DIPLOMA ACCADEMICO Primo Livello in
GRAPHIC DESIGN TESI di DIPLOMA IN APPLICAZIONI DIGITALI PER L’ARTE
titolo
I BRAND STORICI; IL CASO COCA-COLA
Relatore Prof. Matteo Catani
Diplomando Claudio Santinelli
Anno Accademico 2013/14
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INDICE
Introduzione
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Dalle origini ai giorni nostri: la storia della Coca-Cola
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John Pemberton: l’inventore della Coca-Cola
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La differenziazione del prodotto - La Bottiglia Contour
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Un uomo di nome Woodruff
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Analisi del Logo
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La storia della pubblicità Coca-Cola
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La costruzione dell’immagine
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La vera storia di Babbo Natale
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Sprite Boy
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L’orso polare della Coca-Cola
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La Coca-Cola nell’arte figurativa
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La Coca-Cola di Andy Warhol
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Analisi di alcuni spot Coca-Cola
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Brands della Coca-Cola Company
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Pepsi vs Coca-Cola
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Coca-Cola: la tradizione di un marchio
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Rebranding del marchio
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Dove c’è sport c’è Coca-Cola
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Le Olimpiadi e la Coca-Cola
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Bibliografia
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Sitografia
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Linkografia
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Crediti fotografici
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INTRODUZIONE
Lo scopo di questo lavoro è analizzare le strategie grafiche e di comunicazione della Coca-Cola Company, ad oggi è la più grande azienda di produzione e distribuzione di bevande analcoliche al mondo: opera in 200 paesi e detiene i diritti di quasi 400 brand del settore beverage tra cui il brand di maggior valore del globo: Coca-Cola. La prima parte si sofferma principalmente sull’aspetto storico della bibita, dalla nascita della bevanda all’inventore, fino ad arrivare a diverse fasi storiche dell’azienda: la nascita e la prima espansione dell’azienda, sotto la guida del fondatore Asa G. Candler (1892-1922); il rinnovamento e il passaggio ad azienda leader con il suo presidente storico Robert W. Woodruff (1923-1950); l’espansione mondiale del dopoguerra (1950-1970), ma anche sistemi di distribuzione della Coca-Cola come la nascita della bottiglia Contour. Successivamente mi sono soffermato principalmente sul logo della Coca-Cola, ovvero un’analisi molto legata all’aspetto grafico, alla costruzione del logo, come si è evoluto nel tempo e i leggeri restyling che ha subito con il passare degli anni, soffermandomi anche sul perchè sono stati utilizzati tali colori cioè il bianco e il rosso facendo anche una piccola analisi sulle emozioni che trasmettono questi due colori. Gli argomenti successivi rappresentano un’analisi delle pubblicità della Coca-Cola, dai primi manifesti del 1890 a quelli più odierni, ma anche un’analisi delle pubblicità televisive con i messaggi pubblicitari ancora molto di moda, come “Vivi il lato Coca-Cola della vita” e “Stappa la felicità con Coca-Cola”. Una grande attenzione è stata prestata anche alle figure “inventate” dalla Coca-Cola come Babbo Natale, prima era una figura elfica, magra e con una veste verde; successivamente venne usata questa figura per le pubblicità della Coca-Cola nel periodo natalizio ed è per questo motivo che divenne il Babbo Natale che conosciamo oggi cioè con una veste rossa e bianca (i stessi colori della Coca-Cola). Le altre figure usate negli spot dell’azienda, spesso nel periodo natalizio furono Sprite Boy, anch’esso una figura elfica e gli orsi polari. Gli ultimi argomenti trattati riguardano la Coca-Cola nell’arte figurativa e nella Pop Art, un esempio classico è l’opera di Andy Warhol (icona della Pop Art americana); Un’analisi con il più grande competitor della Coca-Cola ovvero la Pepsi, due rivali in continuo conflitto, un percorso storico tra perso-
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nalità e identità di marca con le rispettive tecniche pubblictarie e i rispettivi restylig dei propri loghi. Infine la Coca-Cola nello sport e nelle olimpiadi, in molte città venne usata la bevanda come sponsor ufficiale per le olimpiadi, tra cui ricordiamo nel 1996 ad Atlanta proprio nell’aniversario del centesimo anno delle Olimpiadi e i 110 anni della Coca-Cola. Un elemento rilevante che emerge da questo tipo di analisi è che prima di tutto risulta evidente la forte connessione che vi è tra leadership manageriale, capacità di innovazione e posizione competitiva; la storia di Coca-Cola dimostra che in assenza di un grande leader capace di imporre la propria visione e il proprio pensiero all’azienda, la capacità innovatrice e anticipatrice di questa si riduce e, di conseguenza, la sua posizione competitiva si indebolisce, a causa dell’incapacità del management di prendere decisioni necessarie anche se caratterizzate da alti rischi operativi. Anche in un mercato a intensità tecnologica relativamente bassa dunque la capacità di innovare rimane requisito fondamentale per ottenere e mantenere la leadership di mercato.
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Dalle origini ai giorni nostri: la storia della Coca-Cola La storia della bevanda Coca-Cola1 comincia l’8 maggio 1886, nel giardino dietro la casa di Marietta Street, strada centrale di Atlanta dove il “dottor” John Pemberton (che era in realtà un farmacista) pensando a una variante del “vino di coca” (un infuso a base di vino e foglie di cocaina che aveva avuto un discreto successo in quel periodo) preparò lo sciroppo per un nuovo tonico rinvigorente, che chiamò “French Wine Coca”. Con l’intenzione di commercializzare la sua invenzione come medicinale, ne portò un campione alla farmacia Jacob, uno dei più grandi drugstore2 di Atlanta, come aveva già fatto in precedenza per altri suoi composti. Il nuovo sciroppo, doveva essere venduto, nelle idee dei due soci iniziali, come rimedio efficace e immediato contro il mal di testa e come bevanda rinvigorente. Successivamente lo sciroppo fu allungato con acqua gassata, creando così una bevanda gradevole e rinfrescante che fu subito molto apprezzata dai frequentatori del drugstore, Pemberton, infatti, reclamizzò la bevanda come un calmante per i nervi, rimedio per il mal di testa e per la stanchezza: «delizioso, rinfrescante e rinvigorente» era lo slogan del primo annuncio pubblicitario. Fu così che nel maggio del 1886 nella farmacia di Atlanta nacque e fu messa in vendita per la prima volta la Coca-Cola (o perlomeno una bevanda molto simile a quella che tutti oggi conoscono) al prezzo di 5 centesimi. Il nome fu inventato dal contabile della neonata “Compagnia Pemberton”, Frank M. Robinson, che propose “Coca-Cola Syrup and Extract”, dal nome dei suoi due ingredienti principali, foglie di coca peruviana ed estratto di noci di cola (pianta di origine africana che contiene molta caffeina). Egli suggerì anche di scrivere il nome in caratteri “Spencer”, la forma di scrittura allora più diffusa. Il 29 maggio 1886 il quotidiano “Atlanta Daily Journal” pubblicò la prima inserzione pubblicitaria per la Coca-Cola. La bevanda però non riscosse il successo desiderato, così l’anno dopo l’affranto John vendette per pochi dollari la formula e tutti i suoi diritti. Dopo vari passaggi di proprietà fu Asa Griggs Candler, un imprenditore statunitense locale, che acquisì tutte le quote, fondando nel 1888 la Coca-Cola Corporation. 1 GRIZZANTI GAETANO, Brand Identikit - Come trasformare il marchio in una marca, Fausto Lupetti Editore, 2011 2 Appare importante una precisazione di carattere storico-sociale: all’epoca le cosiddette “pharmacies” offrivano anche una serie di prodotti non strettamente medicinali e spesso avevano delle aree adibite a bar o gelateria, fu proprio in questi locali adiacenti che nacque la Coca-Cola moderna
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Candler (che con quest’arguto investimento divenne ricchissimo, fondando in seguito anche la Central Bank e la Trust Company), avviò la diffusione della Coca-Cola su scala nazionale grazie alla sua visione rivoluzionaria: con un’innovativa tecnica di marketing, infatti, distribuì dei buoni promozionali per far provare la bibita gratuitamente. La bevanda all’inizio, come tutti gli altri prodotti, veniva distribuita sfusa, versata cioè direttamente nel bicchiere. Candler intuì presto che, per proteggere il prodotto e il marchio dalle imitazioni, doveva contenerla in un involucro compatto, marchiato e distintivo. Venne lanciato un concorso per arrivare a un design di un flacone che fosse riconoscibile anche al tatto. La bottiglia vincitrice venne creata dalla Root Glass Company di Terre Haute, con un progetto ispirato al seme di coca: la gloriosa “Bottiglia Contour ”. L’imbottigliamento lanciò di fatto la divulgazione globale del prodotto che arrivava così nelle case delle persone, innestando l’espansione del marchio.
La farmacia di Jacobs dove, l’8 maggio 1886, la Coca-Cola viene venduta per la prima volta al pubblico
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Il primo annuncio pubblicitario Coca-Cola pubblicato nel 1886 sull’Atlanta Journal, in cui appare la storica versione del celebre marchio
John Pemberton: l’inventore della Coca-Cola John Stith Pemberton3, nato l’8 gennaio 1831 a Knoxville, in Georgia, è l’inventore della Coca-Cola. Frequentò la scuola di medicina e farmacia a Macon, seguendo la tradizione di Samuel Thompson, un erborista che come tecniche di cura utilizzava bagni e infusi, in controtendenza rispetto alla medicina più diffusa all’epoca che prevedeva l’uso di salassi. Durante la guerra di secessione si arruolò nell’esercito degli Stati Confederati, ricoprendo il ruolo di tenente colonnello e restando quasi ucciso in combattimento a Columbus, nel giorno di Pasqua. Proprio in questa città, alla fine della guerra, lavorò come farmacista e costruì un laboratorio in cui fabbricava e vendeva medicinali, composti chimici per la fotografia e prodotti cosmetici. Nel 1870 si trasferì ad Atlanta e fece parte della prima commissione di Stato per concedere l’abilitazione ai farmacisti in Georgia. Creò un moderno laboratorio che fu il primo a testare l’uso di prodotti chimici con la finalità di aumentare la produttività dei terreni.
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Studiò medicina e farmacia al Collegio Medico Riformato della Georgia a Macon e nel 1850, all’età di diciannove anni, fu abilitato alla pratica dei principi thomsoniani o botanici (questi praticanti si basavano fortemente su rimedi vegetali e sulla purificazione del corpo dalle tossine)
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Grazie alle sue competenze4, aiutò lo stato della Georgia nella lotta contro i venditori di falsi prodotti chimici agli agricoltori con la promessa di far crescere il raccolto. Proprio durante il periodo ad Atlanta Pemberton cominciò a lavorare alle bevande distillate dalla cocaina e dalla noce di cola. Pemberton morì a soli 57 anni il 16 agosto 1888, poco prima che la sua bibita iniziasse la scalata al successo.
La nascita della struttura distributiva di Coca-Cola Nel 1899 fu compiuto un altro passo fondamentale per il successo odierno della Coca-Cola, la bevanda cominciò a essere imbottigliata. Due avvocati, Benjamin Thomas e Joseph Whitehead presentarono questa idea al presidente Candler il quale non volendosi impegnare in un investimento rilevante come la costruzione di impianti di imbottigliamento, concesse loro il diritto esclusivo di imbottigliamento e vendita della bevanda negli Stati Uniti. A seguito di tale accordo, nel ‘900 i due stabilirono un piano con il quale si dividevano le rispettive aree territoriali: Thomas avrebbe servito gli stati dell’est; Whitehead avrebbe imbottigliato la bevanda per gli stati dell’ovest. 4
Coca-Cola Company, http://www.coca-colacompany.com
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A loro volta agli inizi del secolo, i due rivendettero i diritti regionali di imbottigliamento a imprenditori locali, cominciando a costruire l’embrione dell’enorme rete odierna di imbottigliatori in franchising, una delle chiavi del vantaggio competitivo della moderna Coca-Cola; questi imbottigliatori nel 1920 erano circa un migliaio. Essi avevano il diritto esclusivo di imbottigliare la Coca-Cola nella propria zona ed erano addirittura titolari locali del marchio. Nei decenni seguenti la Coca-Cola Company, con un investimento di milioni di dollari, riassorbì una ad una le varie società formatesi tramite tali accordi, riacquistando cosi l’intero valore aggiunto della produzione della bevanda5.
La differenziazione del prodotto - La Bottiglia Contour Intorno agli anni ’106, preoccupati della facilità di imitare il packaging del prodotto, le due società principali di imbottigliamento e la casa madre detentrice del marchio e della formula decisero di introdurre un elemento che differenziasse il prodotto degli altri presenti sul mercato; per fare ciò nel 1913 venne aperto un concorso per la realizzazione della futura bottiglia della Coca-Cola, vinta nel 1916 dalla Root Glass Company con l’ormai mitica “Bottiglia Contour” disegnata da Alexander Samuelson e Earl Dean. In seguito quella bottiglia (riconoscibile anche al buio secondo i suoi creatori) sarà registrata come marchio all’Ufficio Brevetti degli Stati Uniti: ben poche altre bottiglie al mondo godono di tale riconoscimento. La Bottiglia Contour7 all’inizio era più gonfia al centro, ricordava un po’ una silhouette femminile (forse ispirata alle hobbleskirts, le lunghe gonne indossate in quel periodo, larghe ai fianchi e strette in fondo). Sagoma inconfondibile, grande maneggevolezza, forte impatto e memorabilità. Il primo spunto, infatti, per la creazione dell’involucro di vetro sarebbe stato offerto dall’illustrazione di una fava della pianta di coca, solo in un secondo momento, poiché in effetti il disegno aveva un certo appeal femminile, fu accreditata questa versione più “intrigante”. Successivamente la bottiglia venne assottigliata al centro, in quanto tale forma mal si adattava ai macchinari in uso e soprattutto era poco stabile, in ogni modo rimangono le forme allungate e le scanalature verticali che ancora oggi possiamo vedere e toccare sulla Contour. 5 6 7
Fondazione Joseph B. Whitehead, http://jbwhitehead.org Coca-Cola Company, http://www.coca-colacompany.com PALAZZINI FIORA STEINBACH, Nata per vincere: storia e mito della Coca-Cola, Idea Libri, 1996
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Il grande successo del brand Coca-Cola si deve anche al packaging: le bottigliette messe in produzione a partire dal 1916, prima in vetro e in seguito in PET, divennero una vera e propria icona senza tempo. La bottiglia “Contour” in vetro verde della Georgia è tutt’oggi un simbolo d’innovazione in grado di distinguersi da qualsiasi altra bibita. Negli Anni Sessanta per la prima volta si cominciò a pensare al design del packaging come un mezzo per rendere la vita più facile ai consumatori. Così Coca-Cola decise di commercializzare, nel 1961, le prime bottiglie di vetro, la Contour di plastica arriverà nel 1993. La Contour ha subito dalla sua creazione rarissimi mutamenti stilistici, grazie alla sua unicità non ha avuto bisogno di adeguarsi al tempo come la maggior parte dei prodotti di largo consumo ed ha sempre contribuito a caratterizzare la bibita per cui è stata pensata grazie anche a campagne pubblicitarie che hanno posto la bottiglietta di vetro al centro dell’attenzione un binomio indissolubile, venuto meno solo con l’avvento delle lattine. Nessuno è in grado di spiegare come un oggetto cosi caratterizzato abbia potuto attraversare il secolo senza sintomi di invecchiamento nell’indice di gradimento di milioni e milioni di consumatori. Sarà per la sinuosità che evoca forme femminili? O al contrario, per quel qualcosa di fallico che qualcuno vi legge? Oppure per la straordinaria sinergia fra due “ordini formali apparentemente incompatibili: il funzionale e il decorativo?”
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Certo è che la bottiglia, esposta anche al Museo d’Arte Moderna di New York e protagonista di innumerevoli opere d’arte di artisti americani ed europei, ha contribuito in maniera notevole alla diffusione della bibita e alla riconoscibilità del marchio, un’identità/identificazione tra forma e contenuto di cui, forse, non c’è altro esempio. A molti anni dalla sua realizzazione, la bottiglia Contour rimane, come ha detto l’esperto londinese di design contemporaneo Stephen Bayley, “Il design più familiare nella storia dei beni di consumo”. Insomma, con Coca-Cola, contenuto e contenitore diventano una cosa sola, frutto di una sinergia tra design e prodotto che ha fatto e farà ancora storia.
Un uomo di nome Woodruff Nel 1919, un gruppo di investitori guidati da Ernest Woodruff8 acquistarono la Coca-Cola Company per 25 milioni di dollari, fu la più grande operazione finanziaria compiuta fino ad allora negli Stati Uniti, in un momento in cui secondo molti osservatori finanziari la Coca-Cola aveva già raggiunto l’apice della popolarità. Quattro anni dopo, Robert Winship Woodruff, figlio di Ernest Woodruff, venne eletto presidente della Società, rimase leader nel settore per più di sei decenni, venne ricordato come colui che riuscirà a dare una svolta alla Coca-Cola. Nel momento in cui Woodruff salì alla presidenza dell’azienda la situazione era difficile: le vendite e il valore delle azioni erano in crollo a causa delle fluttuazioni del prezzo dello zucchero dovute alla prima guerra mondiale, inoltre molti analisti finanziari ritenevano ristretti i margini di crescita della compagnia, il cui prodotto era già all’epoca in vendita in tutti gli Stati Uniti. Come primo atto della sua presidenza Woodruff mise l’accento sulla qualità del prodotto, istituì una campagna, avvalendosi di uno staff altamente qualificato per incoraggiare e assistere i punti vendita in modo da vendere e servire la bibita Coca-Cola. E con l’assistenza di imbottigliatori principali, la sua gestione stabilì standard di qualità per ogni fase dell’operazione di imbottigliamento. Il signor Woodruff vide un grande potenziale per il business in bottiglia, così la pubblicità e il marketing di supporto aumentarono notevolmente. Entro la fine del 1928, le vendite di Coca-Cola in bottiglie ebbero più successo rispetto ai punti vendita. La leadership di Robert Woodruff nel corso degli anni portò l’azienda della 8
PALAZZINI FIORA STEINBACH, Nata per vincere: storia e mito della Coca-Cola, Idea Libri, 1996
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Coca-Cola ad un successo commerciale senza precedenti. Concetti come il Merchandising, d’uso comune al giorno d’oggi, sono stati considerati rivoluzionari quando il signor Woodruff li presentò. L’azienda aprì la strada innovativa della scatola da sei bottiglie nel 1920, per esempio, fu più facile per il consumatore di acquistare una scatola di Coca-Cola e portarla a casa. La semplice scatola di cartone, descritto come “un pacchetto a casa con un manico di invito,” diventò uno dei più potenti strumenti di merchandising del settore. Nel 1929, il cartone è stato raggiunto da un altro anticipo rivoluzionario, il metallo, che diede la possibilità alla Coca-Cola di essere servita ghiacciata nei punti vendita. Fabbriche, uffici e molte altre istituzioni divennero così sbocchi per punti di ristoro. Molto simile al simbolo della bottiglia, un bicchiere distintivo, adottato come standard nel 1929, ha contribuito a pubblicizzare la Coca-Cola. Nella fiera del 1933 di Chicago ci fu l’introduzione di alcuni distributori automatici di Coca-Cola, i visitatori della fiera erano stupiti di vedere l’addetto versare una bevanda semplicemente tirando una maniglia. Nel 1937, il distributore automatico era diventata una caratteristica importante. Forse il più grande contributo del signor Woodruff era la sua visione della Coca-Cola come prodotto internazionale, nei primi due decenni del XX° secolo la crescita internazionale fu piuttosto casuale. Il primo paese europeo in cui nacque una società d’imbottigliamento della Coca-Cola fu la Francia nel 1920. Dal 1926, il signor Woodruff fu impegnato nella Società di espansione internazionale, che nel 1930 prese il nome di “The Coca-Cola Export Corporation”, un vero e proprio reparto creato per seguire il business fuori dagli Stati Uniti che vide l’apertura di impianti produttivi negli anni seguenti in Francia, Guatemala, Honduras, Messico, Belgio, Italia e Sud Africa, fino ad una presenza della Coca-Cola in ben 44 paesi esteri, alla fine degli anni ’30; nel 1929 furono messi a punto specifici programmi di merchandising per la vendita della bibita refrigerata nei famosi frigoriferi rossi. Il numero di paesi con operazioni d’imbottigliamento erano quasi quadruplicati, e la Società aveva avviato una partnership con i Giochi Olimpici che trascendeva i confini culturali. Lo scoppio della seconda guerra mondiale creò diverse preoccupazioni: lo zucchero, una delle materie prime indispensabili per il prodotto fu nuovamente razionato negli Stati Uniti. Per evitare una misura il cui impatto poteva essere ancora più grave della crisi attraversata nel 1919, Woodruff si preoccupò di convincere il governo a inserire la sua bibita nella
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razione giornaliera delle truppe, anche attraverso una relazione scritta, dal titolo significativo: “L’importanza del relax nella massima stanchezza della guerra”. Un posto di primo piano, in questo relax, era dedicato alla “pausa che ristora”, alla Coca-Cola simbolo della vita civile, della casa lontana e della Patria. Promise anche che la Coca-Cola sarebbe stata a disposizione di qualunque uomo in divisa, al prezzo di cinque centesimi, indipendentemente dal costo che questo avrebbe comportato per l’azienda. Così facendo la Coca-Cola fu dichiarata “war related production” e quindi esente dal razionamento. Ottenuto il consenso, Mr. Woodruff creò una équipe di ufficiali tecnici, “Captains-Coke” che dovevano provvedere affinché nessun soldato, neppure nei luoghi più inaccessibili o dove maggiormente infuriava la battaglia, fosse sprovvisto della sua Coca-Cola. Inoltre anche grazie al supporto del generale Eisenhower che la richiese espressamente per mantenere alto il morale delle sue truppe e firmò una petizione presso il congresso, dei 64 impianti che la Coca-Cola realizzò per rifornire le truppe americane durante la guerra ben 59 furono assemblati e trasportati al fronte a spese del governo. Alla fine del conflitto furono circa cinque miliardi di bottiglie consumate, ci furono aperture di nuovi impianti in diversi paesi e una promozione pubblicitaria senza precedenti. La Coca-Cola vinse una delle battaglie più impegnative della sua storia.
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Il Marchio Il marchio9 apparve per la prima volta in un annuncio pubblicitario nel 1886 sull’Atlanta Journal e fu registrato nel 1893 dopo la fondazione della Coca-Cola Company. L’idea di chiamare il prodotto Coca-Cola fu di Frank Mason Robinson, socio e contabile di John Pemberton, il quale cambiò la “k” in “c” e prendendo spunto dai due componenti principali della bevanda ci fu l’uso della doppia “C”. La lettera “a” a fine parola suonava inoltre atipica per la classica cadenza fonetica anglosassone, risultando originale e caratteristica. Il logotipo, che nella sua totalità è composto da un carattere tipografico disegnato con un tratto manuale e sinuoso, rimanda a un universo che richiama la tradizione, trasmettendo quindi valori di genuinità e autenticità. Fu sempre Robinson a scegliere la tipologia di carattere da utilizzare, lo “Spencerian Script”, un lettering allora molto diffuso ma che nel tempo, tra leggerissime e quasi impercettibili evoluzioni, ha acquisito un ruolo importantissimo nella creazione dell’identità di marca, questo logo fu disegnato dallo stesso Robinson nel 1885. È importante notare che, per quanto la grafia del marchio Coca-Cola abbia subìto nel tempo notevoli cambiamenti stilistici, nessuno se ne è mai potuto accorgere se non confrontando l’ultimo restyling col primo logotipo. Analisi del Logo Quando John S. Pemberton creò la formula per la sua nuova bevanda nel 1886, la sua compagna e il contabile, Frank M. Robinson, suggerirono il nome di Coca-Cola, pensando che “le due C stavano bene in una pubblicità”. Voleva creare un logo unico per andare con esso, sperimentò scrivendo il nome della società in elaborato scritto Spencerian, una forma di calligrafia caratteristica del tempo.
1887-1890 - Inserimento del “marchio” Questi due importanti piccole parole sono stati aggiunti alla coda della prima ‘C’
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Coca-Cola Company, http://www.coca-colacompany.com
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1890-1891 - Turbini Extra Per un solo anno, il logo ha cambiato il suo aspetto abbastanza drammaticamente con questo script supplementare. Successivamente il logo tornò al suo carattere precedente
1941-1960 - Logo ottimizzato In questa versione, le parole “marchio registrato” sono spostate fuori dalla coda della “C” e sono stati assegnati sotto il nome Coca-Cola
1958-1960 - Una forma di pesce Questo periodo ha visto l’introduzione del logo a forma di pesce
1969 - Quella famosa onda bianca In questo riquadro rosso, il familiare logo Coca-Cola è stata sottolineato con l’iconica onda bianca nota come il dispositivo multifunzione dinamico, che viene ancora usato per questo giorno. La turbolenza bianca, faceva parte di un re-design grafico portato alla fine del 1969, il design per la Coca-Cola nel 1970 si è basata su un audace curva che riflette il contorno unico della bottiglia
2003 - Mantenere il reale Con l’introduzione della campagna “Coca-Cola ... Real”, il logo ‘onda bianca’ è stata arricchita con una scossa di giallo e alcune bolle galleggianti
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2007 - Un design classico Un semplice, ma audace, design con un unico nastro bianco
2011 - 125 anni di felicità Al 125° compleanno della Coca-Cola il logo vede delle bolle che scoppiano dalla nostra famosa bottiglia Contour, una celebrazione del nostro passato, presente e futuro
Il Bianco e il Rosso I colori utilizzati, il rosso per lo sfondo e il bianco per la scritta o viceversa, in forte contrasto tra loro evocano vivacità, desiderio, energia e semplicità: in altri termini i valori stessi del brand Coca-Cola. BIANCO - Il colore della purezza: È, con il nero, un “colore non colore” perché si ottiene dalla somma ottica dei colori primari. Il bianco candido o ‘optical’ (neve, giglio, calce ecc.) ha assunto storicamente molti significati secondo i contesti: può indicare perfezione trascendente, purezza, castità, santità, sacralità, redenzione, autorità spirituale (religioso), pulizia (domestico) e sterilità (medicale), sincerità, innocenza (funerario), verginità e pudore (nuziale), gioia, luce, sole, aria (generico), fede e purezza (araldica), semplicità d’uso (tecnologia), sanità e resa (militare). ROSSO - Il colore della passione: Il rosso vivo è il colore che indica fuoco, calore, amore, gioia, passione, energia; ma anche ferocia, martirio, crudeltà, sessualità, sangue, rinnovamento della vita, collera, crudeltà, vendetta, forza d’animo; e ancora rega-
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lità, dignità, potere, fede, magnanimità, amore, audacia, potenza, coraggio (araldica). È il colore dell’eros per antonomasia (luci rosse) sia nella moda (“La signora in rosso”) che nella cosmesi (rossetto e smalto per le unghie, ecc). Il rosso vivo è un colore emotivamente intenso capace di aumentare il battito cardiaco, la pressione sanguigna, la respirazione, il metabolismo. Per la sua visibilità elevata viene usato come indicatore di pericolo nella segnaletica (rosso semaforico, stop e divieto d’accesso nei cartelli stradali) e come segnale di allarme (pannelli di controllo, indicatori, spie).
La storia della pubblicità Coca-Cola Quando il dottor Pemberton ideò Coca-Cola10, non esistevano manifesti pubblicitari o spot televisivi. Come fare sapere a tutti che era nata una nuova bevanda? Sfruttando i mezzi allora a disposizione e John Pemberton, insieme al suo fidato contabile Frank Robinson, decise di incontrare direttamente il pubblico: si mise a distribuire coupon per l’assaggio gratuito della bevanda nelle strade di Atlanta, mentre Robinson inviò a tutti i cittadini il coupon direttamente a casa! Questa forma di marketing così innovativa per l’epoca proseguì con Asa Candler, che comprò i diritti di Coca-Cola da John Pemberton: nei punti vendita inviò un quantitativo di Coca-Cola gratis e 128 coupons a chi abitava nelle vicinanze. Con un investimento di soli 5 centesimi a bevanda, Candler si assicurava così che 128 potenziali consumatori provassero la nuova bevanda e generassero un positivo passaparola sul prodotto. E questo era solo l’inizio. Le cose stavano per cambiare profondamente. Stava per arrivare la “vera” pubblicità. La pubblicità è qualcosa di relativamente recente: negli Stati Uniti nacque nel 1842. Una delle più importanti agenzie di creatività pubblicitaria di quell’epoca era l’agenzia di William Cheever D’Arcy (1873 - 1948). Era il 1906 e la pubblicità consisteva nel disegnare ritratti. L’agenzia pensò di creare una campagna pubblicitaria con una freccia che puntava al logo: era una soluzione per dare all’immagine incisività grafica. Per più di dieci anni questa immagine fu utilizzata per i manifesti. Fu proprio l’agenzia a cominciare ad usare Babbo Natale per le campagne pubblicitarie invernali. Perché limitarsi all’estate quando anche d’inverno e tutto l’anno la bevanda avrebbe potuto allietare i momenti della vita quo10
Coca-Cola Italia, http://www.coca-colaitalia.it
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tidiana? L’agenzia D’Arcy chiese all’illustratore Haddon Sundblom di creare l’immagine di San Nicola e l’artista, che già conosceva il brand, ideò un Babbo Natale gioviale, rubicondo, vestendolo con i colori tipici del marchio, cioè il rosso e il bianco. Era il 1931 quando apparve il primo manifesto, sulla fabbrica per l’imbottigliamento a Memphis e lo slogan recitava: La pausa che rinfresca. Ogni anno Sundblom inventava situazioni e pose diverse per il mitico personaggio, fino al 1964. Da allora Babbo Natale non ha più abbandonato la sua bevanda preferita ed è arrivato anche in televisione. Il primo spot televisivo di Coca-Cola andò in onda il Giorno del Ringraziamento nel 1950. Questo mezzo era ancora “sperimentale”: poche città avevano stazioni televisive ma poter sponsorizzare dei programmi fu l’occasione giusta per raggiungere sempre più consumatori, anche via radio. Nel 1956 The Coca-Cola Company decise di rivolgersi all’agenzia McCann-Erickson, che lanciò due campagne: “The Sign of Good Taste” (Il segno del buon gusto) e “Be Really Refreshed” (É davvero rinfrescante) entrambi per la tv. Animazioni, stop motion, live action e performance di personaggi famosi: si fece di tutto per sfruttare al massimo il mezzo televisivo. Nel 1963 realizzò una campagna adatta per tutto il mondo: “Things go better with Coke” (Le cose vanno meglio con Coca-Cola) era accompagnato da un jingle eseguito dal gruppo folk The Limelighters che fu poi tradotto in varie lingue. Il primo spot televisivo a colori andò in onda il 15 giugno 1964: era intitolato “Refrigerator - Man” (Uomo frigorifero). Per tutto il decennio gli slogan televisivi e radiofonici si rifacevano ai grandi cambiamenti della società. Per esempio il famoso jingle di “Le cose vanno meglio con Coca-Cola” fu adattato al mercato più giovane permettendo agli artisti pop di modificare a loro piacimento musica e performance. La musica riesce andare oltre le immagini. E l’America degli Anni Sessanta aveva bisogno di positività e di credere ancora nel futuro e nei sogni lo che avevano reso un grande Paese. Nel 1967 la Coca-Cola decise di affidare lo spot radiofonico all’inconfondibile voce di Aretha Franklin, che apparirà anche nella prima pubblicità della Coca-Cola apparsa in un periodico. Nel 1969 il nuovo slogan: “It’s the Real Thing” (È la cosa reale). E dopo due anni arrivò il jingle che avrebbe segnato la storia della pubblicità. Si intitolava “I’d like to Buy the World a Coke” (Mi piacerebbe comprare il mondo con una Coca-Cola) e fu scritta per Coca-Cola da Bill Backer, direttore creativo della McCann-Erickson, dopo aver osservato un gruppo di passeggeri
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all’aeroporto di Shannon che ridevano e scherzavano con delle bottiglie di Coca-Cola in mano. Scrisse Backer: Volevo far capire che Coca-Cola non era una semplice bevanda rinfrescante ma qualcosa di universale che unisce le persone e tiene loro compagnia. Il messaggio arrivava direttamente al cuore: mentre il mondo sembrava sull’orlo di una crisi di nervi (dagli entusiasmi della conquista della Luna alle sensazioni di paura imposte dalla Guerra Fredda), lo spot Coca-Cola diventava un messaggio di speranza e tranquillità per il futuro. Alla canzone fu associato anche un breve spot, girato su di una collina in Italia, in cui uomini e donne e giovanissimi cantavano tutti insieme. Fu trasmesso in America nel luglio del 1971: da quel momento l’azienda ricevette più di 100.000 lettere. Il pubblico era entusiasta e chiamava le stazioni radio per richiedere quel brano, che fu tradotto in altre lingue e parte dei suoi proventi vennero dati in beneficenza. Aveva ragione Backer: la Coca-Cola poteva unire interi popoli. Da quel momento Coca-Cola ebbe sempre una colonna sonora con cui arrivare direttamente al cuore dei suoi consumatori. Nel maggio 1976 uscì una nuova campagna, risultato di tre anni di ricerca sulle abitudini di consumo. Lo slogan era “Coke Adds Life to...” (Coca-Cola aggiunge la vita a…) e lo scopo era di evidenziare la freschezza della bevanda e come potesse diventare perfetta da accompagnare ai pasti, al gioco e al tempo libero. Nel 1979 toccò a un altro celebre spot, quello del giocatore di football interpretato da Joe Green e dal dodicenne Tommy Okon: vinse il premio Clio, il più importante concorso mondiale della pubblicità. Nel 1989 toccò alla voce di Robin Beck, accompagnare uno degli spot più romantici di Coca-Cola, in cui si intuiscono i primi batticuori di ragazzi e ragazze uniti che alla fine condividono la bottiglietta più famosa del mondo. Sempre nel 1989 è proposto un altro tipo di spot, una vera esplosione di allegria: la canzona si intitola “Can’t beat the feeling” (Non può battere il sentimento), effervescente come una cascata di bollicine! Nel 1993 la creatività si concentra in poche, efficaci parole: “Always Coca-Cola” (Sempre Coca-Cola). Furono realizzati 27 spot per colpire diversi tipi di pubblico e vennero introdotte tecniche innovative per quell’epoca, come le animazioni al computer. Lo spot più famoso? Quello intitolato “Northern Lights” (Aurora Boreale): un orso polare si gusta la Coca-Cola mentre guarda l’aurora boreale. Nel gennaio del 2000 ci fu il lancio di una nuova campagna: “Coca-Cola
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Enjoy”. Ricorre ancora una volta l’idea, che diventa un vero e proprio “invito”, di connettere le persone in tutto il mondo, scoprendo il pizzico di magia che ci può essere nella vita di tutti i giorni grazie a Coca-Cola. Nell’aprile del 2001 le parole chiave sono “Life Tastes Good” (La vita ha un buon sapore) e celebrano i valori positivi del brand nelle storie di ogni giorno. Due anni dopo tocca alle celebrità farsi portavoce della bevanda: indimenticabile quello con Penelope Cruz in cui l’attrice beve a canna una Coca-Cola e alla fine le scappa un piccolo...burp. Infine, da un’idea molto semplice, “bere Coca-Cola ti rende felice”, nel 2006 nasce “The Coke Side of Life” (Il lato Coca-Cola della vita), un messaggio che racchiude un vero e proprio invito a vivere sul verso positivo della vita. Impossibile dimenticare il pezzo che Coca-Cola ha scelto come inno promozionale dell’ultimo Campionato Mondiale di Calcio svoltosi in Sud Africa nel 2010: “Wavin’ Flag - The Celebration Mix” echeggia con la voce del rapper somalo e con quella di altri artisti, diversi per ogni nazione. L’onore di cantare lo spot natalizio dello stesso anno è stato della band rock americana Train, che in esclusiva per Coca-Cola ha cantato il pezzo “Shake Up Christmas”: il testo della canzone parla della felicità da condividere fra tutti, anche in tempi di crisi economica. Ancora una volta, Coca-Cola rispecchia i momenti semplici e il lato ottimista della vita di tutti i giorni. Ma la felicità si può esprimere in milioni di modi diversi e Coca-Cola trova altre parole per invitare i suoi consumatori a pensare positivo: l’ultimo slogan recita “Open Happiness” (Stappa la Felicità). Perché alle volte, anche se non ce ne accorgiamo, la felicità è lì, a portata di mano!
La costruzione dell’immagine Qualsiasi prodotto11, qualsiasi oggetto può uscire dalla sua esistenza oscura per diventare personaggio o mito. Gli esempi sono facili: Coca-Cola come Marilyn Monroe, i Beatles come la zuppa Campbells. Ma perché lo sono diventati? E perché la Coca-Cola ha sbaragliato decine di bibite concorrenti incontrate nel suo cammino? Non si tratta certamente solo di validità del prodotto, ne di strategie di marketing, ne di menagement preparato…Per trasformarsi da oscuro oggetto in mito un prodotto ha bisogno di un’azione pubblicitaria intelligente, veritiera, continua e costante. Una pubblicità che 11
BRETON PHILIPPE, L’utopia della comunicazione, Utet Libreria, 1992
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lo carichi di valori positivi, i quali facciano presa sui consumatori. La Coca-Cola, dunque si è affermata grazie ai riti della moderna comunicazione che ha saputo sfruttare con tempestività sempre al meglio, è evidente tuttavia che nemmeno una pubblicità particolarmente azzeccata può spiegare da sola il successo. In tutti i grandi miti, dunque, c’è un “quid” indefinibile che sfugge a tutte le regole e a tutte le classificazioni, e che per gli esseri umani si definisce “carisma”.
Bere un’immagine Perché una persona beve Coca-Cola invece di un’altra bibita simile? Al 99% perché si identifica perfettamente nell’immagine che Coca-Cola da dei propri consumatori. Oltre alla qualità del prodotto, dunque, chi sceglie Coca-Cola sceglie, più che la bibita in se stessa, l’immagine della bibita. Nella costruzione dell’immagine di marca, dice David Ogilvy (un noto pubblicitario americano), “ogni annuncio deve portare nella stessa direzione la pubblicità del prodotto che deve proiettare la sua stessa immagine anno dopo anno”. I clienti delle agenzie di pubblicità, che quasi sempre vorrebbero cambiare campagna a ogni stagione, ma per la Coca-Cola questo principio si è dimostrato validissimo e vincente. Nella storia dell’advertising, il caso Coca-Cola con la sua inusuale continuità di messaggio è abbastanza raro, da quel fatidico 8 maggio in cui Pemberton decise di far conoscere la nuova bibita attraverso un annuncio sul quotidiano locale e definì la Coke “delicious” e “refreshing”, poco è cambiato. A scorrere gli slogan che sono stati via via creati per pubblicizzare la bibita si resta addirittura sconcertati: il concetto è sempre il medesimo, quello del ristoro ovvero di una delle cose che rendono piacevole la vita, di un sogno di ospitalità e di amicizia. Da “deliziosa e rinfrescante” a “la pausa che ristora”, successivamente “tutto va meglio con Coca-Cola” del 1963. Nel corso degli anni ci sono stati diversi cambiamenti, soprattutto nell’immagine ma la parte visiva della pubblicità Coca-Cola è sempre contemporanea e mostra il presente esattamente com’è in quel momento, specchio di vita (slice of life) molto realistico nella sua irrealtà, in cui tuttavia riusciamo a cogliervi abitudini, moda, rapporti sociali e cambiamenti di costume.
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La vera storia di Babbo Natale Il Babbo Natale12 che tutti noi conosciamo, ovvero un uomo allegro con il vestito rosso e la barba bianca, in realtà molte persone non sanno che prima del 1931 Babbo Natale era raffigurato come un uomo scarno, alto, simile ad un elfo dall’aspetto spettrale. Indossava una veste verde realizzata con pelle di animale, vestiva come un tipico cacciatore norvegese. Infatti, quando l’americano Thomas Nast, considerato il Padre del Fumetto Americano, disegnò Babbo Natale per Weekly Harper nel 1862, era una piccola figura elfica. Nast continuò a disegnare Babbo Natale per 30 anni, cambiando il colore della sua giacca dal marrone al rosso. La Coca-Cola Company iniziò la sua pubblicità di natale nel 1920 con annunci commerciali relativi a delle riviste. I primi annunci di Babbo Natale utilizzarono un aspetto molto simile a quello che conosciamo oggi. Nel 1931 l’azienda iniziò la collocazione degli annunci della Coca-Cola su riviste popolari. Archie Lee, l’esecutivo dell’Agenzia pubblicitaria D’Arcy, lavorava con la Coca-Cola Company, volle una pubblicità che mostrasse un Babbo sano che era sia realistico e simbolico, in più cercavano una campagna pubblicitaria efficace per incrementare le vendite nel periodo invernale, indirizzata principalmente ad un target giovanile. Nello stesso anno la Coca-Cola Company commissionò l’illustratore americano Haddon Sundblom, il quale sviluppò immagini pubblicitarie e illustrazioni che associavano la Coca-Cola a un Babbo Natale vestito di rosso e bianco. Da quel momento in poi diventò un’abitudine per la compagnia pubblicizzare la bevanda, nel periodo invernale, associata a Santa Claus. Sundblom per realizzare queste illustrazioni si ispirò alla poesia scritta nel 1822 da Clement Clark Moore, intitolata “la visita di San Nicola” (comunemente chiamata “’Twas the Night Before Christmas”). La descrizione di Moore per San Nicola portò ad un’immagine di un ambiente caldo, accogliente e piacevole, il Babbo Natale veniva descritto come un uomo grassottello e dall’animo buono e umano. Si dice spesso che Babbo Natale indossa un cappotto rosso perché il rosso è il colore della Coca-Cola, in realtà egli apparve in un cappotto rosso prima che l’illustratore Sundblom lo realizzò. Al contrario di quello che si pensa questa immagine di Babbo Natale era già largamente in uso negli anni ‘30 quando la Coca-Cola cominciò ad usarla per le sue campagne natalizie. 12 LAGIOIA NICOLA, Babbo Natale. Dove si racconta come la Coca-Cola ha plasmato il nostro immaginario, Fazi Editore, 2005
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Non solo: la prima azienda produttrice di bibite che usò il Babbo Natale moderno fu in realtà la White Rock Beverages, prima nel 1915 per vendere acqua minerale e poi nel 1923 per vendere il suo Ginger Ale. Rimane comunque il merito alla Coca-Cola di aver fatto entrare questa immagine nell’immaginario collettivo attraverso un uso costante negli anni. Dal 1931 al 1964 le pubblicità della Coca-Cola mostrarono Babbo Natale che regalava giocattoli ai bambini, inoltre giocava insieme a loro, leggevano una lettera e si godevano una Coca-Cola. All’inizio Sundblom per realizzare l’immagine di Babbo Natale prese ispirazione da un suo amico, Lou Prentice, un venditore in pensione. Quando Prentice morì, Sundblom utilizzò se stesso come modello, fece un autoritratto mentre si guardava allo specchio. Anche i bambini che appaiono con Babbo Natale nei dipinti di Sundblom erano reali ed erano suoi vicini di casa. Le pubblicità su Babbo Natale cominciarono ad essere animate nel 2001, fu uno spot televisivo animato con protagonista la Coca-Cola insieme a Babbo Natale. Un altro mattone alla costruzione complessiva dell’immagine di marca: il Babbo Natale nato prima della guerra esiste ancora oggi, e non ha perso carisma in oltre sessant’anni di apparizioni annuali. Tanto che lo viviamo tutti come un personaggio “super-partes”.
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Sprite Boy Nei primi anni del 194013, arriva una nuova figura elfica, fece la sua prima comparsa nella rivista di pubblicità per la Coca-Cola, “Sprite Boy” un personaggio che è apparso con Babbo Natale nelle pubblicità della Coca-Cola tra il 1940 e il 1950. Sprite Boy, anche lui venne creato da Sundblom, prese il suo nome dal fatto che egli era un folletto o un elfo. Anche se si tratta di un malinteso comune che questo folletto, conosciuto come Sprite Boy, prende il nome di marchio Sprite, ma è sempre stato di proprietà della Coca-Cola. In realtà, la società non ha mai introdotto la bevanda Sprite fino al 1961, dopo l’uscita della Sprite, il piccolo elfo non fu più presente negli annunci pubblicitari. Nel 1941 la Società della Coca-Cola decise di abbreviare “Coca-Cola” in “Coke”, venne utilizzata per la prima volta nelle riviste annunci. Le prime pubblicità collegavano i nomi “Coke” e “Coca-Cola” con Sprite Boy come immagine primaria. Il personaggio elfico Sprite Boy apparve negli annunci pubblicitari con un sorriso diabolico, spesso con le stelle intorno a lui (che rappresentavano la sua personalità frizzante e le bollicine della Coca-Cola). Nelle pubblicità non venne mai mostrato il corpo di Sprite Boy ma solo la testa e le mani, molto spesso veniva raffigurato, nelle pubblicità, Sprite Boy con in testa due cappelli diversi: un tappo di bottiglia della Coca-Cola, usato come cappello, e un cappello vero e proprio con inciso il logo della Coca-Cola, per rappresentare i due lati del business della società. Sprite Boy apparve per la prima volta in annunci per rivista nel gennaio del 1942 e gradualmente divenne subito famoso. Sprite Boy venne raffigurato non solo su materiale pubblicitario e promozionale, ma anche su segnaletica, cartoni, poster, orologi, giocattoli, carte assorbenti e giochi fino a 1953, il personaggio fu utilizzato anche su imballaggi fino a quando fu gradualmente eliminato della pubblicità nel 19571958.
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PENDERGRAST MARK, Storia della Coca-Cola, Odoya Libreria, 2009
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L’orso polare della Coca-Cola La prima pubblicità della Coca-Cola14 in cui è presente un orso polare apparve in Francia nel 1922, per i successivi 70 anni gli orsi polari sono apparsi sporadicamente nelle pubblicità stampa. Nel 1993, la Coca-Cola Company fece un cambiamento nella sua pubblicità, introducendo la campagna “Always Coca-Cola”. La campagna, realizzata dall’agenzia pubblicitaria Creative Artists Agency, era molto eterogenea, con una corsa iniziale di 27 spot pubblicitari progettati per rivolgersi a un pubblico specifico. Gli annunci correvano in tutto il mondo e comprendevano una varietà di approcci tecnici innovativi, come le animazione al computer, una novità mai vista prima. Presto venne introdotto quello che sarebbe diventato uno dei simboli più importanti della pubblicità sulla Coca-Cola e cioè l’orso polare animato. Quando venne chiesto di sviluppare una novità commerciale per la Coca-Cola, il creatore Ken Stewart pensò al suo cucciolo di cane, un labrador, che andava al cinema con una Coca-Cola. Il suo cane assomigliava ad un cucciolo di orso, da qui nacque l’idea di usare un orso polare per realizzare una pubblicità commerciale. Nella pubblicità, infatti, vengono mostrati degli orsi polari che guardano un film sull’aurora boreale e bevono Coca-Cola. Mr. Stewart realizzò le pubblicità con l’aiuto della società di animazione “Rhythm & Hues” per animare gli annunci, utilizzando programmi di computer grafica e animazione digitale. Per realizzare ogni spot impiegavano circa 12 settimane per realizzarlo dall’inizio alla fine, un processo lungo e complesso per realizzare le creature artiche. Come per tutti i spot televisivi, il primo passo era lo storyboard. Il signor Stewart e gli animatori hanno studiato film e le foto di orsi polari reali per avere una migliore idea di come gli orsi muovono le loro teste, corpi e arti, in modo da poter integrare questi movimenti nelle pubblicità. Per realizzare l’orso nel computer, il signor Stewart e Rhythm & Hues impiegarono un esperto di scultura digitale per creare una rappresentazione tridimensionale della testa. Il modello poi è stato trasferito in un altro software 3D di computer grafica. Una volta che l’intera figura dell’orso è stata realizzata può essere mosso, permettendogli di camminare, correre, sciare o pattinare sul ghiaccio. Ulteriori elementi che non erano generati al computer, come ad esempio una bottiglia di Coca-Cola, sono stati scansionati e memorizzati nel compu14 PENDERGRAST MARK, Storia della Coca-Cola, Odoya Libreria, 2009
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ter e sono stati aggiunti al video. Mentre l’animazione era in produzione, il signor Stewart lavorò anche con Glenn Rueger per la musica e gli effetti sonori. Per mantenere la qualità magica del mondo degli orsi, il signor Stewart mantenne la musica al minimo. Usò la musica sintetizzata come fonte di sola punteggiatura e mantenne il dialogo libero tra gli orsi, fatta eccezione per le notevoli “ooh”, “ah” e grugniti, che sono stati creati da Mr. Stewart in una scena sonora usando la propria voce, che poi venne modificata al computer per farla assomigliare agli orsi. Il signor Stewart fu soddisfatto del risultato ottenuto, e cioè un personaggio innocente, divertente con i migliori attributi umani, gli orsi realizzati erano carini, maliziosi, giocosi e pieni di divertimento.
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La Coca Cola nell’arte figurativa Il rapporto fra Coca-Cola e il mondo dell’arte, va visto in un doppio binario: l’utilizzo da parte della Compagnia di illustratori e designer di prima grandezza e la presenza della bottiglia, del marchio, della lattina o di altri oggetti quotidiani, riconoscibilmente appartenenti alla famiglia Coca-Cola in opere di artisti famosi, soprattutto americani. Un rapporto questo fra Coca-Cola e arte che prosegue ancora oggi con manifestazioni culturali annuali ad Atlanta. Di alcuni illustratori si è già detto: negli anni Trenta collaborarono, per la realizzazione dei calendari e dei vassoi, oltre a Norman Rockwell, anche Frederic Stanley e ancora Hamilton King, Haddon Sundblom. Ben diverse le interpretazioni artistiche di alcuni autori della Pop Art che hanno innalzato Coca-Cola a uno dei simboli del nostro tempo, e primo fra tutti il citatissimo e noto Andy Warhol. Ma altri nomi e altre opere vale la pena di citare: George Segal, con la sua The Gas Station, Tom Wesselmann, Wolf Vostell con un suo “décollage” e Charles Frazier (American Nude è la scultura della bottiglia senza marchio e con due seni) o il maestro precursore della Pop Art Jasper Johns. Artisti che non vanno letti, quali “illustratori” della Coca-Cola, ma giudicati esclusivamente con il metro estetico, seppur anch’essi rappresentazione della rappresentazione di un fenomeno/simbolo della nostra epoca, con distacco d’artista ma con aderenza alle cose. Sapete come ha definito la Pop Art lo stesso Andy Warhol?: “It’s liking things” (è amare le cose).
Wolf Vostell, “Coca-Cola 1961”, si tratta di un “DECOLLAGE” realizzato con un manifesto pubblicitario originale, staccato da un muro e poi strappato. É una delle tante opere d’arte che hanno per protagonista la Coca-Cola
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La Coca-Cola di Andy Warhol l’icona della Pop Art americana
“Ciò che è grande di questo paese è che l’America ha iniziato la tradizione per cui i consumatori più ricchi comprano per la maggior parte le stesse cose di quelli più poveri. Tu puoi vedere alla tv la pubblicità della Coca-Cola e sai che il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola e anche tu puoi bere Coca-Cola. Una Coca-Cola è una Coca-Cola e non c’è denaro che ti consenta di berne una più buona di quella che sta bevendo un barbone all’angolo. Tutte le Coca-Cola sono uguali, tutte sono buone. Liz Taylor lo sa, il Presidente lo sa, il barbone lo sa, e tu lo sai.” Andy Warhol
Uno dei capolavori15 più pop della storia dell’arte americana è messo all’asta da Christie’s. Il 12 novembre 2013, la celebre bottiglia di Coca-Cola, disegnata da Andy Warhol, sarà l’oggetto di una vendita al miglior offerente al Rockefeller Plaza. Realizzata nel 1962, l’opera non è soltanto un’originale dipinta a mano su tela (e non una serigrafia), ma l’incarnazione più diretta della poetica dell’artista newyorkese. Warhol dipinge la sua bottiglia monumentale di Coca-Cola alta come un essere umano, i suoi drammatici contorni in bianco e nero creano un effetto istantaneo, la stima iniziale è eccezionale: 60 milioni dollari. «In un momento in cui i collezionisti internazionali sono alla ricerca di capolavori blue chip – commenta Brett Gorvy, Responsabile Internazionale di Post War and Contemporary Art di Christie – niente è più iconico della Coca-Cola del maestro della Pop Art, Andy Warhol. Coca-Cola è uno dei primi lavori dell’artista, un lavoro di immensa qualità». Le dimensioni dell’opera sono grandi, 176,2 cm x 137,2 cm, caratterizzata da contorni netti neri su fondo bianco. Per quasi venti anni è stata conservata in una collezione privata. La bottiglia di Coca-Cola è una vera e propria icona della moderna cultura di massa, è il marchio più riconoscibile nel mondo, simbolo del consumismo e della globalizzazione. Proprio per questo, la tanto nota 15
Christies, http://www.christies.com
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bibita è stata scelta dal giovane Warhol, quando da illustratore pubblicitario decide di diventare un artista, dando vita a numerosi lavori senza tempo. Sempre nelle sale delle aste di Christies ci fu un dialogo esclusivo tra due maestri del Pop, Andy Warhol con la Coca-Cola e Jeff Koons con il suo cane Balloon (arancione), due diverse generazioni di artisti pop in piedi fianco a fianco; Andy Warhol è il padre di tutto ciò che sappiamo della Pop Art e Jeff Koons è il suo successore consacrato, entrambi creano oggetti che sono totalmente universali, popolari e amati dal pubblico. L’opera della Coca-Cola è eseguita in bianco e nero ed a misura d’uomo, è un ritratto del famosa e sinuosa bottiglia della Coca-Cola. Realizzata nei primi mesi del 1962, si contraddistingue dalle altre opere in quanto ha un’estetica fredda, impersonale con mezzi meccanici di rappresentazione e una natura autonoma. Questa forma rigida, semplice, elegante e imponente con un prodotto immediatamente riconoscibile e il suo logo, è un’opera che si distingue con fermezza accanto a “Campbell’s Soup Can” o ai ritratti di Elvis Presley e Marilyn Monroe come icona per eccellenza dell’America e del Novecento. Un simbolo duraturo degli Stati Uniti nel suo complesso è la bottiglia di Coca-Cola, un’icona affascinante, anche se preoccupante, della moderna cultura di massa-consumistica, è un simbolo come risonanza e controversa nella nostra epoca globalizzata della società e ciò che è stato anche definito il “Cocacolonisation” del mondo. L’opera di Andy Warhol è un lavoro storico e, come attesta lo stesso Warhol nel 1960, la storia della sua genesi è anche la storia degli inizi della Pop Art in America. “Mi sento di rappresentare gli Stati Uniti nella mia arte, ma io non sono un critico sociale. Ho appena dipinto queste cose nei miei quadri, perché quelle sono le cose che conosco meglio. Non sto cercando di criticare gli Stati Uniti in alcun modo, sono solo un artista puro e immaginario.”
Warhol non è stato il primo artista importante ad utilizzare iconografie sulla Coca-Cola come soggetto; Salvador Dalì e Marisol Escobar furono ispirati dal contorno della bottiglia, altri artisti come l’illustratore americano Norman Rockwell, che creò diversi annunci per la Coca-Cola negli anni 1920 e ‘30 e Haddon Sundblom, che creò l’immagine moderna di Babbo Natale per una campagna pubblicitaria sulla Coca-Cola nel 1931.
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Analisi di alcuni spot Coca-Cola Coca-Cola zero16 (http://www.youtube.com/watch?v=Tl3OKNyZ8t0) Lo spot coinvolge 2 brand: Coca-Cola (nella sua versione Coke Zero) e 007 James Bond. L’azione e l’avventura sono le tecniche narrative predominanti. Il protagonista, dopo aver bevuto una Coca-Cola Zero, è pronto ad affrontare varie peripezie con azioni tipiche, anche se in chiave ironica, dei film con James Bond. La trama è molto semplice, c’è una ragazza (la “Bond-girl” della situazione) di cui il protagonista si invaghisce e che, dopo incontri e azioni spericolate, riesce a conquistare gettandosi addirittura da un ponte per poi apparire, nel finale, proprio con lei a bordo di una barca bevendo Coca-Cola Zero. Valori evocati dalla marca: “Libera lo 007 che c’è in te”. Anche senza zucchero (tutti gli antagonisti dello spot sembrano più “cattivi” e “potenti” del protagonista e bevono aranciata), la Coca-Cola Zero è buona tanto quanto quella “originale”. Bere Coca-Cola Zero rende chiunque forti e dinamici, proprio come James Bond. Registri implicati: c’è la tecnica cinematografica, quella classica dello spot (nel finale e nelle prime inquadrature), quella musicale (i vari attori “cantano” il tema di 007 per dare una colonna sonora all’azione) e quella “comica” tipica della commedia o della parodia (in genere James Bond usa la Aston Martin come auto per le scene d’azione. Anche il protagonista dello spot arriva correndo a fianco di una macchina simile ma lo si vede saltare sopra un motorino a pedali non proprio “di lusso”). Significati simbolici: anche se il prodotto reclamizzato è una versione dietetica (senza zucchero) della famosa Coca-Cola, non ha nulla da invidiare alla bevanda originale: rinfresca, dà vigore, forza e dona anche un certo sex appeal (nella scena finale quando i due protagonisti bevono la loro bottiglietta, “Bond” ha i capelli ordinati e con “la riga” come Sean Connery nei primi film della saga). Anche i prodotti non “originali” sono “forti”, anzi: rendono un ragazzo qualsiasi un eroe. Capacità di coinvolgimento: è alta ed è tipica dei film d’azione e di quelli comici. Lo spettatore ha un forte riconoscimento nel protagonista che, in questo caso, è un eroe ma è allo stesso tempo un’anti eroe, una persona 16
WebMedia Master, http://webmediamaster.wordpress.com/analisi-di-uno-spot-coca-cola-zero
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qualsiasi che compie azioni degne di un agente segreto, goffamente ma, alla fine, in modo efficace. Contenuti informativi: pubblicato nel periodo d’uscita del nuovo film della saga 007, lo spot informa lo spettatore che il nuovo film “Skyfall” sta per arrivare e che Coca-Cola Zero la berrebbe anche James Bond, anzi forse è quella la chiave della sua forza e del suo appeal. Dimensione dell’empatia: tutto gira attorno al pensiero che lo spettatore si fa mentre guarda lo spot, ovvero: “Se ci riesce lui, posso farcela anche io” (grazie a Coca-Cola Zero). In genere si pensa alla Coca Cola come ad una bevanda che contiene caffeina, è frizzante e “tonificante”, bene: anche senza zucchero è ugualmente buona e se dona così “vigore”, perché non provarla? Sempre meglio dell’aranciata dei “cattivi” dello spot! Eroe: il ragazzo che beve Coca-Cola Zero Impresa: conquistare la ragazza seduta al tavolo del bar Rivale: gli amici della ragazza (che bevono aranciata) Trauma: peripezie per liberarsi degli antagonisti Conflitto: inseguimenti e incidenti Tesoro: sorseggiare una Coca-Cola Zero assieme alla ragazza desiderata Oggetto magico: lattina di Coca-Cola Zero Buon appetito con Coca-Cola17 (https://www.youtube.com/watch?v=UTyv5R36Ivs) Il tema centrale è la storia della bevanda che, attraverso gli anni ha unito le famiglie attorno alla tavola, lasciando invariata sia la formula chimica che quella della felicità. Qui si cerca l’imitazione totale: il fatto di non avere una Coca-Cola a tavola ti preclude la possibilità di avere la “formula della felicità”, quindi teoricamente uno che non beve la bibita mentre mangia rende il tuo momento intimo con la famiglia triste, passivo o mancante di qualcosa. Stappa la musica, stappa la felicità18 (https://www.youtube.com/watch?v=d3OuNz9c5O0) I giovani protagonisti nello spot si accumunano nel cantare, ballare e suonare in modo energico attraverso il consumo della bibita, divertendosi e 17 18
Slideshare, http://www.slideshare.net/NicolaRizzieri/analisi-cocacola Slideshare, http://www.slideshare.net/NicolaRizzieri/analisi-cocacola
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sentendosi felici. Anche in questo spot la tensione imitativa è assoluta: tutti i giovani, di varia etnia, vestiti diversi e vivendo in camere diverse, quando bevono una Coca-Cola si trovano tutti in un immaginario collettivo, ballando e cantando tutti assieme, perfino i movimenti che fanno sono quasi uguali. La felicità è il tema ricorrente come slogan della Coca-Cola negli ultimi anni: attraverso di essa la bibita arriva alle famiglie e alla gente in generale per unirli in modo sereno e positivo. Ciò non preclude a nessuno il consumo della bevanda, quindi questa moda è totalmente imitativa, perché se non bevi Coca-Cola, non puoi accedere a questa particolare “felicità”.
Spot animato ispirato al videogioco Grand Theft Auto - GTA19 (http://www.youtube.com/watch?v=CHiNwDhLfRs&feature=relmfu) Questo spot animato è un omaggio molto esplicito alla popolare serie di videogiochi “Grand Theft Auto” (Grande Furto di Auto), prodotto da Rockstar giochi. Lo spot, come il videogioco, è ambientato in una grande area urbana americana come la città di New York o San Francisco, sostanzialmente per capire un minimo lo spot occorre una conoscenza minima del gioco. In Grand Theft Auto il giocatore scivola nel ruolo di un delinquente, adempiendo a missioni illegali come il furto, l’omicidio o la rapina, il giocatore riceve ordini dall’organizzazione criminale. Lo spot inizia con un giovane che guida, in maniera spericolata, la sua auto sportiva attraverso il centro di una città che assomiglia a una tipica metropoli americana, dai quartieri spenti e desolati. La giacca di pelle del personaggio e gli occhiali da sole non lasciano dubbi sul fatto che abbiamo a che fare con un ribelle. Questo spot non solo allude alla popolarità di strada americana, come la cultura del ghetto e dell’hip hop, ma dispone anche di 19
PENDERGRAST MARK, For God, Country, and Coca-Cola: The Unauthorized History of the Great American Soft Drink and the Company, Scribner’s, 1993
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un’auto riferimento alla storia del marchio stesso. La bevanda Coca-Cola è, tuttavia, la bevanda dei ribelli iconici come James Dean o Marlon Brando, la funzione di questo spot è rivolto non solo i bambini, di quest’epoca, che giocano ai videogiochi, ma anche ad un pubblico più maturo che collega diversi ricordi e idee per il marchio. Non appena il protagonista entra in un piccolo negozio di pegno, afferra una bottiglia di Coca-Cola dal frigorifero. Con grande sorpresa dello spettatore e il proprietario del negozio ha paura e alza le mani, il ribelle non si limita a prendere la bottiglia e andarsene, ma sbatte alcune monete sul bancone del proprietario e svanisce nelle strade trafficate della città. La scena che segue è un omaggio diretto a GTA e, allo stesso tempo, il punto di svolta della pubblicità. Il protagonista ferma una macchina, tira fuori brutalmente l’autista, e sembra essere sul punto di dargli un pugno, proprio come la scena nel negozio, ma le offre una bottiglia di Coca-Cola e tintinna la sua bottiglia con quella della sua “vittima” di conseguenza, il cielo nuvoloso e la città grigia vengono illuminati con dei fasci luminosi. Il protagonista continua la sua strada attraverso la città a piedi, getta banconote nella custodia della chitarra di un barbone seduto lungo la strada, che prontamente inizia a cantare la canzone di fondo della pubblicità. “Voi date un po’ d’amore, e tutto torna a voi”, non è solo la canzone dello spot, ma anche il tema principale dello stesso. Il nostro nuovo eroe spegne un piccolo focolaio, aiuta una guardia a recuperare un sacchetto di denaro, dona la sua giacca a un senzatetto spingendolo in una cabriolet piena di belle ragazze e ferma un ladro che tenta di rubare la borsa di una donna anziana. Il quartiere è grato e reagisce iniziando una parata per il loro nuovo eroe, gli ultimi fotogrammi dello spot mostrano un cartellone bianco in cui viene raffigurata la classica bottiglia in vetro della Coca Cola con lo slogan della campagna pubblicitaria: “il lato Coca-Cola della vita”. Qui la Coca-Cola utilizza due aspetti importanti del suo marchio, il primo è quello di essere un riferimento alla cultura pop, il secondo è la creazione di un collegamento diretto alla storia del marchio e quindi un collegamento alla memoria individuale dei consumatori. Si passa dall’idea in cui la Coca-Cola è la bevanda dei ragazzi ribelli degli anni ’50 diventando una bevanda apprezzata dai ragazzi gentili presentando un adattamento delle tecniche del marchio di tendenze culturali contemporanee. In passato, era possibile solo ribellarsi alle convinzioni della classe media, fino agli anni ’80 la Coca-Cola era la bevanda del divertimento. Nel 20° secolo ci fu una commercializzazione del marchio come
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una fonte di felicità e compassione. Utilizzare un videogioco come base per una pubblicità poteva rappresentare un rischio in quanto c’era il pericolo di allontanare un certo gruppo di consumatori, anziché attirandoli al marchio. Tuttavia, lo spostamento del messaggio originale e il contenuto di GTA non riguardano esclusivamente i giovani, il messaggio generale di umanità e di rispetto per l’altro creano un rapporto tra l’individuo postmoderno e l’abbandono della cultura industrializzata. Paradossalmente la Coca-Cola è di per sé un risultato di industrializzazione, un prodotto di massa che cerca di creare uno spirito di comunità, una strategia che viene utilizzata spesso negli spot commerciali.
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Fairytale in a Vending Machine20 (http://www.youtube.com/watch?v=iX2xS9vPQ-Y&annotation_id=annotation_534264&feature=iv) Questa pubblicità è probabilmente una delle più complesse e astratte pubblicità commerciali della Coca-Cola. Lo spot è del 2006, c’è un giovane che inserisce una moneta in un distributore della Coca-Cola, questo distributore si rivela all’interno un mondo fantastico con delle creature (che sembrano essere uscite fuori da un romanzo di Lewis Carroll) coinvolte tutte alla realizzazione della bottiglietta della Coca-Cola. Delle creature volanti scelgono la bottiglia che li attende in un trampolino di lancio, un rubinetto appare dal cielo, (sottolineando l’idea che l’origine della Coca-Cola è un mito celeste), riempie la bottiglia vuota e piccoli animaletti di peluche vengono rilasciati da una gabbia e incominciano a baciare la bottiglia di vetro rendendola umida, evidenziando il fatto che la realizzazione della Coca Cola coinvolge la passione e la sessualità. Il prodotto finale viene sigillato e spinto in una caverna di ghiaccio dove dei pinguini realizzano dei pupazzi di neve, successivamente li tritano generando uno spray ghiacciato che verrà spruzzato sopra la bottiglia per raffreddarla. Questa scena molto romantica contiene uno dei messaggi chiave della pubblicità: le creature formano pupazzi di neve con le loro “mani”, un lavoro apparentemente inutile, dal momento in cui le loro creazioni vengono distrutte in pochi secondi. A questo punto esce un aspetto importante legato al prodotto finale, la Coca-Cola non è un prodotto di massa, le spese sono risparmiate al fine di soddisfare il cliente. Il duro lavoro manuale, in collegamento con la creazione dell’arte è presentata come parte integrante del processo di produzione, anche se questo significa che l’oggetto d’arte, cioè il pupazzo di neve deve essere distrutto per il bene comune, cioè la Coca-Cola. Il culmine dello spot viene raggiunto durante l’ultima fase di produzione della bottiglia, tutte le creature si riuniscono su una rampa in cielo per celebrare la bottiglia che viene rilasciata nel mondo reale. C’è una band che suona, fuochi d’artificio e la musica gioiosa accompagnano la scena mentre la folla sugli spalti esulta in modo selvaggio. L’annuncio sottolinea il fatto che ogni singola bottiglia è attentamente prodotto da un 20
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personale qualificato, anche se in questo caso il personale è assolutamente astratto e surreale; lo spot quindi non celebra solo il prodotto, esso conserva la produzione stessa creando un’illusione mitica come il processo di fabbricazione. Lo scenario fantastico termina bruscamente quando la bottiglia scivola dalla rampa e colpisce la parte inferiore del distributore, pronta per essere presa dal giovane ragazzo, la musica si ferma e appena il ragazzo inizia a bere si sente una musica soft in sottofondo che rappresenta il filo conduttore con il mondo fantastico. Lo spot si conclude con il ragazzo che guarda sorpreso la sua bevanda e il distributore, pensando che c’è qualcosa di speciale nel prodotto che sta bevendo; il suo intuito gli dice che c’è qualcosa di fantastico nella bevanda, ma egli non è in grado di cogliere il soprannaturale. L’ultimo fotogramma dello spot presenta uno sfondo bianco con una bottiglia di Coca-Cola e la scritta in rosso “il lato Coca-Cola della vita” chiudendo l’annuncio con un’altra giustapposizione di sterilità moderna in contrasto con la vita interiore fantastica, vivace e colorata come un prodotto che si adatta bene in entrambi i mondi, il fantastico e il reale.
Snow Globes21 (https://www.youtube.com/watch?v=Ld3up8c8tmE) Questa famosa pubblicità è del 2010 e la scena iniziale è ambientata di notte in un supermercato in fase di chiusura su una strada vuota e innevata. All’interno del negozio c’è la presenza annoiata e frustrata dell’impiegato che è impegnato a mettere i cartellini dei prezzi sulla merce, pur essendo sorvegliato dal suo capo; un chiaro riferimento alle condizioni di lavoro contemporaneo nei paesi occidentali industrializzati. La pubblicità cerca di costruire un rapporto di simpatia tra i consumatori e il marchio, lo spettatore si identifica con il dipendente che lavora nel supermercato, anche se per pochi minuti quindi si sperimenta una pubblicità in cui c’è un rapporto di simpatia con il pubblico. A un certo punto si sente dall’alto un tipico rumore di una bottiglia che viene stappata, travolge e spaventa entrambi gli uomini del supermercato e distrugge l’atmosfera di vuoto. Un’altra scena mostra un ragazzo e una ragazza seduti su una panchina mantenendo la distanza tra di loro, come la ragazza sente il rumore, un lieve sorriso arriva sul suo, un’altra scena mo21
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stra un cane randagio che rileva che qualcosa sta per accadere, la sequenza si conclude tornando al capo del supermercato, anche sulla sua faccia appare un sorriso. L’immagine si ingrandisce fuori dal negozio e rivela la posizione reale della città: un globo di neve racchiuso in una palla di vetro. Lo spettatore è immediatamente a confronto con il prodotto, una bottiglia di Coca-Cola che si trova accanto alla palla di vetro che contiene l’intera città, Babbo Natale sta seduto nel suo studio e si gode una bottiglia di Coca-Cola. Babbo Natale è circondato da varie palle di vetro, ognuna contiene una città diversa, appena Babbo Natale ha finito di bere comincia a sorridere e inizia a inclinare il globo di neve che contiene la posizione principale dell’azione, qui babbo natale prende le vesti di consumatore e ambasciatore della Coca-Cola e mette letteralmente le ruote ai camion che distribuiscono Coca-Cola che cominciano a viaggiare, il dipendente del supermercato cade in un carrello della spesa e viene guidato attraverso dei peluche di orsi (sono gli stessi orsi polari usati in molti spot della Coca-Cola), appena l’impiegato esce dal negozio, guidato sempre dal suo carrello, il suo capo chiude il negozio con un sorriso stampato in faccia. Ancora una volta, come in molti altri spot, la Coca-Cola ha dato il via alla stagione natalizia. Il dipendente gira per le strade della città in maniera involontaria e indirizzato a una destinazione sconosciuta, molte persone sono riunite dalla magia di Babbo Natale; il cane randagio trova una famiglia, il ragazzo e la ragazza seduti sulla panchina vengono spinti l’uno verso l’altro e finiscono per baciarsi. Babbo Natale sembra soddisfatto, le ultime scene rappresentano il dipendente che spacca una porta di una casa piena di persone che celebrano il Natale (forse sono suoi parenti). Alla fine viene mostrato Babbo Natale che è soddisfatto del suo lavoro e lo spot viene chiuso con uno sfondo rosso con la bottiglia della Coca-Cola, tuttavia il prodotto presentato sotto l’ultimo fotogramma non è una bottiglia di vetro ma la silhouette di una tipica bottiglia di Coca-Cola ed è anche coperta di neve, il fotogramma finale mostra lo slogan della campagna: “Apri la felicità”. Anche se lo slogan della pubblicità è cambiato, il messaggio generale rimane lo stesso: Coca-Cola crea intimità ed è parte integrante del Natale. La diffusione dello spirito natalizio sembra essere rappresentato ancora di più dal freddo e dalle metropoli occidentali contemporanee. Mentre lo slogan dello spot svolge un ruolo importante nel riconoscimento del marchio, la musica di sottofondo svolge un ruolo importante nel trasfe-
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rire le emozioni, in questo spot la Coca-Cola non utilizza musica tradizionale ma una canzone pop. La canzone in sottofondo da un’idea di favola e vari cliché, come il Natale, cerca quindi di trasferire ancora una volta felicità: Once upon a time in a town like this A little girl made a great big wish (Chorus) Shake it up Shake up the happiness Wake it up Wake up the happiness Come on y’all It’s Christmas time I know you’re out there I hear your reindeer I see the snowing Your boots have been (Chorus)
Come possiamo vedere dal testo non si tratta di una canzone tradizionale di Natale, anche se la canzone non è tradizionale, da un punto di vista formale, cosi come la stessa pubblicità, il suo contenuto afferma i valori e i messaggi del brand tradizionale. Parole come “renna”, “stivali” e “neve” sono aspetti tradizionali dei canti natalizi, nascosti all’interno della canzone pop. Il camion che distribuisce Coca-Cola, rappresentato nello spot, è inteso come il segnale di partenza dei festeggiamenti, la bevanda inoltre contiene caffeina ed è necessaria per “svegliare la felicità” e quindi gioca un ruolo cruciale per svegliare il Natale stesso.
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Brands della Coca-Cola Company - La Coca-Cola è il numero uno delle bevande di marca in termini di portata e di vendita; - Sono tutte marche popolari e controllate come la Coca-Cola, Fanta, Kinley, Limca, Maaza, Minute Maid, ecc; - Ha una esportazione in oltre 200 paesi; - Ha circa 500 marche in offerta; - Ha una forza lavoro con circa 1.500.00 dipendenti nel mondo; - C’è un’efficiente rete di distribuzione, in cui tutti i prodotti sono disponibili anche nei luoghi più remoti; - C’è una popolarità notevole grazie alla pubblicità e al marketing; - C’è un’attività nel campo della conservazione dell’acqua e del riciclaggio, nell’educazione e nella salute; - Efficace ed efficiente tecnica di confezionamento che dà enfasi al riciclaggio e al riutilizzo; - Lunga associazione con eventi sportivi internazionali e sponsorizzazioni. Maggior Competitor della Coca-Cola Company: Pepsi Co Curiosità sulla Fanta: L’originale Fanta era un prodotto nazista22. Nel 1940 quando a causa della seconda Guerra Mondiale il regime di Hitler vietò l’importazione della Coca-Cola, sia perché era americana e sia perché era una bevanda bevuta da tutti (ebrei, africani ecc), il capo della Coca-Cola tedesco Max Keith, festeggiando il 50° compleanno del Führer, formulò un’alternativa. Mescolò insieme una combinazione di feccia, avanzi di produzione del formaggio, resti fibrosi di mele che erano stati premuti per il sidro, e qualunque surplus di frutta che poteva acquisire dall’Italia. Addolcì la bibita con saccarina chiamandola Fanta, ovvero la parola tedesca per fantasia o immaginazione, perché l’inventore riteneva che occorresse immaginazione per sentire il gusto di arancia in questo strano miscuglio; quando il cibo cominciò a scarseggiare, gli acquirenti del popolo iniziarono ad usare Fanta come base di zuppa. Quando la capogruppo internazionale si riunì con la sua filiale tedesca dopo la fine della guerra, venne interrotta la produzione di Fanta. 22 BEASLEY DAVID - ISDELL NEVILLE, Inside Coca-Cola. Non bevetevi la solita storia!, Casini Editore, 2013
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Dieci anni dopo la Coca-Cola affrontò una crisi, la Pepsi iniziò a introdurre diverse nuove bevande e nel 1950 la Coca-Cola aveva sempre e solo venduto un prodotto, la scura Cola. Per competere meglio l’azienda fece rivivere il nome Fanta nel 1955 e commercializzò la nuova ricetta arancione in tutta Europa.
Pepsi vs Coca-Cola Percorso storico tra identità e personalità di marca
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Pepsi: un logo in continua evoluzione Fu in occasione della seconda guerra mondiale che Pepsi23 iniziò a differenziare la propria brand image facendo leva su un diffuso senso patriottico. E’ infatti con il nuovo script che è andato consacrandosi il concept di Pepsi Globe e i relativi colori istituzionali blu, bianco e rosso, che sarebbero rimasti tali fino alla revisione avvenuta nel 2008, dal 1962 quindi lo script che Pepsi usava per avvicinarsi al più grande competitor lascia il posto ad un font chiaro e semplice. Questa immagine comparata dei diversi loghi che si sono succeduti mostra inequivocabilmente le evoluzioni che ci sono state anche a livello di grafica. Come non ricordare il Globe del 2003 dove a far da padrone erano giochi di luci ed ombre con l’aggiunta di goccioline d’acqua che sembravano quelle che normalmente si generano per condensa una volta tolta dal frigo la bottiglia ghiacciata. Oggi si è tornati ad un design minimalista, che ha fatto fuori ogni traccia di photshop lasciando il posto a linee semplici e colori forti, senza alcun tipo di orpello. L’unica chicca che ritroviamo è la “e” chiaro riferimento al vecchio logo del brand, a supporto dell’azione di rebranding è stato reso pubblico un testo in cui si riportano tutte le motivazioni e le spiegazioni di questo cambiamento.
23 Coca-Cola Great Britain, http://www.coca-cola.co.uk
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Brand Personality Storicamente la Pepsi si è sempre rivolta ad un pubblico giovane. Alcune delle campagne storiche toccavano temi quali lo sport, la musica e il divertimento in generale. Come non menzionare le più grandi personalità che Pepsi ha utilizzato per sponsorizzarsi: da Ray Charles a Britney Spears passando per le performance di Micheal Jackson, e quando non utilizzava la musica per promuovere la bibita, puntava tutto sull’umorismo come nel caso dello spot riportato qui di seguito in cui un’amabile bimba dopo aver ricevuto un bicchiere di Coca invece della Pepsi che aveva richiesto, si rivolge al barista con la voce del protagonista del Padrino.
Con questa copertina del 1979 Pepsi annuncia la propria vittoria, decretata dai consumatori, sulla Coca-Cola durante una prova di degustazione in cui le “cavie” non erano a conoscenza di ciò che stessero bevendo
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Coca-Cola: la tradizione di un marchio Americana quanto lo è la festa del Ringraziamento, Coca-Cola ha raggiunto un successo planetario sin da subito. Era il 1886 quando nasceva e da allora, poche sono state le azioni di restyling del marchio, l’attuale design del logo ha gli stessi semplici tratti del logo realizzato nel 1940. E’ possibile però notare azioni comuni tra le evoluzioni del logo Pepsi e quello della Coca-Cola. Esempio lampante è la sfera del 1990 in cui compaiono, così come per Pepsi, giochi di luci e ombre e le già menzionate goccioline. Ma il marchio non è l’unico elemento distintivo di Coca-Cola, ci sono anche le famose Botiglie Contour. Nel 1985 Coca-Cola ha deciso di apportare modifiche anche al naming: da “Coca-Cola soft drink” a “Coca-Cola”. Ma come dicevamo, altre sono state le modifiche apportate alla bevanda, anche modificando lo stesso sapore. La ricetta modificata era molto più dolce, un’evidente tentativo di allinearsi al prodotto Pepsi. Ma New Coke, questo il nome della “nuova Coca-Cola” non ebbe molto successo e quindi presto si tornò alla formula originale.
Brand Personality Anche se simili dal punto di vista del targeting24 e delle azioni intraprese legate alla musica ed ai giovani, Coca e Pepsi hanno percorso tragitti distinti, Coca-Cola ha dato vita ad una serie di spot volti a proporre il tema della diversità, diversità annullata per l’appunto da Coca-Cola che unisce. Un tema mai toccato da Pepsi è quello della tradizione familiare, è facile vedere in uno spot Coca-Cola una madre che fa la spesa soddisfacendo in questo modo le esigenze di grandi e piccini; Coca-Cola come parte integrante delle esperienze di vita del nucleo familiare. Questa linea diventa quanto mai evidente negli intramontabili spot di Natale, realizzati per arrivare diritto al cuore dei consumatori.
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Rebranding del marchio Come Pepsi, anche Coca-Cola ha intrapreso nel 2000 un’azione di restyling del proprio brand affidandosi al team di Turner Duckworth. In realtà a differenza dell’operazione di rebranding operata da Arnell per Pepsi, in questo caso Coca-Cola riporta il marchio alla semplicità delle origini, rafforzando in questo modo le caratteristiche principali del logo e di quest’ultimo come immagine sui diversi prodotti. Con Coca-Cola nasce il soft drink in bottiglia, e che bottiglia. Un vero e proprio pezzo da collezione. Un geniale sfruttamento di un supporto fisico che porta con se un aspetto nostalgico. L’immagine della bottiglia è stata poi implementata su tutti i prodotti Coca-Cola; sono nate addirittura delle lattine ristrutturate nel design che è stato snellito. Sia Coca-Cola che Pepsi hanno intrapreso numerose azioni di restyling nel lungo arco di dieci anni e la parola chiave finale è stata: semplificazione. Pepsi ha drasticamente modificato il suo marchio fino al punto di alterarne la struttura di base e la stessa identità di marca, anche se molti consumatori apprezzavano le nuove operazioni di branding di Pepsi, la maggior parte dell’opinione pubblica composta anche dai media evidenziava la minaccia della scomparsa di un’icona. Coca-Cola dal canto suo, sulla scorta dell’e-
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sperienza maturata grazie alle vicende Pepsi, ha puntato per le operazioni di rebranding, a ripristinare le radici del proprio marchio. I risultati sono stati: il pieno favore del pubblico; premi e riconoscimenti provenienti da blog, riviste e altri media. Sulla scia di quanto realizzato da questi due colossi in fatto di branding, lunga potrebbe essere la lista di coloro che hanno fatto tesoro di questi insegnamenti. Ricordiamo i più importanti tra Gap, Helevetica Bold e Sturbucks. Esempi questi non scevri di casi fallimentari dovuti alla poca attenzione dedicata all’ascolto del consumatore.
Dove c’è sport c’è Coca-Cola Non è solo uno slogan azzeccato25: è il segno d’una collaborazione di vecchia data che non si manifesta limitatamente a uno straordinario appuntamento internazionale come le Olimpiadi. Queste, come del resto la Coppa del mondo di calcio, sono la punta più evidente di un iceberg fatto di migliaia di manifestazioni locali in tutti i paesi dov’è presente la bibita e non soltanto per iniziativa della Casa Madre ma anche con il contributo delle aziende locali di imbottigliamento. Negli Stati Uniti, attualmente sono oltre centocinquanta le squadre che hanno come sponsor Coca-Cola e se in Italia ha sponsorizzato i Mondiali di canottaggio, in Giappone ha dato i colori alla Sawayaka Baseball Clinics e in Francia è la bibita del Tour. C’è chi, ogni tanto proclama a gran voce che bisognerebbe eliminare gli sponsor da tutte le competizioni sportive, ma subito 25
Coca-Cola Company, http://www.coca-colacompany.com
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viene messo a tacere da chi ha la consapevolezza che senza l’appoggio delle grandi società, lo sport, come lo conosciamo noi oggi sarebbe destinato a finire. Coca-Cola ha sempre saputo cogliere le migliori opportunità che il mercato le offriva, investendo in nuovi media con spirito innovativo. Prima a utilizzare la radio, prima a valersi dei cartoni stradali, ormai parte integrante del paesaggio, prima a reclamizzare il marchio attraverso i pannelli luminosi, all’avanguardia in televisione subito presente nei grandi eventi musicali e capillarmente in quelli sportivi. Sci alpino, calcio, hockey su ghiaccio, baseball, pallavolo, lotta, basket, formula uno, atletica leggera…Coca-Cola è ecumenica nell’appoggiare qualunque sport, a seconda delle tradizioni locali e a seconda delle richieste e delle necessità dei singoli paesi. Un fiume di denaro viene investito su uno dei momenti aggreganti più importanti della nostra epoca. Perché Coca-Cola esiste ed ha ragione di esistere la dove ci sono i consumatori, con il suo messaggio di amicizia e fratellanza che si lega bene al più sano spirito sportivo.
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Le Olimpiadi e la Coca-Cola Nel 1996 si sono celebrati i 100 anni delle moderne Olimpiadi26 e contemporaneamente il cento decimo compleanno della Coca-Cola. Nate all’incirca nello stesso periodo, le prime in Francia complice il barone Pierre Fredi de Coubertin, la seconda oltreoceano, per l’intuizione di un farmacista georgiano, erano destinate a incontrarsi. Quella della Coca-Cola e delle Olimpiadi sono due storie parallele, perché tese entrambe caparbiamente alla vittoria e all’affermazione della propria filosofia di base, che hanno tratto linfa l’una dall’altra come in magico innamoramento, che tuttavia non disdegna un solido intreccio di interessi comuni. Un abbraccio iniziato in sordina ai primi del secolo che si è andato sempre più consolidando sino a coronarsi nell’appuntamento fatidico delle Olimpiadi del Centenario: la loro celebrazione ha infatti luogo nella capitale della Georgia, Atlanta, città natale della Coca-Cola. Il “cerchio” si chiude intrecciandosi simbolicamente ai cinque cerchi olimpici. Secondo la tradizione antica, i giochi olimpici non erano soltanto un incontro sportivo, ma anche e soprattutto una festività religiosa, e ciò era sottolineato da una legge che, in coincidenza con l’appuntamento, proclamava un periodo di trenta giorni di “tregua sacra” durante la quale non potavano esserci conflitti e le guerre già in corso venivano sospese. Una pausa in nome dello sport, che praticamente non venne mai infranta, uno dei claim più conosciuti e utilizzati nella comunicazione Coca-Cola non è forse “la pausa che ristora”? Ecco allora una prima “chiave” per capire come la bibita fosse pre-destinata a salire sul podio dei giochi olimpici nella loro riedizione moderna: Coca-Cola è la bevanda di tutti che parla subito ai consumatori con messaggi di amicizia e fratellanza universale.
Atlanta 1996 – Le Olimpiadi del centenario I giochi olimpici moderni sono nati in quel caldo pomeriggio del 6 aprile 1896, allorchè ad Atene re Giorgio I dichiarò aperte le prime Olimpiadi dell’era moderna. La capitale della Grecia aveva ritenuto che le spettasse di diritto ospitare la sessione celebrativa del centenario. Invece il Comitato Olimpico Internazionale scelse Atlanta, non a caso città natale della Coca-Cola, riportando negli Stati Uniti dopo un brevissimo periodo la competizione 26 PALAZZINI FIORA STEINBACH, Nata per vincere: storia e mito della Coca-Cola, Idea Libri, 1996
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internazionale; subito si scatenarono bagarre e la bibita si ritrovò in mezzo alle polemiche più accese, per quel noto trasferimento che l’accomuna o addirittura la identifica con la nazione americana. Eppure c’è da dubitare che sia stata la Coca-Cola a forzare la mano per portare le Olimpiadi a casa propria, al di la del fatto che non poteva agire in tal senso. Ragionando in termini di marketing la società avrebbe certamente preferito, se avesse potuto far sentire davvero la sua voce, una città diversa dalla propria che le consentisse un’ulteriore affermazione commerciale; ma non dimentichiamo che Coca-Cola è un prodotto e, come tale segue le regole del mercato. Gianni Riotta del Corriere della Sera scrisse: “Tutti dovrebbero ormai sapere che la Coca-Cola vince sempre le Olimpiadi, ovunque si facciano”.
Roma 1960 – Sport e Coca-Cola in Italia In Italia la Coca-Cola non dovette aspettare l’appuntamento con le Olimpiadi romane per avvalersi di una vetrina privilegiata dalle quale imporsi al grande pubblico in maniera stabile e definitiva. La bibita era stata introdotta sin dal 1927, ma conobbe il primo momento di grande popolarità alla fine della guerra con lo sbarco delle truppe alleate, quale simbolo della vittoria e della nuova serenità conquistata dopo gli anni durissimi del conflitto. Lo sport nazionale non tardò ad accoglierla con grande entusiasmo e cosi ebbe presto inizio un rapporto ricco di iniziative, soprattutto rivolte ai ragazzi. Valga ad esempio il programma ventennale di diffusione del “mini-basket” in collaborazione con la Federazione Italiana di Pallacanestro o il progetto per le scuole “Vai al Goal”, insieme al settore giovanile della Federazione Gioco Calcio, ma anche la “Coppa Primavera” riservata agli allievi. Dal 1981 al 1992 un’altra bibita della Compagnia, Sprite, è stata la bibita gassata ufficiale del Giro d’Italia, mentre Coca-Cola è stata presente sia al Motorshow sia al Gran Premio d’Italia di Formula Uno (per alcune edizioni). Chi non ricorda poi la “discesa in campo” di Coca-Cola al fianco del Comitato Organizzatore dei Mondiali di Calcio Italia 90?
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Bibliografia: - BEASLEY DAVID - ISDELL NEVILLE, Inside Coca-Cola. Non bevetevi la solita storia!, Casini Editore, 2013
- BRETON PHILIPPE, L’utopia della comunicazione, Utet Libreria, 1992
- GRIZZANTI GAETANO, Brand Identikit - Come trasformare il marchio in una marca, Fausto Lupetti Editore, 2011
- KLEIN BETHANY, As Heard on Tv: Popular Music in Advertising. Farnham, England Ashgate, 2009
- LAGIOIA NICOLA, Babbo Natale. Dove si racconta come la Coca-Cola ha plasmato il nostro immaginario, Fazi Editore, 2005
- PALAZZINI FIORA STEINBACH, Nata per vincere: storia e mito della Coca-Cola, Idea Libri, 1996
- PENDERGRAST MARK, Storia della Coca-Cola, Odoya Libreria, 2009
- PENDERGRAST MARK, For God, Country, and Coca-Cola: The Unauthorized History of the Great American Soft Drink and the Company, Scribner’s, 1993
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Sitografia: - Christies, http://www.christies.com
- Coca-Cola Company, http://www.coca-colacompany.com
- Coca-Cola Great Britain, http://www.coca-cola.co.uk
- Coca-Cola Italia, http://www.coca-colaitalia.it
- Fondazione Joseph B. Whitehead, http://jbwhitehead.org
- Slideshare, http://www.slideshare.net/NicolaRizzieri/analisi-cocacola
- WebMedia Master, http://webmediamaster.wordpress.com/analisi-di-uno-spotcoca-cola-zero
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Linkografia: - Buon appetito con Coca-Cola (https://www.youtube.com/watch?v=UTyv5R36Ivs)
- Coca-Cola zero (http://www.youtube.com/watch?v=Tl3OKNyZ8t0)
- Fairytale in a Vending Machine (http://www.youtube.com/watch?v=iX2xS9vPQ-Y&annotation_id=annotation_534264&feature=iv)
- Snow Globes (https://www.youtube.com/watch?v=Ld3up8c8tmE)
- Spot animato ispirato al videogioco Grand Theft Auto - GTA (http://www.youtube.com/watch?v=CHiNwDhLfRs&feature=relmfu)
- Stappa la musica, stappa la felicità (https://www.youtube.com/watch?v=d3OuNz9c5O0)
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Crediti fotografici: Tutte le immagini pubblicate nel volume provengono dai seguenti libri e/o siti: - Coca-Cola Company, http://www.coca-colacompany.com
- Coca-Cola Great Britain, http://www.coca-cola.co.uk
- CulturePub, http://www.culturepub.fr
- GRIZZANTI GAETANO, Brand Identikit - Come trasformare il marchio in una marca, Fausto Lupetti Editore, 2011
- PALAZZINI FIORA STEINBACH, Nata per vincere: storia e mito della Coca-Cola, Idea Libri, 1996
- Slideshare, http://www.slideshare.net/NicolaRizzieri/analisi-cocacola
- WebMedia Master, http://webmediamaster.wordpress.com/analisi-di-uno-spotcoca-cola-zero