Le due “Società Canottieri Genovesi” e le Grandi Regate dell’Ottocento a Genova Aldo Gastaldi (“Bisagno”) Primo Partigiano d’Italia – Medaglia d’Oro al Valore Militare Socio della “Canottieri Genovesi Elpis”
Relazione del Consigliere Claudio Loreto ai Soci Ottobre 2005 1
2
INDICE
PREMESSA ……………………………………………………………………... 5 Elenco delle Società italiane di canottaggio “centenarie” ……..………………… 9 PARTE I LA PRIMA “SOCIETA’ CANOTTIERI GENOVESI” E LE GRANDI REGATE DELL’OTTOCENTO A GENOVA ………....…………………. 11
La fondazione della Società Canottieri Genovesi ………………………………… La prima Regata Nazionale di canottaggio ………………………………………… La seconda Regata Nazionale di canottaggio ……………………………………… Ulteriori notizie sulla Società Canottieri Genovesi ……………………………… Le Regate “Colombiane” ……………………………………………………………… Lo scioglimento della Società Canottieri Genovesi … ..…………………………… Il “mito” ………………….………………………………………………………………
13 16 20 31 32 37 40
PARTE II LA SOCIETA’ CANOTTIERI GENOVESI “ELPIS” ………….………..………………. 43
La nascita della Società Canottieri Genovesi “Elpis” …………………………… L’affitto del “galleggiante”. La vita sociale e l’attività agonistica. … ………… L’acquisto del “galleggiante” …………………………………………..… ………… La sede sul Molo Giano ………..………………………………………..… …………
45 49 55 59
ALLEGATI ……………………………………………………………………… 61
3
4
PREMESSA
Il remo è stato una delle prime “invenzioni” dell‟uomo: tale attrezzo lo aiutò a scoprire nuove terre, a intessere più vasti e floridi commerci e, inevitabilmente, anche a muovere guerra a popoli lontani. Esso offrì inoltre un nuovo tipo di svago: pitture egizie narrano infatti di gare fra imbarcazioni a remi sulle acque del Nilo già nel 2.600 a.C. La pratica sportiva dello strumento ebbe però inizio il 10 giugno 1829, allorchè ad Henley, deliziosa cittadina sulle rive del Tamigi, venne disputata la prima sfida fra gli “otto” delle università di Oxford e Cambridge.1 Dopo tale evento, il canottaggio si diffuse presto in Europa Occidentale e nei paesi anglofoni d‟oltre oceano. In Italia la prima associazione di canottieri vide la luce, proprio come la lingua patria, sulle rive dell‟Arno, più precisamente a Limite, nel 1861; grazie
Nel 1829 “… le imbarcazioni erano tozze e pesanti, più simili a barche da trasporto che da competizione. Quelle usate sul Tamigi ad Henley dagli equipaggi dei due Atenei somigliavano agli attuali „8 jole‟, ma avevano ancora la chiglia sporgente ed i „banchi‟ fissi, sui quali sedevano i vogatori: una sorta di baleniera, pesante circa 200 kg., coi remi infilati in scalmi fissati direttamente sul bordo dello scafo. Già nel 1828 (un anno prima della Oxford-Cambridge, perciò) il carpentiere inglese Rodley aveva però ideato il „fuoriscalmo‟, applicando alle barche delle piccole „scalmiere‟ in legno che spostavano fuori del bordo il perno dello scalmo, permettendo in tal modo di allungare la leva in mano al vogatore. Pochi anni più tardi, un altro britannico di nome Emet sostituì il legno delle scalmiere con il metallo, che consentì un ulteriore spostamento all‟infuori della forcola (o scalmo). Sempre oltre Manica, a New Castle, il costruttore di barche Harry Clasper realizza il primo scafo – a 4 vogatori – senza chiglia e dalla superficie, bagnata dall‟acqua, perfettamente liscia. Ciò accade nel 1847; nei dieci anni successivi le migliorie più eclatanti verranno apportate in Germania e negli Stati Uniti. Nel 1854 il tedesco Rettich fabbrica i primi remi con l‟asta cava e nel 1857 l‟americano S.C. Rabkok di Chicago idea la trasformazione che modificherà decisamente lo sport del canottaggio, sganciandolo da un passato in cui il remo era solo strumento di lavoro per inserirlo in un futuro in cui sarà soprattutto mezzo agonistico: il sedile scorrevole. Inizialmente si trattò proprio di un sedile che slittava su piccole rotaie; poi il berlinese dottor Schiller nel 1863 perfezionò l‟invenzione costruendo il prototipo dell‟attuale carrello scorrevole su piccole ruote di metallo, oggi universalmente adottato”. (Tratto dal manuale “Canottaggio, che passione!”, a cura della Federazione Italiana Canottaggio, Marchesi Grafiche Editoriali, Roma, 1995). 1
5
poi
soprattutto
all‟iniziativa
del
club
piemontese
Cerea,
una
federazione di circoli remieri italiani nacque a Torino già nel 1888.2 Così i sodalizi di canottaggio che ad oggi possono vantare almeno un secolo di storia sono ben quarantatre; alcuni di essi (Cerea di Torino, Bucintoro e Querini di Venezia, Tevere Remo di Roma, Savoia di Napoli) addirittura conservano nella propria denominazione sociale la qualifica di “reale”, essendo stati a loro tempo riconosciuti benemeriti da casa Savoia. Tre le centenarie liguri: la spezzina Società Canottieri Velocior (1883), il Rowing Club Genovese (1890) e la Società Canottieri Genovesi Elpis (1902). Sulla genesi di quest‟ultima esiste tuttavia una sorta di mito, secondo il quale la fondazione dell‟Elpis, in buona sostanza, altro non fu se non la pronta “rinascita” di una antecedente società esauritasi per ignote ragioni e di cui si è pressochè perduta
Da “Canottaggio, che passione!”, op. cit.: “I primi tentativi di creare un‟istituzione che, radunando le non numerose, all‟epoca, società nautiche italiane interessate al remo, avesse la competenza e l‟autorità necessarie allo sviluppo del canottaggio (si sentiva molto la mancanza di un ragionato programma di gare) furono avviati da alcuni soci del Cerea, club torinese fondato nel 1863. Nel 1881, venne richiesto al regio Yacht Club Italiano [di cui il Cerea era stato uno dei soci fondatori, n.d.r.] di poter costituire nel suo seno una sezione remiera: cosa che fu immotivatamente respinta [provocando la fuoriuscita del circolo piemontese dallo Yacht Club, n.d.r.]. Luigi Capuccio, Luigi Albarello, Giuseppe Bon, Edoardo Hayd e Guglielmo Wooldrige (tutti torinesi, pur se qualcuno con cognome straniero), legati da forte amicizia e da profondo amore per il canottaggio, non si persero d‟animo dopo questo rifiuto che li coinvolgeva come soci del Cerea: nei loro convegni serali al Caffè Nazionale di Torino essi studiarono il modo di riunire tutte le Società nautiche italiane in federazione, ideando il Rowing Club Italiano. Sorse subito un‟accesa discussione sull‟utilizzo del vocabolo inglese „rowing‟ ma venne poi accettato in quanto non si trovò nella lingua italiana un vocabolo equivalente con cui sostituirlo! Comunque la parola britannica era anche un dovuto omaggio al Paese che fu la culla del canottaggio moderno. L‟assemblea costitutiva del Rowing C.I. si tenne dalle ore 21 alle ore 23 del 31 marzo 1888 presso il Comizio agrario (in Piazza Castello 16 a Torino) presenti „adesionisti‟ appartenenti a cinque Società: Cerea, Armida, Caprera, Esperia, Eridano. Venne approvato lo Statuto, messa in cantiere un‟assemblea generale elettiva e progettato un piano di regate. Si spedì poi una lettera alle maggiori Società remiere nazionali, annunciando la fondazione del Rowing C.I. ed invitandole ad aderirvi; il 19 aprile 1888 vennero eletti il conte Edoardo Scarampi di Villanova presidente ed il capitano Luigi Capuccio (l‟anima ideatrice del Rowing) segretario. Nel 1891, sotto la presidenza onoraria di Re Umberto di Savoia, la denominazione fu completata e divenne Reale Rowing Club Italiano”. Nel 1923 l’organismo mutò il nome in Reale Federazione Italiana Canottaggio, ”…per trasformarsi definitivamente – negli Anni Quaranta, con l‟avvento della Repubblica – in Federazione Italiana Canottaggio. Anche la sede del massimo ente remiero nazionale ebbe bisogno di oltre mezzo secolo per trovare una sistemazione stabile: dal 1888 al 1933 rimase a Torino, ospite di clubs, case private e piccoli uffici; sotto il Fascismo si trasferì a Roma presso lo Stadio del Partito (ora Stadio Flaminio), per poi tornare nel capoluogo piemontese nel 1946 e ritornare definitivamente nella Capitale nel 1957, al Foro Italico. Dopo il 1960 si collocò nel Palazzo delle Federazioni di viale Tiziano”. La Federazione Internazionale di canottaggio (F.I.S.A., Fédération Internationale des Sociètès d’Aviron) venne fondata anch’essa a Torino, inizialmente come Federazione Europea, il 25 giugno 1892. 2
6
ogni eco. Era, questa, la “Società Canottieri Genovesi”, sorta a metà degli anni ‟70 del XIX secolo; la “Società Canottieri Genovesi Elpis”, proprio come una diretta e legittima erede, ne assorbì l‟intera denominazione e in base a tale “continuità” alcuni ritengono che essa sia da considerarsi la più antica società remiera di Liguria. Chi scrive ha inteso scandagliare le profondità del tempo per riportare a galla almeno qualcuno dei nomi e dei fatti che segnarono la breve esistenza di quell‟ antico sodalizio, prima che vengano definitivamente inghiottiti dall‟oblio; e per tentare così di accertare se esso risorse davvero sotto diversa veste all‟alba del nuovo secolo. In corso d‟opera si è poi aggiunto il desiderio di conoscere, a prescindere dal resto, come l‟ Elpis mosse i suoi primi passi. 3 Nemici di tale tentativo di recupero sono stati la scarsità di documenti consultabili (molti atti con il tempo sono andati perduti, o sono diventati pressochè illeggibili) e, soprattutto, l‟inadeguato tempo concesso alla ricerca dai personali impegni familiari e lavorativi. Le pagine che seguono, pertanto, non costituiscono il prodotto di una indagine condotta secondo rigorosi canoni scientifici, bensì una semplice raccolta di notizie e documenti rinvenuti “rovistando” qua e là dove la “logica” storica indirizzava; informazioni, dunque, talora frammentarie, che certo lasciano alcuni interrogativi ancora senza una risposta definitiva, ma che comunque gettano una prima luce su un passato fino ad oggi avvolto nel mistero. A piè di pagina sono riportate anche note poco attinenti all‟oggetto della ricerca, ma, a mio avviso, utili a far comprendere lo “spirito” dell‟epoca in cui si svolsero le vicende di seguito descritte.
L’indagine ha consentito di riportare alla luce anche significativi avvenimenti successivi, del tutto ignoti agli attuali soci dell’Elpis, come l’affiliazione di un giovane di nome Aldo Gastaldi (il futuro, leggendario comandante partigiano “Bisagno”; cfr. allegati nn. 41A 41S). 3
7
Eâ€&#x; mia viva speranza che altri volenterosi presto riprendano il presente lavoro,
sviluppandolo,
colmandone le gravi lacune
portandolo dunque a definitivo compimento. Genova, 14 ottobre 2005 Claudio Loreto
Regata Oxford-Cambridge, edizione 1954 (immagine tratta dal sito internet “www.theboatrace.org�)
8
e
ELENCO DELLE SOCIETA’ ITALIANE DI CANOTTAGGIO “CENTENARIE” SOCIETA’
SEDE
S.C. LIMITE S.C. CEREA S. GINNASTICA TRIESTINA C.C. SATURNIA S.C. ARMIDA R.C.C. TEVERE REMO S.C. RAVENNA S.T.C. ADRIA S.C. MINCIO S.C. BUCINTORO S.C. THALATTA S.C. CAPRERA S.C. NINO BIXIO R.Y.C.C. SAVOIA S.C. VELOCIOR S.C. VITTORINO DA FELTRE S.C. CASALE S.C. ESPERIA C. BALDESIO C.R.V. ITALIA S.C. ORBETELLO R.C. GENOVESE S.C. MILANO S.C. ADDA S.C. GARDA S.C. ICHNUSA S.C. LARIO G. SINIGAGLIA C.C. ANIENE C.C. BARION S.C. S.C. LECCO C. TRIESTE S.C. PALLANZA C.C. DIADORA C.C. LAZIO S.C. CERNOBBIO S.C. QUERINI S.C. GENOVESI ELPIS C. MOLTRASIO C.C. ROGGERO DI LAURIA S.N.C. NETTUNO S.C. STELLA S.C. ARNO C.C. PRO MONOPOLI
Limite sull’Arno Torino Trieste Trieste Torino Roma Ravenna Trieste Mantova Venezia Messina Torino Piacenza Napoli La Spezia Piacenza Casale Monferrato Torino Cremona Napoli Orbetello Genova Milano Lodi Salò Cagliari Como Roma Bari Lecco Trieste Pallanza Venezia Roma Cernobbio Venezia Genova Moltrasio Palermo Trieste Laglio Pisa Monopoli
ANNO FONDAZIONE
1861 1863 1863 1864 1869 1872 1873 1877 1880 1882 1882 1883 1883 1883 1883 1883 1886 1886 1887 1889 1889 1890 1890 1891 1891 1891 1891 1892 1894 1895 1896 1896 1898 1900 1901 1901 1902 1902 1902 1904 1904 1905 1905
L’elenco include i sodalizi fondati antecedentemente al 1906 e al presente affiliati alla Federazione Italiana Canottaggio (Fonte: “Annuario 2005” della Federazione Italiana Canottaggio). 9
10
PARTE I LA PRIMA “SOCIETA’ CANOTTIERI GENOVESI” E LE GRANDI REGATE( ) DELL’OTTOCENTO 4
A GENOVA
Manifesto del luglio 1876
<< Perché si dice regata? L‟etimologia del vocabolo bisogna cercarla a Venezia. Era costume antico di quella Repubblica che cittadini d‟ogni classe si recassero al Lido per tirare di „frombola‟ [la fionda, n.d.r.]. Il governo provvedeva che vi fossero barche pel tragitto dei frombolieri. E fu in quella occasione che nacque il genio per l‟esercizio del remo, e quindi le disfide, che si eseguivano con grosse barche poste in riga; donde il nome di „rigada‟, mutatosi poscia in „regata‟>> . (Tratto dall’articolo “Le antiche regate”, pubblicato nel supplemento all’edizione di domenica 30 luglio 1876 del quotidiano genovese “Caffaro”. Esso occupa l’intera prima pagina del supplemento - composto da quattro facciate, le prime tre delle quali dedicate alla Regata Nazionale di canottaggio del 1876 - e descrive, con dovizia di particolari, lo svolgimento di antiche gare nel Canalgrande di Venezia, accenna alle corse a remi in uso presso Troiani, Pisani e Genovesi, e ripropone infine la cronaca di una regata svoltasi nel 1462 sul lago di Bolsena al cospetto del Papa Pio II. Il supplemento in discorso è riprodotto nell’allegato n° 12L). 4
11
12
( 5)
La fondazione della Società Canottieri Genovesi Nel XIX secolo la realtà culturale italiana certamente non favoriva lo sviluppo delle pratiche sportive: a queste erano infatti contrari gli ambienti clericali e, ancor più, i circoli della sinistra politica.6 Nel nostro Paese gli sports moderni, in effetti, furono spesso promossi da dinamici
stranieri,
principalmente
inglesi,
i
quali
erano
soliti
Lo stemma della famiglia inglese Yeats Brown, alla quale appartenevano i due fondatori della Società Canottieri Genovesi (l’emblema è tratto dal sito internet della “Società Gestione Eventi”, di cui alla successiva nota n° 8). 6 Si veda, in proposito, “Storia Illustrata di Genova”, Elio Sellino Editore, Milano, 1995, volume 6, pagg. 1425, 1426, 1429, 1430 e 1431: “La via italiana alla sportivizzazione consistette in un singolare sincretismo tra il modello nazionalistico tedesco della ginnastica [considerata dai germanici una attività utile allo sviluppo dell’amor di patria, n.d.r.] e il modello inglese degli sport borghesi [visti invece dai britannici principalmente come una forma di svago individuale, n.d.r.]. In particolare, il passaggio dai giochi tradizionali agli sport avviene tramite la mediazione della ginnastica, che, introdotta in Italia nei primi decenni del XIX secolo, diviene in breve l‟istituzione portante di tutte le attività fisiche di competizione […] Motivi di carattere sanitario pedagogico, accanto alla funzione di addestramento premilitare, caratterizzano l‟affermarsi della ginnastica nell‟ambito del movimento patriottico risorgimentale”, il quale vide nello sport “… un fattore centrale nella crescita della nazione”, avendo esso “… al tempo stesso la funzione di diletto e di educazione del popolo, contribuendo in tal modo alla nazionale rigenerazione”. Allo sviluppo delle attività ginniche si oppose invece inizialmente la Chiesa, storicamente contraria ad ogni sorta di culto del corpo. Tuttavia i cattolici compresero ben presto l’altissimo valore educativo dei “giochi inglesi” (si veda in proposito il padre barnabita Giovanni Semeria); essi inserirono così lo sport nel loro sistema educativo, diffondendone la pratica attraverso gli oratori e i collegi religiosi. Lo stesso non potè “… certo dirsi per i socialisti, che mantennero costantemente, almeno sino al 1910, un atteggiamento di diffidenza e talora di manifesta ostilità nei confronti di tutte le attività agonistiche. A differenza dei belgi, dei francesi, degli inglesi e soprattutto dei tedeschi, le cui associazioni sportive proletarie contavano centinaia di migliaia di iscritti, i socialisti italiani consideravano lo sportivismo alla stregua del militarismo, del clericalismo e dell‟alcolismo, un nemico da combattere, in quanto rappresentava uno strumento di diversione utilizzato dalla borghesia per incanalare e contenere le energie combattive delle masse proletarie”. La classe lavoratrice non “… poteva avere alcun vantaggio dalla pratica delle discipline fisiche, se prima non poteva migliorare la propria condizione economica. La ginnastica, oltre che fisicamente dannosa per i proletari, già debilitati da condizioni di vita subumane, è anche un atroce insulto alla loro miseria”. Nel 1900 Pietro Chiesa, uno dei padri del socialismo italiano, così scriveva: “Bisogna dunque rialzare i salari e abbassare gli orari”. Solo allora i proletari avrebbero potuto “… anch‟essi convenientemente nutriti e non esausti per eccessivo lavoro, recarsi come i Soci delle varie Società ginnastiche in palestra, a perfezionarsi i muscoli, a farsi più forti e più virili”. 5
13
riprodurre
i
“piaceri”
della
madrepatria
ovunque
la
sorte
li
conducesse; costoro suscitavano dapprima la curiosità e infine la partecipazione delle élites locali culturalmente più aperte al mondo e alle sue trasformazioni. Ciò fu particolarmente vero a Genova, ove si era insediata una consistente comunità di britannici dediti a proficui commerci nel Mare Mediterraneo. Un articolo7 pubblicato nel gennaio 1883 sul primo Annuario del Regio Yacht Club Italiano riportò così che “... nell‟anno 1869 ancoravasi nel porto di Genova un elegante Steam-Yacht, proprietà del sig. Fred. Brown, il quale lo aveva acquistato in Inghilterra dal principe di Galles. Poco dopo il sig. Yeats Brown, Console di S.M. Britannica in Genova8 faceva costruire dal L’articolo, firmato da “Arrigozzo” (pseudonimo di uno dei soci fondatori dello Yacht Club Italiano, l’avv. Vincenzo “Cencio” Poggi), è riprodotto nelle pagg. 13 e 14 del volume celebrativo “Yacht Club Italiano1879-1979”, curato da Franco Belloni. Gli avvenimenti lì citati sono stati di recente ripresi nel volume ”Mille Anni di Liguria”, curato dal quotidiano genovese “Il Secolo XIX” (anno 1999, pag. 444): “… nel 1869 uno yacht a vapore inglese si ancorò nel porto di Genova e il console britannico a Genova si fece costruire una barca dai cantieri Oneto. Poi fondò la Società Canottieri Genovesi, più antica del Genoa Cricket and Football Club”. 8 Le Autorità britanniche hanno reso noto che “… Sir Montagu Yeats Brown fu impiegato presso il Consolato di Genova nel 1854 e 1855; venne nominato non retribuito Vice Console di Genova il 28 aprile 1857; gli furono assegnate funzioni di Console dall‟8 agosto al 18 settembre 1857; venne quindi nominato Console il 20 febbraio 1858; Console per la provincia di Genova il 5 novembre 1872; e Console per le province di Porto Maurizio, Genova e Lassa, con base a Genova, l‟8 maggio 1878” (cfr. allegato n° 1). Secondo un’altra fonte segnalata dalle stesse Autorità, Montagu nacque in Italia, nell’isola di Palmaria, da T. (Timoteo, cfr. successiva nota n° 57) Yeats Brown, egli stesso già console britannico a Genova. Amò la vela, il canottaggio e il ciclismo. Fu il padre di Francis Charles Claypon Yeats Brown (nato a Genova il 15 agosto 1886 e morto nel 1944), autore di volumi che riflettevano le sue esperienze di ufficiale dell’esercito britannico in India e il suo interesse per lo yoga; il suo lavoro più noto è l’autobiografia “Il Lanciere Bengalese”, da cui è stato tratto un celebre film (cfr. il sito internet “www.britannica.com”). Sir Montagu fu pure un raffinato collezionista di ceramiche liguri ed europee, molte delle quali egli donò ai Musei Civici genovesi nel 1893 (si veda al riguardo “Gospark – The Gallery Net”, sito internet “www.gospark.it”). Ancora: “… A Genova la più cospicua raccolta di porcellane e ceramiche facevano capo a Yeats Brown Montagu, console di S.M. Britannica, in seguito donata al Municipio” (dal volume “La Ceramica del Novecento in Liguria”, a cura di Banca Carige-Fondazione Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, 1995). La famiglia Brown fu inoltre proprietaria, dal 1867 al 1949, dell’antico maniero di Portofino (risalente almeno al XV secolo), noto oggi come “Castello Brown”. Da una relazione storica datata 31 maggio 2001 e commissionata dall’attuale gestore dell’edificio, la “Società Gestione Eventi S.r.l.” di Genova, apprendiamo che << … dopo il Congresso di Vienna ed il ritorno della pace, il Regno di Sardegna non ebbe più interesse a mantenere attive le Fortezze, perché bisognose di costante e costosa manutenzione, pur essendo ormai di scarso interesse strategico. Nel 1867 ne iniziò o la vendita o l‟abbandono. Il Console Inglese a Genova, Montague Yeats Brown comprò per lire settemila la Fortezza dallo Stato, innamorato del luogo per averlo visto più volte dal suo vascello Black Tulip, durante le numerose uscite nelle acque del Tigullio. Con la sapiente guida dell‟Architetto Alfredo de Andrade e dell‟Ingegnere Pietro Tamburelli, trasformò la Fortezza senza snaturarne i contenuti. Il Barone Alfonso von Mumm, abitante nel vicino castello San Giorgio, annota nei suoi scritti che “il Console fece tanto bene il 7
14
nostro Oneto, che gli si era rivelato ingegnosissimo costruttore di yachts, un cutter Black-tulip. Quelle due barche da diporto invogliarono alcuni Genovesi ad esperimentare i divertimenti marinareschi poc‟anzi o ignorati o negletti. Qui mi torna in acconcio fare ricordo come pure per la solerte ed instancabile opera dei fratelli Brown sorgesse la società Canottieri Genovesi […] Ma se alcuni genovesi avevano mostrato molto entusiasmo nel seguire l‟esempio dei fratelli Brown, acquistando delle imbarcazioni da diporto, erano meno entusiasti, se non addirittura indifferenti, all‟idea di dare una base societaria 9 alla loro attività diportistica”. lavoro da non alterare assolutamente il disegno originale”; dice ancora con soddisfazione che “da signore quale era il Console arredò con mobili e suppellettili da grande intenditore e collezionista”. Ciò che oggi ammiriamo, dai laggioni (le piastrelle del „500/‟600 levantine di Albisola) alle ardesie intagliate, alla pietra nera di Promontorio scolpita, ai marmi, alle porte delle stanze ricavate dal Black Tulip in disarmo, sembra frutto di aggiunte in tempi successivi. Invece, come d‟uso ai tempi di De Andrade, con l‟antico è stato ricostruito un valido ed apprezzabile “finto antico”; la bravura dell‟Architetto ha fatto sì che tutto sembrasse nato sul posto. Nel 1870 il console fece piantare due pini sulla terrazza del castello; uno per il giorno del suo matrimonio, l‟altro per la moglie Agnese Bellingham. Ancora oggi dominano con la loro maestosità il paese. Come tutti gli inglesi che soggiornarono in riviera, Brown volle creare un giardino in cui vivesse il “genius loci”, sfruttando un clima temperato a loro sconosciuto, un giardino di piante mediterranee ed essenze delicate, con reminescenze delle loro origini inglesi. Il console morì nel 1905 lasciando in eredità il castello ai figli che lo custodirono fino al 1949. Nel dopo guerra fu venduto a John e Joceline Baber, loro connazionali con l‟amore per l‟archeologia […] Con i Brown ed i Baber la Fortezza da militare si trasforma in abitazione civile e ci viene lasciata per continuare a viverla e mantenerla; il loro è stato un educato e discreto possesso durato solamente un secolo (i Baber hanno venduto la proprietà al Comune di Portofino nel 1961, per permettere a tutti di goderne l‟incomparabile bellezza), un secolo fatto non di assalti di galee o di fucilieri, ma ancor più violento nelle distruzioni. Un grazie a loro se oggi entrando nel Castello possiamo leggerne la storia circondati da un paesaggio fiabesco>>. Nell’edificio – ha riferito la Società Gestione Eventi - non si trovano custoditi ritratti, foto o carte private del console, poiché all’atto della vendita del maniero i Brown traslocarono altrove ogni arredo. 9 Tale “base” venne realizzata il 19 ottobre 1879, allorché fu costituito il Regio Yacht Club Italiano, tra i cui soci fondatori (in totale 100 soggetti) figurano la “Società di Canottieri del Tevere – Roma”, la “Società di Canottieri Cerea – Torino” e la “Società di Canottieri Livornesi”. Il primo statuto del club, approvato il 4 aprile 1880, all’art. 12 (titolato “Società costituite che possono erigersi in sezione”) prevedeva che “… una Società Marittima, sia militare che civile, ed una Società di Canottieri, potranno far parte del R. Yacht-Club erigendosi in Sezione, qualora non esista ancora una Sezione del R. Yacht-Club nel luogo ove sono costituite”. Il successivo art. 13 (titolato “Ammissione di Società di Canottieri a far parte del R. Yacht-Club”) precisava che “… le Società italiane di Canottieri regolarmente costituite potranno far parte del R. Yacht-Club, facendosi rappresentare dal loro Presidente”; e, ancora, che “... il R. Yacht-Club avrà speciale cura di favorire in ogni miglior modo le Società di Canottieri inscritte, offrendo loro il mezzo di concorrere alle annue regate nazionali ed accordando facilitazioni a quelle che avessero in animo di recarsi all‟estero a concorrere in regate internazionali. Il R. Yacht-Club inviterà le Società di Canottieri inscritte a nominare una commissione onde studiare la questione di un tipo unico di „canoe italiane da corsa‟ onde istituire nelle regate nazionali una gara speciale d‟imbarcazioni a remi che sarà detta „la gara delle canoe italiane‟. Detta Commissione sarà incaricata di studiare un sistema di „compenso‟ che permetta a lancie o canoe di tipo vario di poter correre insieme nelle gare promosse dal R. Yacht-Club. Sarà cura del R. Yacht-Club l‟agire colle società consorelle d‟altri stati onde il sistema di compenso determinato dalle società di Canottieri sia di buon grado accettato in caso di gare internazionali. I lavori di questa commissione saranno sottoposti 15
Fu
di
matrice
britannica,
dunque,
la
prima
associazione
prettamente remiera sorta sotto la Lanterna. L‟estensore dell‟articolo, pur non specificando l‟anno di costituzione di tale società, induce a fare ritenere che la stessa abbia visto la luce prima dello Yacht Club Italiano (fondato nel 1879) e, in ogni caso, antecedentemente al 1883, anno di pubblicazione dell‟articolo. Una precisazione in merito viene fornita, ai giorni nostri, ancora dallo Yacht Club; più esattamente dal suo socio Giorgio Olivero, il quale, nel corso di appassionate ricerche sulle vicende del celebre circolo velico, si sarebbe imbattuto nella seguente notizia: “La Società Canottieri Genovesi fu fondata nel 1876, con sede nel porto di Genova sul galleggiante „Club‟ e la segreteria in Via Orefici n° 6. I fondatori erano stati i fratelli Brown, che troviamo nella Direzione della Società”. 10 E‟ però comprovato che la società esisteva (quantomeno di fatto) già l‟anno precedente.
La prima Regata Nazionale di canottaggio Una pubblicazione della Società Triestina Canottieri Adria riporta infatti che in Italia “… la prima regata a carattere nazionale si svolse a Genova nel 1875, promossa dalla Società Ligure di Salvamento, con la partecipazione delle Società Tevere, Cerea e Canottieri Genovesi”.11
all‟approvazione dell‟assemblea generale”. Lo statuto originario, inoltre, includeva tre distinti codici: per le “regate a vela”, per “le regate a vapore” e per “le regate a remi promosse dal Regio Yacht-Club Italiano” (quest’ultimo regolamento è riprodotto nell’allegato n° 15); tali codici, così come i due articoli prima illustrati, non sono più contemplati dallo statuto oggi vigente. Tutto ciò premesso, il rifiuto nel 1881, da parte dello Yacht Club, di dare corso alla richiesta di istituire una sezione remiera dovette apparire alla Canottieri Cerea assolutamente incomprensibile, tanto da determinare il suo distacco dall’associazione velica (cfr. precedente nota n° 2). “Troppo divergenti erano gli interessi di velisti e canottieri...”, spiega oggi la società remiera torinese sul proprio sito internet “www.cerea.org”. 10 Il Dr. Giorgio Olivero, dopo avere dettato all’interlocutore gli appunti a suo tempo raccolti sulla Canottieri Genovesi (degli altri forniti si darà conto successivamente nella relazione), ha purtroppo precisato di non ricordare quale sia il documento, fra gli innumerevoli consultati nel corso degli anni, dal quale sono state estratte le informazioni riferite. 11 Dal volume celebrativo “L’Adria nella storia del canottaggio triestino, 1877-1997”, a cura di Antonella Caroli Stenta, Editrice La Mongolfiera Libri , Trieste, 1997, pag. 30. 16
L‟adesione alla manifestazione di questi tre sodalizi è confermata dal Reale Circolo Canottieri Tevere Remo, che nella propria cronistoria ufficiale riporta:
“1875 – Agosto – La Società Ligure di Salvamento
organizza a Genova la 1.a Regata Nazionale di canottaggio dove il Tevere vince il primo premio nella gara delle canoe italiane con la canoa Margherita (in onore della futura Regina) con l‟equipaggio composto dai Soci Romolo Tittoni, timoniere, Pio Barucci, Carlo Filonardi, Giulio Annibaldi e Camillo Buti, rematori. Alla gara partecipano la Soc. Canottieri Cerea e la Canottieri Genovese”.12 In un recente articolo, il giornalista sportivo Italo D‟Amico asserisce
(erroneamente)
che
la
competizione
fu
invece
vinta
dall‟equipaggio della Canottieri Genovesi.13 Allo scopo di acquisire maggiori notizie su quest‟ultimo, è stata chiesta alla Società Nazionale 14 di Salvamento la possibilità di accedere ai suoi archivi; sfortunatamente, presso la stessa non è più disponibile
alcun
resoconto
o
atto
relativo
all‟evento.15
Né
Dal sito internet “www.rcctevereremo.it”, sezione “storia” (n.d.r.: la regata si svolse il 25 luglio e non nel mese di agosto, come viene erroneamente indicato nella cronistoria del sodalizio capitolino). A proposito dei vogatori romani, il giornale moderato “Gazzetta di Genova” (all’epoca il più diffuso quotidiano genovese, con una tiratura intorno alle 5.000 copie) pubblicò il 23 luglio 1875 la seguente corrispondenza da Roma: “A quest‟ora saranno giunti a Genova i nostri canottieri del Tevere che si recano a prendere parte alla Regata. Da prima avevano intenzione di andar a Genova per mare colle loro barche; poi hanno temuto di giungere troppo stanchi e di essere in cattive condizioni per concorrere alla gara. Sono dunque partiti per strada ferrata e probabilmente effettueranno per mare il ritorno”. 13 Cfr. allegato n° 2, tratto dal quotidiano genovese “Corriere Mercantile” del 1° dicembre 2004. Il giornalista, raggiunto telefonicamente, ha precisato di avere ricevuto l’informazione dall’ing. Vincenzo Tosetto, già vice presidente vicario della Federazione Italiana Canottaggio nonchè socio del Rowing Club Genovese. Nel corso di un piacevole colloquio telefonico, il novantaduenne Tosetto ha a sua volta informato di non essere più in grado di risalire alla fonte da cui aveva a suo tempo attinto la notizia; egli ha peraltro raccontato di avere iniziato la propria attività remiera nel 1926 presso la Canottieri Elpis (“… lì la quota associativa costava la metà di quella del Rowing Club, dove erano tutti „signorotti‟, mentre l‟Elpis era composta da studenti e impiegati”), società presso cui rimase fino al 1932, anno in cui entrò a far parte della sezione remiera del Gruppo Universitario Fascista (GUF) di Genova; terminato il secondo conflitto mondiale, venne chiamato dal Rowing Club Genovese a collaborare alla ripresa dell’attività di quel circolo. La vittoria della Tevere nella regata del 1875 trova comunque conferma in un documento fornito dalla Canottieri Cerea (cfr. allegato n° 13). 14 L’originaria qualifica “Ligure” del sodalizio venne sostituita da quella “Nazionale” nel 1930; cfr. nota successiva. 12
Il dr. Giuseppe Marino, attuale presidente della “Salvamento”, ha spiegato che la quasi totalità della documentazione sociale tempo addietro fu scelleratamente avviata al macero dal figlio di un suo predecessore nel corso dello sgombero di un magazzino di proprietà di quella famiglia, presso cui 15
17
contribuiscono gli articoli della stampa dell‟epoca che è stato fin qui possibile recuperare:
16
essi si limitarono infatti a menzionare i
territori di provenienza di alcuni dei numerosi e pur tuttavia ignoti partecipanti (la gara in cui si misurarono fra loro i tre circoli di canottieri rappresentò soltanto una delle varie regate bandite dalla Società di Salvamento); un solo servizio accennò fuggevolmente a vogatori genovesi “… sotto la direzione del console Brown”. Maggiori dettagli sono pertanto stati richiesti alle società Adria e Tevere Remo, le quali hanno però comunicato di non disporre su quello specifico confronto remiero di elementi di conoscenza ulteriori rispetto a quelli già resi noti; la Reale Società Canottieri Cerea, dal canto suo, ha inviato copia della corrispondenza intrattenuta all‟epoca
l’archivio era stato temporaneamente trasferito. Nel sito internet “www.salvamento.it” è disponibile ad ogni modo una “Breve storia della Società, dal 1872 al 1959”, di cui, al fine di approfondimento storico, si riportano le seguenti notizie: “… Nel luglio dell‟anno 1871 alcuni benemeriti cittadini, […] preoccupati del continuo verificarsi di casi di annegamento, dovuti in gran parte all‟imperizia dei bagnini […], costituirono … una nuova Società avente lo scopo di incoraggiare il salvataggio in mare, di premiare con medaglie o somme di denaro i salvatori, di diffondere, a mezzo conferenze e lezioni popolari, i mezzi idonei a ridare la vita agli asfittici combattendo il barbaro metodo in uso di capovolgere il naufrago, col rischio di accelerarne la morte”. All’associazione fu imposta la denominazione di Società Ligure di Soccorso ai Sommersi. Nell’anno 1872, ampliando la sua sfera d’azione, la Società prese il nome di Associazione Ligure di Salvamento. Tra gli scopi sociali v’era anche “… la conservazione della Sezione di Voga come scuola del remo [per lance da salvamento, n.d.r.]. La Società, per assolvere gradatamente ai suoi compiti, istituiva una scuola di nuoto e voga e nell‟anno 1875 bandiva la prima Regata Nazionale, a cui ne seguì una seconda l‟anno successivo […] Nel 1892 la Sezione Voga della Salvamento, assai fiorente, ebbe il primo e il secondo Premio alle regate che ebbero luogo nel Porto di Genova”, in occasione dell’Esposizione Italo-Americana. Nel 1922 “… la Sezione Voga era sempre più numerosa, vi si iscrivevano studenti nautici, impiegati di banca e un numeroso gruppo di signorine. Ogni sezione, anche quella femminile, aveva il suo gagliardetto in seta ricamato in oro”. Nel 1923 “… i Soci Volontari erano ormai più di 500, i Canottieri 150; più di 40 i Canottieri Studenti Nautici e una trentina quelli della Sezione femminile canottiere […] L‟Assemblea Generale di Soci dell‟aprile 1929 [… ] pensava che fosse giunto il momento di inviare una commissione a Roma per sollecitare dal Ministero un‟altra circolare che facesse obbligo a tutti gli aspiranti Bagnini di sottoporsi agli esami indetti dalla Salvamento, da sostenersi presso le varie Capitanerie del litorale”. La richiesta fu accolta: il Ministero rese obbligatorio l’esame di abilitazione all’esercizio di bagnino. Era, a questo punto, “… giunto il momento di attuare il piano sociale di trasformare in Nazionale la Società Ligure di Salvamento, con Sede Centrale sempre Genova […] Nell‟anno 1930, veniva approvato il nuovo Statuto da parte dell‟Assemblea. Ormai la bianca ancorata Bandiera poteva sventolare su tutte le coste d‟Italia, delle Colonie, sui fiumi e sui laghi”. Nel 1932 “… militi volontari sorvegliavano lo specchio acqueo durante le prove di idoneità per aspiranti bagnini e facevano parte della commissione esaminatrice per il rilascio dei brevetti di nuoto e voga ai Marittimi”. Inoltre “… funzionava la vigilanza costiera da parte dei Volontari di tutte le nostre Sezioni”. 16 Cfr. allegati 3a 3h. 18
con la società organizzatrice dell‟evento, nella quale tuttavia non viene fatta menzione della partecipazione della Canottieri Genovesi.17 Qui non resta allora che proporre, a titolo di curiosità storica, un estratto del servizio che lunedì 26 luglio 1875 il quotidiano “Gazzetta di Genova” dedicò alla “festa nazionale” svoltasi il dì antecedente tra il Molo Nuovo e il seno di Santa Limbania: “… Tutte le inflessioni, tutte le desinenze della lingua italiana, nelle sue molteplici forme dell‟alta, della media e della bassa, si udivano ieri risuonare per le vie di Genova, sulle calate e sui galleggianti del Porto. Le tre linee ferroviarie del nord, di levante e di ponente riversarono in gran copia i visitatori per la lieta festa della Regata Nazionale […] Migliaia di persone sulle calate, sui piroscafi che fiancheggiavano la corsia
destinata
alla
gara
dei
vogatori,
sui
numerosi
battelli
sparpagliati nelle acque del porto, sui terrazzi ed alle finestre della case prospicienti il porto, dalla darsena fino alla Lanterna, formavano uno spettacolo impossibile a descriversi. Il principio delle gare era fissato alle 5 pomeridiane, ma già da qualche ora gli accessi del porto erano animati dalla folla desiderosa di assistere alla Regata […] Circa le quattro, parve che il tempo volesse proprio mandar tutto a soqquadro; piovve per una mezz‟ora, e già si stava in forse sull‟attuazione del programma; fortunatamente la fedeltà all‟impegno preso la vinse sulla paura e si tirò innanzi. Un poco prima delle cinque un colpo di cannone e il suono della marcia reale eseguita dalle bande annunziarono l‟arrivo della principessa Margherita 18. Scesa di carrozza e preso il braccio del principe Tommaso19 ella si avanzò col figlio suo, il principe di Napoli, sotto il padiglione eretto sulla spiaggia di Santa Limbania. Il cielo, con
Da tale corrispondenza si apprende che “… il batello con cui corrono o correrebbero i canottieri del Tevere […] è lungo 10 metri circa”. La società remiera torinese ha gentilmente fornito anche il voluminoso carteggio relativo alla Regata Nazionale dell’anno successivo. 18 Trattavasi della moglie di Umberto I, futuro Re d’Italia. 19 Duca di Genova e fratello della principessa Margherita. 17
19
una cortesia cavalleresca, si era rasserenato, e il sole tornava a risplendere […] Alle cinque cominciarono le corse, e primi furono i Veneziani colle loro gondole e col loro costume pittoresco. Seguirono poi le altre corse indicate nel programma: i vincitori fra il plauso della moltitudine ricevettero successivamente i premii e le bandiere dalle mani della principessa […] Negl‟intermezzi delle corse, le bande del presidio e quella della Guardia Nazionale eseguirono scelti pezzi […] Le corse terminarono circa le sette e mezzo, e la Principessa faceva ritorno, acclamata dalla folla, al Palazzo Reale, dove ebbe luogo uno splendido convito […] Intanto le vie della città si andavano illuminando per cura del signor Ottino, e l‟Acquasola segnatamente presentava un magico aspetto. Ghirlande svariatissime di fiammelle di gaz e di lampioncini a diversi colori spargevano tra le piante e sui viali di questa pubblica passeggiata una luce fantastica, ricca di bei riflessi e di gentili gradazioni. Tutte le vie che conducono all‟Acquasola erano gremite e non si poteva avanzare che a passo lento e con frequenti intervalli di sosta […] Circa la mezzanotte, la Società Ligure di Salvamento riceveva ad una suntuosa cena, in una sala della Concordia, i rappresentanti dei canottieri del Tevere e del Po, quelli della stampa locale e di altre città, e altre notevoli persone. Vi furono brindisi e discorsi assai lieti ed arguti e vi regnò la più schietta cordialità, come vi fu la più squisita cortesia per parte dei membri della Società da cui erano stati fatti gl‟inviti […] Durante la festa della Regata Nazionale avvennero tre borseggi a danno di tre signori, di un portafogli cioè e di due orologi. La Questura pervenne ad operare l‟arresto di due dei tre borsaioli…”.
La seconda Regata Nazionale di canottaggio Il 30 luglio 1876, organizzata ancora dalla Società Ligure di Salvamento, si tenne nel porto di Genova una seconda Regata 20
Nazionale,20 “… alla quale presero parte rappresentanze di tutte le città del litorale italiano con l‟intervento del Corpo RR. Equipaggi, la rappresentanza di Trieste e di Venezia, la quale (Venezia) inviò per treno le meravigliose gondole della laguna con i bravi gondolieri. Presenti sempre membri della Famiglia Reale. Il successo di questa seconda regata fu più spettacoloso ancora e se ne occupò estesamente la stampa nazionale ed estera. Tutti erano meravigliati che questa Società giovane e privata, potesse ottenere tanto glorioso successo. L‟Italia stessa trasse grandi benefici da queste vittorie marinare: ovunque sorsero società sportive alle quali si iscriveva tutta la gioventù elegante: sulle coste, sul Po, sul Tevere, sui laghi. (Tre ardimentosi, a bordo di una piccola canoa, scesero il Tevere ed a forza di remi, vennero a Genova, accolti festosamente dalla Salvamento che fece coniare appositamente tre medaglie d‟argento e le offrì loro come ricordo dell‟ardita impresa).21 La seconda iniziativa della Salvamento suscitò effettivamente uno straordinario interesse in tutta l‟ Italia marinara. Si iscrissero alle gare uomini e donne di varie località della Liguria, di Torino, Pallanza, Venezia, Chioggia, Viareggio, Pisa, Livorno, Cagliari, Napoli, Palermo nonché equipaggi della Regia Marina Militare. Come lamentò il quotidiano genovese “Caffaro” (da cui sono tratte le cronache della
Il carteggio tra le società Salvamento e Cerea rivela che la competizione era stata originariamente fissata per il giorno 25 giugno; sfavorevoli previsioni meteorologiche avevano poi indotto a posticiparla al 30 luglio (cfr. comunicati emessi dalla Società Ligure di Salvamento, allegati nn. 6 e 7; archivio R.S.C. Cerea). 21 Tratto da “Breve storia della Società [Nazionale di Salvamento] dal 1872 al 1959”, op. cit. Tale resoconto sulla manifestazione del 1876 sembra invero viziato da alcune inesattezze. Secondo un giornale genovese dell’epoca, il “Caffaro”, i triestini in realtà non poterono prendere parte all’evento (cfr. oltre nella relazione), mentre i “gondolieri” concorsero in rappresentanza del Comune di Venezia su un gozzo a 8 remi e 6 vogatori: per “gondole della laguna” devono dunque intendersi, con ogni probabilità, i “battelli Chiozzotti a 4 remi e 4 vogatrici”, la cui gara, peraltro, non entusiasmò (“… le vogatrici Chiozzotte non ebbero un grande successo, vuoi perché le loro barche non sono punto corridore, e vuoi per il sistema di voga, che non ha nulla di simpatico”; cfr. il Caffaro del 31 luglio 1876). Relativamente all’impresa dei romani, è da precisare che essa fu compiuta l’anno successivo; sul sito internet del R.C.C. Tevere Remo (sezione “storia”) si legge infatti: “1877 – I Soci Pio Barucci, Augusto Comotto e Virgilio Marchetti compiono una navigazione da Roma a Genova in 28 giorni”. 20
21
manifestazione qui riportate)22, “… circostanze imprevedute (dicesi che l‟autorità politica austriaca siasi opposta; ma bene!..) impedirono a Trieste di mandare suoi rappresentanti a prendere parte attiva alle gare”. Assenti, purtroppo, anche i protagonisti della regata dell‟anno precedente: “I canottieri di Roma avevano ordinato in Inghilterra due „lancie‟ strettissime, molto lunghe, di quelle che hanno i braccioli portaremi sporgenti fuori della banda. 23 Per una fatalità, le due ‟lancie‟, per molti ritardi, sono arrivate a Livorno ieri l‟altro, e i „canottieri‟ romani dovrebbero manovrare un poco ed esercitarsi col nuovo sistema per avere l‟impostatura, e sapere con che bestia hanno da fare. Oltrechè, nella loro delicatezza, hanno anche pensato che non sarebbe stato generoso (questo sia detto a loro onore) concorrere con imbarcazioni d‟un genere nuovo e di qualità superiore a quelle degli altri emulatori”. Il cronista si disse “dispiacentissimo” per la mancata partecipazione dei vogatori capitolini: “Una regata senza Remo! Come chi dicesse un dindìo senza tartufi”.24 L‟evento generò a Genova un eccitato clima di attesa. “Si prevede una piena, come quella di Milano, per l‟imperatore Guglielmo” – scrisse il Caffaro – “Coloro che hanno camere per alloggio disponibili e non le hanno dichiarate, sono pregati a volerlo fare quanto prima all‟ufficio di polizia municipale […] Le vie della città saranno imbandierate, ma sarebbe a desiderarsi che, a dare aspetto alquanto più giulivo alla ”Caffaro” (il), giornale quotidiano genovese fondato nel 1875 da Anton Giulio Barrili [scrittore garibaldino, n.d.r.]. Di tendenze liberaldemocratiche, fu uno dei più noti giornali dell‟Ottocento. Fu assorbito nel 1929 dal “Giornale di Genova”>> (da “La Biblioteca del Sapere”, Enciclopedia Multimediale Rizzoli Larousse, edizione speciale per “Il Corriere della Sera”, anno 2003). Secondo altre fonti - tra queste “Storia del Giornalismo Italiano”, Edizioni Gutenberg 2000, Torino, 1986 - il Caffaro venne invece fondato nel 1874; la testata che mezzo secolo più tardi lo avrebbe incorporato rappresentava uno degli organi di stampa del Partito Nazionale Fascista. Negli allegati 12a 12n sono riprodotti gli articoli che dal 21 al 31 luglio l’antico giornale genovese dedicò alla seconda Regata Nazionale. 23 Le “lancie” descritte dal cronista del Caffaro erano senza dubbio “outrigger” (“fuoriscalmo”), imbarcazioni da canottaggio moderno. 24 Nella cronistoria ufficiale del R.C.C. Tevere Remo viene tuttavia riportato: “1876 – 30 LUGLIO – Partecipazione a Genova alla II Regata Nazionale di canottaggio” (cfr. sito internet “www.rcctevereremo.it”, sezione “storia”). Nessun equipaggio romano compare comunque nell’elenco degli iscritti alle regate pubblicato dal Caffaro il 30 luglio. 22 <<
22
nostra Genova, tutti i privati mettessero fuori le loro bandiere. E‟ cosa ben di poco momento, per chi lo deve fare, ed è un atto di buona accoglienza agli Italiani di tutte le provincie che vengono a chiederci ospitalità e ci portano quattrini in copia. E vi ha di più: che ciò costa nulla”.25 Riguardo ai partecipanti alla competizione, il cronista si diceva “… certo che a tutte ed a tutti farà buona accoglienza la nostra cittadinanza, poiché si tratta di fratelli che, in una solenne occasione, vengono a darsi amichevole e dignitoso ritrovo in quella Genova che tante volte fu salutata col nome di regina del mare. Ho detto dignitoso ritrovo ed infatti quello stesso „Times‟ che, a riguardo delle baldorie, prese occasione per lanciare all‟Italia il titolo poco edificante di „carnival-nation‟, parlando della nostra regata nazionale, la encomiò, la disse degna dei nuovi destini del popolo fra cui ha luogo, ed espresse unitamente il desiderio che la terza regata italiana possa essere internazionale. Unisco i miei voti a quelli del foglio della
<<City>> ”.
Il giornale, a salvaguardia del buon nome di Genova, raccomandò poi ripetutamente l‟intervento delle Autorità: “Sarebbe cosa assai conveniente, anzi necessaria, che la Capitaneria di Porto stabilisse, per quei giorni, una tariffa speciale, equa, ragionevole, che riuscisse soddisfacente tanto ai cittadini, quanto ai barchettaiuoli …”,
poichè
“… i cittadini hanno diritto […] a non essere alla mercè dell‟altrui avidità”. Quanto richiesto a proposito dei barcaioli “… può ugualmente applicarsi al servizio delle carrozze cittadine. Ognuno rammenta come, lo scorso anno, pure in occasione della regata, fosse assi difficile, per non dire impossibile, trovare una carrozza cittadina. Erano tutte in N.d.r.: da “buoni” genovesi... Un altro passo delineava invece il milanese “tipo”: “Un facoltoso proprietario di Milano, uomo tranquillo, che non ha mai oltrepassato il confine dei suoi possedimenti, è stato trascinato dalla moglie, per la prima volta, ai bagni di mare, ed ha preso stanza presso di noi. Ecco come egli trascrisse le sue impressioni, in una lettera diretta al suo architetto: << Ho visto il Mediterraneo, è bello, è maestoso… ma, d‟altra parte, quanto terreno perduto; quant‟area fabbricabile resa infruttuosa!...>> ”. 25
23
moto, ma per la maggior parte vuote. Gli automedonti non avevano altro scopo, in tali passeggiate volontarie, che quello di farsi credere impegnati, per fingere una transazione e pelare il malcapitato che aveva bisogno del loro servizio. Anche pei cocchieri ci vorrebbe una tariffa speciale ed una speciale sorveglianza”. Nell‟edizione del mattino26 del 30 luglio (il giorno solenne), il Caffaro ricordò ai lettori che “… le gare cominciano dopo le 3 pomeridiane […] La sera, c‟è l‟illuminazione all‟Acquasola, per opera dell‟immancabile Ottino. I più bei fuochi, non artificiali, saranno gli occhi scintillanti delle nostre belle visitatrici, che ieri ed oggi rendono così brillanti i nostri passeggi”. Per agevolare, al termine della spettacolosa giornata, il rientro degli spettatori provenienti dalle riviere, la Società Alta Italia organizzò treni notturni speciali verso La Spezia e Savona. Ancora il Caffaro del giorno 30: “Il generale Garibaldi, avendo ricevuto invito di assistere alla Regata nazionale, rispose colla seguente lettera: ligure di salvamento‟.
<< Genova. << Grazie
<< ‟Alla
Società
per la gentile vostra del 21 e
per il cortese invito alla festa della Regata nazionale, che mi duole non poter accettare.
<< Sarò
con voi col cuore e sempre.
<< ‟Vostro‟
–
G.Garibaldi..>> Caprera, 24,7,76.”. Infine, un richiamo: “Le regate sono una gran bella e buona cosa, ma rammento ai miei lettori che oggi, dopo il mezzogiorno, si compie in Genova una gran solennità, in onore di Goffredo Mameli”. Alla presenza di bande musicali, di rappresentanti delle associazioni operaie e democratiche nonchè del professore e poeta Giosuè Carducci, venne infatti scoperta in Via San Lorenzo la lapide inneggiante al famoso patriota genovese, che ancora oggi possiamo lì mirare, datata 30 luglio 1876, il dì della seconda grande Regata Nazionale.
26
Il giornale genovese pubblicava quotidianamente anche un supplemento pomeridiano. 24
Per quanto atteneva strettamente alla competizione, dal foglio battezzatosi con il nome di un antico e celebre cronista 27 si apprende che “… la Regata quest‟anno prende tutto quel tratto di mare che costeggia i Magazzini generali […] I vogatori di una medesima corsa passano sotto gli occhi degli spettatori due volte, perché i battelli, dopo aver percorso uno spazio di circa 750 metri, girano attorno alle boe, e ritornano là ove erano partiti”. Il costo dei biglietti per i circa 8.000 posti28 sui palchi allestiti lungo le banchine variavano, a seconda della posizione, da una a quindici lire; quello per l‟imbarco sui sei piroscafi che delimitavano il lato mare del campo di regata da tre a dieci lire. Sei i punti di ristoro. Uno “scelto concerto” sarebbe stato eseguito durante la manifestazione dalle bande riunite di Sestri Ponente e dell‟ 11° Reggimento di Fanteria. Nel supplemento pomeridiano del 30 luglio il Caffaro illustrò dettagliatamente ai lettori il regolamento di gara.29 Il cronista rese noto poi che “… appena partono i battelli di ciascuna corsa, i banditori lo annunziano lungo tutta la linea e annunciano, pure, appena terminate le corse, il nome dei vincitori”. La comunicazione del risultato di ciascuna regata sarebbe stata preceduta da squilli di tromba. Il programma prevedeva gare di sandolini, yole, canotti, gozzi e lance di varie tipologie; le diverse categorie di concorrenti – marittimi in
rappresentanza
dei
propri
Comuni,
studenti,
canottieri
Caffaro, uomo politico e cronista genovese (Caschifellone, od. Castrofino, 1080 circa – Genova 1166). Più volte console, capitano della flotta genovese contro Pisa (1125) e contro i Saraceni a Minorca e Almeria (1147), compì importanti ambascerie a Roma, in Spagna e presso il Barbarossa (1154 e 1158). Sin dal 1100 iniziò la stesura degli “Annales Ianuenses”, registrando i fatti avvenuti a Genova ogni anno (nel 1152 il Comune dispose che fossero custoditi nell‟archivio pubblico). Narratore semplice ma dignitoso, espose i fatti cui ha partecipato o che conosce con sicurezza. L‟opera fu continuata da altri dal 1164 al 1293 per volere del Comune. Scrisse anche la “Historia captionis Almariae et Tortuosae” e una storia della prima crociata, “Liber de liberatione civitatum Orientis”>>. (Tratto da “La Biblioteca del Sapere”, op. cit.). 28 Cfr. comunicato emesso dalla Società Ligure di Salvamento, allegato n° 7 (Archivio R.S.C. Cerea). 27 <<
Un esemplare di tale regolamento – di cui è stata prodotta copia nell’allegato n° 11 - è conservato nell’archivio storico della R.S.C. Cerea. 29
25
propriamente detti, donne, equipaggi della Marina Militare – si misurarono separatamente. Erano in palio premi in denaro, tranne che per gli studenti e i “dilettanti“ (i canottieri), ai quali vennero invece destinati, oltrechè la rituale bandiera, oggetti di pregio offerti da autorità, da associazioni e, soprattutto, da gentildonne. Si apprende, ad esempio, che “… la Società Ligure di Salvamento ricevette il dono che il re d‟Italia destina a uno dei vincitori della Regata Nazionale e che il Consiglio ha destinato a primo premio per la gara delle Lancie da corsa (dilettanti). Questo dono consiste in un orologio a „remontoir‟ colle cifre reali in brillanti, una bellissima catena con ciondolo recante egualmente le cifre reali
in brillanti da un parte, e
dall‟altra una stella in brillanti. E‟ insomma un „brillantissimo‟ dono. Meno brillante, ma ugualmente di buon gusto è l‟astuccio coperto di velluto e colle cifre e la corona reale ripetute sullo stesso […] Un altro dono venne posto a disposizione della Società di Salvamento da parte del principe Tommaso30, il quale mandò in regalo un magnifico fucile da caccia, da designarsi ai vincitori di qualche gara. Lo stesso principe arriverà quest‟oggi, nelle ore meridiane” (del 30 luglio, n.d.r.). Anche questo premio fu destinato alla gara delle “lancie da corsa”, segno che essa rappresentava per gli organizzatori il momento “clou” della manifestazione. Trattavasi della: “NONA GARA. Lancie da corsa a 4 remi con scalmiere, 4 vogatori e timoniere. (Riservata ai dilettanti italiani). 1.a Lancia. – Cosso Eulogio, Romero Enrico, Vassallo Paolo, Ferro Agostino, Solari Francesco timoniere. Abbigliamento. – Cappello di paglia con iscrizione:
<<Società
Ginnastica Cristoforo Colombo>>. Blouse
bleu alla marinara pantaloni bianchi e stivaletti neri.
30
Cfr. precedente nota n° 19. 26
Bandiera. –
Orifiamma bianca con le lettere S.G.C.C.. L‟equipaggio è della Società Ginn. C.C. di Genova.31 2.a Lancia. – Bacci Giampaolo (timoniere), Gelli Luigi, Bargelloni Franc., Anatrella Alfredo, Fastale Michele. Abbigliamento. – Vestito bianco e nero. Bandiera quadrata stella d‟oro in campo nero. L‟equipaggio è formato dai dilettanti Livornesi. 3.a Lancia. – Balbis Agostino, De Fernen avv. Agostino, Molgora Giuseppe, Musy Amedeo, Grosso Giuseppe. Abbigliamento. – Berrettino bianco e bordo bleu scuro, maglia a righe bianco e bleu e pantaloni di tela bianca. – Bandiera quadrata portante il Toro bianco in campo azzurro un po‟ carico. L‟equipaggio è formato dai Canottieri Torinesi della Società „Cerea‟. 4.a Lancia (Maria Pia). – C. Vilson (timoniere), Ferdinando Brocchi, Poggi avv. Vincenzo, Stanco Pietro. Abbigliamento: Rosso e bianco – Bandiera bianca collo stemma della Società al centro. L‟equipaggio è formato dalla Società dei Canottieri Genovesi.32 „Due Premi‟. – 1° Premio. – Un gonfalone ricamato dono delle Gentildonne Genovesi più
<<un
orologio con catena d‟oro e ciondolo>>
dono del Re. 2° Premio. – Una bandiera, dono delle Gentildonne Milanesi più un <<fucile
da caccia>> dono del Duca di Genova”.
Dagli ordini di partenza delle tredici gare in programma (due delle quali femminili)33 anticipati dal Caffaro, si viene dunque a conoscenza
La Società Ginnastica Ligure Cristoforo Colombo nacque nel 1877 dalla fusione di due associazioni fondate nel decennio precedente: la Società Ginnastica Ligure (1864) e la Società Cristoforo Colombo (1869, ma già Società Ginnastica Operaia nel 1865). Nel 1877 il numero dei soci ammontava a 1.400, 120 dei quali appartenevano alla “Sezione Canottieri”, dotata di 3 canotti, una canoa, 2 sandolini e un cutter (Fonte: “Storia Illustrata di Genova”, op. cit., volume 6, pagg. 1425 e 1426). 32 Nel servizio non venne riportato il nominativo del quarto componente dell’equipaggio. Il vogatore “Poggi avv. Vincenzo”, invece, era forse l’ << Arrigozzo>> di cui alla nota n° 7 ? Ciò spiegherebbe la citazione della Società Canottieri Genovesi nell’articolo da questi redatto. 33 Oltrechè nei “battelli chiozzotti” di cui alla nota n° 21, le rappresentanti del gentil sesso si cimentarono nei “gozzi a 6 remi e 4 vogatrici”. Il Caffaro descrisse minuziosamente le divise da gara degli equipaggi “rosa”; così quella delle rematrici di S. Fruttuoso di Camogli: “ Corsetto bianco con bottoni gialli ed un 31
27
dei colori sociali - bianco e rosso - dell‟antica Canottieri Genovesi, 34 probabilmente mutuati dalla Croce di San Giorgio, emblema del capoluogo ligure.35 L‟archivio della Canottieri Cerea fornisce invece alcune
informazioni
sull‟ imbarcazione
utilizzata
dall‟equipaggio
genovese: “... A norma del programma di massima” – aveva colà scritto la Società di Salvamento nel precedente mese di marzo - “si lascia ampia libertà ai concorrenti sulla scelta delle dimensioni” (delle lance da corsa, n.d.r.); allo scopo di indicare comunque un parametro di riferimento, la Salvamento aveva poi precisato che “... intanto però [...] trasmettiamo le dimensioni della Lancia a quattro remi fatta costrurre dal Sig. Brown per la nuova Società dei Canottieri. Lunghezza massima Metri 10,09. Larghezza massima Metri 1,04. Profondità ossia Altezza Metri 0,44”. Gli organizzatori della regata avevano altresì informato che “... il Console Inglese Sig. Brown ci assicura che con 800 lire italiane si potrebbe avere in Genova una Lancia da corsa, non però nuova ma in ottimo stato”.36 Le misure dello scafo della “... nuova Società Canottieri di Genova” erano poi state “girate” dalla Cerea alle società remiere torinesi Eridano e Armida.37
nastrino rosso al collo. Porteranno un cappellino di paglia a fantasia con nastro nero cascante all‟indietro e lateralmente ornate di tre piume, una rossa fra due verdi”. 34 Tali colori sociali trovano conferma nella testimonianza riportata nella nota n° 62. 35 L’adozione della cosiddetta “Croce di San Giorgio” (croce rossa su fondo bianco) quale bandiera della città di Genova risalirebbe all’epoca delle crociate: San Giorgio, il cui culto è molto antico, fu proclamato protettore della città nel 1099, anno della conquista di Gerusalemme nel corso della prima crociata, nella quale il contributo di Genova fu decisivo (in seguito il patrono cittadino divenne però San Giovanni Battista). <<”Arremba San Zorzo!”, era il grido che le ciurme dei Doria, Signori di Genova, lanciavano quando andavano all‟arrembaggio delle navi avversarie […] Quando andare per mare non era tanto sicuro e i pirati scorazzavano in lungo e in largo depredando e uccidendo a volontà, gli equipaggi genovesi si erano resi famosi per la loro audacia al punto da essere temuti dagli stessi pirati; il loro vessillo era una bandiera bianca con al centro una croce rossa, la croce di San Giorgio, patrono della città di Genova. La fama dell‟imbattibilità dei legni genovesi si sparse pian piano per tutti i mari tant‟è che le truppe inglesi (si ricordi che San Giorgio è anche il loro patrono nazionale) pensarono bene di imitare i genovesi cosicché nei momenti difficili alzavano a loro volta le insegne “di San Giorgio”: pare che per parecchio tempo il trucco abbia funzionato a dovere e abbia quindi evitato non pochi danni al naviglio di Sua Maestà>>. (dal sito internet “www.baracchi.com”). Altre fonti riportano che l’Inghilterra, in cambio del benestare di Genova all’utilizzo del proprio vessillo, si impegnò a pagare un tributo alla città ligure. 36 Cfr. allegato n° 4. 37 Cfr. allegato n° 5. 28
Lunedì 31 luglio il Caffaro pubblicò un ampio resoconto delle regate svoltesi nel pomeriggio del giorno precedente: “… Cominciata appena la prima gara […] la musica intuonò la marcia reale, il pubblico rivolse la sua attenzione dal lato opposto e scorse il principe Tommaso che veniva ad assistere alla regata”. La nave militare “Maria Adelaide” con i suoi cannoni “… cominciò a far sentire la sua bella voce: erano i saluti d‟uso diretti al principe di Casa Savoia. L‟equipaggio, sui pennoni, fece pur esso i suoi convenevoli al duca di Genova nei modi usuali. Anche la nave da guerra americana „Alaska‟ sparò parecchi colpi di cannone in ossequio al nipote di Vittorio Emanuele”.
Tra le numerose autorità presenti sedevano i ministri
Depretis e Nicotera, “… salutati calorosamente dagli evviva e dai battimani di mille e poi mille persone”. Conclusasi la settima gara, “… si vide un corpo enfiato che si agitava sull‟onda ed i banditori vociarono: „il signor Benvenuto d‟Alessandro entra in acqua!‟. Il signor d‟Alessandro ha fatto parecchi esperimenti
per
dimostrare
che
poteva
stare
sull‟acqua
senza
affaticarsi, mangiando, bevendo e scrivendo con tutta comodità […] Il signor d‟Alessandro presentossi al principe ed ai signori ministri che lo encomiarono per il suo vestito di salvataggio”. Poco più tardi fu la volta del capitano americano Paul Boyton, “… l‟uomo dalla fama mondiale che come è noto, passò la Manica a guado mediante il suo portentoso apparecchio di salvataggio e il suo coraggio a tutta prova”.38 Cosi ecco “… una bandiera americana che corre sul mare!” – scrisse il Caffaro – “E‟ il capitano Paolo Boyton che cammina sull‟onda come un pesce e fa sventolare il vessillo del suo paese”. L‟esibizione del singolare statunitense preluse alla nona gara, quella cioè delle “lancie di corsa a quattro remi con scalmiere”, che
29
“… riuscì brillantissima. Il primo premio fu vinto dalla Società torinese „Cerea‟ ed il secondo dalla Società Ginnastica Cristoforo Colombo”. Il cronista non precisò il piazzamento dell‟equipaggio della Canottieri Genovesi. Ampio spazio fu quindi dedicato alla sfida fra equipaggi della Regia Marina: “Tredicesima ed ultima gara: è la marineria da guerra, quella che dà prova di saper maneggiare a dovere il remo; sono cinque canotti neri come gli squali, colla bandiera italiana di poppa ed una banderuola a prora, su cui è scritto il nome della nave a cui appartengono. In ciascuno di questi canotti dodici robusti marinaia alla voga, un timoniere ed un incitatore. Al segnale di partenza, i cinque canotti partono veloci come frecce; un applauso generale saluta i figli di tutte le provincie marittime italiane, che, sotto l‟assisa del marinaio appartenente al corpo reali equipaggi, si provano in una sfida incruenta, che afferma la bravura dei più fortunati ed il valore di tutti. I premii di questa gara erano tre e furono vinti: il primo 39 dal canotto appartenente alla „Maria Adelaide‟, il secondo da quello appartenente al „Principe Amedeo‟, ed il terzo da quello dell‟ „Affondatore‟. Vinta questa gara e consegnati i premii ai vincitori, il principe, accompagnato alla sua vettura dai ministri e dalle altre autorità, partì […] La „Maria Adelaide‟, con alcuni colpi di cannone, pare affermi anche una volta che tutto, in questa valle di lagrime e di regate, finisce, e perciò le mille barche infino allora tenute a freno dalle gare, invadono il campo, e la confusione succede all‟ordine. Buona notte!”. Il successivo 3 agosto la Cerea indirizzò al Presidente della Società Canottieri Genovesi una lettera di ringraziamento per l‟ospitalità 38 39
Cfr. comunicato emesso dalla Società Ligure di Salvamento, allegato n° 9 (Archivio R.S.C. Cerea). Il 1° premio consisteva in “… una bandiera, dono delle gentildonne livornesi, più L. 400”. 30
dimostrata nei confronti dei vogatori del circolo torinese. Di seguito si riporta quanto è stato possibile decifrare della missiva, ormai assai sbiadita e purtroppo anche lacerata nella parte conclusiva:40 “Onorevole Signore La nostra società convocata in straordinaria adunanza, ebbe relazione dai Soci componenti la quadriglia che prese parte alla Regata Nazionale, della festosa cordialissima accoglienza avuta e delle squisite gentilezze di cui furono colmati durante il loro soggiorno in Genova dalla Società da V.S. degnamente presieduta. La Società nostra, compresa [..?..] i gentili Canottieri Genovesi e delibera di esprimere loro le più sentite grazie. Lieto primo adempio al gradito incarico di partecipare alla S.V. questa tale; e sappia che mai non verrà meno in noi tutti il ricordo delle dimostrazioni di cui i Canottieri Genovesi ci furono larghi e che ci auguriamo di poter un giorno contraccambiare […] Giuseppe Grosso”.
Ulteriori notizie sulla Società Canottieri Genovesi Sul banco dei “testimoni” torna a sedere Giorgio Olivero41, il quale informa
che
la
Società
Canottieri
Genovesi
“... nel
1881
sul
galleggiante ha avuto ospiti i Reali di Romania”,42 e che “… nel 1883 essa era composta di 93 soci promotori, 97 soci effettivi e 2 soci onorari: il marchese Edoardo Di Villanova43 e il signor Vittorio Vecchi, detto <<Jack
la Bolina>> ”.44
Cfr. allegato n° 14. Il documento è stato fornito dalla R.S.C. Cerea. Resta però ignota la sua fonte informativa. 42 Successivamente all’incoronazione (1881), Carol I e la sua consorte visitarono l’Italia. 43 Edoardo Scarampi di Villanova fu il primo presidente del Rowing Club Italiano (cfr. nota n° 2). 44 Augusto Vittorio Vecchi nacque a Marsiglia nel 1842 dall’ascolano in esilio Candido Augusto Vecchi, patriota, garibaldino e parlamentare dopo l’Unità d’Italia. Vittorio Vecchi “… entra nel 1856 nella Scuola di Marina di Genova e dopo aver preso tra l‟altro parte alla battaglia di Lissa a bordo della fregata Principe Umberto lascia la Marina Militare nel 1872 con il grado di luogotenente di vascello. Nel 1879 è tra i fondatori del Regio Yacht Club Italiano, il più antico circolo velico del Mediterraneo, del quale riveste per primo la carica di presidente. Si dedica a tempo pieno all‟attività di scrittore con lo pseudonimo di „Jack la Bolina‟, divenendo presto il simbolo stesso della letteratura marinaresca 40 41
31
Un documento datato 2 dicembre 1891 attesta infine l‟affiliazione al Rowing Club Italiano del circolo bianco-rosso.45
Le Regate “Colombiane” Nel 1892 la città di Genova, per celebrare solennemente il quarto centenario della scoperta del continente americano ad opera del suo figlio più illustre, Cristoforo Colombo, ospitò la grandiosa „Esposizione italo-americana‟. La kermesse annoverò, tra l‟altro, molti eventi sportivi, per la maggior parte promossi dalla Società Ginnastica Ligure Cristoforo Colombo; dal canto suo il Rowing Club Genovese, fondato appena due anni prima con il consueto concorso di alcuni cittadini britannici, si mise in ottima luce organizzando, per il tramite della Sezione Ligure del Reale Rowing Club Italiano,46 una manifestazione remiera internazionale. Essa
si
articolò
in
tre
consecutivi
pomeriggi
di
regate,
precisamente da domenica 14 a martedì 16 agosto,47 e registrò la partecipazione di 107 equipaggi, per un numero complessivo di 425 atleti.48
nazionale nel suo significato più ampio: dagli scritti storici con cui si rivolge agli studiosi, agli interventi di carattere più immediato con cui partecipa attivamente sulla stampa quotidiana e periodica, alla narrativa a sfondo marittimo con cui invita al mare e alla sua vita i giovani delle scuole”. Il 2 giugno 1897, grazie al suo impulso, venne ufficialmente costituito a La Spezia il Comitato Centrale della Lega Navale Italiana. Ebbe dal Ministero della Marina “… la grande medaglia d‟oro di benemerenza per il suo altissimo e prezioso contributo alle scienze navali […] La Lega Navale, in segno di gratitudine per l‟opera prestata, gli fece dono di una villetta nei pressi di Forte dei Marmi, ove serenamente si spense a novant‟anni” (dal sito internet “www.jacklabolina.it”). 45 Cfr. allegato n° 16. Trattasi di un prezioso documento fatto pervenire alla Canottieri Elpis alcuni anni or sono dal Dr. Giorgio Olivero. 46 La sezione aveva sede a Genova in Via S. Sebastiano n° 15; essa, su incarico del Municipio, organizzò quell’anno anche una serie di “Regate Popolari” (riservate, cioè, a imbarcazioni a remi private) che ebbero svolgimento in porto nel tardo pomeriggio del 12 settembre. 47 Negli stessi giorni, presso la “Sala Sivori”, si svolse a Genova un evento che avrebbe profondamente segnato le future vicende politiche del Paese: la fondazione del Partito del Lavoratori, poi Partito Socialista Italiano. 48 Fonte: “Storia Illustrata di Genova”, op. cit., volume 5, pag. 1146. 32
Il quotidiano genovese “Il Secolo XIX” del 14-15 agosto così presentò la manifestazione ai propri lettori:49 “Le feste sportive, diremo così, si accavallano nella nostra Genova e le danno un aspetto così animato, per l‟arrivo di tanti baldi giovani, da far scambiare le vie principali della città, per la vita briosa che le anima, ai „boulevards‟ parigini. Le uniformi de‟ canottieri e de‟ ginnasti italiani e forestieri, tutti i dialetti e le lingue si frammischiano e danno a quel via vai di persone un non so che di vario, di babelico, che alletta ed invita a partecipare alle feste odierne anche i più affetti da cronica musoneria”. L‟articolista passò quindi ad elencare le società remiere nazionali iscrittesi alle regate, ed esaltò la partecipazione di uno “skiffista” 50 proveniente dalla “… sorella italiana disgiunta, la bella e forte Trieste […] Certo al campione triestino […] farà festose accoglienze il pubblico genovese il quale, italianamente pensando, Trieste ricorda sempre anche se… non ne parla mai”. Nel servizio venne annunciata anche l‟adesione di tre società estere, una belga e due francesi, e da ultimo si precisò: “Delle nostre società genovesi oltre al benemerito Rowing Club – che organizzò le gare – che è presieduto dall‟egregio marchese G.M. Cambiaso e dal marchese Cesare Imperiali, partecipa alle regate anche la potente Società dei „Canottieri genovesi‟ che presiede il signor Pietro Croce”. L‟evento era stimato dal giornale di una rilevanza sportiva tale che “… noi siamo certi che oggi alle quattro la Genova elegante, la Genova delle grandi occasioni sarà tutta quanta ne‟ palchi eleganti e comodi che il R. Rowing Club, con ottimo pensiero fece costrurre sulla calata che sta fra i ponti A. Doria e C. Colombo e lungo i ponti stessi”.51 Il prezzo dei biglietti per potere godere dello spettacolo, dai palchi di vario ordine o dai piroscafi, oscillava da una a cinque lire; era stato 49 50
I servizi dedicati da “Il Secolo XIX” alle Regate Colombiane sono riprodotti negli allegati nn. 17a 17c. Da “skiff”, scafo da competizione ad un vogatore. 33
predisposto un sistema di scommesse (“… i totalizzatori fecero discreti affari”),
mentre
ad
allietare
l‟atmosfera
avrebbero
provveduto,
alternandosi, le bande del Municipio e della Regia Marina. Il programma era piuttosto nutrito: oltrechè a competizioni di contorno tra lance della Regia Marina o della Società Ligure di Salvamento, si sarebbe assistito a molte avvincenti sfide sia su jole da mare che su scafi “outrigger”.52 Tra questi ultimi, l‟ “otto”: “Questa gara” – sottolineò il giornalista – “è la prima volta che si corre in Italia ed è la stessa famosa che ogni anno si disputano in Inghilterra i forti campioni del remo delle Università di Cambridge ed Oxford. Anzi, se non erriamo, uno dei rematori dell‟ „outrigger‟ genovese „S.Giorgio‟ [nome
dello
scafo
del
Rowing
Club
Genovese,
n.d.r.]
il
sig.
H. Passadoro prese parte alla regata universitaria inglese”. Poi, a chiusura dell‟articolo, due comunicazioni di servizio: “La Direzione della Società „Canottieri Genovesi‟ avvisa i soci che l‟accesso al Galleggiante Sociale avrà luogo dalla porta che da accesso ai palchi del R.R.C.I. posta sul Ponte Cristoforo Colombo”. E infine: “I soci del Rowing Club genovese ed i Canottieri Genovesi potranno trovare dal cappellaio De Mata, i berretti che sono speciali alla divisa da loro adottata”. Il Secolo XIX del 15-16 agosto aprì così il resoconto delle gare svoltesi nel pomeriggio precedente (domenica): “Né le regate famose universitarie inglesi, né quelle brillanti di Asnières in Francia, né le ordinatissime
berlinesi che si fanno
sull‟Ilavel possono vantare un campo di regata pittoresco come quello della nostra Genova. Dai ponti Andrea Doria e Cristoforo Colombo, fino al molo Lacedio il mare più bello che siavi in Europa il Mediterraneo immenso con quella 51 52
La linea del traguardo correva tra questi due pontili. Cfr. nota n° 23. 34
bellezza di promontorio ch‟è il monte di Portofino, da un lato, per chiusa. Dietro i monti brulli, grandiosi nella loro nudità, della nostra superba, di fianco la città, e quella infinita schiera di navi imbandierate all‟ancora nel porto…”. Il cronista passò quindi ad elencare i “vip” presenti: il prefetto, ammiragli, marchesi, conti, baroni, ecc. Nella lunga lista delle dame ospitate sul palco centrale, “… tutte eleganti e graziose”, compare una certa Ida “Brown”, mentre in quella dei componenti della giuria si legge il nome “Brown Federico”: trattavasi, con ogni probabilità, di uno dei due fondatori della Società Canottieri Genovesi citati nel primo Annuario dello Yacht Club Italiano. Scorrendo i risultati delle gare, ci si soffermerà qui sulla terza regata, denominata “dell‟Esposizione”, poiché il primo premio (un oggetto d‟arte) era offerto dal Comitato Esecutivo dell‟ Esposizione. La gara – canoe a quattro vogatori di punta e timoniere, su un percorso di 2.000 metri con giro di boa – vide al via sei dei nove armi iscritti. Essa fu vinta dall‟imbarcazione “Ginevra” della Società Canottieri Cerea, che regolò, nell‟ordine, la “Torino” (Canottieri Armida), la “Nina” (Canottieri Genovesi), la “Eclaireur” (Club Nautique de Gand, Belgio) e la “Frisa” (di club non precisato);53 la “Nonchalante” (della francese Aviron Toulousain), “… che aveva eseguito una splendida partenza e sulla quale molte erano le scommesse a duecento metri da traguardo virò di bordo e si fermò, rinunziando alla gara”. I genovesi vennero premiati con diploma e medaglia di bronzo. Il resoconto della prima giornata di gare si chiuse con la notizia che “… durante le regate, in causa della rottura di alcuni pali di
Cfr. l’ordine di arrivo riportato da “Il Secolo XIX” del 15-16 agosto (allegato n° 17b) e la successiva rettifica dello stesso segnalata nell’edizione del 17-18 agosto (allegato n° 17c). 53
35
sostegno,
rovinò
lo
scalone
del
galleggiante,
travolgendo
seco
nell‟acqua le persone che su di esso si trovavano. Il signor Romanengo, num. 2 dell‟outrigger ad otto remi dei Canottieri genovesi, che giungeva in quel mentre alla gara Canoe num. 4, venne colpito dallo scalone e travolto in mare. In causa della violenza del colpo egli svenne e dovette perciò essere sostituto da altro canottiere fuori d‟esercizio”. Sembra, dunque, che l‟ “otto” del circolo biancorosso abbia preso parte alla sesta gara, detta delle “Patronesse” in ragione del primo premio in palio (una “… gran coppa artistica d‟argento offerta dalle gentildonne genovesi”); poiché relativamente alla regata degli “otto” - che si sa che impegnò quattro armi italiani - il cronista citò poi solo le prime tre imbarcazioni classificate (nell‟ordine, “Tenax” della Cerea, “Piemonte” della Caprera e “S.Giorgio” del Rowing Club Genovese), si deduce che quarto ed ultimo a concludere i 2.000 in linea fu proprio l‟equipaggio della Canottieri Genovesi. L‟ ipotesi troverebbe fondamento nell‟ordine d‟arrivo di una seconda regata degli “otto”, svoltasi nel successivo pomeriggio di competizioni:
<< ”Gara
Reale” (internazionale) per
“outriggers” a 8 vogatori di punta e timoniere. Primo premio – oggetto d‟arte – dono di S.M. il Re – gonfalone, diploma e medaglie d‟oro all‟equipaggio. Questa gara desta un grande interesse; corrono tutte le cinque imbarcazioni iscritte. Arriva primo: “Languedoc” dell‟Aviron Toulosain di Toulouse […]; secondo “Piemonte” dei canottieri Caprera di Torino […]; terzo “Tenax” dei canottieri Cerea di Torino […]. Seguono “S.Giorgio” del Rowing Club genovese e “Beppe” dei canottieri genovesi >>. Poco dopo la società bianco-rossa riscattò l‟onta patita nella gara dell‟ “otto” con la conquista di un nuovo bronzo nelle canoe a quattro vogatori, “… Gara di Commercio”, questa volta riservata a società italiane; corsero cinque delle nove imbarcazioni iscritte: giunse prima al traguardo l‟imbarcazione “Coscritti” della Cerea, seconda la “Labor” 36
della stessa società e terza, appunto, la “Nina” dei Canottieri Genovesi. Questo il commento del cronista sulla seconda giornata della “festa del mare”: “… Non descriverò la suprema attraenza, l‟incantevole colpo d‟occhio che presentava lo specchio d‟acqua destinato a campo di regata. Era una festa di colori e di luce, uno sventolare di bandiere, di gonfaloni, di orifiamme, un muoversi di imbarcazioni, un andirivieni di spettatori, accorsi a godere il sempre nuovo spettacolo”. Infine, “… anche la terza giornata di regate al pari delle due altre antecedenti è riuscita splendida e benissimo ordinata ed il pubblico, sempre numeroso, mostrò di prendere, dal principio alla fine, interesse vivissimo
al
risultato
delle
gare
che
si
mantennero
sempre
animatissime”. Nessun armo della Canottieri Genovesi venne citato nel servizio dedicato alla giornata conclusiva; ma il giornale aveva spesso dato conto soltanto dei primi tre classificati, trascurando i rimanenti concorrenti, e pertanto non è da escludere che altri equipaggi biancorossi, oltre a quelli di cui si è in precedenza detto, abbiano preso parte alla esaltante manifestazione.
Lo scioglimento della Società Canottieri Genovesi E‟ ancora una volta lo Yacht Club Italiano a fornire informazioni. Nel 1881 il circolo velico “… organizza una regata „Genova-Portofino‟ e ritorno e festose accoglienze per gli ospiti stranieri che si concludono con un banchetto nell‟elegante salone della Concordia e la premiazione nella sede galleggiante della Società Canottieri Genovesi. E‟ la stessa sede che il R.Y.C.I. acquisterà nel gennaio del 1899”.54 Ancora: “1899, 28 gennaio – Il R.Y.C.I. provvede all‟acquisto del galleggiante della
54
Da “Yacht Club Italiano 1879-1979”, op. cit., pag. 24. 37
<< Società
dei Canottieri Genovesi >> onde poter avere una sede a mare,
necessaria specialmente in occasione delle regate”.55 Tali notizie sull‟acquisizione del galleggiante non possono però essere considerate esatte. Alcuni atti notarili rinvenuti di recente in un angolo recondito della rimessa della Canottieri Elpis, all‟interno di una vecchia scatola di cui si era persa memoria, disvelano infatti particolari decisivi ai fini della presente indagine. Grazie ad essi si apprende che la Società Canottieri Genovesi cessò di esistere il 28 giugno 1897: quel giorno, di fronte all‟Assemblea Generale dei Soci (presenti, fra gli altri, i due fratelli Brown), il presidente cav. Andrea Giuseppe Croce comunicò che “… è dolente doverle proporre lo scioglimento della Società ma che la direzione ritenuto lo stato finanziario della Società stessa e la impossibilità di raggiungere lo scopo sociale ha creduto suo dovere domandare all‟Assemblea il suo voto al riguardo”. Quindi, “… dopo animata discussione e spiegazioni date dal Presidente all‟assemblea” – conclude il verbale relativo a quell‟ultimo, triste consesso – “questa approva a voti unanimi lo scioglimento della Società; Liquidatori; l‟assemblea ad unanimità nomina liquidatori i Sigg. Croce Francesco fu Andrea, Brocchi Ferdinando e Federico Brown con pieni poteri, ai quali Sigg. liquidatori la direzione rimette il suo mandato”.56 Federico Brown57 ebbe così l‟amarissimo compito di smantellare la propria opera. La Società in quel momento contava 121 soci, dei quali 78 promotori e 43 effettivi; tra loro marchesi, conti, membri delle più illustri famiglie genovesi, e vari stranieri. Il cespite più rilevante – la sede galleggiante iscritta “… nel registro speciale magazzeni galleggianti della Capitaneria del Porto di Genova Da “Yacht Club Italiano, Annuario 2004”, sezione “cronistoria”, pag. 174. Cfr. allegato n° 18. 57 “Federico Brown fu Timoteo, commerciante, nato a Monaco Baviera/domiciliato in Genova…” (cfr. allegato n° 18). 55
56
38
N° 9 uso per deposito imbarcazioni, di tonnellate centosettantasette e centesimi quarantotto…” – trovò sistemazione il 17 maggio 1899 nell‟atto di compravendita stipulato a Genova presso lo studio del notaio Paolo Cassanello58. Ma l‟acquirente non fu affatto – almeno formalmente – il Regio Yacht Club Italiano, bensì un gruppo di ventiquattro persone rappresentate dall‟avv. Damaso Camere (ex dirigente con funzioni di segretario della Società Canottieri Genovesi), il quale per loro conto sborsò la somma di lire millecinquecento. Senza alcun dubbio fra i compratori figuravano diversi membri insigni del circolo velico;59 almeno nove erano però gli ex soci della Canottieri Genovesi (tra questi l‟ex presidente Croce, il console Brown, Francesco Croce e Ferdinando Brocchi nelle duplici vesti di liquidatori ed acquirenti allo stesso tempo, nonché Francesco “Gin” Rolla, del quale si farà cenno più avanti). Inoltre il galleggiante venne destinato a sede non dello Yacht-Club Italiano, bensì di una nuova realtà associativa, il “Club Nautico Genovese”, presieduto dal marchese ing. Ippolito Cattaneo.60 Nel documento notarile fu precisato che “… rimane però inteso e convenuto che è riservato ai Sigg. stralciari loro eventuali compratori e aventi causa il diritto di tenere ancora in deposito gratuito sul galleggiante, per un termine non superiore a mesi sei, i seguenti oggetti che attualmente si trovano; a) A Nervi: Imbarcazione “Nizza” a 8 remi = Outriggers a 4 remi Frida e Perla altro outriggers a 6 remi. b) Al galleggiante: Imbarcazioni Alice, Elisabetta, Eridano, Savoia, Beppe, Cerca, Roma, Nina, 28 remi buoni, cento remi diversi. Due tavoli in
Cfr. allegato n° 18. In seno al R.Y.C.I. il marchese Paolo Pallavicino ricoprì, nell’ordine, le cariche di Vice Presidente, Segretario Generale e infine Presidente; Ettore Bocciardo e il conte senatore Roberto Biscaretti di Ruffia quella di Segretario Generale (il secondo, tra l’altro, fu Presidente del Reale Rowing Club Italiano dal 1900 al 1904 nonché uno dei firmatari dell’atto costitutivo della società automobilistica FIAT). Il senatore Gerolamo Rossi fu tra i fondatori del club velico; Francesco “Gin” Rolla ne fu socio di spicco. 58 59
39
ferro, dodici sedie in ferro, due lampade, un bilico, un cannone, una pompa e la barca Pegulea e tutto ciò che era di spettanza della cessata Società Canottieri Genovesi escluse catene ed ancore d‟ormeggio del galleggiante che sono comprese nella vendita come accessori del galleggiante stesso”. Cosa ne fu poi di tale materiale non è dato sapere.
Il “mito” Alla luce di quanto precede, appare dunque priva di fondamento la notizia riportata in una delle opere di Luciana Frassati Gawronska 61, secondo cui “… presso la Darsena si stabilì la Società dei Canottieri Genovesi, passata nel 1904 all‟Elpis che, grazie alle imprese di Francesco Rolla-Rosazza (1867-1929), potè cogliere una lunga serie di allori”.62 La Canottieri Genovesi, come si è visto, aveva cessato di Allo stato attuale della ricerca non è dato sapere se l’attività del nuovo sodalizio fu funzionale a quella del R.Y.C.I. Certamente il Club Nautico Genovese costituì una realtà giuridica a sé stante, e come tale – lo si vedrà in seguito – dispose dei propri beni sociali. 61 Sulla figura dell’autrice si veda il “Giornale di Brescia” del 18 agosto 2002: “BIELLA - Un secolo da testimone e da protagonista, quello di Luciana Frassati Gawronska, che oggi compie 100 anni e viene festeggiata nella sua casa di Pollone, vicino Biella, dai sei figli, fra i quali il giornalista e parlamentare Jas Gawronsky. Figlia di Alfredo Frassati - che nel 1895 fondò il quotidiano «La Stampa» e che fu senatore del Regno -, sorella minore di Piergiorgio, beatificato da Giovanni Paolo II, sposò Jan Gawronskj, ultimo ambasciatore polacco in Austria prima dell‟Anschluss, viaggiando per tutta l‟Europa. Scrittrice e poetessa, biografa del fratello, è stata autrice di «Il destino passa per Varsavia», considerato da Renzo De Felice un‟importante testimonianza per capire la crisi prebellica. Luciana Frassati ha conosciuto l‟Europa sull‟orlo del baratro e l‟ha attraversata, a contatto con i grandi dell‟epoca e con le cospirazioni antinaziste. Amica di Alma Mahler, di Chaplin, di Dolfuss, di von Papen, Ciano, Grandi, Giolitti e del Duce, ha fatto parte dell‟establishment anteguerra, il che le ha permesso di potersi muovere liberamente tra l‟Italia e la Polonia, svolgendo attività in favore del governo di quel paese, che nel 1993 la decorò con la Stella dell‟Ordine al merito della Repubblica. Attiva nell‟opera di sensibilizzazione per la causa di beatificazione del fratello Piergiorgio, per il suo compleanno la signora Luciana ha ricevuto questo messaggio dal Presidente della Repubblica Ciampi: «Insieme a mia moglie Franca, mi unisco alla gioia di quanti partecipano alla festa per i suoi splendidi cento anni. Sono particolarmente lieto di comunicarLe che Le ho conferito l‟onorificenza di Grande Ufficiale dell‟Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Con un augurio e un saluto affettuosi». Anche Giovanni Paolo II nei giorni scorsi le ha inviato un messaggio augurale”. 62 Dalla pag. 20 del volume “Genova come era, 1870-1915”, di Luciana Frassati Gawronska, Editrice Impremiere Centrale, 1.a edizione, Losanna 1960, prefazione di Eugenio Montale. Andata esaurita, l’opera è stata riproposta dalla Cassa di Risparmio di Genova e Imperia nel 1987; in essa non è riportata la bibliografia, che avrebbe forse consentito di risalire alla fonte della inverosimile notizia sulla fusione (sono invece esatte le date di nascita e di morte del Rolla-Rosazza; nel volume è riprodotta poi una immagine della sede galleggiante della Canottieri Elpis). La punteggiatura della frase in esame, peraltro, è fuorviante, poiché induce a credere il Rolla-Rosazza un atleta dell’Elpis. In realtà questi aveva con ogni probabilità già cessato di praticare la voga allorché l’Elpis venne costituita nel 1902; in ogni caso, egli in gioventù militò certamente nella Canottieri 60
40
esistere nel 1897, e comunque nei verbali delle sedute tenute dal Consiglio Direttivo dell‟ Elpis nel 1904 (o negli anni immediatamente antecedenti o successivi) non v‟è traccia alcuna dell‟operazione di incorporazione citata dalla Trassati: se essa fosse realmente avvenuta, negli atti del circolo bianco-celeste (fondato nel 1902) non si sarebbe certamente mancato di fare parola di questo importantissimo risvolto storico. Né può trovare credito l‟ulteriore notizia riferita dall‟Olivero, secondo cui la Società Canottieri Genovesi aggiunse il termine “Elpis” alla propria denominazione su suggerimento del poeta Gabriele D‟Annunzio, in occasione dell‟inaugurazione a Quarto (nel 1 915!) del monumento ai “Mille”.63 Tali congetture costituiscono comunque l‟occasione per avviare il discorso sulla seconda - ed invero del tutto nuova – “Società Canottieri Genovesi”.
Il “guidone” disegnato da Francesco “Gin” Rolla-Rosazza (cfr. nota n° 62)
Genovesi, come ha confermato telefonicamente un suo nipote diretto, il Sig. Gianfranco Pellerano (quest’ultimo, tra l’altro, ricorda bianco-rossi i colori della tenuta da vogatore indossata dal nonno in una foto andata poi perduta). Dal Pellerano si apprende che Francesco Rolla-Rosazza, detto “Gin”, apparteneva ad una famiglia tra le più in vista di Genova. Viveva a Villa Rosazza, antica ed elegante residenza con annesso uno splendido parco, a poca distanza dal Molo Cristoforo Colombo a cui presumibilmente era ancorata la sede galleggiante della Società Canottieri Genovesi (alla fine della II Guerra Mondiale la tenuta venne acquisita dal Comune; dopo aver costituito sede di partiti politici e di una scuola elementare, è stata da ultimo destinata alla “Fondazione Casa America”, che lì svolge tutt’oggi le proprie attività istituzionali). A cavallo dei due secoli, e nell’arco davvero di pochi anni, la moglie Matilde Ferro donò a “Gin” ben cinque figlie, ma non l’erede maschio tanto desiderato. Egli spesso portava le più vivaci di loro con sé a caccia, un’altra delle sue grandi passioni; “Gin”, oltrechè un valente vogatore della società fondata dai Brown, fu anche un esperto velista: possedette il “Mati”, un sei metri “stazza internazionale” (progettato e costruito dal cantiere Baglietto), con il quale nel 1927 partecipò alla “Coppa d’Oro” svoltasi nella Oyster Bay di New York, sventolando il “guidone” sopra riprodotto e da egli stesso disegnato. (Per il “Mati”, si veda il sito internet “www.pelleranoyachts.it” e il volume “Yacht Club Italiano 1879-1979”, op. cit., pag. 62). Il 5 maggio 1915, a Quarto, Gabriele D’Annunzio pronunciò un veemente discorso a favore dell’intervento dell’Italia nel primo conflitto mondiale. 63
41
42
PARTE II LA SOCIETA‟ CANOTTIERI GENOVESI “ELPIS”
Il “galleggiante” sede di ambedue le società di “Canottieri Genovesi”
43
44
La nascita della Società Canottieri Genovesi “Elpis” Presso l‟Elpis la documentazione sociale relativa ai primi anni del ‟900 è, purtroppo, alquanto scarna; essa, per di più, è stata in parte resa illeggibile dal tempo e spesso dà notizia di fatti e iniziative dei cui sviluppi o esiti non viene successivamente fatta alcuna menzione, rendendo così non agevole la ricostruzione delle vicende sociali dell‟epoca. Non è fin qui stato recuperato, ad esempio, l‟atto costitutivo della società: ciò preclude la possibilità di conoscere le ragioni - qualora esplicitate in tale documento - che indussero i soggetti fondatori a mutuare il nome di un altro sodalizio remiero discioltosi alcuni anni prima. In siffatta incertezza, nasce spontanea l‟ipotesi che alcuni membri della cessata Società Canottieri Genovesi, 64 non rassegnatisi, abbiano
voluto
“rifondare”
quel
club,
aggiungendo
alla
sua
denominazione originaria – quale buon auspicio - il termine “elpís” (trascrizione italiana della parola greca antica “έίs”, che significa “speranza”); una simile possibilità è però poco plausibile, poiché nella documentazione sociale esaminata65 non viene mai fatto riferimento ad alcuna società progenitrice.
Tra tali ipotetici soggetti sicuramente non i nominativi menzionati nell’allegato n° 18, i quali infatti non figurano nell’elenco dei fondatori dell’Elpis di cui al successivo allegato n° 19. 65 Essa copre l’arco temporale ottobre 1902 - maggio 1909. 64
45
L‟Elpis fu fondata il 4 settembre 190266 da un gruppo di 3167 persone di estrazione sociale borghese; suo primo presidente fu il dottor Giovanni Battista Bavestrello. 68 I primi anni della società furono caratterizzati dalla ricerca di una sede propria e, soprattutto, dalla limitata disponibilità di risorse; all‟avvio il numero dei soci era in effetti esiguo e per di più la riscossione delle loro quote si rivelò subito difficoltosa: nel verbale relativo alla riunione inaugurale del primo Consiglio Direttivo dell‟associazione, tenutasi il 14 ottobre 1902, si legge già che, data la “… poca frequenza dei Soci nei locali, resterebbe quindi molto difficile l‟esazione delle quote sociali”, ed “… è quindi di somma importanza ed indifferibile esigere dette quote presso il domicilio dei singoli Soci”, incaricando
all‟uopo
il
socio
Romolo
Casapietra,
dichiaratosi
disponibile all‟assolvimento del compito. I locali ai quali si fa cenno nel verbale erano quelli del Circolo Nautico “Foce”, presso il quale la neocostituita Elpis aveva trovato provvisoriamente gentile ospitalità.69 La necessità di allargare rapidamente la base societaria indusse ben presto i dirigenti dell‟Elpis a non disdegnare le occasioni di fusione con altri sodalizi. Già nella seduta del 12 gennaio 1903 il Consiglio Direttivo discusse la proposta di accorpamento avanzata Cfr. l’allegato n° 28 nonchè l’articolo 1 dello statuto dell’Elpis. Secondo una notizia che non trova conferma negli atti disponibili, promotore della costituzione della società fu Emilio G. Deleve, il quale ricoprì poi per primo, dal 14 ottobre 1902 al novembre 1903, la carica di Consigliere con funzioni di Segretario del Consiglio Direttivo. 67 Nell’elenco dei soci fondatori figurano in realtà trentadue nominativi; su uno di essi fu però tracciata una riga blu, quasi certamente a titolo di cancellazione (cfr. allegato n° 19). 68 Secondo un’altra notizia che pure non trova riscontro negli atti recuperati, il primo presidente dell’Elpis fu eletto in data 8 ottobre 1902. 69 L’Elpis usufruì degli ambienti della Società Foce fino al dicembre 1903 (cfr. allegato n° 25). Nella seduta del precedente 30 marzo il Consiglio Direttivo aveva peraltro dibattuto l’opportunità di sospendere l’istruzione della pratica per la concessione di un tratto di arenile a S.Pietro della Foce, su cui erigere poi uno “chalet” sociale, in quanto erano state nel frattempo avviate trattative per un locale in comune con la Società “Rari Nantes”; tali trattative sicuramente non andarono a buon fine, poiché nella seduta del 15 maggio si tornò a discutere della concessione, mentre in quella del 9 luglio venne invece annunciata “… la deliberazione presa dalla Presidenza per l‟affitto di parte di un magazzino alla Foce da certo Giacomo Bottaro, a lire venticinque mensili per la custodia delle imbarcazioni, deposito materiale e spogliatoi”, approvata all’unanimità dal Consiglio. Il 20 luglio fu comunque inoltrata al Consorzio del Porto una istanza per la “… concessione di un tratto di calata in porto […] onde erigervi un chalet (10x12) ad uso magazeno delle imbarcazioni sociali” (cfr. allegato n° 23). 66
46
all‟Elpis da un costituendo club locale di canottaggio non meglio specificato, “... tra i cui Soci c‟è un certo Barone De Riscky”; al riguardo, il Consiglio deliberò sia la costituzione di una commissione mista incaricata di studiare la fattibilità dell‟operazione, sia il rinvio al mese successivo dell‟imminente Assemblea dei Soci, a cui sarebbe spettata l‟approvazione della eventuale fusione. Nei libri sociali ancora esistenti non v‟è però traccia dell‟esito ultimo di tale proposta.70 Si sa soltanto che nel marzo successivo l‟ “ammittendo” socio “… Sig. De Ryscky presenta la relazione di una visita da lui fatta in compagnia di diversi Soci, ad una barca messa in vendita dal Rowing Club Genovese”.71 E che allo stesso De Ryscky, unitamente a due dirigenti, il Consiglio Direttivo affidò “… l‟incarico di trattare colla Capitaneria di Porto per la concessione di una parte di spiaggia alla Foce”.72 Trattavasi del Barone De Riscky di cui prima? Se sì, la sua adesione all‟Elpis fu frutto di una individuale decisione oppure dell‟avvenuto inglobamento del suo club di origine?73 E‟
invece
certo
che
in
quello
stesso
marzo
fu
avviata
l‟incorporazione della giovanissima società di nuoto e di salvamento “Mare Nostrum”74 e che conseguentemente il successivo 15 maggio il consigliere-segretario Emilio G. Deleve suggerì al Consiglio di istituire due direttori tecnici (uno per il canottaggio e uno per la neocostituita sezione nuoto), nonché di modificare la denominazione sociale. “Il Presidente nel mentre si trova pienamente d‟accordo col Deleve” – recita il verbale relativo a quella seduta – “… è d‟avviso che il nome
La 2.a Assemblea Generale Ordinaria dei Soci si svolse alle ore 20,30 di giovedì 26 febbraio ed approvò, tra l’altro, il Regolamento Sociale; nel suo ordine del giorno non figurò però la discussione sulla fusione in discorso, con ogni probabilità già giudicata inattuabile dall’apposita commissione. 71 Non si hanno informazioni sulla consistenza del parco imbarcazioni in dotazione all’Elpis nella sua fase di avvio; nei primi anni di attività, in ragione delle scarse disponibilità finanziarie, la Società tese peraltro ad acquistare quasi esclusivamente imbarcazioni di seconda mano. 72 Incarico poi momentaneamente sospeso; cfr. nota n° 69. 73 La seconda eventualità è poco plausibile; cfr. nota n° 70. 70
47
della Società dovrebbe modificarsi in
<< Elpis
– Società Voga e Nuoto –
Genova >> ”. La discussione in proposito venne però rinviata ad una successiva riunione del Consiglio, per non essere poi in realtà più affrontata. In quella stessa seduta fu anche resa nota la formazione di una orchestrina interna, dotata di apposito regolamento, e venne proposto di costituire tra gli affiliati una scuola di ballo al fine di incrementare il fondo sociale. Nella precedente riunione del 30 aprile il Consiglio aveva intanto reputato
opportuno
proporre
all‟Assemblea
Generale
dei
Soci
l‟emissione “… di un numero illimitato di Azioni da Lire Cinque cadauna, rimborsabili parzialmente ogni anno e per estrazione, allo scopo di accrescere il fondo sociale necessario per far fronte alle gravi spese occorrenti per poter iniziare la vita sportiva della Società”.75 Nella medesima seduta il consigliere Lorenzo Canevaro-Chighizola illustrò il programma di massima della prima festa sociale, indetta anch‟essa a favore del “fondo” e da tenersi nel salone dell‟Asilo Infantile di Chighizola;76 esso prevedeva “… un ben organizzato Concerto musicale più una Conferenza per la quale si darebbe incarico ad un bravo conferenziere”. Canevaro propose anche l‟organizzazione di una manifestazione sportiva presso lo stabilimento balneare di Sturla, seguita da un banchetto.77 La festa sociale si svolse il successivo 10 giugno78
e il suo “… esito fu sodisfacentissimo […] sia dal lato
Presidente di tale società era stato nominato Emilio Bottaro Del Fino, già vice presidente dell’Elpis, il quale propose di coinvolgere nell’operazione di fusione anche la “Rari Nantes”, in quanto tutte “… società che hanno per palestra il mare ed ivi esplicano la loro vita”. 75 Fu l’inizio di una pluridecennale serie di sottoscrizioni tra i soci (cfr. esempi dell’allegato n° 39). Nel verbale consiliare del successivo 15 luglio venne però lamentato che quella prima iniziativa andava riscuotendo scarso successo. 76 Presso tale scuola materna di Sturla (di proprietà del padre del proponente) si svolsero anche le feste sociali dei due anni successivi, organizzate sempre allo scopo di implementare la cassa sociale. 77 Non è chiaro se la festa sportiva fosse alternativa oppure complementare a quella sociale; quest’ultima, in ogni caso, ebbe sicuramente svolgimento. 78 Cfr. allegato n° 22. 74
48
morale che da quello finanziario in lire 640,92”.79 Tale ricavo fu destinato alla costruzione di uno chalet sociale a mare e accantonato quindi in un conto di deposito acceso presso la Banca Cooperativa Genovese. Nel contempo veniva avviata l‟attività sportiva. Il 20 giugno il Consiglio approvò “… l‟ordinazione di N. 8 (Maglie) Corpetti di fatica […] e cioè: Maglia Bianca con bordatura in bleu e la scritta „Elpis‟ trasversalmente pure in Bleu”. Due mesi dopo la società prese parte per la prima volta ad una manifestazione sportiva (organizzata a Genova, con ogni probabilità, dal Circolo Foce), con un equipaggio composto da Valente, Bisi, Biondi, D‟Ambrosio, timoniere Mario Bavestrello.
L‟affitto del “galleggiante”. La vita sociale e l‟attività agonistica. Alla fine del 1903, intanto che si prendeva congedo dal Circolo Foce,80 si cominciò a considerare la possibilità di stabilirsi su un “galleggiante” ormeggiato in darsena ed apparentemente in vendita, per il cui acquisto nel febbraio del 1904 la società era disposta a spendere fino a 5.000 lire, da frazionare in rate annuali; si trattava dell‟impianto un tempo sede della oramai disciolta Società Canottieri Genovesi, e adesso proprietà del Club Nautico Genovese presieduto
Il rendiconto, essendo stato presentato al Consiglio Direttivo già il 22 maggio, certificava chiaramente il risultato di una prevendita dei biglietti di partecipazione, affidata, come era uso dell’epoca, ad un gruppo di “patronesse”, ciascuna delle quali si impegnava a collocare i tagliandi nell’ambito della propria cerchia di conoscenze (cfr. allegato n° 26, relativo alla festa sociale del 1904). 79
49
dal marchese ing. Ippolito Cattaneo.81 Sconfessando le trattative già avviate da quest‟ultimo, l‟Assemblea dei Soci del “Nautico” (di cui facevano parte, come si è visto precedentemente, diversi ex membri della
vecchia
Canottieri
Genovesi)
non
intese
però
vendere,
dichiarandosi comunque disponibile a concedere in affitto metà della struttura al prezzo annuo di 1.200 lire, comprensivo di canone e compartecipazione alle spese. L‟Elpis cercò di contrattare una riduzione dell‟onere, ma – pare di capire – senza successo. I termini di questo episodio costituiscono una riprova dell‟assoluta estraneità dell‟Elpis alla antica società dei fratelli Brown, della quale, tra l‟altro, non si fa menzione nei verbali consiliari neppure in questa circostanza. La nuova residenza sociale venne inaugurata il 15 maggio, con una spesa di 38,29 lire. Il desiderio di una dimora di proprietà tuttavia non scemò e dunque si riprese subito a cercare un terreno idoneo nell‟ambito del porto. Agli inizi di quello stesso 1904 la perdurante, diffusa negligenza nel versamento delle quote sociali aveva intanto spinto la Presidenza a ricorrere ad un “… esattore che si impegna di riscuotere presto ed esattamente le quote mensili”, in cambio di un compenso pari al sei
Cfr. allegato n° 25. L’Elpis, con ogni probabilità, si trasferì provvisoriamente nel magazzino di cui alla nota n° 69. 81 Il Cattaneo era titolare di una ditta specializzata, tra l’altro, nel procedimento fotoceramico. “… L‟Ing. Ippolito Cattaneo, nel suo catalogo „Fotografia-Catalogo 1913-1914', a proposito del procedimento fotoceramico scrive: << Le fotografie cotte a gran fuoco su Porcellana (a circa 1000° di calore) sono assolutamente inalterabili e si garantisce la loro resistenza illimitata a tutte le intemperie: al sole, alla pioggia, all‟umidità, al freddo, al caldo, ecc. Esse quindi non si cancellano, non cambiano colore, non sbiadiscono. Per queste singolari proprietà sono le sole che si prestano e sono adattissime per Monumenti Funebri, onde perpetuare le sembianze di persone care. Riproduzione da qualunque fotografia, fosse anche sbiadita, o guasta. La fotografia originale potrà essere ingrandita o rimpicciolita e viene restituita intatta. Da un gruppo si può estrarre una persona sola; da una figura intiera si può ritrarre il solo busto. La fotografia riprodotta può essere contornata con fregi in oro od in qualunque colore e si possono aggiungere iscrizioni, stemmi, ecc. – esecuzione artistica, rassomiglianza perfetta, pagamento metà anticipato e metà contro assegno>>. La fotografia vetrificata sopra smalti, porcellana, vetri era un procedimento difficile che richiedeva molta pratica…”. (Tratto dal sito internet “www.fotostorica.it”). 80
50
per cento degli importi incassati. 82 In quei primi anni furono in effetti numerose le espulsioni decretate per morosità, come pure frequenti erano le ordinarie dimissioni; entrambe compensate, fortunatamente, da
continue
nuove
adesioni:
così
la
compagine
sociale,
pur
conoscendo momenti di serio ridimensionamento, nel lungo periodo crebbe sensibilmente, passando dai 31 fondatori del 1902 ai 131 soci del luglio del 1903 83, per poi arrivare a 185 membri nell‟aprile del 192084. La condotta di non pochi soci, così come quella di alcuni tra i custodi del galleggiante via via succedutisi nel tempo,85 lasciava a desiderare anche sotto altri profili, tanto da costringere la dirigenza della società a sancire frequenti richiami86 e talvolta anche radiazioni per indegnità, o, nel caso del personale dipendente, addirittura il licenziamento. La necessità di conformare lo Statuto alle esigenze che andavano via via emergendo nella vita associativa impose nei primi anni un frequente lavoro di revisione dello stesso.87 E‟ interessante scorrere qui la nuova versione dell‟art. 14 che allora regolava la procedura di ammissione alla qualità di socio, così come predisposta dal Consiglio Direttivo nel dicembre 1904 per la sua successiva approvazione da
La misura dell’emolumento è specificata in un verbale consiliare del 1905. Fu probabilmente lo stillicidio di riscossioni mensili alquanto travagliate, comportanti una perenne incertezza della situazione finanziaria e dunque una grave difficoltà di programmazione, a suggerire in seguito l’introduzione di una unica quota annuale (tuttora vigente) da corrispondere entro ciascun mese di gennaio. 83 Cfr. allegato n° 23. 84 L’elenco degli affiliati a quella data è riportato nel volume della corrispondenza sociale relativo al periodo novembre 1902 – febbraio 1923. 85 Nei verbali consiliari sono citati alcuni dei primi custodi dell’Elpis: Vittorio Zonda (1905), Giglio e Guisso (1906), Paolo Lattero (1909). 86 Cfr., a titolo di esempio, gli allegati nn. 24 e 32. 87 Non è esatto quanto riportato nell’attuale articolo 1 dello statuto, che fissa nel giorno 21 dicembre 1903 la data di stesura della carta fondamentale della società. Infatti il Consiglio Direttivo iniziò a discutere di modifiche a norme statutarie già nel maggio precedente, il che dimostra come il codice fosse allora già in essere. Ulteriore prova di ciò è data dalla emanazione del “regolamento sociale”, naturale derivazione dello statuto: predisposto da una apposita commissione, esso fu discusso in Consiglio il 18 febbraio 1903, per poi essere approvato dall’Assemblea Generale dei Soci il successivo giorno 26. Con ogni probabilità, lo statuto venne in realtà formulato all’atto stesso della costituzione 82
51
parte dell‟Assemblea Generale dei Soci:88 “La domanda deve essere affissa in apposito quadro nelle sale sociali per 15 giorni. Durante tale tempo il candidato potrà frequentare i locali sociali, prender parte alle esercitazioni ed esser presentato ai soci. Il Consiglio Direttivo trascorsi i 15 giorni dovrà inviare a ciascun socio una scheda contenente, oltre il nome del socio proposto, il nome del socio proponente, coll‟invito di rimetterla col voto alla sede della società ed in apposita urna ivi stabilita entro 8 giorni dalla data dell‟invito stesso. I Soci che non avranno in questo termine rimandata la scheda si considereranno come astenuti e non si calcoleranno nella votazione. La scheda per essere valida deve portare la firma del Presidente ed il timbro della Società. Un voto contrario esclude due favorevoli. Se il socio viene accettato gli sarà annunciata per lettera l‟ammissione”. L‟attività sportiva intanto andava consolidandosi. Nel luglio del 1904 furono deliberate l‟affiliazione al Reale Rowing Club Italiano e la prima partecipazione di un armo dell‟Elpis (una jole a 4) ad un Campionato Italiano, quell‟anno in programma a Boccadarno il successivo
6
agosto.89
L‟equipaggio,
denominato
“Pescatori”
e
composto dai soci Giuseppe Valente, Federico Sioli, Giuseppe Evangelisti, Raffaele Roccatagliata, timoniere Antonio Gallino, si classificò terzo nella categoria “juniores” con una imbarcazione avuta in prestito dal “Club Canottieri Remo” di Livorno (la jole sociale era infatti rimasta danneggiata nel corso del viaggio); i dirigenti del circolo toscano vollero altresì rendere omaggio al presidente e agli atleti genovesi nominandoli membri onorari della “Remo”, “… affinchè serbassero grato ricordo della visita loro fatta”. Successivamente il della società, nel 1902, e fu altresì sottoposto successivamente a revisioni ben più numerose di quante ne vengono enunciate nello stesso articolo 1. 88 L’Assemblea si svolse martedì 20 dicembre nel locale della Cooperativa per Costruzione di Case, in Via S. Luca n° 1, al piano 2°, e designò, tra l’altro, i dirigenti sociali per l’anno 1905. 89 Cfr. allegati nn. 27, 28 e 29. Nel giugno precedente un equipaggio dell’Elpis aveva peraltro trionfato in una regata disputatasi a Genova; di ciò si trova conferma nell’allegato n° 31. 52
Consiglio Direttivo dell‟Elpis decise di contraccambiare, riconoscendo analogo titolo al presidente e al direttore di voga della società livornese;90 esso deliberò altresì di proporre alla prima utile Assemblea Generale la nomina a soci onorari anche del vice presidente del Reale Rowing Club Italiano nonché del presidente e di un canottiere-giudice del Rowing Club Genovese. E‟ da evidenziare che a Boccadarno “… l‟uniforme di regata [era stata] la seguente: maglia azzurra con bordo bianco e calzoni neri”. Tali colori
rappresentano
un
ulteriore
elemento
di
differenziazione
dall‟antica Società Canottieri Genovesi. 91 L‟Elpis promosse quindi una petizione a tutela del modello di jole allora in uso presso i circoli remieri italiani, minacciato di non riconoscimento
dalle
nuove
norme
in
discussione
a
livello
internazionale. In data 8 novembre “... il Presidente e Valente propongono di inviare a tutte le Società Italiane di Canottaggio una circolare per sostenere presso il R.R.C.I. l‟attuale tipo di yole. Il Consiglio approva e da incarico ai proponenti di formulare detta circolare”.92 Il successivo giorno 26 il Presidente potè comunicare al Consiglio “… che le Società Savoia di Napoli – Querini di Venezia – Barion di Bari, e la Caprera di Torino hanno gentilmente inviato la loro adesione alla […] circolare, e che tutte le Società italiane devono essere state concordi nel loro voto, poiché il Rowing Club Italiano ha deliberato in favore della yole vecchio tipo”. In dicembre l‟Assemblea Generale elesse alla Presidenza il prof. Ambrogio Cuneo, 93 il quale tuttavia non accettò la nomina in ragione dei propri impegni professionali; si rese pertanto necessaria la Il direttore di voga si chiamava Carlesi; non si sa se questi ebbe attinenza con l’omonimo cantiere nautico livornese produttore di famose imbarcazioni da canottaggio. Il 20 agosto l’Elpis aveva peraltro già inviato alla “Remo” una missiva di ringraziamento (cfr. allegato n° 30). 91 I colori sociali definitivi della Canottieri Elpis saranno poi il bianco e il celeste. 92 Si vedano allegati nn. 33 e 34. 93 Cfr. nota n° 88. 90
53
convocazione, nel febbraio del 1905, di una nuova Assemblea, che designò alla massima carica sociale l‟ avv. Michele Poggi. Quello stesso mese le laboriose trattative condotte con i fratelli Bianchi per la realizzazione dello chalet sociale si risolsero con un accordo (“coperto” dalle garanzie personali di tutti i componenti del nuovo Consiglio) che prevedeva la corresponsione da parte dell‟Elpis della somma di lire 5.000, suddivisa in due tranches. Alla luce di tale impegno, il 24 febbraio il Consiglio rielaborò il bilancio preventivo relativo all‟esercizio corrente, fissando un pareggio tra attivo e passivo uguale a 5.098,84 lire94 (il bilancio preventivo dell‟anno precedente si era attestato intorno a 3.100 lire); dal verbale di quella riunione si apprende anche che la quota sociale mensile era allora pari a 3 lire95 e che lo stipendio del custode, l‟affiliazione al Reale Rowing Club Italiano e il canone di posteggio in darsena del galleggiante pesavano sulla cassa sociale, rispettivamente, per 480, 100 e 105 lire all‟anno.96 In maggio, comunque, si valutò più conveniente fare realizzare sul terreno
ottenuto
in
concessione,
non
appena
possibile,
una
costruzione interamente in cemento armato, e non più in legno. Il giorno 11 giugno una jole a 4 vogatori formata dai soci Valente, Roccatagliata, Becchi e Bisi partecipò a Bari alle regate internazionali organizzate dal Circolo “Barion”, classificandosi seconda (non si sa però in quale delle due categorie – juniores o seniores – alle quali era stata iscritta). Come era allora uso, la società stanziò a favore degli atleti un piccolo contributo, rimanendo a carico degli stessi gran parte delle spese della trasferta. L‟imbarcazione venne trasferita in Puglia via nave.
La cifra, in base ai parametri di rivalutazione stabiliti dall’ISTAT (vedasi “Annuario statistico italiano 2004”), oggi sarebbe pari a euro 18.085,98. 95 Importo oggi corrispondente a euro 10,64. 96 La retribuzione mensile del custode fu aumentata a 60 lire nel luglio 1905 e a 75 lire nel luglio 1906. 94
54
Alla pratica sportiva si accompagnavano le iniziative ricreative. Su istanza di numerosi soci, ad esempio, venne deciso il noleggio, per il giorno 29 giugno, di un rimorchiatore per il trasporto dei gitanti da Genova a La Spezia, dove era in programma il Campionato Ligure di canottaggio. L‟escursione per mare, dato l‟esiguo numero di adesioni finali, poi saltò, senza che fosse stato avvertito in tempo utile il proprietario del natante (il “King Edward”), il quale dunque inviò ugualmente all‟Elpis una fattura dell‟importo di 200 lire; una transazione amichevole consentì successivamente di contenere nella metà l‟inutile esborso, a cui si dovette aggiungere il contributo (29 lire ad atleta) promesso all‟equipaggio in gara, che, dal canto suo, aveva dovuto ritirarsi dalla stessa a causa di una avaria.
L‟acquisto del “galleggiante” In agosto venne momentaneamente accantonato il progetto dello chalet a terra. Nel verbale consiliare del giorno 22 si legge infatti che “… Il Presidente, avv. M. Poggi, riferisce che gli ingegneri della Società Costruzioni in cemento armato hanno dato parere sfavorevole per la costruzione di uno chalet nella scogliera del molo vecchio, presentando questa pochissima solidità, tale fu pure il parere del locale R.Ufficio del Genio Civile. Dovendosi pertanto provvedere la Società di una sede propria, essendo in vendita il Galleggiante del Club Nautico Genovese, il Consiglio ne delibera in massima l‟acquisto e prega il Presidente a volersi
incaricare
delle
trattative
inerenti
al
detto
acquisto”.
Proseguendo nella lettura del documento, si apprende anche che 55
“…il Sig. Valente, in seguito ad accordi col Sig. Pasteur del Rowing Club Genovese, propone al Consiglio una fusione tra le due società di canottaggio. Il Consiglio si dichiara in massima favorevole e dà speciale incarico ai Sigg. Avv. Gallo, Vignolo e Valente di studiare la proposta e di conferire coi delegati del R.C.Genovese”. Ipotesi, poi, chiaramente sfumata. In ottobre, a frustrare ulteriormente l‟aspirazione a una sede a terra, giunse la notizia che la destinazione d‟uso del terreno già assegnato all‟Elpis dal Consorzio sarebbe probabilmente mutata a favore di una banchina adibita allo sbarco dei passeggeri. Pertanto nella riunione del giorno 15 il Presidente invitò il Consiglio “… a ricordare l‟offerta del Marchese Cattaneo del galleggiante, attualmente occupato, al prezzo di acquisto di £ 4.000”,97 e a “... proporre all‟Assemblea di comperare il detto galleggiante rinunciando a costruire sull‟area concessa dal Consorzio”. Al probabile scopo di reperire le risorse
necessarie
a
ciò,
il
Consigliò
deliberò
di
richiedere
all‟adunanza anche il permesso di aumentare la tassa di ammissione dei nuovi soci da 5 a 10 lire e la quota sociale mensile da 3 a 5 lire. L‟Assemblea approvò poi sia l‟acquisto del galleggiante che le maggiorazioni delle quote. 98 L‟atto di compravendita venne stipulato lunedì 26 marzo 1906 presso l‟ufficio del Poggi ubicato a Genova in Via San Lorenzo n° 19, alla presenza del notaio Vittorio Trovati.99 Qui il marchese Ippolito
Evidentemente la maggioranza dei soci del Club Nautico Genovese non si opponeva più alla cessione della struttura. 97
In merito all’aumento delle quote, tuttavia, nella riunione consiliare del 7 aprile 1906 “… il cassiere sig. Zino avverte che nessuno o quasi nessuno dei soci vuol pagare all‟esattore la quota di £ 5 mensili, poiché non vennero mai avvisati di tale aumento. Considerando quindi il caso tutto speciale e l‟urgenza di un provvedimento, il Consiglio delibera di portare al 1° aprile l‟aumento di tassa a £ 5 che l‟Assemblea aveva fissato al 1° gennaio e che il primo trimestre si paghino ancora £ 3 mensili. Naturalmente il Consiglio si rimette alla ratificazione di tale provvedimento da parte dell‟Assemblea”. La minore entrata comportò la revisione del bilancio preventivo dell’esercizio 1906, ribassato a 6.324,62 lire; al passivo si iscrissero 3.000 lire di acconto per l’acquisto del galleggiante. 99 Cfr. allegato n° 36. 98
56
Cattaneo
–
in
proprio,
quale
procuratore
speciale
degli
altri
comproprietari del galleggiante100 nonché in veste di presidente del Club Nautico Genovese – “… cede e vende all‟avv. Michele Poggi nella sua qualità di Presidente della Società Genovesi Elpis il galleggiante distinto
col
numero
nove
nel
registro
speciale
dei
magazzeni
galleggianti della Capitaneria del Porto di Genova, della portata di tonnellate 177,48, acquistato dai venditori con atto 17 maggio 1899 a rogito Cassanello. Tale vendita vien fatta per la somma di lire mille che l‟avv. Michele Poggi nella qualità di cui sopra, sborsa e paga con denari della predetta Società Canottieri Genovesi Elpis al marchese Ippolito Cattaneo, il quale nei nomi di cui sopra rilascia al predetto avv. Michele Poggi ampia liberazione e quitanza, promettendo nulla più chiedere in avvenire.101 Il marchese Ippolito Cattaneo, sempre nei nomi, garantisce la piena proprietà e disponibilità del galleggiante venduto 102 e dichiara che lo stesso è libero da qualsiasi peso e vincolo, tranne il fitto scaduto da corrispondere al Municipio di Genova per l‟occupazione dello specchio acqueo nella Darsena dal 1° aprile 1905.103 Le spese del presente atto sono a carico dell‟acquisitrice Società Canottieri Genovesi Elpis”.104 L‟Elpis, finalmente, aveva una sede propria! Il galleggiante doveva però versare in cattive condizioni, poiché già tre giorni prima del Tra essi non compare più Montagu Yeats Brown (deceduto, sembra, l’anno prima; cfr. nota n° 8). Al suo posto troviamo, evidentemente come erede, tale Granet Brown. Non si comprende però perchè la procura rilasciata a favore del marchese Cattaneo in data 20 marzo fu così sottoscritta: “per M.Yeats Brown, Fred Brown” (cfr. allegato n° 35). 101 In realtà l’Elpis avrebbe in seguito corrisposto al Cattaneo la ulteriore, pattuita somma di lire 3.000. Tale debito venne onorato a rate, liquidate non appena lo stato della cassa sociale lo consentiva; l’ultima quota venne versata il 10 dicembre 1910 (cfr. allegato n° 37). 102 Con ogni probabilità, a comprova del legittimo possesso da parte del Club Nautico Genovese del bene posto in vendita, venne consegnata all’acquirente copia dell’atto relativo al precedente passaggio di proprietà; ciò spiegherebbe perché tale documento sia stato rinvenuto presso la Canottieri Elpis. 100
Nel bilancio preventivo revisionato relativo all’anno 1906 venne così iscritto al passivo il riconoscimento al Municipio di tasse arretrate per complessive 540 lire nonché il pagamento del tributo di 720 lire relativo all’esercizio corrente. 104 Presso l’Elpis si trova un vecchio baule sul cui coperchio sono incise le lettere “CG”, che taluni indicano come l’ultimo residuo di quanto fu acquisito dall’antica Canottieri Genovesi. 103
57
formale acquisto era stata promossa tra i soci una sottoscrizione volta a raccogliere i fondi necessari al suo restauro (stimato pari a 500 lire, a cui ne andavano aggiunte altre 200 per la copertura in cartone del tetto); essa venne aperta dal presidente Poggi, che elargì 100 lire, subito seguito dai consiglieri con 29 lire ciascuno. Iniziò nel contempo la lunga (ma alla fine infruttuosa) battaglia con il Comune per ottenere una riduzione della tassa di stazionamento del galleggiante in darsena.
L‟accettazione, nel mese di aprile, delle domande di ammissione avanzate da diversi “automobilisti” (proprietari, cioè, di lance a motore) fu la probabile ragione delle dimissioni dalla loro carica dei consiglieri Giuseppe Valente e Raffaele Roccatagliata, fortemente contrari alla decisione “… perché le lance […] recano disturbo al galleggiante”.
La
remissione
degli
incarichi
provocò
il
primo
scioglimento anticipato di un Consiglio Direttivo della Canottieri Elpis. Convocati alle ore 8,30 del 15 maggio nel locale della Nuova Società Cooperativa per Costruzione di Case, i soci riuniti rinnovarono però la fiducia al presidente Poggi. Uno dei primi atti del nuovo Consiglio Direttivo fu proprio l‟istituzione di una sezione “canotti automobili” nonché di quella “studenti”, quest‟ultima regolata da norme e agevolazioni speciali volte a incentivare l‟affiliazione alla società di tale categoria di giovani.
58
Non si ha invece più notizia, ormai da tempo, della sezione nuoto istituita nel 1903.105 Il 20 marzo 1907 il Consiglio Direttivo venne informato che “… corre pericolo di dover abbandonare la Darsena perché coi sempre nuovi lavori portuali si dovrà ampliare il molo, a cui è approntato il galleggiante”; fu pertanto stabilito di “… trovare un posto in porto e abbandonare quindi la Darsena”. Prese piede l‟idea di uno spazio acqueo lungo il Molo Giano.
La sede sul Molo Giano Ebbe così inizio il lungo percorso che porterà alla edificazione su quella banchina, nel 1930, della prima – ed elegantissima - sede a terra della Società Canottieri Genovesi Elpis. 106 Un sogno accarezzato per
ben
tre
decenni,
e
finalmente
realizzatosi;
ma
poi
drammaticamente frantumato, appena quattordici anni dopo, dalle bombe sganciate da aerei britannici, come britannici erano stati – ironie della vita – coloro i quali i “canottieri genovesi” avevano invece voluto creare e plasmare. Sul molo dedicato proprio al dio bifronte – simbolo anche di pace e guerra, serenità e dolore 107–, là dove prima si levavano festosi gli schiamazzi di tanta gioventù sana e spensierata, ora solo macerie e silenzio.108
Il trasferimento della società sul galleggiante, in piena area portuale, comportò probabilmente la cessazione delle attività natatorie. 106 Il galleggiante venne venduto nel 1934 all’Opera Nazionale Balilla (cfr. allegato n° 38). 107 Il tempio di questa divinità romana consisteva in una specie di “… passaggio con due porte poste l‟una di fronte all‟altra, chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra, come a significare l‟uscita degli eserciti per la guerra e l‟attesa per il loro rientro seguito dalla pace”. (Tratto da “Dizionario Enciclopedico Universale”, edizione per il “Corriere della Sera”, Sansoni Editore, 1995). 105
59
Si dovette ricominciare; sognare daccapo. Del resto, la “speranza” era insita nel nome stesso della società. Ci vorrà, purtroppo, ancor più tempo, più pazienza di prima; ma alla fine il sogno si è realizzato per la seconda volta, e proprio in occasione dell‟anniversario più atteso, più bello, quello in cui scoccano i cento anni di vita e che segna l‟ingresso di una Società nella Storia dello Sport.
“NIHIL POTEST ME FLECTERE, EGO SEMPER SURGAM”
Jole a 8 vogatori della Società Canottieri Genovesi Elpis La società aveva già sofferto danni nel corso delle incursioni aeree compiute dagli Inglesi nelle notti 22-23 ottobre e 13-14 novembre dell’anno 1942: schegge di bombe, ricaduta di rottami e principi di incendio avevano distrutto tre imbarcazioni da gara (due singoli e un canoino), una lancia di servizio e materiale nautico vario. L’anno dopo un perito, su incarico del Consorzio Autonomo del Porto, stimò che il danno complessivo era ammontato a 25.800 lire, pari a un quarto delle entrate totali dell’ultimo esercizio prebellico. Le imbarcazioni superstiti vennero trasferite nel borgo di Boccadasse, ritenuto più sicuro; tale decisione le salvò dal bombardamento aereo del 4 settembre 1944 che, sfortunatamente, rase invece al suolo la sede sociale. Il disastroso avvenimento venne registrato in un ordine del giorno, a cui farà poi richiamo un appello (non datato, ma risalente molto probabilmente al 1950) lanciato ai soci affinché finanziassero la ricostruzione della sede (cfr. allegato n° 40); purtroppo allora poterono essere realizzati solo il deposito imbarcazioni e lo spogliatoio. Soltanto in prossimità del centenario, facendo ricorso ad un impegnativo mutuo bancario, è stato possibile procedere al sospirato ampliamento dell’impianto: i nuovi locali sociali sono stati inaugurati ufficialmente nel luglio del 2002 ospitando la cena di gala della “World Under 23 Rowing Regatta”, quell’anno in programma a Genova. 108
60
ALLEGATI La quantità dei documenti allegati allo scritto è tale da avere sconsigliato una loro pubblicazione in blocco sulla rete Internet. Essi possono tuttavia essere richiesti singolarmente al seguente indirizzo di posta elettronica: claudio_loreto@fastwebnet.it .
61