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nº. 3 del 2016 - Anno 29

direttore Ugo Canonici

Direct Marketing 1u Marketing Comunicazione d’impresa DM & Comunicazione Organo d’informazione del Club C3

&

Marketing

Aggiornarsi... necesse Comunicazione

Le città si promuovono con l’arte

Comunicazione Contrordine compagni

Comunicazione

Spot e sport alle Olimpiadi




Divisione Servizi di Cleis s.r.l. Via L. Spallanzani 10 - 20129 Milano Tel. +39 02 7422.2238 Fax +39 02 7422.2243 aldo.provasi@cleis.it - www.feelgoodsecurity.it

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Le uscite di dm&c

Sommario

• n.1 marzo • n.2 giugno • n.3 settembre • n.4 dicembre

Anno 29 - no 3 del 2016

EDITORIALE 6 Basta! di Ugo Canonici

COMUNICAZIONE 8 18 22 24

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Spot e sport di Elena Muoio Come mixare storia, tradizione e futuro di Maurizio Quarta Contrordine compagni di Pier Giorgio Cozzi Le città si promuovono con l’arte di Grazia De Benedetti

CREATIVITÀ & INNOVAZIONE 14 (R)innovo culturale di Ambra Baronio

MARKETING 11 Aggiornarsi ... necesse di Ugo Perugini 16 Benefit Corporation di Bruno Calchera 30 Una questione di organizzazione di Giulia Doriguzzi

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COMUNICAZIONE CON I CANi 26 Silenzio! di Davide Canonici

RUBRICHE 28 Club dell’Osso

26 I temi trattati

Direct Marketing una strategia di marketing che utilizza la comunicazione, con strumenti interattivi, verso un pubblico mirato per ottenere risposte misurabili

Marketing tutte le attività che vengono svolte per giungere alla vendita dei prodotti/servizi offerti (dalla ricerca, alle indagini di mercato, alla post vendita)

Comunicazione d’Impresa utilizza in modo integrato gli strumenti della comunicazione per far conoscere al mercato l’offerta e determinarne il posizionamento

I partner di questo numero: • Cleis • Excelsior Palace Hotel • Feel Good Security

• Bubba Music • CSR Oggi • ABuzz Supreme . Slottery Las Vegas

• Spettacoli originali • World Humor Award • dmcmagazine


Editoriale

Basta! Ugo Canonici ugo_canonici@cleis.it

Una grande inalazione di ossigeno. I polmoni pieni a scoppiare e poi urlare con tutte le forze : BASTA! Lo so. Forse non seve a niente. Ma come la maggior parte del mondo anche io non ne posso più di come sta evolvendo (sic!) la nostra vita. Non cito neanche i nomi e le circostanze che, in modo terribile, hanno caratterizzato questi ultimi anni. Hanno parlato di globalizzazione, di esplosione della tecnologia, di rabbie represse e di ansia di vendette. Ma anche di “scontro di culture” (credo che sareb-

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be meglio dire “scontro di ignoranze”). Tutte cose che hanno certamente un loro peso ma che dovrebbero essere prese tutte insieme e rispettate, conservando solo la parte positiva. Un bel sogno? Si, certo. Però proviamo tutti insieme, quelli che concordano, a dire BASTA. Chissà ? Ma ho con me un secondo BASTA, forse più a portata di mano: è rivolto a tutti coloro che fanno comunicazione. Si, lo so, non è colpa dei media se tutto quello che succede sta succedendo.


E non voglio, proprio io amante della comunicazione, trovare un facile capro espiatorio. Però, riflettiamoci un momento. E mi rivolgo, a mo’ di esempio, ai direttori dei giornali, di reti televisive, di palinsesti vari. Persone che per lo più sono degnissime, professionalmente preparati e adeguati a fare un lavoro di eccellenza. Vorrei dire loro: non facciamoci prendere la mano. E’ vero che la notizia vuole “il mostro in prima pagina”. Ma mi sembra che oggi si esca molto dalla prima pagina e si invada tutto il resto. Si badi bene: non sto dicendo che le notizie non vanno date ma “est modus in rebus”. Non sostengo che “tutto è bello madama la marchesa” ma che c’è anche il bello. Che dovrebbe avere il suo giusto ed equilibrato spazio. Qualcuno mi spieghi quale è il contributo ai fatti l’intervista realizzata al genitore che ha visto morire tra atrocità la sua famiglia, che esordisce con “cosa ha provato?”. Ma brutto idiota di un idiota... E tutti quelli che “catturano” un caso, diventano inquirenti e detective e scrivono e raccontano, raccontano e scrivono. Tutto questo con una ben piccola valenza positiva (nella maggior parte dei

casi), ma con l’intento di dare in pasto all’ingordo lettore l’alimento delle sue frustrazioni. E vero. Si può usare il telecomando o girare la pagina. Ma se di qui sfuggi, le cose turpi te le ritrovi nei giochini dei computer/tablet/telefonini e così via cantando. E’ passatempo o diventa scuola? E le menti già predisposte non ne vengono in qualche modo addestrate? Non sono uno psicologo né un esperto del settore. Ma, come comunicatore, sono convinto che qui qualche cosa si può fare. Tutti noi. Noi direttori, noi lettori, noi fruitori del messaggio. Dai, riempiamo tutti di aria i nostri polmoni e urliamo,tutti insieme ( e poi comportiamoci di conseguenza), BASTA !

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Comunicazione Elena Muoio

Tv, internet, social sono pieni di spot che fanno, ridere, commuovere, emozionare. Alcune aziende hanno lasciato la firma a queste Olimpiadi di Rio

Flashback, racconti e discorsi

Spot e sport

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Tv, internet, social sono pieni di spot che fanno, ridere, commuovere, emozionare. Samsung e P&G hanno lasciato la firma a queste Olimpiadi di Rio 2016, con un racconto, affrontare gli ostacoli più difficili con la voglia di riuscire ad emergere. Dalla nascita in Grecia nel 776 a.C ad oggi le Olimpiadi hanno fatto un bel po’ di strada. Oltre alle gare, le Olimpiadi rappresentano, anche se ogni quattro anni, un momento d’incontro e di unione tra i popoli. Le Olimpiadi di Rio de Janeiro si sono concluse in un turbinio di colori, musica tipica del posto e la famosa bandiera a cinque cerchi consegnata, dal Brasile, al Giappone, che ospiterà le prossime Olimpiadi del 2020 a Tokyo. Queste di Rio si sono caratterizzate per diversi avvenimenti quali il selfie tra le due atlete della Corea del Nord e del Sud o l’atleta che durante la gara si è fermata per aiutare un’altra collega caduta. Sono queste le immagini che resteranno nella mente delle persone e poi gli immancabili spot.

Le voci di una nazione Diverse aziende hanno partecipato, versando un miliardo per essere presenti, chi per mostrare i propri prodotti e chi per marcare dei valori. Samsung, la nota azienda sudcoreana, era presente a Rio, partner a livello mondiale nella categoria Wireless Communication Equipment, ma non solo, ci ha abbracciati con un “canto”. “The Chant” è una produzione ideata da Leo Burnett Chicago, un nuovo spot, firmato Samsung, della durata di un minuto. Invita a superare ogni ostacolo, con dedizione, voglia di farcela, nonostante i mille problemi che la vita può far incontrare sul cammino di ognuno. Un racconto che ha come protagonista l’atleta Sudanese, Margret Rumat Hassan (400 metri piani), che ha rappresentato il proprio Paese ai Giochi Olimpici. Lo spot è andato in onda da domenica 24 luglio. La nota azienda sudcoreana non ha voluto solo sottolineare le prestazio-


ni dell’atleta ma la partecipazione per la prima volta del Sud Sudan ai giochi olimpici, dopo l’indipendenza ottenuta nel 2011 dal Sudan. Uno spot Lo spot inizia con una visione notturna dall’alto della città e in lontananza si vede lo stadio. Subito dopo compare la protagonista che si trova nello spogliatoio, indossa gli auricolari Wireless Samsung Gear IconX e posiziona nello zaino il suo Galaxy S7 Edge. Mentre si dirige verso lo stadio, osserviamo e sentiamo una ragazza che balla e canta il nome di Margret e man mano che la notizia della sua partecipazione a Rio si diffonde le voci aumentano e un’intera nazione si unisce al coro per incoraggiarla. Entrata nello stadio, toglie gli auricolari, il canto svanisce, viene pronunciato il suo nome, l’atleta entra e resta concentrata. Lo spot si chiude con un bel messaggio di ispirazione: “Proud sponsor of those who defy barriers – Sponsor fiero di coloro che sfidano e superano qualsiasi tipo di barriere”. Ci mettono lo zampino Questo spot è il prosieguo del filmato che la Samsung ha lanciato a inizio anno, dal titolo “A Fighting Chance” diretto dal premio Oscar

Morgan Neville. In oltre 30 minuti di video non vi è traccia di un prodotto Samsung. La storia di persone poco note, poco conosciute, che hanno deciso di lasciare un nome, un segno nella storia del proprio Paese. Quattro atleti che hanno sfidato le barriere per raggiungere i propri sogni, per arrivare a quel traguardo tanto desiderato. Partecipare ai giochi olimpici è un’emozione incontenibile, ma per chi proveniene da Paesi con particolari situazioni politiche ed economiche vuol dire aver superato quei limiti, vuol dire aver spinto oltre. Altre “firme” importanti Altre aziende che hanno “firmato” le Olimpiadi di Rio sono diverse e molto note a livello mondiale. Una di queste è Coca-Cola, sempre presente a tutti questi grandi eventi, un colosso di azienda che riesce a creare spot e campagne più uniche che rare. “Thats gold” è il nome della campagna, un altro tassello che si aggiunge alla campagna di inizio anno “Taste the feeling”. Coinvolge campioni olimpici, con la bottiglia di Coca Cola in mano. Altra nota azienda è Gillette con “Perfect isn’t pretty” uno spot di 3’09 che racconta la vita degli atleti, che, nonostante le dure lotte e sacrifici

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Comunicazione

compiuti, alla fine hanno raggiunto la perfezione. Nike si presenta a Rio con “Unlimited Future”, un discorso fatto dall’attore Bobby Cannavale a dei bambini ancora nella culla ma che saranno i campioni del domani. Il discorso “informa” i bambini, per così dire, che la vita non sarà facile, tante scelte non dipenderanno da loro ma saranno loro a decidere come finirà. A conclusione del discorso un bambino si alza in piedi da solo tirando fuori un bel “Yes” dall’attore. L’emittente britannica BBC propone uno spot che sottolinea la forza degli atleti paragonata a quella degli animali. Questi si trasformano in umani dopo la corsa o le parallele e osservano la città dall’alto. The winner is...

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Ma sul gradino più alto del podio è salita P&G, un colosso mondiale, una multinazionale americana multibrand. Lo spot dal titolo “Thank you Mom”, è tra i più commoventi. Come dice il titolo si ringrazia la mamma sempre presente al fianco dei propri figli, soprattutto nei momenti più difficili. Una serie di flashback in cui gli atleti

rivivono la loro infanzia, determinati momenti difficili, ma con la propria m a d r e pronta a stimolarli e ad andare oltre, fino ad arrivare alle Olimpiadi. Il video, della durata di due minuti, si apre con un’ immagine d’impatto, una bambina di spalle che guarda davanti a sé un uragano che avanza e sua madre le salva la vita portandola nel rifugio vicino casa. Subito dopo si passa su un campo da beach volley e l’atleta inquadrata rivive, nel momento di forte concentrazione, un episodio della sua infanzia, un incidente automobilistico insieme a sua madre. Altro flash è di un bambino con la sua mamma in ascensore. All’improvviso si ferma e la luce inizia a ticchettare, l’atleta rivive con intensità quel momento poco prima di salire sul trampolino di lancio della piscina. Una turbolenza fa spaventare un bambino in aereo o le urla del maestro di nuoto che demoralizzano il ragazzo ma la madre al telefono lo incoraggia. Fino a passare ai successi olimpici e tra gli applausi gli atleti vanno ad abbracciare le loro mamme tra la folla sempre e ovunque presenti. E se qualcuna si trova dall’altra parte del mondo con un semplice gesto, rivolto alle telecamere, si condivide quel momento. Queste note aziende non hanno creato dei semplici spot ma dei capolavori di comunicazione.


Marketing Ugo Perugini

La responsabilità di un manager nel programmare corretti interventi formativi diventa strategica per lo sviluppo della sua azienda In un periodo in cui le innovazioni sono continue

Aggiornarsi... necesse - L’aggiornamento professionale dei collaboratori è inutile? Se ne può fare a meno? No. E’ la risposta secca a queste domande retoriche. Eppure, siamo i primi a riconoscere che ancora oggi certe azioni formative nei confronti dei collaboratori sono puramente di facciata. Si fanno perché bisogna farle. Per buttare un po’ di fumo negli occhi. Per avere qualche incentivo dalle istituzioni. Ma, alla fine, non sono molto utili a nessuno. Servono soprattutto a far stare tranquilla la coscienza di certi manager in modo che non possano essere accusati di insensibilità di fronte alla necessità di procedere al costante aggiornamento professionale delle proprie risorse umane. Cosa non funziona? Ma se questo succede significa che qualcosa in azienda non funziona. Significa che i responsabili delle HR stanno sbagliando di grosso.

1. Non sono in grado di riconoscere le reali esigenze di aggiornamento professionale dei propri collaboratori. E, di conseguenza, non conoscono il know how di cui la loro azienda ha effettivamente bisogno. Perdono tempo e ne fanno perdere. Senza alcuna utilità. 2. Quel che è peggio, instillano nei collaboratori l’idea che l’aggiornamento professionale non sia realmente utile, spingendoli verso una visione di routine del loro lavoro, ignorando completamente le forti e quotidiane spinte al cambiamento che coinvolgono le aziende che vogliono restare al passo con i tempi. Poca partecipazione Poi, capita che quando ci si rende finalmente conto che bisogna fare formazione, quella vera, per sopravvivere alla lotta sempre più spietata del mercato, ci si scontra con atteggiamenti scarsamente partecipativi da parte dei collaboratori. Qualche manager se ne esce allora con frasi del genere: “I miei dipendenti non vogliono fare formazione.

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Marketing

Vengono in azienda per lavorare, fare quello che gli si chiede e tornarsene a casa tranquilli. Non posso imporre un’azione formativa se la rifiutano a priori.” A questo punto, sarebbe necessario sottoporre ai collaboratori reticenti un questionario del genere, da sottoscrivere: 1. Non ci saranno cambiamenti tecnologici da qui a due /tre anni 2. Non muteranno i processi di lavoro nei prossimi uno/due anni. 3. Le esigenze dei clienti saranno sempre le stesse. 4. Le competenze di tipo tecnico/ comportamentale di cui dispongo attualmente sono più che sufficienti. 5. L’azienda continuerà a svilupparsi come ha sempre fatto e non subirà alcuna trasformazione nei prossimi cinque anni 6. Escludo cambiamenti organizzativi che richiedano nuove competenze. 7. Personalmente, non ho alcuna velleità di promozione o miglioramento di carriera. Chi sottoscrive ?

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Chi, tra i vari collaboratori, si sentirebbe di sottoscrivere un impegno di questo tipo? Nessuno, probabilmente. Lo sappiamo tutti: se un’impresa resta al palo e non cresce è destinata al fallimento nell’attuale modello

di mercato definito dall’acronimo VUCA (iniziali inglesi per: volatile, incerto, complesso, ambiguo). Lo status quo significa resa su tutto il fronte. Il miglioramento continuo è un imperativo del business ormai ineludibile. E’ un impegno tanto importante quanto la necessità di venire a lavorare ogni giorno in azienda. Se un leader ha dipendenti che non vogliono aggiornarsi, significa che non è un buon leader. Che probabilmente non è in grado di valorizzare le proprie risorse umane che, quindi, possono diventare sacrificabili non appena dovesse presentarsi l’occasione di tagli del personale. Vista in questa prospettiva, la responsabilità del manager nel programmare corretti interventi formativi e di aggiornamento diventa davvero strategica e fondamentale per lo sviluppo della sua azienda.



Creatività & Innovazione Ambra Baronio

Uno strumento di ultima generazione che mette a disposizione del visitatore tutte le informazioni utili a scoprire la Reggia di Monza Una APP “reale”

(R)innovo culturale - Uno splendido esempio di valorizzazione culturale attraverso una comunicazione 2.0. Martedì 20 settembre è stata presentata, in conferenza stampa, una nuova APP davvero “REALE”: si tratta di un nuovo strumento, in linea con i dispositivi di ultima generazione, che permette al visitatore di avere a portata di click tutte le informazioni utili a scoprire anche gli angoli più nascosti della Reggia di Monza e del suo parco. Ad essere informato riguardo a tutti gli eventi che si svolgono al loro interno e a vivere questi luoghi da protagonista seguendo e partecipando alla loro vita sui social network. Strumento agile

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Uno strumento agile ed accattivante che corona un lungo percorso di valorizzazione e comunicazione che sta interessando questo gioiello del nostro Paese ormai da diversi anni e di cui, a tutti gli effetti, possiamo oggi ammirarne i frutti. Il 30 luglio 2008 è stato siglato un accordo strategico per Villa Reale e il

Parco di Monza. L’accordo riguarda il restauro e la successiva valorizzazione culturale dell’intero complesso e prevedeva di destinarlo, nella sua totalità, a finalità culturali e di alta rappresentanza istituzionale, in vista delle manifestazioni connesse ad Expo 2015. I lavori sono terminati nel giugno del 2014. Per gestire il tutto, nel 2009, veniva costituito il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza il quale, dal 2012, ha in gestione i beni presenti nel complesso di ciascuna istituzione proprietaria, al fine di garantire un approccio integrato e unitario alla valorizzazione del grande complesso monumentale. Nuovi media digitali Negli ultimi anni il Consorzio si è concentrato molto sulla comunicazione, sfruttando anche i nuovi media digitali: il programma ha visto il completo rifacimento del sito internet, che è ora un vero e proprio portale dove poter trovare tutte le informazioni inerenti il complesso e


le attività che si svolgono al suo interno. E sono davvero tante e di notevole interesse culturale: musei, mostre, spettacoli e concerti, per ultimo (solo in ordine temporale) da segnalare il grande concerto di Ligabue, il 24 settembre, ennesimo esempio di come il progetto di valorizzazione e comunicazione si stia effettivamente realizzando al meglio.

re Lombardia. Grazie a questa APP installata sul proprio smartphone/tablet e a una tecnologia basata sulla geolocalizzazione, il visitatore potrà scoprire contenuti dall’alto valore culturale semplicemente camminando nelle vicinanze o all’interno dei punti di interesse.

Presenza sui social

Oltre ai 6 percorsi interattivi predefiniti (Due passi nella storia, Botanico, Paesaggi, Lungo il fiume Lambro, Giardini Reali, Sui sentieri del piccolo popolo) che permettono di rivelare al pubblico tutti i luoghi più importanti, sono presenti delle sezioni dedicate ad approfondimenti, social wall, eventi in programma e una pagina che permette di effettuare una ricerca integrata per esplorare il territorio. L’applicazione, grazie a notifiche gestite dal gps, accompagnerà l’utente per 35 km di percorsi mappati e un totale di 264 punti di interesse, dando vita a un’esperienza formativa unica e innovativa, con l’obiettivo di diffondere verso un ampio pubblico la conoscenza del paesaggio in cui viviamo e dei beni di straordinario valore che ci circondano.

La presenza sui social network è giustamente massiccia con pagine, sia per la villa che per il parco, su Facebook, Twitter, YouTube, Instagram e TripAdvisor, tra cui, anche solo l’ultima nata, conta già oltre 10.000 like. Ed ora, disponibile su App Store e Play Store, un’app innovativa che rivoluzione l’esperienza dei visitatori della Reggia di Monza accompagnandoli alla scoperta del parco, dei giardini, della villa e delle meraviglie custodite in uno dei complessi più importanti della Lombardia. L’app è stata realizzata con il contributo del bando InnovaCultura, finanziato da Regione Lombardia, Fondazione Cariplo, Camere di Commercio di Monza e Brianza, Milano, Lecco e gestito da Unioncame-

Informazioni approfondite

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Marketing Bruno Calchera

Si sta imponendo il concetto secondo cui le B-Corp permettono di inserire la sostenibilità sociale ed ambientale all’interno della economia solo lucrativa

Dialettica e conflittualità utili per l’economia positiva

Benefit Corporation - Dialettica e conflittualità utili per l’economia positiva: le Benefit Corporation (B-Corp). L’intreccio tra imprenditoria profit e imprenditoria non profit, business lucrativo versus impresa sociale è conciliabile nell’applicazione nel mondo empirico dell’economia delle Benefit Corporation.

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Largo alla Sostenibilità Sociale E’ venuto il tempo in cui attraverso le B-Corp si rende possibile una inserzione della sostenibilità sociale ed ambientale all’interno della economia solo lucrativa: anzi tale inserzione rappresenta una svolta positiva del business stesso dimostrando una


capacità di aggregazione di fattori una volta pensati sempre in contraddizione. Obiettivo è generare una economia positiva, impatti positivi ed offrire all’imprenditore leve di sostenibilità più ampie, minimizzando i risvolti negativi e le problematiche basate unicamente sul profitto economico dettato dai business plan. Il sociale entra in azienda dalla porta principale. Anni di cultura promossa da molti sul tema della C.S.R. (Corporate Social Responsibility) sembrano puntare ad un destino virtuoso. Un fattore di primo piano Risulta indispensabile all’imprenditore, e non è necessario che sia particolarmente illuminato, che desideri fare profitti reali e di lunga durata, considerare la dimensione sociale come una fattore di primo piano e non più fattore riparatorio o di conflittualità.L’impatto sociale, soprattutto se misurato e certificato da un Ente esterno, indica che la produzione e la promozione del valore passano in quella terra di mezzo fatta dal for Profit con il non Profit. L’Italia, fanalino di coda in tanti processi economici, con tassi di sviluppo sempre al di sotto delle medie

internazionali, quasi incapace di sviluppare una decente politica di ricostruzione del debito e spesso additata tra le nazioni a bassa redditività economica per gli investimenti, si trova in questo settore in prima fila con gli Stati Uniti. Terzo Settore ricco Chi conosce il nostro paese sa della ricchezza del suo Terzo Settore, della forza associativa che è frutto di una importante intelaiatura culturale che giunge dalla tradizione, e consapevole di un welfare sociale tra i più vicini alla persona, ha il pregio di aver proposto un apposito Ddl sul fenomeno delle B-Corp già nel 2014. In questo momento si tratta di un fenomeno inziale, attivo in alcune aziende lungimiranti. Si fa strada la semplice considerazione che qualificare il bene sociale di una attività lucrativa, con attenzione all’interno e all’esterno dell’impresa, è estremamente vantaggioso. Non solo per possibili vantaggi nella comunicazione, ma soprattutto per l’incremento di valore nella reputazione che la clientela percepisce. Inoltre permane una solidale operazione che attutisce l’effetto di conflittualità e incrementa rendimenti economici percepibili.

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Comunicazione Maurizio Quarta

Dalla scelta del nome giusto devono anche nascere delle strategie di marketing che creino le condizioni perché l’azienda aumenti di valore

Naming e moda: il caso Artemisia

Come mixare storia, tradizione e futuro

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- Lo spunto per questo articolo nasce dalla concomitanza “milanese” di due eventi intrinsecamente interconnessi: la settimana della moda e la tappa meneghina del roadshow di ICE dedicato anche al tema dell’internazionalizzazione delle PMI. Moda e Made in Italy rappresentano un binomio dotato di una naturale, e quasi obbligata, propensione allo sviluppo sui mercati esteri. Gran parte delle aziende operanti nel settore sono però di piccola dimensione, spesso di matrice artigianale (nel senso più alto del termine), poco capitalizzate e nel complesso anche poco managerializzate. In ottica di sviluppo, il primo scoglio è come emergere in un contesto molto affollato senza dover effettuare ingenti investimenti e con risorse tendenzialmente scarse. Il secondo come rafforzare le competenze manageriali necessarie a sostenere la crescita. Per quanto riguarda il primo punto, un caso virtuoso è quello di D&B MODA, piccola maison romana, che attraverso un processo di naming ha posto le basi per il quantum leap da

una dimensione “sartoriale” (basata sull’eccellenza del prodotto) a quella di azienda di alto artigianato nella moda. Ingresso nel mercato Una volta deciso il nuovo indirizzo strategico, in concomitanza con l’ingresso di una nuova socia (si parla di un’azienda tutta “al femminile”), si trattava di farlo conoscere, capire ed apprezzare dal mercato. Tra le possibili ipotesi: un investimento sul marchio (quello esistente o uno nuovo da creare), però scartato dato l’elevato sforzo che sarebbe stato richiesto e che peraltro non avrebbe garantito grandi risultati in un mondo dove farsi sentire è eccezionalmente complicato. Invece di “combattere” in un mercato sovraffollato, l’azienda ha saggiamente deciso di “competere”, concentrandosi su se stessa per capire i propri punti di forza, ma anche i propri limiti, lavorando nell’ottica di sviluppare competenze senza cercare di copiare quanto fatto da altri, magari a costi più bassi.


Foto D&B Moda

Si è quindi operato in una visione di lungo periodo cercando di capire se al suo interno l’azienda avesse elementi innovativi e capaci di generare “passioni”. L’analisi introspettiva ha portato alla luce un prezioso asset sul quale giocare: la grande capacità realizzativa della stilista (dalle lavorazioni dei materiali al prodotto finito) che trova il suo culmine nel tessuto con cui vengono realizzate le sue creazioni. Antica tradizione Un tessuto che nasce da un lavoro al telaio realizzato seguendo antichi dettami della tradizione italiana, che prevede l’utilizzo di fili pregiati (cachemire, seta, lino, viscosa, ma anche fili d’oro) intrecciati in modo da trasmettere morbidezza ed eleganza, ma anche forza e resistenza, caratteristica quest’ultima ottenuta modulando i giusti “gradi” del telaio. Addirittura, nella sua versione di altissima gamma il tessuto si presenta con l’applicazione di pietre preziose (ad esempio diamanti bianchi e neri, zaffiri) nei ricami. Non solo: la stilista ha anche applicato una nuova tecnica decorativa con polvere di diamanti. Difficile rendere per iscritto questi concetti: per renderli più “tangibili”, cito la definizione data da un’ospite ad un evento di presentazione dell’azienda: “sembra di vedere i filati di Missoni nel più puro stile Valentino”. Il tessuto è a sua volta il prodotto di un certo substrato culturale, alla cui base c’è la capacità “artigiana” del fare, basata su una lunga tradizione familiare nei tessuti in maglieria che consentivano, già da due generazioni. di produrre filati e capi di abbigliamento già molto apprezzati dagli stilisti dell’epoca. Il tutto arricchito da una forte propensione alla ricerca e all’innovazione.

Validato il valore intrinseco dell’asset attraverso una serie di test informali con esperti del comparto, si è optato per una strategia di posizionamento e di comunicazione focalizzata sulla creazione del giusto nome, quale elemento fondamentale per arrivare successivamente a costruire una marca di successo. Il giusto nome Si sono quindi delineati gli elementi costitutivi del nome: la sua a-temporalità, la sua capacità di evocare passioni, emozioni e associazioni, la coerenza con le caratteristiche fisiche del manufatto, ma anche con quelle intangibili legate alla tipologia di lavorazioni. E che per finire avesse il pregio della facile memorizzazione e dell’internazionalità, oltre alla sua proteggibilità dal punto di vista legale. Il brainstorming che è seguito ha portato a concentrare l’attenzione su alcuni concetti chiave: femminilità, forza, tradizione e arte. La ricerca si è quindi orientata ad identificare figure femminili dell’arte italiana che esprimessero tutti i va-

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Comunicazione lori e concetti di cui sopra, ma che avessero anche un nome coerente con i principi della strategia di naming.

E’ stata definita “l’unica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura, e colore, e impasto”, come evidenziano i colori squillanti utilizzati e le “luminescenze seriche delle vesti” (caratteristico il suo giallo), oltre alla meticolosaità nella riproduzione dei gioielli , cosa che offre un legame quasi naturale con la versione del tessuto di altissima gamma della maison come più sopra descritto. Strategia di marketing

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Essendo purtroppo l’arte italiana del passato un mondo fortissimamente maschile, la ricerca non è stata particolarmente lunga: infatti l’identikit “obiettivo” ha quasi naturalmente coinciso con quello di una figura del tutto atipica nella storia dell’arte italiana, quella di Artemisia Gentileschi. Si tratta di una delle prime grandi figure femminili dell’arte italiana: pittrice caravaggesca del XVII secolo, è stata infatti la prima donna ad essere accettata nell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. Grande artista, ma anche grande donna: descritta di straordinaria avvenenza dalle cronache dell’epoca, ha vissuto esperienze personali emotivamente molto forti, ma soprattutto ha dimostrato grande capacità di muoversi in diverse realtà (Roma, Firenze, Napoli e anche Londra). Donna internazionale ante litteram, tenuto conto che all’epoca l’Italia era costituita da tanti piccoli stati indipendenti, che spesso parlavano anche una propria “lingua”.

Al nome è stata quindi agganciata una strategia di marketing mirata alla sua diffusione, partendo dall’inaugurazione del nuovo atelier e proseguendo con una presenza qualificata nell’ambito di ALTAROMALTAMODA e con la comunicazione alla stampa, italiana ed estera, del nuovo nome e soprattutto dei concetti ad esso associati. Il passo successivo: le prime mosse verso mercati esteri selezionati, facendo sempre leva sul nome e sui concetti ad esso associati. Peraltro, il percorso intrapreso ha anche una valenza strategica di lungo periodo: un marchio credibile, prima sul mercato italiano e poi su quelli esteri, può creare le condizioni perchè l’azienda aumenti di valore e possa quindi diventare un target interessante per nuovi partner finanziari e industriali, che oltre ad incrementare tale valore, potrebbero aiutare a sostenere il peso degli investimenti che ad un certo punto potrebbero rivelarsi necessari per sostenere la crescita. In sintesi, partendo dall’eccellenza tecnico/produttiva e nel design (fattori che spesso risultano paradossalmente limitanti per molte PMI) si è riusciti a sviluppare un filone di marketing basato su elementi distintivi e fortemente identificativi. Il tutto, cosa che peraltro per una PMI non guasta, ottenuto a costi accessibili attraverso l’attivazione di un gruppo “informale” di esperti, secondo i principi della sharing economy, provenienti dalle reti associative manageriali a disposizione di una delle socie.



Comunicazione Pier Giorgio Cozzi

Cambiano i tempi, e i gusti dei consumatori non restano immutabili. I comunicatori alle prese con la scelta dei mezzi che possono essere più efficaci Dalla pubblicità mirata alla comunicazione di massa?

Contrordine compagni? - Sarà un effetto imprevisto della Brexit? L’Inghilterra, apprezzata maestra di advertising nell’Europa degli anni Settanta e Ottanta, si separa dalla pubblicità online? Basta dunque con la pubblicità mirata, coi target “profilati”, con l’accurata ricerca dell’interlocutore giusto e che si dimostri potenzialmente interessato ? Si torna alla mass advertising? Segnali evidenti

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Presto per dirlo ma segnali in questo senso ci sono e sono chiaramente percepibili. Uno di questi segnali viene da una tesi provocatoria di un noto strategist pubblicitario inglese, Ian Leslie, già autore di un saggio di success il cui titolo è: Bugiardi nati (Bollati Boringhieri). Secondo quanto riportato in una sua intervista rilasciata al «Financial Times», il goal della pubblicità mirata si starebbe, oggi, mostrando un obiettivo illusorio. Molti annunci pubblicitari digitali sono certamente accurati (i profili dei destinatari di questa comunicazione provengono prevalentemente

da Facebook e da Google), ma – proprio perché inserzioni pubblicitarie on line e perché rivolte a pubblici specializzatissimi, questa la sua tesi – non sarebbero efficaci in quanto poco incisivi e dunque facilmente ignorabili. Memorie condivise Al contrario, almeno secondo le strategie imboccate recentemente da alcuni grandi marchi produttori di articoli di larghissimo consumo (scarpe, pannolini e via elencando) l’advertising di massa avrebbe un pregio che manca a quella mirata: crea colossali memorie condivise. I clienti, questa la spiegazione fornita, acquisterebbero quei prodotti pubblicizzati in tivù non per sentirsi “unici” (come sembrerebbe indurli a ritenersi dalla pubblicità profilata), bensì proprio perché moltitudini di altre persone fanno come loro. Istinto gregario Una prevalenza marcata, insomma, di quello che possiamo definire il nostro istinto gregario. Questa, peraltro, non è la sola sorpresa legata alla provocazione di Ian


Leslie. Il compito di agire in termini di “massa” è affidato – incredibile, dopo le numerose volte che negli anni passati era stata data per superata se non addirittura spacciata da esperti e da guru del marketing – proprio da uno dei mass media classici, il mezzo che con i suoi annunci “a pioggia” sembrerebbe essere la vera anima di questa rinascita dell’advertising: la televisione. Icone culturali Con la sua capacità di raggiungere grandi numeri nello stesso istante,

la tivù avrebbe il potere (il condizionale è obbligatorio: il marketing e la comunicazione non sono scienza) di conferire ai brand il valore aggiunto di “icone culturali”, in quanto espressione di usi e costumi praticati da larghissime fasce di consumatori. Se sarà davvero così, forse è prematuro affermarlo con sicurezza. Certo, i dati degli investimenti pubblicitari sui vari mezzi inducono a pensare che cambiano i tempi e i gusti dei consumatori. Ma pure che alcune regole della pubblicità d’antan, seppure invecchiate, sopravvivano ancora. E piuttosto bene.

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Comunicazione Grazia De Benedetti

Mostre interessanti che, non solo sono contributo alla cultura, ma evidenziano quanto siano validi strumenti per comunicare l’immagine delle città stesse Musei e mostre: a Torino Brueghel, a Pavia Guttuso

Le città si promuovono con l’arte - Torino

Torino comunica con la sua cultura. Le sue attrattive parlano per lei. Rinfrescata la sua bellezza parigina, brilla per musei e mostre. Oltre al Museo egizio, ai primi posti nelle classifiche internazionali, e all’imperdibile Museo del cinema nella Mole antonelliana, ci sono altri gioielli da vedere, dal trascurato Museo d’Arte orientale alla splendida reggia di Venaria con i suoi giardini e dintorni. Punto di riferimento

Dipinti di Brueghel

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Punto di riferimento della città metropolitana, La Venaria Reale offre sempre ottime mostre, in sintonia con la sua bellezza, e il pubblico apprezza. Quest’anno ha già superato le 700mila presenze di tutto il 2015. La mostra, da poco inaugurata nelle Sale delle Arti, Brueghel con capolavori dell’arte fiamminga, si appresta a rinnovare il successo ottenuto a Bologna.

Le opere esposte ripercorrono la storia, oltre 150 anni, della grande dinastia dei Brueghel che tra il XVI e il XVII secolo incarnarono stile e tendenze dell’epoca d’oro della pittura fiamminga. La rassegna è un viaggio appassionante nel Seicento, alla scoperta di ben cinque generazioni di artisti, inventori di un modo di dipingere, divenuto “il marchio” dell’eccellenza e tale da influenzare la pittura europea. Novità Si inizia con la rivoluzione realista di geniale Pieter Brughel il Vecchio, accanto ad alcune opere di altri autori (Bosch) della metà del Cinquecento, periodo di piena attività del Brueghel capostipite. Ad Anversa questi, oltre a essere ap-


prezzato come rinnovatore dei temi biblici, è anche conosciuto per la qualità delle sue raffigurazioni del mondo popolare. Il suo occhio coglie la vita, con le debolezze e le miserie quotidiane. Sulla sua scia i figli. Le sette opere di misericordia è di Pieter Brueghel il Giovane, che ha ripercorso il successo paterno con opere come la Danza nuziale all’aperto e La trappola per gli uccelli, e Jan Brueghel il Vecchio, detto anche “dei Velluti”, per la sua perfezione pittorica. Tra i discendenti, Abraham Brueghel è specializzato nelle nature morte, come la Grande natura morta di frutta in un paesaggio, mentre di Marten van Cleve, tra i più attenti al lavoro del capostipite, è presente la straordinaria serie del Matrimonio contadino. La Natura, che sovrasta l’uomo, spesso succube della sua potenza, assume il ruolo di vera protagonista della storia umana e viene rappresentata con una cura nel dettaglio, una ricchezza e una bellezza compositiva mai vista prima. Il percorso è anche l’occasione di vivere un’esperienza giocosa e interattiva, che mette in contatto lo spettatore con i soggetti della Natura o gli permette di sbirciare tra i protagonisti delle nozze contadine. La mostra è aperta sino al 19 febbraio 2017, ed è un’ottima occasione per approfittare di conoscere meglio una città, Torino, che ha tante cose da offrire.

Pavia

Pavia continua a proporre mostre interessanti e a sottolineare quanto la cultura valga nella comunicazione della propria immagine Prima mostra d’autunno a Pavia, Guttuso. La forza delle cose, ha nel titolo un elemento importante, evocativo, che invita a visitare l’esposizione. Le parole “forza” e “cose” sembrano acquisire, proprio dal venire accostate, una maggiore pregnanza, e del resto tale espressione è più che

mai appropriata per la straordinaria forza espressiva e la potenza cromatica, che animano gli oggetti delle tele di Renato Guttuso, i quali ne diventano i protagonisti indiscussi. La mostra, ospitata alle Scuderie del Castello visconteo fino al 18 dicembre, propone infatti un aspetto particolare e meno conosciuto di uno degli artisti più noti del Novecento italiano. Le nature morte costituiscono, dalla fine degli anni Trenta, una componente essenziale della produzione di Guttuso e un punto di riferimento per i pittori della sua generazione. Prospettiva di fascino L’esposizione, oltre 50 dipinti, scelti dai curatori, Fabio Carapezza Guttuso, figlio adottivo del pittore e Susanna Zatti, intende offrire al pubblico una prospettiva inedita e di fascino sul percorso artistico del maestro siciliano. Natura con drappo rosso del 1942 è il capolavoro che testimonia l’impegno dell’artista per la drammatica condizione imposta dalla dittatura e dalla guerra; nel dopoguerra, in Finestra si nota l’interesse per il postcubismo di Picasso, una fase più meditativa negli anni Sessanta, mentre nei Settanta-Ottanta, la continua ricerca del reale dà vita a dipinti come Cimitero di macchine (1978), Teschio e cravatte, Bucranio, mandibola e pescecane,(1984). L’esposizione è arricchita da una serie di fotografie, in parte inedite, dagli Archivi Guttuso, che permettono di approfondire la vita dell’artista e le sue amicizie e collaborazioni con, scrittori come Moravia e Vittorini, scultori, come Manzù e Moore, poeti, come Pasolini e Neruda, registi, come De Sica e Visconti, musicisti come Nono. Spiace però che il percorso non preveda nessuna opera, che indichi il suo perenne impegno politico e sociale, dal quale non si può prescindere parlando di Guttuso.

Dipinti di Guttuso


Comunicazione con i Cani

Davide Canonici*

L’abbaiare di un cane può essere anche fastidioso. Sta a voi insegnargli comportamenti corretti

Silenzio! * Educatore Cinofilo SIUA Tecnico Mobility dog FICSS davidewolf73@gmail.com

Ricordate sempre di tenere a mente questi consigli durante l’educazione: 1. Non urlare al vostro cane di stare tranquillo, per lui è come se gli steste abbaiando contro. 2. Bisogna essere positivi e ottimisti durante l’educazione, soprattutto per non mollare al primo tentativo. 3. Siate coerenti in modo da non confondere il vostro cane. Tutti nella famiglia devono applicare i metodi di educazione, ogni volta che il cane abbaia in modo inappropriato. Non deve essere motivato quando abbaia Il vostro cane riceve un qualche tipo di ricompensa quando abbaia. In caso contrario, egli non lo farebbe. Bisogna capire quale è il motivo del suo abbaiare e eliminarlo. Ignorarlo quando abbaia Ignorando l’ abbaiare del vostro cane per tutto il tempo lo porterà a fermarsi. Ciò significa che non dovete dargli alcuna attenzione mentre sta abbaiando. La vostra attenzione lo premia solo ad essere ancora più rumoroso. Non parlate con lui, non toccatelo, non dovete nemmeno guardarlo! Quando finalmente si acquieta, ricompensatelo con un dolcetto.

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Desensibilizzare il vostro cane allo stimolo Dovete abituare gradualmente il vo-

stro cane a non abbaiare a tutto ciò che lo stimola ad abbaiare. Iniziate con il tenere a una lunga distanza ciò che spinge il vostro cane ad abbaiare (ad esempio un cane che gli è antipatico o gli fa paura; oppure una persona con il capellino). Deve essere abbastanza lontano che anche se lo vede non abbaia. Fategli tanti complimenti. Qualcuno alla porta Lanciate una ricompensa sul tappeto e ditegli “vai a prenderla”. Quando siete sicuri che lui si dirige verso il tappeto per prendere la sua ricompensa, aprite la porta mentre lui è sul tappeto. Se si alza, chiudete immediatamente la porta. Ripetete il procedimento fino a che non rimane sul suo tappeto quando aprite la porta. Poi aumentate la difficoltà facendo suonare a qualcuno il campanello mentre il cane è sul suo tappeto. Se rimane al suo posto dategli un bel premio Mantenere il vostro cane stanco Assicuratevi che il vostro cane faccia quotidianamente sufficiente esercizio fisico e mentrale. Un cane stanco è un cane che non sente la necessita di abbaiare per noia o frustrazione. A seconda della sua razza, della sua età e della sua salute, il vostro cane può richiedere lunghe passeggiate, così come un buon gioco di rincorri la palla, ecc..



Club dell’Osso

Demetrio Minutilli

Tra i vari mezzi della comunicazione che si possono utilizzare, la realizzazione di incontri diretti in loco non ha rivali

Il valore di un educational

www.clubdellosso.it clubdellosso@clubdellosso.it

Noi del Club dell’Osso - Selected Meeting Planners - continuiamo a ritenere che la promozione e la conoscenza del territorio, sono le carte vincenti per la valorizzazione della propria offerta nel campo degli eventi. Mostrare concretamente le risorse turistiche locali, le strutture ricettive, i servizi di informazione ed accoglienza turistica, risulta, ancor più oggi, molto efficace per orientare in modo positivo coloro che all’interno delle aziende sono chiamati ad inventare e creare l’evento motivazionale o promozionale. Un impegno “storico”

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Il Club dell’Osso è storicamente ed istituzionalmente impegnato a fare in modo che, coloro che sono impegnati nella fantastica attività di organizzatore di eventi, siano portati sempre più a conoscenza delle innumerevoli possibilità e risorse esistenti sia sul mercato italiano sia su quello straniero. Come?: organizzando educational molto mirati. L’educational come incentivo alla commercializzazione. L’obiettivo è quello di utilizzare l’educational non come una semplice visita piacevole ad una località, ma come una partecipazione responsabile ad una iniziativa promo/commerciale che dovrà trovare, in sede associativa, un testimonial prezioso nel partecipante stesso all’educational. Gli educational del CLUB dell’OSSO

sono organizzati con piccoli gruppi, al massimo dieci Aziende associate. rigorosamente selezionate, a seguito di preliminari indagini periodiche circa i programmi congressuali e\o gli orientamenti turistici delle Aziende stesse. Il numero limitato di partecipanti punta ad una gestione del gruppo più efficiente nonché ad una voluta efficienza in termini di risultati (flussi di ritorno). Un programma studiato Generalmente il programma dell’educational viene predisposto dal Tour Operator o dall’Ente ospitante,compatibilmente ed in sintonia con la ns. organizzazione e le esigenze delle Aziende partecipanti ed interessate alla destinazione. Il responsabile aziendale si sente più convinto e attivo verso la propria Azienda quando deve proporre una destinazione o una location con una offerta che già conosce direttamente e di cui può proporsi come garante La partecipazione ad un educational, inoltre favorisce tra i partecipanti una sinergia operativa per la realizzazione di gruppi anche non aziendali, ad esempio a livello territoriale locale o nazionale, o a livello settoriale. Inoltre quando l’educational del Club dell’Osso viene promosso da Ente turistico, vi è anche la possibilità di organizzare dei workshop con gli operatori locali della destinazione visitata. Come sempre noi ci siamo, ci trovate a: www.clubdellosso.it


dmc

dmc

Comitato scientifico Bruno Calchera Membro delegato del Tavolo del Terzo Settore della Regione Lombardia. Già Direttore U.O. della Comunicazione Istituzionale della Regione Lombardia. Giornalista. Direttore Marketing in case editrici. Consulente alla Comunicazione in Enti pubblici e privati. Impegnato in attività del Terzo Settore da più di 30 anni. Alberto Contri Attualmente presidente della Fondazione Pubblicità Progresso e DG della Lombardia Film Commission. E’ stato Vice Chairman di McCann Erickson World Group Italia, consigliere della Rai, AD di Rainet, Presidente AssAP. E’ docente di Comunicazione Sociale alla IULM. E’ Grand’Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Marzia Curone Partner di “Relata”, Agenzia di Marketing e di Comunicazione di Relazione. Presidente del settore Direct Marketing di Assocomunicazione, Coordinatore del Comitato Interassociativo Marketing Diretto. Michele Faldi Direttore dell’Alta Formazione e delle Alte Scuole dell’Università Cattolica del S. Cuore. Ha lavorato presso centri culturali ed istituti di ricerca e formazione in Italia e all’estero. Da sempre si è occupato di Higher Education. Chiara Grosselli Già responsabile del Marketing e delle Comunicazioni per l’IBM in Italia, delle Relazioni Esterne e della Fondazione IBM Italia. Collabora con diverse associazioni per sostenere l’imprenditoria femminile. Ha vinto il Premio “Marisa Bellisario”.

Fondato nel 1987

dm & comunicazione Rivista di Direct Marketing, Marketing e Comunicazione d’Impresa Autorizzazione tribunale n° 300 del 19/04/1991 Anno 29 - n°3 del 2016 Direzione, Redazione, Grafica, Amministrazione: Via Spallanzani 10 - Porta Venezia - 20129 Milano tel. +39.02.74.22.22.38 - fax +39.02.74.22.22.43 redazione@dmcmagazine.it - www.dmcmagazine.it Direttore Responsabile: Ugo Canonici Capo Redattore: Sarah Canonici Redazione: Pier Giorgio Cozzi, Grazia De Benedetti Coordinamento Redazionale e Grafica: Davide Canonici Editore Incaricato: Bruno Calchera Collaboratori: Ambra Baronio, Ugo Clima, Barbara Coralli, Vittoria A. D’Apice, Axel Lo Guzzo, Alessandro Lucchini, Demetrio Minutilli, Elena Muoio, Ugo Perugini, Maurizio Quarta, Margherita Ruggiero, Roberto Villa Pubblicità: Gestita direttamente dall’Editore (redazione@dmcmagazine.it) tel +39.02.74 22 22.38 Edizioni Cleis s.r.l.: via Spallanzani, 10 - 20129 Milano - P.I. IVA

Club C3:

Alessandro Lucchini Giornalista e copywriter, è autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi di business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano.

Maurizio Nichetti Architetto, attore, sceneggiatore, regista di cinema, televisione e cartoni animati. Debutta nella regia cinematografica con RATATAPLAN a cui faranno seguito una decina di lungometraggi. Attivo anche nel teatro di prosa, nel teatro lirico e nel cinema d’animazione. Bruno Patrito Silva Fondatore e presidente di Direct Channel - con oltre 30 anni di esperienza, maturata prima nell’ambito di prestigiose aziende leader dell’I.T. e trasformata successivamente in attività imprenditoriale.

Mario Silvano Presidente di Silvano Consulting, società di formazione, consulenza, marketing operativo, sviluppo quadri commerciali. Dal 1961 tiene corsi in Italia e all’estero. Autore di libri su marketing e vendita.

Roberto Vallini Già direttore della Comunicazione di AEM Milano, e vice Presidente della FERPI. Giornalista, è stato Portavoce del Presidente della Lombardia Roberto Formigoni, ha pubblicato il libro “Per una Lombardia federale”. E’ Direttore Editoriale e di informazione di Telereporter, Odeon Tv e Telecampione.

Il club per chi opera nel mondo della comunicazione d’impresa, ha come missione una corretta divulgazione della cultura della comunicazione. dm&c è l’organo d’informazione del Club C3 Gestione Data base Via Pindaro, 17, 20128 MILANO Tel. +39 022520071 Fax +39 02252007.333 info@directchannel.it www.directchannel.it - www.miabbono.com

Chi sono i 20.000 lettori di dm&c (da un’indagine del Gennaio 2016)

A QUALI AZIENDE APPARTENGONO

QUALE FUNZIONE HANNO IN AZIENDA

Utenti di comunicazione

68%

Titolari, presidenti, amministratori

20%

Agenzie di comunicazione e meeting planners

24%

Commerciali, marketing

52%

Associazioni professionali, Pubblica Amministrazione

8%

Direzione pubblicità, responsabili Rel. Est.

28%

Qualora non vogliate ricevere più questa pubblicazione potete inviare una mail a redazione@dmcmagazine.it, specificando nell’oggetto “cancellatemi dal data base”.


Marketing Giulia Doriguzzi *

Il successo di un’azienda risiede anche nella capacità di organizzare le risorse interne, e tra queste le più importanti sono le persone

Quando la gestione ottimizzata delle Risorse Umane fa la differenza

Una questione di organizzazione *Responsabile Marketing di Hunext

- Il successo di un’azienda risiede anche nella capacità di organizzare le risorse interne: tra queste, forse la più importante, vi sono le risorse umane. L’organizzazione del personale diventa dunque un elemento distintivo; rivedere la gestione delle risorse umane in chiave business è un processo parzialmente già in atto, ma in salita. Come emerge da uno studio del Politecnico di Milano, anche se le imprese hanno recepito la necessità di evolvere dalla pura amministrazione dei dipendenti, solo il 12% del panel coinvolto vede le Risorse umane (HR) in ottica strategica: per il 42% degli intervistati l’HR ha infatti ancora una componente amministrativa preponderante. Un cambiamento lento

30 dm&c - n 3 - 2016 o

Le ragioni che rallentano il cambiamento sono molteplici: può mancare la cultura della condivisione delle informazioni come fattore di crescita, la formazione può esser vista come costo e non come investi-

mento, lo sviluppo tecnologico può essere ostacolato dall’abitudine, ecc. Come perseguire una gestione strategica delle risorse umane? Può venire in aiuto la tecnologia. L’IT applicato alle risorse umane ruota attorno al concetto di semplificazione: semplificazione delle comunicazioni, semplificazione degli iter burocratici, semplificazione delle prassi. Migliorare i processi La tecnologia offre applicazioni HR che migliorano i processi, responsabilizzano il personale, facilitano il passaggio di informazioni e rendono flessibili le procedure. In sostanza, la tecnologia, quando ben utilizzata, migliora il lavoro di tutti, riducendo tempi e costi: costi che si sostengono con una gestione non organizzata e condivisa delle informazioni, lavorando con strumenti obsoleti o mantenendo attività a forte componente manuale. In risposta alle crescenti necessità di diminuire i tempi di gestione e controllare i costi, alcune azien-


de di consulenza hanno sviluppato software per l’organizzazione delle Risorse Umane, e si occupano di elaborazione paghe in outsourcing e consulenza del lavoro. Con la fornitura di tecnologia e la condivisione di conoscenza, si accompagnano le aziende nella progressiva informatizzazione delle attività a beneficio di un’organizzazione aziendale più snella. La trasformazione La fornitura di tecnologia non è però sufficiente per parlare di HR Transformation: la trasformazione si ha nel momento in cui le soluzioni software semplificano il lavoro dell’ufficio risorse umane e dei responsabili, velocizzano le comunicazioni interne, permettono lo studio dei dati per anticipare possibili criticità, incentivare la professionalità, e verificare il raggiungimento degli obiettivi. E’ certo che, paghe e presenze, le procedure maggiormente legate all’aspetto amministrativo della gestione del Personale, diventano parte del cambiamento solo nel momento in cui l’azienda si dota di ulteriori strumenti che sgravano l’Ufficio HR da attività di routine ad esse legate. Ad esempio ci si può dotare di un portale online tramite il quale i dipendenti possono vedere i cedolini, inviare richieste di ferie, caricare le note spese, verificare le proprie presenze, ecc.

Tutto via web ed in modalità self – service. Asset strategico Le risorse umane diventano asset strategico quando sono data driven: ecco dunque che l’introduzione di gestionali HR permette di valutare potenzialità e competenze dei dipendenti per guidare il team verso la crescita aziendale. Modernizzare e ripensare il people management ha un valore doppio: è positivo per il business ed è positivo per il dipendente: saper valorizzare e coinvolgere i dipendenti può fare la differenza nello scenario competitivo.



dmc Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

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www.dmcmagazine.it Sta crescendo dmcmagazine.it , il sito che si pone come punto di riferimento per tutti coloro che operano nel campo del marketing e della comunicazione di impresa. Una “agorà” nella quale ritrovarsi quotidianamente per essere aggiornati sulle ultime novità, per essere informati sulle linee e le tendenze.

La rivista dm&c, leader dal 1987, prosegue la sua opera di divulgazione della cultura del settore, appoggiandosi sui nuovi strumenti che la tecnologia mette a disposizione. Continua ad esistere, e viene distribuita, nella sua versione digitale, con una news letter ad oltre 20.000 nominativi selezionati. Coloro che desiderano ricevere gratuitamente dm&c nella versione digitale possono inviare la propria mail a redazione@dmcmagazine.it o andarla a consultare sul sito www.dmcmagazine.it


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CLEIS è una Società di Comunicazione d’impresa specializzata nell’organizzazione di Eventi aziendali CLEIS SRL - Via L.Spallanzani,10 - 20129 Milano - Tel: 02 7422 2238 www.cleis.it - info@cleis.it




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