 15.00 ritorno in sede, in aula computer; alle 17.00 rientro nelle rispettive famiglie. E nei fine settimana ancora visite e svago: hanno visitato i musei di Pergamo, la torre di Berlino est, simbolo della città e visibile da ogni punto, il museo del Check Point Charlie, il memoriale del muro di Berlino dove hanno visto con i loro occhi un pezzo di storia della città. Poi hanno visitato lo Stadio nel quale si sono svolti i mondiali di calcio del 2006. Era lo stesso stadio utilizzato nel periodo nazista, nel quale si sono tenute le Olimpiadi del 1936 e quando corse Jesse Owens, atleta di colore, che vinse la medaglia d’oro in velocità e che Hitler si rifiutò di premiare poiché non considerava ammissibile che un atleta di colore battesse gli atleti tedeschi. Globalmente l’esperienza è stata positiva. Ricordiamo che viaggio

e visite erano totalmente a carico della scuola, per cui i ragazzi non hanno sostenuto alcuna spesa, tranne per i souvenir e per qualche cena fuori. Ci sono stati però dei problemi in alcune famiglie nelle quali degli allievi non si sono trovati a loro agio: in quei casi l’organizzatore ha provveduto a trovare un altro alloggio e tutto si è normalizzato. La difficoltà maggiore è stata la lingua, che ha reso difficile l’integrazione nelle famiglie, soprattutto all’inizio. Il tempo però ha favorito la conoscenza reciproca e ridotto il distacco iniziale. A parte queste piccole ombre, in generale è stata un’esperienza formativa per tutti che ha evidenziato la disponibilità dei partecipanti e la loro apertura verso gli altri.

Sophie Genova


10 | IDEE E PROGGETTI

INNOVAZIONE PER LA FORMAZIONE INN, UN NUOVO PROGETTO PER LA DIDATTICA NELLE SCUOLE

I

NN è un progetto di innovazione nella didattica e consiste nella fornitura ai centri di formazione professionale di strumenti come tablet iOS o Android, per l'utilizzo delle nuove tecnologie a scuola. Accanto alla fornitura dei dispositivi è prevista anche la formazione per gli insegnanti, erogata da esterni che lavorano da anni in questo settore e che spiegano ai docenti come è possibile utilizzare a scopo didattico questi strumenti. Oramai l'utilizzo dei soli libri nella scuola non è sufficiente: bisogna saper usare nuovi mezzi, come la LIM, ma anche i tablet che diventano strumento personale di apprendimento per l’allievo. Sostituiscono i libri, ma sono molto di più: sono mezzi multimediali che consentono di accedere a Internet e di trasferire rapidamente e facilmente informazioni all'interno del gruppo, verso il docente o all'esterno.

A Civiform, questa attività è stata proposta da Scuola Centrale Formazione, un ente che associa diversi centri di formazione in tutta Italia. Vi è stato uno studio preliminare che ha evidenziato la necessità di inserire nella scuola nuove tecnologie e questo ha dato la possibilità agli enti di sviluppare il progetto INN. È con il contributo di S. C. F. che sono stati acquistati i tablet che vengono utilizzati nel settore Grafico, Elettrico e del Benessere del Civiform ed è con il medesimo contributo che si sono individuati e retribuiti i professionisti esterni che hanno formato i docenti.

A FLIGHT OF EMOTIONS UNA EXPERIENCIA

ÙNICA

Jonathan Milan  L’Unione Europea, attraverso il Programma Erasmus Plus, finanzia percorsi di formazione all’estero anche per i ragazzi che frequentano gli istituti di formazione professionale.


12 |  IDEE E PROGETTI

IDEE E PROGETTI | 13

IPAD

UN NUOVO MONDO DA SCOPRIRE L’UTILIZZO DI QUESTI DISPOSITIVI NEL CONTESTO SCOLASTICO

I

l tablet per me rappresenta un’importante innovazione tecnologica nel mondo della scuola. Questo strumento permette un’assoluta immediatezza nell’utilizzo e nell’accesso ai contenuti: gli insegnanti, durante le lezioni, chiedono di accedere a dispense o di fare ricerche su Internet. L’utilizzo di questo strumento è stato molto apprezzato da me e dai miei compagni di classe, perché ci facilita il lavoro in aula ed è molto comodo per alcune tipologie di esercizi. Per esempio, usiamo l’iPad per fare il giornalino di classe: digitiamo gli articoli e poi ci confrontiamo con i compagni e gli insegnanti. È molto comodo soprattutto perché, in questo modo, possiamo ricevere un’immediata risposta da loro e in qualsiasi momento possiamo correggere il “compito”.

L’iPad viene usato molto spesso per prendere appunti: a differenza del vecchio quadernone e degli astucci pieni di penne, matite, evidenziatori, abbiamo tutto a portata di mano in questo piccolo oggetto leggero che, grazie a questa sua caratteristica, rende le cartelle meno pesanti. Tutto questo però non sostituisce totalmente il quadernone, che viene ancora utilizzato. A volte capita che, per alcuni esercizi, dobbiamo scattare delle foto ed ecco che torna utile il nostro tablet dove, una volta scattate le foto, sono subito a portata di mano. L’utilizzo dell’iPad è un mondo sorprendente da scoprire e da cui apprendere, ma comporta anche aspetti negativi da non sottovalutare. Uno di questi è che il suo prolungato utilizzo provoca stanchezza, bruciore agli occhi e leggeri mal di testa che, personalmente, mi impediscono talvolta di seguire la lezione.

Uno svantaggio molto più diffuso è la presenza di giochi o applicazioni per la socializzazione online che distraggono e attirano l’attenzione mia e dei miei compagni di classe, sconcentrandoci. Quindi, che siate adulti che vogliono entrare in una realtà “a portata di mano” o ragazzi curiosi di visitare un mondo ancor più tecnologico, ricordate che la tecnologia va assunta a piccole dosi. In ogni caso, non rimarrete per niente delusi da questo affascinante strumento. Mi chiedo se l’iPad darà inizio a una scuola del futuro.

Manuel Benucci


14 |  IDEE E PROGETTI

IDEE E PROGETTI | 15

DUM: DIAMOCI UNA MANO

UN SORRISO RECIPROCO

I

l DUM, acronimo di Dinsi Une Man (dal friulano “diamoci una mano”), è un’organizzazione di volontariato che cerca di aiutare chi è meno fortunato, chi ha disabilità fisiche o psichiche, offrendo una vacanza in compagnia di una persona, un volontario, a sostegno del disabile quando ne ha bisogno. A luglio dell’estate scorsa, alcuni ragazzi del Civiform, accompagnati da due insegnanti, sono andati alle ex colonie di Bibione dove, insieme ai volontari del DUM, hanno vissuto con i disabili, li hanno aiutati, hanno facilitato

i servizi della mensa e collaborato per le pulizie delle camere. In tutto la vacanza dura due mesi: i volontari del DUM fanno turni di 15 giorni, mentre i ragazzi del Civiform solo di 7. Per alcuni di loro è stata una nuova esperienza, invece altri avevano già fatto un’attività simile. È stata molto dura ambientarsi all’inizio, ma questa difficoltà li ha fatti crescere, ha permesso loro di capire il valore della solidarietà, dell’aiuto all’altro. Anche gli adulti hanno raccontato di aver vissuto momenti meravigliosi in cui hanno potuto fermarsi a riflettere sulla propria esistenza per conoscersi meglio e per cogliere ciò che si vede solo con gli occhi del cuore.

Thomas De Ronch

L’esperienza DUM, come ogni esperienza che ho fatto (per esempio il volontariato in Africa), parte dalla curiosità. Non ho mai pensato di farlo per dare una mano a qualcuno, ma solo perché sono curioso di conoscere un nuovo mondo. È stato particolarmente positivo per me potermi spogliare del quotidiano senza paura. Il quotidiano crea relazioni con persone che conosci e che condizionano il tuo comportamento in quello che fai o che dici. Durante questa settimana invece non ho percepito alcun condizionamento, mi sentivo una persona libera, attivata da e con gli altri. E sono tornato a casa carico, felice. Non so se questo lavoro sia stato più vantaggioso per gli altri o per me, ma credo sia stato un interscambio di valori ed energia. Amorino Michelutti

Quest’esperienza è stata molto arricchente: ho imparato tanto dai ragazzi disabili, che si esprimono sempre in modo sincero, mentre noi abbiamo tanti blocchi che ostacolano l’espressione delle nostre emozioni. Simona Gubiani


16  |  IDEE E PROGETTI

U.F.F.A. U UNIONE DELLA FORZA DEI FANTASTICI AMICI

.F.F.A. è un progetto fatto da ragazzi, nato nel 2010 dalla collaborazione tra il distretto sanitario di Tarcento, l’ambito socioassistenziale e la Cooperativa Sociale Aracon Onlus. L’acronimo U.F.F.A. significa “Unione della Forza dei Fantastici Amici” ed è stato scelto da noi ragazzi in seguito ad una votazione. L’idea è molto semplice: U.F.F.A. è rivolto a tutti. Infatti vi partecipano ragazzi e adulti con disabilità e non, provenienti da diverse scuole superiori e comuni tra Udine, Tarcento, Tricesimo, Reana del Rojale, Faedis, Cividale del Friuli, ecc. che hanno piacere di stare insieme, giocare, fare delle attività, uscite e gite. Ogni proposta è ben accetta e tutti siamo protagonisti. Da ottobre a giugno, ci ritroviamo più o meno ogni 20 giorni per un’uscita serale: in pizzeria, al bowling, al cinema… Durante l’estate invece, a luglio, condividiamo tre settimane assieme: trascorriamo due pomeriggi alla settimana tra gioco, svago e relax al Centro di aggregazione di Tarcento ed una giornata intera è dedicata ad una gita. Siamo stati ad esempio in autobus a Lignano a Gulliverlandia e al mare a Grado, in treno a Trieste all’Immaginario Scientifico e a Miramare, in piscina a Buia e in tanti altri posti. Tutte le attività sono programmate e decise insieme, tenendo conto delle abilità e necessità di ognuno.

Non esiste un numero massimo di partecipanti, anzi cerchiamo sempre nuovi ragazzi che abbiano piacere di condividere quest’avventura con noi. Ad oggi siamo circa una quindicina. Ho partecipato al progetto U.F.F.A la prima volta nell’estate del 2015. Ricordo ancora quel giorno: mi sentivo un po’ in imbarazzo per due motivi: innanzitutto perché non conoscevo nessuno e poi perché era tutto nuovo. Con il passare del tempo ho legato molto con gli altri partecipanti e in particolare con alcuni di loro. Ho conosciuto Giulia quell’estate e con gli anni io e lei siamo diventate migliori amiche. Ricordo che ad un’uscita lei era disperata e non finiva più di piangere. Io non sapevo cosa fare per aiutarla, ma poi sono riuscita a parlarle e a farla calmare. A distanza di due anni ho creato dei legami importanti con queste persone.

abbiamo partecipato ad un laboratorio per disabili. Ci siamo messi a grattugiare dei gessetti colorati per unirne la polvere al sale; abbiamo lavato delle bottigliette di vetro, le abbiamo riempite di sale colorato (perché non avevamo la sabbia colorata) e le abbiamo sigillate con un po’ di cera affinché il sale non uscisse. Per me è stato veramente bello far fare qualcosa di creativo a dei ragazzi disabili. Consiglio a tutti di provare questa esperienza, ricordando che solo sperimentando una cosa possiamo dire di conoscerla veramente. Tutto questo per me è un’avventura fantastica.

Consiglio a tutti coloro che hanno dai 14 ai 25 anni di partecipare a questo progetto. Da fuori non lo si immagina, ma una volta entrati in questo progetto si capisce che si ha molto da imparare perché siamo un gruppo dove tutti sono amici veri. Ho tanti bei ricordi di questi due anni, ma quello che mi è rimasto più nel cuore è stato quando, al mio primo anno, a Tricesimo io, Michele, Daniela e Luis

Federica Giovanelli


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zione in cui si voleva portarlo. Inoltre, c’è sempre il rischio che qualcuno utilizzi ciò che è stato detto o scritto da altri per raggiungere i propri obiettivi, in modo positivo o negativo. Oggi, una buona parte delle nostre scelte e delle nostre opinioni sono condizionate proprio da questo mix di dati statistici, manipolazione dei media e strumentalizzazione politica. Infatti le notizie vengono strumentalizzate soprattutto in ambito politico, per mettere in cattiva luce il partito avversario o per ottenere consenso popolare. Questa pratica è anche molto comune in televisione; ci sono diversi programmi in voga in questo periodo in cui riescono a strumentalizzare parole e atteggiamenti di una o più persone facendo ascoltare o vedere ai telespettatori ciò che più comoda per creare audience. Il mio pensiero ricade anche su quello che noi viviamo quotidianamente: giudizi, opinioni, modi di dire,

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LA STRUMENTALIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI

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LA FABBRICA DELLE NOTIZIE GONFIATE

Molto spesso sentiamo parlare di notizie strumentalizzate. Allora chiediamoci: che cosa significa “strumentalizzare”? Ho deciso di effettuare una piccola ricerca in merito che mi ha condotto ad alcune riflessioni che voglio condividere con voi. Innanzitutto ho capito che non è opportuno commentare le informazioni a caldo. C’è sempre il rischio di cadere nella trappola di chi le ha messe in circolazione. E non è casuale che vengano diffuse certe informazioni piuttosto che altre. È evidente a tutti che nel mondo in ogni istante succedono un’infinità di cose estremamente interessanti, toccanti, crudeli, ingiuste o bellissime. E di queste solo qualcuna, una minima parte del tutto, finisce sotto i riflettori. Ed è certamente frutto di scelte deliberate. E quando una notizia emerge, finisce che oscura le altre, in special modo quelle che presentano i fatti in modo contrario. Perché le notizie non sono mai neutre. Esse hanno il ruolo di mettere in evidenza. E può essere che mettano in evidenza un’eccezione e si finisce col credere che essa sia la regola. È così che le notizie, anche quando non mentono, portano il lettore nella dire-

pensieri devono essere ben esposti per non essere mal interpretati, oppure utilizzati anche contro di noi. Per quanto riguarda la mia esperienza nell’ambito della redazione di alcuni articoli sul nostro giornale scolastico, mi sono reso conto che non sempre posso scrivere tutto quello che penso nè raccontare ciò che noi ragazzi viviamo nella nostra adolescenza, con la semplicità delle parole che noi comunemente usiamo. Questo perché molti modi di dire potrebbero essere fraintesi e, se non usati contro di noi, forse usati contro la nostra scuola, che ci ha dato l’opportunità di esprimerci. Dobbiamo cercare i modi giusti, le parole giuste, perché il nostro scritto non venga strumentalizzato per fini altrui. L’opinione pubblica è un bluff: una volta costruita è difficile modificarla. La convivenza civile e la democrazia sono molto fragili, perché dipendono sempre più da un sentire comunque manipolabile.

Jonathan Milan


DINSI UNE MAN ComunitĂ di volontariato tel. +39 333 8255121 e-mail: info@dumdisabili.it

Tutte le informazioni sul sito www.diamountaglioallasete.org e sulla nostra pagina facebook


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on posso più permettermi di essere me stessa, rimarrei sola altrimenti. Per quanto mi piaccia starmene per le mie, devo sforzarmi di stare con gli altri per non essere classificata come timida e asociale. La vita al di fuori del bozzolo è impegnativa. Sembra che tutti gli altri abbiano preso il volo, io invece sono ancora dentro il guscio.

L’INVISIBILE NESSUNO “NON MI SENTO ABBASTANZA NEANCHE PER ME STESSA, FIGURIAMOCI PER GLI ALTRI”

Perché sono ancora lì? Eppure ho provato diverse volte a romperlo, ma i miei sforzi sono stati sempre vani. L’ho subita anch’io la metamorfosi, sono una farfalla intrappolata nel suo stesso bozzolo. Sono lì dentro, mi giro e mi rigiro, ingarbugliata su me stessa, scomoda, scomposta e bloccata. Il problema è che devo contare solo sulle mie forze. Se mi aiutassero dall’esterno, poi sarei troppo debole per sopravvivere. È una questione personale, anzi una lotta per la sopravvivenza. Forse è proprio questo il problema: non mi hanno insegnato a lottare, né a sopravvivere, né a difendermi. Fatico anche a parlare. Ogni giorno fuori di qua è una missione per cercare di essere come loro. Anche qui dentro non posso stare tranquilla, non faccio altro che ingarbugliarmi con i miei pensieri, passo il tempo a chiedermi cos’abbiano gli altri che io non ho. Da piccoli è tutto così facile, si può avere una lista tanto lunga

di amici da scordarsene qualcuno, si può essere semplicemente se stessi, sentirsi alla pari degli altri e vivere senza vergogna, parlare e sorridere senza paura. Sembra che qualcosa non vada in me, eppure ero come loro un tempo, ma c’è stata una fase della vita che ci ha cambiati tutti. Forse ho troppa paura di uscire, ho troppa paura di quello che c’è là fuori. Sorridere è più difficile, parlare è più difficile. Quasi tutti si sentono Qualcuno, io invece mi sento Nessuno. Là fuori mi sento messa sempre all’ultimo posto. Mi sforzo di tirare fuori qualcosa di interessante da dire, ma solo raramente non faccio la figura della scema. Studio le persone per cercare di capire come assomigliare a loro, ma per quanto io possa fingere, non potrò mai essere quello che non sono. Non sono fatta per stare con gli altri, non ci riesco, ogni volta è una faticaccia. Le emozioni mi lacerano dall’interno, Vergogna è quella che più di tutte mi tormenta, Ansia e Angoscia fanno meno male, ma mi torturano 24 ore su 24. Da qui poi nasce l’insicurezza che mi rende fragile e debole. Un giorno una persona mi disse di sfruttare la timidezza a mio vantaggio, mi disse che


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anche lui un tempo era come me, ma io non ci credo, lui lo ha rotto quel dannato bozzolo. Mi dicono che devo essere me stessa. Ogni volta che lo sento mi sparerei. Che bello sarebbe essere come loro, poterli conoscere, farmi conoscere, essere desiderata, amata, stare nel gruppo, PARLARE. Che azione difficile, le parole sono così confuse e in disordine nella mia testa. Molte si nascondono, a volte le trovo, ma solo dopo una lunga ricerca; altre invece entrano e escono. Mettere insieme le parole e poi pronunciarle sperando di dire la cosa giusta, tirare fuori un argomento di cui parlare, un argomento interessante, coinvolgente, intelligente, sperare di farli sorridere, di farli interessare... Quanti desideri, pregare per uno sguardo di approvazione,

di apprezzamento, per uno sguardo bello e sincero, sperare in un commento positivo. Silenzio mi è sempre accanto, mentre Coraggio è timido e Paura lo tartassa, non lo lascia un attimo. Timidezza e Felicità non si mollano mai, come Angoscia e Amore. Il peggiore di tutti però è Amore che mi rende ancora più vulnerabile. Prima, pur essendo un po’ sfigata, non mi preoccupavo tanto, riuscivo a vivere la vita. Adesso invece perdo un sacco di opportunità e non faccio altro che preoccuparmi del mio aspetto. Vergogna, dannata Vergogna che mi porta via le gioie della vita e mentre gli altri si divertono, io sono ferma e guardo la felicità da lontano. Non c’è stata una sola volta in cui io sia uscita di casa senza sentirmi a disagio. In compagnia questo fattore è meno persistente,

ma è comunque un’esplosione di pensieri che invadono la mia testa al punto da farmela quasi scoppiare. È talmente confuso e disordinato là dentro che non riesco a ragionare. Figuriamoci se davanti mi si presenta un bel ragazzo, allora sì che esplodo. Il problema della mia insicurezza deriva dal fatto che mi vedo brutta, in tutti i sensi, sia fuori che dentro. Vedo solo difetti e cerco di colmarli cercandone anche negli altri, ma negli altri ne vedo così pochi. Solo questo mi dà coraggio e non il fatto di credere in me stessa. Quella è una sciocchezza che non mi ha mai portato alcun risultato, solo sconfitte. Almeno la fortuna qualche volta passa anche da me e mi inchino al suo cospetto quando si fa viva. Lo vedo negli sguardi delle persone, che mi fanno quasi da specchio, anzi sono lo specchio migliore: lì sì che vedo tutto di me. Gli sguardi mi parlano con un linguaggio tutto loro. L’indifferenza, il disprezzo e l’ignoranza sono tosti da sopportare, ma ce n’è uno che non riesco nemmeno a nominare ed è il peggiore. Ha un grande potere su di me, posso solo dirvi che mi dice in continuazione “che stupida sei!”. Quello sì che mi demoralizza e rende tutti i miei sforzi ancora più vani. Gli altri hanno tante cose da raccontare: quando ascolto

i loro dialoghi mi sento senza passato, come se non avessi nulla da dire, il vuoto, e anche se trovassi qualcosa, la mia pessima logica e il mio discutibile vocabolario renderebbero il tutto noioso e inconsistente. Non sono brava a spiegarmi. In pratica, prima di aprir bocca, devo farmi schemi mentali incredibili e finché rimangono nella mia testa va tutto bene. È quando devo pronunciare le parole che è dura. Non potete neanche immaginare


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quanta soddisfazione provo se mi faccio capire e ancora di più se faccio sorridere qualcuno. È proprio un appagamento. Se viceversa va male, resto in lutto un’intera giornata. Questi per fortuna sono momenti brutti che dimentico, anche se dopo parecchio tempo, ma cerco sempre di riprendere il controllo della cosa nascondendo la vergogna con un “sorriso” e poi ritento l’impresa. Le figuracce, quelle pesanti, chiaramente fanno più male e sono dure da digerire e altrettanto dure da dimenticare. Io però, senza farlo neanche apposta, mi fisso, anche sulle cose più assurde. Vorrei dimenticare o quanto meno alleggerire, addolcire la cosa, ma quasi mai ci riesco. Nelle conversazioni le persone tirano tutte fuori qualcosa e molte volte si dilungano eccessivamente nei discorsi, e vedo intesa da parte degli altri. Il mio difetto è che non mi viene spontaneo, a volte (pochissime) non sembra ma è così e soffro. Soffro davvero perché ce la metto tutta, ma mi sento sempre la più stupida del gruppo, quella che si trova lì per non stare da sola, quella che resta sempre indietro. Sono un po’ messa in secondo piano, vedo tutti gli altri un passo davanti a me e non riesco mai a raggiungerli, desidero solo trovare qualcuno al mio livello.

Sento che mi manca qualcosa. A volte per proteggermi e non cadere ancora più in basso, do la colpa dei miei difetti a qualcuno e riesco pure a convincermene completamente. Poi però capisco che sono io quella sbagliata. Leggo questo testo e penso che sono riuscita a spiegarmi, se avessi provato a dirlo a voce, non mi sarei fatta capire. Il mio sogno è vedere il mondo come lo vedono gli altri, riuscire ad essere meno impacciata, ma ancor di più vorrei avere dei veri amici, che mi cerchino, che mi capiscano, che si preoccupino, che mi stiano vicini e che ci siano sempre per me. A volte mi sembra di essere l’unica a vederla, per gli altri è quasi normale questa situazione: parlare, stare insieme... Non saprei bene come definire questa verità, non trovo una parola adeguata. Posso solo dire che è fra tutti voi, o almeno questo sento. Non immaginate quanto siete fortunati e quanto vi ammiro: siete la mia ispirazione.

Ormai ho abbandonato l’ambizione di essere me stessa, ora la vostra normalità è la mia ambizione. Se da una parte cerco sempre di essere come voi, dall’altra prego di trovare qualcuno come me per poter essere vera. Sto cambiando, ho fatto progressi. Ora cerco di aprirmi, ma l’insicurezza rimane. Le persone si possono ascoltare non solo con le orecchie ma anche con il cuore. Per tutti è difficile, ma bisogna abbattere quei muri che ci intralciano la strada e spalancare quelle finestre che da troppo tempo sono rimaste chiuse. Se avete troppa paura di provarci, cominciate aprendo solo uno spiraglio.

Sophie Genova


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QUI DOVE D IL SILENZIO PARLA NON TUTTO VA SPIEGATO, MOLTE COSE VANNO CAPITE

a bambina avevo una forma di mutismo selettivo, un disturbo d’ansia non molto conosciuto e abbastanza raro che colpisce prevalentemente i bambini. È caratterizzato dall’incapacità di parlare in alcune situazioni sociali, per esempio a scuola. Immaginate una classe, una classe di scuola elementare. C’è un’alunna là in fondo, ha una postura rigida, uno sguardo diverso dagli altri, a volte sembra smarrita, a volte impaurita e a volte i suoi occhi fissano il vuoto. Altre volte, invece, è attentissima e interessata. Non interviene, non alza la mano, non partecipa, forse non ride nemmeno. È una bambina di 7 anni che ha questo infinito silenzio. Sembra che le costi fatica aprire la bocca, eppure non sembra così difficile. Non parla con l’insegnante, non parla con i suoi compagni e a volte nemmeno con i suoi genitori. Non ha alcun problema fisico o mentale che le impedisce di parlare.

Osserva molto, è intelligente, attenta e sensibile. La maestra parla con i genitori; i genitori descrivono una bambina, vivace, che a casa parla, ride, scherza e si diverte come una matta. Parlano di lei, di come legge bene, quanto sia curiosa e allegra. Le maestre invece descrivono una bambina che ai genitori sembra un’estranea, ma in realtà è sempre lei. In classe però, non capendola, viene richiamata spesso dall’insegnante e fatta uscire dall’aula, da sola, dove si nasconde dietro al porta-abiti e si mette a piangere. E così accade anche appena esce da scuola: pomeriggi interi trascorsi a sfogarsi e ore e ore passate con psicologi. Lei ce la mette tutta, anche se non riesce a capire quale sia il problema, anche se sa che è diversa dai suoi compagni, ma non ci riesce, non c’è nulla da fare. Si blocca, la parola si incastra nella gola e per lei diventa impossibile parlare. Lei non vuole stare in silenzio, non è un capriccio, non è un dispetto

nei confronti delle maestre o dei compagni. Lei vuole parlare ma non ci riesce. Lei non decide di stare in silenzio. Come si può pensare che possa scegliere di non dire che deve andare al bagno, che è rimasta indietro nei dettati, che quella determinata cosa non la vuole fare, di non esprimere la sua felicità per un bel voto, la sua delusione o il suo affetto a parole. Pensate a quanto deve essere forte il suo blocco per poterle impedire di parlare e di esprimere le sue emozioni. Questo problema si può risolvere nel tempo e ci vuole molta pazienza. Soprattutto il tempo necessario per abbassare l’ansia. Ridotta l’ansia scompare mano a mano anche il silenzio. L’unica cosa che non si dovrebbe fare è sollecitare la parola, chiederle di rispondere, di forzarla a parlare, dirle che lo fa di proposito o offenderla. Il risultato sarebbe solo che

Sai cos’è il silenzio? È quella parola che spesso non si ascolta.


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negativo: si sentirebbe a disagio, si abbasserebbe la sua autostima e la parola farebbe più fatica ad uscire. Non bisognerebbe mai rimproverarla per il suo silenzio. Ma questo, purtroppo, non accade e il suo problema viene spesso sottovalutato; viene scambiato per una semplice timidezza. Può essere scambiato anche per una sfida, un modo per non rispettare le regole, le richieste, l’impegno e lo studio... ma invece non è così. Questa è la mia storia. È incredibile come questo problema non venga riconosciuto. Non bisogna dare nulla per scontato e soprattutto cercare di capire tutte le persone che come me sono caratterizzate da questo silenzio. Tutt’ora, dopo tanti anni, mi capita ancora di non riuscire a parlare, ma nonostante tutto, ho sempre preferito non parlarne. Ho sempre preferito non spiegare il perché. Forse non sarei stata nemmeno

in grado di farlo, ma in ogni caso non l’avrei fatto, perché non voglio essere giustificata, non voglio approfittarmene, perché voglio guardare avanti. Ho preferito non dire nulla, perché dopotutto ho messo un pò di autostima da parte e sono sicura che il momento in cui sconfiggerò questo blocco, arriverà. Ora ho deciso di parlarne un pò, quello che basta, per fare capire come stanno veramente le cose e per non assumermi delle colpe che non dovrei darmi. Anche se so di non poterci fare nulla, non smetterò di lottare contro questa parte di me stessa. Il mio nuovo obiettivo è combattere piano piano, tutte queste sfumature in cui regna per la maggior parte il silenzio.

Elena Riabiz

CAMPIONE CHI LEGGE

GIO G A M 15 TRIAMO INCON

O FRANCSCA PERLA

07|05 eliminatorie (10 classi) 08|05 finale (4 classi) 15|05 Cividale vs. Trieste (2 classi) dalle 9.00 alle 12.00 presso la sala mensa Civiform sede di Cividale


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LA SCUOLA CHE VORREMMO DAL DOVER FARE AL VOLER FARE

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on vi piacerà tutto quello che studiate, non farete amicizia con tutti i professori, non tutti i compiti vi sembreranno così importanti e non avrete necessariamente successo al primo tentativo. Ma è giusto così”. Alcune tra le persone di maggior successo nel mondo hanno collezionato i più enormi fallimenti. Il primo Harry Potter di JK Rowling è stato rifiutato dodici volte prima di essere finalmente pubblicato. Michael Jordan fu espulso dalla squadra di basket alle superiori, perse centinaia di incontri e mancò migliaia di canestri durante la sua carriera. Ma una volta disse: “Ho fallito più e più volte nella mia vita... Ecco perché ce l’ho fatta”. Questa frase è tratta da un discorso di Barak Obama agli studenti americani all’inizio dell’anno scolastico.


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Anche noi abbiamo iniziato l’anno scolastico chiedendoci quale fosse la scuola ideale per noi. Siamo partiti da una discussione fatta in classe, tra noi studenti, abbiamo espresso i nostri pensieri e abbiamo deciso di trasformarli in un video e in una canzone che descrivono il nostro punto di vista sulla scuola che vorremmo. La scuola però non è fatta solamente da studenti, ma anche da professori. Abbiamo voluto quindi conoscere il loro pensiero e li abbiamo intervistati. Ecco in sintesi le loro risposte. Abbiamo chiesto loro se ritengono didatticamente efficace l’utilizzo dei voti per la valutazione. La maggior parte ritiene che sia giusto premiare con un voto chi se lo merita. Gli studenti stessi amano sapere se il loro lavoro è stato fatto bene

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o meno e di conseguenza le valutazioni numeriche sono la cosa migliore per verificarlo. Però non devono mai riguardare la persona ed è fondamentale che gli studenti lo sappiano. Qualche insegnante tuttavia ha definito la presenza dei voti controproducente, perché spinge alla competizione (in senso negativo) e non mostra necessariamente il livello raggiunto. Passiamo poi alla discussione relativa ai compiti per casa o per le vacanze. In questo caso, i professori si sono divisi: alcuni paragonano gli studenti agli sportivi e i compiti per casa ad un necessario allenamento, utile anche a verificare se quanto spiegato a scuola è stato appreso; altri invece sono contrari ai compiti estivi, perché l’estate dovrebbe rappresentare un periodo di relax assoluto, distante dalla scuola e dallo stress.


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Abbiamo poi chiesto agli insegnanti di esprimere il loro parere in merito all’utilizzo del digitale a scuola. Sono per lo più favorevoli, ritengono che una scuola che usa le tecnologie sia una buona scuola perché consente di fare lezione in modo diverso dal solito. I dispositivi tecnologici sono preziosi ed efficaci: è necessario però farne un buon uso, che non riduca la creatività né spenga la fantasia. È infatti l’intelligenza di chi usa questi strumenti che li rende vincenti. Questi strumenti infatti potrebbero renderci sempre più pigri o amorfi di fronte a situazioni problematiche e potrebbero diminuire la nostra capacità di ragionamento. È quindi essenziale riuscire a distinguere ciò che veramente ci aiuta a sviluppare le nostre capacità, rispetto a ciò che invece ci sclerotizza. Non dimentichiamo che l’uso dei cellulari sta creando patologie e dipendenze e utilizzarli diventa sempre più una tentazione alla quale i professori sono ovviamente contrari. Li abbiamo anche invitati a parlarci del loro lavoro. Ci hanno detto che fare l’insegnante è una missione, un lavoro che richiede passione, dedizione, molte risorse ed energie. È faticoso emotivamente e psicologicamente perché si basa sulla relazione con gli studenti e, visto che i ragazzi e gli adulti vivono in due mondi diversi, non è sempre facile capirsi né mantenere le giuste distanze.

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Ogni professore ha a che fare con le variabili di ogni individuo: momenti di rabbia, gioia, dolore, stanchezza... Tutto ciò rende molto impegnativo questo mestiere. L’obiettivo è la crescita degli studenti, attraverso la pazienza, lo studio e l’attesa, mettendosi continuamente in gioco e riconoscendo i propri errori. Gli insegnanti fanno il possibile per aiutare gli studenti ad entrare nel mondo del lavoro, migliorando le loro capacità relazionali e dando strumenti per la preparazione culturale e professionale. Secondo i professori, noi studenti siamo sempre in grado di migliorare, se sostenuti, lavorando e impegnandoci costantemente. Siamo tutti diversi, abbiamo talenti diversi che vanno coltivati al massimo. La scuola è una palestra di vita e deve concentrarsi sugli allievi come persone, aiutandoli ad acquisire gli strumenti per vivere e per superare le prove e gli ostacoli di ogni giorno. Gli studenti hanno bisogno di una buona motivazione, di un’autostima alta che permetta loro di andare oltre i loro fallimenti, i loro confini. La scuola dà la possibilità di capire dove si sbaglia e permette di migliorare. L’apprendimento effettivo si basa su una buona relazione, costituita dal saper parlare, ma soprattutto ascoltare, attività molto più complessa.


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È fondamentale che tra insegnanti e allievi ci sia una buona relazione, un clima di fiducia reciproca. Infine, viene discussa l’idea dello “studente modello”. Esiste: è lo studente che partecipa, curioso, che non molla, che riconosce il proprio valore, che non si sminuisce, che interviene, che capisce che imparare è un suo diritto, che aiuta gli altri. Esistono molti studenti che rappresentano un esempio, uno stimolo. L’allievo migliore è quello che intraprende un percorso di crescita accettando consigli, aiuti e confrontandosi con gli adulti e i compagni, per migliorare professionalmente e sotto l’aspetto umano. Concludiamo con le parole di un professore: “Fuori di qua c’è bisogno di voi! Il mondo del lavoro ha bisogno di bravi professionisti e la scuola ha bisogno di bravi insegnanti. Forse qualcuno di voi, in futuro, deciderà di mettersi in gioco e diventare un bravo insegnante. Per me sarebbe una soddisfazione!” In sintesi, ognuno di noi vorrebbe una scuola perfetta, calata dall’alto, ma in realtà sta a noi cercare di migliorarla, con impegno e volontà. Non bisogna dimenticare che qualsiasi cosa, se voluta davvero, si può ottenere. È importante però che ciascuno di noi non aspetti che siano gli altri a fare il primo passo. Dobbiamo avere il coraggio di fare il possibile rimanendo sempre noi stessi. Così facendo riusciremo a raggiungere il nostro obiettivo: costruire e vivere all’interno della scuola perfetta per noi.

il nuovo break della formazione nasce il nuovo laboratorio Caffetteria e Snack: innovazione, modernità e flessibilità

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Nicholas De Ronch  Con il sostegno di seguici su:

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UNA

SCONFITTA

IN PARTENZA È FACILE INGANNARE L’OCCHIO, MA È DIFFICILE INGANNARE IL CUORE

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utti sappiamo cos’è il doping? Parliamone. Ebbene il doping è l’uso di sostanze o medicinali che hanno lo scopo di migliorare il fisico e le prestazioni di un atleta prima di una competizione. Tutti noi sappiamo che alcuni atleti usano slealmente queste sostanze, specialmente nell’atletica (classificata al primo posto tra gli sport dopanti), nel ciclismo, nel calcio, nel nuoto, ma anche nella pallacanestro, nella pallavolo, nel rugby, nel tennis e in alcuni sport invernali. Questa è la classifica dei dieci casi di doping più clamorosi: il primo è Diego Maradona, calciatore; poi c’è Heidi Krieger, pesista e discobolo tedesco; Michelle Smith, nuotatrice irlandese; Adrian Mutu, calciatore; Ben Johnson, campione di atletica canadese; Alberto Contador, ciclista;

Barry Bonds, giocatore di baseball americano; Alex Schwazer, marciatore italiano e campione olimpico. Al nono posto c’è il ciclista Marco Pantani e al decimo troviamo Petr Korda, tennista professionista. Tutti questi atleti sono risultati positivi all’anti-doping e sono stati espulsi dalle competizioni. Quali sono le sostanze maggiormente utilizzate? Ecco le più frequenti: il salbutamolo, usato per ridurre il broncospasmo, il testosterone per aumentare la massa muscolare, le efedrine e le amfetamine, per non sentire il dolore o la stanchezza e per finire l’insulina che aumenta il trasporto del glucosio. Molto frequente, ma più difficile da individuare, è l’autoemotrasfusione che consiste nel prelevare il sangue all’atleta (dai 700 ai 900 ml) un mese prima della gara e rimetteterglielo in circolo

con una trasfusione uno o due giorni prima della prestazione sportiva allo scopo di riattivare il microcircolo e l’ossigenazione in tutte le parti del corpo, garantendo di conseguenza una migliore forza fisica. Ora ci chiediamo, quali rischi corrono gli atleti in nome della vittoria? Le sostanze dopanti, se usate per anni, danno origine a diverse problematiche, come il cancro, la fibrosi, la trombosi, le cisti, la calcificazione e la rottura delle fibre muscolari. Inoltre è possibile avere un arresto cardiaco o delle emorragie. Cosa succede se il test anti-doping di un atleta è positivo? Il doping è un reato penale e quindi, all’atleta trovato positivo, vengono comminati 3 anni di reclusione. Inoltre, può essere obbligato a sospendere temporaneamente o definitivamente l’attività agonistica.

Concludo con una riflessione che parte dall’idea che le sostanze dopanti trasformano la persona e non permettono di essere se stessi. Lo sport è una passione e non deve mai trasformarsi in un’ossessione per la vittoria. Gli obiettivi dello sport sono gareggiare con lealtà, partecipare con il gusto di farlo, raggiungere il traguardo con le proprie forze. Il doping spegne la vita. Diciamo no al doping!

Nicole Nassutti


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GAME OVER RITENTA, SARAI PIÙ FORTUNATO

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egli ultimi anni, il gaming compare sulla scena sociale come un fenomeno allarmante in quanto occupa gran parte del tempo libero, non solo dei giovani, ma anche degli adulti. I videogiochi sono diventati una droga nel senso letterale del termine. Degli studi hanno infatti confermato, che la maggior parte dei ragazzi è realmente dipendente, perché il gaming attiva lo stesso meccanismo dell’alcool o della cannabis.

Questi i sintomi della dipendenza:

Chi ha provato a giocare con i videogiochi conosce la difficoltà del porsi dei limiti. Non basta sentire che il tempo scorre, si rimane incollati allo schermo senza riuscire a prestare ascolto alla voce della ragione, senza smettere, pur consapevoli che sarebbe ora di farlo. Tutto nasce dal piacere e per il gusto del piacere. Poi subentra la difficoltà di fermarsi. È un’abitudine che finisce per essere

invadente e quando svanisce il piacere iniziale, bisogna giocare ancora e ancora per riprovare quel benessere. Da qui la dipendenza. Per questo, molti genitori, gli studiosi e gli inventori di questi videogiochi consigliano di prestabilire dei tempi di gioco e di rispettarli. È un modo per rispettare se stessi. Non scherziamo con la vita! Non facciamoci del male!

■■ Desiderio continuo

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Giocare ai videogame diventa l’attività più importante nella vita di una persona, occupa costantemente i suoi pensieri, i suoi sentimenti. Sbalzi d’umore L’impegno costante nei videogiochi provoca euforia: uno stato di benessere che viene a mancare quando la persona non gioca e diventa ad un tratto irritabile o apatica. Crisi fisica da astinenza da gioco La riduzione improvvisa o la sospensione del gioco creano spiacevoli effetti fisici aumentando irritabilità e agitazione. Rigiocare alla stessa cosa È la tendenza a tornare più volte sui modelli precedenti di utilizzo. Conflitti Il gioco eccessivo genera inevitabilmente dei conflitti interpersonali tra il giocatore e chi vive intorno a lui.

Sono un ragazzo che gioca spesso ai videogiochi. Per me il gaming è uno scudo che mi difende dall’esterno e più di ogni cosa mi permette di sfogarmi. Mi aiuta a scacciare la rabbia o a dimenticare degli episodi che mi hanno fatto star male. Quando gioco da solo o in compagnia mi sento bene, al sicuro, perché so che nessuno giudica quello che sono o quello che faccio. Un tempo stavo tutto il giorno davanti ai videogiochi, mentre ora sono riuscito a capire che non sono una parte fondamentale della vita. La vita è una sola e va sfruttata al massimo. Ora mi diverto con gli amici, esco in compagnia e parlo dei miei problemi, ascolto quelli degli altri, in altri termini non mi chiudo tutto dentro.

Thomas De Ronch


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Vengono picchiate, violentate, trattate come schiave e rischiano anche di essere uccise. Vivono di paure, timori e di incubi: spesso non sanno nemmeno chi si trovano davanti, chi bussa alla loro porta o chi si affianca con la macchina. Queste persone non meritano tutto questo. Meritano la vita che ognuno di noi ha il diritto di avere e non quella di

VIETATO C MORIRE LA PROSTITUZIONE NON È UN LAVORO, È UNA TORTURA

ome si può scegliere di essere schiavi di qualcuno? Come si può scegliere di farsi fare del male? Non c’è nessuna possibilità di scelta, non c’è nessuna libertà. Soggetti fragili, a volte poco più che adolescenti, senza un’identità e portati via dal loro paese con l’inganno, si prostituiscono. Donne vendute, costrette con la forza, incapaci di difendersi e di reagire. A volte per condizioni economiche sfavorevoli, a volte per condizioni sociali ostili. Queste donne non verranno mai viste come persone, ma come oggetti: vendute, comprate e usate. Viste come figure deboli e aggressive, che stanno nei locali o passeggiano nel buio della strada. Sacrificano la loro vita e loro stesse per andare avanti, per vivere, anche se poi quella che fanno, non può essere chiamata vita. Non hanno un futuro e vivono senza amore, senza rispetto e forse neanche sorridono. La prostituzione non è un lavoro, è una tortura.

■■ 21 milioni sono le vittime della prostituzione nel mondo

Il 49% sono donne e il 33% sono minori Il 53% delle persone è trafficato a scopo sessuale Il 70% è composto da donne (49%) e bambine (21%) Un terzo delle vittime è un bambino e le bambine sono i due terzi dei minori L’80% di donne costrette a prostituirsi denuncia violenza fisica, il 60% stupro Più del 90% dei paesi ha una legislazione in materia, eppure la risposta è debole e inefficace un semplice pezzo di carne da macello. Meritano di essere ascoltate, di essere capite, amate, protette e valorizzate per come sono realmente. Meritano anche loro una famiglia, quindi non restate in silenzio, non diventate complici. Oggi si combatte per l’eliminazione della prostituzione: chiunque venga sorpreso con una prostituta, merita di essere multato. Questo fenomeno, costruito da trafficanti e sfruttatori, può essere interrotto e forse anche distrutto. Ma occorre uscire dall’indifferenza e dal silenzio per cambiare la storia. Lottiamo contro la prostituzione. Oggi stesso è il momento di farlo!

Elena Riabiz


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IL GIORNALISTA SI COSTRUISCE DA SEMPRE INTERVISTA A NICOLÒ BORTOLOTTI

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bbiamo intervistato Nicolò Bortolotti, caporedattore del quotidiano Il Messaggero Veneto. L’obiettivo di quest’intervista era scoprire il mondo del giornalismo e i suoi segreti per poterli applicare nel nostro progetto. Nicolò Bortolotti è stato per noi di grande aiuto: abbiamo infatti ricevuto consigli, affrontato tematiche nuove e individuato le parti fondamentali che un giornale dovrebbe sempre presentare. Abbiamo compreso l’importanza della collaborazione all’interno di un gruppo, e dell’opportunità di fare quello che serve, al di là della visibilità di ogni singolo compito. Abbiamo potuto ricavare tutto questo da questa intervista, soprattutto grazie alla disponibilità dell’intervistato e la sua voglia di condividere con noi la sua esperienza.

Ci racconti la sua carriera giornalistica e il suo ruolo all’interno del Messaggero Veneto. Quest’anno è il mio 31° anno al Messaggero Veneto. Ho cominciato quasi per caso. Da ragazzino giocavo a calcio e mi immaginavo che avrei avuto una carriera sportiva. Quando però mi sono rotto la caviglia, tutto è finito. Ho avuto la fortuna che il parroco del mio paese mi invitasse a scrivere sul giornale locale, “La Voce Isontina”, e così ho cominciato a fare le piccole cronache cittadine. Un’altra fortuna è stata che il Gazzettino aprì una redazione nel mio paese, così decisi d’incontrare il responsabile che mi diede la possibilità di entrare a farne parte. Un altro colpo di fortuna fu che il professore di educazione fisica del liceo che frequentavo era il proprietario di una radio che aveva acquisito i diritti di trasmissione delle radiocronache dell’Udinese. Lui mi chiese se potevo iniziare a farle, così iniziai a girare, da minorenne, quasi tutta l’Italia. Conobbi tanti giornalisti ed entrai in contatto con la persona che si occupava dell’Udinese al Messaggero Veneto che mi chiese di collaborare per seguire la squadra friulana quando lui non avesse potuto farlo. Mentre seguivo l’Udinese, feci il servizio militare, durante il quale il direttore del Messaggero mi offrì l’assunzione che dovetti purtroppo rifiutare. Al mio ritorno andai al Messaggero e comunicai al direttore che ero finalmente disponibile.

Mi mandò prima ad intervistare il vicepresidente del Consiglio e il giorno successivo mi chiese un pezzo sulla tombola in Giardin Grande. Mi domandai come mai prima mi avesse mandato a fare un articolo da prima pagina e poi un articoletto da nulla. Mi rispose spiegandomi che in un giornale come quello si fanno raramente grandi cose, mentre il più delle volte ci si dedica alle piccole cose. Mi disse anche che era stato molto contento del mio atteggiamento, della mia voglia e della mia capacità di non dire mai di no. Sei mesi dopo, il 1° gennaio del 1988, mi assunse. Mi mandarono subito in cronaca, ma poco dopo fui spostato di nuovo a seguire l’Udinese. Poi mi chiesero di andare alla redazione di Monfalcone, aperta da poco, dicendomi che avrei anche ricevuto la mia prima promozione da caposervizio e ovviamente accettai subito. In seguito diventai capo della provincia, capocronista e dopo qualche anno chiesi di aprire il sito web, con varie piattaforme multimediali, quali Instagram e Facebook, che da 7 anni gestisco come caporedattore.


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Come nasce il Messaggero Veneto? Il Messaggero Veneto ha appena compiuto 70 anni. Si chiama così perché all’epoca la regione Friuli non esisteva ancora ed era legata al Veneto. Nasce per opera di un gruppo di industriali del Veneto e del Friuli. La prima redazione è stata creata in Via Carducci a Udine e poi, nel 1966, ne è stata aperta un’altra in Viale Palmanova.

Come avete gestito il cambio dal cartaceo al multimediale? In realtà non c’è stato un vero e proprio cambio: queste due modalità vanno in parallelo. C’è stato un grande dibattito tra noi giornalisti quando abbiamo aperto il sito web. La domanda che ci ponevamo era: “Perché dobbiamo pubblicare sul sito le notizie che poi usciranno sul giornale? Perché dobbiamo anticipare le notizie magari anche con video o fotogallery?” In realtà, abbiamo potuto constatare che i danni sono limitati, perché il pubblico è completamente diverso. Il pubblico del cartaceo non guarda Internet e viceversa. Non c’è stata alcuna cannibalizzazione di copie del giornale a beneficio di Internet. Il calo di copie che si è verificato è stato ed è fisiologico, come in tutta la stampa nazionale, ma è avvenuto per una ragione che non riguarda Internet.

I social network hanno influito sulle vendite? Assolutamente no. Anche perché mettiamo sui social i post che poi vengono pubblicati sul sito, quindi il loro utilizzo è un modo per cercare di raggiungere e coinvolgere un pubblico sempre più vasto. Uno dei social che ci aiuta di più è Facebook: possiamo

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vantare oltre 130.000 iscritti alla pagina. Nessun social ha avuto un’incidenza negativa sulle vendite del giornale cartaceo in edicola.

Com’è strutturata la redazione di un giornale? La redazione è strutturata per settori: c’è la cronaca regionale che si occupa dei primi piani, quindi delle prime pagine. Tratta di politica regionale, di economia e di grandi fatti. Poi c’è lo sport che si occupa dell’Udinese, seguita costantemente da un inviato e da vari collaboratori, e di tutti gli altri sport, compresi i campionati principali della nostra regione. La cronaca di Udine invece si occupa essenzialmente di quanto avviene in città, della cronaca nera, grazie alle informazioni raccolte dalle forze dell’ordine, o della cronaca giudiziaria che riguarda i diversi processi in corso. In più c’è la cronaca di tutti i vari paesi della provincia di Udine. Presente è anche il sito web che attualmente ha tre redattori che coprono una fascia oraria che va dalle 7.00 alle 23.00 e la redazione esterna di Pordenone, con undici redattori, divisi in tre redazioni.

Quali argomenti deve trattare maggiormente un giornale? Questa è una bella domanda! Su questo tema noi facciamo due o tre riunioni al giorno per cercare di darci una risposta. Innanzitutto ogni giorno è diverso dall’altro e ogni giorno arrivano molte notizie diverse. Sembra una banalità, ma è proprio la scelta delle notizie che determina il successo di un giornale.


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Adesso, rispetto al passato, siamo fortunati perché il sito Internet ci aiuta molto, fornendoci dati riguardo al gradimento delle notizie da parte dei lettori. Questo ci permette di scegliere al meglio le notizie da inserire nel giornale. Ovviamente ci sono notizie obbligatorie, di importanza maggiore, che quindi devono essere assolutamente pubblicate. Nel momento in cui, ad esempio, si dimette il presidente della regione, è chiaro che il giornale aprirà con questa notizia.

Vi è mai capitato di avere articoli a rischio strumentalizzazione? Può succedere in qualsiasi momento che qualche articolo venga strumentalizzato. È un rischio presente in qualsiasi campo, che si tratti di sport, di cronaca, o di politica (il campo più a rischio).

Esiste la censura nel giornale? In molti paesi la censura esiste. A me personalmente nessuno ha mai negato di scrivere qualcosa. Qualche giorno fa mi è capitato di dover fermare una notizia, della quale non eravamo molto sicuri; quando poi abbiamo avuto la certezza della notizia, l’abbiamo pubblicata.

Come raccogliete le notizie? Come le gestite? Ogni settore chiama i diversi comuni cercando di conoscere i fatti accaduti e in base alle notizie raccolte si producono poi gli articoli. Successivamente si sceglie la notizia di prima pagina; per quanto riguarda lo sport, abbiamo un settore specifico per l’Udinese, mentre per l’economia abbiamo diversi collaboratori.

Quanto contano le parole che si scelgono nel narrare i fatti? Tantissimo. Su Internet è determinante, perché l’indicizzazione di Google avviene su parole chiave e quindi quando si usa una di queste parole su un titolo, si ha la possibilità di essere indicizzati nel mondo più di altri. Per quanto riguarda il giornale, invece, tendiamo ad utilizzare un linguaggio basso, più comune, perché il nostro pubblico di riferimento lo preferisce.

È ancora possibile avvicinare i lettori ad un quotidiano? Questa è la nostra missione! Il problema centrale della sopravvivenza del giornale cartaceo è proprio quello di cercare di avvicinare alla lettura di un quotidiano le nuove generazioni, coinvolgendole con argomenti quali lo sport, gli spettacoli o la musica.

Quali sono le difficoltà e le responsabilità del suo ruolo? Ci sono sempre delle difficoltà organizzative: infatti rispondo dei risultati ottenuti anche da parte degli altri operatori. Il mio ruolo è quello di rispondere all’editor e per fortuna non abbiamo fallito. Devo organizzare la giornata, giorno per giorno, pianificare tutti i compiti e gestire le emergenze.


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Ci sono dei momenti, dei periodi in cui la vendita del quotidiano aumenta? Sì, generalmente il sabato, la domenica e i giorni festivi, ed è l’esatto opposto di quello che succede sul web. Bisogna tenere conto che questo dato viene però falsato nel momento in cui accade qualche fatto importante o di cronaca nera.

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Cosa fa il giornalismo oggi e come lo immagina in futuro? Il giornalismo ha toccato un po’ il fondo. Credo che ci sarà una fine del giornale cartaceo e una diffusione crescente delle informazioni online in tempo reale, modalità sicuramente molto affascinante. Per il futuro, a mio parere è in atto una sfida che dev’essere colta dai giovani in merito alla diffusione del giornale, sfida legata alle notizie in tempo reale, a nuove modalità di dare le informazioni o gli approfondimenti.

Vuole darci qualche consiglio? Vi consiglio di continuare sulla linea editoriale che avete scelto in partenza, che a mio parere è molto bella. È importante che voi scriviate di quello che vi piace, che vi appassiona e che vi interessa. Una recente statistica sul tempo medio che un lettore passa a leggere una rivista, ha riscontrato che sono cinque i minuti dedicati alla lettura della rivista acquistata. Mi permetto quindi di suggerirvi di fare gli articoli più brevi possibili per aumentare la possibilità che l’articolo venga letto. Nicholas De Ronch


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RADIO L FRAGOLA GORIZIA L’INTERVISTA AL TEAM CHE HA CREATO UNA WEB RADIO DA ZERO

oro sono il team di Radio Fragola Gorizia, dei ragazzi che hanno deciso di creare una radio online, partendo da zero! Lavorano insieme e ognuno mette in campo le proprie abilità arricchendo il gruppo dal punto di vista professionale e umano. Li abbiamo intervistati cercando di capire gli aspetti tecnici di questo progetto, le complicazioni, ma anche le tematiche affrontate nei loro podcast. Abbiamo respirato a fondo la loro tensione e la loro paura quando sono arrivati, ma anche la capacità di superarle per raggiungere l’obiettivo: raccontarsi. Ci hanno detto chi sono, che cosa fanno, ci hanno svelato i loro interessi e le loro difficoltà nella vita. Tutti siamo capaci di raccontare le gioie, invece delle difficoltà tendiamo a vergognarci, a nasconderle. Ci vuole vero coraggio per esporsi: la forza del cuore!

Come vi siete conosciuti? Come si è formato il gruppo? PATRICK: Inizia premettendo che oggi manca Guillermo, l’elemento del gruppo che ha portato il supporto video, la dimensione visiva oltre a quella audio. Radio Fragola nasce a Trieste nel ‘54 da un’esperienza basagliana, all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste. Da un anno e mezzo esiste anche a Gorizia, da qui il nome. Personalmente sono entrato a far parte di questo gruppo a maggio del 2017. Vengo dalla realtà del Centro Salute Mentale di Gorizia, è stato proprio il mio medico a propormi questo progetto che inizialmente mi è sembrato molto interessante. Poi mi sono sorti dei dubbi, ma quando sono arrivato mi sono trovato subito bene. Chiaramente c’erano già dei progetti in corso, ma di questo vi parleranno Naomi e Adam. ANDREA: Sostanzialmente, il gruppo si forma a partire dalla cooperativa La Collina per cui lavoro. Si tratta di una delle cooperative sociali nate nell’ambito della riforma psichiatrica a Trieste. Il gruppo si forma con l’apporto di persone di vario tipo, persone che ad esempio, come Patrick, sono passate attraverso l’esperienza del C.S.M.

Nella vita a tutti capita di avere dei momenti di difficoltà, l’importante è prendersi cura di sé e capire che alle volte sì, c’è bisogno di un certo supporto. Questa domanda ci permette di sottolineare che siamo un gruppo che cerca di rimanere unito e che ogni persona, che si aggiunge con i suoi saperi, aggiunge un valore in più al gruppo e, mentre impara facendo, probabilmente scopre di essere portato per qualcosa in particolare, scoprendo un suo talento. Avete una sede in cui lavorare? PATRICK: Al momento operiamo in una succursale, negli stessi spazi in cui lavora un gruppo che si occupa dell’archivio dell’ex ospedale psichiatrico. Presto avremo una sala incisioni all’interno del parco Basaglia, dove potremo lavorare più liberamente.

Pensa a tutta la bellezza ancora rimasta attorno a te e sii felice. Anna Frank


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Con quale progetto siete partiti? NAOMI: Il primo progetto che abbiamo completato è stato un audio-documentario sulla cura dell’archivio dell’ex ospedale psichiatrico di Gorizia. Abbiamo collaborato con degli infermieri e con i ragazzi che se ne occupano attualmente, gli stessi con cui spartiamo gli spazi di lavoro. L’audio-documentario è diviso in tre parti, per una durata complessiva di 45 minuti. ANDREA: La cooperativa La Collina gestisce Radio Fragola Trieste e da ormai due anni e mezzo ha attivato una serie di progetti a Gorizia con il dipartimento di salute mentale dell’azienda sanitaria. Il primo progetto era appunto il recupero dell’archivio dell’ex ospedale psichiatrico, che ha una storia piuttosto lunga: inizia nel 1933 e arriva fino agli anni ‘80. L’idea dell’audio-documentario è nata da qui ed è diventata un modo per ricostruire la storia: ovviamente dalle cartelle cliniche ci si fa un’idea di cos’è stato un ente così complesso come quell’ospedale.

NAOMI: Inizialmente voleva essere un documentario molto incentrato sull’archivio, però poi è stato interessante andare a vedere effettivamente di che cosa si parlasse nei documenti e quindi capire il funzionamento interno dell’ospedale. È stato davvero molto appassionante! Purtroppo la storia dell’ospedale non è molto conosciuta, si è sempre cercato di non parlarne. Anche chi vive a Gorizia non ne sa molto, nonostante, come evidenziato nel documentario, fosse un ente importante anche per il numero di posti lavoro. È stato una parte considerevole però un po’ “scomoda”: ci siamo addentrati in un ambiente chiuso, poco aperto agli scambi comunicativi. Come vi dividete i ruoli all’interno del progetto? TUTTI: Non ci dividiamo i ruoli. Lavorare a Radio Fragola è un modo per imparare tutti tutto e cercare di portare le nostre abilità allo stesso livello. C’è la filosofia dell’“each one teach one”: ognuno insegna all’altro ciò che sa.

Quanto tempo ci è voluto per mettere in piedi il progetto? Ci sono state complicazioni? ANDREA: Il progetto è partito a luglio del 2016. L’idea iniziale era quella di creare una vera e propria radio: Radio Fragola. Purtroppo però non era fattibile perchè ormai tutte le frequenze terrestri sono chiuse e comprarne una è assolutamente impossibile poiché costano oltre 100.000 €, prezzi proibitivi per una cooperativa no-profit. L’esperienza Radio Fragola nasce quindi dalle radio comunitarie, frequenze che non vivono di pubblicità, al contrario delle radio commerciali. Vengono create negli anni 70’ quando ancora le frequenze erano libere e quindi ce n’erano svariate. In breve, negli anni ‘80, a causa di una serie di riforme del sistema radiofonico e televisivo, tutte queste piccole radio comunitarie vengono assorbite da quelle commerciali. Tutte, tranne Radio Fragola, che ha resistito e continua a resistere malgrado le difficoltà. Riassumendo, a Gorizia ci chiedono di fare una radio.

In FM non si può fare, però notiamo che il fenomeno delle web-radio sta prendendo piede e allora perchè non approfittarne? La difficoltà successiva è stata quella di scegliere un tema specifico per la radio, come ad esempio la musica. Ci abbiamo pensato ed abbiamo proposto di produrre podcast, cioè materiali finiti scaricabili o ascoltabili in streaming. Il primo podcast è stato appunto il documentario sull’archivio, poi man mano che si aggiungevano persone aumentavano i progetti. All’inizio c’eravamo io, Naomi e Adam che lavoravamo assieme a Franz, un tecnico musicista della radio di Trieste che ci ha insegnato ad usare un software gratuito per l’editing dell’audio e per il montaggio dei materiali raccolti. Adam fa dei montaggi splendidi e ha imparato il mestiere proprio guardando Franz all’opera. A sua volta lo ha trasmesso a Letizia e così via fino al team attuale. Guillermo, anche lui dipendente della cooperativa, è un artista e ha portato l’idea dell’audio-dramma.

Quando avevo cinque anni, mia madre mi ripeteva sempre che la felicità è la chiave della vita. Quando andai a scuola mi domandarono come volessi essere da grande. Io scrissi: felice. Mi dissero che non avevo capito il compito, e io dissi loro che non avevano capito la vita. John Lennon


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Che cosa vi sta dando questa esperienza? Che cosa rappresenta per voi? NAOMI: Mi è sempre piaciuto quello che abbiamo fatto e mi è stato anche molto utile. Venendo tutti da un’esperienza di disagio interiore è stata un’occasione degna e importante per appassionarsi, per raccontare qualcosa. All’inizio è stato molto importante per questo, poi man mano le cose sono andate avanti e adesso è una specie di piccolo lavoro.

Il primo che ha proposto è stato Tanto chiasso per Arlecchino di Walter Benjamin. Il divertimento è stato proprio ricreare i suoni narrati nel testo, come il rumore di una locomotiva oppure le chiavi contro una ringhiera o qualsiasi verso animale. Un giorno siamo addirittura andati al parco a registrare le risate dei bambini che giocavano (ovviamente con il consenso dei genitori) e via dicendo. Nel caso in cui i suoni siano impossibili da ricreare, li scarichiamo gratuitamente da FreeSound. È stato un progetto stupendo e stimolante! Ci sono dei limiti da rispettare per quanto riguarda le tematiche da trattare? TUTTI: No, cerchiamo sempre l’imparzialità!

Che tipologie di podcast proponete agli ascoltatori? PATRICK: C’è l’audio-documentario, il radiodramma, Ritratti in cui semplicemente intervistiamo delle persone che raccontano la loro storia, la loro vita, i loro interessi, quello che li accende. Recentemente abbiamo creato Frammenti di voi che consiste nel chiedere a sconosciuti cos’è la felicità. Se guardate il nostro sito però, scoprirete che c’è molto altro ancora. Quante ore vi impegna quotidianamente questo progetto? TUTTI: Possiamo quantificare una media di quattro ore al giorno, cinque giorni a settimana, dal lunedì al venerdì.

ANDREA: A me ha dato molto perchè io ho lavorato saltuariamente nell’ambito della comunicazione in maniera discontinua, frammentata, sia in radio, sia facendo video, sia scrivendo. Ho sempre avuto la fortuna di lavorare in dimensioni collettive. Tra di noi discutiamo sempre, anche entrando in conflitto. Non sempre è tutto lineare e chiaro ed è giusto così. La cooperativa crea progetti di formazione, di inserimento lavorativo. In alcuni casi c’è proprio la possibilità di iniziare a fare delle attività dentro alla cooperativa, di diventarne dipendenti. Non sempre questo è possibile per ovvi motivi, però l’idea è quella di insegnarsi a vicenda un modo per appropriarsi di un saper fare che tutti possano spendere, che non è necessariamente un lavoro radiofonico.

Ad esempio, già solo il fatto di organizzare un’intervista, contattare le persone, mettere a punto le domande da fare, documentarsi per fare delle domande coerenti, apre la mente. LETIZIA e ADAM: Per noi questa esperienza è un modo, una via per imparare. PATRICK: Mi sta dando tantissimo. Mi trovo benissimo con tutti loro, si è creato tra di noi un feeling molto particolare. Inoltre, avendo le idee un po’ confuse sul mio futuro, su che cosa fare esattamente nella vita, questo progetto mi aiuta a chiarirmele. Mi sono detto che potrei andare a fare una scuola di doppiaggio, però adesso vediamo quando, perchè in questo momento sto veramente bene dove sono e con chi sono. Lo vedo nel mio futuro. Questi ragazzi continuano a lavorare instancabilmente. Il prossimo progetto è la creazione di un audio racconto di Bukowski. Seguiteli sul sito www.radiofragola.com/radio-fragola-gorizia

Gaia Savio

La miglior vendetta? La felicità. Non c’è niente che faccia più impazzire la gente che vederti felice. Alda Merini


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Innanzitutto, che sport pratichi? Più che uno sport, per quanto mi riguarda, il ballo (HIP HOP) è la mia passione, il mio stile di vita.

PASSI C DI LIBERTÀ

on questa intervista vorremmo farvi entrare nel mondo di Nicholas de Ronch, allievo della terza Grafici e ballerino professionista.

UN SOGNO CHE SI REALIZZA Nicholas ci ha descritto il suo percorso, fatto di emozioni, sacrifici e obiettivi raggiunti. Ci auguriamo che la condivisione di questo vissuto possa farvi trovare degli spunti che magari vi aiutino a raggiungere i vostri obiettivi presenti e futuri.

A livello agonistico vero? Hai vinto delle gare? Fin da piccolo ho quasi sempre ballato a livello agonistico, vincendo molte gare e di conseguenza coppe o premi di diverso tipo. Ora ho accantonato il mondo agonistico per dedicarmi a quello professionale. Infatti, da due anni insegno a gruppi di ragazzi che condividono la mia stessa passione e questo mi rende orgoglioso di loro e del percorso che sto facendo. La parte più bella ed emozionante di tutto ciò è proprio che rivedo me stesso in loro: rivivo i primi passi, le prime lacrimucce per qualche piccola difficoltà...

Trasmettere loro, attraverso l’insegnamento, l’amore che provo nei confronti della danza è una delle soddisfazioni più forti per me. Da quanto pratichi questo sport? Inizialmente c’era la possibilità che la mia vita sportiva prendesse una direzione scontata finendo a praticare calcio... Per fortuna la mia strada ha preso una direzione completamente differente. Infatti, all’età di 5 anni ho iniziato a praticare la danza che sarebbe diventata negli anni una parte fondamentale di me, della mia vita sportiva ed umana. Quante ore dedichi a questo sport alla settimana? Dipende, mi capita di avere delle settimane nelle quali devo allenarmi tutti i giorni;


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in altre settimane invece mi occupo solo d’insegnamento allenandomi solo per qualche ora. Spesso la domenica ho degli allenamenti molto intensi, di 8 ore. In questi anni, ho maturato una personale idea riguardo agli allenamenti: per migliorare e crescere nello sport, non conta solo il numero di ore di pratica, ma ciò che si dà durante ogni allenamento. Dedizione, costanza, voglia, motivazione, sogno, passione sono parole chiave per la vita di uno sportivo che punta in alto. La qualità conta più della quantità. Com’è nata la tua passione? Ho sempre avuto la passione per la musica e per tutto ciò che trasmette. Più passava il tempo, più mi accorgevo di averla dentro. Intorno ai 5 anni ho capito che il posto che preferivo al mondo non era il campo da calcio, ma la scuola di ballo.

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Questa passione non mi è stata trasmessa da nessuno in particolare, ma è nata nel momento in cui sono entrato per la prima volta a contatto con questa realtà. Sin da quando ho mosso i primi passi di ballo, ho subito capito che avrei voluto farmi conoscere attraverso i miei movimenti e ciò che essi racchiudono. Ed è forse questa la parte più difficile ed importante di questo sport. Infatti, la bravura di un ballerino sta nel saper trasmettere al pubblico i propri sentimenti e le proprie emozioni. Tutto questo implica un lavoro interiore, proprio perché bisogna essere capaci di mettersi in gioco. Fai grandi sacrifici? A mio parere, chiunque voglia raggiungere solidi obiettivi deve per forza fare sacrifici e impegnarsi fino in fondo. Chiunque punti ad ottenere

dei risultati significativi e concreti nello sport, sa che dovrà affrontare tutto ciò che la vita da sportivo gli porrà davanti: dalle difficoltà agli ostacoli, dalle rinunce ai sacrifici. Quanta importanza ha questo sport nella tua vita? Il ballo per me è una passione e, come tale, è la cosa più importante della mia vita. Ogni giorno che passo senza il ballo mi manca qualcosa, non mi sento completo. Ballare mi rende felice, mi libera la mente, mi permette di esprimere la persona che sono realmente e mi rende sicuro di me. Inoltre, mi piacerebbe che in futuro il ballo diventasse un vero e proprio lavoro; a questo proposito, da qualche mese ho ottenuto un contratto da ballerino professionista per un cantante, quindi ora faccio

parte di un corpo di ballo. Mi sono esibito e mi esibirò in un tour di concerti. Quest’estate ho portato avanti anche l’esperienza del Festival Show che sto vivendo da tre anni, senza mai smettere di ballare assieme a mio fratello per il quale nutro grande stima come persona e come ballerino. Quali consigli daresti a chi volesse seguire il tuo esempio? Consiglio ai giovani sportivi di non puntare tutto sulla carriera sportiva, ma di proseguire anche gli studi. Questo perché, purtroppo, non si sa mai cosa ci possa riservare la vita di tutti i giorni.

Nicholas De Ronch


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SUI PEDALI LA MIA PASSIONE IL CICLISTA JONATHAN RACCONTA LA SUA ESPERIENZA NELLO SPORT

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ratico il ciclismo da quando avevo 4 anni. Ho iniziato correndo in mountain bike e dall’età di 6 anni ho cominciato a praticare questo sport a livello agonistico. L’ho continuato fino a 13 anni, quando ho deciso di correre esclusivamente su strada. In casa mia si è sempre parlato di ciclismo, perché per parecchi anni mio papà ha corso come ciclista professionista. I miei genitori hanno provato a mandarmi a fare tennis, nuoto, judo, danza per fare in modo che scegliessi il mio sport liberamente, senza diventar una copia di mio papà. Però probabilmente questa fiamma era dentro di me fin da quando ero piccolo. Ho deciso io di salire sulla bici, di fare il ciclista e da quel momento la mia passione ha preso vita. Fare sport seriamente e con impegno richiede molti sacrifici

e rinunce: significa rispettare un regime alimentare corretto e uno stile di vita sano. Da piccoli magari fare sport può voler dire imparare regole in modo giocoso: saper lottare per raggiungere i propri obiettivi, imparare a perdere, gioire della vittoria propria o dei compagni di squadra e saper aiutare gli altri. Arrivati alla mia età, fare ciclismo a livello agonistico comporta un grande impegno, sia fisico sia mentale, che posso affrontare solo perché mi piace quello che sto facendo. Le ore di allenamento nella mia categoria (juniores secondo anno) sono parecchie. Nei periodi di gara, che vanno da marzo ad ottobre, mi alleno ogni giorno; fino a quando sono a scuola durante la settimana riesco a fare due ore al giorno, mentre durante l’estate le ore diventano anche quattro o cinque, durante le quali percorro da un minimo di 50 km fino ad un massimo di 130 km. In questo periodo invernale noi ciclisti ci prepariamo per la prossima stagione facendo palestra durante la settimana, corse a piedi e camminate in montagna con la squadra, anche per creare spirito di gruppo.

Da piccolo non ho ottenuto molte vittorie, mi impegnavo tanto ma non ero potente fisicamente. Solo in questi ultimi due anni sono riuscito ad ottenere delle belle vittorie e anche dei bei piazzamenti sia su strada sia su pista, vincendo tre maglie di campione regionale e la seconda tappa del giro “Trittico Veneto”, il più importante giro a tappe del Veneto. Dentro di me c’è sempre la voglia di fare meglio, di non adagiarmi sui bei risultati ottenuti: da me pretendo tanto anche perché so che questo sport, un domani, potrebbe forse diventare il mio lavoro. Il ciclismo mi chiede tanto, ma mi offre anche grandi soddisfazioni che mi ripagano di tutte le fatiche, di tutti i crampi, di tutte le ore sotto il sole cocente o sotto la pioggia che non sono nulla rispetto all’emozione che provo quando, alla fine della gara, non vedo nessuno davanti, ma solo lo striscione dell’arrivo e mi rendo conto di essere io il vincitore.

Quando la strada sale non ti puoi nascondere. Eddy Merckx

Jonathan Milan


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BITCOIN, NEW COIN LA MONETA DEL FUTURO

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Bitcoin sono un nuovo sistema di pagamento ancora non molto conosciuto. In questo articolo si vuole spiegare che cosa sono, la funzionalità, i loro pregi e i loro limiti.

Un po’ ovunque nel mondo esistono già dei bancomat che erogano Bitcoin e moltissime attività commerciali si sono attrezzate per accettare pagamenti in Bitcoin anche in Italia.

CHE COSA SONO I BITCOIN? I Bitcoin sono una criptovaluta con la quale è possibile effettuare pagamenti tra utenti, acquistare beni e servizi o convertirli in altra valuta senza l’intervento di un intermediario. Infatti, Bitcoin si fonda su un sistema decentralizzato (peer-to-peer) dove non c’è una banca centrale che ne controlla l’emissione. Il trasferimento avviene tra i portafogli elettronici dei vari utenti e le transazioni sono anonime. L’anonimato è garantito dal fatto che il sistema tiene traccia delle transazioni e non dei saldi di ogni utente. I vari utilizzatori reperiscono i Bitcoin attraverso il mining. Il mining è il processo di ricerca della soluzione del problema; chi lo effettua viene invece chiamato “miner”.

ESISTONO ALTRE MONETE VIRTUALI SIMILI A BITCOIN? Sì, esistono diverse monete virtuali simili a Bitcoin nate dopo quest’ultima. La più famosa è sicuramente il Litecoin, che ha seguito la scia del Bitcoin; anche queste monete digitali possono essere una buona alternativa.

L’USO DEI BITCOIN È LEGALE? Assolutamente sì. Il Bitcoin è un’unità di conto, in tutte le parti del mondo è legale, Italia compresa. Esempi di altre monete virtuali sono per esempio i punti accumulati all’interno delle tessere fedeltà dei centri commerciali e dei supermercati. Negli USA, inoltre, diversi giudici hanno considerato, all’interno di alcuni processi, la moneta digitale legale.

PERCHÉ USARE BITCOIN? È veloce. Quando ricevi un pagamento con un assegno da un’altra banca sul tuo conto corrente, la tua banca spesso tiene quei soldi per diversi giorni, perché non ha la certezza che i fondi siano realmente disponibili. Allo stesso modo, anche i bonifici nazionali e internazionali possono richiedere un tempo relativamente lungo. Le transazioni in Bitcoin in genere sono molto più veloci. Possono essere istantanee se sono operazioni a “zero conferma”, il che significa che chi vuole ricevere Bitcoin, si assume il rischio di accettare una transazione che non è stata ancora confermata dalla “catena del blocco”. In alternativa, può prendere una decina di minuti, se si vuole invece richiedere l’operazione di conferma. Questo metodo è comunque di gran lunga più veloce di qualsiasi trasferimento interbancario.


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È economico. Le transazioni effettuate con carta di credito potrebbero essere anche istantanee, ma chi riceve il pagamento (e a volte anche chi lo effettua) paga per questa velocità. Inoltre alcuni commercianti si riservano di addebitare una commissione per le transazioni con carte di credito/debito perché devono pagare a loro volta una tassa per il servizio. Le spese di transazione con Bitcoin sono minime, in alcuni casi perfino nulle. È come il contante e non si possono richiedere rimborsi: una volta inviati, i Bitcoin sono passati di mano, di proprietà. Una persona che ha inviato Bitcoin non può tentare di recuperarli senza il consenso del destinatario e questo rende impossibile commettere il tipo di frode che spesso vediamo con le carte di credito o con altri sistemi di pagamento, in cui le persone fanno un acquisto e poi contattano la società della carta di credito per richiedere uno storno, annullando la transazione.

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SULLA BASE DI QUALI CRITERI SCEGLIERE L’ACCOUNT? IL REGOLAMENTO Utilizzate un broker o Ufficio Cambi Bitcoin regolamentato. Gli organismi di regolamentazione sviluppano regole e servizi che proteggono l’integrità del mercato, così come dei trader ed investitori. Tra di essi troviamo la Financial Conduct Authority (FCA) del Regno Unito. A causa di possibili problemi di sicurezza, è consigliato aprire conti solo presso broker regolamentati. Inoltre, il vostro broker online dovrebbe essere in grado di offrire più opzioni di account o fornirvi un elemento di personalizzazione. Forse il broker ha persino un account separato per i principianti. Cercatene uno che offra degli spread competitivi e depositi/prelievi facilitati. LA COMMISSIONE Comprare e vendere Bitcoin costa. Tuttavia, a differenza dell’acquisto di azioni o obbligazioni, i broker Bitcoin generalmente caricano una percentuale. Dovreste considerare di cercare un broker online che applichi una tariffa forfettaria al posto del modello percentuale.

LA SICUREZZA Questa è la seconda attività dei miners: mantenere la sicurezza del libro mastro dove tutte le transazioni sono registrate. Ma come fanno? Il libro mastro è un’idea più che un fatto, nel senso che non esiste effettivamente un libro che contenga tutte le transazioni. Il sistema nel quale sono memorizzate e tracciate le transazioni è decentralizzato e collegato da “blocchi”. Ogni blocco contiene riferimenti di un blocco precedente che a sua volta contiene riferimenti di un blocco precedente così via. In questo modo è possibile risalire al primo blocco creato. La catena dei blocchi, definita blockchain, costudisce lo storico di tutte le transazioni. Ma non è tutto. Per aggiungere un nuovo blocco alla catena, i miners fanno ricorso alla crittografia. Per crittografare un blocco c’è bisogno di una enorme potenza computazionale, perché la crittografia cambia per ogni transazione. Infatti, il codice risultante ha una lunghezza predeterminata: qualunque sia l’input è impossibile risalire dall’output all’input una piccola variazione dell’input causa un’enorme differenza nel risultato.

Per questo motivo il numero di Bitcoin emesso si riduce con il tempo, perché risulta sempre più difficile generare nuovi blocchi e crittografarli. Infatti tutto il sistema è programmato per arrivare a un numero massimo di Bitcoin in circolazione che si aggira intorno ai 21 milioni. LA LIQUIDITÀ Dato che i Bitcoin vengono scambiati in un mercato in cui le persone cercano sia di acquistare sia di vendere la valuta, è fondamentale prendere in considerazione la quantità di liquidità che uno scambio potrebbe avere. La liquidità è la capacità di vendere senza che il prezzo venga influenzato in modo significativo, causando una diminuzione del prezzo stesso.

Samuele Michelin


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SCOPRI I VANTAGGI DI UNA RETE FORTE Il network marketing ha assunto negli anni diverse forme, oggi tutti lo chiamano così, ma qualche anno fa era molto più famoso con il nome di Multi Level Marketing e ancor prima con Catena di S. Antonio o Schema Piramidale. Ci sono stati molti casi dove le persone che investivano in questo business hanno perso parecchie migliaia di euro. Non è tutto oro ciò che luccica, bisogna stare attenti all’azienda con cui si sceglie di entrare in questo business.

lo consigli alla tua amica e lei a sua volta lo compra. Ecco, si tratta proprio di questa serie di azioni. Facendo questo, fai aumentare il fatturato dell’azienda per il semplice fatto che le fai pubblicità gratis.

Quali sono i vantaggi del network marketing? Il networking permette di ottenere dei guadagni attraverso il lavoro di squadra. Con il network marketing si lavora con altre persone per il raggiungimento di un obiettivo comune: la stabilità economica. Quando si lavora insieme ad altri, l’energia e i risultati generati si moltiplicano fino a raggiungere livelli prima impensati.

Ti rendi conto che stai lavorando per l’azienda senza saperlo e senza guadagnarci niente? Vuoi sapere se c’è un modo per guadagnarci? Esistono aziende che da oltre 50 anni premiano i propri clienti con denaro o con prodotti perché svolgono un’attività di passaparola. Se vuoi guadagnarci è molto semplice, non devi fare altro che continuare a consigliare prodotti ai tuoi conoscenti, solo che lo farai con un’azienda che utilizza il sistema network marketing e stavolta sarai pagato per farlo.

Sai che milioni di persone al mondo guadagnano con questo sistema? Lo sai che fai network marketing da quando sei nato senza neppure rendertene conto? Ebbene sì! Ogni volta che provi una cosa e poi la consigli a qualcun altro, fai network marketing. Ad esempio, compri uno shampoo con cui ti trovi bene,

NETWORK MARKETING


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Quanto puoi guadagnare con questo sistema? Col network marketing potenzialmente guadagni molto, perché puoi creare una rete di clienti. Dipende solo da te e da quanto tempo vuoi impiegare in questa attività. Teoricamente, nel network marketing non ci sono limiti, puoi costruirti una rendita dalle provvigioni che generi dal lavoro del tuo team. Come fai a crearti un team? Parla di questa opportunità alle persone che conosci e che sono in cerca di guadagno. Se ti diranno di sì avrai dei collaboratori che a loro volta potranno trovare altri collaboratori e così il tuo team crescerà. Questo meccanismo si chiama “duplicazione” e permette di raggiungere grandi risultati con l’aiuto di tutti. Questo sistema ha un unico intermediario dal produttore al consumatore: tu. Normalmente il produttore utilizza la pubblicità per arrivare al cliente che acquista da un negoziante che a sua volta si è rifornito da un grossista. Le aziende che usano questo sistema hanno più denaro per creare prodotti che si distinguono per qualità e risultati proprio perché tagliano i costi della pubblicizzazione e della distribuzione. Per individuare aziende affidabili, sarà opportuno verificare la loro storia e la qualità del prodotto proposto. Ultimamente sono di moda i prodotti naturali per la salute.

1pizzico di gusto,

4 anni di sapore

Tuttavia il networking ha degli aspetti negativi. Ad esempio, chivuole dedicarsi a questa attività deve inizialmente acquistare un kit base di prodotti da far vedere e testare ai clienti, che però, il più delle volte, ha un importo elevato. Un altro aspetto negativo è che, alle volte, a causa della condizione economica, le persone non si possono permettere di comprare i prodotti o non lo fanno in maniera continuativa, quindi diventa necessario trovare sempre nuovi clienti. Negli anni ‘90 il network marketing ha prodotto più di 100.000 milionari, mentre oggi grazie a questa modalità di vendita sono più di 200.000. Se volete verificare di persona come funziona questo sistema fatelo, non fatevi condizionare dal cinismo imperante, ma state attenti a trovare aziende solide.

LA COOPERATIVA 4 a RISTORAZIONE

Il marketing del passaparola è più di un semplice marketing, consiste nel rendere interessanti le proposte e l’azienda, cosicchè valga la pena parlarne.

Nicol Matteucci

Diploma professionale di IV livello: un anno in più per trasformarsi in professionista

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F

DISEGNANDO UN MONDO

FRANCESCA ANGELICI, L’INFINITO VIAGGIO DELLE DONNE

rancesca Angelici, sociologa e grafologa professionista, lavora da anni come formatrice nell’ambito della comunicazione. Disegna e dipinge per passione. È una donna alla ricerca di sé che, colpita da un malessere interiore, si immerge nel disegno e nel colore nella speranza di liberarsene. In passato, infatti, aveva già attraversato un momento simile e grazie all’arte era riuscita a ritrovarsi. Questa volta però è diverso. Un’amica, vedendo i suoi lavori, le dà un punto d’appoggio e le suggerisce di creare un alfabeto buffo: senza esitare Francesca prende un foglio e comincia. È un lavoro di pazienza e intimità e per lei è una sorta di terapia. In questo suo alfabeto utilizza un linguaggio diverso per raccontare la sua storia non solo attraverso la parola, ma anche con i colori. Con questi testi e disegni riesce a farci sentire l’intensità di tutte le emozioni che ha vissuto e le difficoltà che ha affrontato. Dai suoi disegni emergono rabbia, desiderio, paura, gioia, tristezza, allegria, solitudine, vuoto, sicurezza, attrazione, insicurezza e così via Ogni lettera è un episodio della sua vita e ci insegna che se non si può cambiare il proprio destino, si può cambiare il proprio atteggiamento e rendere una cosa piccola, grande e una cosa brutta, bella: bisogna solo guardare il mondo con il cuore. E se c’è una sfida, affrontarla, se c’è un dolore, superarlo

e se c’è un sogno, inseguirlo perché se il successo di qualcosa non è sicuro, il fallimento non è fatale. È il coraggio di continuare che conta. Nei suoi disegni Francesca Angelici ha reso visibile ciò che gli occhi non possono vedere e nelle sue immagini è riuscita a dipingere la sua natura piena di luce, forme e colori. È riuscita a trasferire in un foglio la sua vita. Mi ha affascinato il modo in cui racconta le sue vicende, ma ancor di più il modo in cui le rappresenta. Nella libera composizione di linee, forme, colori, che non imitano mai la realtà concreta in cui viviamo, ci offre contenuti che non hanno un significato unico, ma si prestano a interpretazioni diverse, lasciandoci la libertà di una lettura intima.

Sophie Genova


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UN VIAGGIO 4 ATTRAVERSO LE PAROLE

.500 km, questa la distanza in linea d'aria che separa il Togo dal Friuli Venezia Giulia. Razak, un ragazzo togolese, inizia la sua fuga dopo che il padre è stato ucciso.

IL CORAGGIO DI RAZAK

Dopo un lungo viaggio dal Togo alla Libia, attraverso il deserto del Sahara, arriva finalmente in Italia. Soccorso da una nave di Medici Senza Frontiere, sbarca a Reggio Calabria e si ritrova involontariamente coinvolto in una fuga dal Centro di accoglienza, per arrivare a Udine. È stato poi dirottato a Cividale del Friuli. Razak ha affrontato un viaggio dall'Africa fino ad arrivare proprio qui, al Civiform. Una strada lunga e tortuosa, colma di malinconia, tristezza, lotte contro se stesso e molta paura di non arrivare a una meta. Lui però ce l'ha fatta ed ora è qui a raccontarci la sua storia. Leggendo "Aventure imprevue" mi sono immerso nella trama e i miei pensieri vagavano tra le pagine: le vicende difficili che ha affrontato

Razak mi hanno fatto riflettere. Io sono un ragazzo che ha sempre avuto tutto, cibo, amici, una famiglia e una casa in cui vivere. Purtroppo, invece, ci sono ragazzi meno fortunati di me, che questa vita devono guadagnarsela e nulla viene loro regalato. Non credo che, se fossi stato nei panni di Razak, sarei stato abbastanza forte da raccontare la mia storia. Le cose brutte non mi avrebbero dato la forza di aprirmi con le altre persone. Sono felice che invece lui abbia avuto questo coraggio: il coraggio di affrontare le avversità e di condividerle con noi, semplici ragazzi che viviamo la nostra vita con una certa inconsapevolezza. Molto spesso, noi ragazzi non capiamo le cose che accadono nel mondo, perché siamo abituati a vedere la vita solo dal nostro punto di vista. Questo libro mi ha davvero colpito e fatto riflettere sin dalle prime pagine.

Aventure Imprevue. Viaggio senza biglietto dall'Africa all'Europa.

Manuel Benucci


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STRAIGHT C OUTTA COMPTON GLI N.W.A. ALLA GUIDA DI UNA RIVOLUZIONE

ompton. California. Metà degli anni ‘80. Cinque giovani ragazzi di colore decidono di denunciare gli abusi delle autorità e le ingiustizie contro la loro gente attraverso una musica onesta e brutale. Straight Outta Compton è un film che racconta la storia degli N.W.A. e di come, creando il gangsta rap, siano riusciti a rivoluzionare la musica per sempre, aprendo gli occhi al mondo sulla vita “incappucciata” e accendendo il fuoco di una guerra culturale. Sono gli anni in cui il crack si diffonde a una velocità tanto allarmante quanto il business violento delle bande che spingono al suo uso. Sono gli anni in cui le gang si fanno la guerra e i duri girano con la pistola in mezzo ai ragazzini sullo scuolabus. Sono gli anni in cui basta che un giovane nero esca di casa o si fermi per strada, per vedersi provocato, sbattuto a terra e perquisito dalla polizia.

Prendiamo il caso di Rodney King (il primo ripreso da un testimone e trasmesso in televisione): è un tassista afroamericano vittima di un violento pestaggio. Richiamato dalla polizia per un eccesso di velocità, teme di perdere la licenza e non si ferma. Ne segue uno spericolato inseguimento dal mezzo, King disarmato si consegna agli agenti ridendo e salutando ironicamente l’elicottero sopra di loro. Questo scatena l’ira dei poliziotti che se la prendono con lui e lo picchiano a sangue. Ma non finisce qui: i poliziotti coinvolti vengono completamente assolti dalle accuse di aggressione e uso eccessivo della forza e questo porta alla rivolta di Los Angeles, sei giorni in cui i cittadini, per lo più afroamericani e ispanici, si ribellano alle forze dell’ordine, commettendo atti vandalici, saccheggi e omicidi a sfondo razziale. Nei ghetti la rabbia diventa il fuoco che alimenta la creatività. Il rap è la voce della strada, degli adolescenti neri, di chi cresce in questi ambienti e racconta quello che ha visto e vissuto, senza obiezioni. Il film narra di come Eazy-E, Dr. Dre, Ice Cube, Dj Yella e MC Ren, cinque ragazzi appena ventenni, siano riusciti a raccontare, attraverso la loro musica, le ingiustizie subite e le loro reazioni esagerate all’immediato successo delle loro rime, partendo da Boyz N’ The Hood, passando allo scandalo

della provocatoria F*** Tha Police. A causa di questo pezzo infatti sono stati accusati di istigazione alla violenza nei confronti delle forze dell’ordine e la band è stata messa sotto stretta sorveglianza dell’FBI, per evitare che il pezzo venisse suonato durante i concerti. Il film racconta tutto in modo accurato. Ci sono gli eccessi e il lusso sfrenato, ma solo fino a quando i problemi con i contratti non riescono più a rimanere nascosti, motivo per cui Ice Cube decide di proseguire con una carriera da solista e da attore. A quel punto il gruppo si sfalda fino a sciogliersi completamente e ognuno va per la sua strada. Dre fonda un’etichetta discografica, la Death Row Records, assieme a Suge Knight, un avanzo di galera, con cui produrrà poi i primi pezzi di Tupac e Snoop Dogg. Eazy-E resta fedele a Jerry Heller, il manager che l’ha scoperto e che ha fatto cominciare la rivoluzione. Gli anni seguenti lo scioglimento sono stati tutti una guerra a suon di dissing e diffamazioni reciproche, anche se poi la rabbia va scemando fino a scomparire. Si riappacificano proprio prima che a Eazy-E venga diagnosticato l’AIDS. Il film è diretto molto bene e riesce a mantenere alto il ritmo. È molto più che la storia di qualche ragazzo arrabbiato. A permettere l’impresa è anche il cast di alto livello: O’Shea Jackson jr., figlio di Ice Cube, incredibile nel ruolo del padre;

Speak a little truth and people lose their minds.


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Corey Hawkins in quello del futuro scopritore di Eminem, Dr. Dre; infine Jason Mitchell nei panni di Eazy-E. Tuttavia, nonostante sia un ottimo film biografico, Straight Outta Compton contiene diversi errori significativi. Per capire di cosa stiamo parlando, vi consiglio di guardare prima il film. Nel caso in cui l’abbiate già visto...

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era stanco di tirarlo sempre fuori dai guai; dunque, Eazy si offrì di pagare la cauzione in cambio dei servizi di Dre in qualità di produttore alla Ruthless Records (non ancora ufficialmente fondata). Nel film sembra che i due siano amici d’infanzia.

■■ Il film non mostra alcuna faida

tra Dre e Eazy-E: mentre Dre registrava il suo album da solista, The Chronic, Eazy ha rilasciato due album contenenti attacchi diretti proprio a lui, il quale ha risposto con una canzone della quale non viene fatta ascoltare nemmeno una nota.

■■ Non è stato Jerry Heller (manager ■■ Non è stato Dr. Dre a convincere

Eazy-E ad entrare nel business musicale: Eazy aveva già intenzione di fondare la Ruthless Records prima del 1986 ed era alla ricerca di talenti ben prima di conoscere Dre. ■■ Durante tutto il corso della

vicenda, Dr. Dre viene presentato come un bravo ragazzo. Nella realtà, fino al 1991, questo leggendario produttore entrava ed usciva regolarmente di galera per reati di ogni tipo, dalla guida in stato di ebbrezza al mancato pagamento delle rate per l’acquisto della macchina. ■■ Eazy convinse Dr. Dre a lavorare

per lui dopo aver pagato la cauzione per farlo uscire di galera, nel 1986: Dr. Dre non aveva pagato le rate della macchina ed Alonzo Williams

degli NWA) a pregare Eazy di mettersi in società con lui, ma il contrario: Eazy pagò di tasca propria Alonzo Williams (leader del gruppo di cui facevano parte Dr. Dre e DJ Yella prima di entrare negli N.W.A.) affinché gli presentasse Heller, il quale, a quel tempo, lavorava come manager del gruppo di Williams. Eazy e Heller fondarono poi insieme la Ruthless Records, nel marzo del 1987. ■■ La scena in cui compare Tupac

è cronologicamente sbagliata: è ambientata nel ‘94 e Tupac starebbe registrando Hail Mary, canzone che in realtà avrebbe scritto nell’agosto del ’96. Inoltre, nella medesima scena, Dr. Dre propone a ‘Pac il beat di California Love, brano che avrebbe visto la luce nell’autunno del ’95.

Al di là degli errori, comunque, è necessario sottolineare che diverse scene, come le negoziazioni tra Death Row ed Interscope per la distribuzione di The Chronic, il processo di registrazione di Boyz-n-da-Hood, o la descrizione dei fatti in seguito alla pubblicazione di F*** tha Police, sono state descritte in maniera molto accurata e efficace.

■■ Nel film, sembra che Eazy-E sia

stato l’unico contro Ice Cube per la sua scelta di lasciare gli N.W.A. a fine ’89, mentre in realtà tutti i membri del gruppo accolsero male la partenza di Cube, sciogliendosi nel ‘91. ■■ Eazy non svenne mai nello studio

di registrazione a causa dei sintomi dell’AIDS; la scoperta della malattia fu assolutamente casuale, rilevata attraverso alcuni controlli fatti da Eazy nel febbraio del ’95 per una banale bronchite.

Straight Outta Compton, quindi, riesce a rapportarsi in modo mai didascalico o barboso a problematiche complesse tutt’altro che superate, fornendo lo spunto per riflessioni ancora molto attuali. La band era, è e rimarrà emblematica per aver racchiuso il senso più profondo dell’HipHop, non solo come genere musicale ma anche come movimento.

■■ La vera riappacificazione arrivò

solo quando Eazy era già morente. Solo Dre e Cube si erano da lasciati alle spalle l’astio. Infatti, alla fine del ’93, i due avevano collaborato per la colonna sonora di un film, in un periodo in cui Eazy era ancora solito attaccare pubblicamente Dre.

Gaia Savio

I do what I do. You like it, great. You don’t, go listen to somebody else. I’m stickin’ with the people who stuck with me.


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C PO PL Z TRAP HOUSE LA VITA IN UNA RIMA

L

uca D’Orso, in arte Capo Plaza, è un giovane rapper salernitano, classe ’98.

Nel febbraio 2013 pubblica il suo primo pezzo su YouTube intitolato Sto giù. Nel 2016 collabora con Peppe Soks e fa il suo primo street album: Sulamente nuje. Nell’agosto del 2016 ritorna su YouTube con la canzone Nisida, riscuotendo molto successo anche su streaming, con oltre due milioni di visualizzazioni. A novembre dello stesso anno pubblica Non si ferma, ottenendo ancora più visualizzazioni. Collabora con Rio Carrera e Yamba scrivendo un nuovo singolo: Skugnizzi. A dicembre invece annuncia il suo ingresso in Sto Records, l’etichetta di Ghali, nonché una delle factory più interessanti della nuova scena trap italiana su etichetta Sto Megazine, con una traccia intitolata Freestyle #2. All’inizio del 2017 pubblica altre due tracce, Allenamento #1 e Allenamento #2,

che superano i cinque milioni di visualizzazioni. Visti i risultati ottenuti, nel mese di giugno arriva Allenamento #3 e nel mese di ottobre il video Giovane fuoriclasse, come anticipazione del suo primo album che uscirà per Sto Records nel 2018.

Kevin Ceribelli

Vorrei far capire ai mei fan, che sono come loro.


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L’INIZIO DI TUTTO LA CARRIERA DI VEGAS JONES

M

atteo Privitera, in arte Vegas Jones, nato nel 1994, è un ragazzo di Garbagnate Milanese, ma risiede a Cinisello Balsamo, luogo che cita spesso nelle sue canzoni. Il suo nome d’arte richiama da una parte la città americana (adora pronunciare la parola Vegas) e dall’altra Nasir Jones che per Matteo è stato un modello da seguire. Nel 2013 pubblica Funky shit vol e partecipa a diversi live-contest in tutta Italia vincendone molti fino al trionfo con “One Shot Game” che gli vale una firma con l’etichetta romana Label. Un anno dopo pubblica il suo primo mixtape intitolato Cordiali saluti che contiene solo 7 tracce. Il brano Buona giornata segna ufficialmente l’entrata nella Honiro Label, una delle etichette più importanti della scena italiana, sempre alla ricerca di nuovi talenti. I suoi video e i singoli passano inosservati, fino all’uscita della traccia Un miglio nel marzo 2015, il cui video inizia a contare views a centinaia di migliaia. Le sue rime sono velocissime e la produzione ha virato, rispetto all’inizio, verso i suoni cupi e pieni di bassi caratteristici della trap; anche il video di 24 ore, conferma la tendenza trap.

Il suo primo mixtape è Oro nero uscito nel 2015, targato Honiro: al suo interno troviamo Motorello, composta in collaborazione con Paskaman, dove descrive la periferia di Milano e racconta come si vive a “Ciny”. Nel 2016, esce dalla Honiro Label e intraprende una strada indipendente verso la trap, dimostrando a tutti di farcela e mostrando tutte le sue tecniche in una serie di freestyle, racchiusi nel mixtape Gratta & vinci. A febbraio pubblica Papi papi, con un video strepitoso, tanto flow e tanto stile. A seguire esce Panama papers freestyle e poi Belair con cui esplode nella scena trap italiana. Sul canale YouTube carica vari singoli e nel novembre 2016 rende disponibile gratuitamente Chic nisello, un mixtape di 16 tracce con collaborazioni importanti come Emis Killa e Nitro, con oltre 200.000 download in pochi giorni. All’inizio del 2017 fa uscire il video di Trankilo con Nitro che totalizza oltre 9 milioni di visualizzazioni su YouTube, permettendogli di conquistare il suo primo disco d’oro. Nel giugno 2017 annuncia l’uscita del nuovo singolo Yankee candle, prodotto da Boston George, un italo-georgiano con il quale Vegas Jones è in tour da un anno, riempiendo i locali di tutta Italia e non solo.

Kevin Ceribelli


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#EVENTINZONA

VUOI ANDARE AD UN CONCERTO MA NON SAI QUALE? Ecco alcune date dei principali eventi in Friuli Venezia Giulia e dintorni.

■■ EMMA

14/05/2018 Jesolo Palazzo del Turismo ■■ FRANCESCO GABBANI

06/07/2018 Codroipo Villa Manin ■■ CAPAREZZA

07/07/2018 Palmanova Piazza Grande ■■ SIMPLE MINDS

10/07/2018 Udine Castello di Udine

■■ NEK - MAX - RENGA

11/07/2018 Codroipo Villa Manin ■■ RIKI

12/07/2018 Lignano Sabbiadoro Arena Alpe Adria ■■ IRON MAIDEN

17/07/2018 Trieste Piazza Unità d’Italia ■■ FABRIZIO MORO

20/07/2018 Cervignano del Friuli Parco Europa Unita

■■ ERMAL META

23/07/2018 Codroipo Villa Manin ■■ FABRI FIBRA

28/07/2018 Lignano Sabbiadoro Arena Alpe Adria ■■ SFERA EBBASTA

04/08/2018 Lignano Sabbiadoro Arena Alpe Adria ■■ PROJECT X

14/08/2018 Lignano Sabbiadoro Arena Alpe Adria

TI PIACCIONO GLI ARTISTI INTERNAZIONALI E VORRESTI SENTIRLI CANTARE DAL VIVO? Queste sono le principali date in cui i più famosi si esibiranno in Italia.

■■ NIALL HORAN

06/05/2018 Casalecchio di Reno (BO) Unipol Arena ■■ SAM SMITH

12/05/2018 Verona Arena ■■ THE VAMPS

22/05/2018 Milano Alcatraz ■■ KATY PERRY

02/06/2018 Casalecchio di Reno (BO) Unipol Arena

■■ OZZY OSBOURNE

17/06/2018 Firenze Ippodromo del Visarno ■■ MARILYN MANSON

19/06/2018 Milano Ippodromo Snai ■■ DEMI LOVATO

27/06/2018 Casalecchio di Reno (BO) Unipol Arena ■■ MARTIN GARRIX

29/06/2018 Milano Ippodromo Snai

■■ JAY-Z E BEYONCÉ

06/07/2018 Milano Stadio San Siro ■■ IMAGINE DRAGONS

06/09/2018 Milano Area EXPO ■■ JASON DERULO

18/10/2018 Assago (MI) Mediolanum Forum ■■ U2

11, 12 e 15/10/2018 Assago (MI) Mediolanum Forum

Elisa Riabiz


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MAD RACS VS LEI CESTA GENERAZIONI A CONFRONTO

I

Madracs tornano alla vittoria nel segno di Del Gaudio, giornata no per i Leicesta. Si comincia... Sono una trentina gli spettatori ad assistere al big match tra i Madracs e i Leicesta. Si comincia subito forte: attacchi e contrattacchi da tutte e due le parti, più occasioni dalla parte dei grigio-blu che passano in vantaggio con un’azione rocambolesca che finisce in rete con un autogol da parte di Amorino Michelutti. Entra l’ex giocatore della Triestina Daniele Del Gaudio che con una punizione a fil di palo pareggia i conti. Prende il largo la formazione capitanata dal classe 2000 Michelin che firma una doppietta in pochi minuti seguita dal gol di Visintini che dopo una bella azione capitalizza in rete.

È 4-1. Troppo convinti del risultato, i Leicesta abbassano la guardia e così inizia la rimonta dei Madracs, trascinati dal solito Del Gaudio che a seguito di un gran gol di Affo firma una doppietta. Marco Tomasetig, la punta azzurra, va giù in area di rigore. È Del Gaudio a prendersi la responsabilità del tiro dagli undici metri. Calcia, ma finisce sopra la traversa difesa da Jonathan Milan. Ci prova con un grande tiro al volo il ballerino Nicholas De Ronch, ma colpisce il palo e la palla termina fuori. Ribatte ancora l’ex Tamai Michelin che riporta in vantaggio i suoi, ma non basta, è ancora Del Gaudio che concretizza in rete con una punizione che batte Jonathan Milan.

I Madracs iniziano a dilagare prima con una doppietta di Marco Tomasetig seguita da un’azione che porta quasi al gol Eduardo Bellizzi. Riparte in contropiede Michelin che scambia il pallone con il centroavanti Alan Visintini che la mette in rete. Ormai battuti i nostri giovanotti con l’assenza del difensore centrale Nicholas infortunato al polpaccio, si buttano tutti in avanti lasciando sguarnita la difesa così da incassare altri quattro gol, due firmati dal fenomeno triestino, uno dal carro armato Stefano Wenz e uno da Tomasetig che firma la sua tripletta personale. Nonostante l’amara sconfitta, la serata si è conclusa con molti sorrisi seguiti da una bellissima cena insieme.

I grigio-blu decidono di cambiare qualcosa: Thomas De Ronch si mette tra i pali, ma ancora non basta. È sempre Daniele a castigare per ben due volte i suoi avversari nonché suoi allievi. Giornata buia per Martin Cedarmas che non va in rete, ma dà frutto a numerose giocate come tunnel e dribbling ubriacanti.

Samuele Michelin


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MMA LO SPORT NON HA LIMITI

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on il termine arti marziali miste (abbreviato spesso in MMA, sigla dell’inglese mixed martial arts) si indica uno sport da combattimento, il cui regolamento consente l’utilizzo sia di tecniche di percussione (calci, pugni, gomitate e ginocchiate), sia di tecniche di lotta (proiezioni, leve e strangolamenti). È uno sport praticato in tutto il mondo, ma non molto seguito in Italia, al contrario di quanto avviene negli USA. Il cachet degli atleti è piuttosto elevato: alla fine di ogni incontro entrambi i partecipanti ricevono circa 50.000 € più un bonus per il migliore. Come in quasi tutti gli sport di combattimento, anche nella MMA ci sono categorie legate ai pesi: massimi, mediomassimi, medi, leggeri, piuma. Le organizzazioni che la propongono sono numerose, ma la più conosciuta e seguita è la UFC, Ultimate Fighting Championship, che può essere paragonata alla Champions League del calcio. I match sono composti

da tre round della durata di cinque minuti, ma se si tratta di incontri per il titolo o di “main event” i round diventano cinque. Un incontro può terminare in diversi modi: per sottomissione, quando un fighter si arrende battendo ripetutamente la mano sul tappeto, sul corpo del suo avversario o comunicandolo verbalmente, per knock-out, quando il fighter perde conoscenza, o per K.O. tecnico, quando uno dei due fighter non è più in grado di difendersi in maniera consapevole. Viene classificata come K.O. tecnico anche l’interruzione per consiglio del medico, quando ritiene pericolosa la prosecuzione dell’incontro. A parte questi casi, il match può terminare per squalifica di un fighter che esegue intenzionalmente una mossa proibita o per no contest, quando cioè la manovra vietata è stata eseguita involontariamente. Se invece termina il tempo regolamentare, cosa che capita

raramente, saranno i tre giudici a scegliere il vincitore. È uno sport veramente duro, ma se vi appassiona la lotta, provatelo! È positivo non solo perché potenzia il fisico, ma soprattutto perché sviluppa la possibilità di difesa personale, abilità sempre utile. Viene praticato da uomini e donne, quindi è realmente alla portata di tutti. In Italia e anche in Friuli ci sono molte palestre di MMA e se volete provare, cercate su Internet le più vicine a voi. Se vi preoccupa l’idea degli incontri, state tranquilli, sono possibili solo dopo uno o due anni di allenamento e prevedono inizialmente solo la Kick Boxing, ossia semplice boxe con calci. Diventare famosi in questo sport è molto difficile, ci vuole impegno e costanza, è necessario seguire un allenamento severo, diete speciali e avere uno stile di vita sano, ricordando che gli incontri si vincono con la forza, ma soprattutto con la concentrazione.

Alan Visintini


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SOFTAIR: SPARA PALLINI, NON PALLOTTOLE VIVI LA GUERRA IN MANIERA DIVERSA

Il softair è un’attività ludico-sportiva basata su tecniche e tattiche militari. Il termine inglese si può tradurre in italiano come aria compressa o più letteralmente aria soffice. I partecipanti sono chiamati softgunners, oppure con il termine italianizzato di softeristi, che però è poco usato. Il softair utilizza riproduzioni di vere armi da fuoco, dette air soft gun (ASG) e i partecipanti vestono un abbigliamento simile se non identico a quello usato dalle varie forze armate dei paesi del mondo (uniformi mimetiche, polo, scarpe, ecc.). Tuttavia, durante le fasi di gioco per legge è assolutamente vietato indossare abbigliamento con loghi o scritte riconducibili a reparti realmente esistenti. Il softair è un gioco che può essere praticato in chiave puramente ludica, oppure sportiva o ricreativa, fino ad arrivare a un approccio strategico-simulativo di azioni belliche.

Per motivi di sicurezza è assolutamente d’obbligo indossare almeno degli occhiali protettivi o meglio ancora delle maschere integrali per proteggere tutto il viso (dette “gran facciali”). Il resto dell’attrezzatura è auspicabile, ma non obbligatorio.

necessaria alla lacerazione della pelle è di 3 Joule. Un uso improprio delle armi può però portare a gravi conseguenze per la salute, specialmente se a essere colpiti sono gli occhi. Per questo, durante le giocate, bisogna indossare i dispositivi di protezione individuale.

LE ARMI Le armi sono riproduzioni più o meno fedeli di vere armi da fuoco, sia da guerra sia civili, in uso nelle varie forze armate (ad esempio Colt M4, AK-47, Beretta 92 ecc.). Hanno una potenza di fuoco inferiore ad 1 Joule (il massimo consentito è di 0,99 Joule). La legge italiana li considera strumenti e ne vieta la vendita ai minori di 16 anni e l’utilizzo ai minori di 14.

LE REGOLE Non essendoci regolamenti ufficiali, le partite possono avere svariati obiettivi: si va dall’impadronirsi della bandiera altrui ad effettuare vere e proprie pattuglie di ricognizione per conquistare obiettivi di diversa natura (testimoni, materiali, ecc.), naturalmente sempre “neutralizzando” gli avversari con le apposite armi ed eliminandoli così dal gioco. Se non si rispettano le norme di sicurezza (uso di protezioni e della sicura quando non si è in gioco, tiro solo da distanza superiore ai 9-10 metri) è possibile anche che vi siano infortuni agli occhi o ai denti, ma si tratta di casi poco frequenti

Le ASG sparano dei piccoli pallini di plastica, ceramica, alluminio o materiale biodegradabile. L’impatto del pallino sulla pelle non provoca lesioni, in quanto l’energia minima

e facilmente evitabili se lo sport è praticato con attenzione e con le dovute protezioni. MODALITÀ DI GIOCO Esistono infinite tipologie di giocate, limitate solo dalla fantasia degli organizzatori. Le più comuni sono: ■■ Cattura la bandiera, vince

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chi cattura la bandiera nemica e la riporta nel proprio campo. Deathmatch, vince la squadra che elimina tutti gli avversari. Libera il prigioniero. Tutti contro tutti. Cerca e distruggi: si deve difendere la propria postazione e innescare una bomba nel perimetro di gioco (naturalmente entrambe le squadre cercheranno di disinnescarla). Vip: si deve scortare un giocatore da un posto all’altro senza che questo venga ucciso dagli avversari.


96 |  SPORT

Il softair è un gioco per tutte le età (sopra i 14 anni). Basta solo avere una buona forma fisica e la voglia di divertirsi. Ovviamente giocare ha un costo. Sono infatti necessari una licenza e un’assicurazione (50 € circa in tutto), un fucile elettrico professionale (100 € circa per una buona arma) e degli occhialini o una maschera facciale (20 € circa). È anche consigliabile avere una divisa mimetica verde, dato che si gioca nel bosco, ma volendo si può andare anche vestiti come evidenziatori e facilitare il compito alla squadra avversaria. Personalmente ci gioco ogni domenica con gli amici del mio paese; siamo una quindicina e non tutti sono giovani. Andiamo a giocare nei boschi limitrofi, ci assicuriamo che in quella zona non ci siano cacciatori (con fucili veri!) e ci muniamo di cartello “Attenzione si sta giocando una partita di guerra simulata, non allarmarsi”. Inutile dire che il divertimento è assicurato. Non è un gioco pericoloso: a nessuno del mio gruppo è mai successo nulla. Naturalmente andare nel bosco non è come andare al mare e il pericolo non è legato alle armi.

Alan Visintini

Oltre la scuola, lo sport. Un momento di crescita personale ed umana per allievi ed insegnanti. Noi ci crediamo.

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98 |  CURIOSITÀ E TENDENZE

DEAD STRETCHING ESPANDI CENTIMETRO DOPO CENTIMETRO IL TUO STILE

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o stretching è la dilatazione del piercing e consiste nell’allargare il diametro del foro. Vorrei parlarvi della dilatazione più comune, ossia quella del lobo dell’orecchio, presentandovi strumenti di dilatazione, tempistiche, modalità, eventuali problematiche e le soluzioni. Porterò anche la mia esperienza in merito e darò consigli a chi vorrebbe iniziare a dilatare il proprio lobo. Ho iniziato a dilatare il lobo circa cinque anni fa, senza un motivo preciso, a parte il fatto che mi piaceva davvero molto. Allora la dilatazione non era molto praticata e quindi era un modo per distinguersi, mentre oggi è quasi impossibile girare per strada e non vedere ragazzi con i lobi dilatati. Sì, sembra proprio che la dilatazione sia diventata una vera e propria moda. Spesso mi fa ridere vedere persone che iniziano a dilatare senza sapere

come fare e quindi lo fanno in modo sbagliato o con metodi e strumenti pericolosi e senza motivo, anche solo per seguire gli altri.

e l’altro e di non saltare le misure, soprattutto all’inizio. Se tenterete una dilatazione veloce, potreste lacerare i tessuti.

All’inizio ho usato i Barbell Piercing, semplici piercing costituiti da un’asticella con diametro più grande rispetto a quello degli orecchini classici. Dopo aver indossato per molto tempo questo tipo di piercing (quindi dopo aver lasciato che il buco si cicatrizzasse) ho cominciato a dilatare aumentando sempre di più il diametro del piercing: dopo i 1,6 mm si chiama dilatatore.

In seguito ho usato le chiocciole o spirali (penso abbiate tutti presente quali sono) ed ho scoperto a mie spese che è sbagliatissimo usare questi modelli per dilatare il lobo. Non solo non dilatano bene, ma deformano il buco. Per fortuna le ho usate veramente poco e solamente all’inizio, quindi con misure molto piccole. In alternativa consiglio i coni o expander, chiamati anche taper: sono un tipo di dilatatore veramente efficace, che mi ha portato a un diametro di dilatazione del foro del lobo di 1,2 cm. Osservo però che molti confondono questo strumento e lo considerano un gioiello, da portare sempre, mentre invece costituisce il passo precedente al dilatatore fisso, ossia il tunnel o il plug.

La procedura della dilatazione avviene in due momenti distinti: innanzitutto si estendono i tessuti e successivamente si lasciano riposare e rilassare per permettere una corretta cicatrizzazione. Vi consiglio quindi di lasciar passare almeno un mese tra uno spessore


100 |  CURIOSITÀ E TENDENZE

CURIOSITÀ E TENDENZE | 101

elasticità della pelle. Molto efficace è l’olio di jojoba, da massaggiare un paio di giorni prima del cambio di expander. Ma cosa succede se il dilatatore viene rimosso? È molto semplice: il diametro del foro si ridurrà. Superati gli 8 mm, la restrizione sarà più lenta, ma avverrà comunque un downsize. Chiudere un buco dilatato è invece quasi impossibile: si ridurrà al massimo fino ai 3 mm, ovviamente in un tempo molto lungo. Potete trovare i vari dilatatori nei negozi di piercing/tatuaggi oppure direttamente su Internet. I dilatatori possono essere di diversi materiali: acciaio inossidabile chirurgico, osso, legno, pietra, acrilico e silicone. Sconsiglio quelli in silicone in quanto maleodoranti e quelli in acrilico, che rovinano il lobo. Al contrario, consiglio quelli in legno e in osso (ovviamente quando il buco è ben cicatrizzato e per le misure grandi) che permettono alla pelle di respirare e quelli classici in acciaio. Qualcuno di voi si chiederà se dilatare il lobo sia un processo doloroso. Ora, partendo dall’idea che la percezione del dolore è molto personale, vi posso dire che alcuni non sentono nulla, altri invece avvertono solo dei pizzicori, del tutto normali, al passaggio del dilatatore più grande. È sempre opportuno idratare bene il lobo prima di passare al dilatatore successivo, per garantire la massima

Alle volte, la dilatazione può causare alcuni problemi che dovranno essere trattati con attenzione. Se la pelle attorno al dilatatore diventa molto sottile bisogna smettere di dilatare. Il modo più semplice di dare spessore al tessuto è ridurre il diametro del buco utilizzando gioielli più piccoli per qualche settimana. Nei casi più gravi ci possono essere danni ai vasi sanguigni, con conseguenti problemi di circolazione. Si possono inoltre verificare piccole abrasioni o infezioni, che potrebbero richiedere una semplice pulizia o l’applicazione di una crema apposita. In ogni caso, se siete intenzionati a dilatare i vostri lobi, vi consiglio di tenerli puliti, di applicarvi degli impacchi di acqua salata (1/8 di cucchiaio di sale marino sciolto in una tazza di acqua tiepida) due volte al giorno per la prima settimana.

Usate una soluzione fisiologica per eliminare eventuali crosticine e pellicine intorno al foro. Molti mi chiedono come sarà il mio lobo quando sarò vecchia e questa domanda mi stupisce ogni volta. Non capisco perché certe persone insistano nel sostenere che, invecchiando, una persona con i lobi dilatati si debba pentire delle scelte che ha fatto in precedenza. Forse si dovrebbe considerare che magari quella persona davvero non si stancherà dei propri lobi, in quanto la sua scelta non è per forza legata a una ribellione adolescenziale. Personalmente penso che da vecchia avrò dei bellissimi lobi dilatati come ora, se non più larghi, e ne andrò fierissima, come l’uomo anziano della foto che, con i dilatatori, ha davvero un sacco stile. Elisa Riabiz


CURIOSITÀ E TENDENZE | 103

PER LE STRADE DI MILANO UNA METROPOLI A MISURA D’UOMO

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ilano è una metropoli a misura d’uomo. Tutti i punti della città sono collegati da cinque efficienti metropolitane. Numerose linee tranviarie e di bus completano il servizio congiungendo il centro ai comuni limitrofi. La facciata del Duomo è talmente bella che mi toglie il fiato ogni volta che la vedo. La piazza antistante è maestosa e sulla sua destra si trova la bellissima galleria Vittorio Emanuele che ospita negozi e ristoranti di lusso. Sono sempre rimasto affascinato dalla Milano del futuro, caratterizzata da grattacieli contemporanei, come la torre di Rem Koolhaas, con le sue linee minimali e la sua forma irregolare che si staglia bianca e solitaria, oppure la nuova struttura del quartiere di Porta Nuova, costruita con due facciate di vetro e due di legno per integrarsi con gli edifici circostanti.

Molto spesso dicono che Milano sia una città grigia, fatta solo di cemento, ma non è così. Milano offre ai suoi cittadini vasti parchi bellissimi e aree verdi nel bel mezzo della città, che diventano punto di ritrovo dei giovani e purtroppo anche degli scippatori. Inoltre offre numerose zone commerciali, piene di negozi, soprattutto in centro, dove si trovano le vie più prestigiose: il cosiddetto quadrilatero della moda. Certo, non mancano i quartieri poveri o addirittura i quartieri dove si trovano solo negozi orientali: la cosiddetta China Town. Milano è una città che non dorme mai. Anche nelle serate infrasettimanali i locali sono popolati da ragazzi che si divertono, davanti a un drink e per strada c’è sempre gente che passeggia.

I corsi popolati di giorno da persone che fanno shopping, la notte sono affollati da ragazzi seduti ai tavoli dei locali o davanti ai disco pub. A volte ci sono anche artisti di strada, che animano la nottata con la musica. Purtroppo c’è anche molta criminalità: ci sono quartieri dove lo sfruttamento della prostituzione è una piaga, altri dove si verificano molte rapine, ma anche risse e omicidi e altri dove lo spaccio di droga sembra non essere fermato da nessuno. Ogni quartiere, in base alla sua pericolosità, è indicato con un colore: il rosa indica la prostituzione, il rosso le rapine, il verde lo spaccio di droga, il simbolo del teschio gli omicidi, ecc. Esistono poi quartieri abitati solo da extracomunitari. Girando per le vie di Milano si notano anche tanti clochard. Ultimamente, un po’ per la crisi economica e un po’

per l’incremento dell’immigrazione, sono aumentati ed è molto triste vederli seduti nelle vie principali della città. Un altro problema di Milano è lo smog. Per combatterlo, da alcuni anni è stata istituita nel centro della città una “zona C” dove possono circolare solo veicoli che non inquinano. In alcuni periodi, inoltre, si circola ovunque con targhe alterne. Tuttavia, malgrado sia una grande metropoli, a Milano la gente ha sempre voglia di divertirsi, di incontrarsi per una chiacchierata, per una passeggiata o per una visita a un museo o una mostra e la città offre tutte le comodità di cui le persone possono aver bisogno.

Kevin Ceribelli


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SACCOTTINO DI PRIMAVERA

INGREDIENTI PER 12 PORZIONI ■■ ■■ ■■ ■■ ■■

Crespelle diametro 20 cm Luppolo Sclopit Papavero Montasio fresco

12 pz 200 g 200 g 200 g 200 g

UNA COMBINAZIONE DI 12 SAPORI

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a primavera è la stagione nella quale tutto rinasce, la vita riprende dopo la pausa invernale e la terra ci dona i suoi frutti. Per questa primavera, abbiamo scelto di presentarvi una ricetta creata con alimenti tipici della stagione.

PROCEDIMENTO ■■ Preparare il ripieno stufando dello scalogno con un po’ di olio. ■■ Aggiungere il luppolo, lo sclopit e il papavero sbiancati in acqua bollente e tritarli. ■■ Cuocere per alcuni minuti, salare e pepare. ■■ Spegnere il fuoco, aggiungere il Montasio tagliato a cubetti e legare il tutto con i tuorli d’uovo e il parmigiano. ■■ Adagiare le crespelle su un tavolo, disporre al centro di ognuna una quantità congrua (70/80 g) di ripieno. ■■ Chiudere la crespella a saccottino utilizzando come legaccio un filo di porro sbianchito. ■■ Disporre i saccottini in una pirofila imburrata, irrorarli con del burro fuso. ■■ Cuocere in forno a 150 gradi per 10 minuti circa.

Alan Visintini


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INGREDIENTI PER 2 PORZIONI: ■■ ■■ ■■ ■■

Ribolla gialla spumantizzata 150 g di fragole 12 cl di sciroppo di fragola 1 limone spremuto e filtrato

MATERIALE ■■ Mixing glass (bicchiere per il mix) con ghiaccio in cubetti ■■ Bicchiere doppia coppetta ■■ Blender (frullatore)

PREPARAZIONE Nel mixing glass con ghiaccio in cubetti versare 6 cl di pre mix fragole e 12 cl di Prosecco o Ribolla Gialla spumantizzata. Mescolare con un bar spoon (cucchiaio lungo) e versare con uno strainer (passino a molla) in una doppia coppetta raffreddata con del ghiaccio che andrà gettato. Colmare con del Prosecco ben freddo, mescolare dolcemente e decorare il bicchiere con una fragola sul bordo.

ROSSINI, CHE COCKTAIL! UN MIX DI SAPORI

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l Rossini Cocktail è un cocktail primaverile IBA (International Bartenders Association) ossia è internazionale anche se nato in Italia. È stato dedicato a Rossini, celeberrimo compositore italiano. Questo aperitivo fa parte della categoria degli Sparkling ovvero dei cocktail con le bollicine. Quindi per farlo si utilizza del Prosecco, dello spumante o della Ribolla Gialla spumantizzata, un eccellente sostituto friulano che permette di dare un tocco locale al cocktail.

Il procedimento prevede di frullare fragole possibilmente raccolte intorno ad aprile/maggio perchè più saporite rispetto alle primizie di marzo. Al frullato va aggiunto del succo di limone filtrato e dello sciroppo di zucchero per conferire dolcezza. A questo punto si può procedere in due modi: o si versa prima nel calice (detto coppa sombrero) il frullato e successivamente lo spumante, che crea una piacevole schiumetta, oppure si mettono tutti gli ingredienti in un mixing glass e si shakerano prima di versarli nel calice. Entrambi i procedimenti sono corretti, ma danno risultati diversi. È importante ricordare che il vero Rossini è preparato con polpa di frutta e non con il solo sciroppo alla fragola.

Se si desidera creare un cocktail analcolico, sarà sufficiente sostituire lo spumante con l’acqua minerale.

Samuele Michelin


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Sono nato nella zona del cividalese, sono cresciuto mangiando la gubana e voglio condividere con voi questa mia passione. Eccovi la ricetta che vi consentirà di prepararla anche a casa. Il procedimento è complesso, ma i più temerari e esperti tra di voi ce la potranno fare! È ottima da mangiare calda, ma la consiglio anche fredda (è la mia preferita).

DOLCI SAPORI FRIULANI

LA GUBANA

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a gubana è un dolce tipico delle Valli del Natisone, che si trovano a pochi chilometri a est di Udine. Ha una caratteristica forma a chiocciola ed è composta da pasta dolce lievitata con un ripieno di nocciole e noci tritate, uvetta e pinoli, salvo piccole variazioni. Chiamata anche “gubane” in friulano e “gubanca” in dialetto sloveno, viene tradizionalmente preparata per i periodi di festa come ad esempio il Natale. Pur essendo tipica di una piccolissima zona della regione, la gubana è ormai conosciuta e apprezzata in tutto il Friuli. La sua diffusione ha travalicato i confini e ha superato anche le feste per cui veniva storicamente preparata. Ora infatti, si può trovare nell’arco di tutto l’anno. A Cividale viene prodotto anche un dolce chiamato gubanetta, del tutto simile alla gubana, ma dalle dimensioni ridotte e dal diametro di circa 7 cm. Con lo stesso ripieno della gubana si fanno anche gli strucchi che assomigliano a dei fagottini.

Alcune delle più grandi aziende che producono gubane nel nostro territorio sono Vogrig, Dorbolò, Gubana Cedarmas e La Gubana della Nonna. La storia della gubana è intimamente legata a quella del territorio in cui è nata e al suo essere al confine tra popolazioni diverse, diversi stati e diverse lingue. Ne è un esempio già il nome che pare derivi dalla parola slovena guba, che ha il significato di piega. Si dice poi che la gubana sia una versione friulana della potizza, un dolce tipico sloveno che in alcune zone della Slovenia viene significativamente chiamato gubanica o giabnica. Tutti segni, insomma, di forti contaminazioni tra culture. Nonostante la scarsa certezza sulle sue origini si sa invece che questo particolare dolce poteva essere apprezzato già nel XV secolo. Fu infatti preparato a Papa Gregorio XII quando, nel 1409, visitò la città di Cividale. Infine ricordiamo che da qualche anno è nato il Consorzio per la protezione del marchio “Gubana” che cerca di tutelare il prodotto anche attraverso alcune norme per la sua preparazione.

LA RICETTA

INGREDIENTI PER 8 PERSONE PASTA ■■ Farina 220 g ■■ Burro 60 g ■■ Zucchero 50 g ■■ Miele 20 g ■■ Uovo 1 ■■ Tuorlo d’uovo 30 g ■■ Latte 40 g ■■ Lievito di birra 10 g ■■ Sale 2g RIPIENO ■■ Gherigli di noce 140 g ■■ Zucchero 60 g ■■ Uvetta 60 g ■■ Amaretti 40 g ■■ Biscotti secchi 30 g ■■ Pinoli 30 g ■■ Burro 20 g ■■ Limone ½ ■■ Rum ■■ Grappa di prugne ■■ Sale ■■ Albume per spennellare 1

Disporre a fontana la farina e versare al centro il lievito diluito nel latte tiepido, lo zucchero, l’uovo, il tuorlo e il sale. Lavorare l’impasto fino a ottenere una pasta morbida e lasciarla lievitare per circa un’ora. Aggiungere il resto della farina, il burro, lo zucchero e lavorare l’impasto in modo energico; lasciarlo lievitare per altri 30 minuti. Preparare il ripieno: mettere a bagno l’uvetta nel rum, caramellare in un pentolino lo zucchero con un cucchiaio d’acqua. Unire al composto 50 g di noci e amalgamare rapidamente. Versare il composto su un ripiano spennellato d’olio e lasciarlo raffreddare. Far dorare i pinoli nel burro a fiamma bassissima, ritirare e far raffreddare. Tritare gli amaretti e i biscotti secchi, le noci caramellate e i restanti 90 g di noci. Raccogliere il tutto in una ciotola. Unire l’uvetta, i pinoli rosolati con tutto il loro burro, la buccia grattugiata del limone, il sale, la vanillina, la cannella e il resto dello zucchero. Bagnare con il liquore necessario per amalgamare bene tutti gli ingredienti. Il ripieno dovrà risultare sufficientemente umido (se necessario aggiungere liquore). Farlo riposare in luogo fresco almeno per un intero giorno. Proseguire con l’assemblaggio: stendere la pasta a rettangolo (20 x 30 cm). Distribuirvi il ripieno e abbondanti ciuffetti di burro. Arrotolare: chiudere bene le due estremità e allungare il rotolo fino a raggiungere i 70-80 cm. Prendere il lembo di destra, alzarlo e ripiegarlo all’interno, poi avvolgere delicatamente la restante parte del rotolo, tranne l’ultimo lembo che va unito al primo sotto il dolce. Adagiare la gubana in uno stampo imburrato (20 cm di diametro), lasciarla lievitare fino a quando avrà raddoppiato il volume, poi spennellare la sua superficie con l’albume sbattuto leggermente e cospargere di zucchero semolato. Cuocere in forno a 160° per circa un’ora.

Martin Cedarmas


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INGREDIENTI PER 12 PORZIONI

CROSTATA DI FRAGOLE ASSAPORA LA PRIMAVERA

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a crostata di fragole fresche è uno dei dolci più classici ed invitanti realizzabile con questi rossi e profumati frutti primaverili. È preparata con una base di pasta frolla aromatizzata al limone, farcita con golosa crema pasticcera, sulla quale verranno adagiate le fragole fresche. Potrete creare un effetto molto elegante disponendo le fragole a raggiera su tutta la superficie ottenendo un effetto lucido con una gelatina leggera. Sorprendete i vostri amici con la crostata di fragole per un fine pasto o una merenda dolce e fresca.

PASTA FROLLA [INGREDIENTI]

CREMA PASTICCERA [INGREDIENTI]

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Farina Burro Zucchero a velo Uova intere Lievito Sale Limone grattugiato Bacca di vaniglia

250 g 170 g 110 g 30 g 4g 1g 2g 1g

Latte 250 g Uova 50 g Tuorli 20 g Zucchero 65 g Amido di mais 25g Sale qb Bacca di vaniglia 1/2 pezzi Fragole fresche 1 vaschetta

PASTA FROLLA [PROCEDIMENTO]

CREMA PASTICCERA [PROCEDIMENTO]

■■ Setaccia la farina con il lievito e impasta con il burro ■■ Aggiungi le uova, il sale e lo zucchero ■■ Fai riposare l’impasto in frigo per un’ora prima dell’utilizzo ■■ Tira la pasta con un mattarello e rivesti uno stampo della forma desiderata ■■ Cuoci la pasta per 20 minuti a 170° C se il forno è ventilato o a 200° C se è statico

■■ In un pentolino versa il latte, il sale e il bacca di vaniglia e porta il tutto quasi ad ebollizione (90° C circa) ■■ In un contenitore versa le uova e i tuorli, lavorali bene con lo zucchero utilizzando una frusta ■■ Aggiungi l’amido di mais setacciato ■■ Stempera con il latte gradualmente e poni sul fuoco ■■ Cuoci finché la crema diventa più spessa, per 5 minuti circa ■■ Togli dal fuoco e versa la crema in un contenitore coprendola con della pellicola ■■ Conserva la crema in frigorifero a +4° C

ASSEMBLAGGIO ■■ Distribuisci la crema sul fondo torta della pasta frolla ■■ Taglia le fragole a fettine e mettile sulla crema ■■ Lascia riposare la crostata per mezz’ora circa in frigo prima di servirla

Nicole Nassutti


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23 settembre 2018

maratonina di udine piccoli passi, grandi traguardi

START-UP

MOOVIT UN’APPLICAZIONE CHE SEMPLIFICA IL MODO DI VIAGGIARE

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li smartphone hanno rivoluzionato il modo di comunicare, di informarsi e di condividere immagini e pensieri con il mondo ed hanno anche reso la nostra vita più semplice, integrando funzioni che facilitano le attività quotidiane. Anche se ogni persona ha un proprio set di applicazioni preferite a seconda delle proprie passioni, della propria cultura o del proprio lavoro, ci sono alcune app che possono essere considerate universalmente utili a tutti, perchè semplificano la vita. In questo articolo scopriamo l’applicazione Moovit.

Chi si muove con i mezzi non può davvero non usare Moovit che rende la vita più facile, meno stressante e faticosa, dicendoci esattamente quando arriverà l’autobus, quando dovremo andare alla fermata e quanto tempo ci metteremo ad arrivare alla nostra meta. Questa è l’app che consiglio sempre quando qualcuno mi dice di aver aspettato ore l’arrivo dell’autobus, perchè avrebbe potuto saperlo prima e risparmiarsi l’irritazione. Moovit sta rivoluzionando il mercato del trasporto pubblico locale, in particolare in Italia, dove ha già raccolto 1,2 milioni di utilizzatori in poco più di un anno. Con 500 città al suo attivo, di cui 23 italiane, la bandierina che sorride è in grado di guidarci a destinazione sui mezzi pubblici di luoghi in cui non siamo mai stati, semplicemente inserendo un indirizzo di partenza e uno di arrivo, senza bisogno di comprare mappe cartacee o di scaricare altre app specifiche per navigare tra linee di bus e metropolitane sconosciute. Per ora Moovit si può scaricare gratuitamente e non ha ancora previsto fonti di reddito, che in seguito potrebbero arrivare dalla vendita dei biglietti o della stessa app. È una app pratica ed efficace che vi consiglio caldamente. Martin Cedarmas

Sono aperte le iscrizioni per la 19ª Maratonina Internazionale della Città di Udine. Per maggiori informazioni visita il sito: maratoninadiudine.it Il settore grafico del Civiform si occupa da 15 anni del design del logo di questo evento.


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SETTORE ELETTRICO | 115

MAGICA CASA GLI IMPIANTI DOMOTICI CI AIUTANO A RISPARMIARE

Gli elementi che compongono un impianto elettrico di una casa domotica sono gli stessi di una casa tradizionale, eccetto l’interruttore, che non sarà più azionato dall’uomo. L’impulso di accensione o di spegnimento verrà inviato dalla centralina, ossia da un interruttore digitale, elettronico che ha la possibilità di aprire o chiudere un circuito e quindi di accendere o spegnere una lampadina. Tutto ciò è possibile grazie ad un circuito elettronico applicato alla corrente elettrica. La domotica sfrutta quindi le centraline programmabili: ne esistono di diversa tipologia e marca, ma il funzionamento è lo stesso.

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a domotica è l’automatizzazione della casa in base alle esigenze di chi la abita. Questo termine contiene domos che significa casa e infatti la domotica è un’auto-azione della casa. Che cosa può essere automatizzato in una casa? Semplice: tutto quello che funziona con l’energia elettrica. Ad esempio si può controllare a distanza la luce, la lavatrice o il forno, gestire il riscaldamento, alzare e abbassare le tapparelle, le tende e molto altro ancora. Tutto viene controllato da una centralina di programmazione PLC, una sorta di computer che funziona con un proprio linguaggio di programmazione e serve per gestire i vari dispositivi. Ad esempio, se si hanno delle tende esterne, in estate si aprono per il sole; ovviamente andranno riavvolte nel caso ci sia un forte temporale perché il vento le potrebbe danneggiare.

Così, se si collegano le tende ad un anemometro che registra la forza del vento, quando viene superato un certo valore considerato pericoloso, il PLC manda un impulso alla tenda chiudendole automaticamente. Scuri o tapparelle possono essere gestiti nello stesso modo. O ancora, quando non si possono fissare degli scuri all’esterno delle finestre, si può fare in modo che i vetri si scuriscano. Ovviamente si tratta di vetri particolari in cui si fa passare la corrente a bassa tensione. È possibile anche programmare l’illuminazione: per risparmiare si può far spegnere una luce o diminuirne l’intensità. È un vantaggio per il singolo, ma anche per la comunità: meno si consuma, meno si inquina e meglio si vive.

I vantaggi sono numerosi ed il primo è il risparmio energetico poiché si assicura una gestione intelligente dell’energia. Si consuma solamente quando ce n’è bisogno, con un elevato risparmio. Non ci sono aspetti negativi, a parte il fatto che si perdono le conoscenze relative alla casa che prima si tramandavano di padre in figlio.

E se salta la corrente? In un impianto classico, quando questo accade, non funziona nulla. Invece, se manca la corrente in un impianto domotico, si ricorre ad un gruppo di continuità, ovvero a un sistema di batterie

che tramite un inverter, produce corrente elettrica. Questo sistema viene utilizzato ad esempio negli ospedali dove, quando manca la corrente, si attivano dei generatori a motore che garantiscono l’apporto di energia, a supporto del sistema.


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Ora vi chiederete quanto costa questa tecnologia. Ebbene, qualche anno fa le centraline domotiche erano abbastanza costose, ora invece sono più diffuse e il prezzo è sceso. La domotica si diffonderà sempre di più in quanto ci semplifica la vita e ci consente di gestire l’energia in modo intelligente. Con la domotica e con l’automazione in generale si può gestire l’energia pulita del sole, del vento. Ad esempio, quando c’è molto sole, è possibile programmare la centralina e attivare i pannelli fotovoltaici o un impianto microeolico, decidendo come e per cosa usare l’energia Installare un impianto domotico non è complicato: si tratta solo di installare dei sensori in alcuni punti chiave. Ad esempio ci può essere un sensore che registra

SETTORE ELETTRICO | 117

il movimento e quindi la presenza o l’assenza di persone e che spegne le luci quando in una stanza non c’è più nessuno. La domotica può essere utilizzata per rilevare il fumo di un principio d’incendio o una perdita di gas o di acqua e persino la presenza di un estraneo in casa. La centralina chiude il gas o l’acqua fino a che il guasto non viene riparato. Potrebbe perfino rilevare dove c’è stato il guasto e staccare solo il ramo dell’impianto relativo alla zona danneggiata. Un processo analogo avviene con gli antifurto che dialogano con sensori a rilevamento di volume, ossia si attivano quando in casa viene spostato un volume d’aria superiore ad un certo valore. È persino possibile tarare il sistema

affinché non reagisca al movimento di un eventuale animale domestico. Le centraline moderne possono rilasciare un fumo non tossico (vapore acqueo), ma densissimo e bianco, che impedisce di vedere anche a 20 cm di distanza e che ha lo scopo di far uscire di casa il potenziale intruso. Non esistono limiti reali nel possibile utilizzo della domotica. Gli ostacoli, quando ci sono, risiedono solo nel nostro modo di pensare, nella nostra incapacità di immaginare cose diverse da quelle che già conosciamo. Con la domotica possiamo realizzare tutto quello che abbiamo in mente, se vogliamo. Esistono delle centraline avanzate che possono fare qualsiasi tipo di lavoro. Il limite siamo noi.

Jonathan Milan


Il benessere prende il volo

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Vieni a trovarci! Siamo nei laboratori di estetica e acconciatura

PRIMAVERA, VERA PELLE L’ESTETICA SI PRENDE CURA DI TE

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n previsione della bella stagione, l’estetica si prende cura del corpo pensando al rinnovamento della pelle che può essere ringiovanita con esfolianti, microsferule o sali da applicare su viso e corpo, per eliminare le cellule morte. I pori si dilatano e la pelle così diventa più luminosa, più ossigenata. I risultati sono immediati: una pelle che respira si nota subito. In un secondo tempo, dovrà essere nutrita in maniera adeguata. Ad esempio, una persona giovane dovrà utilizzare una crema idratante, mentre una persona adulta utilizzerà piuttosto creme rigeneranti o anti-age. Esfoliante è un termine generale che congloba i prodotti che puliscono la pelle favorendone il ricambio cellulare. Vi sono quindi gli scrub o i gommage, da scegliere in base alla tipologia di pelle, che esfoliano con delicatezza, e i peeling, trattamenti agli acidi

fruttati, gli alfaidrossiacidi, utilizzati sia dall’estetista che dal medico, ma da quest’ultimo in volumi più alti, quindi con un impatto maggiore. Non è sempre necessario rivolgersi allo specialista per un’esfoliazione efficace: ci sono rimedi naturali a bassissimo costo, come il miele e lo zucchero mescolati e massaggiati sul viso. Questi trattamenti, per mantenere la loro efficacia, dovrebbero essere ripetuti ogni 28 giorni circa.

Elisa Riabiz

I laboratori benessere del Civiform, aperti per docenti e dipendenti


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LA COOPERATIVA 4ª BENESSERE

STYLE YOUR HAIR TAGLIO TRENDY PRIMAVERA 2018

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copriamo insieme quali saranno i tagli alla moda nella stagione primavera/estate 2018! Ovviamente dovremo distinguere il maschile dal femminile. Il maschile è da sempre più difficile da modificare, vive di resistenze. In sintesi possiamo però individuare due tendenze nel taglio uomo: da una parte un maschio molto curato, femminile negli abiti ed accessori, per il quale si consiglia un taglio corto, classico, rasato, a spazzola o pseudo militare con contorni ben definiti e basette; dall’altra un maschio rude, con barba e baffi esagerati cui si consiglierà piuttosto un taglio lungo. Nel mondo femminile invece da sempre si osa di più.

La prossima tendenza sarà un taglio medio o corto oppure rasato, a due livelli: corto sotto e più lungo sopra o viceversa, con uno stacco netto non più armonico. Fondamentale è l’abbondante uso del colore, soprattutto sulle lunghezze. Si vedranno colori flash fosforescenti come il giallo, il rosso e spessissimo il verde oppure colori pastello dal rosa o celeste al pesca, con un chiaro richiamo ai cartoni animati. Ci sarà anche un tripudio di colori metallici come l’argento, il bronzo, l’acciaio o il nero.

Federica Giovanelli

Diploma professionale di IV livello: un anno in più per trasformarsi in professionista

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no degli esercizi didattici di quest’anno è stato la creazione di un calendario che iniziasse con gennaio 2018 e finisse con marzo 2019. L’obiettivo era quello di creare 15 calendari diversi seguendo un tema comune: la reinterpretazione di un personaggio di un film o di una serie-tv. Abbiamo eseguito degli scatti che sono stati elaborati con Adobe Photoshop per farli diventare

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più simili possibile al soggetto scelto. In seguito, le foto sono state condivise e associate ad un mese. Ogni impaginato è stato creato sulla base di linee guida uguali per tutti, ma lasciando libero spazio alla fantasia di ciascun allievo. Infine, dopo aver scelto il tipo di carta, li abbiamo realizzati, stampandoli in digitale e successivamente allestendoli.


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TIME TO PLAY

TORNEO TRA GRAFICI

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PALLAVOLO & CALCETTO 5+1 VENERDÌ 8 GIUGNO A PARTIRE DALLE ORE 16:30

BIENNECI SPORT VIA MANZANO, 17 - IPPLIS (UD) -

IL PROGRAMMA DETTAGLIATO VERRÀ ESPOSTO SUL CAMPO. A FINE TORNEO SEGUIRÀ UNA CENA TRA AMICI.

IT’S JUST DIFFERENT

un sognatore è colui che può trovare la sua strada al chiaro di luna e vedere l’alba prima del resto del mondo oscarwilde

TO BE CONTINUED?


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