il commentario MacA rt h u r del
N uovo Te stam e nto
Efesini
ISBN 978-88-97290-32-2 Titolo originale: The MacArthur New Testament Commentary: Ephesians Per l’edizione inglese: Copyright © 1986 John MacArthur Pubblicato per la prima volta dalla Moody Publishers 820 N. LaSalle Blvd., Chicago, IL 60610, USA Per l’edizione italiana: Copyright © 2012 Aurora Mission Inc., PO Box 1549, Bradenton, FL 34206, USA Pubblicato da: Associazione Evangelica Alfa & Omega Casella Postale 77 (via Leone XIII), 93100 Caltanissetta, IT e-mail: info@alfaeomega.org - www.alfaeomega.org Pubblicato con permesso concesso da Moody Publishers Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, non autorizzata Traduzione e adattamento: Francarlo Chiolerio Revisione: Roberto De Angelis, Luigi Cutri, Nazzareno Ulfo Impaginazione: Giovanni Marino Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione “Nuova Riveduta”
L’edizione italiana del commentario Efesini è dedicata ai nostri cari amici e sostenitori Bob e Linda McIntyre per il loro amore e incoraggiamento in favore dell’Accademia Teologica Italiana e dell’opera della Parola di Dio in Italia.
Indice
Prefazione....................................................................................................... 5
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16.
Introduzione a Efesini.................................................................................... 7 Il saluto......................................................................................................... 13 Il corpo formato dall’eternità..................................................................... 17 La redenzione mediante il suo sangue..................................................... 31 La garanzia dell’eredità divina .................................................................. 43 Le nostre risorse in Cristo ........................................................................... 55 Vivificati in Cristo....................................................................................... 69 L’unità del corpo ........................................................................................ 85 Il mistero rivelato....................................................................................... 107 La pienezza di Dio..................................................................................... 123 Camminare con umiltà ............................................................................ 139 I doni di Cristo alla sua chiesa................................................................. 159 Edificare il corpo di Cristo........................................................................ 179 Spogliamoci del vecchio, rivestiamoci del nuovo................................ 193 Principi della nuova vita........................................................................... 213 Camminiamo nell’amore.......................................................................... 225 Vivere nella luce........................................................................................ 237
17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29.
Camminare con saggezza......................................................................... 249 Non ubriacatevi......................................................................................... 263 Siate ricolmi di Spirito (prima parte)...................................................... 281 Siate ricolmi di Spirito (seconda parte).................................................. 293 Il necessario fondamento ........................................................................ 311 Il ruolo e le priorità della moglie............................................................. 321 Il ruolo e le priorità del marito................................................................. 333 Le responsabilità di figli e genitori.......................................................... 351 Essere ricolmi di Spirito nelle relazioni di lavoro.................................. 365 Il combattimento del credente................................................................ 375 L’armatura del credente (prima parte)................................................... 391 L’armatura del credente (seconda parte).............................................. 405 Pregando di continuo............................................................................... 423
Bibliografia................................................................................................. 435 Indici delle parole ebraiche/aramaiche................................................. 437 Indici delle parole greche........................................................................ 437 Indici dei riferimenti biblici..................................................................... 440 Indici analitico degli argomenti............................................................... 452
Prefazione
La predicazione espositiva del Nuovo Testamento continua ad essere per me fonte di una gratificante comunione con Dio. Il mio costante obiettivo è godere della vicinanza con Dio nella comprensione della sua Parola e, in virtù di tale esperienza, spiegare al suo popolo il significato dei vari brani. Per usare le parole di Neemia 8:8, mi sforzo di “darne il senso”, così che i credenti possano davvero udire Dio che parla e, quindi, rispondergli. Ovviamente è necessario che come popolo di Dio lo comprendiamo, che conosciamo la sua Parola di verità (2 Timoteo 2:15) e che permettiamo a quella Parola di dimorare in noi abbondantemente (Colossesi 3:16). Il filo conduttore del mio ministero è dunque far sì che la Parola vivente di Dio sia vivente per il suo popolo. E questa è un’avventura entusiasmante. In questa serie di commentari sul Nuovo Testamento si riflette tale volontà di spiegare e applicare la Scrittura. Alcuni commentari hanno un’impostazione prettamente linguistica, altri sono soprattutto teologici, altri ancora prevalentemente omiletici. Questo in particolare è fondamentalmente esplicativo o espositivo. Non affronta l’aspetto linguistico in maniera tecnica, ma tocca la questione della lingua ove ciò risulti utile per una corretta interpretazione. Non si dilunga in argomenti teologici, ma evidenzia le principali dottrine contenute nei vari brani e i loro legami con il resto della Scrittura. Non ha una specifica finalità omiletica, benché ogni tema venga trattato in singoli capitoli, in maniera chiara e con logica successione argomentativa. Le dottrine vengono spiegate e applicate per lo più mediante altri brani bi5
Efesini
blici. Dopo aver delineato il contesto di un passo, ho cercato di seguire da vicino il discorso e il ragionamento dell’autore. La mia preghiera è che ciascun lettore possa comprendere appieno ciò che lo Spirito Santo vuol dire attraverso questa parte della sua Parola, così che la sua rivelazione possa insediarsi nella mente dei credenti e produrre maggiore obbedienza e fedeltà, per la gloria del nostro grande Dio.
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Le nostre risorse in Cristo
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Perciò anch’io, avendo udito parlare della vostra fede nel Signore Gesù e del vostro amore per tutti i santi, non smetto mai di rendere grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione perché possiate conoscerlo pienamente; egli illumini gli occhi del vostro cuore, affinché sappiate a quale speranza vi ha chiamati, qual è la ricchezza della gloria della sua eredità che vi riserva tra i santi, e qual è verso di noi, che crediamo, l’immensità della sua potenza. Questa potente efficacia della sua forza egli l’ha mostrata in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla propria destra nel cielo, al di sopra di ogni principato, autorità, potenza, signoria e di ogni altro nome che si nomina non solo in questo mondo, ma anche in quello futuro. Ogni cosa egli ha posta sotto i suoi piedi e lo ha dato per capo supremo alla chiesa, che è il corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti. (1:15-23) Nei versetti 3-14 Paolo ha esposto le sorprendenti e illimitate benedizioni di cui i credenti godono in Gesù Cristo, benedizioni che si riassumono nella nostra eredità personale di tutto ciò che gli appartiene. Nella parte restante del capitolo (vv.15-23) Paolo prega che i credenti ai quali scrive giungano a comprendere e apprezzare pienamente quelle benedizioni. In questa preghiera si concentra sulla comprensione, da parte dei credenti, del55
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le risorse che hanno nel loro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Nei versetti 15 e 16 li loda, e nei versi 17-23 si rivolge a Dio in loro favore.
Lode per i credenti Perciò anch’io, avendo udito parlare della vostra fede nel Signore Gesù e del vostro amore per tutti i santi, non smetto mai di rendere grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, (1:15-16) Alla luce della loro meravigliosa eredità in Gesù Cristo (perciò), Paolo ora intercede per i possessori di quel tesoro. Come accennato nell’introduzione, tra costoro erano inizialmente compresi non solo i credenti di Efeso ma probabilmente tutti quelli delle chiese dell’Asia Minore. Erano passati circa quattro anni da quando Paolo vi aveva svolto il proprio ministero, e adesso si trovava in prigione. Ma attraverso le lettere, come pure attraverso i resoconti personali degli amici che gli facevano visita, aveva ricevuto un gran numero di informazioni da e sulle chiese. Aveva udito due cose che denotavano la genuinità della loro salvezza, ed egli li loda con affetto per quei due segni caratteristici del vero cristiano: la fede in Cristo e l’amore per gli altri cristiani. Queste due dimensioni della vita spirituale sono inscindibili (cfr.1 Giovanni 2:9-11). LODE PER LA LORO FEDE
della vostra fede nel Signore Gesù (1:15b) Qui l’enfasi è posta sulla vera fede che salva, quella che ha come oggetto la signoria di Gesù. Alcuni cristiani, forse nell’intento di proteggere il Vangelo da ogni traccia di giustizia delle opere, sminuiscono la signoria di Cristo fin quasi a negarla. Altri preferiscono concepire il termine Signore come un riferimento alla sola divinità, e non alla sovranità. Ma una tale distinzione è artificiale, poiché la divinità implica sovranità. Colui che è il solo Dio regna da solo. Inoltre, quanti insegnano che bisogna credere in Cristo quale Signore sovrano per essere salvati, vengono a volte denigrati col nomignolo di “Lordship salvationists”. Il Nuovo Testamento, però, non distingue il Gesù Salvatore dal Gesù Signore. O è entrambe le cose, o nessuna delle due. Paolo dice: “Se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato” (Romani 10:9; cfr. Atti 16:31). Gesù diventa Salvatore quando viene ricevuto come Signore. “Poiché a questo fine,” spiega più oltre Paolo in Romani, “Cristo è morto ed è tornato in vita: per essere il Signore sia dei morti, sia dei viventi” (14:9). I credenti dicono – e solo i credenti possono dirlo – che “Gesù è Signore” perché possiedono lo Spirito Santo (1 Corinzi 12:3), che fu concesso loro quando furono salvati (Romani 8:9). Ricevere Gesù come Salvatore ma 56
Le nostrre risorse in Cristo
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non come Signore significherebbe dividere la sua natura in due parti. Quando lo riceviamo, lo riceviamo interamente come egli è. Certo, nessuno riceve Gesù Cristo con pieno intendimento di tutto ciò che egli è o di tutto ciò che richiede come Signore da quelli che salva. Molti cristiani giungono a Cristo con un’idea molto vaga della sua sovrana divinità o di ciò che significa appartenergli e sottomettersi a lui. Ma sono comunque disposti a sottometterglisi (cfr. Matteo 8:9-12; 9:9; 10:37-39; Luca 9:57-62), ad abbandonare tutto ciò che hanno o sono (cfr. Matteo 13:44-46; 18:3-4; 19:6-26), a lasciare tutto e seguirlo (Matteo 19:27). Dopo essere giunti a lui, alcuni cristiani perdono il loro primo amore per lui come Salvatore e si rifiutano di obbedirgli come Signore. Ma la loro mancanza di amore non lo rende meno Salvatore, e il loro rifiuto non lo rende meno Signore. Cristo non viene accettato in parti, prima come Salvatore e poi come Signore. Gesù il Salvatore è Gesù il Signore, e Gesù il Signore è Gesù il Salvatore. Non esiste in parti, né si rapporta con i credenti suddiviso in parti. La consapevolezza, l’apprezzamento e l’obbedienza verso di lui come Salvatore e Signore sono soggette a cambiamenti. Quando gli siamo fedeli queste cose si intensificano, quando siamo infedeli si affievoliscono. Ma il fatto della signoria di Gesù inizia nel momento stesso in cui diventa Salvatore, e da quel momento e per tutta l’eternità né la sua signoria né il suo ruolo di salvatore cambiano per i credenti. I comandamenti di Cristo, che devono essere insegnati a tutti i credenti (Matteo 28:19, 20), presumono il suo diritto sovrano di dare ordini e di essere obbedito. Questo è esattamente il motivo per cui Paolo chiama la salvezza “l’ubbidienza della fede” (Romani 1:5). Paolo non loda gli Efesini per un qualche ulteriore atto di fede supplementare, ma per la fede originaria che li ha condotti alla sottomissione salvifica al sovrano Signore. La vostra fede nel Signore Gesù si riferisce proprio a questa fede salvifica con cui erano entrati nella vita cristiana e in cui continuavano a vivere. LODE PER IL LORO AMORE
e del vostro amore per tutti i santi, (15c) Un secondo segno di vera salvezza è l’amore per tutti i santi, e a motivo di tale amore Paolo rende grazie per i credenti di Efeso. L’amore cristiano è indiscriminato; non sceglie per estrazione quali cristiani amare. Cristo ama tutti i credenti e tutti gli sono preziosi. Per definizione, quindi, l’amore cristiano si estende a tutti i cristiani. Se non lo fa, non è cristiano. Paolo chiama i credenti ad avere “un medesimo amore” (Filippesi 2:2), cioè ad amare tutti i credenti allo stesso modo. A volte sentiamo dei cristiani dire di qualcuno “lo amo nel Signore”, come a sottintendere che non provano alcun affetto personale né interesse per i bisogni di quell’individuo. Gli accordano una forma spiritualizzata di 57
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amore soltanto perché è un credente come loro. Ma questo non è amore genuino. Amare veramente una persona nel Signore significa amarla come lui la ama: in modo genuino e pronto al sacrificio. “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita”, dice Giovanni, “perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte” (1 Giovanni 3:14). Per quanto importante, una sana teologia non può sostituire l’amore. Senza amore anche la miglior dottrina è come “un rame risonante o uno squillante cembalo” (1 Corinzi 13:1). La vera salvezza si trasmette dalla mente e dal cuore del credente agli altri credenti, e si espande nel mondo fino a toccare con il nome di Cristo anche i non credenti. La vera salvezza produce vero amore e il vero amore non ama “a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità” (1 Giovanni 3:18). Nel Nuovo Testamento il vero amore spirituale è sempre descritto come un’attitudine di sacrificio altruistico che sfocia in generosi atti di bontà nei confronti degli altri. Quando il Signore lavò i piedi ai discepoli orgogliosi ed egoisti, disse loro che quel gesto era un esempio di come dovevano amarsi l’un l’altro (Giovanni 13:34). Giovanni sottolinea la medesima verità: “Da questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi; anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli. Ma se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l’amore di Dio essere in lui? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità” (1 Giovanni 3:16-18). È questo il genere di amore che i cristiani di Efeso avevano per tutti i santi. Purtroppo, però, il loro amore non durò. Conservarono pura la loro fede e perseverarono in essa, ma nella lettera alle sette chiese dell’Asia Minore il Signore dice della chiesa di Efeso: “Ho questo contro di te: che hai abbandonato il tuo primo amore” (Apocalisse 2:2-4). Avevano smarrito il loro grande amore per Cristo e per i loro fratelli di fede, per il quale solo pochi decenni prima Paolo li aveva così calorosamente lodati. Fede e amore devono essere mantenuti in equilibrio. Nella storia della chiesa molti monaci, eremiti e tantissimi altri si sono sforzati di mantenere pura la loro fede, senza però mostrare amore per gli altri come comanda il Signore a ciascun credente. Costoro si tramutano spesso in cacciatori di eresie: sono ansiosi di distruggere il male ma fanno ben poco per costruire il bene, sono pieni di spirito critico ma mancano d’amore. È un peccato che certi cristiani abbiano una fede senza amore. Se è senza amore, c’è ragione di dubitare che sia fede autentica. Non esiste vera fede separata dal vero amore. Noi non possiamo amare il Signore Gesù senza amare quelli che egli ama. “Chiunque crede che Gesù è il Cristo è nato da Dio; e chiunque ama colui che ha generato, ama anche chi è stato da lui generato” (1 Giovanni 5:1). I cristiani a cui Paolo indirizza l’Epistola agli Efesini possedevano il giusto equilibrio, ed è per la loro grande fede e per il loro grande amore che l’apostolo assicura loro: non smetto mai di rendere grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere. 58
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Preghiera per i credenti affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, mi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione perché possiate conoscerlo pienamente; e illumini gli occhi del vostro cuore, affinché sappiate a quale speranza vi ha chiamati, qual è la ricchezza della gloria della sua eredità che vi riserva tra i santi, e qual è verso di noi che crediamo, l’immensità della sua potenza. Questa potente efficacia della forza egli l’ha mostrata in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla propria destra nel cielo, al di sopra di ogni principato, autorità, potenza, signoria e di ogni altro nome che si nomina non solo in questo mondo, ma anche in quello futuro. Ogni cosa egli ha posta sotto i suoi piedi e lo ha dato per capo supremo alla chiesa, che è il corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti. (1:17-23) Il resto del capitolo è una preghiera in cui Paolo chiede che Dio conceda ai credenti vera comprensione e apprezzamento di ciò che sono in Gesù Cristo, affinché possano cominciare a farsi un’idea di quanto magnifiche e illimitate siano le benedizioni che già possiedono nel loro Signore e Salvatore. La petizione è diretta al Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, una definizione che lega Dio, il Padre, a Cristo, il Figlio, nella loro natura essenziale (cfr. anche Romani 15:6; Efesini 1:3a, 17a; 2 Corinzi 1:3; Filippesi 2:9-11; 1 Pietro 1:3; 2 Giovanni 3). Colui cui spetta ogni gloria ha la stessa essenza del Signore Gesù Cristo. Per la seconda volta nel giro di tre versetti, Cristo viene chiamato Signore (cfr. v. 15). Fondamentalmente Paolo prega affinché gli Efesini non debbano affannarsi a ricercare quello che già possiedono, ma possano capire che nel grande Dio, che è il loro Dio, hanno tutto ciò di cui hanno bisogno, e, soprattutto, che Dio è pronto a concederlo se loro sono disposti a riceverlo. Per un tale atteggiamento di ricezione occorre che Dio stesso vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione perché possiate conoscerlo pienamente. Warren Wiersbe racconta che un giorno William Randolph Hearst, leggendo di un’opera d’arte di estremo valore, decise che avrebbe dovuto aggiungerla alla sua vasta collezione. Ordinò quindi al suo agente di setacciare le gallerie d’arte di tutto il mondo per rintracciare quel capolavoro, che era determinato ad avere a qualsiasi prezzo. Dopo molti mesi di diligente ricerca, l’agente fece sapere al Sig. Hearst che quell’opera era già sua, e che si trovava da molti anni in uno dei suoi depositi. È tragico che molti credenti finiscano per invischiarsi in una ricerca di qualcosa di più nella vita cristiana, di qualcosa di speciale, di qualcosa di straordinario che l’“ordinaria” vita cristiana non possiede. Sostengono di voler ottenere di più da Gesù Cristo, dallo Spirito Santo, più potere, più benedizioni, una vita più elevata, una vita più profonda, come se le risorse di Dio venissero 59
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centellinate una per volta come altrettante prescrizioni mediche, o fossero dischiuse da una qualche combinazione spirituale nota solo a pochi iniziati. Dire “voglio tutto ciò che Gesù può darmi”, sottintende che, quando siamo stati salvati, Cristo non ci ha dato tutto se stesso, che ha tenuto in serbo delle benedizioni da spartire tra quanti possiedono determinati requisiti peculiari. Pietro dice esplicitamente: “La sua potenza divina ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la propria gloria e virtù” (2 Pietro 1:3). L’insegnamento del Nuovo Testamento sulla salvezza è che la nuova nascita elargisce a ogni credente tutte le cose in Cristo. Non c’è quindi nessun bisogno e nessun motivo di cercare qualcosa di più. Benché non lo si faccia intenzionalmente, tale ricerca mina l’essenza della verità rivelata di Dio sulla salvezza. Questa grande verità si trova in embrione nelle parole dell’Ecclesiaste: “Io ho riconosciuto che tutto quel che Dio fa è per sempre; niente c’è da aggiungervi, niente da togliervi; e che Dio fa così perché gli uomini lo temano” (Ecclesiaste 3:14). La chiesa di Colosse era stata apparentemente funestata da quel genere di filosofia: i credenti ritenevano che in ciò che Dio dava loro mancasse qualcosa, a cui occorreva supplire con qualche atto, con qualche rituale, o con qualche altro obbligo in aggiunta alla salvezza. Per alcuni di loro quest’idea si era tramutata in una vera e propria eresia, che veniva insegnata e proclamata al posto dell’insegnamento apostolico. Si insegnava che, oltre a Cristo, c’era bisogno della filosofia umana: lo stesso approccio al Vangelo che ritroviamo nel liberalismo moderno, nella neo-ortodossia, nell’esistenzialismo e in altri sistemi teologico-filosofici che si danno apparenza di cristianesimo. Di tale eresia Paolo dice: “Guardate che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vani raggiri secondo la tradizione degli uomini e gli elementi del mondo e non secondo Cristo” (Colossesi 2:8). I falsi maestri di Colosse insegnavano Cristo più il legalismo. Sostenevano l’osservanza di giorni speciali, festività e rituali vari al fine di conseguire una più elevata condizione spirituale e il favore divino. Di questa eresia Paolo dice: “Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste a noviluni, a sabati, che sono l’ombra di cose che dovevano avvenire; ma il corpo è di Cristo” (2:16-17). Un terzo errore insegnato dagli eretici di Colosse implicava il peccato di orgoglio e la ricerca di esperienze e visioni mistiche che avrebbero dovuto integrare l’opera del sacrificio espiatorio di Cristo compiuta sulla croce. Ciò che costoro proponevano come qualcosa di più, in realtà, avverte Paolo, portava a qualcosa di meno, dal momento che sminuiva l’opera perfetta di Cristo. “Nessuno vi derubi a suo piacere del vostro premio, con un pretesto di umiltà e di culto degli angeli affidandosi alle proprie visioni, gonfio di vanità nella sua mente carnale, senza attenersi al capo, da cui tutto il corpo, ben fornito e congiunto insieme mediante le giunture e i legamenti, progredisce nella crescita voluta da Dio” (2:18-19). 60
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Un quarto errore diffuso dalla chiesa di Colosse era l’ascetismo, la convinzione che si possano ottenere favori e ricompense speciali da Dio praticando un’estrema abnegazione, rinunciando al piacere fisico e al benessere ed evitando il contatto con la gente “comune”, vivendo in condizioni di isolamento e di austerità. Questo errore, ancor più degli altri, alimenta l’orgoglio umano. Con il pretesto di sopprimere la carne, tali idee e pratiche in effetti la stimolano. Come spiega Paolo, le esortazioni a “‘non toccare, non assaggiare, non maneggiare’ […] quelle cose hanno, è vero, una parvenza di sapienza per quel tanto che è in esse di culto volontario, di umiltà e di austerità nel trattare il corpo, ma non hanno alcun valore; servono solo a soddisfare la carne” (2:21, 23). Il consiglio che Paolo rivolge ai credenti di Colosse in risposta a quelle gravi minacce alla fede viene introdotto al capitolo 1, versetto 12, dove dice che “il Padre li ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce”, ed è sintetizzato in 2:9, 10: “Perché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità; e voi avete tutto pienamente in lui”. Tutta la pienezza di Dio è in Gesù Cristo, che non sottrae nulla di quella pienezza ai credenti. “In lui abbiamo tutto pienamente”, poiché noi siamo santi sufficienti e autorizzati (come dimostra l’uso di hikano� [qualificare, rendere sufficiente] in 1:12). Giovanni, nella sua prima lettera, mette in guardia dallo stesso pericolo affermando: “Vi ho scritto queste cose riguardo a quelli che cercano di sedurvi. Ma quanto a voi, l’unzione che avete ricevuta da lui rimane in voi, e non avete bisogno dell’insegnamento di nessuno; ma siccome la sua unzione vi insegna ogni cosa ed è veritiera, e non è menzogna, rimanete in lui come essa vi ha insegnato” (1 Giovanni 2:26, 27). Ciononostante, molti cristiani oggi investono una gran quantità di tempo ed energia nella vana ricerca di benedizioni che hanno già a disposizione. Pregano per avere la luce di Dio, ma Dio ha già dato luce in abbondanza nella sua Parola. Sentono il bisogno di seguire quella luce che già possiedono. Pregano per ottenere forza, ma la Parola insegna che possono ogni cosa in Cristo che li fortifica (Filippesi 4:13). Pregano per avere più amore, ma Paolo afferma che l’amore stesso di Dio fluisce già nel loro cuore mediante lo Spirito Santo (Romani 5:5). Pregano per averepiù grazia, ma il Signore dice che la grazia che ha dato è sufficiente (2 Corinzi 12:9). Pregano per la pace, ma il Signore ha dato loro la sua pace, “che supera ogni intelligenza” (Filippesi 4:7). Quando preghiamo per queste benedizioni dovremmo farlo con l’atteggiamento di chi cerca la grazia di appropriarsi di ciò che è già stato dato, non come se chiedessimo qualcosa che riteniamo scarsamente disponibile o difficilmente concessa da Dio. Al cristiano servono soprattutto la saggezza e l’obbedienza, per appropriarsi dell’abbondanza di benedizioni che il Signore ha già dato. Il nostro problema non è la mancanza di benedizioni, ma la mancanza dell’intendimento e della saggezza necessari per comprenderle ed utilizzarle in maniera appropriata e con fedeltà. Le nostre benedizioni sono talmente vaste che 61
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la mente umana non è in grado di comprenderle. Con la nostra mente non possiamo concepire le ricchezze a cui abbiamo accesso in Gesù Cristo. Queste cose sono completamente al di là della capacità della mente umana di afferrarle. Solo lo Spirito Santo può sondare le profondità della mente di Dio e solo lo Spirito può portarle al nostro intendimento. “Ma come è scritto” dice Paolo, “‘le cose che occhio non vide e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell’uomo, sono quelle che Dio ha preparato per coloro che lo amano’ a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito, perché lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Infatti, chi, tra gli uomini, conosce le cose dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così nessuno conosce le cose di Dio se non lo Spirito di Dio. Ora noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che viene da Dio, per conoscere le cose che Dio ci ha donate” (1 Corinzi 2:9-12). Le più profonde verità divine non possono essere viste con gli occhi, udite con le orecchie o comprese con la ragione e l’intuizione. Sono rivelate solo a quelli che lo amano. Ciascun cristiano ha molti bisogni specifici – fisici, morali e spirituali – per i quali deve chiedere aiuto al Signore. Ma nessun cristiano ha bisogno di avere, o può avere, del Signore, della sua benedizione e della sua eredità, più di quanto già non abbia. Ecco perché Paolo ci dice, come disse ai credenti efesini, di non cercare altre risorse spirituali, ma di comprendere e utilizzare quelle che ci sono state date con assoluta pienezza nel momento in cui abbiamo ricevuto Cristo. Nello specifico, Paolo prega che Dio possa dare la facoltà dell’intendimento, così che possiamo conoscere le nostre risorse, che egli chiama lo spirito di sapienza e di rivelazione nella conoscenza di lui (Nuova Diodati). Lo spirito di sapienza viene dato attraverso lo Spirito Santo, ma non è lo Spirito Santo, come sostengono alcuni interpreti. Qui pneuma (spirito) è senza articolo determinativo. In questi casi nella traduzione si aggiunge di norma l’articolo indeterminativo, come nel nostro testo: uno spirito. I credenti già possiedono lo Spirito Santo (Romani 8:9), di cui è tempio il loro corpo (1 Corinzi 6:19). Né sembra che Paolo si riferisca allo spirito dell’uomo, che ogni persona già possiede (1 Corinzi 2:11). Il significato basilare di pneuma (da cui derivano vocaboli come pneumatico) è respiro o aria e, da quel significato, si è poi sviluppata la nozione di spirito. Ma, come avviene anche per il termine spirito, pneuma a volte veniva utilizzato con il significato di carattere, influenza o attitudine – come quando noi diciamo “è una persona di spirito”. Gesù usò il vocabolo in quel senso nella prima beatitudine: “Beati i poveri in spirito” (Matteo 5:3). Non si riferiva allo Spirito Santo o allo spirito umano, ma allo spirito o attitudine dell’umiltà. Paolo pregava che Dio desse agli Efesini una speciale disposizione di sapienza, il massimo di conoscenza e intendimento delle cose divine che la mente umana santificata sia in grado di ricevere. Dice insomma: “Fa’ conoscere loro quanto possiedono nel Figlio tuo”. “Dona loro un acuto, ricco, 62
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profondo, forte intendimento della loro eredità in Cristo”. Prega affinché lo Spirito Santo dia al loro spirito il giusto spirito di sapienza e di rivelazione nella conoscenza di lui (Nuova Diodati). Rivelazione, sebbene qui sia usatilizzato come sinonimo di sapienza, si riferisce alla conoscenza che Dio ci impartisce, mentre sapienza potrebbe indicare piuttosto l’uso che facciamo di quella conoscenza. Dobbiamo conoscere e comprendere la nostra posizione nel Signore prima di essere capaci di servirlo. Dobbiamo conoscere che cosa abbiamo prima di poterlo usare in modo soddisfacente. Questa sapienza aggiuntiva travalica la conoscenza intellettuale. È molto più ricca; e Paolo desiderava che i cristiani di Efeso, come quelli di Colosse, potessero cercare “le cose di lassù, dove Cristo è” (Colossesi 1:3). Nella sua preghiera per i credenti di Efeso, Paolo chiede a Dio di dar loro rivelazione e sapienza in tre sfere particolari della magnifica, incomparabile verità di Dio. Prega che giungano a un più chiaro intendimento della grandezza del piano di Dio, della grandezza del suo potere e della grandezza della sua Persona. COMPRENDERE LA GRANDEZZA DEL PIANO DIVINO
egli illumini gli occhi del vostro cuore, affinché sappiate a quale speranza vi ha chiamati, qual è la ricchezza della gloria della sua eredità che vi riserva tra i santi, (1:18) In molte culture moderne, si pensa al cuore come alla sede delle emozioni e dei sentimenti. Ma molti popoli antichi – Ebrei, Greci e tanti altri – consideravano il cuore (greco kardia) come il centro della conoscenza, dell’intelligenza, del pensiero e della sapienza. Anche il Nuovo Testamento lo usa in questo modo. Il cuore era considerato la sede della mente e della volontà, e gli si potevano insegnare cose che il cervello non avrebbe mai potuto comprendere. Le emozioni e i sentimenti venivano associati agli intestini, o viscere (greco: splanchnon; cfr. Atti 1:18, in cui il termine si riferisce chiaramente ad organi fisici, con Colossesi 3:12; Filemone 7, 12, 20; e 1 Giovanni 3:17, in cui si riferisce alle emozioni e ai sentimenti). Una delle cause dell’immaturità della chiesa di Corinto era la fiducia nei sentimenti disgiunti dalla conoscenza. A molti credenti premeva più fare quel che loro sentivano giusto che non ciò che Dio dichiarava giusto. Paolo dunque disse loro: “La nostra bocca vi ha parlato apertamente, Corinzi; il nostro cuore [kardia] si è allargato. Voi non siete allo stretto in noi, ma è il vostro cuore [splanchnon] che si è ristretto. Ora, per renderci il contraccambio (parlo come a figli), allargate il cuore anche voi!” (2 Corinzi 6:11-13). L’apostolo cioè voleva dire: “Non posso trasferire la verità dalla mia mente alla vostra, perché i vostri sentimenti le si frappongono”. Le loro emozioni, anziché essere controllate dalla verità di Dio, ne distorcevano la comprensione. Paolo, quindi, prega affinché le menti degli Efesini fossero illuminate. 63
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Le emozioni hanno un ruolo significativo nella vita cristiana, ma sono affidabili solo nella misura in cui vengono guidate e controllate dalla verità di Dio, che perveniamo a conoscere e comprendere attraverso la nostra mente. Ecco perché occorre che “la Parola di Dio abiti in [noi] abbondantemente” (Colossesi 3:16). Quando lo Spirito Santo opera nella mente del credente, la arricchisce affinché comprenda la verità divina, che è assai profonda, e ponga in relazione tale verità con la vita, inclusi quegli aspetti della vita in cui sono coinvolte le nostre emozioni. Mentre Gesù parlava con i due discepoli sulla strada di Emmaus, il loro cuore (cioè la loro mente) ardeva dentro di loro; ma solo quando “i loro occhi furono aperti lo riconobbero” (Luca 24:31-32). Prima che lo Spirito Santo li illuminasse, essi avevano l’informazione ma non la comprensione: quello che sapevano era vero, ma col solo potere della loro mente non potevano coglierne il senso e il significato. La prima cosa per cui Paolo prega è che Dio illumini i credenti sulla grandezza del suo piano. In maniera estremamente dettagliata, l’apostolo chiede che venga loro concessa la comprensione della speranza della sua chiamata e della ricchezza della gloria della sua eredità che vi riserva tra i santi. Prega che Dio li illumini sulle magnifiche verità dell’elezione, della predestinazione, dell’adozione, della redenzione, del perdono, della sapienza e del discernimento, dell’eredità, del sigillo e del pegno dello Spirito Santo, sulle quali cose li ha appena istruiti (vv. 3-14). Tali verità riassumono il grande piano di Dio per la redenzione del genere umano, il suo piano eterno per ricondurre a sé gli uomini mediante il Figlio, rendendoli così figli suoi. Adesso che appartenevano a Cristo per fede (v. 13), ciò che Paolo desiderava più di ogni altra cosa era che i credenti efesini si rendessero pienamente conto del significato della loro nuova identità. “Voi non foste un ripensamento di Dio”, dice, “Dio non solo scelse di salvarvi, ma decise di scegliervi età cosmiche prima che esisteste, età cosmiche prima che voi poteste avere l’opportunità, per sua grazia, di scegliere lui. Questo è quello che siete!”. Finché non comprendiamo chi veramente siamo in Gesù Cristo, ci è impossibile vivere una vita di obbedienza e appagante. Solo quando comprendiamo chi siamo realmente possiamo vivere all’altezza di ciò che siamo. Solo quando giungiamo a comprendere come la nostra vita sia ancorata all’eternità possiamo avere la giusta prospettiva e motivazione per vivere in modo oculato. Solo quando giungiamo a comprendere che siamo cittadini del cielo possiamo vivere una vita di obbedienza e produttiva come cittadini devoti sulla terra. Il grande piano di Dio è che ogni credente un giorno possa essere “conforme all’immagine del Figlio suo” (Romani 8:29). Questa è la speranza con la quale ci ha chiamati: il destino e la gloria eterni del credente realizzati nel regno a venire. La pienezza di questa speranza la sperimenteremo quando riceveremo la suprema ricchezza della gloria della sua eredità che ci riserva tra i santi. È una verità indescrivibile a parole, motivo per cui anche la rivelazione stessa di Dio richiede l’illuminazione del suo Spirito affinché i 64
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credenti possano cominciare a comprendere la meravigliosa grandezza delle benedizioni della salvezza per i santi. Il fatto che siamo figli gloriosi di Dio e coeredi con Gesù Cristo di tutti i possedimenti di Dio è il completamento e il fine della salvezza promessa dall’eternità e serbata nella speranza fino alla manifestazione futura di Cristo. Non c’è nulla di più da cercare, nulla di più da donare e da ricevere. Tutto questo lo abbiamo già ora e lo avremo per tutta l’eternità. COMPRENDERE LA GRANDEZZA DEL POTERE DI DIO
e qual è verso di noi, che crediamo, l’immensità della sua potenza. Questa potente efficacia della sua forza egli l’ha mostrata in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla propria destra nel cielo, (1:19-20) La seconda richiesta di Paolo è che il Signore doni ai credenti di Efeso la comprensione del suo grande potere che li condurrà alla loro eredità nella gloria. Al versetto 19 Paolo usa quattro differenti sinonimi greci per dare enfasi alla grandezza di quel potere. Il primo è dunamis (potenza), da cui derivano dinamite e dinamo. Questa potenza è solo per i cristiani, per coloro che credono. Non solo, ma si tratta di tutto il potere che ci sia mai stato offerto o che mai potrebbe essere offerto. Non ce ne potrebbe essere di più, e sarebbe sciocco o presuntuoso chiederne di più. L’immensità della potenza di Dio è data ad ogni credente, non solo a quelli che credono ed hanno un’esperienza mistica, una seconda benedizione, o qualche altra presunta opera di grazia aggiuntiva. Quando veniamo salvati riceviamo tutta la grazia di Dio e tutto il suo potere, e questo ci assicura della realizzazione della nostra speranza eterna. Il secondo è energeia (azione), la forza efficace dello Spirito che infonde potenza nei credenti affinché vivano per il Signore. Il terzo è kratos (forza), che può anche essere tradotto con “dominio” (1 Timoteo 6:16) o con “potenza” (Ebrei 2:14). Il quarto è ischus (potere), che trasmette l’idea di un conferimento di potere o di capacità. In tutti questi modi lo Spirito Santo infonde potere nei figli di Dio. Paolo non prega perché venga dato potere ai credenti. Come potrebbero avere di più di quanto già non abbiano? Per prima cosa prega affinché venga concessa loro una divina consapevolezza del potere che possiedono in Cristo. Più avanti nella lettera (capp. 4-6) li esorta ad impiegare quel potere per vivere fedelmente per il loro Signore. Non abbiamo bisogno di pregare per il potere di evangelizzare, per testimoniare il Vangelo ad altri. I credenti hanno già quel potere. Il Vangelo stesso “è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Romani 1:16). Scrivendo ai Tessalonicesi, Paolo ricorda loro: “Il nostro vangelo non vi è stato annunziato soltanto con parole, ma con potenza, con lo Spirito Santo e con piena convinzione” (1 Tessalonicesi 1:5). 65
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Non abbiamo bisogno di pregare per ottenere la capacità di sopportare la sofferenza. Introducendo un lungo elenco di afflizioni sopportate per il Signore, Paolo commenta: “Ma noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi” (2 Corinzi 4:7). E non abbiamo bisogno nemmeno di pregare per fare la volontà di Dio. “È Dio che produce in voi”, ci assicura Paolo, “il volere e l’agire, secondo il suo disegno benevolo” (Filippesi 2:13). Paolo adempì la sua opera per il Signore mediante la forza che il Signore stesso gli forniva: “Mi affatico combattendo con la sua forza, che agisce in me con potenza” (Colossesi 1:29). Subito prima della sua ascensione, Gesù assicurò i discepoli: “Riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi” (Atti 1:8), e ciò accade a ciascun credente nel momento in cui riceve la salvezza. Dio “può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo” (Efesini 3:20). Chiedere a Dio maggiore potenza è un affronto al suo amore misericordioso che ci ha già provveduto ogni cosa. La potenza […] l’efficacia […] la forza […] e la capacità soprannaturale che Dio fornisce a ogni credente e con la quale egli glorificherà ogni credente è quella che ha mostrata in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla propria destra nel cielo. Più oltre Paolo parlerà dell’uso di tale potere nel servizio reso a Dio (3:20), ma ora prega affinché comprendiamo il suo potere nel preservare, nell’assicurarci e nell’adempiere la meravigliosa speranza che è nostra in Cristo. La potenza della resurrezione e dell’ascensione, l’energia divina che rialzò Cristo riportandolo dalla tomba sulla terra, e dalla terra al cielo, è lo stesso potere che ci innalzerà alla gloria. Tutti, a volte, siamo tentati dal dubbio e ci chiediamo se Dio possa fare una certa cosa per noi o attraverso di noi, o se alla fine ci accoglierà alla sua presenza. Ma se consideriamo ciò che ha mostrato in Cristo, ciò che ha adempiuto fedelmente in favore di suo Figlio e la promessa di adempiere altrettanto fedelmente la sua opera in nostro favore (attraverso l’immensità della sua potenza verso di noi), come può restare posto per il dubbio? Alla luce di una tale promessa, come può un cristiano sentirsi insicuro, abbandonato o impotente? La stessa illimitata potenza divina che lo risuscitò dai morti solleverà anche noi dai morti e la stessa potenza che lo fece sedere alla propria destra nel cielo farà sedere anche noi lassù con lui. Nel frattempo, quel potere della resurrezione è a nostra disposizione per vivere alla sua gloria (Efesini 1:19,20; 3:20). È assolutamente certo che quel potere ci condurrà alla gloria di cui Poalo parla come se fosse già avvenuta, perché ha già avuto luogo nell’eterno piano di Dio (2:6). COMPRENDERE LA GRANDEZZA DELLA PERSONA DI DIO
al di sopra di ogni principato, autorità, potenza, signoria e di ogni altro nome che si nomina non solo in questo mondo, ma anche in quello futuro. Ogni cosa egli ha posta sotto i suoi piedi e lo ha dato 66
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per capo supremo alla chiesa, che è il corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti. (1:21-23) Passando dal potere di Cristo alla sua maestà, la terza richiesta di Pao lo è che il Signore conceda ai credenti la comprensione della grandezza della sua Persona, che li assicura e dà loro potenza. Quando Timoteo fu intimidito dalle critiche da parte di compagni cristiani, comprensibilmente cadde in preda allo scoraggiamento. Allora Paolo gli scrisse: “Ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, della stirpe di Davide, secondo il mio vangelo, per il quale io soffro fino ad essere incatenato come un malfattore; ma la Parola di Dio non è incatenata. Ecco perché sopporto ogni cosa per amor degli eletti, affinché anch’essi conseguano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna” (2 Timoteo 2:8-10). “Ricorda la grandezza della Persona che vive in voi”, afferma Paolo. “Egli fu destato dai morti e fatto sedere alla destra di Dio. Nacque dal seme di Davide, proprio come un uomo. Si identifica con noi, ci comprende ed ha empatia per noi”. Ogni cristiano dovrebbe meditare continuamente su questo. Quando guardiamo a lui i nostri problemi fisici, psicologici e anche spirituali non ci appariranno poi così gravi. Non solo riusciremo a vedere i nostri problemi per quello che sono realmente, ma allora, e solo allora, avremo la giusta motivazione e la potenza per risolverli. È un peccato che si leggano e si ascoltino tante cose sugli aspetti più marginali della vita cristiana e così poco, invece, sulla Persona che della vita cristiana è la fonte. Quanto siamo più felici e produttivi quando la nostra attenzione primaria è rivolta alla sua purezza, alla sua grandezza, alla sua santità, al suo potere e alla sua maestà! Paolo esorta i Corinzi a contemplare intensamente la sua gloria con la chiara visione provveduta nel nuovo patto e a essere in tal modo trasfigurati nella sua immagine per l’opera dello Spirito Santo (1 Corinzi 3:18). Che immensa benedizione possiamo sperimentare se mettiamo da parte le nostre preoccupazioni e i nostri bisogni e, semplicemente, concentriamo l’attenzione sul Signore della Gloria, permettendo allo Spirito Santo di fare in noi ciò che Paolo lo pregava di fare negli Efesini: darci la profonda comprensione della verità che il nostro Signore è al di sopra di ogni principato, autorità, potenza, signoria e di ogni altro nome che si nomina non solo in questo mondo, ma anche in quello futuro. I termini principato (arch�, che significa capo o primo), autorità (exousia), potenza (dunamis) e signoria (kuriot�s) erano termini giudaici tradizionali che designavano esseri angelici di alto rango e di grande potere. Il senso, qui, è che il potere di Cristo applicato in favore dei credenti non può essere rovesciato, negato o sconfitto, perché supera di gran lunga quello delle schiere di Satana che tramano per sconfiggerlo. Bisognerebbe osservare che la Scrittura dà molta importanza al tema della guerra cosmica tra Dio e le sue schiere angeliche e Satana e i suoi demoni. La redenzione è una dimostrazione del potere di Dio di fronte agli 67
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angeli (3:10). La nostra guerra è contro questi angeli caduti, che cercano di impedirci di operare per Dio (6:12; cfr. 1 Pietro 3:18-22, che mostra il trionfo di Cristo sugli angeli caduti realizzato nella sua morte). Satana e le sue schiere hanno tentato di frustrare il piano di Dio fin dall’inizio e sono i nemici ostinati dell’opera del regno, ma sono destinati a essere rovesciati e banditi in eterno (Apocalisse 20:10-15). Il nostro Signore non è solo al di sopra, ma molto al di sopra di ogni cosa e di chiunque altro. È al di sopra di Satana e al di sopra del suo dominio mondano. È al di sopra dei santi angeli e degli angeli caduti, al di sopra dei salvati e dei non salvati, nel tempo e per tutta l’eternità. È al di sopra di tutti i nomi, i titoli, i ruoli, i poteri e le giurisdizioni dell’universo. Dio ha posto ogni cosa sotto i suoi piedi (cit. da Salmi 8:6; cfr. Ebrei 2:8). Non esistono limiti di tempo, dal momento che, come dice Paolo, Cristo prevarrà non solo in questo mondo, ma anche in quello futuro, cioè nel regno eterno del Signore Gesù Cristo (cfr. 2:7). Cosa ancor più importante, per quanto riguarda i credenti, Dio lo ha dato per capo supremo alla chiesa, che è il corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti. Cristo non solo è il capo della chiesa, ma ne è il compimento. Poiché con i redenti che ama intrattiene una relazione così unica ed intima, tutto il suo potere sarà usato in loro favore per compiere il suo amorevole proposito per loro. Egli è totalmente al di sopra di noi e totalmente in noi, il nostro supremo Signore e il nostro supremo potere. La chiesa è il compimento o il complemento (pl�r�ma) di Cristo. Come un capo deve avere un corpo che manifesti la gloria di quel capo, così il Signore deve avere la chiesa per manifestare la sua gloria (3:10). Gesù Cristo è l’Unico al quale veramente si applica la parola incomparabile; eppure, con un entusiasmante e rassicurante miracolo, ci ha scelti per mostrarci la sua incomparabile maestà. Ci viene garantito che giungeremo alla gloria per poter manifestare per sempre la sua lode. L’incomparabile Cristo è incompleto finché la chiesa, che è il suo corpo, non è completa. Gesù Cristo porta a compimento ogni cosa in tutti, donando la sua pienezza ai credenti. Ma nella sapienza e grazia di Dio, i credenti, in quanto chiesa, sono anche il compimento di lui. Giovanni Calvino disse: “In ciò consiste il sommo onore della chiesa: fin quando non è unito a noi, il Figlio di Dio si riconosce in una certa misura incompleto. Quale consolazione è per noi apprendere che fin quando non siamo alla sua presenza, Egli non possiede tutte le sue parti, né desidera essere considerato completo”. Il senso di questa grande preghiera è che noi possiamo comprendere quanto siamo sicuri in Cristo e quanto è stabile e immutabile la nostra speranza di eredità eterna. La potenza della glorificazione è invincibile e opera al presente per conduci alla gloria.
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Guardate dunque con diligenza a come vi comportate; non da stolti, ma da saggi; ricuperando il tempo perché i giorni sono malvagi. Perciò non agite con leggerezza, ma cercate di ben capire quale sia la volontà del Signore. (5:15-17) La parola stolto di solito si riferisce a una persona che si comporta in modo non intelligente e da irresponsabile. Ma la Scrittura definisce lo stolto come una persona che dice “in cuor suo: ‘Non c’è Dio’” e che è moralmente corrotto, dedito a “cose abominevoli” (Salmi 14:1). Lo stolto è una persona che vive separata da Dio, come atea o dal punto di vista teologico o da quello pratico o in entrambi i casi, sfidando Dio sia con le azioni sia con le parole. Lo stolto per eccellenza è la persona che tiene modelli di pensiero e di vita contrari a Dio. Poiché gli uomini nascono lontani da Dio e con il cuore che è per sua natura contro di lui (Romani 5:8, 10; Efesini 2:3; Colossesi 1:21), nascono spiritualmente stolti. “Perché, pur avendo conosciuto Dio, non l’hanno glorificato come Dio, né l’hanno ringraziato; ma si sono dati a vani ragionamenti e il loro cuore privo d’intelligenza si è ottenebrato. Benché si dichiarano sapienti, sono diventati stolti” (Romani 1:21-22). “L’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono pazzia per lui; e non le può conoscere, perché devono essere giudicate spiritualmente” (1 Corinzi 2:14). L’uomo naturale ha i valori più importanti della vita esattamente capovolti. Di conseguenza, pensa che la stoltezza sia saggezza e la saggezza sia stoltezza. 249
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Nessun uomo può vivere senza una qualche specie di dio e lo stolto spirituale inevitabilmente sostituisce un falso dio al vero Dio. Crea divinità secondo i suoi pensieri (Romani 1:21-23) e, in effetti, queste diventano il suo dio, la sua stessa autorità in ogni cosa. “La via dello stolto è diritta ai suoi occhi” (Proverbi 12:15) e, di conseguenza, determina il bene e il male, il vero e il falso interamente in base al suo pensiero e alla sua inclinazione peccaminosa. Quando lo stolto pone se stesso come suo dio, ovviamente ‘si burla del peccato’ (Proverbi 14:9). Il peccato è ciò che è contro Dio e, poiché lo stolto non riconosce Dio, non riconosce neppure il peccato. Lo stolto spiritualmente autosufficiente fa le sue regole e giustifica la sua condotta e, nel far ciò, rifiuta di riconoscere il peccato e le sue conseguenze. Lo stolto non può fare a meno di diffondere la sua stoltezza. E più è convinto della saggezza della sua stoltezza e più cercherà di propagarla. Da ciò che dice e da ciò che fa mostra continuamente la sua negazione di Dio, il suo essere dio a se stesso e il suo burlarsi del peccato. Non importa quale livello intellettuale, quali riconoscimenti accademici, quali talenti, quale ricchezza o reputazione abbia, la bocca dell’uomo carnale, spiritualmente parlando, non può fare a meno di diffondere follia (Proverbi 15:2). La persona non rigenerata è stolta perché nega di credere in Dio e lo dimostra nei comportamenti. È stolto perché diventa dio a se stesso. Lo è perché si burla del peccato e lo è perché contamina il resto della società con stoltezze empie che portano la dannazione sulla sua stessa anima. Lascia in eredità il suo patrimonio di stoltezza ai suoi figli, ai suoi amici e alla società: a chiunque cada sotto l’influenza della sua follia. “Poiché hanno odiato la scienza, non hanno scelto il timore del Signore”, dice degli stolti lo scrittore di Proverbi, “non hanno voluto sapere i miei consigli e hanno disprezzato ogni mia riprensione, si pasceranno del frutto della loro condotta e saranno saziati dei loro propri consigli. Infatti il pervertimento degli insensati li uccide” (Proverbi 1:29-32). La conoscenza che la persona irreligiosa odia non è la conoscenza empirica, pratica. Al contrario, è orgogliosa di quanto sa. Qualcuno ha stimato che, se tutta la conoscenza accumulata dall’uomo dall’inizio della storia registrata fino al 1845 fosse rappresentata da 2,5 centimetri, ciò che ha appreso dal 1845 fino al 1945 ammonterebbe a 7,5 cm e quello che ha imparato dal 1945 al 1975 rappresenterebbe l’altezza del monumento di Washington! Da allora probabilmente la conoscenza è raddoppiata. Poche persone, comunque, sosterrebbero che l’incredibile balzo della conoscenza scientifica, tecnologica e altra di tipo simile sia stata accompagnata da un balzo corrispondente alla saggezza del senso comune, per non parlare della saggezza nel campo spirituale e morale. Semmai, la comprensione dell’uomo su cosa egli è e cosa stia facendo e perché lo faccia sembra decrescere mentre la sua conoscenza pratica s’incrementa. Più diventa edotto in quel genere di conoscenza superficiale, meno avverte il bisogno della conoscenza che viene solo da Dio. Ne consegue che il destino finale degli stolti è che “cercano sempre 250
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d’imparare e non possono mai giungere alla conoscenza della verità” (2 Timoteo 3:7) e “muoiono per mancanza di senno” (Proverbi 10:21) anche mentre stanno accumulando un’enorme quantità d’informazione. Diventano più intelligenti e, allo stesso tempo, più stolti. La stupidità deriva dal credere nella pura conoscenza umana, escludendo la conoscenza divina. La stoltezza degli uomini si incrementa all’aumentare della conoscenza solo quando cresce la loro fiducia in sé. L’uomo naturale, non rigenerato, soffre per la sua stoltezza congenita e persistente perché non si sottometterà a Dio. Accumula una vasta conoscenza in modo indipendente da Dio, ma l’intelligenza spirituale e la saggezza divina gli sfuggono. Egli odia la verità sul peccato e sulla salvezza. La saggezza inizia dal timore del Signore (Proverbi 1:7) e prosegue con la conoscenza della sua verità e delle sue vie. “I giusti e i saggi e le loro opere sono nelle mani di Dio” (Ecclesiaste 9:1). La via della saggezza e della vita è la via di Dio. Il solo potere che può vincere la stoltezza di un uomo e volgerlo alla saggezza è la salvezza, avvicinandosi a Dio mediante Gesù Cristo. Volgersi dalla stoltezza alla saggezza è volgersi da se stesso a Dio. Ed è la Parola stessa di Dio che può darci “la sapienza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù” (2 Timoteo 3:15). Il genere di saggezza che la Bibbia loda non è quella stimata dagli antichi Greci contemporanei di Paolo. La loro saggezza era caratterizzata dalla filosofia e dalla sofistica, il tessere senza fine e il discutere teorie che non hanno alcuna relazione con la vita reale, che non hanno alcun rapporto con Dio o con la vita pratica. I Greci potevano muoversi da una filosofia all’altra, e spesso lo facevano, senza cambiare la loro attitudine fondamentale o il loro basilare modo di vivere. Semplicemente giocavano la partita della filosofia, con un tipo di sapienza che non vuole pervenire alla conoscenza della verità, poiché, in modo diverso dalle ipotesi e dalle speculazioni, la verità richiede il riconoscimento, l’accettazione e il cambiamento. Nella Scrittura, d’altro lato, la saggezza è centrata sulla convinzione e sul comportamento, in modo specifico nel riconoscere Dio e ubbidirgli. Quando una persona è salvata viene trasportata dal regno della stoltezza a quello della saggezza. Proprio come esser cristiano conduce a camminare in modo degno (4:1), umilmente (4:2), in unità (4:3-16), separata dalle vie del mondo (4:17-32), con amore (5:1-7) e nella luce (5:8-14), conduce anche a camminare con saggezza (5:15-17). In questo testo Paolo menziona tre cose che la saggezza del Signore insegna a chi gli è figlio. Il credente saggio conosce i suoi principi di vita, i suoi limitati privilegi e i propositi del suo Signore.
I principi della vita del credente Guardate dunque con diligenza a come vi comportate; non da stolti, ma da saggi; (5:15) 251
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Il significato letterale del termine greco tradotto Guardate è “guardate attentamente o osservate”, e il comando di Paolo ai credenti di fare attenzione a come vi comportate si basa su ciò che ha appena insegnato. Dunque si riferisce alla chiamata, appena esposta, diretta ai credenti di camminare come coloro che sono stati destati dai morti e stanno vivendo nella luce di Cristo (v. 14). Paolo spiega la ragione fondamentale per cui i credenti debbano essere imitatori del loro Padre celeste (5:1). I cristiani devono camminare saggiamente e non da stolti poiché sono i figli amati di Dio, salvati mediante il sacrificio del suo amato Figlio (5:1-2). Solo il comportarsi con saggezza è di beneficio ai figli di Dio. Paolo comanda ai credenti di comportarsi […] da saggi. Proprio come devono comportarsi con umiltà, in accordo, appartati, con amore e nella luce (4:1-5-14), si devono anche comportare con saggezza. In altre parole, devono vivere come il popolo che sono. Siamo uno in Cristo, siamo appartati, siamo amore, siamo luce e siamo saggi, e quello che facciamo deve corrispondere a ciò che siamo. Con la salvezza ogni credente è stato reso saggio. Paolo scrisse a Timoteo: “Hai avuto conoscenza delle sacre Scritture, le quali possono darti la sapienza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù” (2 Timoteo 3:15). Per grazia di Dio, i salvati sono “in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Corinzi 1:30). Proprio come in Cristo Dio ci rende in modo miracoloso immediatamente giusti, santificati e redenti, ci rende anche immediatamente saggi. Quando fummo salvati divenimmo un deposito di saggezza che da allora in poi ci rende responsabili del nostro comportamento. Poiché siamo in Cristo, “i tesori della sapienza e della conoscenza” che sono nascosti in lui (Colossesi 2:3) sono quindi anche nascosti in noi. Giovanni scrisse dello Spirito Santo, l’insegnante di verità che risiede nella vita di ogni santo: “Quanto a voi, avete ricevuto l’unzione dal Santo e tutti avete conoscenza. Vi ho scritto, non perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete” (1 Giovanni 2:20-21). Più oltre dice: “Non avete bisogno dell’insegnamento di nessuno [di nessun insegnante umano dotato di semplice sapienza umana]”, perché “la sua unzione vi insegna ogni cosa ed è veritiera” (v. 27). Non possiamo avere la salvezza senza la saggezza di Dio più di quanto possiamo avere la salvezza senza la sua giustizia, la sua santificazione e la sua redenzione. La “fede facile” è una sventura della chiesa contemporanea perché, tra le altre cose, sottintende offrire la salvezza in segmenti. Primo si presuppone che gli uomini siano nati di nuovo accettando Cristo come Salvatore. Poi, mentre crescono nella grazia, possono rinunciare al peccato; cominciano a perseguire la giustizia, la santificazione e la saggezza; e lo ricevono come Signore. Ma Paolo disse: “La grazia di Dio, salvifica per tutti gli uomini, si è manifestata, e ci insegna a rinunziare all’empietà e alle passioni mondane, per vivere in questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo” (Tito 2:11-12). La stessa prima istruzione del Vangelo per la persona salvata è 252
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di rinunciare e abbandonare il peccato e di vivere una vita devota e giusta. Questa istruzione, o saggezza, è parte della nuova nascita, non qualche cosa che si afferma successivamente. Come Gesù spiegò nelle beatitudini, tra i primi e più necessari segni della salvezza ci sono l’afflizione per il peccato e avere fame e sete di giustizia. (Matteo 5:4, 6). Come Paolo precisò all’inizio di questa epistola, Dio ci ha dato “ogni sorta di sapienza e d’intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà” (Efesini 1:8-9). Questo non significa che non cresciamo in saggezza mentre avanziamo in maturità nella vita cristiana. Ci viene espressamente comandato: “Crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo” (2 Pietro 3:18). Mentre diventiamo sempre più conformi al nostro Signore e Salvatore, cresceremo sempre di più nel suo amore, nella gioia, nella pace, e in ogni altro frutto dello Spirito (Galati 5:22-23). Questo è un altro dei paradossi divini: noi cresciamo in ciò che ci è stato già dato con pienezza. Cresciamo in senso pratico in ciò che già possediamo quanto alla nostra condizione. Persino Gesù “cresceva in sapienza” (Luca 2:52) e alcuni credenti nella chiesa di Gerusalemme erano “pieni di […] sapienza” (Atti 6:3). Parlando ai credenti, Giacomo disse: “Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare e gli sarà data” (Giacomo 1:5). Paolo pregava che i credenti Colossesi fossero “ricolmi della profonda conoscenza della volontà di Dio con ogni sapienza e intelligenza spirituale” e che “la Parola di Dio [abitasse in loro] abbondantemente, [e che si istruissero e si esortassero] gli uni gli altri con ogni sapienza” (Colossesi 1:9; 3:16). Il credente comincia la sua nuova vita in Cristo con tutta la saggezza necessaria per vivere per il suo Signore, ma deve anche crescere di continuo nella saggezza, così da essere ancor più maturo, più fedele e più produttivo al suo servizio. Akrib�s (con diligenza) ha il significato basilare di accurato ed esatto e trasmette l’idea correlata di guardare, esaminare e investigare qualcosa con grande attenzione. Trasmette anche l’idea di stare all’erta. Mentre i credenti camminano attraverso il campo minato del mondo devono essere costantemente vigili contro ogni pericolo che Satana mette sulla loro strada. Ecco perché Gesù avvertì che “stretta […] è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano” (Matteo 7:14). Se non fosse stato scritto secoli prima del giorno di Paolo, il capitolo 2 di Proverbi sembrerebbe un commento su Efesini 5:15. Attraverso il capitolo lo scrittore di Proverbi parla di camminare nel sentiero e nella via della saggezza, di non andare per la via malvagia e di non smarrirsi in compagnia di persone empie. In modo simile, il primo Salmo parla dell’uomo benedetto come di colui “che non cammina secondo il consiglio degli empi, che non si ferma nella via dei peccatori; né si siede in compagnia degli schernitori” (v. 1). L’idea di camminare attentamente e prudentemente nella via di Dio è il tema del Pellegrinaggio del Cristiano di John Bunyan. Ogni incidente, con253
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versazione e osservazione in quel grande classico della letteratura cristiana sottolinea l’obbedienza o la disubbidienza, prestare attenzione o ignorare, seguire o allontanarsi dal sentiero di Dio nella vita cristiana. Quand’ero un ragazzino una volta stavo attraversando uno stretto ruscello camminando su un tronco che aveva numerosi rami sporgenti. Quando un amico mi chiamò mi distrassi momentaneamente e inciampai su uno dei rami. Avevo appena superato l’acqua e caddi in un cespuglio di ortiche sulla sponda. Poiché indossavo soltanto un costume da bagno, mi graffiai assai dolorosamente e microscopici aghi della pianta mi si conficcarono su una vasta superficie del mio corpo. Questo è un ritratto di quello che succede a un credente quando viene distratto dalla via di Dio. Quando i cristiani peccano e cadono nelle trappole di Satana, questo accade loro perché vivono da stolti non da saggi. Essi tornano indietro per seguire la sapienza della vita precedente che era in realtà stoltezza. “Perché anche noi un tempo eravamo insensati, ribelli, traviati, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, vivendo nella cattiveria e nell’invidia, odiosi e odiandoci a vicenda” (Tito 3:3). Questo è il genere di vita dalla quale la saggezza divina ci deve allontanare. “Ma quando la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli uomini sono stati manifestati, egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, mediante il bagno della rigenerazione e del rinnovamento dello Spirito Santo, che egli ha sparso abbondantemente su di noi per mezzo di Cristo Gesù, nostro Salvatore” (vv. 4-6). Il nostro cambiamento di relazioni con Dio ha prodotto un cambiamento nella vita quotidiana, come Paolo proseguì spiegando a Tito: “Voglio che tu insista con forza su queste cose, perché quelli che hanno creduto in Dio abbiano cura di dedicarsi a opere buone. Queste cose sono buone e utili agli uomini” (v. 8). Dopo che Davide gli ebbe risparmiato per due volte la vita, il geloso e ipocrita Saul confessò che aveva “agito da stolto e […] commesso un grande errore” nel cercare di togliere la vita a Davide (1 Samuele 26:21). Alcuni anni dopo, Davide, dopo essere lui stesso diventato re, decise orgogliosamente di fare il censimento del suo popolo. Ma “dopo che Davide ebbe fatto il censimento del popolo, provò rimorso nel suo cuore e disse al Signore: ‘Ho gravemente peccato in quel che ho fatto; ma ora, o Signore, perdona l’iniquità del tuo servo, perché ho agito con grande stoltezza” (2 Samuele 24:10). Come apprendiamo da Davide e da molti altri nelle Scritture i credenti non sono immuni dalla possibilità di volgersi alla stoltezza. La prima tendenza che conduce un credente alla stoltezza consiste nel non credere in Dio in modo completo. Crede in Dio per la salvezza ma non continua a credere in lui per ogni altra cosa. Gesù disse ai due discepoli scoraggiati sulla via per Emmaus: “O insensati e lenti di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno dette!” (Luca 24:25). Noi siamo stolti ogni qualvolta non accettiamo qualsivoglia parte della Parola di Dio e lo siamo nella misura in cui non l’accettiamo. Un credente fa lo stolto anche quando è disubbidiente. “O Galati insensati”, dice Paolo, “chi vi ha ammaliati, voi, davanti ai cui occhi Gesù Cri254
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sto è stato rappresentato crocifisso? […] Siete così insensati? Dopo aver cominciato con lo Spirito, volete ora raggiungere la perfezione con la carne?” (Galati 3:1, 3). Venendo meno nel mantenersi fermamente alla dottrina della salvezza per sola fede, i Galati furono ingannati dall’eresia che un gentile dovesse diventare giudeo in modo cerimoniale prima di poter essere cristiano. I credenti fanno anche gli stolti quando ripongono il loro cuore sulle cose sbagliate. Paolo disse a Timoteo, per esempio, che “quelli che vogliono arricchire cadono vittime di tentazioni, di inganni e di molti desideri insensati e funesti, che affondano gli uomini nella rovina e nella perdizione” (1 Timoteo 6:9). È tragico che così tanti cristiani agiscono stoltamente non prendendo Dio in parola in ogni cosa che dice, non ubbidendogli in ogni cosa che comanda e desiderando così tante cose contro le quali egli ci avverte. Non esiste alcuna scusa perché i cristiani vivano in maniera stolta quando la saggezza di Dio appartiene loro. “Se uno vuol fare la volontà di lui, conoscerà se questa dottrina è da Dio”, disse Gesù ai Giudei (Giovanni 7:17). Il cristiano che voglia conoscere chiaramente la verità di Dio non sarà mai in dubbio. Ha tutte le risorse di cui ha bisogno per essere “[saggio] nel bene e [incontaminato] dal male” (Romani 16:19). Molte persone nel mondo si dedicano in modo fanatico a un’ideologia, a una religione o a una moda. Il comunista devoto sacrifica ogni cosa per il partito. Chi è dedito a un culto darà tutti i suoi guadagni al suo guru. L’appassionato di culturismo non mancherà mai a un allenamento o sarà attento ad assumere una caloria in più. Mediante un’incredibile autodisciplina, gli uomini che cercano l’approvazione delle loro divinità hanno allenato se stessi a camminare su letti di carboni ardenti o a giacere su letti di chiodi come evidenza del loro impegno religioso. Alcuni anni fa incontrai una giovane donna convertita di recente che era un corridore fondista di livello nazionale. Per tenersi in forma correva per ventiquattro chilometri al giorno. Circa un mese più tardi, venne da me una mattina dopo il servizio di adorazione e mi chiese se mi ricordavo di lei. Aveva un aspetto familiare, ma era cambiata così tanto in quel breve periodo di tempo che non riuscii a riconoscerla. Mi disse chi era e spiegò che aveva contratto una malattia che i medici non erano ancora stati in grado di diagnosticare e che l’aveva ridotta a camminare con fatica. Invece di essere scoraggiata, comunque, disse che era determinata ad impiegare la disciplina che l’aveva resa una così valida atleta, per istruirsi nelle cose del Signore. Questo è il segno distintivo di un cristiano saggio.
I limitati privilegi del credente ricuperando il tempo perché i giorni sono malvagi. (5:16) È cosa comune non portare a termine quello che si inizia. A volte una 255
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sinfonia è incompiuta, un dipinto incompleto o un progetto lasciato a metà perché il musicista, il pittore o l’artigiano muore. Ma, di solito, il lavoro non viene completato perché ciò che muore è l’interesse della persona. I sogni non diventano mai realtà e le speranze non si concretizzano mai perché quelli che vi lavorano non vanno mai oltre i primi passi. Per molte persone, inclusi molti cristiani, la vita può essere rappresentata da una serie di sinfonie incompiute. Anche nelle occasioni familiari della vita cristiana di ogni giorno, quelli che sono veramente produttivi hanno imparato a padroneggiare l’uso delle ore e dei giorni della loro vita. Sia nella sfera artistica, sia degli affari, delle questioni personali o di quelle spirituali, nessuno può mutare un sogno in realtà o ottenere vantaggio dalle opportunità senza ricuperare il [suo] tempo. Paolo non usò chronos, il termine per il tempo cronologico, il tempo che scorre e che si misura in ore, minuti e secondi. Piuttosto usò kairos, che denota una stagione o epoca calcolata, riservata, prefissata. L’idea di un periodo fissato la si vede anche nell’uso dell’articolo determinativo del testo greco, che si riferisce al tempo, un concetto che si trova spesso nelle Scritture (cfr. Esodo 9:5; 1 Pietro 1:17). Dio ha posto dei confini alla nostra vita e la nostra opportunità di servizio esiste solo entro quei confini. È significativo che la Bibbia parli di tempi che sono accorciati, ma mai del fatto che vengano prolungati. Una persona può morire o perdere un’opportunità prima che scada il tempo di Dio, ma non ha ragione di aspettarsi che la sua vita o la sua opportunità continui dopo la conclusione del suo tempo prestabilito. Avendo legato in modo sovrano le nostre vite all’eternità, Dio conosce sia l’inizio sia la fine del nostro tempo sulla terra. Come credenti possiamo realizzare le nostre opportunità al suo servizio solo se sfruttiamo al meglio il tempo che ci ha dato. Un’antica statua greca rappresentava un uomo con ali ai suoi piedi, una larga chioma di capelli sulla parte anteriore della sua testa e senza capelli affatto nella parte posteriore. Sotto vi era una iscrizione: “Chi ti ha fatto? Lisippo mi ha fatto. Qual è il tuo nome? Il mio nome è Opportunità. Perché hai ali ai piedi? Perché io possa fuggire velocemente. Perché hai una grande ciocca di capelli sul davanti? Affinché gli uomini possano afferrarmi quando arrivo. E perché sei calvo di dietro? Perché quando me ne sto andando nessuno possa trattenermi”. Exagoraz� (ricuperare, trarre il meglio da) ha il significato basilare di comprare, specialmente di comprare o ricomprare un diritto da altri. Veniva impiegato quando si comprava uno schiavo allo scopo di liberarlo; dunque in questo versetto è contenuta l’idea di redenzione. Dobbiamo riscattare, comprare tutto il tempo che abbiamo e dedicarlo al Signore. Il verbo greco è alla voce media, indicando che dobbiamo comprare il tempo per noi stessi: per usarlo noi stessi, ma al servizio del Signore. Paolo ci supplica di ricuperare la maggior parte del nostro tempo immediatamente dopo che ci aveva supplicati di comportarci non da stolti, ma da saggi. Oltre alla disubbidienza volontaria alla Parola di Dio, la cosa più 256
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stolta che un cristiano possa fare è di perdere tempo e opportunità, sciupare la propria vita in banalità e in un servizio al Signore reso con cuore diviso. Shakespeare scrisse: C’è una marea nelle cose degli uomini Che, colta al flusso, mena alla fortuna; Negletta, tutto il viaggio della vita S’incaglia su fondali di miserie. (Giulio Cesare, 4.3.217)
Napoleone disse: “C’è nel cuore di ogni grande battaglia un periodo di dieci o quindici minuti che ne è il punto cruciale. Afferra quel periodo e vincerai la battaglia; perdilo e ne sarai sconfitto”. Quando camminiamo in maniera ubbidiente nella strada stretta del Vangelo, camminiamo attentamente ricuperando la maggior parte del nostro tempo. Afferriamo pienamente ogni opportunità di servire Dio, di riscattare il nostro tempo per usarlo alla sua gloria. Approfittiamo di ogni occasione per seguire la giustizia ed evitare il peccato. “Così dunque” dice Paolo “finché ne abbiamo l’opportunità, facciamo del bene a tutti; ma specialmente ai fratelli in fede” (Galati 6:10). Per sua buona ragione, Dio permette ad alcuni dei suoi figli di vivere e servirlo a lungo fino a età avanzata. Ad altri concede solo pochi anni o anche poche settimane. Ma nessuno di noi sa quanto breve o lungo sarà il tempo assegnatogli. Quando ero un ragazzo avevo un amico che, come me, pianificava di fare il pastore. Spesso mi parlava dei suoi progetti di finire la scuola superiore, andare all’università e al seminario ed entrare nel ministero pastorale. Ma alla fine della scuola superiore, il mio amico stava guidando la sua auto sportiva decapottabile in una strada in discesa e i freni si bloccarono di colpo, catapultandolo, attraverso il tettino di tela, fin sulla strada. Batté la testa contro il bordo del marciapiede e morì all’istante. Il grande riformatore del sedicesimo secolo Filippo Melantone tenne una registrazione di ogni momento perso e presentò il suo elenco come confessione a Dio alla conclusione di ciascun giorno. Fa poca meraviglia che Dio lo abbia grandemente usato. Molti testi biblici si ergono come segnali di avvertimento contro coloro che pensano che avranno sempre il tempo di fare quello che dovrebbero. Quando Noè e la sua famiglia entrarono nell’arca e chiusero la porta, l’opportunità per qualsiasi altra persona di salvarsi dal diluvio era scomparsa. Poiché il re Acab disubbidì a Dio risparmiando la vita del malvagio BenAdad, un profeta gli disse: “Così dice il Signore: Poiché ti sei lasciato sfuggire di mano l’uomo che io avevo votato allo sterminio, la tua vita pagherà per la sua, e il tuo popolo per il suo popolo” (1 Re 20:42). 257
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Le cinque vergini stolte che rimasero prive di olio per le loro lampade prima che venisse lo sposo, furono escluse dalla festa nuziale (Matteo 25:810). “Bisogna che io compia le opere di colui che mi ha mandato mentre è giorno”, dice Gesù, “la notte viene in cui nessuno può operare” (Giovanni 9:4). Agli increduli farisei disse: “Io me ne vado e voi mi cercherete e morirete nel vostro peccato; dove vado io, voi non potete venire” (Giovanni 8:21). Dopo secoli che Dio offriva la sua grazia a Israele, Gesù pronunciò il lamento: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali: e voi non avete voluto” (Matteo 23:37). Giuda, il più tragico esempio di occasione mancata, trascorse tre anni alla presenza del Figlio di Dio, come uno della più intima cerchia dei discepoli, tuttavia tradì il suo Signore e perse la sua anima per trenta denari d’argento. Pietro disse: “E se invocate come Padre colui che giudica senza favoritismi, secondo l’opera di ciascuno, comportatevi con timore durante il tempo del vostro soggiorno terreno” (1 Pietro 1:17). Nelle sue considerazioni di commiato agli anziani di Efeso e di Mileto, Paolo disse: “Non faccio nessun conto della mia vita, come se mi fosse preziosa, pur di condurre a termine con gioia, la mia corsa e il servizio affidatomi dal Signore Gesù” (Atti 20:24). Il corso della vita di Paolo fu stabilito da Dio e, all’interno di quel corso, egli avrebbe svolto il suo ministero con il massimo impegno, fino al suo ultimo respiro. Era determinato a correre con perseveranza la corsa che gli era posta davanti (vedi Ebrei 12:1). Alla fine della sua vita, poté quindi affermare: “Ho combattuto un buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede” (2 Timoteo 4:7). Davide ebbe una reale consapevolezza del tempo. Pregò: “Fino a quando, Signore, ti terrai nascosto? […] Ricordati quant’è breve la mia vita” (Salmi 89:46, 47). Nella sua afflizione, ansietà e pena si sentì sviato da ciò che avrebbe dovuto fare e abbandonato da Dio. Quindi chiese a Dio quanto a lungo sarebbe stato lasciato da parte. Sapeva che sarebbe vissuto solo quel tanto e che qualunque cosa potesse fare per il Signore avrebbe dovuto farla in quel frattempo. In un’altra occasione pregò: “O Signore, fammi conoscere la mia fine e quale sia la misura dei miei giorni. Fa’ ch’io sappia quanto sono fragile. Ecco, tu hai ridotto la mia esistenza alla lunghezza di qualche palmo, la mia durata è come nulla davanti a te” (Salmi 39:4-5). Paolo disse ai Corinzi che il tempo era stato abbreviato (1 Corinzi 7:29), e Giacomo ammonì: “E ora a voi che dite: ‘Oggi o domani andremo nella tale città, vi staremo un anno, trafficheremo guadagneremo; mentre non sapete quel che succederà domani! Che cos’è infatti la vostra vita? Siete un vapore che appare per un istante e poi svanisce” (Giacomo 4:13, 14). Kefa Sempangi (la cui storia è narrata nel libro: A Distant Grief, Regal Books) era un pastore ugandese in Africa e sfuggì con difficoltà con la sua famiglia alla brutale oppressione e al terrore nel suo paese d’origine. Si trasferirono a Philadelphia dove un gruppo di cristiani cominciò a prendersi cura di loro. Un giorno sua moglie disse: “Domani andrò a comprare alcuni 258
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vestiti per i ragazzi” e immediatamente lei e il marito scoppiarono a piangere. A causa del costante pericolo di morte in cui avevano così a lungo vissuto, quella fu la prima volta in molti anni in cui avessero anche solo osato pronunciare la parola domani. Le loro terrificanti esperienze li obbligarono a rendersi conto di ciò che è vero per ogni persona: non c’è alcuna garanzia che ci sia un domani. Il solo tempo che siamo sicuri di avere è il momento presente. Al fattore soddisfatto di sé che aveva piani grandiosi di costruire granai più grandi e migliori dove immagazzinare i suoi raccolti, il Signore disse: “Stolto, questa notte stessa l’anima tua ti sarà ridomandata” (Luca 12:20). Aveva appena vissuto il suo ultimo domani. L’esperienza di quella famiglia africana ci mostra anche in modo drammatico la verità che i giorni sono malvagi. Dobbiamo trarre il meglio dalle nostre opportunità, non solo perché i nostri giorni sono contati, ma anche perché il mondo ci fa opposizione di continuo e cerca di ostacolare la nostra opera per il Signore. Abbiamo poco tempo e molta opposizione. Poiché i giorni sono malvagi, le nostre opportunità di fare liberamente ciò che è giusto sono limitate. Quando abbiamo l’opportunità di compiere qualcosa per amore del suo nome e della sua gloria, dovremmo farlo con tutto ciò che abbiamo. Come dev’essere addolorato il cuore di Dio nel vedere i suoi figli ignorare o comportarsi in modo apatico nei riguardi delle tante opportunità che lui concede loro. Ogni momento di ogni giorno dovrebbe essere pieno di cose buone, cose giuste, cose che glorificano Dio. Con, i giorni sono malvagi, Paolo può aver avuto in mente in modo specifico lo stile di vivere corrotto e dissoluto che caratterizzava la città di Efeso. Lì i cristiani erano circondati dal paganesimo e tentati dall’eresia (cfr. 4:14). L’avidità, la disonestà e l’immoralità erano uno stile di vivere a Efeso, un modo in cui la maggioranza dei credenti erano stati un tempo implicati e a cui erano tentati di ritornare (4:19-32; 5:3-8). Meno di un centinaio di anni dopo che Paolo scrisse l’Epistola agli Efesini, Roma perseguitò i cristiani con crescente intensità e crudeltà. I credenti venivano bruciati vivi, gettati in pasto a bestie selvagge e torturati in innumerevoli altri modi. Per la chiesa di Efeso i tempi malvagi stavano per diventare sempre più malvagi. Diversi decenni dopo che Paolo scrisse questa epistola, il Signore lodò la chiesa di Efeso per le sue buone opere, la perseveranza e le resistenza contro il falso insegnamento. “Ma ho questo contro di te”, continuò, “che hai abbandonato il tuo primo amore” (Apocalisse 2:2, 4). Poiché la chiesa continuò a languire quanto alla propria devozione verso il Signore, il suo candelabro fu rimosso, come egli aveva ammonito che avrebbe fatto qualora i credenti avessero mancato di ravvedersi e di compiere “le opere di prima” (v. 5). In qualche momento nel corso del secondo secolo la chiesa di Efeso scomparve e non c’è più stata là una congregazione da allora. Poiché la chiesa di Efeso non prestò ascolto all’avvertimento di Paolo e alla medesima precisa ammonizione del Signore, cessò 259
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di esistere. Invece di essere di aiuto per riscattare i giorni malvagi in cui viveva, la chiesa cadde vittima di essi. Se un senso di urgenza fu necessario ai giorni degli apostoli, quanto più è necessario oggi, quando siamo così tanto più vicini al ritorno del Signore e alla fine dell’opportunità (cfr. Romani 13:11-14)? Quando il pastore Kefa Sempangi, ricordato sopra, cominciò a svolgere il ministero nella sua chiesa in Uganda, la crescita era poca, ma stabile. Quando accadde che Idi Amin assunse il comando militare e politico il popolo si attendeva che le condizioni del paese migliorassero. Ma presto amici e vicini, specialmente quelli che erano cristiani, cominciarono a scomparire. Un giorno il pastore Sempangi si recò in visita da una famiglia e vi trovò il loro figlio piccolo che stava impalato sulla porta con uno sguardo allucinato, con le braccia stese in alto e irrigidite. Scoprirono che era rimasto in quello stato paralizzato dallo shock per giorni, dopo essere stato obbligato a guardare l’inesprimibile assassinio brutale e smembramento di ogni altro membro della sua famiglia. Trovandosi di fronte ad un pericolo totalmente inatteso e orribile, la chiesa del pastore Sempangi realizzò immediatamente che la vita che avevano fino ad allora conosciuta era giunta alla fine, che la stessa esistenza del popolo e dell’opera del Signore nella loro nazione era minacciata di estinzione. Cominciarono veglie di preghiera ininterrotte, facendo turni per lunghe ore. Quando non stavano pregando recavano testimonianza ai loro vicini e amici, esortandoli a ricevere Cristo e essere salvati. La chiesa sussiste ancora oggi e non si è estinta. Sotto molti aspetti è più forte che mai. Il suo candelabro è ancora fermamente al suo posto e risplende luminoso al Signore, poiché il suo popolo ha fatto il miglior uso del tempo, non è stato vinto dai giorni malvagi in cui viveva e non hanno lasciato il loro primo amore. È costato caro a molti di loro, ma essi dimostrarono che il sangue dei martiri è il seme della chiesa.
I propositi del Signore Perciò non agite con leggerezza, ma cercate di ben capire quale sia la volontà del Signore. (5:17) Non agite con leggerezza ripete e sottolinea la precedente richiesta di Paolo affinché i credenti non siano stolti, e cercate di ben capire quale sia la volontà del Signore rafforza e rende più esplicita la sua esortazione a camminare da saggi (v. 15). Alla luce dell’urgenza di trarre il massimo dal nostro tempo, non essere stolti include, tra le altre cose, di non diventare ansiosi e di non lasciarsi prendere dal panico. Quando volgiamo lo sguardo intorno e guardiamo al male diffuso e ai bisogni senza fine di evangelizzazione e di servizio agli altri nel nome di Cristo, è facile sentirci sopraffatti. Siamo tentati o di abbandona260
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re e ritirarci o di diventare iperattivi, perdendo di precisione, di fermezza e di efficacia mediante un’attività di frenesia superficiale. Il senso appropriato dell’urgenza, comunque, conduce il credente saggio a voler più che mai ben capire quale sia la volontà del Signore, poiché sa che solo nella volontà e con il potere del Signore può essere realizzato quello che è buono e durevole. Non sarà stolto correndo freneticamente in ogni direzione tentando di vedere in quanti programmi o progetti si possa impegnare. Tale attività diventa facilmente futile e porta a consumarsi e scoraggiarsi, perché è un’operazione condotta con il potere della carne anche quando è ben intenzionata. Tentare di correre davanti a Dio ci fa solo retrocedere nella sua opera. Il lavoro di molte chiese sarebbe assai rafforzato se il numero dei suoi programmi e delle sue attività superflui fosse tagliato e se la volontà del Signore fosse ricercata più attentamente e se i principi della sua Parola fossero applicati con maggiore fedeltà. Quando le nostre priorità sono le priorità di Dio, egli è libero di operare in noi e attraverso di noi per realizzare grandi cose; ma quando le nostre priorità non sono le sue può fare ben poco con noi perché di noi ha poco. Il credente irresponsabile che si comporta in maniera stolta tenta di operare indipendentemente dalla volontà di Dio e diviene inevitabilmente debole, demotivato e inefficace, sia nella sua vita personale sia nella sua opera per Dio. La sola cura per tale stoltezza è di cercare e seguire la volontà del Signore. La volontà basilare di Dio si trova, ovviamente nelle Scritture. Qui troviamo le sue perfette e sufficienti linee guida per conoscere e fare ciò che gli piace. Ma la volontà di cui Paolo sembra parlare qui, è la specifica guida per i singoli credenti. Sebbene i suoi piani e le sue direttive per ciascun credente non si trovano nelle Scritture, tuttavia vi distinguiamo i principi generali per comprenderle. Dio non promette di mostrarci la sua volontà attraverso visioni, strane coincidenze o miracoli. Né gioca con noi un gioco di indovinelli, per vedere se possiamo in qualche modo imbatterci per caso sulla sua volontà come un ragazzino che trova un uovo durante la caccia all’uovo di primavera. Il più profondo desiderio di Dio per tutti i suoi figli è che essi conoscano e ubbidiscano alla sua volontà ed egli ci fornisce ogni aiuto possibile sia per conoscerla che per ubbidire a essa. La volontà di Dio per la nostra vita è prima di tutto che gli apparteniamo mediante Gesù Cristo. La sua prima e principale volontà per ogni persona è che sia salvata e introdotta nella famiglia e nel regno di Dio (1 Timoteo 2:3-4). È anche volere di Dio che siamo ripieni di Spirito. Come Paolo continuò a insegnare nel verso seguente, non dobbiamo ubriacarci “il vino porta alla dissolutezza. Ma siate ricolmi di Spirito” (Efesini 5:18). Noi facciamo esperienza della volontà di Dio se siamo santificati. “Perché questa è la volontà di Dio: che vi santifichiate” (1 Tessalonicesi 4:3), disse Paolo. E godiamo della sua volontà mediante l’opportuna sottomis261
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sione ad altri uomini. “Siate sottomessi, per amor del Signore, a ogni umana istituzione: al re, come al sovrano; ai governatori, come mandati da lui per punire i malfattori e per dar lode a quelli che fanno il bene. Perché questa è la volontà di Dio: che, facendo il bene, turiate la bocca all’ignoranza degli uomini stolti” (1 Pietro 2:13-15). Allo stesso modo dobbiamo essere sottoposti ai conduttori della chiesa: “Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a loro, perché essi vegliano per le vostre anime come chi deve renderne conto” (Ebrei 13:17). La volontà di Dio può includere sofferenza. “Se soffrite perché avete agito bene e lo sopportate pazientemente, questa è una grazia davanti a Dio” (1 Pietro 2:20; cfr. 3:17; 5:10). La volontà di Dio ha il suo culmine nel credente che rende grazie per qualsivoglia cosa. “In ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1 Tessalonicesi 5:18). Quando una persona è salvata, santificata, sottomessa, sofferente e grata, è già nella volontà di Dio. “Trova la tua gioia nel Signore, ed egli appagherà i desideri del tuo cuore” (Salmi 37:4), ci dice Davide. In altre parole, quando noi siamo quello che Dio vuole, lui ci controlla e la nostra volontà è unita con la sua, e quindi ci dona i desideri che ha impiantato nei nostri cuori. Gesù è il nostro supremo esempio per adempiere i comandi di Efesini 5:15-17. Egli ha sempre agito in accordo con i principi divini stabiliti da suo Padre: “In verità, in verità vi dico che il Figlio non può da sé stesso far cosa alcuna, se non la vede fare dal Padre; perché le cose che il Padre fa, anche il Figlio le fa ugualmente” (Giovanni 5:19; cfr. v. 30). Secondo, Gesù sapeva che il tempo del suo ministero terreno era breve e sarebbe stato presto interrotto, come si può notare dalle sue frequenti dichiarazioni del tipo: “Il mio tempo non è ancora giunto” e “È giunto il mio tempo”. Egli agì sempre in accordo alla sua disponibilità di tempo e di opportunità usando ogni momento della sua vita nell’opera di suo Padre. Terzo, Gesù ha sempre operato in armonia con i propositi di suo Padre. “Il mio cibo è far la volontà di colui che mi ha mandato, e compiere l’opera sua” (Giovanni 4:34). “Poiché dunque Cristo ha sofferto nella carne”, disse Pietro, “anche voi armatevi dello stesso pensiero, che, cioè, colui che ha sofferto nella carne rinuncia al peccato, per consacrare il tempo che gli resta da vivere nella carne, non più alle passioni degli uomini, ma alla volontà di Dio” (1 Pietro 4:1-2). Le parole di Davide ben riassumono la giusta risposta a questo insegnamento: “Canterò la bontà e la giustizia a te, o Signore, salmeggerò. Avrò cura di camminare nell’integrità” (Salmi 101:1-2).
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Indici
Indice delle parole ebraiche /aramaiche Abbà (aram.), 28 n�zìr, 274 sab, 173 sh�lôm, 15 sh�k�r, 274
teshûqâ, 323 tîr�sh, 270 yayin, 270, 272, 274 zaqen, 173
Indice delle parole greche ad�, 297 agap�, 28, 134, 153, 229, 230, 242 agathos, 219 agath�sun�, 242 agora, 32 agoraz�, 32 akatharsia, 233 akratesteron, 271 akrib�s, 253 al�theia, 396 al�theu�, 188 am�mos, 27 ananeo�, 209 an�c�, 324 aphi�mi, 32, 37 apo, 100
apokatallass�, 100 apostoloi, 168 apostolos, 13, 168 apotith�mi, 215 arch�, 67 arch�n, 75 arrab�n, 53 aselgeia, 202 as�tia, 277 astorgos, 334 asunetos, 112 atheos, 95 autos, 97 autou, 114 aux�sis, 191 axios, 143
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EFESINI blasph�mia, 223 charis, 14, 161 charismata, 161–162 charito�, 34 chr�stos, 242 chronos, 256 de�sis, 427 dia, 167 diakonos, 116 dianoia, 76 didaskaloi, 171 dikaio�, 32 dikaios, 356 d�rea, 162 dokimaz�, 243 domata, 165 douloi, 367 dunamis, 65, 67 echthra, 100 eir�n�, 15 ekleg�, 24 ekl�r�th�men, 46 elench�, 244 en, 76 en autoi, 206 endu�, 383 energeia, 65 energe�, 48 enkrateia, 233 epign�sis, 186 episkope�, 171 episkopos, 171–172, 176 epithumia, 76 ergasia, 203 ergon, 328 er�s, 153 ethnos, 195 euangelion, 170 euangelist�s, 170 euangeliz�, 101, 166, 170 euangelizomai, 170 euloge�, 19 eutrapelia, 234 exagoraz�, 32, 256 exousia, 67
helku�, 23 hetoimasia, 402 hikano�, 61 hina, 119, 131 hist�mi, 383 hosiot�s, 210 huiothesia, 32 hupakou�, 323, 356 hupotass�, 317, 322, 325, 327 ischus, 65 kai, 15, 171 kainos, 99, 210 kairos, 256 kakia, 223 kalos, 242 kardia, 63 kata, 100, 131 katallass�, 32 katarge�, 100 katartismos, 180 katartiz�, 181 katoike�, 131 katoik�t�rion, 105 k�russ�, 166 klept�, 218 kl�sis, 144 kosmos, 74 kratos, 65 kraug�, 223 kubia, 187 kuriot�s, 67 l�le�, 296 leg�, 234 logos, 420 lutro�, 32 makrothumia, 151 mantan�, 204 mataiot�s, 198 methodia, 187, 383 mim�t�s, 226 moros, 234 m�rologia, 234 must�ria, 9
gleukos, 270
n�pios, 187 nouthesia, 364
hamartia, 72 h�, 161 hekastos, 160
oike�, 131 oikodom�, 184 oikonomia, 111, 119
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Indici oikos, 327 oikourgos, 327 oinos, 270–272, 275 org�, 223 orgiz�, 217 paideia, 364 pais, 364 pal�, 386 panourgia, 187 parakale�, 142, 176 parapt�ma, 72 paroinos, 272, 275 parorgismos, 216 pat�res, 361 philia, 153, 230 phron�sis, 40 phulass�, 416 pikria, 223 pistis, 80 pl�n, 349 pl�r�ma, 68 pl�ro�, 137, 284, 286 pleonexia, 203 plousios, 77 pneuma, 62 pneumatik�n, 162 pneumatikos, 20 poi�ma, 83 poimain�, 171 poim�n, 170–172 polutel�s, 326 pon�ros, 408 porneia, 233, 313
p�r�sis, 200 praot�s, 149–150 presbuteros, 171, 173–175 proeuangelizomai, 170 proist�mi, 176 prosag�g�, 102 prosechontas, 276 proseuch�, 427 proskartere�, 429 proskolla�, 346 psall�, 298 rh�ma, 420, 421 rhomphaia, 408, 420 sapros, 220 sarx, 76 sikera, 270, 275 sophia, 40 splanchnon, 63 spoudaz�, 153 sunarmologe�, 105 sunesis, 112 sunkoin�ne�, 243 tapeinophrosun�, 145 tekna, 355 teleios, 187 t�r�o, 416 thel�ma, 76 thumos, 223 thureos, 406, 407 tima�, 356 tou pneumatos, 417 touto, 80
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EFESINI
Indice analitico degli argomenti Abnegazione, 61 Acab, 52 Adulterio, 346–347 Affermazione di sé, 18 Alcool, bevande a base di, 263–280 Alessandro Magno, 226 Altruismo, 132, 160–161, 234 Aman, 52 Amin, Idi, 260 Amore camminare nell’—, 225–236 e fede, equilibrio tra, 58 mondano, 232, 340, 344 perdita del primo, 377, 381 romantico, 232 sacrificare se stessi, 339, 342, 349 Angeli, 119–121 Anticristo, 366 Antinomia, 24–25. Vedere anche Paradosso Anziani, 171–177 Aristotele, 153, 300 Armstrong, Louis, 134 Arrendersi, 411 Arroganza spirituale, 202, 233, 425 Artemide, tempio di, 196 Ascetismo, 61 Ateo, 249 Auden, Leroy, 200 Augusto, 368 Autocompiacimento, 18, 189, 232, 259, 394, 425–426 Autocondanna dei credenti, 37 Autocontrollo, 149, 151, 233, 317, 412 Autodeterminazione, 299 Autogiustificazione, 216–218 Autogratificazione, 233 Autoindulgenza, 394 Automiglioramento, 18 Autorità apostolica, 13 Autosufficiente, 250 Baalbeck, 268 Bach, Johann Sebastian, 301 Barclay, William, 368 Barker, H. P., 421 Battesimo in acqua, 156–157 Bernardo di Chiaravalle, 148 Bevande alcoliche, 263–280 Blavatsky, Madame Elena Petrovna, 318 Bliss, Philip, 39 Bonaparte, Napoleone, 257 Bonar, Horatius, 247
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Bontà umana, 73–74 Bunyan, John, 189, 253, 301, 424 Caduta nel peccato, 27, 32, 70, 214, 269, 323, 335, 352 Cammino del cristiano, il, 139–157, 237–262 Carnalità, 285–286, 416 Carne, 281–291 Catone, Marcio, 336, 367 Certezza della salvezza, 413 Chadwick, John, 26 Chapman, J. Wilbur, 136 Chiamata al ministero, 116–117 Chiesa corpo di Cristo, 11–12, 179–191 crescita della, 179 divisioni nella, 393 doni di Cristo alla, 159–177 dottrina della, 8 edificare la, 179–191 mistero della, 8, 107–122 rinnovamento della, 141 unità della, 85–106 Chiesa internazionale del Vangelo quadrangolare, 318 Christian Science, 318 Cinismo, 206 Circostanze, 110, 301 Cittadinanza dei credenti, 21 Combattimento spirituale, 375–422 Compiacenza spirituale, 389 Comportamento criminale, 198 Conduzione di una chiesa, 182–183, 341 Confidare nelle proprie risorse, 251, 393–394 Conoscenza pratica, 250 Corpo di Cristo, 17–30. Vedere anche Chiesa: corpo di Cristo Corpo, temporaneità del, 44 Coscienza, 280, 369, 389, 398 Crisostomo, Giovanni, 347 Cristo. Vedere Gesù Cristo Culti, 328, 388, 396 Cultura greca, 86 Datori di lavoro e lavoratori, 365–374. Vedere anche Relazioni di lavoro Delitzsch, Franz, 265–266 Demoni attività dei, 265, 267, 392, 396, 408, 414 categorie di, 386 influenza dei, 300 liberazione dai, 387
Indici Demonismo, 282 Demostene, 313 Diaconi, 275–276 Diana, tempio di, 196 Dio comunione con, 429 esaltazione di, 165 generosità di, 39 gloria di, 119 glorificare. Vedere Glorificare Dio piano di, 64 pienezza di, 123–138 preminenza di, 48 prospettiva di, 47, 110 sovranità di, 24–25 Dipendenza e ubbidienza, 411 Diritti, 317, 357, 359 Discernimento spirituale, 388 Disubbidienza, 239, 245, 285, 313, 323, 334, 384, 394 Divorzio, 313, 334, 346–347 Doni di Cristo alla chiesa, 159–177 Doni spirituali, 159–177 Dottrina cristiana, 140–141, 394 falsa, 379, 394, 396 Dovere, 140 Dubitare di Dio, 407, 413 Eadie, John, 71, 101, 209 Eareckson, Joni. Vedere Tada, Joni Eareckson Eddy, Mary Baker, 318 Edonismo, 75, 394 Egocentrismo, 314, 316, 416, 432 Egoismo, 58, 97, 312, 334–335, 338, 341, 344 Egualitarismo, 324 Elezione divina, tipi di, 23 Elliot, Charlotte, 424 Ellul, Jacques, 127 Emozioni, 63 Eredità dei credenti, 43–54 Eresia, 58, 60, 255, 259, 318 Esistenzialismo, 60 Esorcismo, 387 Esperienze estatiche, 267, 281, 288 Espiazione, 32 Espiazione, giorno dell’. Vedere Giorno dell’espiazione Falconer, Robert, 228 Falsi insegnanti, 60 Famiglia. Vedere Matrimonio Fede, come insieme delle dottrine, 185
Fede e amore, equilibrio tra, 58 Femminismo, 314, 326–327, 384 Fiducia di sé, 205 Figli crescita spirituale, 359 istruzione, 352 sottomissione dei, 355 una benedizione da Dio, 354 Vedere anche Matrimonio Fillmore, Charles, 318 Fillmore, Mary Caroline Page, 318 Filosofia, 60, 251 Frey, Johann Burchard, 423 Genitori, si sacrificano per i figli, 351–364 Gesù Cristo corpo di. Vedere Chiesa: corpo di Cristo doni di — alla chiesa, 159–177 maestà di, 67 opera completa di, 60 signoria di, 56, 70 sufficienza di, 60 unico Salvatore, 70 Gibbs, Philip, 86 Giorno dell’espiazione, 37 Giudaizzanti, eresia dei, 91 Giustificazione, 414 Giustizia buone opere, 74 imputata, 399–400 pratica, 399–400 Giustizia propria, 216–218, 228, 303, 399 Glorificare Dio, 25, 28–29, 41, 48, 72, 74, 80, 120, 124, 182, 259, 306–307, 372, 428–429 Glorificazione, 66, 415 Glueck, Sheldon e Eleanor, 361 Grazia parlare con, 220–221 presunte opere aggiuntive di, 65 Gross, Martin, 129 Guthrie, Thomas, 148, 417 Hansen, Howard, 300 Hearst, William Randolph, 59 Heine, Heinrich, 189 Hendriksen, William, 48, 304 Holmes, Wendell, 406 Idolatria, 325 Immaturità spirituale, 63 Immoralità sessuale, 312, 407 Incarnazione, 165–166 Indifferenza spirituale, 381, 385, 397 Insegnanti, falsi, 60
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EFESINI Interesse egoistico, 75 Intrattenimento religioso, 182, 296 Ipocrisia, 303, 381, 394 Ira giusta, 151 Israele, il piano di Dio per, 89 Istruzione, 198 Iuvenale, 368 Keil, Johann K. F., 266 Laodicea, chiesa di, 380–381 Lavoratori. Vedere Relazioni di lavoro Lavoro. Vedere Relazioni di lavoro Legalismo, 60, 399 Legge di Mosè, interpretazione giudaica, 271 Legge morale, 99 Leggi cerimoniali giudaiche, 91, 99 Liberalismo teologico, 60 Libertà umana, 239 Lingua, 220 Livingstone, David, 152 Lloyd-Jones, D. Martyn, 151, 422, 428, 432 Lowell, James Russell, 426 Luce, vivere nella, 237–247 Lutero, Martin, 128, 296, 389, 422 Malattie mentali, 202 Mansuetudine, 149–151 Mardocheo, 52 Mariti, 333–349. Vedere anche Matrimonio Materialismo, 75, 394 Maternità, dignità della, 317, 327–328, 330 Matrimonio, 161, 311–320, 364 Maurois, André, 40 McPherson, Aimée Semple, 318 Meier, Paul, 361 Melantone, Filippo, 257 Miconio, Federico, 128 Ministero, chiamata al, 116–117 Mishnah, 271, 326 Misogino, 317 Misteri del regno, 10 Misticismo, 60, 65 Mitologia pagana, 267 Mnesiteo, 271, 277 Mogli, 321–332. Vedere anche Matrimonio Mondanità, 379, 394, 416 Monsell, John, 397 Morire a se stessi, 97, 137, 307, 342. Vedere anche Vecchia natura Morris, Julian Ellis, 128 Morte spirituale, 70 Movimento di liberazione femminile. Vedere Femminismo
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Munger, Robert, 131 Musica rock, 299 Nabucodonosor, 52 Nazireato, voto di, 274 Neo-ortodossia, 60 Newton, John, 403 Nuova natura, 194, 213–215 Obbedienza. Vedere Ubbidienza Occulto, 299, 383, 388. Vedere anche Religioni Omero, 271 Omosessualità, 311, 325, 337, 384 Opere della carne, 281–291 Opportunità, 256 Orgoglio intellettuale, 198 spirituale, 89, 146–147, 307 Ortodossia priva di amore, 378 Packer, J. I., 25 Paganesimo, 91, 92, 95, 259, 267–268, 281–282, 379 Paradosso, 21, 25, 49, 253 Passione, 344 Passività spirituale, 412 Pastori, fatiche dei, 143 Paton, John, 406 Pazienza, 151–153 Peccato futilità del, 75 non confessato, 400 prigionia del, 32 purificazione dal, 343 realtà del, 37 tolleranza del, 379 Pellegrinaggio. Vedere Cammino del cristiano, il Perdono, 227 Pergamo, chiesa di, 378 Persecuzione, 258–259 Perversione sessuale, 75, 335 Pitt, William, 369 Plinio, 271 Plinio il vecchio, 367 Pollio, 368 Pornografia, 203, 313 Preghiera, 181–182, 423–434 audacia in, 127 postura in, 125 Preminenza di Dio, 48 Preparazione spirituale, 391–422 Presunzione spirituale, 387
Indici Promesse dell’uomo, 44 di Dio, 44, 407 Prospettiva divina, 47, 110 umana, 47 Prove spirituali, 182 Psicologia, 129 comportamentale, 36–37 Purezza sessuale, 337 Purificazione dal peccato, 343 Quaccheri, 411–422 Quietisti, 411–422 Ravvedimento, 205 Redentore-congiunto, 34 Redenzione. Vedere Sangue, redenzione mediante il — di Cristo Regno dei cieli, misteri del, 10 Relazioni di lavoro, 365–374 Religioni misteriche, 267 orientali, 267, 299 umane, 60 Resistenza spirituale, 389–390 Ricompensa dei credenti, 401 Riconciliazione, 77–78 Riforma, 296 Risorse dei credenti, 55–68 Rivelazione di sé nella Scrittura, 226 Rivoluzione Francese, 324 Robertson, F. W., 217 Rogers, Carl, 334 Roosevelt, Theodore, 373 Sacrifici di animali, 35–36 Sacrificio di sé, 58, 133, 230–231 Saggezza, camminare con, 249–262 Salvezza certezza della, 413 fine della, 79–80 segni di una genuina, 56 Samenow, Stanton, 197 Sangue, redenzione mediante il, 31–42 Santificazione, 261–262, 414 Sardi, chiesa di, 380 Satana, 46, 68, 74–75, 121, 127, 146, 165, 188, 200, 214, 225, 232, 253, 265, 268, 282–291, 300, 324, 334–338, 403, 407, 419–420, 424, 431 esistenza personale di, 383 figli di, 214, 239 nomi di, 384
resistere a, 388 Schiavitù, 367 Sciovinismo, 336 Scoraggiamento, 409, 413 Scrittura applicare la, 182, 422 autorità della, 321, 330, 393, 418–419, 422 di origine divina, 417–418 potenza della, 419 Seconda benedizione, 65–66 Sempangi, Kefa, 258–260 Seneca, 361 Sentimenti, 63 Sesso illecito, 75 Shakespeare, William, 38, 41, 257, 304 Sheol, 166–167 Signoria di Cristo. Vedere Gesù Cristo: signoria di Sistema del mondo presente, 95 Smith, Hannah Whithall, 411 Sofferenze, 182 Sofistica, 251 Spirito Santo arrendersi allo, 290 battesimo dello, 284 controllo dello, 286, 298 dimora dello, 283 ricolmi di, 281–309 Spiritualità, 341 Spurgeon, Charles, 183, 289 Stanley, H. M., 152 Stein, Robert, 271 Stone, Samuel, 417 Tada, Joni Eareckson, 306 Talmud, 271 Tempio di Gerusalemme, 96, 98, 295 Tentazione, 407 Teologico-filosofici, sistemi, 60 Teosofia, 318 Testimonianza, compromettere la, 278–279 Tiatiri, chiesa di, 379 Tyndale, William, 422 Ubbidienza, 142–145, 150, 180–191, 205, 211, 239–245, 282–288, 326–328, 331, 347, 378, 383, 389, 397, 399, 406, 411–413, 428 cristiana, 133, 140 Ubriacarsi, 263–280 Umanesimo, 75, 324, 334, 353–354, 381, 387 Umiltà, 145–149 Unity School of Christianity, 318 Uomo decaduto, natura peccaminosa, 70–71, 76
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EFESINI Uomo nuovo, 194, 213–215, 215 Uomo vecchio, 194, 214, 224, 290 Vantarsi, 294, 325 Vecchia natura, 194 Vendetta, 150, 227 Vescovi, 171–172, 175–176 Vino, antichi tipi di, 270–272 Virtù dei Greci, 153 Visioni, 60 Volontà dell’uomo, 24 Voto di nazireato, 274
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Weldon, John, 388 Wesley. Charles, 364 Wesley, John, 145, 364, 369, 418 Wesley, Susannah, 364 Whitefield, George, 369 Wiersbe, Warren, 59 Wilberforce, William, 369 Yochelson, Samuel, 197 Yom Kippur, 37