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feneal uil in Campania periodico di informazione gratuito della feneaL-uiL campania
Tempo per riflettere
anno iii, numero 10 febbraio 2010
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la foto La Reggia apre a metà febbraio. Non quella borbonica che rappresenta una delle bellezze artistihce più lucenti al mondo, ma l'outlet a Marcianise, in provincia di Caserta. Sarà il primo centro commerciale-villaggio della Campania ad offrire abbigliamento di note marche nazionali e internazionali a prezzi scontati. Le file saranno sicuramente lunghissime, come accade in luoghi omologhi sparsi per il Centro-Nord. Ormai i centri commerciali sono entrati a pieno titolo nella nostra vita quotidiana, sono diventati per molti un'abitudine del fine settimana. Ma che cosa sono? Simbolo estremo del capitalismo, “non-luogo” arido o nuova piazza sociale? Che cos'è oggi, insomma, un centro commerciale o un outlet? Che cosa rappresenta? La risposta a queste domande non può essere drastica, netta, senza sfumature: sarebbe troppo semplicistico farlo. Chi li frequenta, innanzitutto fa shopping trovando parcheggio per la propria automobile: quale grande città oggi può garantirlo considerando il caos delle metropoli? Si trascorre una serata in famiglia o con gli amici tra negozi (tutti insieme nello stesso posto, e al coperto), locali e cinema: nei centri storici è possibile tutto ciò? Sono domande retoriche, cioè la risposta è implicita. In questo caso, è negativa. Secondo altri, però, i centri commerciali sono tristi, asociali, finti. In parte è vero: i rapporti umani diretti e calorosi si perdono nei megastore. Ma la colpa sarà di chi non riqualifica i centri urbani in modo da renderli vivibili 24 ore su 24? Salerno, nel suo piccolo, per esempio, rappresenta invece un modello da seguire per coniugare mercato e valori umani. Si può fare, basta volerlo.
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Job Feneal Uil in Campania Numero 10 - Febbraio 2010 Periodico bimestrale di informazione gratuito della Feneal Uil Campania Testata registrata presso il Tribunale di Napoli (iscr. n. 7 del 29/01/2008) Direttore editoriale: Emilio Correale Direttore responsabile: Carlo Porcaro Editore: Feneal-Uil Campania, Via Brin, 69 80142 Napoli Redazione: Dario De Simone Liliana Palermo P.G.Correale Grafica: Antonio Massa, Claudia Noli Contatti redazione: Via Benedetto Brin 69 - 80142 Napoli Tel: 081-269115, 081-200564; Fax: 081-0143084 e-mail: job@fenealuilcampania.it sito internet: www.fenealuilcampania.it Coordinamento: PK s.r.l. Stampa: Litografia Buonaurio srl, via Trav. 4 novembre 6, 80026 Casoria (Na) Tiratura: 5000 copie Giornale chiuso in redazione il 26/1/2010
14 La crisi economica è ancora presente. La Uil saprà essere anche nel futuro sindacato forte e interlocutore per la politica
cinema tra sogni e abbagli
44 l’intervista/ sport rUBrIChe
anna rea
7 l’editoriale 9 il filo di job 28 la bussola/ il 2010 per il Napoli e la palla ovale
48 libri, dischi, film 58 attualità 47 consigli fiscali
Biagio de giovanni
rudy girardi La legge regionale sulla casa è un buon punto di partenza. Nel 2010 speriamo in una svolta in tema di parcheggi e interventi privati per un rilancio dell’occupazione sempre con occhio attento alla legalità
INTerVeNTI
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32 Metropoli del futuro Alta tecnologia al servizio dell’edilizia
40 giuseppe Mariconda Le foto in bianco e nero che parlano di una Napoli che non c’è più
42 luca abete
Dall’etere irpino a Striscia la Notizia: storia di un “animale” da strada
52 la gita
Febbraio è il mese del Carnevale Strianese
speciale congressi 20 22 24 26
caserta T. Di Marco salerno L. Ciancio Benevento A. Lanzetta avellino F. De Feo
10 giuseppe di vittorio Ad oltre cinquant’anni dalla scomparsa arriva dal passato una lezione su unità e libertà
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Piazza CavoUR a NaPoli Nel luogo dove è morto Yussuf Errahali ci sono due mazzi di fiori e tre candele consumate a ricordare il marocchino gettato nell’acqua gelata da una banda di teppisti.
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l’editoriale
gli ingannatori Il nuovo fenomeno sociologico dei lettori fast-food
L’
ultimo oggetto del mio studio? Sono i lettori della libreria Feltrinelli. Non quelli comuni come me, o tantissimi altri - che entrano, vagano minimo un’ora da un settore all’altro, sfogliano i libri, si fanno ammaliare da una bella copertina, leggono le prime righe e, poi, sulla base di tipo, autore, prezzo, o magari editore, decidono se acquistarlo o meno. E si sentono leggermente migliori, perché hanno l’illusione di aver posto le condizioni per sollecitare cuore e cervello con un sol piccolo gesto: l’acquisto di uno o più libri. I lettori cui faccio riferimento - che rappresentano i protagonisti di un vero e proprio fenomeno nuovo, ancora sommerso e quindi tutto da analizzare impietosamente come in un manuale aggiornato di antropologia urbana - sono quelli che entrano, scelgono un romanzo o un saggio di solito con un certo criterio e poi si accomodano su una delle poltrone della libreria: lì vi rimangono minimo minimo un’ora, diventano un tutt’uno con la poltrona, non si fanno distrarre da nulla, divorano quelle righe con velocità, ma non troppa. Non c’è fretta, per carità: il consumo non si paga. Nessun addetto andrà lì a disturbarli, a chiedergli perché stanno da così tanto tempo, e magari non fanno spazio a chi vuole solo sfogliare i volumi che più gli interessano. La domanda è: sono lettori compratori? Nella maggior parte dei casi, no. Leggono, e se ne van-
no. Come si fa al cinema, dove la pellicola non te la porti a casa. Per questo tipo di gesto, c’è il dvd, comprato o al massimo noleggiato da Blockbuster. In un negozio di abbigliamento, non ti farebbero mai indossare una maglietta per un’ora o più: già quei pochi minuti che ti concedono suonano come una piccola grazia. Con i libri, è diverso. O almeno dovrebbe essere diverso. Le poltrone ci sono per dare la possibilità di dare sfogo alla propria curiosità, di trascorrere fino ad una mezza giornata nella libreria, perché il libro - è questo forse il punto principale - non è un bene come tutti gli altri. Va consumato, ma a casa propria, sul tram, a letto, durante la pausa pranzo. È lì il bello. Ma forse, solo secondo me e qualcun altro.
[cARLo
poRcARo]
la citazione
il Tg1 darà molto più spazio alle inchieste, come vuole il pubblico che lo ritiene troppo leggero. Tra le prime in cantiere per il prossimo gennaio, "cosa mangiano i gatti del Foro", "il ritorno del calamaro sulle tavole degli italiani", "il mambo: questo sconosciuto" e "pesci rossi, che passione". grosse novità per "anno zero", che sarà la trasmissione di punta per il rilancio dei canali criptati di rai rebus, il nuovo dipartimento digitale diretto da paolo ruffini, visibile con un decoder non ancora in commercio...Tra gli spot della prossima stagione televisiva che faranno parlare di sè, quello del nuovo profumo di dolce e gabbana "precipize", un'orgia ambientata su un ottovolante, e la pubblicità della nuova Banca rasini, con tutti gli interpreti che parlano dietro un paravento nero e con il sonoro alterato. Michele Serra, giornalista
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la canzone
io penso positivo perché son vivo perché son vivo, io penso positivo perché son vivo e finché son vivo, niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare, niente e nessuno al mondo potrà fermare, fermare, fermare quest'onda che va, quest'onda che viene e che va quest'onda che va quest'onda che viene e che va, quest'onda che va quest'onda che viene e che va quest'onda che va, quest'onda che viene e che va. io penso positivo ma non vuol dire che non ci vedo io penso positivo in quanto credo, non credo nelle divise né tanto meno negli abiti sacri che più di una volta furono pronti a benedire massacri , non credo ai fraterni abbracci che si confondon con le catene io credo soltanto che tra il male e il bene è più forte il bene. io penso positivo perché son vivo, perché son vivo io penso positivo perché son vivo e finché son vivo e niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare niente e nessuno al mondo potrà fermare, fermare quest'onda che va quest'onda che viene e che va quest'onda che va quest'onda che viene e che va. Uscire dal metro quadro dove ogni cosa sembra dovuta guardare dentro alle cose c'è una realtà sconosciuta che chiede soltanto un modo per venir fuori a veder le stelle e vivere l'esperienze sulla mia pelle sulla mia pelle. io penso positivo perché son vivo, perché son vivo io penso positivo perché son vivo e finché son vivo niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare niente e nessuno al mondo potrà fermare, fermare quest'onda che va quest'onda che viene e che va quest'onda che va quest'onda che viene e che va. io credo che a questo mondo esista solo una grande chiesa che parte da cHe gUevara e arriva fino a Madre Teresa passando da MalcoM X attraverso gandHi e san paTrignano arriva da un prete in periferia che va avanti nonostante il vaticano. io penso positivo perché son vivo, perché son vivo io penso positivo perché son vivo e finché son vivo, niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare niente e nessuno al mondo potrà fermare, fermare quest'onda che va quest'onda che viene e che va quest'onda che va quest'onda che viene e che va : la storia, la matematica, l'italiano, la geometria, la musica, la fantasia.
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riprendiamoci il tempo [emILIo
È
solo una sensazione, ancora vaga, chissà se non fallace, ma ho l’impressione che qualcosa stia cambiando. Niente che possa essere legato ai fuorvianti annunci di ripresa del dialogo tra maggioranza e opposizione o alla voglia dell’“amore” da parte di chi non sa nemmeno che cosa sia, se non quello praticato e consumato verso se stesso. Sta cambiando, gonfiandosi, la dimensione dei problemi del nostro Paese ed anche la loro drammaticità, al punto che pare s’imponga per tutti una riflessione più concreta e meno falsata da pregiudizi faziosi. Una riflessione che non è certamente stimolata dalla penosa qualità dell’informazione sempre più palesemente compiacente verso il Governo, che tenta di convincerci, contro ogni evidenza, che tutto va bene, anzi, che tutto è meravigliosamente assolto. È una riflessione che risulta, invece, obbligata dal malessere sempre più diffuso che in altri tempi avrebbe riempito le piazze, e che soprattutto viene percepito da quella parte della popolazione che sta pagando sulla propria pelle, in termini economici
e sociali, la spaventosa crisi che stiamo attraversando: dai lavoratori, dai disoccupati, dai giovani, dagli immigrati. È solo una sensazione ma pare proprio che stia affievolendosi quella deleteria voglia di schierarsi e di esprimere le proprie preferenze, senza preoccuparsi di apportare la propria diretta partecipazione e sostituendo ad essa quella sgradevole logica da tifosi, che in genere offusca la mente ed impedisce il ragionamento obiettivo. Chi sta soffrendo la crisi sta vivendo veramente male: le fabbriche chiudono, l’edilizia è ferma, dilaga l’indigenza ed aumenta la povertà. Soprattutto stanno smisuratamente crescendo quelle forme di disagio sociale che creano cattività ed infelicità e ben sappiamo che l’infelicità è la condizione principale dell’insorgere dell’aggressività e dell’intolleranza che spesso sfociano nella più bieca perdita della ragione, nella violenza e nel razzismo. Così succede che questa riflessione, ancora sommessa e inespressa e ancora troppo confusa dalla rabbia, comincia lentamente a montare, a coinvolgere strati sociali più vasti, a riempirsi di contenuti più riconoscibili transitando nei luoghi del declino industriale e della
coRReALe]
stasi di tutte le attività economiche. Passa per il Mezzogiorno martoriato dall’esproprio delle risorse finanziarie ( sì proprio così ) e dal blocco degli investimenti, riducendosi ad essere la parte del Paese dove realizzare solo successi contro le mafie, per accreditarlo così sempre di più come il regno di Gomorra e sempre di meno come un’opportunità da sfruttare per lo sviluppo complessivo dell’economia nazionale. La riflessione è pensiero, ed è bene sottolineare, è un’attività nobile dell’essere umano. Richiede tempo: il tempo necessario per compiersi e per giungere ad un concetto definito da portare al confronto positivo delle idee. C’è, quindi, bisogno di tempo, di più tempo per pensare e per vivere. Si può dire che il tempo è un bene prezioso che non va perso in faccende inutili, né va bruciato in relazioni veloci relegando a pochi attimi di sms anche la comunicazione dei propri affetti, che, invece, andrebbero sempre coltivati con la cura necessaria. È una sensazione ma l’impressione è che la riflessione, quella positiva, quella che ciclicamente illumina il progressivo percorso verso l’emancipazione e ridimensiona gli istinti animali in perenne alternanza nel corso della storia dell’umanità stia crescendo, inglobando per contagio nuovi adepti fino ad arrivare a costituire il fondamento essenziale di una rinnovata democrazia. Emilio Correale
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la riflessione
di vittorio e la sua lezione: «Unità sindacale massima espressione di libertà»
N
el 1946, agli albori della nostra Repubblica, di unità sindacale parlò diffusamente Giuseppe Di Vittorio. Lo fece in una relazione sull’ordinamento sindacale durante i lavori dell’Assemblea Costituente. La testimonianza venne raccolta in un testo a cura di Antonio Tatò del quale riportiamo i passi più rilevanti. È quasi un “testo sacro” che torna d’attualità in questa fase storica e sindacale. Nella relazione, Di Vittorio sottolineava l’importanza del diritto di associazione come una delle espressioni più chiare delle libertà democratiche. “Per il cittadino lavoratore la sola possibilità che esista, perché possa partecipare alle competizioni economiche senza esserne schiacciato in partenza - scriveva Di Vittorio - è quella di associarsi con altri lavoratori aventi interessi e scopi comuni, per controbilanciare col numero, con l’associazione e con l’unità di intenti e d’azione degli associati la potenza economica del singolo capitalista o di un’associazione di capitalisti. Il sindacato,
Unità non vuol dire unicità. per questo la pluralità è la vera risorsa
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perciò, è lo strumento più valido per i lavoratori, per l’affermazione del diritto alla vita e del diritto al lavoro”. Di Vittorio indicava il sindacato come figura centrale dello Stato democratico che in quel periodo stava sorgendo dopo il “ventennio fascista”. Parlava di uno Stato che “non può ignorare senza venir meno alla sua funzione di supremo armonizzatore degli interessi legittimi dei singoli cittadini e dei differenti strati sociali in cui essi sono raggruppati, con quelli generali della collettività nazionale. La più importante deduzione che se ne deve trarre è quella del riconoscimento d’una preminenza obiettiva degli
interessi rappresentati dai sindacati dei lavoratori rispetto agli interessi pur legittimi rappresentati dalle associazioni sindacali dei grandi datori di lavoro”. Grande attenzione veniva dedicata al diritto di sciopero, indicato come mezzo per mettere in atto la libertà d’azione e per realizzare gli scopi per i quali le associazioni sindacali sono state costituite. Di Vittorio affrontava anche un tema molto attuale, quello dello sciopero nei servizi pubblici; riconosceva la validità del principio secondo cui fosse illecito perché danneggiava cittadini estranei alla contesa, ma dall’altro faceva anche notare che non poteva essere giustificata in alcun
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la riflessione modo la negazione del diritto di sciopero per i lavoratori di quei settori. Nella lunga relazione alla III sottocommissione della Costituente, Di Vittorio si occupava anche di rapporti interni al sindacato e dell’ordinamento sindacale. “Il primo problema da risolvere è quello della natura del sindacato, dato che dalla soluzione di questo problema pregiudiziale discende quella di tutti gli altri che ne sono connessi. Su questo problema si sono manifestate nel paese e nella stampa due tendenze estreme; l’una propone il sindacato quale ente di diritto pubblico, giuridicamente riconosciuto dallo Stato e sottoposto al controllo delle autorità tutorie; l’altra propone il sindacato libero, non avente alcun rapporto giuridico con lo Stato, rimanendo presso a poco nella stessa posizione che avevano i sindacati italiani nel periodo prefascista. Fra queste due tendenze estreme, crediamo sia possibile una posizione mediana, che soddisfi le esigenze obiettive poste dall’una e dall’altra posizione ed elimini almeno la maggior parte dei gravi inconvenienti che presentano entrambe. Il sindacato di Stato si presenta tecnicamente come quello che offre la soluzione più facile e più comoda di tutti i problemi relativi ai rapporti sociali e di lavoro. In realtà questo tipo di sindacato è la negazione totale del vero sindacato qual è comunemente concepito dai lavoratori; è incompatibile coi princìpi elementari della libertà ed è impossibile in un regime
democratico, che presuppone la volontarietà nell’esercizio dei diritti. Difatti, il sindacato di Stato significa automaticamente sindacato unico, obbligatorio, con tributi obbligatori e con un controllo più o meno stretto dello Stato. Questo tipo di sindacato statale, come si vede, si apparenta moltissimo a quello fascista”. Un intero capitolo della relazione era dedicato alla libertà e alla pluralità sindacale, argomento molto caro a Di Vittorio. Parole che alla luce di ciò che sarebbe successo dopo e alla luce di quanto succede ai giorni nostri devono necessariamente far riflettere. “Una volta escluso il sindacato unico obbligatorio, sorge un’altra questione: possono costituirsi più sindacati, antagonistici e concorrenti, per la stessa categoria? Noi rispondiamo per l’affermativa. Il concetto di libertà sindacale non può essere disgiunto dalla libera facoltà d’ogni lavoratore di aderire o meno al sindacato costituito o di rendersi iniziatore della costituzione di un altro sindacato. L’osservazione che l’ammettere la pluralità dei sindacati sia contrario al principio dell’unità sindacale, o possa comprometterla, non appare fondata. Unità e «unicità» sindacali sono due concetti profondamente diversi ed in certo senso opposti. L’«unicità», o l’unità obbligatoria, non unifica assolutamente
nulla. L’iscrizione obbligatoria in un sindacato unico non annulla gli eventuali dissensi fra gruppi di lavoratori di varie correnti, né può impedire ad essi di battagliare fra di loro e quindi di essere effettivamente disuniti. L’unità sindacale vera ed operante non può essere che una realizzazione viva e volontaria dei lavoratori interessati, di varie correnti o di nessuna corrente, quale risultante e manifestazione della coscienza che essi hanno della comunità dei propri interessi economici e professionali da difendere, e dell’utilità indiscutibile della propria unità, come strumento più poderoso della propria potenza. La Confederazione generale italiana del lavoro, in regime di libertà, è riuscita a realizzare ed a consolidare la più vasta ed effettiva unità sindacale esistita sinora, appunto perché i lavoratori ed i loro esponenti hanno potuto agire ed agiscono liberamente, senza vincoli, senza obbligatorietà e senza ingerenza dello Stato. La vera unità sindacale, dunque, presuppone la libertà”.
di vittorio, una pagina di storia Giuseppe Di Vittorio, pugliese di Cerignola, è stato uno dei più importanti rappresentanti del mondo sindacale nel Dopoguerra. Segretario della Cgil dal 1945 al 1957, anno della morte, è stato uno dei principali artefici della ricostituzione del sindacato disciolto dal Fascismo. È stato deputato del Pci all’Assemblea Costituente. Ma nel 1956 si discostò dalla linea del partito schierandosi contro l’intervento armato dell’Unione Sovietica in Ungheria. A differenza di altri sindacalisti, storicamente di estrazione operaia, è sempre stato vicino al mondo agricolo essendo di origine contadina. Giovanissimo componente del comitato nazionale dell’Unione Sindacale Italiana, fu arrestato durante il Fascismo ma riuscì a fuggire in Francia. Si è sempre schierato a sostegno dell’unità sindacale anche se proprio durante la sua segreteria alla Cgil si consumò lo strappo quando, in occasione dello sciopero generale proclamato in seguito all’attentato a Togliatti, i cattolici uscirono dal sindacato per fondare la Cisl e i socialisti e i socialdemocratici si unirono nella Uil.
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la bussola
Futuro anteriore: non avevano capito niente come il cinema immaginava, “azzeccandoci” solo a volte, questo decennio
È
iniziato l'ultimo anno del primo decennio del nuovo secolo. È più facile scriverlo che spiegarlo: 2010. In un celebre film, l'ultimo della trilogia di Stanley Kubrick, era "l'anno del contatto". In realtà, sembra l'anno del bilancio sul piano tecnologico. E sono tanti i film, i telefilm e i libri che hanno tentato di disegnare il 2010 già verso la metà del secolo scorso. Letteratura e cinematografia, quando hanno saggiamente evitato di scontrarsi con le leggi della fisica, hanno fatto nel '900 quello che Jules Verne aveva fatto quasi un secolo prima. Hanno previsto il futuro e a volte l'hanno pure ispirato. Ma non era così facile ipotizzare certi progressi che l'uomo avrebbe fatto in tempi brevissimi. E così, anche le opere più brillanti sono andate incontro a clamorosi errori. L'impossibilità 12
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di prevedere l’impressionante sviluppo delle telecomunicazioni è rappresentata in modo evidente dall'evolversi della saga di Star Trek. La dimostrazione più clamorosa è riscontrabile in una delle puntate più belle ed apprezzate dagli appassionati della prima serie, prodotta alla metà degli anni ’60, in cui l'Enterprise, l'astronave del capitano Kirk, si trova a fronteggiare la minaccia dell'Impero romulano; nell'episodio viene sottolineato che i terrestri non sanno neanche come sono fatti fisicamente i romulani in quanto durante la guerra combattuta 80 anni prima (quindi intorno al 2170) la pace fu siglata via radio perché "a quel tempo" la tecnologia non permetteva collegamenti video. Peccato che nella seconda metà degli anni '90, appena 30 anni dopo la scrittura della trama del te-
lefilm, sarebbe esploso il fenomeno delle webcam e sarebbe stato inventato il videotelefono. Nello stesso telefilm, una pietra miliare per gli amanti della fantascienza, viene indicato il 2268 come anno chiave per lo sviluppo di una nuova tecnologia: un computer, l’M5, avanzatissimo in grado di comandare, senza l'apporto dell'uomo, qualsiasi tipo di astronave. In realtà, già alla fine degli anni '80, diversi paesi della Nato avrebbero sperimentato l'utilizzo dei primi aerei senza pilota capaci di compiere ricognizioni anche a notevoli distanze. Entro pochi anni potrebbero essere sperimentati i primi aerei da combattimento completamente governati dal computer. Solo negli anni '80, con la serie Next generation (ambientata intorno all'anno 2350), i creatori di Star Trek ipo-
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la bussola ed entro la metà del secolo potrebbe portare allo sviluppo di una nuova forma di energia. In realtà, proprio la visione ottimistica del futuro, che troviamo in tante opere cinematografiche, esclude riferimenti al tema della crisi energetica. Ma il rapporto tra uomo e tecnologia viene disegnato, a volte, in modo inquietante: in Star Trek The Next Generation compaiono i "borg", creature cybernetiche che assimilano le altre specie, in "Matrix" e "Terminator" vanno in scena guerre tra l'uma-
In alto Marty McFly sul monopattino futuristico; qui sopra con “Doc”
tizzano la possibilità di utilizzare ologrammi per simulazioni tecniche e militari, per le telecomunicazioni o per svago; ma già nel novembre del 2008, durante lo spoglio elettorale delle presidenziali americane, la giornalista Jessica Yellin "entrerà" via hologram negli studi della Cnn di Atlanta pur essendo fisicamente nel comitato elettorale di Barack Obama a Chigaco. Insomma, molti telefilm della seconda metà del XX secolo avevano attribuito ad un'epoca lontanissima alcuni sviluppi tecnologici che nel 2010 fanno già parte della nostra vita. Ma Star Trek ha anche il merito, tra gli altri, di aver precorso i tempi. A molti sembrava impossibile e legata alla fantascienza più audace un sistema di propulsione basato sulla reazione tra materia e antimateria. E invece da oltre 10 anni il sistema viene sperimentato con successo
nità e le macchine. E a volte proprio l'improvviso tracollo energetico è alla base della trama di alcuni film catastrofici, quasi che - come sostengono molti - l'uomo non potesse rinunciare alle macchine. La pacifica convivenza tra uomo e tecnologia non viene ipotizzata se non in presenza dello sviluppo di nuove ed efficientissime forme di produzione energetica (come i reattori a fusione). E così, nessun film ha previsto uno degli strumenti più in voga di questo periodo, la cyclette collegata alla dinamo: al giorno d'oggi non possiamo permetterci di sprecare energia e allora perché non usare quella prodotta dal corpo umano? Alcuni esperti prevedono l'utilizzo su larga scala di strumenti utilizzati per convogliarla in apparecchiature capaci di alimentare gli elettrodomestici di casa o le palestre. A prevedere alcuni sviluppi legati
alle telecomunicazioni era stato, forse, George Orwell. Nel romanzo "1984", il grande scrittore britannico ipotizzò la presenza di un "Grande fratello" che avrebbe controllato tutti i cittadini. Era un personaggio immaginario dettato dalla volontà dell'autore di denunciare i rischi dei totalitarismi, ma ci ricorda da vicino la realtà attuale nella quale i delitti vengono ripresi dalle telecamere di videosorveglianza e a volte le immagini o le intercettazioni telefoniche vengono usate per ricattare chi viene colto in situazioni imbarazzanti. Un altro film emblematico è "Ritorno al futuro" del 1984. Nel secondo episodio della saga, il professor Emmett Brown, meglio conosciuto come "Doc", viaggia fino al 2015 e porta con sè l'amico Marty, interpretato dal bravo Michael J. Fox. Durante i pochi giorni trascorsi nel futuro vediamo tante cose strane: le auto volano, i monopattini sono dotati di dispositivi gravitazionali, gli abiti sono un po' troppo futuristici, le pizze si acquistano molto piccole e crescono nel forno a microonde. Certo, qualche modello d’automobile dei giorni nostri non è così diverso da quelli che compaiono nel film; tra l'altro, "Ritorno al futuro" è un film basato su esagerazioni delle quali erano consci anche gli autori. Tuttavia, in una delle scene iniziali del secondo film si nota qualcosa di particolarmente interessante: per alimentare il dispositivo che fa funzionare la macchina del tempo non viene più usato il pericoloso e rarissimo plutonio; grazie alla tecnologia del 2015, "Doc" utilizza una lattina di birra e alcune bucce di banana. Sarà il naturale sviluppo della propulsione a biocombustibili che già è stata sperimentata con successo negli ultimi anni? E poi quelle pizze che s'ingrandiscono non potrebbero funzionare secondo gli stessi principi che rendono possibile "Caldo caldo", il caffè che diventa bollente schiacciando la parte inferiore del bicchiere? Dario De Simone job - feneal uil campania / febbraio 2010
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il colloquio
«pd senz’anima e cgil conservatrice: la sinistra ha fallito» Il filosofo Biagio De Giovanni bacchetta il sistema politico locale: Bassolino ha deluso, la rivoluzione dei sindaci è svanita nel nulla
L
a sinistra italiana è in declino, nel disegnare la società contemporanea oltre che nel linguaggio. I vizi sono superiori alle virtù, e il limite principale è non saper stare al passo coi tempi provandoli a cambiare. Ne è convinto Biagio De Giovanni, filosofo con un passato da indipendente nelle fila della sinistra ed ora lucido analista del panorama politico nazionale e locale. E da lui arrivano molte bacchettate. Molto critico, infatti, nei confronti del presidente della Regione Antonio Bassolino (“in quasi vent'anni di governo, avrebbe dovuto e potuto fare molto di più”), con il suo ultimo libro “A destra tutta”, ha dipinto con grande sensibilità l'involuzione del sistema partitico italiano. Lanciando pesanti accuse anche ad una parte del sindacato, nel momento in cui “pregiudizialmente non dialoga all'approvazio14
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ne delle riforme”. De Giovanni, si parla tanto di rinnovamento in politica. Secondo quali forme dovrebbe realizzarsi? le primarie, per esempio, sono uno strumento per innovare o soltanto una moda del momento? «Le primarie sono una pseudo soluzione democratica: non mi hanno mai convinto perché servono delle regole, a volte si sceglie di farle, altre volte di non farle. Così non hanno proprio senso. Non sono affatto il segno di apertura democratica da parte dei partiti, che continuano infatti a non occuparsi dell'interesse generale del Paese». la delusione sembra serpeggiare in entrambi gli schieramenti? «Assolutamente sì. Sono carenti entrambe le parti, vedo soltanto battaglie di puro potere. Negli ultimi mesi, a dire il vero, speravo che si stesse avviando un processo politico rinnovatore, ma mi sbagliavo. La verità è infatti che siamo ancora pienamente nel post Prima Repubblica: ne è un esempio concreto la politica dell'Udc che prova a scardinare un sistema bipolare che ormai è entrato nel
dna degli italiani. Non si può tollerare un disegno di allearsi solo lì dove c'è un interesse personale da perseguire». insomma, le modalità a cui assistiamo con la politica bipolare di oggi sono sempre le stesse? «La politica è vecchia: il centrodestra italiano ha rappresentato per molti versi un fattore innovativo, nel lessico uti-
«le primarie sono una soluzione pseudo democratica: non mi convincono se non sono disciplinate da regole certe da applicare in ogni elezione» lizzato da Berlusconi e per la politica degli annunci che tanto attirano l'attenzione della pubblica opinione, ma ora si sta tornando indietro di molti anni. Troppi anni. La frammentazione del sistema politico fa male, non contribuisce al cam-
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il colloquio biamento e alla risoluzione dei problemi del Paese. Non vorrei apparire troppo pessimista, ma sono solo realista». Nel suo volume, emerge una sinistra sempre più in declino: perché? «Nessun processo è inarrestabile, per carità, ma io mi limito a giudicare lo stato delle cose: il declino della sinistra o di ciò che rimane è evidente. Per due ragioni soprattutto: quella storica, perché da quando si è sciolto il Pci e finito il Psi non si sa cosa sia la sinistra e altrove le socialdemocrazie sono in crisi, ma esistono e resistono. Il Partito Democratico invece non si ancora cosa sia: lo conferma la stupefacente debolezza del neosegretario Bersani che invece credevo potesse far fare il salto di qualità». Per diversi motivi ha giudicato male una parte della sinistra e del sindacapoi dipinti come conservatori: perché? «Senza fare generalizzazioni, ma soprattutto la Cgil si è dimostrata conservatrice». a quali atteggiamenti si riferisce in particolare? «Quando ha assunto pregiudizialmente posizioni negative sulle proposte del Governo. Il conservatorismo non nasce adesso, non è un atteggiamento degli ultimi anni. Basti pensare agli antichi contrasti tra Cofferati e D'Alema: è una corporazione chiusa la Cgil, e ciò rapregionali, si vota il
presenta un grave limite di una parte della sinistra». veniamo alle elezioni regionali in Campania in programma per fine marzo: tracci un bilancio del passato e le possibili prospettive future. «In Campania è difficile vincere di nuovo per il centrosinistra, perché siamo dinanzi ad un bilancio disastroso: non si è costruito un embrione di classe dirigente, di cui oggi si poteva cogliere il frutto, e si è governato in maniera accentrata dividendosi in amici e nemici; poi in Campania non è stata affrontata la questione meridionale: la rivoluzione dei sindaci è insomma finita nel nulla. Svanita senza risultati concreti di cambiamento». Noi ci occupiamo in particolare di lavoro edile: che valori le ispira? «Apprezzo molto il lavoro ancora manuale, anche se la tecnologizzazione avanza sempre più. Il punto è che nelle culture politiche attuali non c'è più l’antica solidarietà di massa, mancano i luoghi di aggregazione classici che erano il sindacato e la politica, poi c'è il mondo dei disperati come gli extracomunitari. I metalmeccamici, per esempio con l'Italsider, erano una classe molto avanzata. Ora non c'è più, ma possiamo sempre riscoprirne i semi del futuro». Carlo Porcaro
28 e 29 marzo: Caldoro per il pdl, pd in ritardo
I campani tornano al voto. Si vota il 28 e 29 marzo per eleggere il nuovo presidente della Regione e i 60 membri del Consiglio regionale. A sfidarsi per la successione del governatore Bassolino (al comando di palazzo Santa Lucia per ben dieci anni dopo otto passati a San Giacomo come sindaco di Napoli), per il centrodestra a metà gennaio è sceso in campo l’ex ministro Stefano Caldoro mentre il centrosinista, al momento in cui andiamo in stampa, è ancora alla ricerca di un nome: si svolgeranno le primarie di coalizione. C’è una novità con cui si dovranno confrontare gli elettori: secondo la nuova legge elettorale si possono esprimere due preferenze e non solo una, ma la seconda - per essere valida - deve essere una donna. Tante le donne, infatti, che i partiti - più per costrizione normativa che per reale interesse ad aprire le porte del Consiglio regionale al genere femminile. La Campania è insomma attesa ad un grande bivio tra il passato e il futuro tutto da costruire per tornare ad essere traino dell’intero Mezzogiorno troppo dimenticato a se stesso.
p assato
all ’ europarlamento
e rettore all ’ universita ’ orientale
Biagio De Giovanni, nato il 21 dicembre 1931 a Napoli, è un filosofo di fama nazionale, ma ha ricoperto anche l’incarico di parlamentare europeo nel 1989 nelle fila del Pci-Pds per poi aderire negli ultimi anni alla Rosa nel Pugno. È stato, per la precisione, presidente della Commissione per gli affari istituzionali, membro della Commissione per la gioventù, la cultura, l'istruzione, i mezzi di comunicazione e lo sport, della Delegazione per le relazioni con l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, della Commissione giuridica e per i diritti dei cittadini, della Delegazione per le relazioni con la Repubblica popolare cinese, della Delegazione per le relazioni con i paesi del Mashrek e gli Stati del Golfo. Laureatosi in filosofia del diritto, alla facoltà di giurisprudenza all'Università Federico II di Napoli, con una tesi su Giambattista Vico, è stato docente nello stesso ateneo e successivamente ha insegnato presso l'Università di Bari; è stato poi docente di Dottrine politiche presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" e titolare della cattedra Jean Monnet di Storia e politica dell'integrazione europea presso lo stesso ateneo. Dal 1987 al 1989 è stato anche Rettore dell'Orientale. Vero e proprio maitre a penser della sinistra campana e italiana, ha sferzato il centrosinistra in panne con un libro crudo pubblicato l’anno scorso “A destra tutta”. Molto critico nei confronti di Bassolino e del bassolinismo, è uno dei commentatori più rincorsi dai mezzi di comunicazione locali e nazionali.
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mass media
Ciak si gira: la metropoli del futuro Il cinema mostra e racconta le contraddizioni delle future grandi città
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ngegneri, architetti, operatori del settore edile in generale, sembrano avere un’idea ben chiara in merito alle costruzioni del futuro. Impianti abitativi e futuristici dalle forme sempre più accattivanti, stilizzate; grattacieli colossali che ruotano su se stessi seguendo la luce del sole; intere aree bonificate per la costruzione di complessi immobiliari caratterizzati dalla forte componente elettronica e digitale. Da questi progetti, almeno sulla carta, sembra che tutto in futuro sarà costruito all’insegna dell’ordine, della linearità, della tecnologia. Esempio lampante sono i recenti lavori previsti per la città di Dubai, in cui è prevista la nascita del grattacielo più sofisti-
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mass media cato del mondo firmato dall’italiano David Fisher (peculiarità dell’edificio è la capacità di far ruotare ogni piano per avere così la possibilità di seguire la luce del sole), o i progetti previsti per la ricostruzione della città coreana di Seul, ribattezzata dagli addetti ai lavori, “la capitale del design del futuro”. L’altra faccia dell’im-
maginario artistico, e in particolar modo quello cinematografico, non sembra, però, dare adito a questa visione “positiva” delle nuove metropoli degli anni a venire. Il cinema infatti, grazie alla sua capacità di rappresentare visivamente anche l’immaginativo, si presta come uno dei migliori mezzi per riprodurre le ipotetiche realtà metropolitane in cui vivremo un giorno. Ma la visione offerta non sembra prospettare nulla di tanto rassicurante. La cinematografia odierna sembra essere orientata verso la proposizione di immaginari metropolitani caratterizzati non da uno sguardo rivolto all’ordine, alla linearità, bensì ad uno che guarda al passato, alla ridondanza di elementi vecchi e nuovi che coesistono in modo caotico. Parola d’ordine della nuova metropoli è “mescolanza” di ogni stile. Per comprendere meglio basta pensare a forse quella che può essere considerata la prima dimostrazione di questo nuovo atteggiamento nei riguardi del futuro: il Millennium Falcon, aeronave spaziale ribattezzata dal suo capitano Han Solo come “rottame più veloce della galassia”. Con Guerre Stellari, infatti, i veicoli e le navi spaziali perdono la loro classica caratterizzazione futuristica (proiettili, pelle metallica liscia e lucente) per diventare confusi ammassi di ferraglia o antri rugginosi come nel suc-
grattacieli sofisticati, edifici avveniristici, alta tecnologia: settore edile in movimento per costruire le nuove realtà cessivo film Alien. Con Blade Runner, questa rappresentazione degli artefatti e degli ambienti trova la sua piena maturità: un futuro fatto di ruderi fatiscenti e sporchi, di ricami gotici o barocchi sui cornicioni dei palazzi, di ambienti illuminati da luci al neon, da strade dove convivono bancarelle di sushi e macchine a decollo verticale. Questi sono solo alcuni dei film che hanno dato il via alla nuova corrente immaginativa e che hanno dato spunto ai più recenti “Il quinto elemento”, “Matrix”, “Minority Report”, “Io, robot”, “Terminator Salvation” e tanti altri ancora. Pellicole accomunate dall’enorme contraddizione vigente all’interno delle metropoli che vi sono rappresentate: la presenza di auto volanti e robot umanoidi al fianco di palazzi fatiscenti, strutture degradate, tubi di scarico giustapposti agli edifici sempre più saturi e ingombrati dagli innumerevoli interventi di abusivismo edilizio. L’eccedenza, il caos, la ridondanza di elementi contradditori tra loro; sono queste le caratteristiche di una probabile metropoli futuristica. A questo punto si potrà anche dire che questo è cinema, fantascienza. Ma a ben guardare gli attuali complessi immobiliari come lo Zen di Palermo o le Vele di Secondigliano, acclamati all’epoca come strutture firmate da importanti architetti e investiti da promettenti aspettative di edifici del futuro, forse il passo tra la fantascienza e la realtà non è poi così tanto breve. PGC job - feneal uil campania / febbraio 2010
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la nostra storia
napoli città barocca
Ricchezza al potere N
apoli è “barocca”, si dice frequentemente: ma che significa? Il termine indica un gusto per la ricchezza di ornamenti, di materiali, di colori, nell’architettura, nella pittura, nella scultura, persino nella moda che si sviluppa agli inizi del 1600, quando la storia di Napoli vede la presenza degli Spagnoli che modificheranno profondamente il tessuto urbanistico, intellettuale, sociale e spirituale della città. Essi creeranno nella Capitale la Corte, sposteranno a Napoli tutti i centri di potere, chiameranno a responsabilità di governo i nobili del Regno, i famosi “baroni” che fino ad allora avevano abitato i loro castelli lontani dalla Capitale. Una volta trasferiti, per motivi di rappresentanza e di prestigio, essi edificheranno i loro bellissimi palazzi dando lavoro ad artisti, artigiani, architetti, ebanisti: inizia tra i nobili una gara per il più bel palazzo, la più bella carrozza, il più bel gioiello, insomma, una girandola di “consumi” che ha però una grande importanza economica 18
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perché ci sarà lavoro di altissimo livello per tutti gli artigiani, sarti, parrucchieri, cuochi, camerieri, derrate alimentari per le grandiose feste di Corte tenute nelle occasioni ufficiali, come l’arrivo di altri Re o Capi di Stato. Inizia l’arrivo di poverissimi contadini che si trasferiscono in città sperando di rimediare qualcosa per la sopravvivenza, e così Napoli diventa una città popolosa quanto Parigi. La Chiesa, protetta dagli Spagnoli, avrà enorme importanza e potere; nel centro storico sorgeranno numerosissimi monasteri e chiese che faranno a gara per avere i migliori artisti e i più famosi architetti per i propri luoghi di culto. Nelle Chiese, come per i palazzi, il gusto sarà “barocco”, cioè ricco di materiali, di colori, di ornamenti, di dipinti, per meravigliare ed intimidire il visitatore, mostrando arrogantemente il potere economico e culturale dell’Istituzione-Chiesa. Esempi di ciò sono sicuramente la chiesa e il convento di Santa Maria Regina Coeli, nell’omonimo slargo, alle spalle del Po-
liclinico vecchio, oggi Istituto delle suore della Carità. Il convento fu creato agli inizi del 1600 e la chiesa e il bellissimo chiostro furono terminati a metà del secolo. L’ingresso della chiesa si presenta con una doppia rampa di scale che conduce ad un loggiato affrescato da un pittore fiammingo e l’interno presenta un bellissimo pavimento rimasto integro, e numerose cappelle laterali alla navata centrale; in esse dipinti dei maggiori pittori napoletani come Micco Spadaro, Massimo Stanzione, e nella quarta cappella un grandioso Luca Giordano. Ciò che colpisce immediatamente, sono però i colori dei marmi, gli intarsi, gli stucchi e tutto l’insieme che, nella sua ricchezza trova armonia e bellezza. Particolare pregio ha il soffitto di legno con tele interne dipinte, e il chiostro sorprende per la sua vastità e le statue in esso conservate. Questo è il Barocco: un gusto che immediatamente dà l’idea di ricco, grandioso, stupefacente: lo spirito del tempo. liliana Palermo
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la nostra storia
BaRoCK al MaDRE fino al 5 aprile 2010 Il MADRE è il museo di arte contemporanea che si trova in via Settembrini nel complesso di Donnaregina a Napoli nel quale è stata allestita una mostra, Barock, di importanti artisti contemporanei provenienti da vari paesi che si ricollegano al “barocco”. In che modo? Essi operano attraverso immagini sensazionali che lasciano stupito il visitatore, proprio come intendevano fare gli artisti del 1600; colpiscono i sensi dello spettatore, anche in modo violento, propongono
RiToRNo al BaRoCCo fino all’11 aprile 2010 Napoli ricorda la grande stagione del Barocco. Lo fa anche con la grande mostra (promossa dalla Regione Campania e curata da Nicola Spinosa) dislocata in sei prestigiosi musei cittadini per sei esposizioni tematiche, più una serie di itinerari ad hoc. Rivivono così, da questo in-
realizzazioni tecnologiche che vogliono sostituirsi alla natura; le loro “stranezze” artistiche, quasi inaccettabili, ci comunicano quella angoscia del vivere, quella continua tristezza tipica dell’uomo contemporaneo che non può essere nascosta o ignorata. La nostra è un’epoca di grandi conquiste scientifiche che ci pongono problemi anche di carattere morale; allo stesso modo il ‘600 fu un secolo di grandissime scoperte che generarono grandi interrogativi religiosi; allora come ora la produzione artistica risentì del clima di cambiamento e di incertezza e la reazione degli artisti fu rifugiarsi nel mondo del-
la fantasia, anche la più strana e incredibile. Stupire, sorprendere, scandalizzare, provocare cioè il mondo e costringerlo a fare i conti con i grandi cambiamenti; questo il messaggio dell’arte, oggi come ieri. lP
verno alla prossima primavera, trecentocinquata opere della lunga stagione d’oro dell’ex capitale europea, tra dipinti, disegni, sculture, arredi, gioielli, tessuti, ceramiche e porcellane. In bella mostra pure chiese, certose, collegiate e palazzi per rimarcare l’immagine opulenta e dinamica della Napoli di quel tempo. Due secoli irripetibili per una città in prima linea nelle arti, sfarzosa, sgargiante e coinvolgente
agli occhi dei tanti viaggiatori. Con questa importante e rara rassegna si omaggiano quei fasti. Nell’altra grande mostra, Barock, organizzata al Museo Madre, rivivono invece illusioni barocche e realtà, in una versione riveduta e corretta dall’arte contemporanea. Per informazioni dettagliate sulle singoli esposizioni nei sei musei napoletani, visitare il sito internet: www.ritornoalbarocco.it job - feneal uil campania / febbraio 2010
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sta i l a n r o i g > il
napoli in bianco e nero Quando le foto parlano Il libro di mariconda e castronuovo: Finita l’era degli eventi e dei personaggi
L
a memoria di Napoli ha due colori, il bianco e il nero. In un solo libro non può essere contenuta, ma una coppia di “archivisti” incalliti ci ha provato. Per ridare un senso ad una città apparsa sfigurata negli ultimi anni, ma che vanta un passato glorioso. Ricco di storie e personaggi. “Napoli in bianco e nero - Gli avvenimenti, gli ospiti, lo sport” è il volume realizzato dal fotoreporter Giuseppe Castronuovo e dal giornalista Giuseppe Mariconda, composto da 162 immagini corredate da piccole didascalie. Frammenti di memoria, quelli messi insieme da due ex cronisti della redazione napoletana della Rai, molto utili per le nuove generazioni. Mariconda, come è nata l'idea di raccogliere in un libro le foto che narrano la “vita” di Napoli dal dopoguerra agli anni'80? «Io e Pino Castronuovo abbiamo lavorato insieme per 30 anni e ci conosciamo da 45. Abbiamo pensato insieme: perché non dare un'anima al nostro archivio fotografico? Ecco quindi che, da oltre cinquemila foto che Pino – anche grazie al fratello giornalista - aveva a disposizione, ne abbiamo tirato fuori in 300 fino a stamparne 162. All'epoca non c'erano tante agenzie, tanti mezzi di comunicazione per sapere in anticipo che cosa stava per accadere». Dovevate muovervi voi in autonomia. «Esatto. Un giorno andavi al porto da 20
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Truman o da Totò. Aspettavi il momento, l'episodio, e veniva fuori uno scatto significativo. Un pezzo di storia. Ma sia chiaro che la nostra non è affatto un’operazione nostalgia, quanto piuttosto un modo per far rivivere splendori e anni bui di Napoli: nel nostro libro, infatti, c'è tutto e di tutto. A partire dalla copertina...”. Piazza Plebiscito piena di automobili, che i giovani non hanno mai visto. «Abbiamo voluto far rivivere ai giovani una piazza Plebiscito piena di auto. Un luogo simbolico, un punto di partenza che non è mai approdato a nulla». Come vede ora piazza Plebiscito? «Vive 20 giorni all'anno: che senso ha? Sembra una piazza di un ex paese socialista. Perchè Palazzo Reale deve essere buio? Illuminiamo i portici, diamo vita a quegli angoli di storia che parlano». Colgo amarezza nelle sue parole. «La speranza che coltiviamo è quella di migliorare la città, di cui parlano in tanti, praticamente tutti: poeti, musicisti, scrittori, ma rischiamo di autosoffocarci». Come venirne fuori? Dov'è la luce? «Tutti quelli che hanno visto il libro hanno avuto questa impressione: nel passato c'è il seme del fututo. Libri di fotografie contestualizzate come questo non me ne ricordo: è qui che l'operazione ha avuto successo tanto da essere presto
ristampata». Nel volume, ci sono adunate oceaniche, congressi di partito, vip, ma anche drammi come colera e terremoto. «Ci sono due foto affiancate di due congressi della Dc: in quel dorso c'è il cambiamento dell'Italia. Per come è schierato il palco c'è un uomo solo al comando e invece otto anni dopo i dirigenti sono schierati allineati». Mancano tanti altri eventi... «Lo spirito non era cronologico. Dal colera al terremoto, abbiamo raccontato la Napoli in bianco e nero. Per il Napoli Calcio ci siamo fermati a Sivori, per esempio. Non c'è Maradona, che come dice Mimmo Carratelli è una storia a parte». Poi ci sono i personaggi... «Ce ne sono tanti, diventati famosi nel mondo a Napoli o da Napoli». il G7 è stato l'ultimo grande evento. «Fu una trasformazione epocale, le cui tracce si sono perse se esclu». Si è affievolita la centralità di Napoli negli ultimi anni nel panorama nazionale e internazionale? «Solo in un certo senso. Napoli è data per morta, ma rinasce sempe». Poi è arrivata l'emergenza rifiuti. «Napoli non è mai stata pulitissima, però non avremmo mai pensato di arrivare a tanto. Ma che cosa è cambiato? Li hanno buttati nel Vesuvio? Non credo. È evidente che qualcuno si è messo di traverso».
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Da sinistra in senso orario, alcune delle foto raccolte nel volume: autobotti che disinfettano Napoli nei giorni del colera nel 1973; comizio di Maurizio Valenzi, esponente del PCI e sindaco di Napoli dal 1975 al 1983, a piazza Matteotti; la cantante Mina a margine di uno spettacolo in città; il comizio di John Fitzegerald Kennedy alla Mostra d'Oltremare nel 1961 con il Presidente Antonio Segni.
lo sCrittore
Giuseppe Mariconda: giornalista professionista, già vicecaporedattore della Rai di Napoli, ha lavorato anche all'Unità e Paese Sera. Si è occupato di cronaca, sport e spettacoli. Ha vinto il festival internazionale del cinema sportivo di Torino con un documentario sui 60 anni del Napoli Calcio. Autore di una storia del Napoli per la Newton e Compton. il fotografo
C'è anche il sindacato nelle vostre foto. «Ci sono manifestazioni come quella per la fabbrica che saltò in aria». il vostro archivio i giovani giornalisti se lo sognano...
«L'archivio personale resta, è il frutto del lavoro personale. L'ultima partita di Sivori fu arbitrata da Concetto Lo Bello, secondo internet, ma non era vero”.
Giuseppe Castronuovo: fotoreporer, assunto giovanissimo dall'Agenzia giornalistica iatliana, ha concluso la sua attività come giornalista professionista e coordinatore dei telecineoperatori della sede Rai di Napoli. Dai 34 millimetri alla 6x6, dalla cinepresa alla telecamera, 50 anni da cronista per documentare i maggiori fatti di cronaca cittadina e regionale per agenzie di stampa, quotidiani, settimanali e per la Rai-tv.
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l’inTervis
> l’artista
«piacere, luca. Ma detto pino»
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alento all’ennesima potenza, creatività, capacità di rompere gli schemi senza essere volgare. Uno come Luca Abete non si adatta molto ad una realtà come quella italiana, ma sembra creato ad hoc per Antonio Ricci, uno che della rottura degli schemi ha fatto un caposaldo della sua attività televisiva. È il 2005 quando questo “giovanotto” avellinese, mancato architetto, entra nell’orbita di Striscia la Notizia vincendo, grazie al voto dei telespettatori, il concorso per i nuovi inviati del programma di Canale5. Da lì è un crescendo senza fine: opere pubbliche non completate, benzinai che truccano i prezzi, corridoi di ospedali pieni di malati sulle barelle; fino a quelli che molti chiamano “rito di affiliazione” al club dei “mazziati” di Striscia: le botte ricevute l’anno scorso a Grottaminarda durante un servizio sulle irregolarità nelle sale scommesse. Figlio di un bancario e di una
chi è Luca Abete
funzionaria della Sovrintendenza in pensione, ha cominciato a lavorare - come molti - nelle emittenti locali. Luca Abete è quello che si definisce un animale da campo e di strada più che un animale televisivo. Dalle strade dell’Irpinia alla storica conduzione, insieme con Giampaolo Fabrizio (alias Bruno Vespa) di un’edizione domenicale di uno dei programmi più seguiti dell’etere nazionale. Come si è avvicinato luca abete alla televisione e in generale al mondo dello spettacolo? «Ero uno studente di architettura che per divertirsi e guadagnare qualche soldino faceva animazione per bambini. Poi ho iniziato a prenderci gusto e sono diventato artista di strada e per 10 anni ho portato in giro il mio spettacolo di clown-mago. La tv l'ho incrociata nel febbraio 2001 con un programma per bambini che mi ha fatto scoprire l'amore per questo grosso occhio
tondo accompagnato dalla lucina rossa». Qual è stata la carta vincente per superare nel 2005 le selezioni dei nuovi inviati di Striscia? «Seppi del concorso e mandai un servizio in cui non facevo altro che quello che solitamente realizzavo nella piccola tv di provincia in cui lavoravo. Chi mi conosce da tempo sa che io sono proprio quello che compare a Striscia. La carta vincente di certo non è l’acconciatura, ma evidentemente c’era bisogno di una testa pelata; le Iene hanno Marco Berry, Zelig ha Bisio e Ricci ha me! Ad ogni modo credo che il pubblico apprezzi la spontaneità, la caparbietà e magari quel tono ironico misto a quello severo di una inchiesta». Tra i nuovi inviati c’è qualcuno che luca abete apprezza particolarmente? «Credo che nel programma non ci sia neanche una nota stonata. Quello che mi tiene maggiormente in apprensione è Edo
Avellinese, 36 anni, inviato campano di “Striscia la Notizia”. Con “Clacson” su Radio Punto Nuovo e “Xanax” su Napolitivù ha introdotto due novità assolute nel panorama radiotelevisivo. Testimonial e presentatore di eventi, riesce a mantenere il contatto con la gente anche grazie ad internet: molte segnalazioni gli giungono infatti da Facebook e attraverso l’indirizzo email redazione@lucaabete.it
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Stoppa, il fratello degli animali, che apprezzo molto per il coraggio». Essere preso in giro da Ezio Greggio, un mito per la nostra generazione, deve essere una bella soddisfazione... «“Yuppies” è stato uno dei primi film che ho visto al cinema da ragazzino. Chi avrebbe immaginato di poter lavorare con lui. Ezio e i conduttori che lo affiancano nel corso della stagione apprezzano molto il lavoro di noi inviati e manifestano scherzando il loro affetto e la stima. Fin dalla mia prima uscita mi presenta come Luca Abete “detto Pino” e la cosa mi diverte tantissimo. Confesso che ormai in molti sono convinti che il mio vero nome sia Pino; e io, se sento gridare questo nome ad alta voce, automaticamente mi giro». Qual è il significato di quella pigna consegnata ai personaggi “birichini”? «La scorsa stagione con Antonio Ricci pensavamo a qualcosa per caratterizzare il mio personaggio. Nacque così la giacca verde-abete e a me venne l’idea di superare il tradizionale “nodo al fazzoletto” con qualcosa di più originale. La pigna è un elemento strettamente legato all’abete e il bigliettino annesso un pretesto per rimproverare, far sorridere e personalizzare la chiusura di un servizio». Nel 2009 le botte durante un servizio a Grottaminarda. Paura o la convinzione di essere entrato nel club dei “mazziati” presieduto da Staffelli? «Valerio è bravissimo ed è un punto di riferimento per tutti noi, ma prendere le botte da Del Noce o dal divo della tv non è la stessa cosa che prenderle da un branco di persone che bivaccano in un centro scommesse. Io credo di avere una dose di incoscienza superiore alla media. L’avevo
anche prima di iniziare questa mia esperienza a Striscia. Oggi ho due armi che mi aiutano: il coraggio che nasce dalla consapevolezza della nobiltà della missione e la presenza della telecamera, mia compagna di avventure». Molti servizi sull’emergenza rifiuti, anche con blitz clamorosi. «Viverle dal di dentro ti regala ovviamente una consapevolezza e una angolazione diversa delle questioni. Con Striscia proviamo a far emergere i lati oscuri o oscurati delle problematiche. E a volte ci riusciamo. I media spesso sono legati a parti politiche che, più che preoccuparsi del bene della gente, denigrano la parte politica opposta, finendo col danneggiare a secondo dei casi l’oggettività dell’informazione». Ma ora la gente ha un po’ di timore quando vede luca abete in giro con la telecamera? «Sempre. Si comincia con lo sguardo sott’occhio di chi indaga per capire se sono veramente io. Poi la classica domanda: ma sei Luca Abete di Striscia? E poi con un sorriso tra il preoccupato e il sorpreso: mica hai telecamere nascoste? La verità è che tutti noi, a cominciare da me stesso, nell’armadio, oltre a maglioni, camicie e pantaloni qualche piccolo scheletro l’abbiamo». Parliamo di emittenza locale: Xanax voleva dire coinvolgimento di strada. «Quello fu un esperimento folle e di grande impatto. Ero un ficcanaso che girava per le strade della Campania riprendendosi da solo o facendosi aiutare dai passanti che diventavano dei cameraman improvvisati, degli opinionisti ma anche presentatori o showman. Il taglio era sporco, ma proprio per questo incuriosiva. Era un’inchiesta a metà strada tra giornalismo d'assalto e divertente reality». Clacson, invece, è stato un programma radiofonico che ha fatto storia all’inizio di questo decennio: com'è nata l'idea? «Amo la radio, ma devo costatarne la sta-
ticità delle idee e, in molti casi, la banalità della proposta artistica. Io invece del classico programma radio condotto in studio, pensai di assecondare la mia voglia di contatto con la gente accompagnandomi ad un registratore per realizzare interviste nei luoghi e con le persone più imprevedibili. Non erano le persone che cercavano la radio ma la radio che andava dalla gente. Nacquero provocazioni, veri e propri tormentoni, storie commoventi e gag clamorose». a proposito di storie: drammatiche quelle che riguardano l’emigrazione, la precarietà, gli incidenti sul lavoro. «Queste tematiche sono conseguenze di un rovinoso stato delle cose a tutti i livelli sociali, diffuso su tutto il nostro territorio e, poiché reiterato nei decenni, quasi inestirpabile. Ormai siamo assuefatti e ci nascondiamo dietro le accuse al politico, o dietro a un partenopeo “tiramm a campà”. La gente dovrebbe acquisire la consapevolezza del proprio ruolo centrale e determinante rispetto all’andamento delle cose, partendo magari dal piccolo gesto». Cosa avrebbe fatto luca abete se non avesse sfondato in tv? «Avevo un sogno: aprire una bottega artigiana. Non avevo voglia di diventare il classico architetto rinchiuso in uno studio con sigaro e matita nel taschino. Volevo sporcarmi le mani con i materiali più svariati scolpendo, assemblando materia, colorando e generando forme armoniose e originali. Era il mio sogno ed è una forma di espressione della mia creatività che vive ancora dentro di me. Chissà che un giorno non riemerga e non sia una nuova tappa della mia vita». Dario De Simone job - feneal uil campania / febbraio 2010
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l’inTervis
> l’atleta
l’altra faccia del pallone napoli corre dietro all’ovale Il rugbista Rudy Antonelli racconta una “normale” storia di sport
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volte si dice che ci sia grande differenza tra giocare a calcio e giocare a pallone. Poi se il pallone è ovale allora si pratica sport. Forse è la solita retorica un po’ snob di chi vuol far vedere a tutti i costi che del calcio moderno si è schifato (qualcuno preferisce la “y” con chiaro riferimento allo strapotere delle tv). Forse, perché qualcosa di vero c’è. Il rugby è lo sport più anglosassone che ci sia. È uno “sport da cafoni giocato da signori”, come sostiene un celebre detto; è anche “una buona occasione per tenere lontani trenta energumeni dal centro della città”, come sosteneva Oscar Wilde. Eppure riscuote successo, un crescente successo tra i giovani anche grazie alle imprese degli azzurri, entrati ormai da un decennio nel gotha della palla ovale. Ne sanno qualcosa a Napoli dove la gloriosa Partenope ha scritto pagine importanti vincendo due scudetti negli anni '60. Poi il tracollo e ora una lunga permanenza nelle categorie inferiori anche a causa della cronica carenza di strutture. Quella del rugby napoletano è un'altra bruttissima storia di degrado che investe
le Istituzioni. Negli anni '90 il Cus Napoli si è fuso con la Partenope e poi dalle ceneri è nata l'Amatori, a tutti gli effetti la seconda squadra della città fino a conquistare la promozione in serie B e il derbyssimo coi più quotati cugini. Una piccola favola che in pochi hanno raccontato se non quando la squadra è stata allontanata dal campo del Cus a causa di lavori di riqualificazione. Rodolfo “Rudy” Antonelli è stato uno dei protagonisti della svolta in questo decennio che ha visto i “ragazzini” del Cus crescere e fare dell'Amatori una realtà di spessore. Ma sempre in una dimensione che deve far riflettere: (quasi) ex giocatore, dirigente e pure allenatore, Antonelli si era dimesso in estate ma i consiglieri hanno insistito per farlo restare perché non c'erano i soldi per pagarne uno che venisse da fuori Napoli; poi si era nuovamente dimesso in coincidenza con la nascita della figlia Beatrice ma è stato richiamato come direttore tecnico per far fronte alla crisi insieme con Luca Monticelli. Si pensi che siamo in una categoria che per il calcio sa-
rebbe la Lega Pro oppure la vecchia serie C2. Più o meno... perché è davvero difficile fare paragoni. Ogni volta che ci proviamo, la risposta di Rudy Antonelli è sempre la stessa: “Noi non siamo il calcio”. Ed è lui che racconta questa singolare storia di sport, quello vero, quello dei campi di periferia, dell'autotassazione, dei sacrifici e in fondo del divertimento vero, quello che altrove sembra compresso sotto il peso di aspettative e ambizioni eccessive. Come e quando è nata la tua passione per il rugby? «Nel 1983, quindi non per la sua diffusione mediatica. Mio fratello giocava e io per spirito di emulazione ho cercato di se-
chi è Rodolfo Antonelli Direttore tecnico dell'Amatori Napoli, 39 anni. Con Diego D'Orazio, Angelo D'Angelo, Dario Calapai, Pietro Di Francia, Vittorio Mauriello, Maurizio Ziveri, Antonio Napoli, Claudio La Bruna, Crescenzo Vitelli e Gianluca Ziveri è tra i protagonisti della seconda realtà rugbystica napoletana. La società, nata nel 1999 dopo essere stata settore giovanile del Cus, gioca nel girone meridionale della serie B. Cura con attenzione i giovani e da qualche anno è impegnata in progetti che coinvolgono scuole e ragazzi del carcere di Nisida attraverso il progetto “La palla storta”, cofinanziato dalla fondazione Laureus. (www.napolirugby.com) 24
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guirlo: lui e mia madre non volevano perché avevo un carattere aggressivo. Così mi decisi ad andare al campo dove mio fratello si allenava, il Cus di Cavalleggeri, mi presentai all’allenatore e dissi che volevo giocare. Era il novembre del 1984 e da allora sono ancora qui». E come nasce quella di tanti giovani che si avvicinano a questo sport ora che c'è la diretta tv del Sei Nazioni? «Sempre per spirito di emulazione di qualcuno, del padre, dello zio, del fratello, del cugino o dell'amico. È chiaro che la diffusione mediatica ha cambiato le cose e sempre più spesso accade che dopo l’inizio del torneo, nel mese di febbraio, ti vedi arrivare qualche ragazzino (o adulto) in più sul campo; qualcuno ci contatta via email» Giocatore, allenatore, consigliere e direttore tecnico: qualcuno dice che sia il vero sport. «Come giocatore tento di dare una mano solo quando è strettamente necessario. Per quanto riguarda l'allenatore, nel rugby moderno anche a basso livello non si allena più da soli: si è in due e spes-
so anche in tre». Napoli e le strutture sportive: si lamentano quelli del calcio e quelli del basket ad altissimi livelli. E per voi? «La situazione dell'impiantistica sportiva pubblica e privata a Napoli e provincia è sotto gli occhi di tutti. Noi cerchiamo "casa" da anni. Nelle altre regioni spesso le società hanno in concessione pluriannuale (ad Avezzano addirittura per dieci anni più altri dieci) terreni su cui edificare impianti o addirittura già edificati. Noi solo per trovare un campo su cui allenarci facciamo i salti mortali, per non parlare dell'onere finanziario che risucchia gran parte del bilancio. Da sette anni bussiamo alle porte di Regione, Provincia e Comune per chiedere qualcosa in concessione. Con i politici è il solito "muro di gomma"». il 13 dicembre è stato il giorno del derby con la gloriosa Partenope. avete perso ma che significato c'è in una gara come questa? «Un derby è sempre un derby ma giocarlo in palese inferiorità tecnica, fisica e tattica non è bello. Io, come altri, ne ho già giocato uno con il Cus Napoli e sempre
contro la Partenope. Altri tempi e altri giocatori ma soprattutto altri risultati. È importante per il rugby napoletano e campano ma è molto più importante investire e lavorare sui settori giovanili». a proposito, che futuro c'è per il rugby a Napoli? «Vedo il futuro come un albero rinsecchito ma non ancora morto. Deve essere potato per bene ma contemporaneamente non lasciato a se stesso ma concimato». Come vedete i ragazzi della Nazionale che da qualche anno vanno in tv, girano spot di successo, vedono finalmente la gloria? «Chi arriva a certi livelli, soprattutto in Italia e ancor di più al Sud, è fortunato ma anche bravo. Chi è lì se lo merita e può essere solo stimato e apprezzato. Certo i ragazzini sognano e non sarò certo io ad impedirglielo». --> job - feneal uil campania / febbraio 2010
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Sull'onda di un interesse crescente state cercando di coinvolgere i giovani delle scuole, ma anche delle carceri. «Il progetto “Palla Storta”, arrivato oramai alla quarta stagione, è di ampio spettro: coinvolge gli sfortunati ragazzi del carcere minorile di Nisida soprattutto grazie alla mente “illuminata” del direttore Gianluca Guida, coinvolge i ragazzi di alcune case famiglia di Napoli e provincia; coinvolge le scuole e i ragazzi in situazioni di disagio sociale. Purtroppo, per i ragazzi di Nisida il problema non è ora ma dopo, quando usciranno». Un altro legame forte è in generale col territorio di Bagnoli, terra di progetti incompiuti. «Il progetto Bagnoli si lega all’impiantistica. Ma si dice che vogliano fare proprio qui un palazzetto del ghiacchio per l'hockey, il pattinaggio e il curling... Con tutto il rispetto: ma ne abbiamo tanto bisogno?» Praticate lo sport più anglosassone di tutti: che cosa hanno da insegnarci come cultura sportiva al di là di ciò che si dice tutti i giorni? «La cultura della sconfitta. In Italia la cultura dello sport è molto distorta: se non si vince non si è nessuno. Tutti scendiamo in campo per vincere, così come quando gioco a rubamazzetto con mio nipote. Ma chi perde dovrebbe riconoscere il valore dell’avversario e non appellarsi a scuse di vario tipo o peggio ancora all’arbitro. Si dice che la violenza nel calcio è legata ai soldi che girano: nel rugby internazionale ci sono gli stessi soldi e non c'è violenza. Nel calcio c'è violenza in categorie dove denaro non c'è, ma succede perché magari sugli spalti c'è il padre di un ragazzino che crede, in buona fede, nel futuro calcistico e quindi professionale di suo figlio». il rugby ha deciso nel 2002 l'istituzione di una sorta di Super league. Ha anticipato il calcio in cui se ne parla da 26
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In alto la famigerata squadra neozelandese “All Blacks”, qui sopra la “Amatori” di Napoli
tempo? Però poi c'è stata la decisione di ridurre gli stranieri che in altre discipline sarebbe impraticabile. «E perché? Bisogna solo decidere se si vuole dare più peso alla Nazionale o al campionato. Per avere un campionato spettacolare ci vogliono gli stranieri bravi che alzano il livello. Negli anni '80 e all'inizio degli anni '90 c’erano stranieri come Campese, Zinzin Brooke, Botha, Green, Marthens ed altri, tutta gente di livello internazionale e molti campioni del mondo. Oggi non ci sono più. Se si vuo-
le una Nazionale di alto livello, bisogna limitare il numero degli stranieri in rosa». Quando racconti agli altri che hai giocato a rugby, che alleni e fai il dirigente in serie B qual è la reazione? «Una domanda su tutte: e quanto ti pagano? Rispondo che sono io a versare come gli altri i venticinque euro mensili. Di solito segue un'altra domanda: chi te lo fa fare? E stavolta sorrido...». Dario De Simone
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consigli fiscali
le parole della crisi
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e parole della crisi economica in atto spesso confondono invece di chiarire. Inizia da questo numero di Job una rassegna che potrebbe formare un dizionario delle parole della crisi, cercando di collegarle fra di loro, lontano dall’accademia o dalle interpretazioni dei Palazzi.
ColBERTiSMo: da Jean-Baptiste Colbert, ministro delle Finanze in Francia dal 1665 al 1683 sotto Luigi XV - il “Re Sole”. Per colbertismo si intende una pratica di intervento statale nell’economia. Adozione di politiche dirigistiche improntate a un rigido sistema di corporazioni. Colbert migliorò il sistema di riscossione delle imposte e varò una politica di protezionismo delle insutrie francesi con applicazioni di dazi sulle merci. Il colbertismo negli ultimi tempi ha ripreso fiato in coincidenza delle tensioni derivanti dalla crescente pressione competitiva della globalizzazione. Il neo-colbertismo propugna la difesa degli Stati quando l’incalzare della globalizzazione diventa di una rapidità eccessiva con impoverimento delle produzioni locali e/o delocalizzazioni verso Paesi con più basso costo del lavoro. CaRTolaRizzazioNi: la cartolarizzazione è un processo che consiste nel trasmettere una attività finanziaria indivisa come un credito - in una attività divisa e vendibile cioè in titoli (carta). Per esempio una banca ha tra le sue attività un certo numero di prestiti immobiliari. Decide di cartolarizzarli, cioè di emettere dei titoli che hanno come garanzia quei mutui. I titoli sono venduti a investitori privati o istituzionali e in tal modo la banca rientra dei soldi prestati ai mutuatari: i fondi ottenuti consen-
te alla banca di estendere la propria attività. SUBPRiME: sono prestiti immobiliari concessi a soggetti a rischio Quello di un debitore che è già stato insolvente o che non dà alcuna documentazione circa i suoi redditi o le sue attività. Società specializzate gli concedono una seconda possibilità o “chance”, assumendosi il rischio di non essere rimborsate con applicazione di tassi di interesse sensibilmente più alti , commissioni e indennità di mora molto elevate. I subprime sono usati principalmente in due modalità: mutui o carte di credito. Per difendersi dal rischio insolvenza, l’industria del credito subprime ha cartolarizzato il debito emettendo obbligazioni ad alto rendimento che sono state acquistate da molti investitori istituzionali come i fondi pensioni: il rischio è così stato trasferito ad altri, ma ha minato il sistema. Tale sistema si poteva reggere solo nell’ipotesi che i prezzi delle case avessero continuato ad aumentare rendendo così possibile il rifinanziamento del mutuo quando le rate fossero diventate pesanti. O nell’ipotesi che i tassi d’interesse fossero rimasti bassi. Entrambe le condizioni sono venute meno e così è scoppiata la crisi dei subprime che ha sconvolto i mercati finanziari specie a causa del fatto che quei prestiti immobiliari in sofferenza erano stati ridistribuiti nel mondo attraverso le cartolarizzazioni. FaBBiSoGNo: è il saldo del conto finanziario del settore pubblico: ci sono tutte le transazioni di cassa. Il fabbisogno descrive se i pagamenti sono superiori agli incassi, ciò di cui lo Stato ha bisogno per far quadrare i conti: il finanziamento del fabbisogno avviene solitamente con le emissioni di titoli pubblici sul mercato, ricorrendo
PAgINA A CurA Dell’uFFICIO StuDI FeNeAl uIl CAMPANIA
ai soldi dei risparmiatori, all’interno o all’esterno del Paese. PaTTo Di STaBiliTà: quello interno degli enti locali nasce dall’esigenza dl Governo di controllare il livello di indebitamento netto degli enti territoriali al fine di far convergere l’economia nazionale verso i parametri di Maastricht. Il nuovo meccanismo di calcolo basato sui saldi finanziari, riprendendo la logica del Patto di Maastricht, arriva a quantificare l’entità della manovra finanziaria che ciascun ente locale dovrà adottare. Il metodo della competenza mista, in vigore dal 2008, rende ininfluenti, ai fini del saldo finanziario, i pagamenti di parte corrente e gli impegni in conto capitale. Questo meccanismo di calcolo, se da una parte consente maggiore libertà nella programmazione di nuovi investimenti pubblici, dall’altra rende difficile la naturale trasformazione in cassa (pagamenti) della competenza (impegni). Tale modalità di calcolo del saldo crea seri problemi a molte imprese di costruzioni che si trovano nella situazione di aver realizzato lavori per i quali gli stati di avanzamento non vengono pagati dagli enti locali. I ritardi costano agli enti locali a titolo di interessi moratori, costano alle imprese a titolo di mancata disponibilità di liquidità che deve essere sostituita dal ricorso al credito. Le ultime stime sui pagamenti bloccati presso gli enti locali ammontano a 11,6 miliardi: dieci miliardi per lavori realizzati dalle imprese a favore dei comuni e 1,6 miliardi per opere delle amministrazioni provinciali. Tale situazione determina perdite prodotte da amministratori nominati dalla politica che non conoscono neanche i fondamentali di gestione d’impresa.
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tempo
NiCk HORNBy - TuTTA uN’ALTRA MuSiCA Ci sono coppie in perenne calma piatta. Annie e Duncan lo sanno bene. Convivono da quindici anni a gooleness, torpida cittadina inglese sul mare, e la loro esistenza è scandita da qualche lettura in comune, l'uscita di un nuovo film, ogni tanto un concerto a londra. Non hanno figli e nemmeno rischiano di averne, vista l'evanescenza della loro vita sessuale. Ma da un po' di tempo Annie prova un impellente desiderio di maternità, mentre Duncan non fa che coltivare la sua unica, ossessiva passione: tucker Crowe, cantante cult americano sparito dalla scena musicale intorno alla metà degli anni Ottanta. la venerazione per tucker, condivisa via Internet da qualche centinaio di adepti sparsi per il mondo, assorbe ogni istante delle sue giornate; e Annie comincia a chiedersi che senso abbia continuare una relazione che forse è stata solo una perdita di tempo. In questa quiete inamovibile, a Duncan arriva per posta una versione inedita dell'album più famoso di tucker. È la scintilla che innesca una serie di eventi inaspettati, che porterà l'insoddisfatta Annie a conoscere tucker in persona... Il nuovo romanzo di Nick Hornby si snoda sotto il binomio amore e musica, ma coglie anche in modo inatteso, originale, il tema della creatività e dei suoi alti e bassi, incarnato da questo ex musicista squattrinato in perpetua crisi, titanico esempio di fallito sentimentale.
HeNRy D. THOReAu - wALDeN, OVVeRO LA ViTA Nei BOSCHi Nel luglio 1854, Henry thoreau lasciava la sua cittadina natale per andare a vivere in una capanna nei boschi del vicino lago di Walden. Doveva essere solo un esperimento, che però avrebbe assunto risvolti politici e sociali insieme: era una scelta di “disobbedienza civile” verso una società di cui non condivideva gli ideali mercantili. Nell’introduzione al testo, Piero Sanavio spiega come questo vagabondo di Walden, nel suo solitario rapporto con il fattore natura, ricercasse probabilmente un alfabeto segreto: forse quello del mitico New england di due secoli prima, un diversa dimensione morale, ma anche estetica e metafisica, prima ancora che semplice territorio geografico.
AleSSANDrO BArICCO - eMMAuS Si chiama “emmaus” l’ultima fatica di Baricco. Nel vangelo di luca si legge di due discepoli che, in cammino verso la piccola città di emmaus, discutono della resurrezione di Cristo. Si avvicina un uomo che chiede loro di cosa stiano parlando. I due lo invitano a cenare insieme e solo quando lo vedono spezzare il pane si rendono conto di trovarsi in compagnia del Messia in persona. lo capiscono e lui sparisce. Poi si chiedono come abbiano fatto a non capire la sua presenza. tutto è incentrato sul non sapere, sul fatto che i personaggi non sanno, che lo stesso gesù sembra inizialmente non sapere di sé e della sua morte. lo smarrimento prende anche il lettore, confuso, indeciso, ansioso di capire ciò che è e ciò che sembra. lettore che si immedesima nei discepoli di emmaus, ciechi, al fianco di amici e amori che non riconosciamo. Per poi scoprire la verità all’improvviso e per scoprire che forse l’avevano nascosta pur avendola sempre conosciuta perché con quelle persone hai mangiato, scherzato e vissuto. emmaus è un libro che farà discutere per quella capacità di essere ibrido nello stile, una specie di Pratolini nella descrizione di ambienti, emozioni e dialoghi, anche alcuni piuttosto scabrosi. Insomma, Baricco a volte ci ha sorpreso e ci ha appassionato. Stavolta rischia di sorprenderci confondendoci. la voglia di stupire, infatti, c’è, ma ormai siamo abituati. Il nuovo è questo senso di disorientamento che ci prende nelle fasi più delicate dell’opera.
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dischi È una delle poche artiste italiane che riesce a proporre sia brani cantati in inglese che nella sua lingua. Merce d’esportazione la musica di elisa, che ormai vende su mercati esteri come poche. le sue canzoni arrivano sistematicamente ai vertici delle classifiche italiane ed europee. In dodici anni di carriera, con Sanremo 2001 a fare da spartiacque, l’artista friulana si è evoluta e oggi lancia “Heart”, nuovo disco per questo 2010. Sono 14 i brani che caratterizzano la nuova avventura della ragazzina dei “tramonti a Nordest”. ragazzina non è più, ha 32 anni, ha da poco una figlia ma ancora la voglia di sorprendere il pubblico. lo fa con un mezzo ritorno al passato, un mix di suoni rock, forti, capaci di coinvolgere vecchi fans e nuovi adepti. Altro che tranquille melodie di una giovane mamma...
MuSe - THe ReSiSTANCe inquietudine e mistero hanno sempre caratterizzato l’affascinante mondo dei Muse. Merito del personalissimo mix di rock alternativo pulsante di oscurità e di prog debordante, ma anche dei testi carichi di criptica tensione. in The Resistance la band inglese enfatizza la componente progressive, con livelli di barocchismo estremi che sfociano nella musica classica, fino a comporre un robusto disco di rock sinfonico. È complicato, The Resistance: album sicuramente elitario, non accessibile a tutti, a tratti anche pretenzioso, ma di un coraggio e di una complessità che vanno premiati. Più lo si ascolta, più si percepisce un senso di grande equilibrio: la prima parte dura e oscura, la seconda eterea e delicata. un bilanciamento degli opposti che piace ai fans.
Il VeNtO FA Il SuO gIrO - gIOrgIO DIrIttI
film
elISA - HeArt
tempo
PIOVONO POlPette Flint, giovane scienziato un po' fuori di testa, inventa un macchinario che trasforma l'acqua in cibo, e quando il marchingegno finisce tra le nuvole, le precipitazioni si fanno succulente. Ogni desiderio diventa realtà, nel grande stomaco senza fondo dell'America. “Piovono polpette” è un omaggio divertente e divertito ai disaster movie, con qualche messaggio educativo da non sottovalutare soprattutto alla luce del problema dell'obesità infantile. Concepito per la visione in 3D, rende ugualmente anche nella tradizionale versione bidimensionale, anche se si perde l'emozione di vedere un tornado di spaghetti o una nevicata di gelato in tutto il suo splendore. Ai limiti dell'horror i venti minuti finali, con l'apparizione di mostruosi (e minacciosissimi!) tacchini giganti tentano di prendersi la rivincita sull'umano. Anatema vegetariano?
Il vento fa il suo giro è un film di giorgio Diritti del 2005. riproponiamo questo lungometraggio a distanza di quattro anni dalla sua uscita perchè non è ancora abbastanza conosciuto a causa di una quasi nulla distribuzione nelle sale. A Chersogno, paesino delle Alpi Occitane abitano ormai solo persone anziane che sopravvivono grazie al turismo estivo. una ventata di novità arriva quando vi si trasferisce un ex professore francese con la sua giovane moglie e tre bambini per diventare pastore ed avviare un’attivià casearia. I nuovi arrivati risvegliano negli abitanti di questa piccola comunità, sentimenti contrastanti. l’integrazione è difficile e il rapporto di “diversità” diventa il cardine di tutta la narrazione. "e l'aura fai son vir" - questo il titolo occitano (lingua locale che viene parlata nel film) - si riferisce al detto popolare che vuole il vento una metafora di tutte le cose, un movimento circolare in cui tutto torna, come rappresentato nel film dalla figura di uno scemo del villaggio che corre nei prati simulando il gesto del volo. Questa pellicola ha la forza di un trattato antropologico, ma senza perdersi nella retorica dei buoni sentimenti, sottolineando invece come la vita si componga di sensazioni contrastanti e sgradevoli, in un cinismo che contagia, ma rende liberi da pregiudizi e ipocrisie. tre aggettivi per descriverlo? genuino, inaspettato, meraviglioso. Come le anime salve che descrive, uomini in cerca di un senso che l'esistenza stessa allontana ogni giorno di più. job - feneal uil campania / febbraio 2010
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Green Economy Viaggio tra i segreti delle nuove tecnologie aziendali che rispettano l’ambiente: le fibre vegetali
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ono tante le tecnologie utilizzate dalle grandi aziende che rispettano l’ambiente. Se ne parla tanto in politica, è la cosiddetta green economy. Ecco un esempio significativo del cambiamento in atto. Bioplastiche in fibre vegetali La avevamo sotto gli occhi da migliaia di anni, eppure nessuno prima d’ora ne aveva colto le sue strabilianti proprietà. Stiamo parlando della pianta di Kenaf, nota agli studiosi come Hibiscus cannabinus. Proprio così, una parente stretta della nota Cannabis, ma senza gli effetti “in30
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desiderati”. Anzi. Sembra che questa pianta possegga nel suo esile fusto, delle microfibre dalle proprietà meccaniche strabilianti. Lo hanno ben capito le più importanti aziende dei più disparati campi tecnologici. La ricerca sul Kenaf è volta alla produzione di bioplastiche. L’ingrediente principale è evidentemente il Kenaf, o meglio, la fibra di tale pianta. Una miscela di fibre di Kenaf ed acido polilattico (una sostanza collosa derivante dall’amido di patata) permettono di realizzare diverse formulazioni di base per la realizzazione di plastiche ad elevato impatto ecosostenibile, in controtendenza con
la produzione della plastica derivata dal petrolio. le caratteristiche delle bioplastiche rinforzate con le fibre di Kenaf Quelle più prominenti della nuova tecnologia che vede l’utilizzo di fibre di Kenaf ed acido polilattico, sono da attribuire alla materia organica di cui questi componenti sono costituiti. Biomasse derivate da pianta che hanno permesso un miglioramento significativo nella resistenza termica e nella resistenza meccanica migliorando anche la facilità di modellamento dei nuovi materiali durante il pro-
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tempo libero cesso di stampaggio. Plastiche sempre più leggere e resistenti, una sfida tra molte aziende a livello mondiale. La NEC è riuscita, per esempio, a controllare completamente questi fattori e dunque a migliorare notevolmente il suo prodotto nel giro di pochi anni. Si è passati dunque alla realizzazione di componenti elettronici anche più complessi; una giusta scelta delle proporzioni in fibra e acido polilattico ha permesso lo stampaggio di componenti quali schede di memoria SD ed MMC (utilizzate nei palmari, telefonini, portatili e PC), gusci esterni per la fabbricazione di monitor a cristalli liquidi, telecomandi e case (la torretta esterna per intenderci) per
computer. Insomma resistenza e leggerezza sono due qualità strettamente legate che fanno della bioplastica di Kenaf un prodotto professionalmente valido ed altamente ricercato per la componentistica informatica ed elettronica in generale, ovviamente con un altissimo vantaggio per l’ambiente ed un notevole risparmio energetico. Ed ora anche le auto… La Kenaf Industries nel 2006 ha raggiunto i 20.000 acri coltivati a Kenaf nel South Texas, in preparazione per le nuove strutture per la lavorazione di questa “magica” pianta e stimate per un valore di 170 milioni di dollari. La fibra di Kenaf, così prodotta, viene già utilizzata da costruttori come la Volvo, Saab, Renault e Ford per le applicazioni di finitura degli interni. La Kafus Environmental Industries sta ora sviluppando una serie di impianti, del valore di 10 milioni, per lavorare la fibra di Kenaf in pannelli di fibra intrecciata; ha proposto inoltre di costruire un impianto per la produzione di stuoia di Kenaf per rifornire le industrie automobilistiche del Nord America. Stando a David Saltman, vice presidente di Marketing and New Product Development, la ditta sta già negoziando con diverse, tra le maggiori case costruttrici, ed i loro fornitori. Il grande interesse da parte dell’industria non sorprende, considerando i vantaggi dei materiali bio-compositi fatti con tali fibre; i suoi compositi hanno una resistenza d’impatto superiore, garantendo al passeggero maggiori elementi di sicurezza. Sono un 20-30% più leggeri della lana di vetro o delle alternative di plastica ABS (derivata dal petrolio), favorendo così un incremento nel rendimento del combustibile del veicolo; sono inoltre meno inclini a deformarsi sotto l’effetto di calore estremo o
umidità. I compositi di Kenaf possono essere forgiati in parti tridimensionali in un tempo inferiore alla metà di quello che viene impiegato per materiali alternativi, concedendo ai produttori un costo competitivo grazie al risparmio nella linea di produzione, oltretutto sono anche biodegradabili, al contrario della lana di vetro o della plastica oggi utilizzata nella realizzazione di finiture per seggiolini, cruscotti e portiere interne. Costruire auto, compreso guscio esterno (progetto in via di sviluppo in casa Toyota), servendosi di piante da fibra, riduce il numero delle carcasse arrugginite e delle parti meccaniche che giacciono nei cimiteri di automobili. Ogni anno negli Stati Uniti 10-11 milioni di veicoli vengono scartati e raggiungono la fine del loro ciclo d'uso. Una rete di incentivi per lo smaltimento e il recupero fa sì che vengano demolite il 96% di queste vecchie auto; ma circa il 25% dei veicoli in peso, che includono plastica, fibre, schiuma, vetro e gomma, rimane come rifiuto. "Un'auto costruita con pannelli a base di canapa, riscaldati, trattati e stampati", dice Crosky (della Scuola della Scienza dei Materiali ed Ingegneria dell'Università del Nuovo Galles del Sud in Australia), “può semplicemente essere bruciata alla fine della sua vita e poi sarà consumata naturalmente dai batteri”. antonio Massa job - feneal uil campania / febbraio 2010
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la gita
carnevale a striano A
l centro della Piana del Sarno, al confine tra le province di Napoli e Salerno, sorge Striano. Con i suoi 8mila abitanti è uno dei piccoli comuni della zona. Il nome deriverebbe dal latino Striganum ma la vicenda è piuttosto controversa. Le origini sono antichissime, come testimonia la scoperta di una necropoli risalente a circa 1000 anni prima della nascita di Cristo. Ma alcuni anni fa, nel corso di lavori per la costruzione di un depuratore sul fiume Sarno, è venuto alla luce un giacimento protostorico, con capanne e opere di canalizzazione, risalente ad un periodo ancora precedente. Ai tempi degli Opici risalgono i primi interventi sul terreno che portarono all'introduzione
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di colture molto redditizie, come i cereali e le viti. Per Striano sono passati gli Etruschi, i Sanniti e ovviamente i Romani. Una data chiave della storia di Striano e di tutta la zona è il 24 agosto 79 quando l'eruzione del Vesuvio seppellì gran parte del paese. Nei secoli successivi rifiorirono però le tante ville rustiche imperiali. Il paese ha fatto parte della Contea di Caserta per poi passare a quella di Sarno. Della cinta muraria di origine medievale è rimasta solo una porta, l'Arco di San Nicola, decorato con dipenti a sfondo religioso di notevole pregio. All'inizio del secolo scorso fu inaugurata la ferrovia che conduceva da San Giuseppe Vesuviano a Sarno, poi denominata Circumvesuviana. Striano è ri-
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la gita A sinistra e in basso, immagini dei carri allegorici che hanno sfilato negli anni scorsi al Carnevale di Striano. Nella foto al centro la parrocchia di S.giovanni Battista. l’edizione 2010 si svolgerà tra il 13 e il 16 febbraio: sono attese centinaia di turisti incuriositi dai personaggi reali o di fantasia realizzati in cartapesta.
del comune (troccole, saudone, marzo, arco, piazza, giovanile); per mesi, nei vari cantieri, vengono realizzati giganteschi carri allegorici, a volte con personaggi di fantasia, altre volte ironici nei confronti di personaggi pubblici. Per assistere alla manifestazione arrivano in tantissimi dai paesi limitrofi e in generale da tutte le province campane. L'edizione 2010 si tiene dal 13 al 16 febbraio e vedrà la partecipazione del cabarettista Paolo Caiazzo. Tra i luoghi da visitare c'è la Parrocchia di San Giovanni Battista, dove è da ammirare un'antica pala d'altare del pittore milanese Protasio Crivelli raffigurante la Madonna con Bambino in trono fra i Santi Severino e Sossio, ricostruita nel 1958 dopo i danni subiti durante l'occupazione tedesca. Risale al XIII secondo la Chiesa di San Severino Abate. Alla Cappella di Santa Maria delle Sette Piante è legata una leggenda: un tempo vi si trovava una fonte di acqua ritenuta miracolosa; all'interno è conservata una tela raffigurante la Madonna delle Sette Piante. Presenza suggestiva è quella del Platano di piazza D'Anna che secondo gli esperti sarebbe stato piantato duecento anni fa. Gli strianesi lo chiamano "'o frasso". [DaDES]
masta legata fino alla Seconda Guerra mondiale ad un'economia di tipo agricolo. Poi è arrivata l'industria, ma spesso collegata alla terra; nella zona si coltiva il pomodoro San Marzano Dop, al quale è legata una sagra che si tiene ad ottobre. L'8 gennaio si festeggia il patrono San Severino e alla consueta processione è ormai abbinata la gustosa sagra della salsiccia e del friariello. Una delle manifestazioni più note è però il Carnevale Strianese. Si tiene nel cuore dell'inverno ed è una gara tra i vari rioni job - feneal uil campania / febbraio 2010
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Orizzontali: 1. allenatore della nazionale inglese e non solo... 3. una strada...polmonare 4. pelle 6. si trova nel labbro 13. organo erettile della donna 15. osso dell'anca 16. processo fisiologico che si è evoluto in un certo periodo di tempo come processo della selezione naturale 17. sporgenza a forma di cresta... ma anche la parte immersa dello scafo 18. osso della spalla, piatto e triangolare 20. malformazione congenita dell'orecchio 21. gonade femminile
le soluzioni
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cimentiamoci con le scienze!
Verticali 2. nei maschi dei mammiferi è la ghiandola che produce il liquido seminale 4. parte orizzontale dell’intestino 5. confluisce nella vena cava inferiore 7. lamina cornea che molte donne...decorano 8. vi è valga e vara 9. osso del bacino che, insieme all'ileo e al pube, costituisce l' osso iliaco 10. sotto la faringe 11. fa da compagno all'Ulna 12. litorale 14. porzione dell'encefalo 19. piccola formazione sottile e filiforme dei mammiferi
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Orizzontali: 1 nome di Bano - 2 compiacersi, deliziarsi - 7 lanciati dall'aereo 17 aperitivo francese - 18 Fischio sottile e acuto - 19 Misere…senza testa - 20 concittadini dello storico latino Tacito - 22 deve allenarsi per ben figurare nella gara - 23 ombreggiare un disegno - 25 pensati, escogitati - 28 Monte del senese - 27 Fu prefetto del pretorio sotto Tiberio - 28 veicolo di cui si ignora la provenienza - 30 nome di spagnoli - 31 sigla di Trapani.. - 32 Quello che si mangia è .... buco 33 deve consultarlo spesso la telefonista - 34 severi avvisi - 35 preposizione semplice - 36 dopo - 37 Un tipo che non si... lascia abbindolare - 38 la regina di un film con virna lisi - 39 ii connery del cinema - 40 preposizione semplice - 41 giardini di rose - 42 gaia, del mondo dello spettacolo - 44 lasciare in beneficenza - 45 necessario per campare - 46 privi di preoccupazioni - 47 località con la rocca dei Malatesta - 49 Bassocomodo - 50 cala a teatro - 51 non lenti 52 Bevanda benefica - 53 Quella bianca annuncia l'elezione del pontefice - 54 Un Tiepolo pittore - 55 carenti di energie 56 segue il do
il sudoku
Verticali 1 Un esame obbligatorio in molte competizioni.. - 2 altro nome del garda - 3 Musa poesia amorosa rappresentata con la lira - 4 si ripete annualmente - 5 re per i francesi - 6 seta senza pari - 7 ponzio procuratore romano - 8 pianta conifera - 9 la santa da cascia - 10 Una parte del castello - 11 sigla di como - 12 ii secolo di goldoni 13 comuni, ordinari - 14 tre numeri - 15 artico eresiarca - 16 Fine di Walter - 17 vicinanze, dintorni - 18 Un osso della gamba 21 inventore della lampadina - 22 Quelli di verona sono giulietta e romeo - 23 ii più anziano fra due omonimi - 24 la tendenza a crescere di un'azienda - 26 pinne di pesci - 27 è bene averlo sempre freddo - 29 serve per condire - 30 la difende il censore - 31 li effettuano le motrici - 34 vino spagnolo o dell'andalusia 35 recipiente per infusi - 37 l'attore sutherland - 38 Un gas 39 spessori sovrapposti - 41 auguste, celebre scultore francese 42 Uno dei fondatori della meccanica quantistica - 43 Katmandu ne è la capitale - 44 spada romana - 45 recipienti per piante 48 Manda in onda il Tg1, il Tg2 e il Tg3 - 49 acquavite aromatizzata con ginepro - 50 va a fondo per passione - 52 infuso di foglie 53 simbolo chimico del ferro.
il puzzle
aosTa asTi Bari Bologna Brindisi coMo cUneo enna Foggia genova gorizia iMperia lodi Massa MaTera novara
nUoro palerMo parMa pavia pisa praTo ragUsa rieTi roMa rovigo siena Terni Torino Trapani Udine
job - feneal uil campania / febbraio 2010
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edili tabelle retributive Napoli tabella paga lavoratori edili in vigore dal 1° gennaio 2009 Qualifiche IV Livello Specializzato Qualificato Comune
Importi orari per gli operai Paga base Conting. e.D.r. Indenn. terr. e.e.t. 5,741 3,013 0,06 1,205 0,34 5,330 3,009 0,06 1,119 0,32 4,797 2,985 0,06 0,010 0,28 4,100 2,960 0,06 0,870 0,24
totale 10,359 9,838 9,132 8,230
Importi mensili per gli impiegati
Categoria
Categoria I super Categoria I Categoria II Assistenti tecnici Categoria III Categoria IV 1°Impiego
Stipendio
1.418,71 1.276,83 1.064,02 993,11 922,16 829,95 709,36
Contingenza
533,82 529,63 523,35 521,25 519,16 516,43 512,87
E.D.R.
10,33 10,33 10,33 10,33 10,33 10,33 10,33
Premio prod.
286,07 262,38 220,31 200,31 184,64 167,33 144,11
Indennità di mensa operai: € 3,92 giornaliere = 0,49 orarie
E.E.T.
83,81 75,42 62,85 58,66 54,47 49,02 41,90
Totale
2.332,74 2.154,59 1.880,86 1.783,66 1.690,76 1.573,06 1.418,57
Impiegati € 84,77
Nel caso di istituzione servizio mensa l’impresa concorre nella misura di 3/4 fino ad un massimo di € 4,13
Indennità di trasporto operai: € 2,16 giornaliere = 0,27 orarie
Impiegati € 46,71 mensili
caserta tabella paga lavoratori edili in vigore dal 1° gennaio 2009 Qualifiche IV Livello Specializzato Qualificato Comune
Categoria Quadro (VII livello) Categoria I super Categoria I Categoria II Assistenti tecnici Categoria III Categoria IV 1°Impiego
Importi orari per gli operai Paga base Conting. e.D.r. Inden. terr. 5,74 3,01 0,06 1,11 5,33 3,00 0,06 1,03 4,80 2,99 0,06 0,93 4,10 2,96 0,06 0,80 Importi mensili per gli impiegati Stipendio Conting. E.D.R. Premio prod. 1.418,71 533,82 10,33 279,57 1.418,71 533,82 10,33 279,57 1.276,83 529,63 10,33 255,88 1.064,02 523,35 10,33 213,04 993,11 521,25 10,33 192,11 922,16 519,16 10,33 176,31 829,95 516,43 10,33 158,71 709,36 512,87 10,33 136,42
Indennità di mensa operai: € 3,76 giornaliere = 0,47 orarie
e.e.t. 0,34 0,32 0,28 0,24
totale 10,26 9,74 9,06 8,16
Inden.funz. E.E.T. 140,00 83,80 83,80 75,42 62,85 58,66 54,47 49,02 41,90
Totale 2.466,23 2.326,23 2.148,09 1.873,59 1.775,46 1.682,46 1.564,44 1.410,88
Impiegati € 82,72
Nel caso di istituzione servizio mensa l’impresa concorre nella misura di 3/4 fino ad un massimo di € 4,13
Indennità di trasporto operai: € 2,00 giornaliere = 0,25 orarie
Impiegati € 44,00 mensili
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Benevento tabella paga lavoratori edili in vigore dal 1° gennaio 2009 Importi orari per gli operai Paga base Conting. e.D.r. Inden. terr. 5,741 3,01 0,06 1,05 5,330 3,00 0,06 0,97 4,797 2,99 0,06 0,88 3,100 2,96 0,06 0,75 Importi mensili per gli impiegati Categoria Stipendio Conting. E.D.R. Premio prod. 533,82 10,33 262,35 Categoria I super 1.418,71 1.2276, 83 529,63 10,33 241,40 Categoria I 1.064,02 523,35 10,33 200,61 Categoria II 521,25 10,33 181,14 Assistenti tecnici 993,11 922,16 519,16 10,33 166,41 Categoria III 829,95 516,43 10,33 150,17 Categoria IV 709,36 512,87 10,33 129,19 1°Impiego
Qualifiche IV Livello Specializzato Qualificato Comune
Indennità di mensa operai: € 3,80 giornaliere = 0,475 orarie
e.e.t. 0,34 0,32 0,28 0,24
totale 10,201 9,680 9,007 8,110
E.E.T. 83,80 75,42 62,85 58,66 54,47 49,02 41,90
Totale 2.309,01 2.133,61 1.861,16 1.764,49 1.672,53 1.555,90 1.403,65
Impiegati € 82,175
Nel caso di istituzione servizio mensa l’impresa concorre nella misura di 3/4 fino ad un massimo di € 4,13
Indennità di trasporto operai: € 2,462 giornaliere = 0,307 orarie
Impiegati € 53,24 mensili
Avellino tabella paga lavoratori edili in vigore dal 1° gennaio 2009 Importi orari per gli operai
Qualifiche
Paga base
IV Livello Specializzato Qualificato Comune
5,74 5,33 4,80 3,10
Conting.
Inden. terr. settore
e.D.r.
3,01 3,00 2,99 2,96
0,06 0,06 0,06 0,06
Indennità di mensa: € 0,41 orarie
1,15 1,06 0,96 0,83
e.e.t.
0,34 0,32 0,28 0,24
totale orario
10,30 9,77 9,09 8,19
C. edile Accanton. 18, 50% C. ed. 14, 20 1,785 1,697 1,582 1,430
1,463 1,387 1,290 1,163
indennità di trasporto: € 0,24 orarie
Importi mensili per gli impiegati
Livello
7° 6° 5° 4° 3° 2° 1°
Paga base 1418,71 1276,83 1064,02 993,11 922,16 829,95 709,36
Premio prod. 283,90 260,21 216,94 196,10 180,33 162,82 140,08
Conting. 533,82 529,63 523,35 521,25 519,16 515,43 512,87
El. Econ. Territ. 83,80 75,42 62,85 58,66 54,47 49,02 41,90
E.D.R. 10,33 10,33 10,33 10,33 10,33 10,33 10,33
Totale
2330,56 2152,42 1877,49 1779,45 1686,45 1568,55 1414,54
Indennità di mensa = € 66,00 mensili Indennità di trasporto = € 1,92 per ogni giornata di effettiva presenza
Salerno tabella paga lavoratori edili in vigore dal 1° gennaio 2009 Importi orari per gli operai
Categoria
IV livello Specializzato Qualificato Comune
Paga base
5,740 5,330 4,797 4,100
Conting.
3,013 3,001 2,985 2,985
Inden. settore
1,150 1,083 0,978 0,842
Accordo del 31/07/1992
0,060 0,060 0,060 0,060
elemen. econ. territoriale
0,339 0,314 0,283 0,242
Cassa edile Cassa edile Acc.14,20 18,50 % % 1,906 1,463 1,811 1,390 1,684 1,293 1,519 1,166
totale orario
10,302 9,787 9,102 8,208
Rid. orario lav. 4,95 %
0,510 0,484 0,451 0,406
Importi mensili per gli impiegati
Categoria
7° 6° 5° 4° 3° 2° 1°
liv. Quadri 1° S. liv. Prima liv Seconda liv. terza Ass. t. liv. terza liv. Quarta liv. Qu.ta 1° imp.
Paga base Premio prod. Conting.
1.418,71 1.276,83 1.064,02 993,11 922,16 829,95 709,36
291,477 267,793 222,608 200,642 184,500 166,648 143,507
533,824 529,633 523,346 521,252 519,156 516,431 512,869
Accordo del 31/07/1992 10,329 10,329 10,329 10,329 10,329 10,329 10,329
elemen. econ. territoriale 83,801 75,421 62,850 58,662 54,471 49,024 41,901
Indenn. Sost. mensa 103,800 103,800 103,800 103,800 103,800 103,800 103,800
Indenn. Sost.trasp 47,570 47,570 47,570 47,570 47,570 47,570 47,570
totale stipendio
2.489,51 2.311,38 2.034,52 1.935,36 1.841,99 1.723,75 1.569,34
Indennità di mensa operai: € 4,80 giornaliere = 0,60 orarie
Impiegati € 84,77
Indennità di trasporto operai: € 2,24 giornaliere = 0,28 orarie
Impiegati € 46,71 mensili
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Il Gay Pride nazionale si terrà a Napoli nel 2010 mentre quello europeo si svolgerà a Roma nel 2011. È stato deciso dall’Arcigay insieme con i rappresentanti del movimento lgbt (lesbico, gay, bisessuale, transgender) italiano. Le varie componenti del movimento hanno espresso la volontà di costruire un percorso unitario di confronto sui contenuti alla base delle parate dei prossimi due anni. Per il 2010 è stata accolta la candidatura avanzata dalle associazioni lgbt napoletane di organizzare il pride nazionale a Napoli, così come l’assemblea ha ritenuto importante sottolineare come tutti i pride che si terranno in altre città nel 2010 faranno parte di un comune percorso preparatorio dell’Europride 2011 di Roma.
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Esiste la radio che capisce chi sei. Realizza la colonna sonora della tua vita senza che l'ascoltatore esprima i suoi gusti prima. Si chiama Pandora radio: è un servizio web di radio on-line nato qualche tempo fa negli Stati Uniti, che ha conosciuto in pochissimo tempo uno sviluppo fuori dal comune. Il sito permette agli utenti di creare delle stazioni radio virtuali partendo dall’inserimento di un brano o di un artista che sia gradito all’ascoltatore: il sistema sfrutta un algoritmo molto complesso, elaborato secondo i canoni del Music Genome Project, che analizza ben 400 diversi parametri per creare una playlist che sia gradita all’utente. I brani sono quindi scelti da Pandora non in
Addio alla carne di cavallo a tavola? Probabile. Potrebbe accadere se diventerà realtà una proposta di legge per vietare la macellazione degli equini. Il cavallo, nelle intenzioni del sottosegretario alla Salute, Francesca Martini, verrà di fatto equiparato a cani e gatti, un modo per “assicurare dignità e rispetto” all'animale in questione. E' un partito trasversale che, però, si scontra con chi, sul solco di una lunga tradizione culinaria, ama la carne di cavallo. La proposta incontra anche il
job - feneal uil campania / febbraio 2010
base alla popolarità dell’autore bensì seguendo una ad una le caratteristiche musicali delle canzoni. L’unica limitazione che ha impedito a Pandora di svilupparsi anche in Europa è l’utilizzo permesso, per problemi di copyright, solo ai cittadini americani, la cui effettiva provenienza era prima accertata tramite l’inserimento di un codice.
favore del ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia, che da anni si dichiara contrario alla macellazione. Lo scopo è di "spezzare quella terribile catena vecchiaia-macello". Si procederà gradualmente, fissando una serie di paletti legislativi per arrivare all'obiettivo finale. Il giro d'affari in Italia è piuttosto ridotto, tranne nelle zone dove per tradizione la carne di cavallo la fa da padrona, come Verona, Padova e alcune aree del Sud. In Francia da tempo divampano le polemiche tra i sostenitori della campagna antimacellazione, tra cui vi è anche Brigitte Bardot e i rappresentati di categoria, macellatori che vedono a rischio il proprio mestiere.
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