Zafferano - Crocus sativus - Saffron

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Zafferano Crocus sativus



Zafferano Crocus sativus


Storia Lo zafferano (Crocus sativus) è una pianta molto antica della famiglia delle Iridaceae, probabilmente originaria dell’Asia minore, attualmente viene coltivata anche in molti paesi del bacino del Mediterraneo ed in passato era nota anche in India e in Cina. La mitologia greca attribuisce la nascita dello zafferano all’amore di un bellissimo giovane di nome Crocus, che viveva al riparo degli Dei. Egli si innamorò di una dolce ninfa di nome Smilace che era la favorita del Dio Ermes. Il Nume, per vendicarsi di Crocus, lo trasformò in un bulbo ed ecco nascere questa pianta dai bellissimi colori. Lo zafferano è conosciuto da millenni, difatti Omero, Virgilio, Plinio ne parlano spesso nelle loro opere ed Ovidio nelle Metamorfosi. Il più antico documento che ne attesta l’uso è un papiro egiziano del XV secolo a.C. Se ne parla nella Bibbia, e nel IX e XII libro dell’Iliade. Isocrate si faceva profumare i guanciali prima di andare a dormire e le donne troiane profumavano i pavimenti dei loro templi. Dall’oriente nel VII secolo, lo zafferano venne introdotto in Spagna dai conquistatori arabi, e fu da qui che si diffuse nel resto d’Europa. Oggi, in Italia, le colture più estese si trovano nelle Marche, in Abruzzo, in Sardegna, in Umbria e in Toscana; Lo zafferano giunse in Italia nel XIV secolo in Abruzzo, ma pare che la cultura fosse già presente in Sicilia data la presenza di un piccolo comune in provincia di Catania di nome Zafferana Etnea.



Stati con le superfici di coltivazione pi첫 estese Stati maggior produttori Stati con superfici di coltivazioni minori Stati minor produttori



Nel Medioevo lo zafferano trovò larga diffusione in quasi tutte le regioni meridionali ma veniva coltivato anche in Toscana e soprattutto in Umbria su larga scala. La cultura su questa pianta resta attiva ed ampia fino alla fine dell’800 quando per lo zafferano iniziò una lenta e costante decadenza, seguita dal progressivo aumento dei prezzi. Le cause del declino vanno ricercate nelle mutate condizioni di vita nelle campagne e nel crescente uso di prodotti di sintesi dell’industria alimentare. Scheda botanica La pianta è una iridacea ed appartiene al genere Crocus di cui fanno parte circa 80 specie. La pianta si origina da un bulbo-tubero (1), compatto e bianco di un diametro che varia dai 3 ai 6 cm; tale bulbo è ricoperto da tuniche filamentose di color cappuccino, riunite superiormente a ciuffo (2). All’interno del bulbo sono presenti circa 20 gemme (3), tuttavia, solo due o tre di esse si sviluppano in foglie e fiori che servono da embrione per i nuovi bulbi. Durante lo sviluppo vegetativo si sviluppano circa 2 o 3 getti da ogni gemma attiva. Essi contengono le foglie ed i fiori quasi completamente sviluppati, spuntano dal terreno avvolti da una bianca e dura cuticola protettiva, che permette alla pianta di perforare il terreno; una volta che è fuoriuscito dal terreno si apre e consente alle foglie di allungarsi e al fiore di aprirsi completamente. Le foglie del Crocus sativus sono molto strette e allungate, in genere raggiungono la lunghezza di 30 cm,



mentre non superano mai la larghezza di 5 mm. Il fiore dello zafferano è formato da 6 petali di colore violetto intenso. La parte maschile è costituita da 3 antere gialle (4) su cui è appoggiato il polline. La parte femminile è formata da tre stimmi filamentosi di colore rosso croco (5) originati da un lungo stilo di colore giallo che partendo dall’ovario, situato nel bulbo, giunge alla base del fiore per formare gli stimmi. Essi costituiscono la sola parte utile della pianta, lunghi 3 o 4 cm, elastici, aggrovigliati, di color rosso vivo, con il caratteristico sapore amaro-piccante, dal forte odore aromatico; quando vengono essiccati assumono il nome commerciale di zafferano. Coltivazione Lo zafferano è una pianta di grande rusticità, sopporta sia le temperature invernali (fino a 12°C), sia la calda aridità estiva. Prospera su tutti di terreni purché opportunamente concimati e privi di ristagni d’acqua, purché si tratti i terreni nuovi, ovvero non utilizzati da almeno dici anni per la coltura della pianta in questione, e in più ben lavorati con solchi di circa 40 cm. La sua struttura genetica lo rende incapace di generare semi fertili, per questo motivo la sua riproduzione è possibile solo per clonazione del bulbo madre e la sua diffusione è strettamente legata all’assistenza umana. La pianta entra in stasi vegetativa nel periodo estivo compreso tra giugno e settembre. Nei primi giorni d’ottobre dal bulbo si originano 2 o 3 spate di colore bianco, rivestite da un rigido strato di tuniche, dalle



spate fuoriuscite dal terreno escono dei mazzetti di circa 10 foglie. Alla fine del mese, tra le foglie, spuntano i primi fiori. L’attività vegetativa rallenta durante l’inverno per poi riprendere alla fine di marzo quando la pianta genera i nuovi bulbi. Da maggio le foglie cominciano gradatamente a essiccarsi, a giugno i nuovi bulbi hanno accumulato i materiale di riserva ed entrano in stasi vegetativa. Utilizzi Un tempo allo zafferano venivano attribuite proprietà antispastiche, antidolorifiche e sedative. Oggigiorno, tuttavia, sono stati trovati composti abortivi al suo interno, l’uso di 20 g di zafferano può anche risultare mortale, può provocare effetti collaterali quali: vertigini, torpore, manifestazioni emorragiche, ecc... Ecco perché l’utilizzo dello zafferano, prevede la necessità di una bassissima quantità di polvere. Lo zafferano, attualmente, viene utilizzato massivamente solamente dall’industria alimentare ed in gastronomia come spezia o come colorante, anche se è ricco di carotenoidi che riducono i danni cellulari provocati dai radicali liberi. E’ la spezia più costosa al mondo. In Italia, il costo può toccare circa 500 euro al chilo. Uno dei suoi utilizzi più tipici nella cucina italiana è nel risotto alla milanese o “risotto giallo”, così noto appunto per la colorazione che lo zafferano dà alla ricetta; una particolare pietanza sulla quale ci soffermiamo è la pasta con le sarde, tipica del Capoluogo siciliano.



Ricetta La pasta con le sarde è una deliziosa ricetta di origine Palermitana che risale all’assedio degli arabi in sicilia, un primo piatto gustoso che unisce l’inconfondibile sapore delle sarde fresche al finocchietto selvatico. I pinoli, le mandorle tostate, l’uvetta passolina e lo zafferano contribuiscono ad arricchire questa ricetta che è un vero tripudio di sapori. esistono diverse varianti della “pasta chî sardi”, le due principali si distinguono per l’aggiunta o meno della polpa di pomodoro e il passaggio in forno per pochi minuti a termine della cottura (qui verrà presa in considerazione la più tradizionale e semplice). Il periodo ideale per la preparazione è compreso tra marzo e settembre quando si possono facilmente reperire le sarde fresche e si raccoglie il finocchietto selvatico.


Ingredienti: Pasta spaghetti: 400 gr

Mandorle pelate: 25 gr

Cipolle: 1 bianca

Olio d’oliva: 55 gr

Acciughe: 3 filetti

Pepe, sale: quanto basta

Pinoli: 40 g

Uva passa: 40 gr

Zafferano: 1 bustina

Finocchietto selvatico: 500 g

Pangrattato: 30 g

Sarde fresche: 500 gr




Bibliografia Luciano Di Francesco, Lo zafferano, Edizioni L’Informatore Agrario, Verona, 1990. Sergio Guidi, Piante medicinali, Edagricole, Bologna, 1996. Da Legnano L. P., Il libro completo delle erbe e piante aromatiche, Edizioni Mediterranee, Roma, 1996. Sitografia www.zafferanodop.it www.wikipedia.org www.zafferanoabruzzo.it www.giallozafferano.it www.ororossozafferano.com




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