Clemente Nativi, Portfolio 2015 | 2021

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ARCHITECTURE PORTFOLIO 2015-2021

Clemente Nativi


00 CV 01 DISEGNI 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7

Hórreo Ibìdem Dall’ascia all’acciaio Forma e presenza nel vuoto In memoria Medium SEF

w| Jorio Corelli, Giacomo Gargiulo, Luca Lanchini, Martina Morellato


Clemente Nativi Firenze (IT) 31.12.1993 clementenativi@icloud.com +39 3465191171


FORMAZIONE LAUREA IN ARCHITETTURA

Aprile

2021

Laurea Magistrale in Architettura. Univeristà degli Studi di Firenze. Tesi in progettazione con il prof. Fabrizio F. V. Arrigoni. 110 | 110 e lode e dignità di pubblicazione “Hórreo, Progetto per la nuova sede del Museo di Preistoria e Archeologia della Cantabria”

COLLABORATORE ALLA DIDATTICA Prof. Fabrizio F. V. Arrigoni Laboratorio di progettazione architettonica IV, anno accademico 2020 | 21 Univeristà Cattolica Nostra Signora del Buon Consiglio - Corso di laurea in Architettura

CONCORSI

2020

Collaborazione con Studio AFSa Concorso di progettazione per un nuovo Complesso parrocchiale, Simeri Crichi, Italia

Collaborazione con Studio AFSa Compétition pour la construction d’une nouvelle école a Neirivue, Svizzera

Rural School in Haiti, International Competition by ARCHsharing Progetto finalista

Collaborazione con Studio AFSa Concorso di progettazione per la nuova scuola primaria Mario Lodi, Matellica, Italia

2019


2018

WORKSHOP

Aprile

“Tra la torre e il fiume”, Kent State University in Florence, con Prof. Fabrizio F. V. Arrigoni

2017

PUBBLICAZIONE Progetto pubblicato nel libro “In memoria. Sette progetti per ricordare l’eccidio di cercina”, Francesca Mugnaii

2016

WORKSHOP

Marzo-Ottobre

“Nel chiosto delle geometrie”, Università degli studi di Firenze, con Prof. Arch. Carlo Terpolilli, Maestro Giancarlo Cauteruccio

SKILLS Autocad Cinema 4D Vray Corona Render Rhinoceros Photoshop Indesign Illustrator

Maquette

Italiano Inglese

Madrelingua B2



Disegni PROGETTI SELEZIONATI


Hórreo

Museo di Preistoria e Archeologia della Cantabria

Nuova sede MVPAC a Santander, Cantabria (ES) Da sempre l’uomo lascia traccia della sua presenza sulla faccia della terra, agendo sulla natura per impadronirsi delle sue risorse e trasformarla nella propria dimora. Questo dialogo tra uomo e natura, il cui frutto siamo soliti definire come paesaggio antropizzato, in pochi luoghi si manifesta tanto come sulle coste del Mar Cantabrico. Le scoscese rocce, il delicato incastro tra le forme della terra e l’acqua, lo svariato mantello verde, la morfologia articolata delle coste, l’atmosfera umida e la luce che mai sorvola il mare, accentuano le differenze e le sfumature di un angolo di Spagna quasi dimenticato. Il mare, la terra e il cielo sono, in questi casi, personaggi di una scena tragica di impressionante potenza, sulla quale la presenza dell’uomo non sembrerebbe necessaria. E’ il caso della costa Cantabrica, terra aspra e scoscesa, instancabilmente battuta dai venti e sferzata dalle onde. Ma anche qui l’uomo ha voluto partecipare alla costruzione del paesaggio. “Il mondo dell’uomo innalza i fenomeni naturali e i loro rapporti introdu- cendoli in un’altra sfera, quella del pensato, del voluto, dello stabilito, del costruito, che in un modo o nell’altro sono sempre lontani dalla natura: la sfera delle realtà culturali.

In questo mondo della cultura vive l’uomo”. Questo lavoro di tesi si va a confrontare con l’emblema del paesaggio antropizzato, la città moderna, andando a cercare di comprendere il mutamento che attraversa la città e il territorio, e la posizione in cui si pone continuamente la nostra disciplina rispetto a questa realtà. Frammento “nella lingua italiana significa un piccolo pezzo staccato per frattura da un corpo qualunque. E con ciò esso esprime una speranza, ancora una speranza, e come tale non conviene con rottame, che esprime una moltitudine o un aggregato di cose rotte. In questa dizione, rottame potrebbe essere il corpo della città futura se le cose non dovessero cambiare e sempre più fosse accettato il disordine e poco meditata fosse la previsione del futuro. (...)”. La frammentazione che oggi, senza distinzione, caratterizza il contesto urbano delle città è un dato di fatto dal quale un progetto che in esso operi e si fondi non può prescindere. La centralità della questione non consiste nel riconoscere una situazione la cui evidenza è lampante, di una mancanza di interezza della città, ma sussiste nel arginare questa



condizione, che sembra legittimare ogni forma di poetica individua- le, e comprendere che in questo insieme di rovine sono individuabili spunti nuovi di progetto. Costruire all’interno del costruito, che sia nella piccola scala o nella grande scala, è una pratica ormai necessaria, dettata dall’assenza di ulteriori spazi da urbanizzare. “E’ con queste contraddizioni che sarà necessario costruire l’architettura dei nostri anni. Se non potremo più usare le rovine dell’antichità ma solo le macerie del presente a questo fine, quelle resteranno a se- gnare la distanza con cui siamo costretti a misurarci costantemente”. In questo contesto già sovraffollato, caotico, la sfida non è nella creazione di ulteriori oggetti icona, o frutto della imposizione del proprio io, ma nel cercare un design curatoriale che riesca a creare relazioni nuove, e più intelligenti, tra quello che esiste già, evitando ogni forma di narcisismo formale che vada ad aumentare la condizione confusionaria che vivono le città contemporanee. Il lotto di grande dimensione è frutto dell’addizione di tre isolati urbani, un tempo ospitanti edifici residenziali ma da anni lasciati in stato di abbandono. In un primo momento il lotto era stato destinato alla nuova sede del Governo della Cantabria, su pro-

getto di Rafael Moneo, progetto che mai vi fu realizzato. Nel 2018 è divenuto oggetto del concorso per la realizzazione del nuovo centro culturale MVPAC. Il sito si trova in una posizione privilegiata, ma complessa in termini di condizioni urbane: caratterizzata da una topografia difficile, e da quattro fronti urbani a cui rispondere. Un’area di progetto contraddistinta dalla posizione limite tra la città storica e la nuova espansione degli anni del dopo guerra. La prima contraddistinta da una giacitura degli isolati regolati ancora dall’assetto romano; la seconda che piega seguendo l’andamento della baia e andando a rompere le linee rigide della città storica, per poi perdersi nel disordine di fabbricati privi di una previsione urbanistica. Sono proprio queste due condizioni urbane le basi sulle quali si aggrappano le geometrie del progetto. Due corpi ad “L” si incastrano tra di loro andando a generare una piazza centrale, un recinto, spazio eterotopo di alienazione urbana. Questi due corpi non solo dettano le proporzioni del planovolumetrico, ma segnano un nuovo sistema di riferimento per l’iter progettuale. Le nuove volumetrie, con le due torri, diventano così un punto di riferimento sia dal mare che dalla terra, identità nuova che cerca di ricongiungere brani di città divergenti.


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Exit







Ibìdem ubi aenea mansit

Una casa museo a Monterchi, Arezzo (IT) Ibidem, dal latino “nello stesso Luogo” “nello stesso Tempo”. Il Migrante, nell’atto del viaggiare, si identifica in una successione di luoghi e tempi differenti, di spazi che si susseguono, si rincorrono, si alternano che vanno a costruire una torre di ricordi che viene custodita gelosamente. L’intento della nostra Casa è proprio quello di restituire questi ricordi. L’Arrivo, un piano “sospeso” che introduce alla casa tramite uno spazio soglia, che accoglie l’abitatore in una situazione spoglia di riferimenti. Ampio e ridotto all’essenziale questo spazio prepara l’accesso al resto dell’abitazione, dividendo un sopra e un sotto, un semi-privato da un privato. Una realtà incubatrice che scandisce il tempo che intercorre tra l’entrata e la quotidianità. L’accesso dall’esterno a questo ambiente avviene tramite la “via alta”, più legata alla realtà del borgo cittadino. Una leggera depressione del fronte continuo, permette di identificare l’ingresso. Una membrana metallica, corre lungo il fronte ripercorrendo quello che era il giacimento del fronte originario, ora ne resta solo una traccia.

Sullo sfondo di questo interno, come fosse una quinta, un’apertura permette alla luce di illuminare la scena. Affianco una scala plastica permette di accedere al piano superiore, dove la quotidianità prende il posto del simulacro. L’ampio sbarco, una volta esaurita l’ascesa, ci mostra un ambiente più caldo, vissuto. Un soggiorno, una sala da pranzo e la cucina caratterizzano lo spazio. Il fulcro attorno al quale si svolge la vita è la sala da pranzo che grazie ad un doppio volume spezza le relazioni orizzontali e offre alla vista una nuova verticalità. In asse con lo spazio servente troviamo la scala più privata dell’abitazione che accompagna l’abitatore al piano secomdo, riservato alla zona notte della casa. Il Riposo, luogo intimo ed esclusivo, rimane al piano più alto, terminando cosi il viaggio intrapreso. Un ballatoio, conduce l’abitatore alle camere da letto, una padronale e una per gli ospiti. Il passaggio è accompagnato in tutta la sua lunghezza dal grande vuoto del doppio volume, che attraverso la luce zenitale scandisce il ritmo della vita dell’intero organismo architettonico.



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La stanza del ricordo L’Addio, è l’attimo esatto in cui il tempo del racconto si arresta , mentre il tempo della storia prosegue. È il luogo dove la narrazione si interrompe, ed un lungo periodo di retrospezione prende il sopravvento. È la stanza più intima e riservata della casa, dedicata all’accumulo dei ricordi, accatastati l’uno sopra l’altro in ordine sparso, come in uno dei giochi più semplici di intreccio narrativo. L’accesso a questo spazio avviene attraverso una corte chiusa, privata accessibile dalla “via bassa” che si lascia alle spalle il paesaggio di fondovalle. Una volta entrati all’interno della corte, si viene introdotti in uno spazio prettamente verticale. La corte coperta alla sommità filtra la luce grazie ad una membrana che protegge le ampie vetrate della facciata principale. Un leggero cambio di quota, ci porta all’interno dell’ambiente principale dove un gradino ci segnala il passaggio da un luogo ad un altro. L’idea che sottende alla definizione di questo spazio è quella della Thḗkē, dove vengono custoditi gli oggetti più preziosi, i ricordi. Un’ampia libreria, assieme ad una zona espositiva saranno gli elementi che permetteranno di custodire i ricordi accumulati nel tempo e nei vari viaggi del nostro Migrante. Uno spazio eterotopo, che viene connesso tramite il ricordo ad altri infiniti spazi, luoghi, tempi. C





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Dall’ascia all’acciaio Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Viareggio

Nuova sede GAMC a Viareggio, (IT) Tra la pineta di Levante e il canale Burlamacca, che taglia ogni rapporto tra la Viareggio balneare e quella marinara, le darsene, nascoste dietro al porto, accolgono gozzi, motoscafi e ancora qualche trabaccolo da pesca. Se non fosse per il paesaggio, così vario e colorato, che dal verde cupo delle chiome dei pini marittimi, fino al grigiore delle Apuane, che come vigili presenze si ereggono alle spalle, le darsene della vecchia Viareggio potrebbero essere uguali a cento altre. Eppure, passeggiando nell’atmosfera delle darsene viareggine, rimane impresso il contrasto nei riflessi sull’acqua dei cantieri navali in acciaio e vetro contrapposti alla naturalezza delle chiome degli alberi. Il Burlamacca è un ideale spazio dove si fonde storia e cultura di Viareggio. Scorre dalla torre Matilde al mare, rappresentando un elemento di collegamento, ma al contempo di divisione, delle due anime che dall’ottocento caratterizzano la storia della città: la realtà marinara e cantieristica da una parte, con le sue darsene, e il centro turistico balneare con i suoi ampi viali dall’altra. L’area di progetto sorge proprio in questa zona spaccata dal canale Burlamacca. Un’area fortemente caratterizzata

da due limiti: uno naturale, rappresentato dal canale stesso, e uno fisico, la ferrovia. E sono proprio queste due condizioni le basi sulle quali si aggrappano le geometrie del progetto. Due stecche, limpide materializzazioni dell’ipotesi progettuale in se e per se, riescono a relazionarsi verso questi due vincoli cosi diversi tra loro. Infatti una, quella espositiva, si chiude completamente verso la ferrovia, mentre l’altra, quella polifunzionale, si offre totalmente al lungocanale. Questi due nuovi elementi non solo dettano le proporzioni del planovolumetrico, ma si ergono come nuovo sistema di riferimento per l’iter pro- gettuale. I due percorsi principali, quello che si ricollega alla città e quello avente origine nella nuova piazza della stazione, si intersecano nell’origine degli assi, l’ingresso al museo.









Forma e presenza nel vuoto Spazio liturgico a Vicopisano

Nuova cappella a Vicopisano, Pisa (IT) L’area di progetto è situata sulla sommità di una collina che si affaccia su San Giovanni alla Vena, frazione di Vicopisano. Il sito abitato dalla precedente chiesa, distrutta da un incendio, custodisce due elementi caratterizzanti: la grande croce, simbolo e riferimento per gli abitanti della vallata, e la cava di pietra, ferita distintiva della collina. Il progetto cerca di mantenere più inalterata possibile l’area di progetto, luogo carico di valore, limitando gli interventi ad una nuova pavimentazione esterna e ad una valorizzazione della via di accesso del lotto. Inizialmente l’edifico è stato concepito come un blocco pieno e successivamente, con un’operazione assimilabile a quella dello scavo, è stata fatta filtrare la luce nella massa d’ombra interna. Il fulcro del progetto infatti è la gestione della luce all’interno. La progettazione di una chiesa impone una gerarchia data dal profondo simbolismo che ogni elemento liturgico custodisce, questa gerarchizzazione è definita dalla luce naturale zenita- le che attraverso un sitema di sottrazione della materia viene incalanata fino a illuminare i fuochi liturgici, concentrando l’attenzione del fedele su alcuni punti della chiesa, come l’altare, il crocifis-

so, l’ambone e le acque santiere. Il corpo di fabbrica all’esterno appare come un grande monolite caratterizzato da due tagli verticali uno caratterizzante l’ingresso, l’altro il campa- nile. L’ingresso, volto verso la piana, assume un aspetto monumentale data la forte verticalità della facciatra e il progressivo svuotamento dell’asse centrale fino all’ingresso della chiesa. Il campanile, ottenuto mediante una sottrazione della massa muraria, interrompe il prospetto late- rale e fa percepire già dall’esterno la divisione tra l’aula liturgica e il presbiterio.





In memoria

Monumeto in ricordo dell’eccidio di Cercina

Monumento funebre a Cercina, Sesto Fiorentino (IT) Il progetto, senza volontà di mimesi, coglie nel pasesaggio circostante i segni e le tracce da cui trae spunto. Il monumento si mostra come affioramento di un massiccio monolite, forse rovina o reperto restituito dalla terra all’aria e alla luce, o forse scheggia precipitata dal cielo e conficcata nel suolo. Entro l’ambiguità del riemergere o dell’inabissarsi si svolge lo spazio di questo sepolcro che, corrotto nella sua integrità, consente di essere percorso nella propria cavità attraverso il varco lasciato dalla parete mancante a monte del pendio. Questo mondo “inferiore”, eco di spazi etruschi, è composto di due soli elementi: la gradinata discendente e il luogo sacro del sacello finale, sprofondato nella terra per tutta la sua altezza. La discesa è volutamente angusta e opprimente, sovrastata dalla pesante copertura e accompa- gnata dalla penombra. Solo una volta giunti al termine del dromos, raggiunta la piccola sala che accoglie la stele su cui sono riportati i nomi dei caduti, una luce cola filtrata dall’alto attraverso un’asola sottile lasciata dall’avello appena scoperto, offrendo speranza di consolazione e rinascita.



Medium

Ampliamento della Scuola Materna Opera del Cardinale Maffi a Vicopisano

Ampliamento scuola materna a Vicopisano, Pisa (IT) L’area di progetto è ubicata a Vicopisano e comprende la realizzazione di una nuova scuola dell’infanzia, la nuova vestizione di piazza della Chiesa e la rivisitazione del parco sottostante al tratto delle mura cittadine. Il progetto mira a donare una nuova immagine all’ingresso nord della città tenendo conto della forte eredità storica del contesto, delle nuove esigenze della realtà cittadina e della centralità nevralgica del sito. Gli interventi a scala urbana si limitano alla ricostruzione del perimetro della piazza storica rappresentata nelle cartografie ottocentesche e ad una nuova pavimentazione della stessa attraverso una scomposizione modulare del sagrato della chiesa parrocchiale di Santa Maria Addolorata. Il parco estendendosi prevalentemente lungo una dimensione viene interrotto da collegamenti trasversali in prossimità dei bastioni murari valorizzando gli alberi presenti ed andando a intensificarne la presenza dove necessario. La nuova scuola non si pone in conflitto con il prospetto principale della piazza, appositamente lasciato inalterato, si colloca in secondo piano rispetto al contesto storico. Costruita attorno ad un albero inserito nella corte centrale la nuova

scuola si sviluppa su due piani associabili a due C con differente orientamento, il piano inferiore ospita gli spazi per le attività collettive e si apre alla città, il superiore volto verso l’argine del fiume limitrofo ospita le aule e la terrazza, nuovo spazio per la piccola comunità di Vicopisano. L’edificio si ancora alla naturale pendenza del ter- reno ed è composto da quattro blocchi legati dal distributivo. Utilizza la massa muraria per garantire un oscuramento alla luce diretta degli ambienti interni illuminati con tre gerarchie diverse; ampie vetrate affacciate sulla corte per gli ambienti di collegamento e affacci sul contesto posti al termine di ogni spazio distributivo, luce zenitale e affacci verso il contesto per gli spazi collettivi come atrio e mensa. L’ingresso alle aule avviene mediante un fascio indiretto di luce zenitale e il fuoco prospettico si concentra attraverso un cannocchiale verso le colline toscane attraverso da un ampia finestra quadrata.





S.E.F.

Ampliamento Scuola Enrico Fermi a Lucca

Una nuova struttura per la città, Lucca (IT) L’ampliamento dell’esistente scuola E. Fermi, ubicata a Lucca fuori dalla cerchia muraria, mira a ricucire l’esistente maglia cittadina, identificata come la tipica “corte lucchese” e l’impianto della scuola attuale. Attraverso un edificio flessibile e dinamico vengono dimensionate corti e luoghi di aggregazione disponibili per la comunità, come l’auditorium e la palestra dotati di accessi indipendenti. L’edificio ideato per avere bassi costi di gestione, sostenibilità energetica e ambientale è sorretto da uno scheletro metallico e appositamente isolato con tamponamenti coibentati capaci di garantire efficienti prestazioni termiche. Le aule progettate per una didattica innovativa e rinnovata, godono della migliore esposizione e sono accuratamente difese dai raggi solari diretti grazie ad un sistema di schermatura in pannelli fotovoltaici. Gli spazi sono flessibili e sembrano accogliere non solo esperienze e attività della nuova didattica ma anche momenti di incontro e relazioni tra gli alunni. Le palestre, ad esempio, educano alla pratica sportiva e si aprono alla città. La nuova architettura punta ad essere un segno deciso nel paesaggio urbano ed integrarsi con particolare attenzione al contesto. La trasparenza dei luoghi, sia interna che verso l’esterno, è un punto qualificante

del progetto, così come la capacità di favorire le relazioni, nei percorsi, nei luoghi di sosta, nelle aree per le attività. Molta attenzione è stata posta anche nel rapporto con la natura, elemento essenziale del progetto, ricco di giardini e tetti verdi.



Clemente Nativi 31.12. 1993 clementenativi@icloud.com +39 346 5191171


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