La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio

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La Casa del Mutilato di Palermo P r o g e t t o d i r e s t a u r o d i u n m o n u m e n t o d e l Ve n t e n n i o



Dipartimento di Architettura “Biagio Rossetti” Università degli Studi di Ferrara Laboratorio di Sintesi Finale di Restauro Architettonico Anno Accademico 2015/2016 Laureandi: Elisabetta Ciarmatori, Beatrice Lorenzi, Guglielmo Maria Zaffini Primo relatore: prof. arch. Rita Fabbri Secondo relatore: ing. Andrea Giannantoni Correlatori: prof. arch. Riccardo Dalla Negra, arch. Serena Ciliani

La Casa del Mutilato di Palermo P r o g e t t o d i r e s t a u r o d i u n m o n u m e n t o d e l Ve n t e n n i o


“L’architettura, indice di civiltà, sorge limpida, elementare, perfetta,quando è espressione di un popolo che seleziona, osserva e apprezza i risultati che, faticosamente rielaborati, rivelano i valori spirituali di tutte le genti.” Giuseppe Terragni

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Abstract La Casa del Mutilato, in linea con la politica propagandistica fascista, viene eretta non solo come tempio del sacrificio e come luogo di memoria, ma anche come contenitore di servizi necessari per l’assistenza ai mutilati di guerra. La Casa del Mutilato di Palermo sorge nel rione San Giuliano, in un mandamento storico della città. Nel 1934, quest’area è oggetto di profonde trasformazioni urbanistiche che ne ridisegnano il paesaggio urbano, edilizio e viario. L’edificio, inaugurato il 28 ottobre del 1939, è stato progettato dall’architetto Giuseppe Spatrisano, che nel 1936 vince il concorso commissionato dall’Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi di Guerra. Attualmente ospita la sezione penale del Giudice di Pace, oltre agli uffici dell’A.N.M.I.G. Alcune ali dell’edificio sono però dismesse e necessitano di opere di manutenzione. Sono ancora presenti i mobili originali, disegnati dallo stesso architetto, e gli affreschi del pittore genovese Antonio Giuseppe Santagata. Il progetto di restauro è stato guidato dall’obiettivo di preservare l’importanza storica e artistica di questo monumento del Ventennio. Nell’organizzazione delle nuove destinazioni d’uso, si sono ridistribuiti gli ambienti giudiziari di pertinenza nei piani superiori dell’edificio e il piano rialzato con la sala di rappresentanza è stato lasciato a servizio del comune e di un piccolo museo in memoria dell’associazione. Per poter usufruire dell’atrio scoperto in qualsiasi momento dell’anno, si è deciso di progettare una copertura che si inserisca rispettosamente sulla preesistenza. Durante la campagna di rilievo sono emerse alcune criticità relative alle pareti in vetromattone che si affacciano sul cortile interno e alla struttura portante in cemento armato dell’edificio. E’ stato studiato un piano di intervento per il consolidamento del manufatto anche dal punto di vista strutturale, per conservare un momento architettonico significativo della storia del primo Novecento della città di Palermo.

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Indice 1

LA CASA DEL MUTILATO

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1.1. 1.2. 1.3.

11 16 18

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1.3.1. Casa del Mutilato di Palermo 1.3.2. Casa del Mutilato di Caltanissetta 1.3.3. Casa del Mutilato di Catania 1.3.4. Casa del Mutilato di Enna 1.3.5. Casa del Mutilato di Messina 1.3.6. Casa del Mutilato e del Combattente di Ragusa 1.3.7. Casa del Mutilato di Siracusa 1.3.8. Casa del Mutilato di Trapani

PALERMO DEL NOVECENTO

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2.1. 2.2. 2.3.

27 29 31

La specificità del fascismo siciliano Palermo città fascista Vicende urbanistiche e società a partire dalla fine dell’Ottocento

2.3.1. Le iniziative dell’amministrazione e l’inizio dell’espansione “a macchia d’olio” 2.3.2. Urgenza di miglioramenti igienici e diverse stesure del Piano Giarrusso 2.3.3. L’apertura della via Roma 2.3.4. Le problematiche urbanistiche tra le due guerre e il concorso del 1939 2.3.5. Dal Piano Regolatore Generale del 1962 al Sacco di Palermo

2.5.1. Palazzo Cinema Utveggio 2.5.2. Palazzo Cinema Massimo 2.5.3. Imbocco Monumentale di via Roma 2.5.4. Palazzo delle Ferrovie 2.5.5. Palazzo delle Poste 2.5.6. Banca d’Italia 2.5.7. Banco di Sicilia 2.5.8. Palazzo del Provveditorato alle OO.PP. 2.5.9. Caserma dei Vigili del Fuoco 2.5.10. Palazzo di Giustizia 2.5.11. Istituto Tecnico Nautico

2.4. 2.5.

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La fondazione dell’A.N.M.I.G. e l’origine della Casa del Mutilato La diffusione delle Case del Mutilato in Sicilia Schede di confronto

Conseguenze del Piano Giarrusso: il nuovo volto del rione San Giuliano Architetture novecentiste significative

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GIUSEPPE SPATRISANO ARCHITETTO (Palermo 1899-1985)

45

3.1. 3.2.

45 48

4

51

4.1. 4.2. 4.3. 4.4. 4.5.

51 52 55 58 60

4.6.

Iter progettuale ed amministrativo Il progetto definitivo Finiture e materiali utilizzati Infissi Opere artistiche 4.5.1. Opere pittoriche 4.5.2. Opere scultoree ed iscrizioni 4.5.3. Arredi

Interventi recenti e trasformazioni funzionali

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PROGETTO DI RESTAURO

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5.1.

83

5.2.

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3.2.1. Periodo pre-romano (1922-1935) 3.2.2. Prima fase (1936-1938) 3.2.3. Seconda fase (1939-1950) 3.2.4. Terza fase (1951-1973)

LA CASA DEL MUTILATO DI PALERMO

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Cenni biografici Progetti ed opere significative

Interventi di restauro delle superfici 5.1.1. Superfici esterne 5.1.2. Facciate in vetromattone 5.1.3. Superfici interne 5.1.4. Infissi

Interventi di restauro dell’apparato decorativo 5.2.1. Opere pittoriche 5.2.2. Apparato epigrafico 5.2.3. Arredi originali

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5.3.

5.4.

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Interventi di consolidamento strutturale

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5.3.1. Percorso di conoscenza del manufatto 5.3.1.1. Rilievo 5.3.1.2. Analisi storico-critica 5.3.1.3. Rilievo materico costruttivo e stato di conservazione 5.3.1.4. Aspetti geotecnici 5.3.2. Piano delle indagini conoscitive 5.3.2.1. Livelli di conoscenza e fattori di confidenza 5.3.2.2. Tecniche di indagine sulle murature 5.3.2.3. Tecniche di indagine sulle strutture in cemento armato 5.3.2.4. Tecniche di indagine sui solai 5.3.2.5. Tecniche di indagine sul terreno 5.3.3. Piano degli interventi 5.3.3.1. Micropali 5.3.3.2. Ciclo di risanamento del calcestruzzo 5.3.3.3. Interventi con materiali compositi FRP 5.3.3.4. Interventi antiribaltamento per sistemi non strutturali

Proposta di rifunzionalizzazione

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5.4.1. Premesse e nuove destinazioni d’uso 5.4.2. Un nuovo spazio per il rione San Giuliano e l’ampliamento della sezione penale del Giudice di Pace 5.4.3. Progetto di una nuova copertura dell’Atrio dedicato ai Caduti 5.4.4. Miglioramento per la sicurezza

SCHEDE DI RESTAURO

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Bibliografia, sitografia e fonti archivistiche Fonti iconografiche Allegati | Elaborati grafici Ringraziamenti

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ABBREVIAZIONI A.N.M.I.G.

Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra

A.N.F.C.D.G. Associazione Nazionale delle Famiglie dei Caduti e dei Dispersi in Guerra A.N.C.O.G.

Associazione Nazionale Combattenti ed Orfani di Guerra

A. CdM. Pa. Archivio A.N.M.I.G. presso la Casa del Mutilato di Palermo

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LA CASA DEL MUTILATO

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1.1. La fondazione dell’A.N.M.I.G. e l’origine della Casa del Mutilato Invalido di guerra L’invalido di guerra è l’ufficiale o militare delle forze armate che, per causa o in occasione di servizio di guerra o per causa di servizio attinente alla guerra, abbia riportato ferita o lesione o contratto infermità dalle quali sia derivata perdita o menomazione della capacità di lavoro o che, pur essendo affetto da infermità preesistenti al servizio militare, abbia subito nelle suddette circostanze un aggravamento delle condizioni di salute tale da menomare o annullare la sua capacità lavorativa. Mutilato Per mutilato s’intende l’invalido che abbia subito per ferita o lesione la perdita anatomica o funzionale, totale o parziale, di un arto o di un organo.

Da sempre le ferite riportate durante la guerra sono state considerate motivo d’onore. L’intervento dello stato a favore di coloro che, combattendo, avevano visto compromessa l’integrità della persona o la vita non era una novità nel Novecento, ma il carattere di obbligo sociale di tale intervento si è delineato chiaramente solo al principio del secolo scorso e bisogna giungere alla guerra mondiale per coglierne, attraverso le leggi e le provvidenze imposte dalla sua vastità e dalla sua durata, la precisa definizione. Durante la guerra in Libia, per esempio, si trovano le prime pensioni di guerra con caratteristiche particolari. Con la legge del 23 giugno 1912 la pensione di guerra veniva distinta da quella privilegiata di servizio. Più tardi, con la legge fascista del 12 luglio 1923, è possibile comprendere meglio i principi giuridici che delineavano e caratterizzavano la figura dell’invalido di guerra ed il dovere dello stato che interveniva a compensare coloro che avevano sofferto di più. Per lo stato però sarebbe risultato impossibile sostenere l’onere di riscattare tutti gli invalidi, così vennero distinti coloro che avevano perduto ogni possibilità di provvedere a sé e agli altri e coloro ai quali rimaneva una maggiore o minore capacità, ma erano comunque ancora in grado di badare a se stessi. La necessità di trovare luoghi adatti al ricovero dei mutilati e degli invalidi diventò urgente. Nel 1915 nacquero, per volere dei comitati d’assistenza, degli istituti di cura e di rieducazione ortopedica e

Fig. 1 Riproduzione della tela nella Sala delle Adunanze

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lavorativa con l’intento di dare una risposta pratica, ma verso la fine della guerra essi non furono più sufficienti. A fianco dell’opera dello stato dunque si svolgeva un’intensa attività di assistenza e di protezione affidata ad enti e associazioni organizzate in tutto il paese. Successivamente, con la legge del 25 marzo del 1917, lo stato istituì l’Opera Nazionale per l’assistenza e la protezione degli Invalidi di Guerra (O.N.I.G.). Quest’opera si occupava del coordinamento delle iniziative private che poi vennero progressivamente assorbite con la costituzione di rappresentanze e di uffici in tutte le province. Tra i compiti che essa svolgeva vi erano il servizio sanitario e ortopedico, la preparazione e rieducazione professionale ed infine il collocamento presso gli enti pubblici e privati.1 Poco tempo dopo nacque l’Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi di Guerra, che per molti aspetti è la prima organizzazione unitaria e totalitaria sorta in Italia. L’atto di costituzione è del 29 aprile 1917 ed ebbe luogo a Milano presso gli uffici della Lega Antitedesca, in piazza S. Sepolcro, da cui doveva partire il primo proclama dei fasci italiani di combattimento.2 Questa associazione, proponendosi di accogliere tutti i minorati di guerra di qualunque grado, condizione e provenienza, per conciliarne e difenderne gli interessi, affermava e realizzava il principio di unità e di solidarietà del popolo ritrovato sul campo. Essa assorbì gradualmente i gruppi che sorgevano in maniera sporadica, impedendo che in Italia sorgessero o si affermassero associazioni a carattere regionale e a tendenza politica.3 Il primo organo direzionale di questa neonata Associazione fu il “Comitato Centrale Provvisorio”, detto anche “Comitato Generale”. Con la redazione dello Statuto Provvisorio, oltre ad enunciare i propositi per cui nasceva l’Associazione, si stabiliva con precisione a chi spettasse il diritto di diventarne socio. Con il compito di vigilare sull’applicazione dello Statuto, venne istituita una “Commissione Direttiva o Esecutiva” che si sarebbe occupata di controllare la rete capillare di sezioni e sottosezioni sorte su tutto il territorio italiano. C. Delcroix, Mutilati ed Invalidi di Guerra, in “Enciclopedia Italiana Treccani”, 1938, online, consultato il 20 agosto 2016, disponibile all’indirizzo: http://www.treccani.it/enciclopedia/mutilati-e-invalidi-di-guerra_(Enciclopedia_italiana)/ 2 Per un resoconto dei giornali dell’epoca si veda: G. Sabbatucci, I combattenti del primo dopoguerra, Laterza, Roma 1974. 3 C. Delcroix, Mutilati ed Invalidi di Guerra, in “Enciclopedia Italiana Treccani”, 1938, consultato il 20 agosto 2016, online, disponibile all’indirizzo: 1

http://www.treccani.it/enciclopedia/mutilati-e-invalidi-di-guerra_(Enciclopedia_italiana)/

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Fig. 2 A. G. Santagata, Busto marmoreo di Carlo Delcroix alla Casa Madre dei Mutilati di Roma


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Il 3 novembre del 1917 venne stilato il Manifesto, mentre il 12 novembre venne istituita la “Legione Mutilati”, un gruppo di trentadue mutilati volontari, incaricati di ravvivare lo spirito e il senso del dovere e del sacrificio non solo ai combattenti, ma anche ai comuni cittadini.4 Il numero e l’azione di tutela degli interessi dei mutilati non sono gli unici punti di forza. Un altro motivo fondante di quest’organizzazione infatti è il carattere patriottico dei suoi contenuti, resi noti fin dal primo articolo dello Statuto sociale:5

“[...] finalità di ordine ideale, morale e patriottico, volte a promuovere, nel ricordo del dovere compiuto per la patria e nell’auspicio della eliminazione delle guerre, ogni iniziativa diretta al consolidamento della pace, della cooperazione e dell’amicizia tra gli Stati, nonché allo sviluppo civile, giusto e democratico progresso del popolo italiano […]”.6 Durante il secondo congresso nazionale, che si tenne a Palermo il 5 aprile 1919, l’Associazione annunciava l’impossibilità di diventare un partito e di svolgere una vera azione politica. Negli anni successivi l’associazione dei mutilati si impegnò nella difesa della propria unità, contro ogni tentativo di disgregazione, imponendo sempre come primo obiettivo il riconoscimento dei diritti dei minorati di guerra. Sotto questo aspetto fu fondamentale la legge del 21 agosto 1921 sul collocamento obbligatorio degli invalidi presso le imprese pubbliche e private, con cui lo Stato cominciava a favorire il reintegro nella società dei mutilati e invalidi di guerra. Continuando a dichiarare la propria apoliticità, il 28 ottobre del 1922 l’associazione si affiancò alle forze della rivoluzione: il 4 novembre del 1922 aderì pubblicamente al nuovo governo e da allora servì fedelmente e attivamente la causa della rivoluzione, tanto da venire definita dal Duce come “una delle forze fondamentali del regime”, il quale con il tempo acquisì sempre maggior controllo su tale associazione. Con la legge del 19 aprile del 1923, il governo demandò esclusivamente all’A.N.M.I.G. la rappresentanza e la tutela dei mutilati di guerra presso il governo e presso tutti i competenti organi dello stato. G. Sabbatucci, I combattenti del primo dopoguerra, Laterza, Roma 1974, p. 23. Lo Statuto sociale venne firmato al Congresso di Roma nel marzo del 1918. Si veda Del Lucchese Valdo (a cura di), Passato presente futuro. Compendio della storia dell’Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra, Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra, Roma 2012, p. 39. 6 Per l’articolo n.1 dello Statuto Sociale dell’A.N.M.I.G. consultato il 20 agosto 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://siusa.archivi.beniculturali.it 4 5

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Il 14 febbraio del 1927 l’Associazione, tramite Carlo Delcroix7, e la Confederazione Nazionale dei Sindacati Fascisti strinsero un patto in virtù del quale i mutilati entravano a far parte dell’organizzazione dei lavoratori e ottenevano diretti rappresentanti nei consigli nazionali e provinciali delle corporazioni.8 Per compiacere maggiormente il Duce, l’Associazione venne elevata ad Ente Morale, con Regio Decreto del 16 dicembre 1929.9 Nel 1927 il Ministero della Pubblica Istruzione invitò a limitare il diffondersi di monumenti ai caduti, privi di un particolare senso nazionalistico, in favore della costruzione di opere di “pubblica utilità” dedicate ai Caduti o alla Vittoria. In questo contesto la tipologia della Casa del Mutilato si diffuse dunque come “monumento utile”, presentando un duplice ruolo. Da un lato rappresentava la memoria del sacrificio attraverso iscrizioni, decorazioni e opere d’arte. Dall’altro assolveva la funzione assistenziale dedicata agli invalidi e mutilati per reintegrarli nella società. Si configurava come contenitore di uffici assistenziali per i soci, di studi medici ed ambulatori per le visite mediche e di sale di rappresentanza, nonché di uffici del presidente e dei vari membri costituitivi dell’Associazione. In questo contesto, Mussolini promosse l’investimento di parte del denaro pubblico nella costruzione di una casa del mutilato in ogni provincia ed in particolare vennero scritte delle precise direttive per l’elargizione dei sussidi per quelle sezioni dell’associazione che intendessero munirsi di una casa del mutilato. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’Associazione risultava divisa tra le sedi sotto il controllo degli Alleati e quelle ancora sotto il controllo del fascismo della Repubblica Sociale. Il primo congresso dopo la guerra, tenutosi a Venezia, ottenne la rielezione del Comitato Centrale e l’approvazione di una nuova Carta Statuaria che ribadiva il carattere apolitico dell’Associazione. 7 Carlo Delcroix è stato un militare

Fig. 3 Casa Madre dei Mutilati, Architetto Marcello Piacentini, Roma

italiano, mutilato durante la Grande Guerra, viene insignito della medaglia d’argento al valor militare. Al ritorno dalla guerra prosegue la sua attività di oratore e propagandista, entrando nell’A.N.M.I.G. della quale sarebbe divenuto presidente nel luglio 1924.

C. Delcroix, Mutilati ed Invalidi di Guerra, in “Enciclopedia Italiana Treccani”, 1938, consultato il 20 agosto 2016, online, disponibile all’indirizzo: http:// www.treccani.it/enciclopedia/mutilati-e-invalidi-di-guerra_(Enciclopedia_italiana)/ 9 Del Lucchese Valdo (a cura di), Passato presente futuro. Compendio della storia dell’Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra, Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra, Roma 2012, cit. sezione “Appendice”, pp. 285-287. 8

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Fig. 4 Ingresso della Casa del Mutilato di Palermo


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Fino a questo momento, l’A.N.M.I.G. si delineò come organismo pubblico, dal 23 dicembre 1978 con D.P.R. n. 833 diventò invece un’associazione privata e continuò a svolgere la sua attività di assistenza e di erogazione delle pensioni di invalidità fino ad oggi10. Attualmente, a causa della crisi economica, le varie sedi non ricevono un’adeguata manutenzione ed in parte vengono vendute a società immobiliari, banche o ad altre istituzioni che sradicano purtroppo gli ideali con cui questi edifici sono sorti. Si è cercato di trovare una soluzione creando la “Fondazione A.N.M.I.G.” la quale sub-affitta in parte locali presenti nelle numerose case del mutilato per poter continuare a svolgere la sua attività “con lo scopo di non disperdere l’immenso patrimonio di ideali, di valori e di testimonianze di cui i mutilati ed invalidi di guerra sono portatori”.11

Del Lucchese Valdo (a cura di), Passato presente futuro. Compendio della storia dell’Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra, Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra, Roma 2012, cit. sezione “Appendice”, pp. 311-312. 11 Comitato centrale A.N.M.I.G., Le origini della fondazione, consultato il 20 agosto 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://www.anmigcomitatocentrale.com/fondazione/fondazione/fondazione.htm 10

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1.2. La diffusione della Casa del Mutilato in Sicilia La storia delle città siciliane durante il ventennio è segnata da profonde differenze. Per poterne comprendere lo sviluppo si deve tenere conto della presenza di realtà urbane molto diverse tra loro e dell’inesistenza di un rapporto proporzionale tra dimensione della città e investimenti del regime in materia di opere pubbliche e assistenziali. I nove capoluoghi di provincia volevano riconosciuto un ruolo da protagonista nello scenario regionale, per motivi legati alla storia passata o a meriti presenti, alla posizione geografica o alle capacità produttive. La complessità di queste relazioni e la conseguente conflittualità aveva origini remote, ma durante il fascismo si rinvigorì. Le rivalità erano inoltre ingigantite delle fazioni locali che cercavano di convogliare l’attenzione e il denaro verso le aree da loro controllate. Gli investimenti del regime si concentravano solo in alcune aree, solo quando andavano incontro al carattere proprio della storia siciliana. Tutti i capoluoghi dunque si prepararono ad essere ampliati con nuovi “monumenti utili” per mostrare con chiarezza i segni dei nuovi tempi e della nuova politica.12

Barbera Paola, La piazza Impero e la Casa del Fascio a Ragusa: storia e costruzione di un luogo urbano tra le due guerre, Liceo Classico Umberto I, Ragusa 2000. 12

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E’ il caso dei primi progetti di case del mutilato in Sicilia che risalgono agli anni ’30. Si tratta delle sedi di Trapani e Ragusa13, seguite alcuni anni più tardi da Palermo, Catania ed Enna. Al secondo dopoguerra appartengono invece i progetti delle case di Caltanissetta e di Messina. Si tratta di edifici molto diversi tra loro, sia per il contesto urbano in cui sorgono, sia per la tipologia e il linguaggio architettonico con cui vengono realizzati. Non si può dunque individuare un modello o degli stilemi ricorrenti, tuttavia presentano dei comuni denominatori. Innanzitutto, in linea con la politica propagandistica fascista, le Case del Mutilato sono state erette come templi del sacrificio e come luoghi simbolici di valori legati alla figura del mutilato come “homo novus”. Questi edifici non sono solo luoghi della memoria, come i monumenti ai caduti, ma anche luoghi di identificazione con la figura del soldato. Presentano quindi molte analogie nel repertorio iconografico e negli apparati decorativi. Troviamo spesso, ad esempio, bassorilievi raffiguranti Vittorie alate o l’Italia vincitrice, sculture o dipinti che raccontano scene di guerra, il simbolo dell’A.N.M.I.G. e lapidi con iscrizioni. Altre somiglianze si trovano nella distribuzione planimetrica degli ambienti. Solitamente al piano terreno si trovano il salone delle adunanze, il sacrario e altre sale di rappresentanza, mentre ai piani superiori, uffici amministrativi, assistenziali ed ambulatori medici. Inoltre, dal punto di vista tecnologico, le strutture portanti sono per la maggior parte in cemento armato con tamponature in pietra del luogo. Infine, per i fronti principali e per gli ambienti interni di maggiore importanza, vengono prediletti materiali pregiati locali, e non solo, come la pietra brecciata di Billiemi oppure il marmo Botticino, il Travertino e il marmo di Carrara. Anche i pavimenti si distinguono in base alla funzione della stanza in cui si trovano. Se si tratta di sale delle adunanze o degli scaloni d’onore, si preferisce l’uso del marmo, mentre per gli ambienti secondari,si opta generalmente per cementine di diverse geometrie e colori. Si è cercato di redigere una catalogazione delle case del mutilato presenti in Sicilia, in otto dei nove capoluoghi di provincia. Per alcune il materiale recuperato è stato tale da consentire ragionamenti di confronto; per altre la reperibilità delle informazioni non è stata sufficiente, a causa di trasferimenti di sedi e documentazioni in altri luoghi non facilmente identificabili.

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Elementi di confronto OPERE D’ARTE E SCULTURE PORTALE D’INGRESSO SCALINATA DI ACCESSO SALA DELLE ADUNANZE RIVESTIMENTO CON MATERIALI LAPIDEI LOCALI RIVESTIMENTO IN INTONACO

La sede regionale dell’A.N.M.I.G. è a Trapani.

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1.3. Schede di confronto14 1.3.1. Casa del Mutilato di Palermo15 Progettista: Arch. Giuseppe Spatrisano Committente: il comune a titolo gratuito offre un lotto di terreno di 850 mq nel rione San Giuliano (atto di cessione definitiva Rep.4596 il 18/05/1939)), nel 1935 viene emesso il bando di concorso per la Casa del Mutilato. Lavori affidati alla ditta Ponte e seguito dall’ingegnere Santo Allegra. Finanziamenti16: 224.000 lire dall’Istituto dei mutilati di Palermo 200.000 lire dall’Opera nazionale dei mutilati 200.000 lire dal Comitato centrale associazioni mutilati 100.000 lire dal Banco di Sicilia 100.000 lire dalla Provincia di Palermo 30.000 lire dalla Cassa di Risparmio Tipologia: edificio isolato (tre piani + uno seminterrato, 850mq) Ubicazione: quartiere S. Giuliano, via Donizetti, via Scarlatti, via Rossini, Palermo Date di inizio e fine costruzione: 1936-1939 (inaugurazione 21 maggio 1939 con il principe del Piemonte e circa diecimila ex combattenti invalidi) Materiali principali della facciata: travertino, marmo di Billiemi Opere d’arte tipo pitture o sculture (interne ed esterne): in facciata due bassorilievi allegorici stilizzati in marmo di Billiemi, all’esterno nell’Atrio due affreschi del Santagata ai lati dell’altare, nella sala delle adunanze affresco del Santagata Struttura portante: cemento armato Funzioni attuali: piano seminterrato | archivio giudice di pace (sez. penale) e studio tecnico piano rialzato | ala sinistra sala riunioni per A.N.M.I.G., ala destra giudice di pace (sez. penale: aule udienza, uffici giudici) piano primo | ala sinistra non utilizzata, ala destra ancora usata dall’associazione piano secondo | ala sinistra non utilizzata (ma appena ristrutturata), ala destra cancelleria del giudice di pace (sez. penale)

Per la raccolta di informazioni sulle case del mutilato in Sicilia si è fatto riferimento a: Bruno Giorgia, La Casa del Mutilato di Palermo, tesi di Laurea, Facoltà di Architettura, Università degli Studi di Palermo, A.A. 2006-2007, pp. 111-123. 15 Cammarata Valerio, Architettura e opere pubbliche a Palermo 1930-1940, Novecento, Palermo 1999, pp.149-150. 16 Per tutti i finanziamenti si veda: A. CdM. Pa, estratto verbale riunione del comitato provinciale del giorno 2 febbraio 1936. 14

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Funzioni originali: piano seminterrato | ambulatorio medico, alloggio del portiere e magazzino per gli apparecchi ortopedici piano rialzato | ala sinistra Sala delle Adunanze, ala destra Sala dei Cimeli, sede dell’associazione Famiglie Caduti e dell’istituto Nastro Azzurro piano primo | ala sinistra uffici cooperative edilizie “Il Piave” e “Cemig”, ala destra uffici A.N.M.I.G. piano secondo | uffici dell’Opera Nazionale Mutilati di Guerra Informazioni urbanistiche sull’area di progetto: la Casa del Mutilato si trova nel rione S. Giuliano appartenente al mandamento Monte di Pietà, nel centro storico della città di Palermo, è classificabile nella categoria edilizia conseguente al piano regolatore di risanamento e ampliamento Giarrusso del 1886 Edifici importanti del Ventennio costruiti nell’area: 1914-15 | Palazzo Cinema Utveggio, Ernesto Armò 1921-23 | Palazzo Cinema Massimo, Giovan Battista Santangelo 1932-35 | Palazzo del Provveditorato alle OO.PP., Giuseppe Capitò 1935-37 | Caserma dei Vigili del Fuoco, Vincenzo Nicoletti e Antonino Pollaci Edifici costruiti dal progettista negli stessi anni: 1928 | Edificio per la Società “Ducrot”, via Rosolino Pilo, Palermo 1929 | Edificio per la Società “Ducrot”, via Condotti, Roma 1935-40 | Progetto per la Casa del Mutilato, Caltanissetta 1935-40 | Progetto di poliambulatorio e sede dell’Associazione Mutilati e Invalidi di Guerra, Palermo 1935-40 | Progetto di torre civica, piazza di Calascibetta (Enna) 1938 | Progetti per la sede della G.I.L., Villa Gallidoro, Palermo 1939 | Progetto di Borgo rurale, Tagliavia presso Corleone, Palermo 1939 | Progetto di Borgo rurale, Camporeale, Palermo 1941 | Edificio della società Garboli, via del Porto, Palermo 1942 | Studio per il Palazzo della Civilità italiana, Roma A.N.M.I.G.: sede provinciale

Vista d’insieme

Schema di confronto | prospetto principale

Schema di confronto | piano rialzato

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1.3.2. Casa del Mutilato di Caltanissetta17 Progettista: Ing. Giuseppe Bennardo Committente: A.N.M.I.G. e Santo Agnello primo presidente e fondatore della sezione Finanziamenti: A.N.M.I.G., Governo regionale, Istituto Siciliano dei Mutilati di Guerra, Banco di Sicilia, la Provincia e il Comune, la Camera di Commercio di Caltanissetta. Tipologia: edificio isolato (tre piani, 587 mq) Ubicazione: viale Regina Margherita, 49 Date di inizio e fine costruzione: 1954-59 Materiali principali della facciata: in parte intonacato e in parte rivestito in marmo di Billiemi e travertino Opere d’arte tipo pitture o sculture (interne ed esterne): bassorilievi sulla facciata principale, si tratta di medaglioni in pietra con le insegne delle varie Armi, con quello centrale in bronzo; lapide all’ingresso con i nomi dei finanziatori e la proclamazione della vittoria nella Grande Guerra a firma del generale Diaz; lapide dedicata a Santo Agnello collocata nella casa nel 1974; sempre all’ingresso il bassorilievo in bronzo raffigurante San Sebastiano, opera dello scultore termitano Alessandro Manzo. Struttura portante: fondazioni in c.a. a trave rovescia, struttura portante in muratura ordinaria di conci tufacei provenienti da Mazara del Vallo, cantonali e stipiti delle aperture in mattoni pieni di Spadafora e malta cementizia, solai di tipo misto in laterizi e cemento armato Funzioni attuali: uffici A.N.M.I.G. e uffici distaccati della Prefettura di Caltanissetta (piano rialzato e primo piano) Funzioni originali: uffici A.N.M.I.G. e Istituto del Nastro Azzurro Informazioni urbanistiche sull’area di progetto: Edifici importanti del ventennio costruiti nell’area: Edifici costruiti dal progettista negli stessi anni: A.N.M.I.G.: sede provinciale

Fig. 5 Iscrizione all’esterno della Casa del Mutilato di Caltanissetta

Schema di confronto | prospetto principale

Fabrizi Lorenza, Case del Mutilato, case di cultura, consultato il 7 agosto 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://www.anmig.it/case-del-mutilato-case-di-cultura/ 17

Fig. 6 Iscrizione esterna

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La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio


1 | La Casa del Mutilato

1.3.3. Casa del Mutilato di Catania18 Progettista: Ing. Ercole Fischetti Committente: A.N.M.I.G. Finanziamenti: 25.000 lire in sussidio dal Comune Tipologia: edificio isolato (4piani, 400mq) Ubicazione: piazza Vincenzo Bellini Date di inizio e fine costruzione: 1933-39 Materiali principali della facciata: marmo bianco (muscovite), intonaco trattato a frattazzo per le altre parti del prospetto, zoccolatura in pietra lavica (basalto dell’Etna) Opere d’arte tipo pitture o sculture (interne ed esterne): simbolo dell’associazione, personificazione dell’Italia, scene di guerra, insegna X legione (iconografia), due affreschi di Roberto Rimini nella sala delle adunanze, lapidi con citazioni, gruppo scultoreo di Francesco Juvara raffigurante la “Pietà” nel sacrario (all’interno), statue di combattenti e chiodi scultorei della porta principale a forma di testa di soldato con elmetto ad opera degli scultori Salvatore Juvara, Giuseppe D’Angelo e Salvo Giordano (all’esterno) Struttura portante: struttura in muratura portante in pietra lavica e malta cementizia, solai in c.a. Funzioni attuali: dismesso Funzioni originali: piano terra | sala delle adunanze, biblioteca, sacrario piani superiori | locali per la ristorazione, uffici di segreteria e di presidenza, sala del consiglio direttivo, uffici previdenziali, ambulatori Informazioni urbanistiche sull’area di progetto: il palazzo settecentesco dei Duchi di Tremestrieri della famiglia Rizzari poi pervenuta agli Ardini che sorgeva sull’area donata all’A.N.M.I.G. venne demolita secondo le direttive della Regia Soprintendenza per l’Arte Medievale e Moderna di Palermo per lasciare spazio alla nuova costruzione della Casa del Mutilato. Edifici importanti del Ventennio costruiti nell’area: 1928 | Garage Musmeci, Francesco Fichera 1929 | Palazzo delle Poste, Francesco Fichera 1929 | Istituto Tecnico Industriale, Francesco Fichera 1929 | Istituto Tecnico Commerciale “Archimede”, Francesco Fichera 1933 | Palazzo dell’Economia Corporativa, Vincenzo Patanè 1937-53 | Palazzo di Giustizia, Francesco Fichera Edifici costruiti dal progettista negli stessi anni: 1929 | Trasformazione dell’Ex-convento della Purità in Casa del Balilla con un volume ex-novo 1934 | Ampliamenti per laboratori e sala di ricevimento presso l’Istituto di Ciechi 1923-39 | Palazzo delle Scienze 1938 | Villa Cornis-Strano Ampliamento degli istituti di Patologia Medica e Clinica Generale A.N.M.I.G.: sede provinciale

Fig. 7 La Casa del Mutilato di Catania

Schema di confronto | prospetto principale

Per la Casa del Mutilato di Catania si vedano: Spina Rosangela, L’architettura a Catania tra le due guerre. Avvenimenti, personaggi, opere, Agorà IX, a. III, aprile-giugno 2002, consultato il 7 agosto 2016, online, disponibile all’indirizzo: www.editorialeagora.it Minissale Marcella, La Casa del mutilato e successive vicende, documento inviato dalla sezione A.N.M.I.G. di Catania. 18

Schema di confronto | piano terra

La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio

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1 | La Casa del Mutilato

1.3.4. Casa del Mutilato di Enna19 Progettista: Calandra? Committente: Comune di Enna Finanziamenti: Tipologia: edificio in linea (tre piani, 400mq, di cui 99mq del cortile interno) Ubicazione: via Roma, 188 Date di inizio e fine costruzione: 1939-49 Materiali principali della facciata: intonaco, marcapiani in conglomerato cementizio, basamento in lastre lapidee. Opere d’arte tipo pitture o sculture (interne ed esterne): Struttura portante: muratura portante di pietra rotta locale e malta cementizia, fondazioni di tipo continuo, solai con travi in ferro a doppia T e travettoni in cls. Funzioni attuali: uffici A.N.M.I.G. e altri studi di avvocati ed ingegneri, negozio al piano terra Funzioni originali: uffici A.N.M.I.G., O.N.M.I.G. e Associazione Nazionale Combattenti e Reduci di Guerra Informazioni urbanistiche sull’area di progetto: Edifici importanti del Ventennio costruiti nell’area:19 1934 | Progetto per un nuovo centro cittadino (piazza del Littorio e del Governo) S. Caronia 1937 | Palazzo del Governo, Salvatore Caronia Roberti 1939 | Banca d’Italia, Rocco Giglio Palazzo della Prefettura Palazzo della Provincia Palazzo delle Poste Palazzo del Consiglio Provinciale delle Corporazioni (oggi Camera del Commercio) Palazzo Istituto Nazionale Case Impiegati dello Stato Palazzo dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni Edifici costruiti dal progettista negli stessi anni: A.N.M.I.G.: sede provinciale

Informazioni sugli edifici del Ventennio a Catania, consultate il 10 agosto 2016, online, disponibili agli indirizzi: http://www.comune.enna.it/eca/index.php/itinerari/itinerario-rosso/item/24 http://www.ilcampanileenna.it/piazza-garibaldi.html

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La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio

Fig. 8 Foto storica della Casa del Mutilato di Enna

Schema di confronto | prospetto principale


1 | La Casa del Mutilato

1.3.5. Casa del Mutilato di Messina Progettista: Ing. Giuseppe Alonci Committente: Finanziamenti: Tipologia: edificio in linea (tre piani) Ubicazione: via Calabria, 50 Date di inizio e fine costruzione: 1952 Materiali principali della facciata: intonaco tipo “Terranova” (rosso tipo Foro Italico), travertino naturale (orientamento verticale) Opere d’arte tipo pitture o sculture (interne ed esterne): iscrizione in bronzo “gemendo germinat” e bassorilievo sempre in bronzo (all’esterno), simbolo dell’associazione sopra l’ingresso. Struttura portante: Funzioni attuali: ristorante e bar al piano terra, sede A.N.M.I.G. al primo piano, casa di riposo “Le Margherite” al secondo piano Funzioni originali: Informazioni urbanistiche sull’area di progetto: Edifici importanti del Ventennio costruiti nell’area:20 1913 | Palazzo delle Poste Centrali 1926 | Palazzo della Cassa di Risparmio, Cesare Bazzani 1919-28 | Palazzo di Giustizia, Marcello Piacentini 1924-29 | Galleria Vittorio Emanuele, Camillo Puglisi Allegra 1938 | Palazzo I.N.F.A.I.L., Giuseppe Samonà 1938 | Casa della G.I.L. 1937-39 | Stazione marittima, Angiolo Mazzoni 1940 | Casa del Fascio, Giuseppe Samonà e Guido Viola Palazzo I.N.F.P.S. Edifici costruiti dal progettista negli stessi anni: A.N.M.I.G.: sede provinciale

Vista d’insieme

Schema di confronto | prospetto principale

Informazioni sugli edifici del Ventennio a Messina, consultate il 10 agosto 2016, online, disponibili all’indirizzo: http://www.artefascista.it/messina__fascismo__archi.html

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Fig. 9 Particolare del bassorilievo in bronzo della facciata esterna

La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio

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1 | La Casa del Mutilato

1.3.6. Casa del Mutilato e del Combattente di Ragusa Progettista: Francesco Fichera Committente: Comune di Ragusa tramite concorso Tipologia: edificio isolato Finanziamenti: Ubicazione: piazza Mussolini, poi Impero (1937), oggi Libertà (progettata da Ernesto B. Lapadula) Date di inizio e fine costruzione: 1934-40 Materiali principali della facciata: calcare locale (pietra modicana) in due varianti (calcare forte e calcare normale tufaceo), pietra asfaltica (calcare impregnato di bitume), intonaco. Opere d’arte tipo pitture o sculture (interne ed esterne): non presenti Struttura portante: negli anni ‘50-‘60 tutto il piano terra è stato sede di un supermercato. In occasione di questo primo cambio di destinazione sono avvenute le prime manomissioni sull’edificio per passare da un edificio a muratura portante con setti di calcare locale in grandi blocchi ad ambienti unici con pilastri isolati. Funzioni attuali: Piano terra | ottico (1/3) e bar (negli anni ’50-’60 c’era un supermercato) Primo piano | sede dell’università telematica Pegaso (1/2) e sfitto (1/2) Secondo piano (aggiunto nel 1962) | A.N.C.R. Funzioni originali: Piano terra | A.N.C.R. (1/3) e Banca Nazionale del Lavoro (2/3). Primo piano | A.N.M.I.G. (1/2) e A.N.C.R. (Associazione Nazionale Combattenti e Reduci) (1/2) Secondo piano (aggiunto nel 1962) | A.N.C.R. Informazioni urbanistiche sull’area di progetto: conseguente al piano regolatore e d’ampliamento La Grassa del 1929 Edifici importanti del Ventennio costruiti nell’area:21 1929-31 | Ospedale Benito Mussolini, Domenico Caterina 1929-31 | Palazzo delle Scuole, Ugo Tarchi 1930 | Palazzo delle Poste, Angiolo Mazzoni 1930 ca | Piazza del Littorio, oggi del Popolo 1932 | Ponte del Littorio, ora Ponte Nuovo, Aurelio Aureli 1934-37 | Casa del Fascio e del Balilla, Ernesto B. Lapadula 1936-30 | Palazzo del Governo, Ugo Tarchi Edifici costruiti dal progettista negli stessi anni:22 1924 | Progetto di concorso per il Monumento ai caduti di Sicilia, Palermo. 1929 | Istituto Tecnico Commerciale “Archimede” 1919-29 | Palazzo delle Poste e dei Telegrafi, Catania 1922-29 | Palazzo delle Poste e dei Telegrafi, Siracusa 1932 | Palazzo dell’Economia, Ragusa 1936-38 | Palazzo del Consiglio Provinciale dell’Economia Corporativa1939 | Palazzo I.N.A. 1937-53 | Palazzo di Giustizia A.N.M.I.G.: sede provinciale

Fig. 10 Prospetto principale della Casa del Mutilato di Ragusa

Schema di confronto | prospetto principale

Informazioni sugli edifici del Ventennio a Ragusa, consultate il 10 agosto 2016, online, disponibili all’indirizzo: http://www.artefascista.it/ragusa__fascismo__italia__arc.htm 22 Informazioni su altri edifici progettati da Fichera, consultate il 10 agosto 2016, online, disponibili all’indirizzo: http://www.casadellarchitettura.eu/fascicolo/data/2013-04-09_582_2522.pdf 21

Schema di confronto | piano terra

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La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio


1 | La Casa del Mutilato

1.3.7. Casa del Mutilato di Siracusa Progettista: Bonaiuto? Committente: Finanziamenti: Tipologia: edificio isolato (2 piani) Ubicazione: viale Regina Margherita, 17 Date di inizio e fine costruzione: 1928-37, ampliamento attorno agli anni ‘60 Materiali principali della facciata: pietra calcarea e intonaci cementizi idrofughi Opere d’arte tipo pitture o sculture (interne ed esterne):23 vetrate artistiche e affresco di Duilio Cambellotti nel salone delle adunanze Struttura portante: muratura portante di pietrame calcareo e malta idraulica, con fondazioni a platea in calcestruzzo, la scala è in c.a. rivestita di marmo bianco. Funzioni attuali: piano terra blocco nuovo | gelateria primo piano blocco nuovo | scuola di musica piano terra e primo piano blocco originario | A.N.M.I.G. Funzioni originali: uffici della sezione provinciale A.N.M.I.G. Informazioni urbanistiche sull’area di progetto: Edifici importanti del Ventennio costruiti nell’area:24 1922-29 | Palazzo delle Poste e dei Telegrafi, Francesco Fichera 1932 | Stadio 1935 | Pantheon Caduti Siracusani, Ernesto e Gaetano Rapisardi 1939 | Palazzo I.N.A., Francesco Fichera Palazzo I.N.F.P.S., Francesco Fichera Palazzo I.N.F.A.I.L. Edifici costruiti dal progettista negli stessi anni: A.N.M.I.G.: sede provinciale

Fig. 11 Foto d’epoca della Casa del Mutilato di Siracusa

Schema di confronto | prospetto principale

Damigella Anna Maria, Duilio Cambellotti e la Casa del Mutilato di Siracusa, “Sicilia. Antichi miti, nuovi simboli”, n. 4, 2002. 24 Informazioni sugli edifici del Ventennio a Siracusa, consultate il 10 agosto 2016, online, disponibili all’indirizzo: http://www.artefascista.it/siracusa__arte__italiana__del.htm 23

Schema di confronto | piano terra

La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio

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1 | La Casa del Mutilato

1.3.8. Casa del Mutilato di Trapani25 Progettista: Ing. Giuseppe Eugenio Genovese Committente: A.N.M.I.G. Finanziamenti: raccolta fondi tra i cittadini con la collaborazione di una banca locale e il contributo di 10.000 lire da parte del podestà Agostino Burgarella Tipologia: edificio d’angolo (tre piani, 175mq) Ubicazione: piazza Cappuccini, successivamente Generale Scio Date di inizio e fine costruzione: 1935-36 Materiali principali della facciata: intonaco, portale in materiale lapideo, scalinata d’ingresso forse in roccia metamorfica marmorea. Opere d’arte tipo pitture o sculture: balcone arengario sulla piazza, affreschi all’interno, linguaggio monumentale con rimandi secessionisti nei prospetti Struttura portante: Funzioni attuali: Guardia Medica, C.A.F., locali affittati a liberi professionisti Funzioni originali: uffici della sezione provinciale ONIG (piano terra) e ANMIG (piano primo), sacrario all’entrata (sala ottagonale), sala delle adunanze Informazioni urbanistiche sull’area di progetto: P.R.G. Porto di Trapani: “Area per attrezzature di interesse comune, servizio sanitario (guardia medica)”; “Zone territoriali omogenee”, Zona A agg. Storici, recupero del patrimonio edilizio esistente; vincolo Paesaggistico (ex L. n°490/1999); Manufatto di interesse storico-architettonico non vincolato Edifici importanti del Ventennio costruiti nell’area:26 1923-27 | Palazzo delle Poste e dei Telegrafi, Francesco La Grassa 1931-34 | Ospedale Psichiatrico Provinciale, Gaspare Di Maggio 1936 | Casa della Madre e del Bambino 1937 | Consorzio Provinciale Antitubercolare 1927-31 | Palazzo dei Mutilati, Salvatore Marascia Edifici costruiti dal progettista negli stessi anni: A.N.M.I.G.: sede regionale

Fig. 12 Foto d’epoca della Casa del Mutilato di Trapani

Schema di confronto | piano terra

Cassisa Mario, C’era una volta Trapani, consultato il 10 settembre 2016, online, disponibile all’indirizzo:http://www.trapaninostra.it/libri/Mario_Cassisa/C_era_una_volta_Trapani/C_era_ una_volta_Trapani.pdf 26 Informazioni sugli edifici del Ventennio a Trapani, consultate il 10 agosto 2016, online, disponibili all’indirizzo:http://www.trapaninostra.it/libri/Opere_pubbliche_Terra_trapanese/Ope25

re_pubbliche-05.pdf

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Schema di confronto | piano terra


PALERMO DEL NOVECENTO

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2.1. La specificità del fascismo siciliano In Italia, dopo la prima guerra mondiale, l’equilibrio politico, economico e sociale sembrava compromesso. Il conflitto mondiale aveva accelerato tutti quei fenomeni che nei paesi europei più avanzati erano avvenuti in tempi più lunghi. Le migrazioni dalle campagne verso le fabbriche e la proletarizzazione di parti significative della popolazione avevano amplificato i problemi di un urbanesimo affrettato e di una carente organizzazione dei servizi civili. Questa situazione aveva accentuato l’insicurezza dei ceti medi e il desiderio rivendicativo della classe operaia. Inoltre, non sono da dimenticare problemi dei reduci di guerra, dei disoccupati, dell’emigrazione verso l’estero e delle innovazioni tecnologiche nei settori industriali. La crisi della finanza pubblica andava a sommarsi a tutte quelle debolezze che esponevano il sistema politico agli attacchi delle forze di destra. A consentire la vittoria fascista non è stata solo la crisi economica del ’21-’22, ma anche problematiche di tipo politico e sociale. L’avvento del Fascismo nel 1922 è stato certamente aiutato anche dal clima intellettuale e psicologico di quel tempo.1 “Sul piano morale il Fascismo praticava senza riserve un’esaltazione antitetica a quella dello statalismo di vecchio stampo, l’esaltazione cioè della violenza, del rischio, di un dinamismo fine a se stesso. Erano i motivi nazionalistici, attivistici, che avevano trovato la loro vera espressione culturale in parte nel dannunzianesimo, in parte nel Futurismo ed in parte nel fumoso spiritualismo di cui si era misticamente ammantato il mondo di coloro che avevano persuaso o partecipato alla grande guerra del ’15-’18 o alla lotta civile del ’19-’25, senza una più profonda giustificazione che quella di fare qualcosa o di essersi trovati coinvolti in qualcosa”.2 In Sicilia, bisogna precisare “che si falserebbe tutta una fase storica se si volesse allineare meccanicamente il corso degli eventi siciliani a quello del resto d’Italia, così come è errato cercare un andamento sincronico fra quello che accade nella Sicilia occidentale ed orientale”.3 Provenzano Ida Aurora, Urbanistica e architettura a Palermo fra le due guerre, S. Pezzino Editore, Palermo 1984. 2 G. Galasso, Le forme del potere, classi e gerarchie sociali, in “Storia d’Italia”, Einaudi, Torino 1972, vol. 1, pp. 582-583. 3 M. Gangi, La Sicilia contemporanea, in “Storia della Sicilia”, S. E. Storia di Napoli e della Sicilia, Palermo 1972, vol. 8, p. 227. 1

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2 | Palermo del Novecento

“Mentre al Nord il proletariato urbano e rurale aveva ripreso, nel dopoguerra, le lotte iniziate nell’800, in Sicilia continuò quel processo di specificazione politica che si era avviato nel 1917-18”.4 Tra il 1919 e il 1920 l’opposizione tra i sindacati operai della città e le cooperative contadine della campagna diedero corpo a scioperi ed occupazioni di fabbriche nelle città, mentre nelle campagne della Sicilia centro-occidentale si susseguirono senza controlli politici e senza ordine diverse marce di contadini per l’occupazione dei feudi. Mentre a livello nazionale le nuove elezioni del 1921 vedevano l’adesione di tutta la borghesia, in Sicilia parteciparono solo agrari e liberali, radicali e socialriformisti. I Fasci raccoglievano sempre più iscritti fra gli esponenti della destra politica ed economica, ex combattenti, studenti, ex liberali e radicali ed esponenti della mafia del latifondo. Inizialmente, il Fascismo in Sicilia non fu considerato come un fenomeno rilevante, ma piuttosto come uno strumento utile per lo scoraggiamento dei movimenti operai e proletari. La marcia su Roma cambiò tuttavia la situazione. Dopo il tentativo fallito di Vittorio Emanuele Orlando di controllare il movimento fascista, mantenendo i propri ideali liberali, lo spazio politico riservato alle correnti non fasciste era stato compromesso. Ogni altro sforzo di resistenza risultò invano: il Governo Fascista era ormai diventato una dittatura che si impadroniva della vita civile, sociale ed economica del paese. Il potere centrale fu consolidato tramite l’attuazione di grandi riforme sindacali e l’abolizione della libertà di stampa e dei partiti. Dal punto di vista economico, la rivalutazione della lira sfavorì le esportazioni causando l’aumento della disoccupazione e la crisi di numerose aziende. Si tentò di ovviare alla situazione con progetti di lavori pubblici come la “battaglia del grano” e la “bonifica integrale”, azioni che avevano anche valenza demagogica nei confronti della popolazione. Dal 1929 la crisi economica rese sempre più deboli le forze liberali permettendo l’affermarsi delle destre estreme ispirate al Fascismo italiano e al nascente corporativismo.Mussolini condusse dal ’23 al ’36 un’attenta politica estera che contribuì ad affermare l’Italia nel mondo, ma si trattò di una condizione di prestigio senza basi solide.5 “La propaganda fascista fu infatti abilissima nello sfruttare quel “diffuso desiderio della gente di credere in questa grandezza. In una sorta di esaltazione collettiva, 4 Cit. Provenzano Ida Aurora, Urbanistica e architettura a Palermo fra le due guerre, S. Pezzino Editore, Palermo 1984, p. 13. 5 Provenzano Ida Aurora, Urbanistica e architettura a Palermo fra le due guerre, S. Pezzino Editore, Palermo 1984.

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2 | Palermo del Novecento

Mussolini divenne veramente per molti una sorta di divinità, un capo magnifico ed indiscutibile, oggetto di esaltazioni individuali e collettive. La partecipazione alla guerra civile spagnola e il “patto d’acciaio” con la Germania furono due tragiche tappe che portarono l’Italia in guerra”. 6 2.2. Palermo città fascista Palermo, come altre città italiane, vide il procedere di una serie di interventi di ristrutturazione, demolizione e rifacimenti volti a imprimere l’immagine del regime. Vennero demolite case, strade, isolati e addirittura interi quartieri, per lasciare spazio ad una nuova rete stradale, a nuovi centri direzionali, eretti come simbolo del progresso rivoluzionario. Per Palermo il primo segno di adesione ad una politica di carattere nazionale fu il concorso per l’Imbocco Monumentale della via Roma, che segnava l’ingresso della città dalla stazione centrale. Il concorso di idee fu bandito nel 1922, mentre il taglio della via Roma era ancora da ultimare; i progetti furono una ventina e tra questi si premiò Giuseppe Capitò (fig. 1), per aver meglio interpretato l’ideologia del tempo: simmetria, compostezza, monumentalità, retorica. Nel 1926 il Comune stanziò nuovi fondi per le opere di risanamento. Furono rasi al suolo, oltre al quartiere Stazzone che doveva ospitare l’Ingresso Monumentale, anche il quartiere San Giuliano, la Conceria, l’Albergheria, e si procedette a colmare i “vuoti” con nuovi centri direzionali: il Palazzo delle Poste di Mazzoni (1928-1935), la Galleria delle Vittorie e gli edifici di via Napoli costruiti su rione Albergheria per creare un collegamento più diretto tra la via Maqueda e la via Roma, la sede del Banco di Sicilia di Caronia Roberti, i centri direzionali del quartiere San Giuliano come il Provveditorato alle Opere Pubbliche (1931-34), la Caserma dei Vigili del Fuoco, il Genio Civile e la Casa del Mutilato di Giuseppe Spatrisano (1936-39). Tra il 1938 e il 1957 fu costruito il Palazzo di Giustizia degli Architetti Rapisardi, situato in piazza Vittorio Emanuele Orlando, su una parte del Bastione della Concezione a Porta Carini. Nel 1922 ripresero inoltre i lavori di ristrutturazione del Porto, con la demolizione dell’antico Forte di Castellammare e la sistemazione della stazione marittima e del “fronte mare” (fig. 2). Nel centro storico i nuovi centri direzionali, amministrativi e commerciali andarono a colmare i vuoti creati dagli sventramenti, secondo un criterio di risanamento di stampo hausmanniano. 6

Fig. 1 Progetto per l’Imbocco Monumentale di via Roma

Fig. 2 Il porto di Palermo con le nuove opere in esecuzione, 1925

G.B. Guerri, Vita politica e società, in AA.VV., “Anni Trenta”, Mazzotta, Milano 1982, pp. 21-22.

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Il bilancio delle demolizioni effettuate in questo periodo a Palermo fu imponente. Le cifre ufficiali nel 1935 denunciavano la distruzione di oltre 10.000 vani e di 5.000 catoi con oltre 35.000 sfrattati.7 Con il risanamento non si andò però a risolvere il problema abitativo popolare: i vuoti vennero utilizzati soprattutto per introdurre nel centro storico i nuovi contenitori di servizi. Tra il 1920 e il 1940 la città fu interessata da uno sviluppo a macchia d’olio, come il piano Giarrusso aveva previsto. Verso sud, sorsero alcune scuole, istituti universitari e quartieri di edilizia economica e popolare. A nord, si potenziò l’edilizia residenziale borghese su via Libertà. Tra il 1927 e il 1932 gli architetti Epifanio e Sant’Angelo realizzarono il quartiere-giardino “Littorio” distinguibile come una grande esedra che faceva da ingresso su via Libertà. Il quartiere, oggi Matteotti, fu ideato seguendo il tema della evasione borghese verso la periferia, per ripercorrere i modelli tipologici anglosassoni della casa con giardino destinata al ceto medio. Nella parte opposta della città, sul lato sud-ovest, nella borgata Boccadifalco venne costruito un aeroporto militare con scalo turistico. Vennero potenziate anche le strutture sanitarie ospedaliere e nuove cliniche private sorsero nelle zone centrali. Seguendo le direttive del Duce anche l’impiantistica sportiva ebbe un notevole sviluppo in questo periodo, proprio perché Mussolini riteneva lo sport uno strumento indispensabile per l’educazione alla disciplina e all’obbedienza. L’espansione urbana a Palermo tra le due guerre vide, dunque, un’ulteriore migrazione a nord dei ceti borghesi e dell’antica nobiltà che risiedeva nei palazzi del centro storico. Le conseguenze furono inevitabili: la struttura urbana preesistente si svuotò e si deteriorò, questo fece sì che si accentuasse ancora di più il contrasto tra centro e periferia, tra quartieri residenziali e centri direzionali, commerciali, culturali, situati tutti nel centro.8

Un’indagine statistica del periodo indica la presenza nel centro storico di oltre 7.000 catoi, per il 65% costituiti da un solo locale, che davano alloggio a più di 30.000 persone con altissimi indici di affollamento. 8 De Simone Margherita et alii, Palermo: architettura tra le due guerre (1919-1939), S.F. Flaccovio Editore, Palermo 1987, pp. 60-64. 7

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Fig. 3 Il quartiere-giardino “Littorio”, architetti Epifanio e Sant’Angelo


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2.3. Vicende urbanistiche e società a partire dalla fine dell’Ottocento 2.3.1. Le iniziative dell’amministrazione e l’inizio dell’espansione “a macchia d’olio” Dopo l’annessione della Sicilia al Regno d’Italia, l’amministrazione di allora, con a capo Mariano Stabile, cominciò ad avanzare l’idea che gli interventi urbanistici dovessero essere programmati da specifici organi politici e tecnici. Così, nel 1863, venne creato l’Ufficio Tecnico Comunale. In questo periodo, parti delle mura storiche vennero abbattute per lasciare spazio a nuove costruzioni, ed ai margini della città cominciarono a sorgere nuovi quartieri. Il problema di queste nuove espansioni consisteva nella non programmaticità degli interventi che diedero luogo ad una vera e propria “espansione a macchia d’olio”, la quale richiedeva anche la costruzione di nuove infrastrutture civiche, impianti idrici e nuovi mercati e piazze. A questo proposito nel 1875 la zona di San Giuliano fu interessata da vistosi sventramenti a favore della realizzazione del Teatro Massimo.9 Negli stessi anni venne eretto anche il Teatro Politeama.10 Si trattò di eventi abbastanza singolari dal momento che la città di Palermo necessitava con maggiore urgenza di case, scuole, ospedali e fognature. Le due realizzazioni, esemplari dal punto di vista architettonico, non ebbero alcuna incidenza urbanistica, si ergevano infatti come monumenti: il Massimo, al centro di uno spazio ad esso estraneo, non assume la funzione di ricucitura dei tessuti urbani adiacenti; il Politeama, nuovo elemento di una città senza confini, non costituiva un polo significativo per l’espansione della città nuova.11

Fig. 4 Il Teatro Politeama

Fig. 5 Il Teatro Massimo

Il concorso pubblico per il progetto del Teatro Massimo è vinto da G.B. Basile, gli anni di costruzione vanno dal 1875 al 1897. 10 Il Teatro Politeama venne inaugurato nel 1874, opera dell’arch. G. Damiani Almeyda. 11 Inzerillo Salvatore Mario, Urbanistica e società negli ultimi duecento anni a Palermo, in “Quaderno dell’Istituto di Urbanistica e Pianificazione Territoriale della Facoltà di Architettura di Palermo”, Palermo 1981, pp. 25-28. 9

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2.3.2. Urgenza di miglioramenti igienici e diverse stesure del Piano Giarrusso Le opere realizzate in questo periodo, per la loro frammentarietà e insufficienza modificano soltanto in minima parte le condizioni generali della città sotto l’aspetto sociale, mentre la situazione abitativa divenne sempre più precaria e l’urgenza di miglioramenti igienici diventò sempre più impellente. Dopo la diffusione del colera a Napoli, la paura che lo stesso problema si presentasse a Palermo portò ad affrontare concretamente il problema del piano regolatore. Nel 1884 l’Ing. Luigi Castiglia (fig. 6) mise a disposizione dell’amministrazione comunale un “piano regolatore dei mandamenti interni”. Questo progetto prevedeva il taglio del centro antico con nuove strade svincolate dall’ortogonalità dei due assi principali12 e pensate come collegamenti, non più come direttrici di espansione. Al piano Castiglia venne però preferito il progetto di massima redatto dall’ing. Felice Giarrusso, che fu ritenuto la soluzione migliore, in quanto prevedeva opere di risanamento e di bonifica, oltre che di ampliamento. La prima stesura di questo piano avvenne nel 1885 (fig. 7); in seguito è caratterizzato da un iter abbastanza travagliato, a causa sia di motivi tecnici conseguenti alle particolari disponibilità finanziarie, sempre molto scarse, sia a scelte politiche dell’amministrazione. La prima edizione del 1885 proponeva un disegno omogeneo della città antica da bonificare e di quella nuova da costruire. Per quanto riguardava il centro storico, si mantenne l’idea di quattro strade rettilinee larghe 20 metri che si incrociavano a due due nei vecchi mandamenti. Esse avrebbero portato luce ed aria e sarebbero diventate nuovi motivi di espansione oltre le mura. In realtà, queste strade non risolvevano i problemi di igiene e di salute pubblica, anzi, annullavano la logica dei collegamenti precedenti e distruggevano i vecchi quartieri. L’amministrazione pubblica, preoccupata dell’ampiezza e del conseguente costo del piano, ricorse subito ad una seconda stesura con le “Opere urgenti di Risanamento” nel 1886(fig. 8), per poter rendere operante la “legge Napoli”.13 In questo contesto, Giarrusso divenne più cauto nell’intervenire nella struttura edilizia esistente, ma non rinunciava alla creazione di brevi tratti di strade. Queste, non avendo più la funzione di penetrazione e di legame tra la città vecchia e la città nuova, avrebbero reso ancora più ingiustificate le demolizioni procurate con la loro apertura. 12

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I due assi principali che attraversano la città di Palermo sono via Maqueda e via Vittorio Emanuele.

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Fig. 6 Il Piano Regolatore dei mandamenti interni, ing. Luigi Castiglia


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Delle quattro grandi arterie previste nel progetto precedente, restava un tratto nel mandamento di Palazzo Reale e l’intero rettifilo di via Roma, che però venne incluso nelle opere di risanamento, non potendosi evidentemente qualificare come provvedimento di “ordinaria amministrazione”. Le aree soggette a demolizioni e costruzioni erano inferiori rispetto a quelle del piano del 1885. Si intendeva fare una “Palermo nuova, giacché quella esistente era tanto vecchia”, così Felice Giarrusso preannunciava il triplicarsi della dimensione urbana della città. Le nuove soluzioni urbanistiche ed edilizie seguivano sempre lo schema di lotti rettangolari, serviti da una serie di strade, che non garantivano né una gerarchia del traffico, né una migliore qualità dello spazio. Solo in pochi casi, invece distruggere l’edificato esistente, si cercò di creare aperture a carattere scenografico su architetture di interesse. Infine, con questo piano si cominciarono a prescrivere delle direttive sull’altezza degli edifici e la larghezza e la pendenza delle strade, per garantire una migliore ventilazione ed illuminazione dei fabbricati e un funzionamento più efficiente delle fognature. Per vari motivi tecnico-amministrativi, anche la seconda versione non venne approvata, poiché non indicava in maniera esaustiva i mezzi finanziari a disposizione e i tempi di attuazione. L’amministrazione comunale di Palermo incaricò così il neonato Ufficio Tecnico di predisporre un nuovo progetto di risanamento, isolato dal piano regolatore e di ampliamento, limitando la spesa alla somma di 30.000.000 di lire. Il “Piano di risanamento” del 1889 si limitava alla sola bonifica del centro e prevedeva delle zone di espansione, che con questo avevano una necessaria correlazione. Dal punto di vista del risanamento ricalcava le linee precedenti, mentre per quanto riguardava le previsioni degli ampliamenti, tutti gli interventi erano commisurati all’effettivo bisogno di nuove case per coloro che non avrebbero più potuto trovare ospitalità nelle zone di risulta del centro. Sotto il profilo sociale erano delle previsioni ineccepibili, ma, al momento dell’individuazione delle aree per le nuove espansioni emergeva la contraddittoria volontà di emarginare le classi più povere.

Fig. 7 Piano Regolatore di Risanamento, ing. Felice Giarrusso, 1885

Fig. 8 Piano Regolatore e di Ampliamento, ing. Felice Giarrusso, 1886

Ai sensi dell’art. 16 della legge 15-01-1885: “Il sindaco di Napoli potrà, nel primo biennio dopo la promulgazione della presente legge, per ordinanza da pubblicarsi nei modi legali, emanare tutti i provvedimenti necessari: a) per chiusura o risanamento di case insalubri; b) per soppressione di pozzi o cisterne che siano per causa permanente pericolosi alla salute dei cittadini; c) per rimozione di cause d’insalubrità delle acque o delle abitazioni; d) per chiusura o rifazione di ogni canale o tubo di scarico delle case, o per obbligo a costruirli; e) per obbligo al proprietario, il cui immobile manchi di acqua potabile, di fornirsene in determinato tempo; f) per obbligo al proprietario di non impedire al condominio o all’inquilino che lo chieda, il passaggio di tubi conduttori di acqua; g) per multe a carico di contravventori, le quali potranno estendersi fino al doppio della somma occorrente per l’esecuzione del lavoro ordinato; h) per esecuzione dei lavori a carico dei contravventori. 13

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La discriminazione sociale diventò più evidente quando le zone di espansione a Nord, essendo più adatte alla costruzione di case o ville isolate, furono predisposte solo per la classe agiata. In questo periodo inoltre, cominciò a diffondersi la consuetudine della municipalità di approvare piani regolatori parziali o di iniziativa privata. Pertanto, negli anni successivi alla versione del piano del 1889, il processo di urbanizzazione si sganciava da qualsiasi genere di regolamento, dando così il via ad una massiccia speculazione edilizia che avrebbe compromesso irrimediabilmente il disegno della città.14 2.3.3. L’apertura della via Roma15 Nel 1888 l’ufficio di Risanamento si distaccò dall’ufficio dei Lavori Pubblici e cominciò ad avviare nella parte storica della città le prime opere riguardanti la nuova edilizia, la viabilità e la bonifica. Alcune di queste vennero realizzate in funzione dell’Esposizione Nazionale, che si sarebbe tenuta a Palermo dal novembre 1891 al maggio 1892, come ad esempio la sistemazione della piazza dove sarebbe dovuto sorgere il Teatro Massimo e l’aggiunta di nuove strade vicino a Piazza Politeama. Grazie all’iniziativa di alcune importanti e ricche famiglie palermitane, la città si mise in “vetrina” ospitando un evento che ebbe riscontri positivi anche dal punto di vista commerciale e turistico, oltre che urbanistico. L’opera più significativa fu la realizzazione di via Roma. In attesa dell’approvazione del piano del 1889, si incominciò ad attuarne il primo tratto tra il corso Vittorio Emanuele e la via Bandiera, per poter procedere successivamente fino a via Bara ed eseguire la bonifica dei rioni S. Antonio e Conceria. I lavori si arrestarono per l’insufficienza dei finanziamenti rimasti Inzerillo Salvatore Mario, Urbanistica e società negli ultimi duecento anni a Palermo, in “Quaderno dell’Istituto di Urbanistica e Pianificazione Territoriale della Facoltà di Architettura di Palermo”, Palermo 1981, pp. 28-44. 15 E’ da ricordare che nel piano Giarrusso del 1886, via Roma era stata divisa in tronchi, e di questi il primo compreso tra la via Lincoln e la via Divisi, il terzo tra corso Vittorio Emanuele e la via Bandiera, il quinto tra la via Bandiera e la via Cavour, poiché ricadevano in località particolarmente insalubri, vennero compresi nel piano di risanamento e per la loro realizzazione si sarebbe potuto far fronte con il mutuo di 30 milioni; invece il secondo tronco tra la via Divisi e il corso Vittorio Emanuele e il quarto tra la via Bandiera e la via Bara ne erano invece esclusi e potevano eseguirsi con le somme iscritte nel bilancio ordinario, essendo opere di piano regolatore. La realizzazione della strada doveva avvenire in tempi successivi e comunque per primo doveva realizzarsi il tratto tra il corso Vittorio Emanuele e la via Cavour, e successivamente l’altro compreso tra questa strada e la Stazione. 14

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Realizzazione dei 5 tronchi di via Roma Nel 1922: 1 | Da via Lincoln a via Divisi 2 | Da via Divisi a via Vittorio Emanuele Nel 1910: 3 | Da via Vittorio Emanuele a via Bara 4 | Da via Bara a via Bandiera 5 | Da via Bandiera a viale Cavour


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dai 30 milioni concessi per le opere di risanamento previste dal piano e per la mancanza di finanziamenti ordinari per il completamento di via Roma. L’allora sindaco Pietro Bonanno, tramite un espediente burocratico, decise di utilizzare il fondo residuo di 10.500.000 lire nelle opere più urgenti, tra le quali il completamento di via Roma dalla Stazione a via Cavour. Con l’avvio di queste realizzazioni, lo sventramento a carattere lineare portò a valorizzare le zone limitrofe alla nuova strada e consentì di ricevere un elevato reddito ai proprietari parzialmente espropriati che, per il diritto di prelazione, decisero di acquisire nuove aree per completare gli edifici andati in parte demoliti. Nel 1910 venne completato il tronco fino alla via Cavour, e successivamente, nel 1922, l’altro tratto compreso tra via Vittorio Emanuele e la Stazione ferroviaria. La via Roma è da considerarsi l’unica opera di risanamento completamente conclusa e annovera architetture umbertine tra le più interessanti prodotte in Italia in quel periodo.16 2.3.4. Le problematiche urbanistiche tra le due guerre e il concorso del 1939 In altre città italiane lo sviluppo economico, industriale e sociale implicava un nuovo modo di usare lo spazio urbano con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e di moltiplicare le attività commerciali ed amministrative. Palermo, invece, sempre più isolata a causa della sua posizione decentrata rispetto al resto dell’Italia, lasciò prevalere il piccolo commercio e l’artigianato sulle attività industriali e commerciali. L’intero settore imprenditoriale palermitano era in crisi e a peggiorare la situazione vi era l’assenza, nel piano Giarrusso, di qualsiasi previsione di attrezzature che avrebbero potuto recepire nuove attività produttive. Le poche iniziative edilizie dei primi anni del Novecento costituirono una vera e propria zonizzazione sociale. I finanziamenti elargiti dallo Stato nel 1920 erano già esauriti e, nonostante la proroga del piano Giarrusso fino al 1941, pochissime opere vennero portate a termine: purtroppo la speculazione dominava il panorama edilizio palermitano senza opposizioni da parte dell’amministrazione locale. Nel 1926 la necessità di un piano regolatore portò il governo nazionale ad accordare alla città di Palermo 270 milioni per la realizzazione di opere pubbliche, di cui 105 destinati al risanamento. Iniziò così la terza fase del risanamento con demolizioni che riguardarono i rioni Conceria, Olivella, San Giuliano e Albergheria. 16 Inzerillo Salvatore Mario, Urbanistica e società negli ultimi duecento anni a Palermo, in “Quaderno dell’Istituto di Urbanistica e Pianificazione Territoriale della Facoltà di Architettura di Palermo”, Palermo 1981, pp. 44-65.

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Venne introdotto un nuovo modo di intervenire che andava a sostituire le modalità drastiche del secolo precedente. Gli obiettivi di igiene e salubrità diventarono i nuovi punti di forza della propaganda fascista. La teoria del diradamento, che Gustavo Giovannoni aveva elaborato tra il 1912 e il 1930, era stata definitivamente abbandonata. Mentre l’amministrazione temporeggiava ancora sulla questione di un piano regolatore, la città di Palermo incominciò a dotarsi di una serie di nuove infrastrutture e a potenziare il sistema portuale e ferroviario esistente. Nel 1939, finalmente, venne bandito un concorso per il piano regolatore della città, dal momento che la necessità di uno strumento che desse ordine all’edificazione di un’area in perenne crescita era ormai impellente. Il problema principale da affrontare era il sovraffollamento e il degrado del centro storico. L’intervento più sollecitato fu lo sventramento per aprire un percorso parallelo a ovest della via Maqueda con cui risanare i due mandamenti di Palazzo Reale e di Monte di Pietà, e ridurre così il traffico della via principale. Il bando era dell’aprile del 1939, la scadenza, dopo alcuni rinvii slittò all’anno successivo, mentre i risultati vennero divulgati nel 1941. La rivista “Urbanistica” dedicò un intero numero ai progetti del concorso, ma si limitò a pubblicare senza commento alcune parti di relazioni di gruppi vincitori che furono tre al primo posto ex aequo: il gruppo Susini, Foderà, Marabotto, Orestano, Tassotti, Possini Barbarossa, Vagnetti; il gruppo Piccinato, Calza Bini, Caracciolo, Della Rocca, Epifanio, Marletta, Spatrisano, Ziino; il gruppo Filippone, Florio, Villa. Il secondo posto fu dato al gruppo Quaroni, Ajroldi, Lenci, Racheli, Sterbini. Gli esiti non furono abbastanza convincenti e dimostrarono la mancanza di una metodologia di intervento realmente efficace ed innovativa. Si preferì intervenire nel tessuto urbano per salvaguardare il “monumento” straniandolo dal suo ambiente, come si può vedere per la piazza del Teatro Massimo, la Zisa, San Giovanni degli Eremiti. L’interesse architettonico era ancora in primo piano rispetto a quello urbanistico. Inoltre, le decisioni prese dai progettisti, ricalcavano le posizioni retoriche del fascismo: la circumvallazione, le strade litoranee e panoramiche, i rettifili, gli assi di scorrimento e di attraversamento veloce, previsioni inutili e a volte non necessarie. I nuovi quartieri residenziali furono organizzati su maglie quadrangolari di stampo ottocentesco, demandando sempre alla “strada” il compito del risanamento o delle nuove realizzazioni.Lo scoppio della seconda guerra mondiale non consentì all’amministrazione comunale di adottare un piano definitivo.

Fig. 9 Gruppo Susini

Fig. 10 Gruppo Caracciolo

Fig. 11 Gruppo Filippone

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Durante la guerra infatti, Palermo fu la città più colpita, in particolare il centro storico e la zona portuale, densamente abitati. Nel 1945 venne inserita fra le città che dovevano adottare un piano di ricostruzione. La decisione politica fu più propensa alla costruzione di una “nuova Palermo”, piuttosto che del restauro degli edifici andati distrutti. Nacquero, per esempio, nuovi quartieri di edilizia sovvenzionata, come il Villaggio S. Rosalia, e purtroppo prese sempre più piede il fenomeno della speculazione edilizia, premessa del cosiddetto “Sacco di Palermo”. 17 2.3.5. Dal Piano Regolatore Generale del 1962 al Sacco di Palermo Gli anni ‘50 videro un’intensa attività edificatoria nella città. Nel 1953 fu bandito un concorso per la sistemazione del quartiere Monte di Pietà che riprendeva il concetto di aggiungere assi paralleli e ortogonali a via Maqueda, all’interno della maglia storica; il progetto non fu però realizzato. Nel 1956 vennero avviati i lavori per la stesura del nuovo Piano Regolatore cittadino, affidato dal Comune ai progettisti e docenti dell’università di Palermo Edoardo Caracciolo, Giuseppe Caronia, Luigi Epifanio, Giuseppe Spatrisano, Pietro Villa, Vittorio Ziino e coordinato da Vincenzo Nicoletti. Il piano subì oltre 25 stesure prima dell’approvazione nel 1962. Furono numerose le modifiche subite in questo arco temporale che influenzarono le scelte operate per la dotazione di attrezzature e verde e soprattutto per quanto riguarda gli indici edilizi. Sono gli anni del cosiddetto “Sacco di Palermo”, in cui si operò un’intensa opera di speculazione edilizia a danno del paesaggio, dei beni culturali e della dotazione di servizi per i cittadini, tutto condizionato da operazioni criminali. Vista la grande esplosione demografica degli anni Sessanta e la pressante richiesta di abitazioni da parte della popolazione, nel 1966 vennero approvati i piani per l’edilizia convenzionata e per le classi meno abbienti, la città si dotò dei Piani di Edilizia Economica Popolare (PEEP). I PEEP furono dislocati, nella maggior parte dei casi, nei pressi della nuova circonvallazione cittadina, il viale Regione Siciliana. Questa, progettata inizialmente come tangenziale extraurbana di collegamento per il traffico diretto a Trapani o Messina e quindi come una sorta di limite all’espansione cittadina verso le montagne, venne in breve tempo assorbita dal tessuto urbano diventando un importante asse urbano che però isolava i nuovi quartieri sorti al di fuori di essa, come Borgo Nuovo o Passo di Rigano.

Fig. 12 Nuovo Piano Regolatore Generale, 1962

17 Inzerillo Salvatore Mario, Urbanistica e società negli ultimi duecento anni a Palermo, in “Quaderno dell’Istituto di Urbanistica e Pianificazione Territoriale della Facoltà di Architettura di Palermo”, Palermo 1981, pp. 44-65.

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Il via alla speculazione urbana si ebbe con la costruzione di questi quartieri distanti dalla città consolidata. Creando questi nuovi poli satelliti da collegare alla città tramite nuove opere di urbanizzazione primaria, il terreno inizialmente agricolo, posto fra queste nuove aree e la città, veniva acquistato a basso prezzo. Azione urbanistica e iniziativa privata, pertanto, resteranno due termini inconciliabili dello stesso problema, fin quando da parte della società non sarà operato un coraggioso rinnovamento di mentalità e di costume. 2.4. Conseguenze del Piano Giarrusso: il nuovo volto del rione San Giuliano Il rione San Giuliano appartiene al Mandamento Monte di Pietà o Seralcadi. Fondato dagli arabi, è detto anche “il Capo” per la presenza, al suo interno, dell’omonimo mercato storico, a cui si accede attraverso la Porta Carini. Nel 1934 il rione, come tutti e quattro i mandamenti del centro storico, fu oggetto di profonde trasformazioni urbanistiche che ne ridisegnarono definitivamente il “paesaggio” urbano, edilizio e viario. Le numerose demolizioni eseguite lasciarono spazio a nuovi e regolari lotti di terreno che diventarono sede di diversi e significativi edifici. L’intervento nell’area di San Giuliano era ritenuto molto importante perché considerava una zona posta a cerniera tra il nuovo centro (piazza Massimo) ed un tessuto edilizio fitto e di forte stratificazione storica del centro antico (Capo, S. Onofrio, Monte di Pietà). La zona si presentava molto delicata sia dal punto di vista strutturale che topologico. Nonostante ciò, fu completamente demolita e riedificata tramite un tessuto a maglie ortogonali, assolutamente estraneo alla morfologia esistente. Dunque, in un tessuto storico che era riuscito a mantenere per secoli la propria organicità e il sistema di rapporti tra il Massimo e la zona retrostante, venne introdotta una nuova organizzazione tipica della città dell’Otto-Novecento. Gli spazi più significativi e definiti si determinarono solo ai bordi di piazza Massimo, mentre nella parte più interna, dove le modificazioni erano più considerevoli, non si riuscì a configurare uno spazio altrettanto significativo proprio per la stridente commistione delle due diverse organizzazioni spaziali adiacenti. Nell’area sorsero edifici di tipo direzionale (Genio Civile, Provveditorato alle OO.PP., Caserma dei Vigili del Fuoco, Casa del Mutilato) che ancora oggi sono validi esempi di architettura del Ventennio.18

Per informazioni sulle vicende urbanistiche dopo la guerra a Palermo si veda: Lo sviluppo urbanistico della città di Palermo (dalla città entro le mura al sacco di Palermo), consultato il 10 settembre 2016, online, disponibile all’indirizzo: http:// aroundartedintorni.blogspot.it/2013/03/losviluppo-urbanistico-della-citta-di.html 18

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Fig. 13 Piano di risanamento del rione San Giuliano, 1934


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Masterplan del rione San Giuliano

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2.5. Architetture novecentiste significative19

Fig. 14 Via Teatro S. Cecilia prima del taglio di via Roma

Fig. 15 Realizzazione di uno dei tracciati di via Roma, nel tratto di via Divisi e via del Teatro Sicilia

Cammarata Valerio, Architettura e opere pubbliche a Palermo 1930-1940, Novecento, Palermo 1999, pp.149-150. 19

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2.5.1. Palazzo Cinema Utveggio

Ubicazione: piazza Verdi, 6-9 Progettista: Ernesto Armò Data di costruzione: 1914-15 Linguaggio architettonico: il volume è compatto e ritmato dalla sequenza di un doppio ordine di paraste binate poggiate su un blocco basamentale caratterizzato da grandi archi a tutto sesto che rendono permeabile il piano terra (aspetto innovativo) Funzioni storiche: teatro-cinematografo, case d’affitto, uffici.

2.5.2. Palazzo Cinema Massimo

Ubicazione: piazza Verdi, 9 Progettista: Giovan Battista Santangelo Data di costruzione: 1921-23 Linguaggio architettonico: nel progettare questo edificio vengono riproposti temi strettamente connessi all’architettura di Ernesto Basile, in particolare al progetto per l’Eden Teatro Biondo, discostandosi però dalla tipologia di palazzo residenziale alto borghese per arrivare ad avere solo funzioni ludiche. Con un rigoroso impaginato prospettico, caratterizzato da una fitta transennatura delle finestre, il palazzo-cinema può essere considerato l’espressione più avanzata della tendenza modernista e delle tipologie da spettacolo realizzate in Sicilia nel Novecento.20

2.5.1.

2.5.2.

2.5.3. Imbocco monumentale di via Roma

Ubicazione: piazza Giulio Cesare Progettista: Giuseppe Capitò Data di costruzione: 1922-36 Linguaggio architettonico: si tratta del primo progetto che dichiara l’adesione della città di Palermo ad una politica di carattere nazionale. Tra i vari progetti che vennero presentati al concorso del 1922 si premiò Giuseppe Capitò per aver meglio interpretato l’ideologia della classe dirigente: simmetria, compostezza, monumentalità, retorica.

2.5.3.

2.5.4. Palazzo delle Ferrovie

Ubicazione: via Roma, 33 Progettista: Tommaso Cascio Data di costruzione: 1929-31 Linguaggio architettonico: carattere eclettico-storicista di fine ottocento Materiali e decorazioni esterne: in facciata si trova la pietra di Billiemi, alternata ad intonaco tipo Li Vigni ad imitazione della pietra naturale. Funzioni storiche: l’edificio, alto cinque sul lato di ingresso su via Roma e quattro lungo i restanti tre lati, è disimpegnato al centro da un vasto atrio che serve ad illuminare gli ambienti interni. Vi si trovano l’ufficio del capo compartimentale, l’ispettorato sanitario, gli uffici speciali e patrimoniale, la delegazione dei trasporti militari e le sezioni movimento, commerciale e del traffico. 20

Pirrone Gianni, Palermo, una capitale. Dal Settecento al Liberty, Electa, Milano 1989, p. 174.

2.5.4.

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2.5.5. Palazzo delle Poste

Ubicazione: via Roma, 320 Progettista: Angiolo Mazzoni Data di costruzione: 1928-34 Linguaggio architettonico: si tratta di un’architettura ufficiale del Regime. L’edificio rappresentò in quegli anni il più grande ufficio postale d’Italia Materiali e decorazioni esterne: il prospetto principale in Billiemi presenta una certa monumetalità, data dall’ordine gigante del colonnato e dalla scalinata in pietra brecciata. Inoltre, grazie alla permeabilità spaziale del “metafisico” portico rosso, si può accedere alle diverse sale interne. Il fronte posteriore è autonomo dal punto di vista formale e rivela, con la scala elicoidale, la copertura a crociera della sala centrale e la lunga fascia vetrata della sala telegrafi Materiali e decorazioni interne: l’interno con la Sala del Consiglio è pervaso dallo spirito futurista del tempo che si può ritrovare nella ricchezza dei pavimenti di marmo, nelle pareti e negli arredi e nelle tele di Benedetta Cappa Marinetti e Tato (Guglielmo Sansoni). Anche l’ufficio del Direttore è curato fin nei minimi dettagli, grazie al disegno raffinato del palermitano Paolo Bevilacqua. Di notevole importanza è anche la dotazione impiantistica, con le cassette postali del casellario americano al piano terra disimpegnate con nastri trasportatori, una centrale telefonica, tre orologi elettrici nel salone e degli originali cancelli saliscendi elettrici a scomparsa all’ingresso.

2.5.5.

2.5.6. Banca d’Italia

Ubicazione: via Cavour, 131. Il lotto è di circa 3100mq ed è delimitato da via Cavour, via Villaermosa, via Cozzo e la struttura del Supercinema Excelsior Progettisti: Francesco Maggioni (Ufficio tecnico di Roma) e Salvatore Caronia Roberti Data di costruzione: 1930 Linguaggio architettonico: l’edificio è di carattere eclettico-storicista e presenta un decorativismo ridondante rispetto alle realizzazioni novecentiste degli anni successivi Materiali e decorazioni esterne: il prospetto principale è costituito da un portone in ferro e bronzo. I prospetti su via Cavour e via Villaermosa sono lavorati in pietra da taglio proveniente da Carini, gli altri invece sono misti di pietra ed intonaco Materiali e decorazioni interne: gli interni sono impreziositi da marmi, da decorazioni a stucco secondo il classico ordine corinzio e da arredi della ditta Ducrot Funzioni storiche: il piano seminterrato è predisposto ad archivi e magazzini, alloggi del personale ed uffici. Il piano rialzato si articola attorno all’asse d’ingresso dell’edificio. Sono presenti l’atrio con il vestibolo, il salone ottagonale con gli sportelli attorno ai quali si trovano tre sale quadrate adibite al ricevimento. Il primo piano, con copertura parziale del piano rialzato, ospita l’ufficio del Direttore e altri ambienti di rappresentanza; al secondo livello si trovano gli alloggi del Direttore.

2.5.6.

2.5.7. Banco di Sicilia

Ubicazione: Via Roma, 183 Progettista: Salvatore Caronia Roberti Data di costruzione: 1934-37 Linguaggio architettonico: il progettista si allontana dallo storicismo tradizionale della Banca ’Italia e avvia un vistoso processo di alleggerimento e di sfrondamento della componente decorativa. La neoclassicità monumentale viene dosata da un linguaggio comunque moderno Materiali e decorazioni esterne: soluzione bicromatica dei rivestimenti esterni in pietra di Biliemi e pietra di Comiso, opere scultoree in facciata, come la rappresentazione della Sicilia Materiali e decorazioni interne: vetrata policroma déco nel salone del pubblico.

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2.5.7.


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2.5.8. Palazzo del Provveditorato alle OO.PP.

Ubicazione: piazza Verdi, 16 Progettista: Ernesto Armò Data di costruzione: 1931-34 Linguaggio architettonico: l’edificio presenta quattro livelli più un interrato con un totale di 103 ambienti. La volumetria è simmetrica e compatta con corte interna e l’aspetto delle rifiniture rimanda al “barocco siciliano” Materiali e decorazioni esterne: la zona basamentale è in pietra di Biliemi lucidata a piombo, mentre il resto è in pietra d’Aspra intagliata a superficie a vista. Sul fronte principale si trovano delle statue allegoriche di vaga impronta secessionista, rappresentanti “la scienza e la tecnica” e “l’operosità e il lavoro” dello scultore palermitano Benedetto De Lisi jr. Una grande novità è data dalla copertura dell’edificio a terrazza Materiali e decorazioni interne: all’interno vengono usati nuovi materiali, come il linoleum per i pavimenti, l’incrusta per le zoccolature e l’anticorodal per gli elementi metallici. 2.5.8.

2.5.9. Caserma dei Vigili del Fuoco

Ubicazione: via Scarlatti, 16. L’edificio si trova in un lotto di circa 2500mq nel rione San Giuliano Progettisti: Antonino Pollaci, Vincenzo Nicoletti Data di costruzione: 1935-37 Linguaggio architettonico: si tratta di un’architettura novecentista. E’ costituito da un volume compatto trapezoidale scavato al suo interno da un’ampia corte e sbilanciato all’esterno da un’alta torre angolare Materiali e decorazioni esterne: i fronti sono caratterizzati da una continua partitura cromatica per fasce orizzontali (basamento in travertino, rivestimento superiore in mattoni gialli e rossi) che avvolge per intero la struttura esaltandone l’uniformità delle superfici, scandite dal ritmo serrato delle bucature a cui corrispondono, al piano terra, grandi aperture per la rapida uscita degli automezzi Funzioni storiche: il piano terra è dotato di dieci autorimesse, di dormitori per le squadre di soccorso ed il museo pesante pompieristico; al primo piano ci sono gli uffici del Comando e il museo leggero; il secondo piano ospita il reparto sanitario, una sala convegni e varie camerate; nel terzo piano sono stati realizzati i refettori per il personale, la cucina, la barbieria, il magazzino armi, la cappella votiva e un piccolo appartamento. La torre, che con i suoi 44 m di altezza denuncia la necessità di relazionarsi con la città, ospita al suo interno una scala per le esercitazioni ed una di accesso agli uffici, visibile attraverso la grande vetrata su via Donizetti; nella sommità trovano posto la cabina segnalazioni e la stazione radiotelegrafica.

2.5.9.

2.5.10. Palazzo di Giustizia

Ubicazione: piazza Orlando Vittorio Emanuele, lotto di risulta derivante dall’abbattimento del bastione della Concezione nel Mandamento Monte di Pietà Progettisti: Gaetano ed Ernesto Rapisardi Data di costruzione: 1939-57 Linguaggio architettonico: architettura novecentista Materiali e decorazioni esterne: i prospetti sono in travertino, il portico principale in granito della Maddalena Materiali e decorazioni interne: l’edificio presenta tre piani principali con le aule per le udienze e altri tre ammezzati. Le strutture portanti sono state eseguite in cemento armato. Altri materiali sono il granito grigio dei pavimenti degli ambulacri, il marmo verde pastello delle pareti ed il marmo rosso di S. Vito delle scale.

2.5.10.

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2 | Palermo del Novecento

2.5.11. Istituto Tecnico Nautico

Ubicazione: corso Vittorio Emanuele 2. L’edificio si trova nell’area cerniera tra il vecchio porto della Cala e la passeggiata del Foro Italico, occupata dal quasi distrutto Ospedale di San Bartolomeo a ridosso della seicentesca Porta Felice Progettisti: Antonio Bonafede, Paolo Gagliardo, Giuseppe Spatrisano, Vittorio Ziino Data di costruzione: 1948-60 Linguaggio architettonico: la complessità funzionale del tema, il rapporto ed il confronto con un contesto urbano densamente stratificato si traducono in un progetto dalla forte articolazione volumetrica particolarmente leggibile nella frammentazione dei corpi di fronte alla Cala. Un’esile pensilina (poi non realizzata) vuole allineare l’alto blocco compatto delle aule a Corso Vittorio Emanuele. Il corpo delle aule verrà poi realizzato con un’altezza ridotta. Nonostante il progetto realizzato abbandoni qualsiasi relazione con la loggia del vecchio Ospedale, il risultato è un felice tentativo di costruire un’architettura moderna in grado di tenere insieme istanze funzionale e caratteri urbani. 2.5.11.

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GIUSEPPE SPATRISANO ARCHITETTO (Palermo 1899-1985)

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3.1. Cenni biografici Nel complesso panorama intellettuale palermitano, Giuseppe Spatrisano rivestì un ruolo fondamentale sia nell’ambito accademico che in quello professionale. Il suo percorso intellettuale fu caratterizzato da una costante maturazione, a partire da un periodo iniziale, ancora legato ai canoni classici. Questa impostazione si nota nei primi disegni, dai quali poi progredisce verso una nuova idea di architettura, influenzato dal clima culturale italiano del periodo e da correnti d’oltralpe, come il razionalismo e l’architettura organica. Nel 1917 si diplomò in Architettura presso il Regio Istituto di Belle Arti di Palermo. In quegli anni, iniziò a collaborare con la ditta Ducrot, per la quale oltre a ricoprire la carica di dirigente tecnico e progettista di arredi, progettò anche le due sedi di via Pilo a Palermo nel 1928 e in via Condotti a Roma nel 1929. Nel 1927 partecipò alla I mostra di architettura siciliana. A questi primi anni risale la partecipazione ai due più importanti concorsi palermitani dei primi anni Venti: quello per l’Imbocco monumentale della via Roma, per il quale si aggiudicò il terzo premio, e quello per i Monumento ai caduti siciliani nella Grande Guerra.1 Il primo periodo della sua attività professionale si inserisce in un intervallo di tempo che va dalla sua formazione presso la scuola romana, alla progettazione della Casa del Mutilato (1936-39) a Palermo. Egli si laureò nel 1930 presso la Facoltà di Architettura di Roma con la tesi “Progetto di un idroscalo ad Ostia” che venne pubblicata nel 1932. Nel 1931 fu abilitato alla professione presso il Politecnico di Milano. Fino alla seconda guerra mondiale rimase vicino all’ambiente romano, frequentando il gruppo di Foschini e Del Debbio e collaborando con Enrico Calandra presso la Cattedra di Caratteri Distributivi degli Edifici. Acquisì, in questo contesto, la consuetudine a rappresentare l’architettura secondo un modo corposo, chiaroscurale, a “lapis-carbone”, a metà tra i disegni dell’espressionismo tedesco e il linguaggio che sarà poi utilizzato dalla cultura di regime degli anni Trenta. Si allontanò, così, dall’ambiente palermitano, dominato dalla figura del suo primo maestro Ernesto Basile, e dai suoi primi disegni per concorsi di progettazione precedenti. Nel 1935, partecipò al concorso per la Casa del Mutilato di Palermo, aggiudicandosi la vittoria. Subito dopo per Spatrisano iniziò un nuovo momento di ricerca, che conosce il suo compimento nel progetto dell’Istituto Tecnico Nautico (1948-1952).

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Fig. 1 Giuseppe Spatrisano

Barbera Paola, Architettura in Sicilia tra le due guerre, Sellerio editore, Palermo 2002, p. 24. 47


3 | Giuseppe Spatrisano architetto

In questa seconda fase, riprese i contatti con l’ambiente intellettuale del Caffè Massimo (Fofò Morelli e Pippo Rizzo del gruppo futurista). Inoltre, Spatrisano era attento e sensibile alle istanze del rinnovamento urbano delle città, su cui, in quegli anni, si stava tentando di riflettere. Partecipò al concorso per il P.R.G. di Palermo del 1939 in gruppo con Caracciolo, Piccinato, Epifanio e Ziino. Molti sono i progetti dell’architetto durante l’era fascista, ma la complessità dell’evoluzione del suo linguaggio non sarebbe facilmente spiegabile senza considerare il contributo che Spatrisano fornisce agli di studi di storia dell’architettura: sono del 1936 i suoi studi di critica storica sulle chiese di Santa Maria di Portosalvo e di Santa Maria di Piedigrotta a Palermo. L’Istituto Tecnico Nautico segnò il definitivo passaggio dell’architetto dall’epoca fascista alle sperimentazioni successive alla guerra. Corrono differenze sostanziali tra questo progetto e quello per la Casa del Mutilato di dieci anni prima. Differenze che dichiarano un’inversione di tendenza ed un’apertura verso schemi compositivi più puri, ispirati appunto al razionalismo. Cambia il linguaggio formale, l’aspetto esteriore e soprattutto il modo di concepire l’opera nel suo contesto. Parallelamente all’impegno nella professione, in questi anni Spatrisano avviò la sua carriera di docente. Dopo essere risultato vincitore di alcuni concorsi per l’insegnamento, ricevette il primo incarico nel ’33, come professore di Composizione Architettonica per il biennio di Architettura presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, della quale fu anche nominato direttore dal ’39 al ’44. Ancora, dal ’41 al ’45, venne incaricato della cattedra straordinaria di Architettura e Prospettiva, presso la stessa Accademia palermitana. Inoltre, dal ’43 al ’44, insegnò Applicazioni di Geometria Descrittiva ed Elementi di Prospettiva, presso la Facoltà di Architettura di Roma. Dopo la guerra, Giuseppe Spatrisano continuò ad essere attivo nell’ambito siciliano e si aprì la fase più intensa e produttiva della sua attività di progettista. La situazione isolana presentava una duplice realtà: da una parte, la continuità con gli schemi culturali del passato consentiva agli architetti, in piena autonomia, di approfondire la ricerca e l’applicazione dei canoni razionalisti più puri, dall’altro, predominavano ancora i caratteri tradizionali della costruzione siciliana. Secondo Leonardo Sciascia in quel recupero della “sicilianità” è da leggere un’adesione degli intellettuali alla corrente del Neorealismo, che si diffuse in Italia soprattutto nel dopoguerra.2 Le forze della cultura, tra cui gli architetti, furono

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Leonardo Sciascia, La corda pazza. Scrittori e cose di Sicilia, Torino, 1970, p.16.

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3 | Giuseppe Spatrisano architetto

chiamate a collaborare nel faticoso compito di rinnovamento morale della popolazione e l’urgente problema della ricostruzione. Nel periodo postbellico, il ruolo delle scuole di architettura aumentò. Proprio a Palermo venne fondata nel 1945 la Facoltà di Architettura, presso la quale anche Spatrisano fu chiamato a collaborare. Dal ’45 al ‘70, in qualità di professore di ruolo, mantenne la cattedra di Caratteri Stilistici e Costruttivi dei Monumenti e quella di Elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti. In linea con le dinamiche dello sviluppo urbano e della ricostruzione di Palermo, Spatrisano, tra gli anni ’50 e ’60 si impegnò nella progettazione di quartieri abitativi popolari. Queste realizzazioni, in genere, erano determinate dai canoni del razionalismo e attingevano alle esperienze del Movimento Moderno nei quartieri sperimentali tedeschi. L’architetto pose maggiore attenzione anche alle esigenze dei futuri abitanti delle residenze, rifacendosi a metodi costruttivi antichi e a materiali poveri. Sempre in questo periodo, aderendo alla corrente organica di Wright e Aalto, radicata ad un autentico gusto mediterraneo e “spontaneo”, progettò e realizzò una serie di alberghi e villaggi turistici costieri (Erice, Agrigento, Cefalù-Gibilmanna). Anche le sue rappresentazioni grafiche subirono un’evoluzione significativa. Spatrisano tralasciò gli effetti pittorici e chiaroscurali del periodo giovanile ed arrivò ad utilizzare linee sottili che ricordavano Le Corbusier, o tratti decisi e ombre leggere che invece richiamavano le rappresentazioni di Wright. Negli anni successivi alla guerra, l’architetto continuò anche la sua attività in campo urbanistico: nel ’47, era impegnato nel Piano di Ricostruzione della città di Palermo, in collaborazione con l’Ufficio Tecnico Comunale, approvato solo nel ’62. Nel ‘50 ricevette l’incarico per il P.R.G. di Bagheria, che si concluse infelicemente nel ‘57, a causa dell’amministrazione comunale. L’ultimo periodo della sua vita si dedicò agli studi di architettura medievale e cinquecentesca in Sicilia: numerose furono le pubblicazioni in questi ultimi anni, le quali, insieme ad altre ricerche svolte in tutto l’arco della sua vita, svolsero un importante ruolo nella formazione di una nuova classe di architetti.3

Per la vita e le opera dell’architetto Giuseppe Spatrisano si vedano: De Simone Margherita et alii, Palermo: architettura tra le due guerre (1919-1939), S.F. Flaccovio Editore, Palermo 1987. Balistreri Vincenza (a cura di), Giuseppe Spatrisano Architetto (1899-1985), Fondazione Culturale Lauro Chiazzese, Palermo 2001. 3

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3 | Giuseppe Spatrisano architetto

3.2. Progetti ed opere significative 3.2.1. Periodo pre-romano (1922-1935) Il linguaggio è ancora intriso di toni classici e di riferimenti all’architettura di Ernesto Basile. 1922 | Concorso per l’Ingresso Monumentale di via Roma, Palermo. Segna il suo ingresso nell’ambiente culturale palermitano. Si classifica terzo

Fig. 2 Progetto per l’Ingresso Monumentale di via Roma

1924 | Concorso per il Monumento ai caduti siciliani nella grande guerra a Palermo. Viene ammesse al concorso di secondo grado 1925 | Concorso per il Teatro sul mare a Palermo, indetto dal Pensionato Artistico di Architettura di Roma

Fig. 3 Concorso per il Monumento ai caduti siciliani

Fig. 4 Concorso per il Teatro sul mare

3.2.2. Prima fase (1936-1938) Il suo modo di vedere l’architettura cambia. Ispirato alla romanità imperiale, il suo linguaggio risente della cultura fascista dell’epoca e delle influenze d’oltralpe. 1936-39 | Casa del Mutilato, Palermo

Fig. 5 Progetto per la sede dell’Associazione Mutilati ed Invalidi di Guerra

1935-40 | Progetto per la Casa del Mutilato, Caltanissetta 1935-40 | Poliambulatorio e Sede dell’Associazione Mutilati ed Invalidi di Guerra, Palermo 1935-40 | Progetto per Torre civica, Calascibetta (Enna) 1938 | Edifici G.I.L., Villa Gallidoro (Palermo) 1938-42 | Concorso per il palazzo della Civiltà italiana per l’E42, Roma

Fig. 6 Progetto per la Casa del Mutilato di Caltanissetta e Torre Civica ad Enna

Fig. 7 Progetto per edifici G.I.L. e per il palazzo della Civiltà italiana

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3 | Giuseppe Spatrisano architetto

3.2.3. Seconda fase (1939-1950) Nuova fase di ricerca. Pone la sua attenzione anche verso opere di urbanistica. 1939-62 | Piano Regolatore Generale, Palermo 1948-52 | Istituto Tecnico Nautico, Palermo L’edificio viene realizzato in collaborazione con Ziino, Bonafede, Gagliardo, dopo la vittoria del concorso del ’48. Sul fronte mare, l’edificio si articola attraverso volumi semplici che, aggregandosi e scomponendosi, generano il movimento e alleggeriscono l’immagine complessiva della composizione. Sul fronte sulla via Vittorio Emanuele è ancora leggibile una connessione al monumentalismo di epoca fascista.

Fig. 8 Progetto per l’Istituto Tecnico Nautico

1950 | Progetto per il Piano Regolatore Generale, Bagheria

Fig. 9 Progetto per il Piano Regolatore di Bagheria

3.2.4. Terza fase (1951-1973) Durante la sua maturità si occupa della progettazione di alloggi popolari, alberghi e villaggi turistici, con un linguaggio che spazia dall’architettura organica alla tradizione mediterranea e siciliana. Intensa è la sua attività editoriale. 1952-58 | Albergo delle Terme di Sciacca, Agrigento

Fig. 10 Progetto per un sanatorio antitubercolare

1956 | Progetto per l’albergo Balio di Erice 1960 | Alloggi INA Casa, quartiere Borgo Novo, Palermo 1962 | Partecipazione al piano di ricostruzione e al nuovo piano regolatore di Palermo 1973 | Ristorante bar nella Villa a Mare, Palermo Fig. 11 Alloggi popolari INA Casa del quartiere Borgo Nuovo

Fig. 12 Nuova via del Porto con due torri all’imbocco di via Amari

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4 | La Casa del Mutilato di Palermo

Fig. 1 Mussolini posa la prima pietra

Fig. 2 Cerimonia militare

Fig. 3 Esplosione di un ordigno bellico durante la Seconda Guerra Mondiale

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LA CASA DEL MUTILATO DI PALERMO

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4.1. Iter progettuale ed amministrativo Il progetto per la Casa del Mutilato di Palermo è stato commissionato dall’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra. Questo edificio non era destinato solo all’assistenza morale e materiale dei mutilati, ma anche ad onorare i martiri della guerra e a custodire e potenziare il valore ideale della Vittoria. L’idea della costruzione della casa del mutilato, quale sede degna dell’A.N.M.I.G., risale al febbraio del 1925, quando venne affidato l’incarico all’ingegnere Pavone. A questo scopo il comune di Palermo concesse, a titolo gratuito, un lotto di terreno sul prolungamento di via Venezia, della superficie di circa 450 mq. Per la costruzione del fabbricato vigevano le seguenti condizioni: 1. In sei mesi, a decorrere dalla data di esecutorietà della delibera di concessione, l’associazione doveva presentare il progetto completo dell’edificio che intendeva costruire, il quale doveva essere sottoposto alle ordinarie approvazioni di legge; 2. Nei due anni successivi alla data di approvazione, l’associazione doveva presentare l’edificio completo in ogni sua parte. Tutto il 1926 servì per raccogliere i fondi, compreso il contributo dei soci. Il 29 settembre 1929, venne emesso il concorso per il progetto di costruzione della Casa del Mutilato. Nel dicembre del 1933, il presidente comunicò la possibilità di permuta del terreno avuto dal comune nel rione Conceria, con un altro sito di estensione pari a 850 mq nel rione San Giuliano in corso di risanamento. Non soddisfatti del primo progetto presentato dall’ingegnere Pavone nel gennaio del 1933, i membri dell’associazione invitarono gli ingegneri Bonci, Sant’Angelo e Manetti a presentare, a titolo gratuito, altri progetti. Ma questi non riuscirono a redigere un progetto soddisfacente poiché mancavano alcuni elementi essenziali, sia per motivi di carattere funzionale, come l’ubicazione degli uffici della sezione, dell’istituto dei mutilati, dell’opera nazionale e della delegazione regionale dei mutilati, sia per motivi di natura estetica e architettonica. L’edificio, infatti, doveva essere il tempio del sacrificio. Il 26 aprile 1935 fu definito nuovamente il bando di concorso per il progetto della Casa del Mutilato: la sezione Mutilati di Palermo bandì, tra gli iscritti al Sindacato Ingegneri Architetti di Palermo, un concorso per il progetto di costruzione della Casa del Mutilato di Palermo, che sarebbe sorta su un terreno concesso dal comune di 850 mq (25x34m), confinante con le vie Rossini, Scarlatti e Donizetti.

Fig. 4 Progetto vincitore del concorso, soluzione A | Prospetto

Fig. 5 Progetto vincitore del concorso, soluzione A | Sacrario

Fig. 6 Progetto partecipante a l concorso, soluzione B | Prospetto

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4 | La Casa del Mutilato di Palermo Piano Secondo

Il fabbricato doveva prevedere un ampio locale sotterraneo con facilità di accesso dall’ingresso principale e un grande salone sopraelevato per le cerimonie associative. La costruzione doveva essere composta da due piani oltre il piano elevato del salone di riunione, per un importo complessivo, compresivo degli abbellimenti, di 800.000 lire. Gli elaborati di progetto dovevano essere costituiti da una relazione dettagliata, dalla planimetria generale, dalle piante di tutti i piani, dai prospetti e dalle sezioni, oltre alle prospettive d’insieme dell’edificio e ai computi metrici dell’opera. Il bando venne inviato al sindacato provinciale fascista ingegneri e al commissario ministeriale del sindacato interprovinciale fascista degli architetti di Sicilia. Tra i componenti della commissione giudicatrice ci furono il rappresentante del sindacato architetti e quello del sindacato ingegneri. La commissione esaminatrice dei progetti, riunitasi il 17 dicembre 1935, proclamò vincitore il progetto con il motto San Sebastiano, soluzione A, di Giuseppe Spatrisano. Successivamente l’architetto vincitore del concorso fu invitato a perfezionare il progetto, il quale doveva presentare un carattere di maggiore monumentalità. La gara di appalto per la costruzione dell’edificio venne bandita nel giugno del 1937 e fu vinta dalla ditta palermitana dell’ingegnere Francesco Paolo Ponte. 4.2. Il progetto definitivo Giuseppe Spatrisano dovette confrontarsi da subito con la progettazione di un edificio pubblico. Inoltre, i motivi linguistici da lui scelti, caratterizzati da un linguaggio classico semplificato, erano subordinati ai valori comunicativi ed ideologici che la forma architettonica doveva esprimere. “Ispirata al Danteum di Terragni, ma con un linguaggio che risente delle architetture della retorica monumentale di Piacentini a Roma, la configurazione dell’edificio appare come il risultato di un sottile dosaggio di suggestioni diverse: la dimensione architettonica dell’Atrio è filtrata nell’atmosfera rarefatta della ricerca metafisica; i muri, i rivestimenti lapidei e i bassorilievi si collegano alla tradizione romana, sul piano astratto della geometria”.1 Pur se realizzata con caratteri più modesti del previsto, senza per questo perdere la sua monumentalità, la Casa crea, attorno al vuoto centrale dell’Atrio, uno spazio caratterizzato da un movimento ascensionale che sottolinea il significato del martirio. Il valore espressivo del monumento viene accentuato da tre pilastri che lanciano verso l’alto una corona come a simboleggiare l’apoteosi del martirio. Balistreri Vincenza (a cura di), Giuseppe Spatrisano Architetto (1899-1985), Fondazione Culturale Lauro Chiazzese, Palermo 2001. 1

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Piano Primo

Piano Rialzato

Piano Seminterrato


4 | La Casa del Mutilato di Palermo

Spatrisano rivolse grande attenzione alle tecniche costruttive e scelse con cura i materiali da utilizzare: la struttura portante è in cemento armato, mentre le tamponature sono in pietra d’Aspra e mattoni. Le pareti dell’Atrio sono costituite da superfici in vetromattone. Sia l’Atrio che parte del prospetto principale e le finestre del piano elevato sui fronti laterali sono rivestiti con lastre di travertino, mentre le superfici restanti sono rifinite con intonaco di tipo Li Vigni, ad imitazione della pietra naturale. La scelta di lastre sottili in marmo in generale si rifaceva alla politica autarchica di regime, specie nella realizzazione delle opere pubbliche, ma veniva anche preferita dai progettisti per configurare un’architettura sicuramente più monumentale e aulica delle tradizionali soluzioni ad intonaco tipiche del razionalismo. Tutta la parte basamentale è rivestita di lastre di calcare di Billiemi lucidate a piombo. I pavimenti sono in quadrelli di cemento a scaglie. Tra le opere appaltate, rientravano anche gli arredi progettati dallo stesso Spatrisano, esse insieme alle opere scultoree ed artistiche del pittore genovese Antonio Giuseppe Santagata formano un insieme unitario e rappresentativo della produzione artigianale ed artistica di quegli anni. L’edificio venne stato studiato in funzione del reticolo stradale. L’impossibilità di creare una zona di rispetto antistante al Monumento portò ad adottare una pianta a “C”, con un cortile aperto e l’arretramento del corpo centrale del prospetto. Nel progetto vincitore le fronti dei due corpi laterali del prospetto principale hanno un carattere illustrativo per le opere scultoree che ne fanno parte. Rappresentano l’uno l’assistenza dei mutilati e l’altro il fante che addita al giovane fascista il sentiero del sacrificio. Successivamente il progetto predisporrà due bassorilievi rappresentanti a sinistra “la Vittoria” e a destra “l’Italia madre dei geni e degli eroi”. La parte centrale della facciata ha unsignificato spirituale, che viene espresso con i soli elementi architettonici. Infatti, essa risulta fortemente dilatata rispetto alle due testate laterali, da cui emerge, inatteso ed imponente, l’alto tamburo dell’Atrio la cui definizione presenta un trattamento astratto, spogliato di ogni declinazione stilistica. L’ingresso al tempio, indicato dal progetto di concorso, trovata la giustificazione della sua forma nell’idea di isolare idealmente la zona sacra da quella della strada, è modificata dalla commissione giudicatrice del concorso per un accesso più immediato nel recinto sacro a mezzo di un’ampia scalinata in posizione assiale, al fine di permettere l’uscita agli associati in un ordine di sfilata. Rispetto al progetto vincitore il sacrario viene spostato dal seminterrato alla parte rialzata, in perfetta corrispondenza con l’Atrio interno, e viene dotato di un altare per le cerimonie pubbliche.

Progetto vincitore, poi modificato | piano rialzato

Progetto vincitore, poi modificato | piano seminterrato

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4 | La Casa del Mutilato di Palermo

L’edificio isolato offre quindi, tramite la sua fronte principale, un palinsesto figurativo destinato ad una percezione e ad una fruizione collettiva. Per lo studio della pianta e della disposizione degli ambienti attorno all’Atrio, si pensa che l’architetto si sia rifatto alla tipologia del “mausoleo romano”. Anche la luce diventa materiale di composizione, attraverso le varie aperture, che il progettista colloca nel perimetro esterno dell’edificio, e le pareti in vetromattone che danno sull’Atrio: tutti gli ambienti posso godere di un’illuminazione naturale. Originariamente l’edificio, sede dell’Associazione, raccoglieva diverse funzioni: al piano seminterrato, l’ambulatorio medico, l’alloggio del portiere ed il magazzino per gli apparecchi ortopedici. Al piano rialzato, a sinistra, il Salone delle Riunioni e, a destra, la Sala dei Cimeli, la Sede dell’Associazione Famiglie Caduti e dell’Istituto del Nastro Azzurro. Grazie ad un unico scalone a pozzo che ha sostituito le due scale a tenaglia laterali previste dal progetto iniziale, si giunge ai piani superiori. Al primo piano, gli uffici dell’Associazione Mutilati e delle cooperative edilizie “Il Piave” e “Cemig”. Al secondo piano, gli uffici dell’Opera Nazionale Mutilati di Guerra. I servizi sono posti alle estremità dei corridoi, in corrispondenza verticale tra loro. Tutti gli ambienti, anche quelli secondari, risultano abbondantemente illuminati dall’esterno.

Fig. 7 Il Danteum di Giuseppe Terragni

Fig. 8 Il Sacrario nel primo progetto

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Fig. 9 Il Sacrario nel primo progetto

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4 | La Casa del Mutilato di Palermo

4.3. Finiture e materiali utilizzati

Intonaci esterni I prospetti laterali del fabbricato erano rivestiti inizialmente da un intonaco tradizionale traspirante del tipo Li Vigni ad imitazione della pietra naturale. Si notano ancora infatti le stilature, eseguite per riprodurre una facciata composta da lastre di pietra. Attualmente, la finitura esterna è stata sostituita con una tinteggiatura a base sintetica. Intonaci interni Originariamente le superfici interne, quindi le pareti del primo e secondo piano, del piano rialzato e del seminterrato, i soffitti e l’intradosso delle scale, erano costituite da un intonaco completo con malta ordinaria fino al secondo strato di tonachino compreso lo strato di innella con malta di cemento.2 Successivamente, a seguito di numerosi rimaneggiamenti, sono andate perse le finiture originarie. Attualmente, le condizioni sono discrete in tutti i piani, in quanto gli ambienti, usati quotidianamente, sono oggetto di opere di manutenzione ordinaria. Solo il primo piano presenta una situazione critica. Gli interni di questo livello necessitano infatti di lavori di rimaneggiamento degli intonaci e di consolidamento di eventuali fessurazioni.3 Travertino Impiegato con finalità di rivestimento parietale è utilizzato in gran parte del prospetto principale e sulle facciate dell’Atrio. Le lastre impiegate riportano, oltre ad un degrado superficiale dovuto principalmente all’esposizione della facciata all’azione degli agenti esterni, anche dei distaccamenti e delle fessurazioni in alcuni punti critici del prospetto.4 Lo stesso tipo di travertino assume anche funzione pavimentale nell’Atrio dedicato ai Caduti, dove, essendo soggetto ad una maggiore usura e ad un prevalente ristagno dell’acqua piovana, presenta un maggiore degrado rispetto a quello riportato dalle lastre di rivestimento parietale.

2

Spatrisano Giuseppe, Computo Metrico Estimativo, 1937, trovato presso A. CdM. Pa.

3

Per gli interventi di consolidamento di eventuali fessurazioni si veda il cap. 6.1.3.

4

Per gli interventi di consolidamento di eventuali fessurazioni si veda il cap. 6.3.

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Pietra calcarea brecciata di Billiemi Tale pietra è stata utilizzata esternamente per tutta la parte basamentale dell’edificio, per la realizzazione dello scalone principale d’accesso, sui podi alla destra, alla sinistra della gradinata e sulla cornice esterna della pavimentazione dell’Atrio. L’uso di questo materiale su superfici esterne implica un maggiore danneggiamento in quanto queste risultano essere più suscettibili ad assorbire l’umidità dal suolo e ad un ristagno delle acque piovane.5 Internamente è stata impiegata in lastre di diverse dimensioni per la realizzazione di alcune pavimentazioni del Piano Rialzato, come nell’ambiente di ingresso da via Donizetti, nella Sala delle Adunanze, dove è stata adoperata nella realizzazione di un particolare disegno di cornici e nella Cella Altare, dove le lastre sono state disposte secondo un preciso schema geometrico. Un ulteriore impiego della pietra di Billiemi si ha nel vano scala dove viene utilizzata come rivestimento delle alzate dei gradini e dei pianerottoli e per la realizzazione del battiscopa. Marmo di tipo Carrara Il marmo di tipo Carrara è stato adoperato per la realizzazione dei pavimenti della Sala delle Adunanze e della Cella del Sacrario. Pur essendo stato adoperato lo stesso tipo di pietra è evidente l’alterazione cromatica subita dalle lastre disposte negli ambienti esterni. Tale alterazione è generata dalla formazione di una pellicola superficiale di ossalati di calcio e la principale causa di formazione della stessa è imputabile all’azione degli agenti atmosferici. Questo marmo è inoltre utilizzato per la realizzazione delle soglie dei vani delle porte di tutti i livelli. Marmo Zebrino di Carrara Questo marmo è stato impiegato solo all’interno della Sala delle Adunanze sulla parete che si affaccia su via Rossini al di sotto dei vani delle finestre. Le lastre sono disposte in modo da avere le zebrature con andamento verticale. Si sono conservate nella loro totalità e non presentano particolari tipi di degrado. Marmo Rossoverde Levanto Il materiale è utilizzato esternamente nella Cella del Sacrario alla base dei due affreschi di Antonio Giuseppe Santagata. Pur avendo un impiego esterno ed essendo quindi soggetto a sollecitazioni climatiche maggiori, il marmo è conservato in buono stato presentando solo del leggero deposito superficiale. 5

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A.CdM.Pa., Geom. Gaspare Lucchese, Relazione Tecnica, 23 agosto 2013.

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Serpentinite Questa roccia metamorfica è stata impiegata esternamentel’altare dedicato ai Caduti, mentre negli ambienti interni nelle cornici dei portali di accesso alla Sala delle Adunanze e all’ala dedicata al Giudice di Pace. All’interno della Sala delle Adunanze è utilizzata come rivestimento delle paraste che suddividono la sala. Tale materiale non risulta soggetto a particolari morfologie di degrado. Ammonitico Siciliano La pietra calcarea, denominata Ammonitico Siciliano, è stata impiegata nella rampa di scale posta in prossimità dell’accesso da via Donizetti dove è utilizzata per l’intero rivestimento delle pedate, delle alzate e dei pianerottoli di sbarco. Ha lo stesso tipo di impiego anche nel corpo scala principale, dove però viene adoperata solamente per il rivestimento delle pedate e dei pianerottoli. Nonostante questi ambienti siano particolarmente soggetti ad un’usura quotidiana, risultano ben conservati e in buone condizioni manutentive e sarà quindi sufficiente effettuare sulle stesse delle periodiche opere di pulizia ordinaria. Pietra grigia (probabilmente Ardesia) Viene utilizzata esternamente all’interno della Cella del Sacrario per il rivestimento dell’altare e per la realizzazione delle cornici dei portali di accesso alla Sala delle Adunanze e all’ala dedicata al Giudice di Pace. Come fenomeni di degrado, questa pietra grigia presenta un generale accumulo di deposito superficiale e in alcuni punti un’alterazione delle cromie. Marmi Brecciati Alcune tipologie differenti di marmi brecciati sono state impiegate nella realizzazione delle cornici dei principali portali di accesso all’edificio con lo scopo di conferire agli stessi maggiore valore e pregio. Cementine Tutte le pavimentazioni del primo e del secondo piano sono realizzate in marmette di cemento a scaglie. In ogni ambiente le singole mattonelle sono state posate secondo dei precisi disegni geometrici e determinati abbinamenti di colore. Le dimensioni impiegate sono di 30 cm x 30 cm e di 15 cm x 30 cm ed i colori ricorrenti su entrambi i piani sono il verde, il bianco, il nero, il giallo e il rosso mattone. Per la loro migliore conservazione sarà necessario effettuare delle periodiche opere di pulizia e manutenzione ordinaria.

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4.4. Infissi Nell’edificio sono presenti numerosi infissi originali, alcuni sono stati sostituiti a causa della loro condizione di degrado irreversibile, altri sono stati oggetto di inserimento di doppi vetri e di opere di manutenzione a volte mal eseguite. L’ingresso principale su via Donizetti 14 e quello carrabile su via Rossini 11 sono due portoni lavorati in legno massello a due battenti, mentre gli ingressi su via Donizetti 12 e via Rossini 9 sono in ferro. Lo stato conservativo non è molto buono, necessiterebbero di opere di restauro e di manutenzione. Al Piano Seminterrato non si è potuto accedere, ma presumibilmente tutti gli infissi sono stati sostituiti, ad eccezione delle finestre con le grate in metallo che danno sulla strada. Al Piano Rialzato, i portali lavorati che danno sul Sacrario sono in noce massello con fondi di radice o di intarsio. Per accedere alla Sala delle Adunanze è presente una porta originale in legno a doppia anta in uno stato conservativo buono e di discreta importanza decorativa. Questa tipologia di infisso è la stessa degli ingressi alle varie ali dei piani superiori. Inoltre, sul grande salone sono interessanti le grandi finestre con sopraluce e impianto di oscuramento motorizzato che danno su via Rossini. Sono anch’esse in legno, ma riverniciate con un colore chiaro. I bancali sono in travertino come la parte corrispondente di prospetto esterno. Gli infissi che si affacciano sull’atrio, invece, sono stati recentemente sostituiti e dotati di maniglie antipanico, in caso di incendio. Ai piani superiori, sono presenti delle porte in legno a doppia anta o ad anta singola con sopraluce. Alcune di queste sono originali, come si può notare dai particolari delle maniglie, altre sono state sostituite da pannelli di compensato riverniciati ad imitazione del legno naturale. Nei corridoi si trovano delle porte a tutta altezza, con specchiature in vetro e sopraluce tripartito orizzontalmente. Nella zona dei servizi, gli infissi in legno sono verniciati con una tinta chiara, molti sono stati sostituiti anni fa e richiederebbero di essere nuovamente cambiati, dato il loro pessimo stato manutentivo, si intende soprattutto le portefinestre e le finestre che danno sul pozzo di luce. Le finestre dei prospetti laterali sono tutte in legno, a doppia anta e con maniglie in ottone fuso. Sul fronte principale, in corrispondenza del secondo piano, si affacciano due finestre in ferro vetro con chiusura “alla cremonese”. Le finestre del corpo scala sono costituite da telai in metallo e vetri apribili a vasistas. Le facciate che danno sull’atrio sono interamente costituite da pareti in vetromattone. La tipologia di diffusore utilizzato è il modello della Saint-Gobain “Nevada-Bastoni” di dimensioni 20x20x4 cm con telaio portante orizzontale e verticale in ferro e giunti in malta cementizia. Al primo e al secondo piano, sono apribili a vasistas. 60

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Abaco degli infissi originali PORTA A DOPPIA ANTA CON SOPRALUCE

PORTA AD ANTA SINGOLA

FINESTRA IN FERRO E VETRO

PORTA A DOPPIA ANTA

FINESTRA IN LEGNO

PORTA A DOPPIA ANTA

PORTALE LAVORATO

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4.5. Opere artistiche Giuseppe Spatrisano, in qualità di direttore artistico della Casa del Mutilato, curò e diresse attentamente anche i lavori concernenti l’apparato decorativo. L’edificio è stato ideato come “il più intimo e raccolto ambiente spirituale ove l’esaltazione del sacrificio, il culto dei caduti conferiscono all’idea della patria un più alto contenuto religioso”6, perciò, secondo l’architetto, non solo la scelta formale del fabbricato, ma anche le opere pittoriche e scultoree, le iscrizioni e le epigrafi dovevano assolvere alla funzione sacra dell’edificio, ovvero mettere in atto un processo di identificazione del cittadino con il soldato, conforme al più ampio processo di militarizzazione della società italiana perseguito dal regime di Mussolini.7 4.5.1. Opere pittoriche Una nota molto interessante della Casa sono gli affreschi del pittore genovese Antonio Giuseppe Santagata nella Sala delle Adunanze e nelle due pareti laterali dell’altare del Sacrario, inaugurati dopo l’edificio, il 4 novembre 1939.

Antonio Giuseppe Santagata e la pittura murale degli anni Trenta8 Antonio Giuseppe Santagata è ritenuto “il creatore dell’affresco moderno italiano”. La sua pittura energica e monumentale è tematicamente e stilisticamente riconoscibile in molti edifici pubblici e in altre case del mutilato italiane. Soprattutto dopo il suo lavoro presso la Casa Madre dei Mutilati di Roma a Piazza Adriana nel 1936, egli venne definito dal committente, fondatore dell’A.N.M.I.G., Carlo Delcroix, “il Giotto dei soldati”. Negli anni Trenta, il pittore da cavalletto non era più in grado di esprimere la complessità della vita contemporanea. L’arte non era più riservata ad élites borghesi, ma era mirata alle pareti degli edifici pubblici, i quali dovevano comunicare messaggi inequivocabili. In Germania, Walter Gropius sosteneva che l’attività figurativa fosse strettamente connessa all’architettura. Cit. “Giornale di Sicilia”, 20 agosto 1937. Mancuso Claudio, Palermo in camicia nera. Le trasformazioni dell’identità urbana (1922-1943), consultato il 2 dicembre 2015, online, disponibile all’indirizzo: http://www.storiamediterranea.it/ 6 7

wp-content/uploads/mediterranea/p2493/r1271.pdf Fagone Vittorio, Ginex Giovanna, Sparagni Tulliola, Muri ai pittori: pittura murale e decorazione in Italia 1930-1950, (catalogo della mostra tenuta a Milano, Museo della Permanente, 16 ottobre 8

1999- 3 gennaio 2000), Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano 1999.

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Il “Manifesto della pittura murale” redatto da Campigli, Carrà, Funi e Sironi nel 1933, la quarta Triennale di Milano del 1930 e la quinta del 1933, le Mostre del Decennale della rivoluzione fascista di Roma nel 1932 e l’invito di Cagli “muri ai pittori”9 avevano consolidato il connubio tra arte e politica. Gli artisti e gli intellettuali dell’epoca erano convinti di dover ridare una funzione sociale all’arte. “La pittura murale è pittura sociale per eccellenza” recitava il Manifesto del 1933. Il lavoro dell’artista assunse quindi un ruolo sociale, egli è “uomo tra gli uomini”, cioè un artista militante che serve un’idea morale e subordina la propria individualità all’opera collettiva. Si posero nuovi problemi relativi alla spazialità e alla forma: i temi si rifacevano alla storia, ai momenti di maggior tensione, all’allegoria e ai miti. La tecnica di figurazione si fece plastica e voluminosa con espliciti riferimenti religiosi e ai valori civili e sociali. Il tutto venne però rivisitato secondo uno stile moderno, facendo propria la lezione sulla dinamica essenzialità delle avanguardie. La pittura murale, con la sua cifra monumentale, si basava sulla capacità di sintesi compositiva e immaginativa e questo nuovo equilibrio plastico-pittorico deve inglobare la decorazione nel sistema delle opere d’arte. Il primo lavoro come muralista gli viene offerto da Carlo Delcroix presso la Casa Madre dei Mutilati progettata dall’architetto Marcello Piacentini. Tra il 1926 e il 1932 si occupò delle lunette del Salone delle Adunate, in cui veniva esaltato il sacrificio del soldato attraverso tre momenti: la Partenza, l’Assalto e la Battaglia. La soluzione compositiva a scomparti, limitati da cornici, denotava ancora una certa timidezza del pittore (anche se non si può escludere una scelta dettata dall’architetto) a uscire dagli schemi tradizionali del quadro a “polittico”. Successivamente si occupò ancora della Casa Madre, ma sono altri i lavori che gli permisero di sviluppare il suo linguaggio e di arrivare a progettare i suoi affreschi come se fossero vere e proprie architetture monumentali. Degli esempi sono gli affreschi delle Sale delle Adunanze a Genova e a Palermo nel 1939 e a Milano nel 1942. L’impostazione è simile, come le sue figure ricorrenti. In tutti e tre i casi, la scena è divisa in due da una Vittoria alata o da un cavallo alato. Si ritrovano gruppi di soldati prima o dopo la battaglia, stagliati su uno sfondo desolato e drammatico, costituito da paesaggi distrutti da trincee e ordigni bellici. In queste opere, si nota come Santagata ormai riusciva a gestire le problematiche dell’affresco, quindi la composizione episodica e sintetica e il carattere descrittivo, per raggiungere una convincente unità decorativa, in cui tutte le sue figure, umane e non, sono protagoniste.

Fig. 10 V Triennale di Milano, 1933 | Veduta del Salone d’Onore con le pitture murali

L’espressione “muri ai pittori” è formulata da Cagli come titolo di una nota scritta per il primo numero di “Quadrante” (maggio 1933) si veda Muri ai pittori: pittura murale e decorazione in Italia 1930-1950, (catalogo della mostra tenuta a Milano, Museo della Permanente, 16 ottobre 1999- 3 gennaio 2000), Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano 1999, p. 13. 9

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Roma | Casa Madre dei Mutilati | 1926-32

Fig. 11 Pittura murale nella Sala delle Adunanze

Genova | Casa del Mutilato | 1939

Fig. 12 Pittura murale nella Sala delle Adunanze

Bergamo | Casa Littoria | 1940

Fig. 13 Pittura murale nell’atrio di ingresso 64

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“L’energia plastica delle sue masse brune si rifanno al realismo di Giotto, ma anche di Piero della Francesca e di Masaccio”.10 Il plasticismo insieme all’asprezza delle sue immagini determinano un linguaggio che appare scarno, ma che in realtà è intriso di significato. Il primitivismo è apparente, in quanto la sua non è un’arte solo analitica, ma ben più complessa e completa. L’opera più emblematica e che rappresenta al meglio la grandezza di questo pittore è l’affresco della Casa Littoria di Bergamo nel 1940, dove nessuno meglio di Santagata ha potuto narrare i vari episodi che caratterizzarono la vita eroica di Antonio Locatelli. Se precedentemente narrava episodi isolati senza chiari riferimenti alla storia, qui descrisse i singoli avvenimenti che hanno caratterizzato la vita del Locatelli, rappresentando più momenti su diversi livelli in un’unica scena.

Gli affreschi della Casa del Mutilato di Palermo Si è potuto accertare che le pitture murali di Palermo siano affreschi, per l’utilizzo dell’incisione e dello spolvero. La prima tecnica consiste nel ripassare i contorni del disegno originale con uno stilo metallico. Di conseguenza, sul tonachino bagnato rimane l’incisione che sarà poi utile per iniziare ad applicare i pigmenti colorati. Santagata utilizza questo procedimento per riportare le grandi figure e per rendere meglio la volumetria dei muscoli dei cavalli. La seconda tecnica consiste nel praticare dei piccoli fori lungo le linee del disegno. La carta, così bucata, viene appoggiata alla parete e tamponata con un sacchetto di polvere di carbone che, passando attraverso i fori, lasciava sulla parete la traccia del disegno originale. Santagata, attraverso questo metodo, riesce a rappresentare con maggior precisione i piccoli dettagli o gli elementi metallici.L’affresco nel Salone delle Adunanze occupa un’intera parete e continua sul soffitto. Santagata rappresenta a sinistra un gruppo di fanti pronti all’assalto sulle sponde dell’Isonzo, che attraversa in diagonale la parete, animando il paesaggio in secondo piano, mentre a destra si stagliano alcuni legionari conquistatori dell’Impero. Sulla parte superiore è assisa severa una Vittoria aureolata, contornata da due angeli armati di spade, presenti anche sul raccordo del soffitto. Nel Sacrario, a sinistra, è rappresentata l’attesa della battaglia e a destra l’assalto su uno sfondo cupo, comune a tutti gli affreschi, illuminato in alto dai bagliori delle granate e dei razzi.11 Nebbia Ugo, A.G. Santagata, “Emporium”, LXXV, 1932, gennaio, n. 445, p. 22. I due angeli armati sono in realtà stati dipinti due anni dopo il 1939, quando il presidente dei Mutilati di Palermo A. Amoroso chiederà a Santagata di sostituire le due

10 11

figure dei cherubini ai lati della Vittoria con immagini più consone all’”Italia imperiale.

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Affresco nella Sala delle Adunanze

Tecniche

Tecnica dell’incisione

Tecnica dello spolvero

Scene

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Ipotesi delle giornate di lavoro


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Affreschi nel Sacrario dedicato ai Caduti

Scene

Ipotesi delle giornate di lavoro

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4.5.2. Opere scultoree ed iscrizioni12 Il regime fascista si è servito di un repertorio decorativo simbolico e convenzionale, come il fascio, la croce e le scritte, per poter esprimere la nuova classicità dell’architettura moderna. Le decorazioni vengono usate sia per esprimere il carattere rappresentativo dell’edificio, sia per imporre ordine ed incanalare lo sguardo sui punti più interessanti ed emblematici dei fabbricati. Nello specifico, nella Casa del Mutilato di Palermo, per simboleggiare l’apoteosi del culto del sacrificio per la patria non sono stati utilizzati solo gli affreschi, ma anche iscrizioni e sculture. Le iscrizioni presenti sui prospetti rendono chiara la funzione che l’edificio possiede (fig. 14). Si tratta di lettere rilevate sul travertino o sull’intonaco, il carattere “a bastone” che le caratterizza rende la tessitura della parete maggiormente squadrata ed uniforme, grazie anche al fatto che lo spazio di contenimento delle titolature è previsto già in fase progettuale.13 Sul prospetto principale si trova scritto “TEMPIO MUNITO FORTEZZA MISTICA”, mentre sui prospetti laterali vengono recitate le seguenti parole: sul lato sinistro, “FU SEME IL FANTE E LA VITTORIA IL FIORE”, sul lato destro, “IL NOSTRO SPIRITO E’ LUCE CHE NON SI SPEGNE”. Inoltre, era presente un’ulteriore iscrizione che correva attorno all’oculo e diceva: “E’ LA PERENNE GIOVINEZZA DEL SACRIFICIO CHE INFIORA IL CAMMINO DELLA VITTORIA”. Inoltre, sul fronte dell’edificio sono presenti dei bassorilievi14 che conferiscono alla facciata un carattere illustrativo e allo stesso tempo monumentale. Sono eseguiti “alla maniera romana” in marmo di Billiemi da Eugenio Sgarlata (fig. 15). A destra si trova l’Italia madre dei geni e degli eroi, mentre a sinistra la Vittoria.15 Sulle lapidi presenti ai lati del vestibolo che introduce al Sacrario si trova, a destra, il Bollettino della Vittoria del 4 novembre del 1914, diramato dal generale Armando Diaz, mentre, a sinistra, il discorso pronunciato il 9 maggio del 1936 da Benito Mussolini, in occasione della proclamazione della fondazione del nuovo Impero di Roma. 12 Mancuso Claudio, Palermo in camicia nera. Le trasformazioni dell’identità urbana (1922-1943), consultato il 2 dicembre 2015, online, disponibile all’indirizzo: http://www.storiamediterranea.it/wp-content/uploads/mediterranea/p2493/r1271.pdf ] 13 Marcerò Giovanna, Lettura al microscopio, in De Simone Margherita et alii, Palermo: architettura tra le due guerre (1919-1939), S.F. Flaccovio Editore, Palermo 1987, pp. 149-166. 14 I due bassorilievi hanno dimensioni 2,40 x 2,60 m. Si veda: A. CdM. Pa., Spatrisano Giuseppe, Computo Metrico Estimativo, 1937. 15 Bruno Giorgia, La Casa del Mutilato di Palermo, tesi di Laurea, Facoltà di Architettura, Università degli Studi di Palermo, A.A. 2006-2007, p. 86.

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Fig. 14 Studio iconografico dei prospetti principali

Fig. 15 “La Vittoria” e “L’Italia madre dei geni e degli eroi”


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Entrando nell’Atrio, a sinistra dell’ingresso alla cappella votiva, è presente un busto in bronzo raffigurante Vittorio Emanuele Orlando, il “Presidente della Vittoria”, sorretto da un basamento in pietra del Carso sul quale è scritto: “RESISTERE / RESISTERE / RESISTERE”.16 All’ingresso del Sacrario, sulla cornice superiore, si trovavano i nomi delle città irredente Trieste (a sinistra) e Fiume (a destra). Sopra l’entrata della Sala delle Adunanze, erano infisse le scritte di Pola (a sinistra) e Zara (a destra), dalla parte opposta invece, Briga (a sinistra) e Tenda (a destra). Oggi, non ci sono più, ma ancorasi notano i punti di ancoraggio delle lettere. Sopra l’ingresso del Sacrario, al loro posto sono stati appesi dei cartoni con le scritte Zara, Pola e Fiume. Ai due lati della Cella si trovano esplicitate, tramite elementi in bronzo, le ragioni profonde per cui è stata creata la Casa del Mutilato. A destra si trova scritto: “REGNANDO / VITTORIO EMANUELE III / RE D’ITALIA E D’ALBANIA / IMPERATORE D’ETIPIA / ALL’AUGUSTA PRESENZA DI S.A.R. / IL PRINCIPE DI PIEMONTE / QUESTA CASA DEL MUTILATO / HA INIZIATO LA SUA VITA / DI PRESIDIO DELLA VITTORIA / DELLA POTENZA DELL’IMPERO / XXI MAGGIO 1939 XVII E.F.”. A sinistra si trova scritto: “REGNANDO / VITTORIO EMANUELE III / RE D’ITALIA / IMPERATORE D’ETIOPIA / AD ONORARE IL SACRIFICIO DEI COMBATTENTI / E ADDITARE ALLE GIOVANI GENERAZIONI / IL SENTIERO DELLA PASSIONE E DELLA GLORIA / L’ANNO XVII E.F. 1939”. All’interno del recinto sacro, sulle colonne di marmo di Billiemi, sono incisi su lettere in bronzo i nomi delle medaglie d’oro cadute in guerra17 e dei luoghi delle grandi battaglie combattute dai soldati italiani durante la Prima Guerra Mondiale. 18

Il busto di Vittorio Emanuele Orlando e le iscrizioni dell’Atrio

Il 29 ottobre del 1917, Vittorio Emanuele Orlando viene eletto presidente del Consiglio. Orlando seppe trovare delle parole semplici per spronare la popolazione ad andare avanti dopo la disfatta di Caporetto, il suo motto «resistere, resistere, resistere» venne pronunciato in ogni piazza italiana e guidò la nazione. Quando l’Italia vinse la guerra, lui diventò “il Presidente della vittoria”. 17 Sulla colonna del lato destro vi sono i nomi di Vincenzo Madonia, Vincenzo Magliocco, Giuseppe Mancino, Ciro Scianna e Giacomo Schirò. Sulla colonna del lato sinistro vi sono invece i nomi di Giuseppe Cangelosi, Antonio Cascino, Emilio D’Angelo, Eugenio Di Maria e Antonio Foschini. 18 Sulle due colonne ai lati della croce posta al centro del sacrario sono incisi i nomi delle battaglie dell’Isonzo, del Montegrappa, della Bainsizza, di Monte Santo, di San Michele, di Doberdò, ma trovano posto anche i riferimenti alle campagne militari in Africa Orientale e alla guerra di Spagna. 16

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4.5.3. Arredi Nella casa si trovano ancora numerosi arredi disegnati dallo stesso architetto Giuseppe Spatrisano che all’epoca lavorava per la ditta di mobili Ducrot. Sono in noce massello e rispecchiano lo stile anni trenta del periodo. Essi furono realizzati dalle ditte Feltrami e Pietro Crespi. Oggi, vengono ancora utilizzati, anche se una buona parte si trova in cattive condizioni e bisognosa di un immediato restauro.19 Al piano rialzato nel salone delle adunanze sono presenti: 1 tavolo per le riunioni 2 porta bracieri 10 sedie rivestite in pelle 70 sedie in legno Al primo piano nell’ala sinistra, dismessa, sono presenti: 2 scrivanie 3 armadi da ufficio 1 armadio a muro 1 poltrona 6 sedie in legno 1 casellario da ufficio Al primo piano nell’ala destra dell’A.N.M.I.G., sono presenti: 1 mobile fisso da portineria 1 casellario da ufficio 22 sedie in legno 18 sedie rivestite in pelle 1 armadio da ufficio 2 armadi a muro 3 porta bracieri 4 mobili con scaffali a doppia anta 6 poltre rivestite in pelle 3 divani rivestiti in pelle 2 tavolini 1 tavolo per le riunioni Inoltre, sono presenti dei lampadari e degli interruttori della luce originali.

Bruno Giorgia, La Casa del Mutilato di Palermo, tesi di Laurea, Facoltà di Architettura, Università degli Studi di Palermo, A.A. 2006-2007, p. 102.

19

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Fig. 16 Disegni originali dei mobili dell’ufficio del Presidente dell’Associazione

Fig. 17 Un lampadario ed un interruttore originali


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Abaco degli arredi

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Abaco degli arredi

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4.6. Interventi recenti e trasformazioni funzionali La Casa, concepita come un organismo simmetrico che si articola attorno al grande Atrio d’ingresso, è composta da un piano seminterrato e da tre piani fuori terra. Attualmente le destinazioni d’uso presenti all’interno dell’edificio sono diverse rispetto a quelle previste dal progetto originario e ciò ha comportato necessariamente delle modiche distributive degli ambienti.

Fig. 18 Vista dell’Atrio dalla copertura

Fig. 19 Vista del Sacrario dall’Atrio

Fig. 20 Vista della sala delle riunioni

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Piano Seminterrato Il Piano Seminterrato si articola in diverse unità funzionali. L’ala parallela a via Donizetti è attualmente destinata ad uno Studio Tecnico e dotata di uffici e servizi igienici. Il corpo retrostante, caratterizzato da uno sviluppo planimetrico ad “L”, è occupato dall’ Archivio della sezione penale del Tribunale del Giudice di Pace ed è anch’esso dotato di servizi igienici indipendenti. Dal livello stradale vi sono complessivamente quattro ingressi posti in corrispondenza degli angoli dell’edificio. Da via Rossini le due entrate conducono rispettivamente ad un vano impianti e ad un magazzino, mentre davia Donizetti si ha un ulteriore accesso ad unvano impiantistico e l’ingresso principale dell’Associazione A.N.M.I.G. dal quale, mediante una rampa di scale, è possibile raggiungere il Piano Rialzato. Le principali modifiche che sono state apportate a questo piano nel corso degli anni riguardano la realizzazione di nuovi ambienti destinati agli impianti e ai servizi. Piano Rialzato Come previsto dal progetto iniziale, il Piano Rialzato ospita gli ambienti che maggiormente esplicano il carattere spirituale attribuito all’edificio. Tale piano è raggiungibile mediante il grande scalone d’ingresso, posto in posizione assiale, che conduce all’Atrio centrale. Alla sua sinistra si articola un corpo laterale destinato al Salone delle Adunanze originariamente concepito con lo scopo di accogliere le funzioni celebrative e le numerose adunanze dell’epoca.20 Quest’ultimo è costituito da un ampio spazio arricchito dall’imponente affresco di Antonio Giuseppe Santagata, che occupa il muro frontale e parte del soffitto, e da diversi e sfarzosi materiali lapidei utilizzati sia sulle pareti che sui pavimenti. Nel muro di fondo è presente la grande iscrizione “SARO LA BELLA. FONDATORE ASSOCIAZIONE MUTILATI GUERRA IN SICILIA” in memoria del fondatore della sezione siciliana dell’Associazione. La sala è illuminata da nove aperture totali, cinque delle quali sono finestre a doppia anta che si affacciano su via Rossini mentre le restanti quattro sono delle porte finestre che pongono in comunicazione diretta la sala con l’Atrio esterno. Le modifiche apportate in questo ambiente sono la realizzazione di una pedana in linoleum nella parte di fondo della Sala, al di sopra della pavimentazione originale, e la sostituzione degli infissi che si affacciano sulla corte.

Balistreri Vincenza (a cura di), Giuseppe Spatrisano Architetto (1899-1985), Fondazione Culturale Lauro Chiazzese, Palermo 2001. 20

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Al centro del Piano Rialzato è presente l’Atrio coronato dal Sacrario dedicato ai Caduti. Questo spazio attualmente risulta essere un ambiente inutilizzato, non accessibile al pubblico se non in occasione di sporadiche conferenze organizzate dall’Associazione. L’esplosione di un ordigno bellico durante la Seconda Guerra Mondiale ha causato la distruzione di una lastra della pavimentazione esterna di travertino che fu quindi sostituita con una nuova, sempre del medesimo materiale, ma con una colorazione differente che ne permette un immediato riconoscimento visivo. Sono andate totalmente perse le scritte affisse alle cornici in marmo di Billiemi e le originali iscrizioni presenti tutt’attorno all’oculo che corona l’Atrio. All’interno della Cella del Sacrario, in posizione centrale, è collocato al di sopra di tre gradini un altare sormontato da un crocefisso ligneo. L’altare è incorniciato da due pilastri rivestiti in marmo di Billiemi sui quali sono riportati, con lettere bronzee, i nomi dei caduti e i luoghi delle battaglie della Grande Guerra. La Cella è direttamente collegata sia alla Sala delle Adunanze che alla parte di fabbricato attualmente destinata alla sezione penale del Tribunale del Giudice di Pace. In quest’ultima parte sono presenti due aule udienze, due uffici privati dei giudici ed in fondo al corridoio distributivo, dei nuovi servizi igienici. Le principali trasformazioni apportate in questi spazi sono la collocazione di nuove pavimentazioni nelle due aule udienze, la sostituzione degli infissi che consentono l’affaccio sull’Atrio e la creazione di una partizione interna che ha lo scopo di suddividere l’ambiente internamente ma che altera però la comprensione geometrica della pavimentazione presente.

Piano Primo Il Primo Piano è raggiungibile mediante il corpo scala che si trova in una posizione centrale all’interno dell’edificio. Tale piano si articola in modo simmetrico in due ali, dove la parte di destra è attualmente occupata dall’A.N.M.I.G., mentre la parte di sinistra, precedentemente riservata all’A.N.F.C.D.G. e all’A.N.C.O.G., è ad oggi inutilizzata. Gli ambienti dedicati alle Associazioni non hanno subito modifiche morfologiche rilevanti se non per la realizzazione di due partizioni interne lignee nello spazio di connessione tra i due corpi di fabbrica dividendo così le diverse funzioni che si svolgevano sul piano. Gli scarichi dei servizi igienici del primo e secondo piano confluiscono nei tubi in pvc color arancio posti nel pozzo di luce, il rialzato e il seminterrato utilizzano invece degli scarichi sottotraccia. L’impianto di condizionamento è stato sosituito: gli ambienti sono dotati di climatizzatori a splitter.

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Piano Secondo Al Secondo ed ultimo piano è presente, nella parte di destra, la Cancelleria del Giudice di Pace, mentre la parte di sinistra, attualmente inutilizzata, è stata recentemente ristrutturata e messa a disposizione della Sezione Penale del Giudice di Pace. Le modifiche apportate a questo livello consistono principalmente nella realizzazione di nuovi servizi igienici a norma e nella costruzione di tramezzature interne agli ambienti in modo da ridistribuire gli spazi secondo le nuove esigenze. Nell’ala di sinistra è inoltre presente una scala di servizio che consente l’accesso alla copertura praticabile. Il tetto della Casa è tutto cinto da un parapetto alto 90 cm, mentre l’oculo è circoscritto da un cordolo circolare alto 150 cm. In copertura è inoltre presente il lucernaio del cavedio impiantistico coperto da lastre di vetro retinato poste a falde inclinate con profili scatolari ed angolari metallici. Il manto di calpestio è stato rivestito con una guaina impermeabile bituminosa ricoperta da uno strato protettivo in lamina d’alluminio.21 Destinazioni d’uso attuali A.N.M.I.G.

Giudice di Pace

Altre utenze

Sala delle Adunanze

Archivio penale

Studio tecnico

Uffici

Aule e pertinenze

Servizi

Locali dismessi

Cancelleria

Impianti

Trasformazioni

Demolizioni Costruzioni

21

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A.CdM.Pa , Geom. Gaspare Lucchese, Relazione Tecnica, 23 agosto 2013.

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Piano Secondo

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Piano Primo

Piano Rialzato

Piano Seminterrato

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4 | La Casa del Mutilato di Palermo

Pianta dello stato attuale | Piano Rialzato | Quota +2,30m

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4 | La Casa del Mutilato di Palermo

Pianta dello stato attuale | Piano Primo | Quota +8,70m

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4 | La Casa del Mutilato di Palermo

Pianta dello stato attuale | Piano Secondo | Quota +13,10m

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Schema dello stato conservativo delle pavimentazioni

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4 | La Casa del Mutilato di Palermo

Prospetto Nord-Ovest

Sezione longitudinale

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4 | La Casa del Mutilato di Palermo

Prospetto Nord-Est

Sezione trasversale

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4 | La Casa del Mutilato di Palermo

Sezione corpo scala | Abaco dei materiali

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PROGETTO DI RESTAURO

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5.1. Interventi di restauro delle superfici 5.1.1. Superfici esterne

Operazioni preliminari Preliminari a qualsiasi tipo di intervento sulle facciate sono i controlli da espletare al fine di evitare il ripresentarsi di alcuni fenomeni di degrado. Si individuano quali principali i controlli relativi al deflusso delle acque meteoriche e conseguenti infiltrazioni, dovute a potenziali rotture dei pluviali interni alle murature o delle tubature delle acque sanitarie. Seguono poi i controlli sul sistema di sorveglianza esterno, fondamentale al fine del progetto, per definire eventuali interventi di miglioramento o adeguamento dell’impianto stesso. Prima di eseguire qualsiasi intervento sulle morfologie di degrado, si rende necessaria la stesura di un piano diagnostico per definire le indagini di tipo tecnico-scientifico da compiere. Tale piano è fondamentale al fine di redigere un progetto di restauro che tenga conto con certezza la natura dei materiali, delle relative morfologie di degrado e, di conseguenza, una serie di interventi mirati, studiati caso per caso. Le indagini all’esterno richiedono saggi in vari punti dell’edificio. Questi sono necessari al fine di comprendere al meglio il comportamento dei materiali lapidei locali, quali la pietra calcarea brecciata di importazione, il travertino di tipo Tivoli, e l’intonaco completo di tipo Li Vigni, e per conoscere come esse vengano alterate dal contesto e dai fenomeni fisico-chimici del materiale stesso. Prima di ogni pulitura, in particolare di quelle che utilizzano agenti chimici che potrebbero portare ad un’alterazione del materiale sul quale si interviene, è indispensabile effettuare più prove di pulitura al fine di individuare la più consona all’obiettivo prefissato da progetto. Morfologie di degrado Si procede con un’attenta analisi delle morfologie di degrado distinguendo i diversi fenomeni in rapporto al materiale sui quali vengono riconosciuti, per un intervento più consono al supporto materico. La facciata esterna principale è prevalentemente rivestita da lastre in travertino di tipo Tivoli che presentano, per la maggior parte di esse, un buon stato conservativo ma con diversi fenomeni di degrado. Su tutta la facciata è presente del deposito superficiale dovuto all’esposizione della superficie agli agenti esterni. Lo sporco depositato si forma per effetto 85


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di processi di sedimentazione o per accumuli dovuti a fattori inquinanti. Le lastre in travertino inoltre presentano, all’interno dei propri vacuoli, caratteristici della pietra sedimentaria romana, attacchi biologici di diversi microorganismi. In alcune aree più localizzate si possono notare una serie di interventi, successivi alla realizzazione dell’edificio, ritenuti incongrui in quanto viene utilizzata una malta di resina incoerente con il materiale di supporto dal punto di vista fisico e visivo. Fenomeni di pellicole, che si presentano quali strati superficiali di ossalati di calcio, coerenti fra loro ed estranee al materiale lapideo, sono causate da azioni di microorganismi, da inquinanti e da residui della combustione o di oli derivanti dal petrolio. Sono presenti anche macchie, alterazioni che si manifestano con pigmentazioni accidentali e localizzate della superficie, correlate alla presenza di materiale estraneo al substrato quale ruggine. La principale causa della formazione delle macchie è l’ossidazione delle zanche metalliche d’ancoraggio delle lastre di travertino. Il basamento della Casa è rivestito in lastre di pietra brecciata di Billiemi, comunemente nota come marmo di Billiemi, e presenta un deposito superficiale e fenomeni di colatura su tutta la superficie. Localizzata esclusivamente a piccole aree è la colonizzazione biologica che si presenta quale strato morbido, aderente alla superficie di colore per lo più verde, costituita prevalentemente da microrganismi, come muschi e funghi. Il marmo di Billiemi è inoltre utilizzato, sempre in lastre, per il rivestimento della parte superiore della facciata, ove presenta fenomeni di pellicole, concentrate sugli apparati scultorei, composte da ossalati di calcio, dovute a trattamenti ad olii e cere precedentemente applicati. Alcune aree sono interessate dal degrado differenziale dovuto dalla eterogeneità del materiale stesso portando a lievi distacchi materici e sottosquadri della superficie. I due prospetti laterali e quello retrostante sono rivestiti da un intonaco completo del tipo Li Vigni. Inoltre è presente una finitura superficiale di tipo sintetico successiva alla realizzazione dell’edificio. La tipologia e la cromia della nuova tinteggiatura sono difformi al progetto originario. Questo recente intervento ha generato una serie di degradi come l’esfoliazione, che si manifesta come distacco. Questo fenomeno implica, in alcuni casi, la caduta di uno o più strati superficiali subparalleli fra loro a causa del movimento dell’acqua infiltrata all’interno del substrato. La finitura pittorica ha poi subito un evidente dilavamento dovuto allo scorrimento delle acque meteoriche. Sull’intonaco si possono rilevare numerose fessurazioni, sia di tipo strutturale (v. cap. 8), sia di tipo non strutturale. Queste ultime sono generate da un possibile cedimento fondale della struttura in cemento armato e di conseguenza dalla nuova configurazione degli elementi di tamponamento in pietra d’Aspra. 86

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Interventi di restauro La batteria di interventi indicati per il restauro delle facciate esterne comprende operazioni di preconsolidamento, disinfestazione, smontaggio, pulitura, consolidamento integrazione, e protezione. Il preconsolidamento di superfici decoese CSD01 consiste nell’applicare a pennello il prodotto consolidante silicato d’etilene sulle superfici in pietra che presentano, per esempio, fenomeni di degrado differenziale. Questa tecnica assicura un controllo più facile sull’intervento e permette all’operatore una maggiore facilità di applicazione del prodotto. Al fine cautelativo è prassi fasciare la superficie con carta giapponese per proteggere il manufatto dal contatto diretto col pennello e dal particellato atmosferico che potrebbe aggredire la superficie a impregnazione avvenuta. L’intervento di disinfestazione per l’eliminazione meccanica di agenti biodeteriogeni di natura vegetale DSZ01 deve tener conto della quantità di vegetazione da eliminare, della loro specie biologica e delle condizioni di conservazione del manufatto architettonico. Si procede con la rimozione tramite spazzole e bisturi con eventuale ricorso all’uso di idrolavaggio per ammorbidire la superficie da incrostazioni. A questo processo si associa la disinfestazione con trattamenti chimici DSZ02 per evitare il ripresentarsi di vegetazione dopo un certo periodo di tempo. Questo tipo di disinfestazione, con l’ausilio della sopracitata DSZ01, serve ad impedire ed eliminare la crescita spontanea di piante superiori e di attacchi biologici. I prodotti devono essere chimicamente neutri, incolori e non dare luogo a reazioni collaterali al supporto. Si utilizza un trattamento al 2,5% di sali quaternari d’ammonio, che hanno il vantaggio di essere incolori ed avere una buona stabilità, applicati con la tecnica degli impacchi per incrementare il tempo di contatto delle soluzioni biocide, impiegando come materiale base la polpa di carta, a cui viene aggiunta la soluzione biocida. Il tutto poi viene ricoperto con fogli di polietilene. La soluzione dura 24 ore, quindi si ripete la procedura per 15 giorni consecutivi e al termine si lava la superficie con acqua distillata. Sono stati prescritti sette tipi differenti di pulitura da eseguire sulle facciate, singolarmente o combinati l’un l’altro, seguendo uno specifico ordine al fine di ottenere un più efficace risultato dovuto all’abbinamento di molteplici tecniche.

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La pulitura con idrolavaggio PLT01 a pressione viene utilizzata per la pulitura delle superfici di tutte le facciate esterne, in travertino e in pietra brecciata, mediante l’utilizzo di idropulitrici, al fine di rimuovere stratificazioni di microorganismi, efflorescenze saline, parti incoerenti, incrostazioni, muffe e depositi pulverulenti. Si utilizzano idropulitrici a getto continuo ad acqua erogata ad alta pressione (4-6 atm), con solventi e detergenti, procedendo per fasce orizzontali dall’alto verso il basso con lo spruzzo indirizzato sull’area della superficie interessata. Combinata con la tecnica di pulitura delle spazzole morbide PLT02 si ottengono ottimi risultati per l’eliminazione dei sopracitati degradi superficiali, in quanto, quest’ultima è di facile esecuzione. Prima di procedere a tale operazione è però necessaria una valutazione preliminare dello stato conservativo della superficie del manufatto, per evitare che l’azione della spazzola asporti parti non coese della superficie stessa. Si devono evitare azioni troppo energiche e, procedendo per piccole aree successive, si consiglia di sciacquare frequentemente la spazzola, per evitare di trasportare lo sporco o i depositi rimossi da un punto all’altro. Nelle aree ove si presentino dei fenomeni di pellicola di ossalati di calcio, in particolare sugli apparati scultorei, viene utilizzata la pulitura con impacchi EDTA (Etilen-Diammino-Tetra-Acetico) PLT03, che attenua le cromie degli ossalati di calcio. Previa verifica delle condizioni delle superfici, la pulitura consiste nell’utilizzo di un impacco localizzato, imbevuto con il detergente, non condotto ad intera saturazione, e poi applicato sull’area in esame con un moto rotatorio. Le possibili colature e dispersioni incontrollate del detergente, che si possono formare durante l’operazione, vengono rimosse con un tampone imbevuto con acqua deionizzata. La rimozione di vernici con sverniciatori chimici PLT04 viene utilizzata nelle aree ove vengono riscontrate presenze di graffiti e atti di vandalismo, oltre che per rimuovere la finitura sintetica superficiale dell’intonaco esterno, ritenuta incongrua. Si è scelto di utilizzare il prodotto “WallGard Graffiti Remover Gel” che penetra in tutti i fondi resistenti ai solventi (metallo, vetro, cemento e pietre naturali o artificiali), vernici spray, colori e pennarelli rimuovendo imbrattamenti di colore e graffiti. Il WallGard è un gel detergente prodotto dalla Mapei, che con l’ausilio di un idrolavaggio PLT01 asporta ogni tipo di graffiti senza danneggiare e il supporto. Si verifichi la compatibilità del prodotto con la superficie. La temperatura del fondo da trattare non dovrebbe essere inferiore a 10°C né superiore a 30°C, con superficie asciutta.

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Il prodotto Remover Gel è da applicare a pennello sull’area identificata e deve essere lasciato agire per 5-10 minuti. Successivamente vanno asportati gli imbrattamenti che si sono distaccati con l’utilizzo di idropulitrici e, se necessario, continuare con una spazzola e acqua. Prima di applicare il prodotto, inumidire le superfici pulite sottostanti le aree imbrattate per evitare che il liquido detergente o gli imbrattamenti distaccati giungano sulle superfici pulite.

lavaggio con acqua deionizzata PLT05 sugli Si adopera il elementi metallici, utilizzando una pistola a spruzzo collegata ad un compressore, attingendo da un serbatoio ripieno della soluzione con il detergente. La tecnica della pulitura mediante spazzole dure PLT06 è utilizzata laddove è richiesta maggiore intensità nel rimuovere un determinato tipo di degrado, ma mai con azioni troppo energiche e prolungate per non scalfire la superficie del manufatto, impedendo che le setole penetrino troppo in profondità. La pulitura con impacchi di carbonato d’ammonio PLT07 prevede la preparazione di una miscela di pasta di cellulosa e di carbonato d’ammonio (circa 1/3 dell’impasto) mescolata per ottenere un composto omogeneo e lasciato riposare per un giorno. La tecnica consiste nello stendere sulla superficie un foglio di carta giapponese con un pennello bagnato in acqua deionizzata, per evitare il contatto diretto tra reagente e supporto, e di conseguenza danni meccanici al manufatto. In seguito, si applica l’impacco spalmandolo con le mani, dall’alto verso il basso, senza lasciare vuoti d’aria per un’omogenea pulitura. Al termine dell’operazione, si protegge l’impacco con dei fogli di polietilene impermeabili, per rallentare l’evaporazione della soluzione. Successivamente, si toglie l’impacco facendo leva sulla carta giapponese e con un batuffolo di cotone imbevuto in acqua distillata si lava la superficie trattata. La tecnica di consolidamento con iniezioni CSD02 si attua in presenza di fessurazioni su intonaci, murature e lastre in travertino. La tecnica consiste nell’iniettare a bassa pressione una miscela legante (malta cementizia e/o epossidica) affinché rafforzi la struttura integrando e/o sostituendo la malta originaria e contribuendo a ristabilire continuità al sistema. Preliminare all’intervento è un’attenta analisi della struttura al fine di determinare l’esatta localizzazione delle cavità. Successivamente si praticano delle perforazioni per mezzo di trapani di diametro di 20-25 mm. L’interasse dei fori non deve superare i 50mm. Prima di eseguire l’iniezione tutte le piccole fratture vanno stuccate per impedire la fuoriuscita della miscela legante. Verranno poi eseguite una serie di iniezioni di malta idraulica. La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio

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Nel caso in cui si presentino, specialmente sulle lastre in travertino, delle discontinuità o degli interventi con malta, ritenuta incongrua con il supporto, si procede con l’integrazione di fratture e di piccole cavità con polvere di travertino e calce INT01. Prima di procedere al riempimento della mancanza, è necessario pulire le fratture in esame per poi stendere il prodotto aggrappante per facilitarne l’adesione al supporto. Si applica la stuccatura di polvere di travertino e calce utilizzando spatole metalliche di dimensione adatta alla grandezza della mancanza e, per evitare il ritiro, si impiega una quantità di pasta leggermente eccedente il volume da colmare. Ad essicazione avvenuta, procedere alla levigatura della superficie superiore con carta smeriglio fine o pietra pomice. In sostituzione della finitura pittorica di tipo sintetico ritenuta incongrua, si fa ricorso alla tecnica della velatura con pittura a calce pigmentata PTZ01 da applicare in successivi interventi di manutenzione. E’ una tecnica di coloritura semicoprente al latte di calce costituita da una sospensione diluita in acqua pura di velatura di calce colorata da applicare utilizzando un pennello. L’impasto è costituito da latte di calce (finissimo grassello di calce in zolle, vagliata e stagionata in fossa almeno 24 mesi e micronizzata per l’eliminazione di eventuali grumi) e da pigmenti minerali naturali (terre e/o ossidi) con polvere di travertino, fino al raggiungimento di una tonalità simile all’effetto pietra quale era all’originale. Per facilitare un’omogenea dispersione del colore nella calce si utilizza un agitatore meccanico, e si pongono preventivamente a bagno i pigmenti in una quantità d’acqua pari a circa il doppio del loro volume. La tinta dovrà essere mescolata anche durante l’uso, per evitare una separazione dell’acqua dal colore. Il tono desiderato è messo a punto predisponendo provini di verifica, considerando che la tinta asciutta tende a schiarirsi notevolmente. Questi provini sono attuati su blocchetti in terra d’ombra, che assorbendo l’acqua velocemente, danno un’idea precisa del risultato. Prima della stesura occorre verificare le condizioni igrometriche: quelle ideali sono UR=65-75% e una temperatura compresa tra i 5° e i 30°. Prima di iniziare la coloritura si procede con una spazzolatura e un’aspersione di acqua. La prima mano di tinta deve essere eseguita entro le 24 ore dalla bagnatura del supporto e circa mezz’ora dopo aver nuovamente nebulizzato la superficie con acqua. Si consiglia di attendere 12 ore prima dell’applicazione della mano successiva e di nebulizzare la superficie al termine dell’operazione. Il metodo dell’ossalato di ammonio PTZ02 si fonda sui principi di durabilità e compatibilità dell’intervento. Attraverso un impacco in soluzione acquosa al 5-6% disperso in polvere di cellulosa, applicato sulla superficie per un tempo 90

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non inferiore alle 5 ore, si induce la trasformazione moderata e controllata del calcare presente sulla superficie in ossalato di calcio. Quest’ultima sostanza è insolubile in acqua e in altri acidi tipici delle atmosfere dei centri urbani. Dopo la rimozione dell’impacco, quando la superficie è asciutta conviene applicare anche più volte un foglio di carta giapponese umido di acqua deionizzata da lasciare asciugare. Al fine di proteggere le superfici da atti di imbrattamento, si ricorre ad una protezione antigraffitiPTZ03. Tale protezione consiste nell’applicazione di un prodotto che protegga la superficie da ulteriori aggressione, impedendo l’assorbimento delle vernici da parte dei supporti cui sono stati applicati. Si utilizzi il “WallGard Graffiti Barrier” per la protezione del basamento dell’edificio in pietra brecciata. WallGuard è un’emulsione acquosa di cere polimeriche, specifica come protezione reversibile e rimovibile con idropulitrice ad acqua calda (circa 80°C). Il prodotto colma i pori della superficie senza impedirne la traspirabilità, creando una barriera repellente agli olii e all’acqua che non permette ai graffiti di penetrare in profondità nel supporto. Si tratta di prodotti trasparenti, impermeabilizzanti, oleofobici e traspiranti. Lo strato protettivo deve essere steso su una superficie pulita ed asciutta e può venire diluito in base alla porosità del materiale su cui viene applicato. Si utilizza la protezione con trattamento anticorrosivo PTZ04 sugli elementi metallici presenti in facciata. Si consiglia, prima dell’applicazione dello strato protettivo a diretto contatto con i materiali ferrosi, di assicurarsi che il metallo contenga la minima quantità di acqua possibile, disidratandolo con acetone puro. In seguito ad una pulitura ed eventuale sverniciatura applicare una protezione con trattamento anticorrosivo. Tale ciclo comprende infine la stesura di un film protettivo finale, prodotto applicato a pennello. La protezione del legno avviene mediante l’applicazione di vernici o smalti PTZ05 per garantire una duratura resistenza agli agenti atmosferici e ai fenomeni fisici causati da essi. Prima di procedere alla verniciatura, si esegue una spazzolatura e si passa uno straccio inumidito, con acqua o solventi, per eliminare tracce di polvere e in seguito si stendono più mani di prodotto impregnante antimuffa, valutando le caratteristiche dell’ambiente. Finita la fase preparatoria si prosegue con la verniciatura applicando almeno tre strati di prodotto, con diluizioni di volta in volta minori, fino a stendere l’ultima mano di vernice pura. Prima di passare alla stesura della seconda mano, occorre attendere che la prima sia perfettamente asciugata, quindi si carteggia la superficie con carta abrasiva, si spazzola per rimuovere la polvere prodotta e infine si conclude con la stesura del secondo strato e, seguendo la medesima tecnica, del terzo.

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Analisi dei degradi e degli interventi | Prospetto Nord-Ovest

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Analisi dei degradi e degli interventi | Prospetto Nord-Est

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5.1.2. Facciate in vetromattone

Morfologie di degrado Per poter prescrivere l’intervento più consono al supporto materico, risulta necessaria un’attenta analisi delle morfologie di degrado, distinguendo i diversi fenomeni in base al materiale sui quali vengono riconosciuti. I materiali che compongono le pareti in vetromattone, che si affacciano sull’atrio, sono essenzialmente il vetro con cui sono stati realizzati i diffusori, il ferro delle barre di armatura del telaio portante della parete e una finale stuccatura cementizia. Su tutte le facciate vitree è presente del deposito superficiale che consiste nell’accumulo di materiali estranei di varia natura quali polvere, terriccio, guano ecc. Tale strato può assumere uno spessore variabile e solitamente presenta una scarsa coerenza ed aderenza al materiale sottostante. La principale causa della formazione di questo tipo di degrado è l’esposizione della facciata agli agenti atmosferici esterni. Lo sporco si deposita per effetto di lenti processi di sedimentazione o per accumuli più o meno rapidi dovuti a fattori inquinanti. Un altro elemento che contribuisce all’incremento di tale degrado è la scarsa o del tutto assente manutenzione della facciata stessa. Molti diffusori vitrei presentano delle fessurazioni di varia entità, alcune risultano essere più superficiali, mentre altre attraversano completamente l’elemento. Questo tipo di degrado può implicare lo spostamento reciproco delle parti danneggiate con un conseguente distacco e caduta delle parti stesse. Causa certa della formazione di queste fessurazioni è attribuibile all’esplosione nell’atrio dell’edificio di un ordigno bellico durante i combattimenti della Seconda Guerra Mondiale. Una scorretta opera di manutenzione periodica delle facciate ha sicuramente contribuito ad aggravare la situazione del quadro fessurativo delle facciate. Un degrado, individuato in maniera puntuale solamente su alcuni diffusori, è la presenza di macchie da ossidazione. Questa alterazione si manifesta con una pigmentazione accidentale e localizzata della superficie, correlata alla presenza di materiale estraneo al substrato come la ruggine. La causa di tale alterazione cromatica è la formazione di ossidi non solubili di ferro e manganese dovuta all’azione di agenti inquinanti. Alcuni vetromattoni risultano essere inoltre del tutto o parzialmente mancanti, come anche le barre di armatura corrispondenti. Le cause sono attribuibili ad eventi antropologici che ne hanno compromesso l’aspetto figurativo fino a provocarne la perdita totale o parziale.

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Fotopiano dell’Atrio interno

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Interventi di restauro Gli interventi indicati per il restauro delle facciate in vetromattone comprendono operazioni di smontaggio, pulitura, consolidamento, integrazione e protezione. Lo smontaggio SMG02 consiste nella rimozione dei diffusori in vetro danneggiati gravemente su cui non è possibile effettuare nessun intervento di recupero e di consolidamento. In questo caso si prevede lo smontaggio dei lacerti dei diffusori ancorati al telaio portante. Sono stati prescritti due tipi differenti di pulitura da eseguire sulle facciate, singolarmente o combinati l’un l’altro, seguendo uno specifico ordine al fine di ottenere un più efficace risultato grazie all’utilizzo abbinato di molteplici tecniche.

pulitura dei vetri con acqua deionizzata PLT07 viene La utilizzata sia per i vetri delle facciate esterne soggetti a corrosione e opacizzati da una serie di croste di alterazione, che per le facciate interne sulle quali, fumi e polveri hanno creato un impasto untuoso. La facciata esterna va pulita con ripetuti lavaggi, in diverse fasi e in acqua corrente, con l’ausilio di una piccola spugna per la rimozione dei depositi. Per la facciata interna, dove è presente lo strato untuoso, vanno applicate delle compresse di cotone imbevute di acqua deionizzata per ammorbidire tale strato. Quando quest’ultimo inizia a cedere e prima che il vetro si asciughi, si deve applicare un agente sgrassante (acetone) per completare la rimozione di qualsiasi traccia di olio, grasso e sporco. Al termine dell’operazione si prevede un’ulteriore pulitura del manufatto con acqua deionizzata. La pulitura dei vetri con idrossido di idrazina e idrossilammonio PLT08 va associata alla pulitura PLT07 nel caso in cui le superfici dei vetromattoni presentino delle macchie dure, dalla colorazione nera - rossa – giallastra, dovute alla formazione di ossidi non solubili di ferro e manganese. Tale pulitura va effettuata combinando insieme due prodotti: l’idrossido di idrazina e l’idrossilammonio cloruro che, associati per una concentrazione complessiva del 5% e diluiti in soluzione acquosa, formano un composto chimicamente neutro (valore pH di circa 7), incolore, inodore e trasparente. Il prodotto va successivamente applicato a pennello direttamente sulle parti di vetro da trattare. La durata di ogni applicazione varia dai 15-20 minuti ai 30 minuti nel caso in cui le macchie nere si trovino associate a incrostazioni di natura silicica, fosfatica o calcitica. A tale trattamento deve seguire un abbondante lavaggio del manufatto con acqua deionizzata PLT07. 96

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La tecnica del consolidamento dei vetromattoni CSD03 va attuata su tutti i diffusori che riportano delle fessurazioni. Tale procedimento prevede l’utilizzo di una resina epossidica a bassa viscosità e soggetta ad uno scarso ingiallimento una volta posta in opera. La resina scelta con tali caratteristiche fisico – chimiche è ARALDITE 2020 prodotta dalla ditta C.T.S.1 La resina epossidica va miscelata all’induritore fino ad ottenere una soluzione liquida ed omogenea. Prima dell’applicazione del prodotto, è necessario predisporre delle barriere in plastilina che impediscano la fuoriuscita del prodotto dalla superficie retrostante a quella di applicazione. La miscela resina - induritore va successivamente applicata con una spatola sulle superfici da unire e dovrà avere uno spessore compreso tra 0,05 e 0,10 mm. Il prodotto consente al massimo 2 ore di lavorabilità, dopodiché gelifica e polimerizza completamente nell’arco di 24 ore a temperatura ambiente. Per il raggiungimento di un buon risultato è sufficiente eseguire tale procedimento di consolidamento una sola volta. Prima di effettuare l’intervento di integrazione dei ferri di armatura del telaio portante del vetromattone INT02 è necessario effettuare una preparazione del supporto. Quest’ultimo va dapprima trattato mediante la tecnica della sabbiatura, con lo scopo di liberare completamente i ferri dalla ruggine, e successivamente mediante l’applicazione di un prodotto passivante inibitore di corrosione sciolto in acqua. Il passivante scelto è MAPEFER 1K prodotto dalla ditta MAPEI. La miscela omogenea ottenuta va spazzolata sul ferro a nudo, mediante un pennello, entro un’ora dalla preparazione, con lo scopo di proteggerlo dalla carbonatazione e quindi prevenire la formazione di ruggine. Questo procedimento deve essere ripetuto due volte; la seconda mano può essere stesa dopo circa 2 ore dalla stesura del primo strato e, preferibilmente, entro le 24 ore. Lo spessore totale delle mani di prodotto deve essere di minimo 2 mm. Tale composto dopo l’indurimento è completamente impermeabile all’acqua e ai gas aggressivi presenti nell’atmosfera. Questo procedimento va eseguito in maniera puntuale dove il telaio metallico risulta ossidato e degradato.

1 Araldite 2020 (XW 396/XW 397) sistema adesivo epossidico trasparente a due componenti, C.T.S.

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Successivamente per il risanamento del calcestruzzo ammalorato INT02 va applicata la malta premiscelata a base cementizia MAPEGROUT BM, anch’essa prodotta dalla ditta MAPEI. La parte in polvere è composto da cemento, aggregati, fibre sintetiche e speciali additivi che riducono il ritiro plastico e igrometrico finale. La parte liquida è composta da resine sintetiche sciolte in acqua. La malta una volta indurita (a 28 giorni) presenta un’elevata resistenza meccanica a flessione e a compressione, un’alta adesione al supporto in calcestruzzo, basse modificazioni dimensionali in relazione alle variazioni igrometriche e di resistenza agli agenti chimici aggressivi. Per l’applicazione del prodotto è necessario preparare il supporto rimuovendo il calcestruzzo deteriorato e in fase di distacco, pulire il supporto mediante la tecnica della sabbiatura e bagnare con acqua il sottofondo. Prima di ripristinare con MAPEGROUT BM, attendere l’evaporazione dell’acqua in eccesso. Le due componenti della malta vanno mescolate accuratamente per qualche minuto fino ad ottenere un impasto senza grumi. Al termine della miscelazione si ottiene una malta a consistenza plastica che rimane lavorabile per circa un’ora. L’applicazione va eseguita a spatola e lo spessore massimo consentito è di circa 35 mm per strato. L’intervento di rasatura del telaio portante del vetromattone INT03 è l’ultimo intervento di consolidamento. Per la realizzazione di tale operazione si deve utilizzare la malta premiscelata monocomponente PLANITOP 510 di granulometria fine, di colore bianco ad indurimento normale, a base di leganti aerei ed idraulici, sabbie calcaree e di quarzo selezionato e speciali additivi in polvere, secondo una formula sviluppata nei laboratori di ricerca MAPEI. La rasatura ottenuta miscelando tale malta con acqua, possiede un elevato potere adesivo ed inoltre, è caratterizzata da un’ottima scorrevolezza che consente una facile applicazione a spatola metallica ed una veloce rifinitura con frattazzino di spugna. Planitop 510 può essere applicato in uno spessore massimo di 3 mm e per quanto riguarda la modalità di stesura del prodotto è necessario effettuare una preventiva preparazione del supporto, pulendo perfettamente le superfici da trattare e assicurandosi che siano completamente asciutte prima di applicare il composto. La malta deve essere miscelata in acqua fino ad ottenere un impasto completamente omogeno. Per permettere agli additivi contenuti di disperdersi completamente e quindi di poter svolgere pienamente la loro funzione è necessario lasciar riposare l’impasto per circa 3 minuti dopo la preparazione e di rimescolarlo brevemente prima dell’uso. La miscela ottenuta deve poi essere stesa con una spatola metallica liscia sulla superficie nello spessore massimo di 3 mm. 98

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La finitura superficiale può essere eseguita già dopo qualche minuto dall’applicazione della rasatura.2 Terminate le operazioni di consolidamento del telaio è previsto l’intervento di integrazione dei diffusori di vetromattoni INT01 gravemente danneggiati o mancanti. L’integrazione dell’elemento avviene mediante l’inserimento nel telaio strutturale di nuovi diffusori vitrei composti da un doppio strato di vetro temprato di cui quello più esterno ha la dimensione di 19 cm x 19 cm x 1 cm mentre lo strato più interno ha dimensioni pari a 18 cm x 18 cm x 0,6 cm. Attorno allo strato più interno vi è una cerchiatura metallica di dimensioni 19,0 cm x 19,0 cm x 0,5 cm che verrà fissata al telaio preesistente mediante l’applicazione di resina epossidica la cui temperatura di vetrificazione è superiore ai 100 °C. Il nuovo diffusore raggiunge una dimensione complessiva di 19 cm x 19 cm x 1,6 cm. L’operazione di inserimento del nuovo elemento termina con l’applicazione della rasatura INT03. La modalità di ancoraggio dei nuovi diffusori è differente nel caso in cui mancano più vetromattoni adiacenti ed i rispettivi ferri di ancoraggio. In questo caso oltre all’inserimento dei degli elementi vitrei si deve prevedere un preventivo ancoraggio di nuove barre metalliche in acciaio zincato filettato di diametro pari a 0,8 cm e di lunghezza 20 cm. Quest’ultime vengono fissate per metà lunghezza alla struttura preesistente mentre per l’altra metà fungono da ancoraggio per nuovi elementi. Successivamente sarà necessario saldare le barre orizzontali e verticali fra loro per poi proseguire con l’inserimento dei nuovi diffusori fissati alla struttura mediante resina epossidica. Si procederà infine con l’operazione della rasatura INT03 per il raccordo del nuovo al vecchio telaio. Fig. 1 Modello “Nevada Bastoni”

Protezione e riparazione del calcestruzzo, i prodotti MAPEI certificati UNI EN 1504, consultato il 15 settembre 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://www.mapei.it/CMS/multimedia/ Brochure-Normative-UNI-EN-1504.pdf 2

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Dettagli costruttivi dello stato attuale Infisso con apertura “a vasistas�

Attacco del sistema vetromattone-parete verticale

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Tipologie di intervento

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Una volta inseriti tutti i nuovi diffusori è necessario realizzare una protezione delle facciate vetrate con l’ausilio di trattamenti a base di silice nanostrutturata PTZ03. Il prodotto scelto per la realizzazione di tale procedura è il SIOX-5, prodotto dalla ditta SILTEA, basato su tecnologia sol-gel che protegge le superfici in vetro migliorando le caratteristiche di idrorepellenza.3 Il formulato liquido, incolore e trasparente, contiene silice nano-strutturata che, una volta stesa sulla superficie, forma uno strato omogeneo di silice amorfa vetrosa che si lega stabilmente al substrato ed impedisce allo sporco, al calcare e ad altre impurità di insinuarsi nelle microporosità del vetro. Tale trattamento implica la pulitura preventiva del supporto (PLT07) e che lo stesso risulti completamente asciutto prima dell’applicazione del prodotto protettivo. La modalità di applicazione prevede di distribuire il prodotto in modo uniforme su tutta la superficie da trattare in modo da evitare accumuli di prodotto. Per ottenere buoni risultati è sufficiente una singola stesura. Il prodotto può essere facilmente applicato a spruzzo, stendendo e rimuovendo gli eccessi di prodotto con un panno in microfibra per uniformare la superficie. Il tempo di asciugatura è pari ad 1 minuto al tatto e risulta completamente stabilizzato dopo 72 ore dall’applicazione. Questo trattamento non altera le caratteristiche estetiche del materiale ed ha un’ottima resistenza ai detergenti acidi. Per la pulizia delle superfici trattate è sufficiente l’utilizzo di detergenti neutri e di panni in microfibra. La protezione del telaio portante della facciata vitrea va effettuata mediante l’applicazione di una pittura murale semicoprente per esterno composta da resine acriliche in dispersione acquosa. La pittura scelta è la COLORITE BETON prodotto dalla ditta MAPEI. Questo prodotto protegge il supporto cementizio contro i danni della carbonatazione, è resistente a tutte le condizioni climatiche e all’azione dello smog, della salsedine e dei raggi solari conferendo al supporto una protezione durevole nel tempo. Le superfici da trattare devono essere pulite ed asciutte. Colorite Beton va diluita con acqua facendo attenzione ad omogenizzare a fondo il prodotto. L’applicazione deve essere fatta a pennello e per favorire una buona penetrazione del prodotto sul supporto è consigliabile effettuare due cicli di applicazione a distanza di 24 ore l’una dall’altra. 3 Siox-5 trattamenti superficiali a base di silice nanostrutturata ad uso professionale e industriale, consultato il 24/09/2016, online, disponibile all’indirizzo http://www.siltea.eu/doc/ SCHEDA%20TECNICA%20SIOX-5%20S.pdf 4 Protezione e riparazione del calcestruzzo, i prodotti MAPEI certificati UNI EN 1504, consultato il 15 settembre 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://www.mapei.it/CMS/multimedia/Brochure-Normative-UNI-EN-1504.pdf

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5 | Progetto di restauro

Analisi dei degradi e degli interventi

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5 | Progetto di restauro

Progetto

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5 | Progetto di restauro

5.1.3. Superfici interne I degradi che interessano le superfici intonacate dell’edificio sono in parte o in toto causati dalle infiltrazioni d’acqua dovute ai cavedi impiantistici progettati nel 1936 all’interno delle murature. Prima di qualsiasi intervento di restauro delle superfici orizzontali, è necessario un controllo delle tubature5, le quali, anche se in parte recentemente sostituite, possono presentare dei danni. In tal caso, si provvederà a sostituire le tubazioni, accertandosi di dotare i cavedi impiantistici di moderne tecnologie per l’eliminazione o la diminuzione dei problemi di condensa e di infiltrazione dell’acqua. Nella maggior parte dei casi, soprattutto in corrispondenza dei cavedi agli angoli del fabbricato, l’intonaco e la tinteggiatura sono caratterizzati da fenomeni di esfoliazione che in alcuni punti portano anche al distacco. Il dilavamento e le macchie sono visibili quando vi è una variazione cromatica localizzata o a tendenza verticale, questi degradi sono dovuti all’umidità e al contatto con acqua mista a sostanze inquinanti. Queste zone della superficie risultano essere più vulnerabili, ed è normale quindi trovare delle fessurazioni lievi di carattere non strutturale. Si è pensato di intervenire con il preconsolidamento CSD01 attraverso il metodo del caseato di calcio per i distacchi degli intonaci che consiste in iniezioni di acqua e alcol etilico, previa aspirazione di detriti e polvere dai fori. Nel caso in cui la tinteggiatura risulti compromessa si agisce con l’asportazione della stessa ASP01. Successivamente è utile pulire le superfici da eventuali depositi superficiali polverulenti con delle spazzole morbide PLT01 ed eventualmente con acqua nebulizzata PLT02. Infine, si va ad intervenire con l’integrazione di nuova tinteggiatura PTZ04. Le morfologie di degrado che interessano i materiali lapidei del vano scala sono il deposito superficiale dovuto all’usura ed al continuo passaggio di persone. Questo può provocare anche il distacco di schegge o piccole parti di materiale. La fase preliminare consiste nel preconsolidamento delle superfici decoese CSD03 che consiste nell’applicazione sulla superficie disgregata o erosa di silicato d’etilene, successivamente vanno eseguite delle operazioni di pulitura tramite spazzole morbide PLT01 e acqua nebulizzata PLT02. 5

Si è notato che nei cavedi impiantistici sono stati fatti lavori manutentivi nel tempo e parti di tubazioni (originariamente in lamiera zincata di diametro 12 cm saldata a piombo battuto) sono in stato di grande degrado. Si veda: A. CdM. Pa., Relazione tecnica del 23.08.2013 Geom. G. Lucchese. 106

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5 | Progetto di restauro

La struttura in metallo che sorregge il corrimano delle scale presenta una patina superficiale che si può definire ossidazione, la quale è generata dalla presenza di umidità e da sostanze veicolate dall’aria. In questo caso, inizialmente, si esegue una pulitura a secco mediante spazzole dure PLT04, previo lavaggio con acqua deionizzata PLT03, necessario per ammorbidire la superficie. Ad operazioni concluse, è opportuno stendere uno strato di protezione con trattamento anticorrosivo PTZ02. Nella Cella, l’altare in pietra grigia, probabilmente Ardesia, oltre ad essere interessato dal deposito superficiale, presenta delle aree alterate cromaticamente a causa dell’ossidazione del materiale. Come prima cosa si effettua il preconsolidamento con carta giapponese CSD02 che comprende la stesura di un foglio che serve per evitare il contatto diretto con la successiva pulitura mediante impacchi di carbonato di ammonio PLT05. Questi impacchi vanno lasciati riposare, per dare il tempo al carbonato di ammoni di reagire e diventare solfato di ammonio che è dotato di un effetto consolidante. Infine, si interviene con una protezione superficiale con resine acriliche PTZ05. Tale protezione va applicata a spruzzo solamente nelle zone interessate dal degrado con stesure successive fino alla totale impregnazione del consolidante. A coronamento dell’altare e dei portali di ingresso alla Cella si trova la Serpentinite, mentre alla base dei due affreschi esterni del Santagata sono presenti due basamenti in Rossoverde Levanto. Dopo un’opportuna pulizia del deposito superficiale tramite spazzole morbide PLT01 e acqua nebulizzata PLT02, si applica la protezione con il metodo dell’ossalato di ammonio PTZ01 che comprende la stesura di un foglio di carta giapponese per evitare il contatto diretto tra la superficie e i successivi impacchi che inducono la trasformazione del calcare in ossalati di calcio, i quali svolgeranno la funzione di film protettivo.

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5 | Progetto di restauro

Analisi dei degradi e degli interventi | Sezione longitudinale

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5 | Progetto di restauro

Analisi dei degradi e degli interventi | Sezione trasversale

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5 | Progetto di restauro

5.1.4. Infissi Numerosi sono gli infissi in legno originali tutt’ora presenti. Se le condizioni di degrado sono reversibili, si procede con lo smontaggio SMG01 ed il restauro degli stessi. Come prima cosa si esegue una pulitura meccanica con spazzole morbide PLT01 per eliminare eventuale polvere e frammenti e poi si effettua il trattamento insetticida e fungicida. Come ultima operazione si applica una protezione a base di vernici o smalti PTZ03, passando tre strati di verniciatura con diluizioni di volta in volta minori, fino a stendere l’ultima mano di vernice pura. Prima di stendere la seconda mano, occorre attendere che la prima si sia perfettamente asciugata, quindi carteggiare la superficie con carta abrasiva, spazzolare per rimuovere la polvere prodotta e infine stendere il secondo strato. Nel caso di infissi non originali, come quelli in dotazione nei servizi e nel pozzo di luce, che si presentano in cattive condizioni manutentive, si prescrive una rimozione e sostituzione con dei nuovi in legno, per non discostarsi dalle scelte progettuali iniziali. Per quanto riguarda gli infissi in ferro vetro, si eseguiranno degli interventi di restauro consoni ai metalli, quindi una pulitura a secco mediante spazzole dure PLT04, preceduta da un lavaggio con acqua PLT03, necessario per ammorbidire la superficie. deionizzata In conclusione, è opportuno stendere uno strato di protezione con trattamento anticorrosivo PTZ02.

In merito alle specchiature degli infissi, molte di queste sono state recentemente sostituite. Per quanto riguarda i sopraluce delle porte, si procederà ad un intervento di pulitura e, nel caso di elementi incongrui o non recuperabili, alla sostituzione con nuovi prodotti più consoni RIM01. Relativamente agli infissi esterni, se il telaio in legno si presenta in buone condizioni, si inseriranno dei doppi vetri insieme ad opportune guarnizioni antispifferi, data l’età dei serramenti. In caso contrario, si procederà alla completa sostituzione dell’infisso RIM01. 110

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5 | Progetto di restauro

Abaco dello stato di conservazione degli infissi

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Il Sacrario 112

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5.2. Interventi di restauro dell’apparato decorativo 5.2.1. Opere pittoriche Per la definizione degli interventi di restauro riguardanti le pitture, vengono definite tre principali fasi: la fase preliminare di conoscenza del manufatto e di definizione delle cause principali delle problematiche degli affreschi; la fase di restauro che si compone di interventi di preconsolidamento, atti a prevenire il ripresentarsi delle morfologie di degrado in futuro, e di interventi di pulitura; la fase finale è costituita dalle operazioni di protezione post-intervento.

Fase preliminare di conoscenza Prima di procedere all’individuazione dei fenomeni di degrado che interessano le pitture murali, è necessario studiare una metodologia di intervento preliminare che serva a prevenire un deterioramento futuro delle superfici e dei materiali e a garantire un più duraturo stato di conservazione. Innanzitutto, sono necessarie alcune indagini iniziali per individuare gli interventi più mirati e adatti ad ogni morfologia di degrado. In secondo luogo, bisogna accertarsi, con opportune indagazioni di carattere scientifico, che la tecnica utilizzata per la loro realizzazione sia effettivamente l’affresco. Inoltre, bisogna predisporre dei saggi di pulitura per la corretta messa in opera e per definire i tempi di azione dei vari prodotti da utilizzare. Oltre a queste analisi previste direttamente sulle pitture, si prevedono opere di manutenzione degli impianti idraulici e di quelli di scarico (v. cap. 9), in quanto le tubature dei servizi del primo e del secondo piano insistono sulla stessa parete che corrisponde verticalmente alla superficie in cui sono stati realizzati gli affreschi. Questo intervento è fondamentale, al fine di prevenire ed evitare future problematiche legate alle infiltrazioni d’acqua. A scopo preventivo verrà effettuato anche un controllo periodico al fine di localizzare quanto prima eventuali perdite che potrebbero intaccare i dipinti murali. Fase di restauro degli affreschi Dopo un’attenta analisi dello stato attuale del manufatto in relazione alle particolari condizioni al contorno riscontrate, si esegue una prima operazione di preconsolidamento con carta giapponese CSD01, che consiste nella stesura di un foglio e nell’impregnazione con soluzioni adesive tramite

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5 | Progetto di restauro

nebulizzazione, previa pulizia del particellato atmosferico e dei depositi superficiali mediante spazzole a setola morbida PLT02 o flussi di aria debole PLT01. Successivamente, si procede con un’ulteriore operazione di preconsolidamento con nanomolecole di idrossido di calcio CSD02, adatto per materiali artistici a matrice carbonatica. Questo metodo consiste nell’utilizzo di dispersioni cinematicamente stabili di minuscoli cristalli di idrossido di calcio in solventi non acquosi (alcol isoprilici). Le dimensioni molto piccole delle particelle e la tensione superficiale dell’alcol assicurano un’alta capacità di penetrazione nella struttura porosa delle pitture murali. Ciò permette di ripristinare la struttura cristallina e l’adesione tra il pigmento e il supporto poiché, evaporando, i nanocristalli si legano al carbonato di calcio dello strato pittorico. Rispetto ai metodi tradizionali (per es. il metodo Ferroni6) evita diversi inconvenienti come l’incompletezza del processo di carbonatazione, la scarsa penetrazione raggiungibile e l’eccessivo quantitativo d’acqua. Vengono poi definiti due differenti tipologie di pulizia da utilizzare sulle pitture. La pulitura con impacchi di polpa di cellulosa e acqua distillata PLT05 consente l’estrazione dei sali dalla superficie. Successivamente è necessario eseguire dei lavaggi per ridurre al minimo la presenza di residui e per eliminare il prodotto. Questo intervento viene adottato per risolvere il fenomeno dell’efflorescenza, molto diffuso sulla superficie del manufatto, a causa delle infiltrazioni d’acqua dovute all’impiantistica dei piani superiori, ai cicli di gelo e disgelo e alla dilatazione differenziale tra materiali di supporto e finitura. Tali problematiche hanno originato anche delle alterazioni cromatiche a tendenza verticale soprattutto in corrispondenza del nodo parete e soffitto (dilavamento) e delle variazioni cromatiche localizzate dovute a contatto con microrganismi estranei (macchia). In questo caso, si procede con la pulitura con impacchi di argilla assorbente PLT06. Tramite pennello si applicano degli impasti di acqua distillata ed argilla. Se l’operazione viene eseguita durante la stagione calda, è necessario applicare teli di garza e strati di cotone imbevuti di acqua demineralizzata. Successivamente si ricopre la superficie con un telo di polietilene in modo da ritardare la velocità di evaporazione. Seguono poi dei lavaggi a secco con spazzole e pennelli di setole o nylon morbide PLT02 e pulizia accurata con acqua demineralizzata e nebulizzata PLT01. 6 Nel caso del metodo Ferroni, l’applicazione di sospensioni colloidali di idrossido di calcio avviene tramite pennello e in due successive applicazioni. Durante questo processo si possono creare delle velature che sarebbe opportuno togliere mediante tamponi di acqua deionizzata, i quali rischiano di imbevere eccessivamente la superficie della pittura.

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Fase di post-intervento Durante la fase finale, a seguito delle pulizie, si prevede un intervento di consolidamento e di reintegrazione della pellicola pittorica PTZ04, la quale prevede la stesura di strati pittorici leggeri e semitrasparenti di tinta neutra, ma comunque accordata al tono generale del dipinto. Tale operazione viene realizzata con colori ad acquerello. Si applica con pennelli a strati successivi incrociati, uno orizzontale e uno verticale, prima su tutto il dipinto, successivamente nelle aree dove la pellicola pittorica risulta mancante. Dopo la mano finale si può procedere con la stesura di uno strato protettivo a base di acqua e fissativi. L’iniziale fase di consolidamento tramite nanomolecole unita all’azione di quest’ultima protezione permette di risolvere i fenomeni di degrado come il sollevamento della pellicola pittorica, la disgregazione della superficie sotto forma di polvere e le conseguenti fessurazioni lievi in prossimità di queste aree.

Reintegrazione della pellicola pittorica

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Analisi dei degradi e degli interventi | Il Sacrario

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5.2.2. Apparato epigrafico Per la definizione degli interventi di restauro dell’apparato epigrafico vengono definite due tipologie di operazioni. Per far fronte al fenomeno della presenza della patina superficiale sulle lettere bronzee esposte all’aria, definito ossidazione, si deve eseguire un preliminare intervento di pulitura mediante spazzole dure PLT03. E’ necessario evitare azioni troppo energiche e prolungate ed impedire che le setole penetrino troppo in profondità, per non scalfire la superficie. Successivamente, va effettuata una pulitura mediante sali di Rochelle PLT04. Si tratta di impacchi di sali non alcalini, mescolati in soluzione al 30% in acqua deionizzata, su zone localizzate da trattare con tempi di posa dai 10 ai 30 minuti. In seguito, si deve risciacquare abbondantemente con acqua deionizzata per eliminare l’azione attiva. Come operazione conclusiva si deve applicare una protezione con trattamento anticorrosivo PTZ02. E’ fondamentale, prima dell’applicazione dello strato protettivo a diretto contatto con i materiali ferrosi, assicurarsi che il metallo contenga la minima quantità di acqua, disidratandolo con acetone puro. Tale ciclo di protezione comprende un trattamento anticorrosivo e la stesura di un film protettivo finale. I prodotti vanno applicati a pennello.

Il secondo caso è quando invece vi è una caduta o una perdita totale delle lettere in bronzo. Si è deciso di riproporre le parti mancanti dell’apparato epigrafico con elementi di nuova fattura a caratteri distinguibili da quelli originali. Questo intervento riguarda le epigrafi presenti nella cella sulle colonne in marmo di Billiemi, le iscrizioni all’ingresso del sacrario a destra e a sinistra e i nomi delle città irredente, le quali vengono riposizionate dove erano state pensate inizialmente (fig. 2). Per quanto riguarda invece l’epigrafe che correva tutt’attorno all’oculo dell’Atrio, si è preferito adottare una soluzione diversa (fig. 3). Viene riproposta l’intera iscrizione, non tramite lettere bronzee ma utilizzando la tinteggiatura con un tono più scuro di quello dello sfondo. E’ stata preferita questa via, poiché è un intervento di più semplice realizzazione e facilmente reversibile.

Fig. 2 Restauro e completamento delle lettere mancanti e reintroduzione delle epigrafi delle città irredente come da progetto originale

Fig. 3 Proposta di reinserimento della scritta dell’oculo

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5.2.3. Arredi originali Per gli arredi originali ancora presenti, si definiscono delle metodologie di restauro che permettano di conservarli, ma anche di migliorarne le condizioni attuali, dal momento che non sono mai stati oggetto di restauri o di opere manutentive. Prima di ogni tipo di intervento, si devono eseguire dei saggi di pulitura sugli elementi lignei e metallici. Gli arredi sono quasi tutti in noce massello e nel caso particolare di sedie e poltrone presentano delle imbottiture in tessuto o pelle. Innanzitutto, si esegue una spazzolatura sulla superficie inumidita con acqua e si stendono prodotti impregnanti di solventi organici per l’eliminazione degli attacchi di funghi e animali xilofagi infestanti, con successiva pulitura meccanica mediante spazzole morbide ed eventualmente con degli aspiratori. Si provvede all’eliminazione dello strato di vernice che si presenta degradata con levigatrici e scartavetro a grana fine. In seguito si effettua la stuccatura di eventuali solchi evidenti e si completa l’intervento con una verniciatura protettiva PTZ03. Per i lampadari originali, si prevedono sulle parti metalliche operazioni di pulitura tramite spazzole dure PLT03 e di protezione con trattamenti anticorrosivi PTZ02. Se necessario, si andrà a sostituire la fonte di illuminazione e si considererà un’eventuale reintegrazione delle parti in vetro irrimediabilmente danneggiate.

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5.3. Interventi di consolidamento strutturale 5.3.1. Percorso di conoscenza del manufatto7 Il procedimento di valutazione della sicurezza degli edifici esistenti presuppone una serie di attività preliminari, mirate all’acquisizione di un livello di conoscenza dell’edificio, indispensabile per poter eseguire successivamente un corretto piano di interventi. L’avvicinamento alla conoscenza di un manufatto procede per gradi successivi di approfondimento. Fasi determinanti in questo senso sono: la ricerca di documentazione storica, l’acquisizione del rilievo geometrico – strutturale, la caratterizzazione meccanica dei materiali e la individuazione dei diversi meccanismi di crisi attivabili, per giungere ad un piano di interventi mirati, il più possibile coerente con la natura dei materiali e della struttura dell’edificio analizzato. 5.3.1.1. Rilievo La conoscenza della geometria strutturale dell’edificio esistente in cemento armato e muratura deriva, come di regola, dalle operazioni di rilievo. Tali operazioni comprendono il rilievo, piano per piano, di tutti gli elementi costruttivi, incluse eventuali cavità, cavedi impiantistici, canne fumarie, il rilievo dei solai e della copertura (tipologia e orditura), delle scale (tipologia strutturale), e la tipologia delle fondazioni. La rappresentazione dei risultati del rilievo viene effettuata attraverso piante, alzati e sezioni. Una volta rilevato il quadro fessurativo viene poi rappresentato, classificando ciascuna lesione secondo la tipologia del meccanismo associato (distacco, rotazione, scorrimento, spostamenti fuori del piano, etc.), e deformativo (evidenti fuori piombo, rigonfiamenti, depressioni, etc.). La finalità è di consentire, nella successiva fase diagnostica, l’individuazione dell’origine e delle possibili evoluzioni delle problematiche strutturali dell’edificio. 7

Nel percorso di conoscenza del manufatto si sono tenute come linee guida:

Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 febbraio 2011, Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle Norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14/01/2008, cap.4, consultato il 15 settembre 2016, online, disponibile all’indirizzo: www.sbap-pr.beniculturali.it/getFile.php?id=152 Circolare 2 febbraio 2009, n 617, Istruzioni per l’applicazione delle “Nuove norme tecniche per le costruzioni” di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008, cap.8, consultato il 15 settembre 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://dsg.uniroma1.it/sylos/ Circ.%20esplicativa%20NTC%202008%20n%C2%B0%20617%20del%2002_02_2009.pdf

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Il rilievo geometrico strutturale è riferito sia alla geometria complessiva dell’organismo che a quella degli elementi costruttivi, compresi i rapporti strutturali fra loro presenti. Il rilievo individua l’organismo resistente della costruzione, tenendo presente della qualità e lo stato di conservazione dei materiali e degli elementi costitutivi. 5.3.1.2. Analisi storico-critica8 Ai fini di una corretta individuazione del sistema strutturale esistente e del suo stato di sollecitazione è importante ricostruire il processo di realizzazione e le sue successive modifiche subite nel tempo, con attenzione agli eventi sismici o episodi simili, che possono aver danneggiato l’edificio nel corso della sua esistenza. Dagli Atti di collaudo del fabbricato in questione si evince che “La consegna dei lavori venne fatta all’impresa, dal Direttore dei Lavori con verbale del 19 agosto 1937-XV ed a norma di contratto dovevano essere ultimati in mesi dodici, cioè a 18 agosto 1938-XVI. Il Presidente consentì all’appaltatore due proroghe successive che vennero a scadere il 20 aprile 1939 ed in tale giorno il Direttore dei Lavori constatò la ultimazione dell’opera nei termini di contratto e delle deroghe concesse”. “Sebbene il progetto della Casa del Mutilato sia stato studiato con la massima cura e diligenza da parte dell’ideatore e progettista Architetto Giuseppe Spatrisano, il quale ebbe a compilare pure l’elenco dei prezzi unitari; ciò malgrado si sono dovute adottare durante la costruzione, strutture non previste ed altri particolari di esecuzione…”. Si deduce che l’edificio venne realizzato quale un unico organismo, pensato e progettato unitamente, dalle fondazioni alla copertura, con una struttura in cemento armato e tamponamenti in pietra squadrata, come successivamente verrà approfondito, senza subire nel corso del tempo pesanti modifiche alla struttura stessa, ma piccole opere di manutenzione ordinaria. Ciò facilita il percorso di conoscenza e di diagnosi dell’edificio, anche dal punto di vista del rilievo geometrico, qui sotto sviluppato. Durante la Seconda Guerra Mondiale, nell’Atrio della Casa, esplose un ordigno, che causò numerosi fenomeni di lesione alle pareti perpendicolari all’esplosione e alle facciate in vetromattone, danneggiando numerosi elementi costituenti la vetrata. Il lotto retrostante l’edificio, da progetto iniziale destinato ad uno spazio aperto che fungeva da piazza per le cerimonie e parate militari, viene venduto successivamente al Genio Civile che vi edifica la propria sede, un edificio in cemento armato di 5 piani fuori terra.

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Fig. 4 Computo Metrico Estimativo, Arch. Spatrisano, 1937


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5.3.1.3. Rilievo materico costruttivo e stato di conservazione Al fine di raggiungere un’adeguata conoscenza delle caratteristiche dei materiali occorre procedere con l’osservazione diretta in-situ e/o con indagini sperimentali, sulla base della documentazione disponibile. Per gli edifici in cemento armato occorre procedere a prove sperimentali sia sul calcestruzzo che sull’acciaio, ai sensi del punto 8.7.2 delle NTC 2008, al corrispondente punto della Circolare e al punto C8A.1.B dell’Allegato alla stessa e alle Linee Guida del C.S.LL.PP. La campagna conoscitiva dei materiali componenti le strutture, le tamponature e le finiture dell’edificio in questione, si è basata su un’attenta lettura del Computo Metrico ed Estimativo, redatto dallo studio dell’architetto Giuseppe Spatrisano nel 1937. Da questi documenti si è evinto che gli scavi di sbancamento, con demolizione di muri di fondazione di precedente realizzazione, effettuati con picconi, hanno come pareti di contenimento e piano di posa dei blocchi di tufo calcare, variabili per dimensione, con uno spessore che varia dagli 80 cm ai 150cm. Il conglomerato cementizio utilizzato è a dosatura normale per strutture in cemento armato, con cemento di tipo 450. Le fondazioni sono formate da plinti, 50 dei quali di dimensioni (150x150x90) cm, da 6 di (100x100x80) cm, da 6 di (200x160x90) cm, da 2 di (800x200x100) cm e da 3 di (160x160x90) cm. I pilastri del piano seminterrato sono 9 di (65 x56) cm, 3 di (85x56) cm, 2 di (80x40) cm, 4 di (100x40) cm, 4 di (75x60) cm e 49 di (45x40) cm con un’altezza di 390cm, sui quali posano le travi del solaio del piano rialzato, di cui 36 di (27x45x410) cm, 16 di (25x30x200) cm, 25 di (25x36x300) cm e 7 di (25x40x350) cm. I pilastri del piano rialzato sono 9 di (65x56) cm, 3 di (85x56) cm, 2 di (70x40) cm, 43 di (35x40) cm e 4 di (75x45) cm con un’altezza di 646 cm, sui quali posano le travi del solaio del primo piano, di cui 31 di dimensioni (25x45x410) cm, 19 di (25x36x300) cm, 7 di (25x40x350) cm, 14 di (25x30x200) cm, 3 di (35x78x1125) cm e 2 di (25x30x300) cm. I pilastri del primo piano sono 9 di (65x56) cm, 3 di (85x56) cm, 2 di (65x30) cm, 4 di (85x30) cm, 4 di (70x40) cm e 42 di (30x32) cm con un’altezza di 442 cm, sui quali posano le travi del solaio del secondo piano, di cui 31 di (25x45x410) cm, 19 di (25x40x350) cm, 14 di (25x30x200) cm, 3 di (35x78x1125) cm e 1 di (25x50x700) cm. I pilastri del secondo piano sono 2 di (60x25) cm, 4 di (80x28) cm, 9 di (65x56) cm, 4 di (65x35) cm e 42 di (25x25) cm con un’altezza di 500 cm, sui quali posano le travi del solaio di copertura, di cui 25 di (25x40x410) cm, 1 di (25x50x700) cm, 19 di (25x30x300) cm, 7 di (25x25x350) cm, 11 di (25x25x200) cm, 3 di (35x70x1125) cm, 4 di (25x70x1000) cm e una trave circolare di (15x190x3550) cm. La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio

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I solai dei piani e della copertura sono in cemento armato del tipo misto a forati di cotto e le strutture delle scale, comprese rampe, ripiani e nuclei dei gradini, sono in cemento armato. Le murature del piano seminterrato sono in blocchi di pietrame calcare compatto e malta semidraulica a facce viste, di dimensione di (60x60x120) cm. Il tampognamento delle maglie esterne dell’ossatura in cemento armato è realizzato da murature in conci di pietra dell’Aspra, spianati sul posto filare per filare e murati con malta ordinaria, mentre la tramezzatura interna è realizzata con pietra di qualità normale. I tramezzi dello scantinato sono in muratura di pietra di Mazzara segata in lastre dello spessore di cm 5, in malta ordinaria. A formare stipiti, murelle, nuclei etc. vi sono murature in mattoni pantofoloni e malta cementizia. Tramezzature del primo e del secondo piano sono con lastre di conglomerato di cemento e pomice con malta di cemento, dello spessore cm 5. Dagli Atti di collaudo inoltre, si desume che i solai dell’ala sinistra dell’edificio sono costituiti da voltine in cemento armato, i cui travetti sono disposti ad un interasse di 206 cm. La soletta presenta in mezzeria uno spessore di 12 cm ed in corrispondenza delle travi principali questa dimensione viene portata a 20 cm. I travetti hanno una larghezza di 25 cm e un’altezza di 45 cm, comprensiva della soletta, in corrispondenza degli incastri delle travi vengono allargate a coda di rondine, conservando la stessa altezza e raggiungendo invece la lunghezza di 85 cm. L’edificio presenta 11 facciate in vetromattone a tutta altezza, 7 delle quali con una superficie di (225x970) cm e 4 di (85x970) cm, composte da diffusori di tipo Nevada, un prodotto dell’azienda francese Saint-Gobain, di dimensioni di (20x20x4) cm, con ossatura in ferro non visibile e incorniciatura in malta cementizia. Il prospetto principale è rivestito da lastre di travertino di Alcamo e di pietra brecciata di Billiemi, con uno spessore di 3cm ciascuna, lavorate a pelle pomiciata, ancorati per mezzo di graffe metalliche murate a cemento.

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5.3.1.4. Aspetti geotecnici9 Tra le cause dei dissesti strutturali che a Palermo possono interessare gli edifici esistenti, una delle più importanti è rappresentata dalla presenza nel sottosuolo di cavità poco profonde e di notevoli dimensioni, sfuggite all’indagine in fase di progetto. Di esse si dovrà tenere conto nella progettazione di interventi di adeguamento e di miglioramento delle condizioni di sicurezza dell’edificio.Diversi sono i metodi di coltivazione delle cave di calcarenite nel palermitano, il più diffuso dei quali è il metodo “a pilastri abbandonati” che consiste essenzialmente nel cavare il materiale lapideo idoneo lasciando a sostegno del suolo alcune sezioni di roccia sotto forma di pilastri. Questo metodo, detto anche “a cameroni”, ha consentito, in passato, una maggiore resa della produzione, ma allo stesso tempo ha lasciato condizioni statiche precarie per il rischio di crolli e sprofondamenti. L’edificio della Casa del Mutilato sorge in una zona del centro storico che presenta numerose cave sotterranee, due delle quali sottostanti il manufatto, realizzate con la tecnica “ad imbuto”. Il metodo consiste nella realizzazione di un foro verticale di lunghezza variabile, tra i 2 e 5 metri, fino al raggiungimento di un banco più solido. Il substrato geologico di Palermo infatti è costituito superficialmente da due strati più molli di depositi colluviali recenti e di depositi marini sciolti. Lo strato inferiore, più compatto, è formato da calcarenite che può raggiungere una profondità di 80 m e che rappresenta l’elemento costituente l’intera Piana di Palermo. Le sottostanti argille marine sono presenti fino al livello del mare. La stratificazione non è netta e regolare, soprattutto nelle aree dove sono presenti i fiumi Vadduneddu e Paradiso10, i quali, tramite la loro azione erosiva, hanno determinato la morfologia e i dislivelli del centro storico di Palermo. E’ evidente che solo dopo una certa profondità si può trovare il banco utile per gli scavi, che viene poi allargato gradualmente procedendo in profondità per meglio distribuire le sollecitazioni statiche conseguenti allo svuotamento. Le dimensioni di queste cave possono essere notevoli, come alcuni esempi nel 9

XXII Convegno nazionale di geotecnica, Palermo 22-24 settembre 2004, consultato il 30 settembre 2016, online, disponibile all’indirizzo: https://www.researchgate.net/publication/259653862_LE_CAVE_DI_CALCARENITE_SOTTERRANEE_E_A_CIELO_APERTO_DI_PALERMO_APPROCCIO_ALLA_CATALOGAZIONE_E_MAPPATURA_DELLE_AREE_A_RISCHIO_Underground_and_open_pit_quarries_of_calcarenitic_ rocks_in_Palermo_an_appro 10 L’originaria configurazione morfologica del centro era caratterizzata da geometrie naturali e in corrispondenza delle propaggini della Neopolis e da dislivelli creati dai fenomeni erosivi dei fiumi Kemonia e Papireto, oggi Vadduneddu e Paradiso.

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centro storico, dove acune raggiungono, all’intradosso della calotta, l’altezza di 10m e si allargano alla base fino ad 8 m di diametro. Sulla carta è riportato il perimetro delle due aree di diffusione delle cave ad imbuto, una interessa l’antico settore nord dei mandamenti storici di Monte di Pietà e Castellammare, l’altra riguarda la parte meridionale dei mandamenti Albergheria e Kalsa, in particolare a sud del rione Oreto.

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5.3.2. Piano delle indagini conoscitive 5.3.2.1. Livelli di conoscenza e fattori di confidenza11 Ai fini del tipo di analisi e dei valori dei fattori di confidenza, ai quali corrispondono diverse metodologie di indagine, si distinguono tre livelli di conoscenza: limitata (LC1), adeguata (LC2) e accurata (LC3). Lo scopo che ci siamo prefissati è il raggiungimento di un livello di conoscenza adeguato, che consente un’attenta analisi dell’edificio e degli elementi costituenti la struttura. Una conoscenza adeguata necessita di informazioni relative alla geometria, ai dettagli costruttivi e alle proprietà dei materiali. La geometria della struttura è nota in seguito ad un’analisi dei disegni originali dell’architetto, presenti nelle tavole del progetto definitivo, che costituiscono la base per il rilievo svolto in-situ. I dettagli costruttivi sono parzialmente noti dai disegni originali pervenuti. In questo caso, si prescrivono limitate verifiche in-situ delle armature e dei collegamenti presenti sugli elementi più significativi. Informazioni sulle caratteristiche meccaniche dei materiali sono disponibili in base ai disegni costruttivi e ai certificati originali di prova, come il collaudo eseguito a lavori compiuti, e da approfondire con estese verifiche in-situ.

11 Circolare 2 febbraio 2009, n 617, Istruzioni per l’applicazione delle “Nuove norme tecniche per le costruzioni” di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008, cap.8, consultato il 15 settembre 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://dsg.uniroma1.it/sylos/ Circ.%20esplicativa%20NTC%202008%20n%C2%B0%20617%20del%2002_02_2009.pdf

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5.3.2.2. Tecniche di indagine sulle murature

Videoendoscopia Si prescrive l’esecuzione di indagini endoscopiche sulle murature dell’edificio, in pietra d’Aspra e in pietra calcarea, attraverso fori di diametro ridotto (al massimo 20mm) appositamente eseguiti o in lesioni e cavità già esistenti. Qualora non esistano lesioni o cavità, la prova deve essere espletata praticando dei piccoli fori da eseguire con trapani a rotazione a basso numero di giri (per non indurre vibrazioni eccessive al paramento in esame). Nelle suddette lesioni, e/o cavità o fori, si introduce un endoscopio, costituito nelle sue parti essenziali di un’asta con fibra ottica e di una guida luce per l’illuminazione della parte presa in esame. Alla parte terminale può essere applicata una macchina fotografica o una telecamera per la documentazione dell’indagine. Devono essere rilevate le seguenti informazioni: cavità e vuoti eventualmente presenti; morfologia e tipologia del paramento murario all’interno; stato visibile di conservazione dei materiali; presenza di eventuali anomalie localizzate nella tessitura muraria. La prova deve essere documentata con idonea campagna fotografica. Su murature e strutture in calcestruzzo si possono eseguire fori di piccola grandezza, con un diametro di 12 - 18 mm appositamente eseguiti o in lesioni e/o cavità esistenti. L’ispezione diretta è la tecnica più indicata per l’analisi della morfologia muraria. Tuttavia occorre ricordare che l’endoscopia, da sola, è in grado di fornire una puntuale stratigrafia dei materiali presenti nella sezione e non evidenzia le caratteristiche di ammorsamento o di esecuzione dei paramenti. Indagini Soniche Le indagini soniche sono utilizzate nella diagnosi della muratura per qualificare la morfologia generale della sezione, individuando la presenza di vuoti, difetti o lesioni, ma anche per controllare le caratteristiche della muratura dopo interventi di consolidamento. La tecnica di indagine sonica si basa su alcune relazioni che legano la velocità di propagazione delle onde elastiche, con frequenze soniche, alle proprietà meccaniche del mezzo stesso. La velocità di propagazione dell’onda nella muratura fornisce indicazioni per la localizzazione di disomogeneità interne, per l’identificazione della presenza di vuoti o fessure e per il controllo dell’efficacia delle tecniche d’iniezione. Vi è un’unità emittente, che consiste in un martello strumentato con una cella di carico, ed un’unità ricevente composta da accelerometri con differenti frequenze di campionamento.

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La prova consiste nel sollecitare una porzione di muratura, precedentemente individuata, con il martello strumentato sopracitato, generando onde elastiche che vengono rilevate dall’accelerometro. I segnali risultanti vengono acquisiti da un oscilloscopio e registrati nel computer ad esso collegato.

Prelievo del concio Le prove di caratterizzazione chimica, fisica e meccanica hanno lo scopo di identificare e classificare i materiali prelevati, misurarne l’eventuale degrado e valutarne la compatibilità con i materiali destinati alla riparazione. Sui campioni estratti possono essere effettuate diversi tipi di analisi. Le prove meccaniche hanno lo scopo di individuare i parametri elastici, la durezza e le profondità dei degradi. Le prove fisiche misurano il peso specifico, la porosità e l’assorbimento dell’acqua per immersione totale e per risalita capillare. Infine, le prove chimiche possono essere condotte sui materiali principalmente per determinare la presenza di sali. Il prelievo dei materiali della muratura deve essere eseguito seguendo delle precise indicazioni, allo scopo di riuscire a caratterizzare il materiale, studiarne i processi di alterazione e poterne effettuare un controllo degli interventi conservativi. Durante il prelievo è necessario eseguire una campagna fotografica dell’opera nel suo complesso, delle parti che eventualmente presentano forme di degrado e delle zone da cui verranno prelevati i campioni. La localizzazione dei campioni deve essere accuratamente tracciata sulla pianta dell’edificio, e fotografata, se possibile, con riferimento metrico, prima e dopo il prelievo. Il campione prelevato, inoltre dovrà essere il più possibile indisturbato per essere effettivamente rappresentativo delle situazioni in-situ. I prelievi devono essere eseguiti a secco, utilizzando prima uno scalpello per incidere i giunti, poi un trapano per poterli scarnificare interamente. Le fasi di prelievo prevedono l’estrazione di un mattone procedendo nell’eliminazione dei giunti di malta verticali e sacrificando un giunto orizzontale. Il numero e l’entità dei prelievi devono essere rappresentativi e finalizzati alle conoscenze che si vogliono perseguire. La metodologia di campionamento dipende direttamente dalle caratteristiche del singolo materiale e segue alcuni principi guida quali il rispetto dell’integrità dell’edificio. Il numero di campioni deve essere sufficientemente rappresentativo delle condizioni della muratura e della qualità del materiale, il quale dovrà essere idoneo alle successive prove. Il prelievo deve essere effettuato in più parti dell’edificio, al fine di individuare l’eventuale presenza di fenomeni di degrado.

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Prelievo di malta La metodologia di campionamento dipende direttamente dalle caratteristiche del singolo materiale. Il prelievo deve essere condotto nel rispetto dell’integrità dell’edificio e la quantità di materiale prelevato deve essere compatibile con lo scopo della prova. Al fine di caratterizzare e verificare l’estensione del danno, il prelievo di materiale deve essere effettuato su diverse parti dell’edificio. In questo modo è possibile individuare l’eventuale presenza di vari tipi di degrado. Il campionamento deve riguardare porzioni dell’edificio non soggette all’azione della pioggia o a precedenti riparazioni, specialmente se il fine dell’indagine è la caratterizzazione dei leganti e degli aggregati delle malte. Il numero di campioni deve essere sufficientemente alto perché il risultato sia statisticamente significativo e rappresentativo della condizione della muratura. Le analisi chimiche e petrografiche possono individuare il tipo di legante e di aggregato, il rapporto legante-aggregato, il grado e l’estensione della carbonatazione, la presenza di reazioni chimiche e di sostanze di nuova formazione. La granulometria e la distribuzione degli aggregati può essere misurata attraverso la separazione degli aggregati stessi dal legante, mediante trattamenti termici, chimici o con metodi ottici. La conoscenza della composizione di una malta, anche se non esatta al 100%, permette la riproduzione di malte o miscele da iniezione con caratteristiche simili a quelle originarie o comunque compatibili, da usare in eventuali operazioni di riparazione. Saggio in fondazione Si esegue un carotaggio ad acqua sub-orizzontale a margine del paramento murario estraendo il materiale e misurando a quale profondità cambia cambia la tipologia litografico così da capire a che quota si imposta la fondazione. Per avere un dato maggiore si esegue per un massimo di 2 metri di profondità un’ispezione videoendoscopica.

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5.3.2.3. Tecniche di indagine sulle strutture in cemento armato

Prelievo della barra di armatura Si prescrive il prelievo di barre di armatura dalle strutture in cemento armato per l’esecuzione di prove in laboratorio. Il prelievo viene eseguito, previa demolizione del copriferro. Successivamente la barra viene preparata per la prova di taglio e di trazione. È importante che il prelievo venga effettuato su elementi poco sollecitati, ovviamente laddove si abbia la certezza che il tipo di acciaio sia lo stesso di tutta la struttura. È inoltre preferibile che la barra, se prelevata da un pilastro, non sia una barra d’angolo, essendo la sua funzione strutturale sicuramente più importante di quella delle eventuali barre intermedie. Analogamente, se si opera su una trave, sarà opportuno prelevare da barre non sollecitate a trazione. Particolare cura dovrà essere posta nel ripristino della capacità resistente originaria dell’elemento strutturale. Si deve verificare la saldabilità delle barre in opera, effettuando la saldatura tra il nuovo spezzone e la barra esistente con cordoni d’angolo di adeguata lunghezza, in ogni caso non mediante saldatura di testa. Carotaggio Preliminare al metodo d’indagine del carotaggio, è la valutazione di qualsiasi implicazione strutturale derivante dal prelievo di una carota. La posizione di prelievo viene definita preferibilmente in punti lontani dai giunti o dai bordi dell’elemento di calcestruzzo e in cui sia presente poca o nessuna armatura. Se possibile, deve essere evitato il carotaggio attraverso l’armatura. Si sceglie il diametro della carota in rapporto alla dimensione massima dell’aggregato presente nel calcestruzzo. Se non diversamente specificato, il carotaggio viene eseguito perpendicolarmente alla superficie ed in modo da non danneggiare le carote. La carotatrice viene rigidamente posizionata durante il carotaggio. Bisogna assicurarsi che le carote non contengano alcuna barra di armatura che sia parallela, o pressoché parallela, al loro asse longitudinale. Immediatamente dopo il carotaggio, si marca in modo chiaro ed indelebile ciascuna carota registrandone la posizione e l’orientamento all’interno dell’elemento dal quale è stata prelevata. Si deve poi effettuare un esame visivo della carota per identificare eventuali anomalie. Si misura il diametro, l’altezza e l’eventuale presenza di armatura. Si controlla planarità, la perpendicolarità e la rettilineità.

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Prove SONREB (SONic ReBound) Si combinano i metodi Sonic (ultrasuoni) e ReBound (sclerometro) per ridurre gli errori dovuti al contenuto di umidità che fa sovrastimare la velocità ultrasonica e sottostimare l’indice sclerometrico. Si ottiene una valutazione della resistenza caratteristica a compressione Rck del calcestruzzo che costituisce le strutture in c.a., tramite delle misurazioni della durezza superficiale del getto, mediante sclerometro manuale, al fine di fornire la resistenza caratteristica con una media di 10 letture (o battute). Si prosegue con la misurazione della velocità di propagazione delle onde ultrasoniche attraverso il materiale costituente la struttura, al fine di determinare: la presenza di difetti (microfessure, bolle d’aria, discontinuità, etc.), i danni provocati dal gelo o dall’incendio, l’inclusione di corpi estranei, la resistenza a compressione del cls, il modulo elastico statico e dinamico, l’omogeneità del materiale. Nella procedura è compresa la demolizione di un’area di intonaco di dimensioni 40x40 cm per due facce, il relativo ripristino dell’intonaco, la tinteggiatura e lo smaltimento in discarica dei materiali di risulta. Prove pacometriche con ferroscan Consistono nella misura del campo magnetico determinato dalla presenza di armature di acciaio, in vicinanza della superficie del calcestruzzo degli elementi strutturali (travi, pilastri, pareti). Tali prove consentono di individuare, in proiezione sulla superficie di calcestruzzo, la posizione delle armature, così da consentire una stima della misura dell’interferro e del copriferro delle armature longitudinali, presenti nel piano parallelo al piano d’indagine, e del passo delle staffe. Su ogni faccia delle superfici di calcestruzzo è individuabile la posizione delle barre di armatura. Ripetendo l’operazione su più sezioni dell’elemento, e disegnando sulla superficie dello stesso, mediante una matita o altro, una retta che passi per i punti individuati, sarà possibile tracciare il reticolo delle armature presenti in vicinanza della superficie indagata. La prova pacometrica consente anche di individuare le zone dell’elemento prive di armatura nelle quali eseguire le indagini finalizzate alla conoscenza delle caratteristiche del calcestruzzo, quali, ad esempio, il prelievo di carote, le prove sclerometriche e quelle ultrasoniche. Ne consegue che l’indagine pacometrica deve essere preliminare a qualsiasi altro tipo di indagine, distruttiva e non, condotta su elementi in cemento armato. In funzione del tipo di strumento, noto il copriferro, è anche determinabile il diametro delle barre di armatura. Tale operazione deve essere eseguita abbinando dei saggi sul calcestruzzo, atti ad accertare il reale valore del copriferro. Si ricorda che tali indagini dovranno essere eseguite previa rimozione dell’intonaco, salvo quando l’indagine pacometrica abbia solo la finalità di individuare la posizione delle armature. 130

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Carbonatazione Al fine di conoscere lo stato di conservazione delle armature di un’opera in calcestruzzo armato esistente, risulta di fondamentale importanza la determinazione della profondità del fenomeno della carbonatazione. Le carote od i frammenti di calcestruzzo vengono tagliati a secco o spaccati secondo piani normali alla superficie esposta all’aria. La superficie rotta viene successivamente liberata da polveri. La determinazione della profondità di carbonatazione deve essere effettuata immediatamente dopo il prelievo del campione. Nel caso in cui non si possa eseguire subito la verifica, i campioni dovranno essere conservati in recipienti a tenuta d’aria. Per individuare il degrado dovuto alla carbonatazione si utilizza un metodo colorimetrico basato sulla colorazione che il calcestruzzo assume dopo che la sua superficie viene trattata con una soluzione all’1% di fenolftaleina in alcool etilico. Questa soluzione a contatto con un materiale non carbonatato si colora di rosso, mentre se interessato dalla carbonatazione rimarrà incolore. In questo modo si riesce ad individuare lo spessore di calcestruzzo interessato dal fenomeno. Un esempio è riportato nella foto (img) dove si può notare la profondità di carbonatazione. La profondità del calcestruzzo armato interessato dal fenomeno va ad identificare la gravità del danno. Per eseguire il ripristino, bisogna eliminare tutto lo spessore di materiale penetrato dalla CO2 in corrispondenza dei ferri d’armatura. Saggio di fondazione vedi cap. 8.2.2. (Tecniche di indagini per le murature)

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5.3.2.4. Tecniche di indagine sui solai

Prove di carico Sugli elementi strutturali orizzontali o suborizzontali vanno eseguite delle prove di carico, quando si vogliono conoscere dati caratteristici ancora incogniti: la portanza, il tipo di vincolo, la linearità, la ripetibilità e la permanenza. La tecnica consiste nell’applicazione di forze statiche concentrate, ripetute attraverso uno o più martinetti oleodinamici opportunamente contrastati alle strutture superiori, al fine di distribuire su una striscia di struttura lo stesso momento flettente massimo, dovuto al carico distribuito o concentrato di esercizio. Sono compresi: la rilevazione in tempo reale delle deformate dell’elemento in prova a mezzo di sensori di deformazioni montati su aste telescopiche e l’effettuazione di almeno 4 cicli di carico e scarico con rilevazione delle deformate suddette. Il carico di prova deve essere applicato gradualmente, ad intervalli regolari. L’acquisizione dei dati avverrà grazie a degli specifici strumenti di misura. Questi ultimi vengono preventivamente disposti sia in punti significativi (in mezzeria, in corrispondenza dei quarti della luce e degli appoggi), sia in asse alla striscia di carico, sia in direzione ad essa trasversale. La lettura degli abbassamenti viene eseguita ad ogni incremento di carico, il carico viene mantenuto costante per almeno 20 minuti e comunque sempre fino alla stabilizzazione degli abbassamenti. Videoendoscopia vedi cap. 8.2.2. (Tecniche di indagini per le murature)

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5.3.2.5. Tecniche di indagine sul terreno

Sondaggi geognostici I sondaggi geognostici potranno essere eseguiti a carotaggio continuo. Con i sondaggi si devono perseguire i seguenti fini: la ricostruzione della stratigrafia del sottosuolo mediante l’esame del carotaggio continuo prodotto e il prelievo di campioni indisturbati per la sperimentazione geotecnica in laboratorio. Le attrezzature di perforazione a rotazione dovranno essere del tipo a testa idraulica, dovranno avere i requisiti tali da consentire il raggiungimento delle profondità previste dal programma di indagini, con i diametri di perforazione e di rivestimento adeguati. Le pompe che si utilizzeranno dovranno essere in grado di raggiungere pressioni effettive di 70 bar e dovranno essere provviste di un circuito supplementare alla pompa per il rabbocco del fluido. Georadar Il metodo comunemente chiamato Georadar (Ground Probing Radar – GPR) è un sistema di indagine geofisica del sottosuolo, per modeste profondità, basato sulla riflessione delle onde elettromagnetiche. I componenti principali che costituiscono un radar sono: un’unità di controllo con registratore incorporato, un trasduttore composto da un’antenna trasmittente e da un’antenna ricevente, una batteria per l’alimentazione e un cavo di collegamento tra il trasduttore e l’unità di controllo. L’antenna viene fatta scorrere lungo una o più linee di indagine, secondo una griglia stabilita, in modo che i segnali possano successivamente essere associati alla posizione reale da cui sono stati emessi e ricevuti. L’elaborazione dei dati in-situ, con finalità di identificazione di manufatti e di strutture, avviene con appositi software in due fasi ben distinte: trasformazione dei dati grezzi attraverso un’elaborazione in modo da produrre dati chiaramente leggibili, interpretazione dei dati per individuare i segnali attribuibili a cavità, manufatti e strutture e per stimarne la loro profondità. Dovranno essere eseguite investigazioni in più direzioni, di solito due tra loro ortogonali, in modo da avere dati significativi, tali da essere rappresentativi delle singole aree.

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Pianta di carpenteria | Piano Seminterrato

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Pianta di carpenteria | Piano Rialzato

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Pianta di carpenteria | Piano Primo

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5 | Progetto di restauro

Pianta di carpenteria | Piano Secondo

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5 | Progetto di restauro

Quadro fessurativo | Prospetto Sud-Ovest

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5 | Progetto di restauro

Quadro fessurativo | Prospetto Nord-Est

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Cinematismi di collasso | Deformata del telaio in cemento armato

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Cinematismi di collasso | Deformata dei paramenti murari

cavitĂ ipogea ipotizzata La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio

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5.3.3. Il piano degli interventi 5.3.3.1. Micropali12 L’inserimento dei micropali, come elementi di consolidamento strutturale, comprende anche la realizzazione delle sottofondazioni di strutture esistenti. I micropali sono elementi realizzati per diverse finalità, come arrestare o prevenire movimenti nelle strutture, aumentare la capacità portante di strutture esistenti, riparare o sostituire fondazioni deteriorate o inadeguate, per produrre il sollevamento di fondazioni che hanno ceduto e, infine, fornire una protezione nei confronti dell’erosione nel caso di terreni di fondazioni particolarmente sensibili a questi fenomeni, quali quelli costituenti la Piana di Palermo. La tecnica di realizzazione prevede diverse fasi: 1. Perforazione Per le operazioni di perforazione può essere impiegata qualunque tipo di metodologia e di attrezzatura, in grado di garantire la stabilità del foro. La perforazione viene eseguita con macchine perforatrici a rotazione a carotaggio continuo, del tipo di quelle precedentemente utilizzati per sondaggi geotecnici ed è possibile l’utilizzo di un rivestimento provvisorio. Si utilizzano macchine nelle quali il gruppo di scavo è separato dal gruppo motore. Ciò permette di collocare all’esterno dell’edificio ove si interviene, i motori, con un vantaggio in termini di semplificazione e sicurezza. I problemi più comuni connessi alla perforazione riguardano soprattutto la scelta del fluido di perforazione, che ha la funzione sia di trasportare i detriti sia di lubrificare l’utensile di perforazione. Si ricorre all’impiego di fango di cemento e bentonite, anche se può essere riciclato un numero limitato di volte. 2. Armatura La scelta del tipo di armatura del micropalo va fatta in funzione del carico previsto dal progetto e dalla rigidezza stessa richiesta per limitare gli spostamenti elastici. L’armatura metallica scelta nel progetto è costituita da un tubo d’acciaio di diametro 40mm e di spessore 4mm, al fine di ottenere un micropalo di circonferenza totale di 80mm.

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Tanzini Maurizio, Micropali e pali di piccolo diametro, Dario Flaccovio Editore, Palermo 2011,

pp. 19-48.

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Le armature, disposte 3 per ogni lato del plinto di fondazione, forano il plinto stesso fino alla sua sommità, e vengono poi fissati con appositi elementi avvitanti ed infine immersi in uno strato di magrone, a protezione del tutto. L’inclinazione dei pali, disposti a radice, permette di migliorare la stabilità della fondazione ed impedire eventuali nuovi cedimenti fondali. Gli elementi non sono deformabili durante la posa e sono collegati tra loro mediante manicotti filettati. 3. Getto ed iniezione Le operazioni di getto ed iniezione rappresentano la fase più delicata per ottenere la necessaria capacità portante prevista dal progetto. La miscela cementizia deve essere caratterizzata da elevata resistenza e stabilità e al tempo stesso deve essere facilmente pompabile ed iniettabile. Le miscele consentite devo essere confezionate con acqua potabile al fine di ridurre il pericolo di corrosione dell’armatura. Si utilizza una miscela di acqua e cemento con l’aggiunta di additivi fluidificanti che migliorano la pompabilità e la lavorabilità della miscela che, come nel nostro caso, deve fare lunghi percorsi con temperature elevate. E’ essenziale, per l’integrità del palo, che al completamento delle operazioni di iniezione non si abbiano significative perdite di miscela in qualsiasi tratto del micropalo. Poiché l’iniezione della miscela costituisce un aspetto di fondamentale importanza per la buona riuscita del micropalo, particolare attenzione deve essere data al controllo e alla qualità del prodotto. Un piano di controllo della qualità della miscela deve comprendere delle prove di compressione e di densità su dei cubetti della miscela stessa.

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5 | Progetto di restauro

5.3.3.2. Ciclo di risanamento del calcestruzzo13 Prima di effettuare l’intervento di ripristino del calcestruzzo è necessario effettuare una preparazione del supporto. Quest’ultimo va dapprima trattato mediante la tecnica della sabbiatura, con lo scopo di liberare completamente i ferri dalla ruggine, e successivamente mediante l’applicazione di un prodotto passivante inibitore di corrosione sciolto in acqua. Il passivante scelto è MAPEFER 1K prodotto dalla ditta MAPEI. La miscela omogenea ottenuta va spazzolata sul ferro a nudo mediante un pennello entro un’ora dalla preparazione con lo scopo di proteggerlo dalla carbonatazione e quindi prevenire la formazione di ruggine. Questo procedimento deve essere ripetuto due volte; la seconda mano può essere stesa dopo circa 2 ore dalla stesura del primo strato e, preferibilmente, entro le 24 ore. Lo spessore totale delle due mani di prodotto deve essere di minimo 2 mm. Tale composto dopo l’indurimento è completamente impermeabile all’acqua e ai gas aggressivi presenti nell’atmosfera. Questo procedimento va eseguito in maniera puntuale dove il calcestruzzo risulti ammalorato.Successivamente per il risanamento del calcestruzzo ammalorato va applicata la malta premiscelata a base cementizia MAPEGROUT BM, anch’essa prodotta dalla ditta MAPEI. La parte in polvere è composto da cemento, aggregati, fibre sintetiche e speciali additivi che riducono sia il ritiro plastico, sia il ritiro igrometrico finale. La parte liquida è composta da resine sintetiche sciolte in acqua. La malta una volta indurita (a 28 giorni) presenta un’elevata resistenza meccanica a flessione e a compressione, un’alta adesione al supporto in calcestruzzo, basse modificazioni dimensionali in relazione alle variazioni igrometriche e resistenza agli agenti chimici aggressivi. Per l’applicazione del prodotto è necessario preparare il supporto rimuovendo il calcestruzzo deteriorato e in fase di distacco, pulire il supporto mediante la tecnica della sabbiatura e bagnare con acqua il sottofondo. Prima di ripristinare con MAPEGROUT BM, attendere l’evaporazione dell’acqua in eccesso. Le due componenti della malta vanno mescolate accuratamente per qualche minuto fino ad ottenere un impasto senza grumi. Al termine della miscelazione si ottiene una malta a consistenza plastica che rimane lavorabile per circa un’ora. L’applicazione va eseguita a spatola e lo spessore massimo consentito è di circa 35 mm per strato.

Protezione e riparazione del calcestruzzo, i prodotti MAPEI certificati UNI EN 1504, consultato il 15 settembre 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://www.mapei.it/CMS/multimedia/ Brochure-Normative-UNI-EN-1504.pdf

13

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1. PASSIVAZIONE - MAPEFER 1K

2. RICOSTRUZIONE DELLA MALTA - MAPEGROUT BM


5 | Progetto di restauro

L’intervento di rasatura è l’ultimo intervento di consolidamento. Per la realizzazione di tale operazione utilizzare la malta premiscelata monocomponente PLANITOP 510 di granulometria fine, di colore bianco ad indurimento normale, a base di leganti aerei ed idraulici, sabbie calcaree e di quarzo selezionato e speciali additivi in polvere, secondo una formula sviluppata nei laboratori di ricerca MAPEI. La rasatura ottenuta miscelando tale malta con acqua, possiede un elevato potere adesivo ed inoltre è caratterizzata da un’ottima scorrevolezza che consente una facile applicazione a spatola metallica ed una veloce rifinitura con frattazzino di spugna. PLANITOP 510 può essere applicato in uno spessore massimo di 3 mm. Per quanto riguarda la modalità di applicazione del prodotto è necessario effettuare una preventiva preparazione del supporto pulendo perfettamente le superfici da trattare e assicurandosi che sia completamente asciutta prima di applicare il prodotto. La malta deve essere miscelata in acqua fino ad ottenere un impasto completamente omogeno. Per permettere agli additivi contenuti di disperdersi completamente e, quindi, di poter svolgere pienamente la loro funzione è necessario lasciar riposare l’impasto per circa 3 minuti dopo la preparazione e di rimescolarlo brevemente prima dell’uso. La miscela ottenuta deve poi essere stesa con una spatola metallica liscia sulla superficie nello spessore massimo di 3 mm. La finitura superficiale può essere eseguita già dopo qualche minuto dall’applicazione della rasatura. La protezione della superficie in calcestruzzo va effettuata con l’utilizzo della pittura murale semicoprente per esterno composta da resine acriliche in dispersione acquosa. La pittura scelta è la COLORITE BETON prodotto dalla ditta MAPEI. Questo prodotto protegge il supporto cementizio contro i danni della carbonatazione, è resistente a tutte le condizioni climatiche e all’azione dello smog, della salsedine e dei raggi solari conferendo al supporto una protezione durevole nel tempo. Le superfici da trattare devono essere pulite ed asciutte. Colorite Beton va diluita con acqua facendo attenzione ad omogenizzare a fondo il prodotto. L’applicazione deve essere fatta a pennello e per favorire una buona penetrazione del prodotto sul supporto è consigliabile effettuare due cicli di applicazione a distanza di 24 ore l’una dall’altra.

3. RASATURA - PLANITOP 510

4. PROTEZIONE - COLORITE BETON

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5 | Progetto di restauro

5.3.3.3. Interventi con materiali compositi FRP14 Il ciclo di applicazione del composito fibrorinforzato, composto da fibre di carbonio che si presentano in forma di un tessuto unidirezionale ad elevato modulo elastico ed alta resistenza meccanica a trazione, è da porre in opera con il sistema “a secco”. Tale ciclo si sviluppa attraverso le seguenti fasi: 1. 2. 3. 4. 5a. 5b. 146

Rimozione dell’intonaco (ove presente) e rimozione corticale con idonei mezzi meccanici non battenti del c.a. ammalorato (ove presente). Intervento da estendere all’intera superficie da rinforzare. Pulizia per la rimozione di ogni residuo di lavorazione. Intervento da effettuare su tutta la superficie. Riprofilatura degli spigoli vivi della sezione in c.a. (pilastro, trave) in corrispondenza delle parti dove sarà applicato il rinforzo in FRP. La riprofilatura sarà eseguita a mano o con idonei utensili meccanici non battenti. Trattamento (ove necessario) delle armature originarie degli elementi strutturali in c.a., per inibirli dalla corrosione, con malta premiscelata a base cementizia MAPEGROUT BM. Riparazione delle fessurazioni mediante la sigillatura a spatola. Si procede con la rimozione della polvere presente nelle fessure mediante aria compressa. Si continua con la sigillatura superficiale delle fessure con adesivo epossidico, mediante spatola metallica. Si conclude con lo spolvero di sabbia sull’adesivo epossidico, ancora fresco, nel caso si debba procedere successivamente all’applicazione di prodotti cementizi per rasature o intonaci. Infine vanno rimossi i lacerti di sabbia non ancorata al supporto mediante aspirazione. Riparazione delle fessurazioni mediante iniezioni di resina. Come nel caso precedente si deve dapprima eseguire la pulitura delle fessure con l’ausilio di aria compressa e successivamente di procede alla sigillatura superficiale delle fessure per mezzo di un adesivo epossidico. Posizionati i tubetti di iniezione con adesivo epossidico, contemporaneamente alla sigillatura, si inietta la resina epossidica. Al fine di permettere il totale deflusso dell’aria presente all’interno delle fessure, l’iniezione della resina epossidica, deve essere eseguita partendo dall’iniettore posto più in basso per le pareti verticali ed all’estremità per le superfici orizzontali, fino alla fuoriuscita del materiale dall’iniettore successivo. Si conclude il procedimento con la rimozione dei tubetti di iniezione e la sigillatura dei fori con adesivo epossidico.

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1 - 4 OPERAZIONI PRELIMINARI

5a - 5b RIPARAZIONI DI FESSURE


5 | Progetto di restauro

6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 14

Ripristino del c.a. (si veda il ciclo di risanamento del calcestruzzo armato della Mapei) Al fine di ottimizzare l’efficacia dell’adesione del sistema complessivo di rinforzo in FRP al supporto, procedere all’applicazione sul sottofondo di un primer epossidico. Procedere alla rasatura di livellamento mediante l’applicazione di stucco epossidico per la regolarizzazione della superficie di supporto in c.a. L’applicazione del prodotto deve essere eseguita su primer ancora “fresco” con una spatola dentata in uno spessore di circa 1-2 mm. Effettuare successivamente la lisciatura dell’adesivo con una spatola piana, allo scopo di uniformare e regolarizzare completamente anche le più piccole irregolarità presenti sulla superficie. Il primo strato di adesivo epossidico da applicare deve essere di media viscosità. L’applicazione dell’impregnante del tessuto deve essere eseguita sullo strato di stucco ancora “fresco”, raggiungendo uno spessore uniforme di circa 0,50 mm. E’ successivamente necessario effettuare il taglio delle fasce di tessuto secco. Le fasce di tessuto vanno immediatamente posizionate dopo l’applicazione del primo strato di impregnante, avendo cura di stenderle senza formare grinze. Favorire la penetrazione dell’adesivo e della resina attraverso le fibre agendo con apposito rullino metallico, in modo da far penetrare l’adesivo nel tessuto. Si prevede l’applicazione di un secondo strato di adesivo epossidico di media viscosità. L’applicazione dell’impregnante del tessuto deve essere eseguita al di sopra del precedente strato di adesivo ancora fresco, e deve essere steso in uno spessore uniforme, di circa 0,50 mm ricoprendo completamente la fascia di tessuto. L’impregnazione va favorite pressando bene il tessuto. E’ consigliato ripassare più volte sul tessuto impregnato con il rullino metallico al fine di eliminare le eventuali bolle d’aria occluse durante le precedenti lavorazioni e per distendere le fibre della fascia di tessuto secondo la relativa orditura. Tali interventi si prescrivono anche in caso di rafforzamento di travi in c.a. e per gli sforzi a flessione dei solai.

7 - 9 PREPARAZIONE

10 - 14 APPLICAZIONE FRP

Rinforzo a flessione delle travi

Rinforzo a flessione dei solai

Mauro Dolce, Gaetano Manfredi (a cura di), Linee guida per riparazione e rafforzamento di

elementi strutturali, tamponature e partizioni, Doppiavoce, Napoli 2011, pp. 179-186. La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio

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5 | Progetto di restauro

5.3.3.4. Interventi antiribaltamento per sistemi non strutturali15 I collegamenti tra pannelli murari di tamponamento e cornice strutturale possono essere effettuati con tecnologie diverse, essenzialmente riconducibili all’uso di materiali fibrorinforzati o di piatti e angolari metallici. L’intervento con materiali fibrorinforzati si articola secondo le seguenti fasi di lavorazione: 1. 2. 3. 4. 5. 15

Procedere sia con la rimozione dell’intonaco lungo le fasce perimetrali di ancoraggio di bordo in una sezione di lato 50 cm a cavallo tra la tamponatura e la trave e con la rimozione dell’intonaco esistente lungo le fasce di connessione d’angolo. Si dovrà inoltre provvedere la rimozione dei depositi polverulenti, presenti sulle superfici di intaglio, e il lavaggio, mediante acqua a bassa pressione, delle superfici per renderle umide prima dell’esecuzione delle fasi successive. Successivamente si dovrà eseguire la foratura del tamponamento per l’intero spessore nella sezione d’incasso tra tamponatura e trave, con un utensile non battente (diametro foro non inferiore a 14 mm). Eseguire fori con interasse non superiore a 150 cm avendo cura di realizzare i fori di estremità nell’attacco pilastro trave. La foratura temporanea va occlusa, con un apposito segnalino removibile, per impedire alla malta cementizia (di successiva applicazione) di penetrarvi e consentirne la successiva individuazione. Applicare un primo strato di malta cementizia bicomponente ad elevata duttilità sulla intera superficie d’intaglio per uno spessore di circa 6 mm.Al di sopra del suddetto strato sarà applicata la rete in fibre di vetro. La rete a maglie quadrate in fibra di vetro, di qualità alcali-resistente, viene utilizzata allo scopo di migliorare le capacità fisicomeccaniche di aggrappo e di ingranamento con la malta. La rete sarà applicata sull’intera area trattata avendo cura di far penetrare la malta già applicata all’interno delle maglie della rete. Posizionare la rete in modo da consentire il passaggio dei segnalini all’interno delle maglie. Applicare un secondo strato di malta cementizia bicomponente per uno spessore di circa 6 mm sull’intera superficie sulla quale è stata applicata la rete in fibra di vetro.

Mauro Dolce, Gaetano Manfredi (a cura di), Linee guida per riparazione e rafforzamento di

elementi strutturali, tamponature e partizioni, Doppiavoce, Napoli 2011, pp. 179-186. 148

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1 - 2 RIMOZIONE E FORATURA

3 - 5 APPLICAZIONE MALTA E RETE


5 | Progetto di restauro

Nell’applicare la malta si avrà cura di lasciare a vista una superficie di rete di dimensioni 20x20 cm, definita tasca, centrata rispetto ciascuno dei fori realizzati precedentemente.

6.

Una volta che gli strati di malta, precedentemente applicati, si sono asciugati, si deve provvedere all’applicazione di un fazzoletto in tessuto unidirezionale in fibre di acciaio ad alta resistenza, di dimensioni 20x20 cm in corrispondenza della tasca per l’alloggiamento del fiocco. Il fissaggio del fazzoletto in tessuto di acciaio sarà eseguito previa spalmatura di stucco epossidico.

Si procede al taglio a misura del fiocco-connettore e all’impregnazione, con stucco epossidico in pasta, del tratto centrale del fiocco e spolvero di sabbia di quarzo fina e asciutta, al fine di ottenere un elemento impregnato e rigido. Il fiocco avrà lunghezza complessiva pari a: 30 cm più lo spessore tamponamento + 30 cm. La parte centrale impregnata in questa fase sarà di circa 2 cm più corta rispetto lo spessore del tamponamento per permettere la corretta sagomatura delle fibre di acciaio in fase di apertura del fiocco. Inserire il primer all’interno del foro mediante scovolino al fine di fissare le polveri e successivamente inserire lo stucco epossidico. Inserire poi il fiocco così realizzato avendo cura di lasciare il tratto rigido interno alla muratura e successivamente impregnare con stucco epossidico le parti terminali sfioccate. Applicare un fazzoletto di tessuto in acciaio unidirezionale di dimensione 25 x 25 cm mediante stucco epossidico avendo cura di orientare i fili in direzione ortogonale rispetto a quelli del tessuto analogamente applicato precedentemente. Ricoprire anch’esso con stucco epossidico. A stucco ancora fresco applicare la sabbia di quarzo fine asciutta per ottimizzare i successivi strati di finitura (intonaco, pittura, ecc.).

6 APPLICAZIONE FAZZOLETTO

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5 | Progetto di restauro

Interventi | Piano Seminterrato e Piano Rialzato

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5 | Progetto di restauro

Interventi | Piano Primo e Piano Secondo

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5 | Progetto di restauro

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5 | Progetto di restauro

5.4. Proposta di rifunzionalizzazione 5.4.1. Premesse e nuove destinazioni d’uso

Vocazioni d’uso Al centro del progetto di restauro e di rifunzionalizzazione si pone inequivocabilmente l’edificio stesso, al fine di progettare una serie di interventi mirati ed essenziali, volti a salvaguardare la natura della Casa. Tale manufatto è caratterizzato da numerosi ambienti di pregio, esaltati anche dai relativi materiali di finitura. Alcuni spazi hanno perso la propria connotazione originale e si ritiene pertanto necessario riproporne la centralità, in chiave del tutto contemporanea, ma in sintonia con l’edificio stesso. I numerosi ambienti dei piani superiori, già originariamente pensati per adempiere ad attività burocratiche , al tempo rivolte alle associazioni componenti l’A.N.M.I.G., devono essere sfruttati dal punto di vista tecnologico fin dove, appunto, le relative configurazioni lo permettono. Come sopra asserito, alla base del progetto e, soprattutto, delle valutazioni volte ad un ripensamento funzionale, vi sono le vocazioni d’uso dell’edificio, che per propria indole suggeriscono l’intervento da apportare. La complessità dell’intervento è data proprio dal dover rispondere contemporaneamente ad una pluralità di domande molto spesso divergenti fra loro. Dal punto di vista della sicurezza e della tecnologia, occorre tener conto delle geometrie di un edificio degli anni Venti, ad oggi obsoleto dal punto di vista funzionale. Entrando nello specifico, vi sono ambienti di particolare interesse architettonico, quali il Salone delle Adunanze, l’Atrio centrale e la Cella altare, spazi impreziositi di materiali lapidei accuratamente lavorati e trattati, ove non sono consentiti interventi di ristrutturazione e/o suddivisione, e che necessitano di interventi a basso impatto impiantistico, di carattere squisitamente conservativo tendenti al mantenimento dell’attuale configurazione, con limitazioni di utilizzo futuro. Altri ambienti di interesse architettonico sono l’atrio d’ingresso, con il relativo vano scale, e i numerosi ambienti caratterizzati dalla presenza di vetrate a tutta altezza in vetromattone. In questi sono consentiti modesti interventi di ristrutturazione e/o suddivisione, caratterizzati da un alto livello di reversibilità e da un basso impatto impiantistico. Vi sono inoltre spazi di modesto interesse architettonico, come le numerose stanze decorate con pavimentazioni di mattonelle cementine, o altri ambienti simili, che hanno subito recenti interventi di miglioramento impiantistico, ove sono consentiti eventuali interventi di ristrutturazione e/o suddivisione, con o senza particolari limitazione di utilizzo.

Rif. Dalla Negra Riccardo, Nuzzo Mariano, L’architetto restaura: guida al laboratorio di restauro architettonico, Spring, Caserta 2008.

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5 | Progetto di restauro

Infine vi sono ambienti senza particolare interesse architettonico che hanno mantenuto la propria connotazione originaria, come vani impianti o archivi, che necessitano interventi di miglioramento e altri ambienti che hanno subito pesanti manomissioni tali da far ritenere completamente perse le connotazioni originare ove è possibile un intervenire con un ampio grado di libertà.

Nuove destinazioni d’uso La sfida che ci si è prefissati sta nel trovare la giusta serie di interventi, minimi ma necessari, con il fine di ottenere un buon progetto funzionale, in sintonia con l’edificio e le sue vocazioni d’uso, e che lo ricollochi, nuovamente, all’interno nel vivo del tessuto urbano. Analizzando le funzioni già presenti all’interno del manufatto, valutandone la fattibilità, la sostenibilità e la redditività nei confronti dell’associazione A.N.M.I.G., proprietaria dell’immobile in questione, si è scelto di approfondire la valida funzione della sezione Penale del Giudice di Pace, già presente da tempo nell’edificio. L’idea iniziale prevedeva di incrementare l’attività del Giudice di Pace, accorpando i diversi campi giudiziari, Penale e Civile, con relative cancellerie, al fine di rendere più efficiente la macchina giudiziaria, limitando gli spostamenti del personale e della mole di dati relativi all’attività. Ciò avrebbe implicato un sovraccarico enorme che l’edificio non sarebbe stato in grado di sorreggere, per cui si è scelto di potenziare il solo ramo Penale. Centrali in un’attività giudiziaria sono senza dubbio le aule udienza, che devono adempiere non solo ad un compito istituzionale corredato da un carico non indifferente dal punto di vista tecnologico-impiantistico, ma anche sopportare un’elevata affluenza di fruitori esterni ed interni. Al fine di ottenere le migliori prestazioni possibili, sono stati studiati i flussi distributivi dei diversi tipi di fruitori in relazione alle differenti destinazioni d’uso. L’edificio viene poi dotato di una serie di servizi, per favorire la fruibilità dell’immobile anche ad un pubblico esterno all’attività giudiziaria. Si è pensato di inserire un bar caffetteria, con annessa zona ristoro, una sala conferenze a disposizione delle associazioni e di altri enti e infine una zona museale dedicata all’A.N.M.I.G., in memoria dell’associazione proprietaria dell’edificio. Con la volontà di utilizzare l’Atrio per eventi, concerti e manifestazioni, in qualsiasi momento dell’anno, si è deciso di inserire al di sopra dell’oculo una copertura.

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Vocazioni d’uso

Destinazioni di progetto

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5 | Progetto di restauro

Foto dello stato attuale

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Fotoinserimenti di progetto

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Analisi dei flussi

Trasformazioni di progetto

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5.4.2. Un nuovo spazio per il rione San Giuliano e l’ampliamento della sezione penale del Giudice di Pace Per accedere agli ambienti del Piano Rialzato destinati alle funzioni pubbliche si è pensato di riproporre come ingresso principale lo scalone monumentale con l’intento di conferire nuovamente importanza ad uno spazio che aveva perso la sua centralità. Come ulteriore accesso a questo piano è stato progettato un nuovo ingresso (via Donizetti 12) dotato di un vano ascensore a disposizione anche di fruitori disabili. Fulcro del nostro progetto è la riapertura della Sala delle Adunanze come luogo usufruibile dagli abitanti del rione San Giuliano e della città di Palermo. In occasione di eventi o manifestazioni l’Atrio torna di nuovo ad essere un luogo di incontro e di rappresentanza. Per garantire una maggiore permeabilità tra i due ambienti si è deciso di sostituire gli infissi, che si affacciano sulla corte, con delle nuove porte finestre vetrate. Sull’Atrio si affaccia anche la nuova zona ristoro la cui area di pertinenza si amplia nella corte. All’interno dell’ambiente è stata inserita una partizione interna con lo scopo di ricreare un deposito a servizio del bar e come nella Sala delle Adunanze sono stati sostituiti gli infissi che si affacciano sull’Atrio (vedi p.170). Si è prevista la sostituzione della pavimentazione attualmente presente con una nuova, realizzata in resina di colore bianco – grigio, in continuità con la cromia delle lastre di travertino di rivestimento esterno. Dalla Cella si può accedere alla zona museale dedicata all’ A.N.M.I.G. che accoglie i visitatori con una sala d’aspetto e successivamente ricrea la disposizione degli ambienti della segreteria amministrativa, dell’ufficio del presidente e della biblioteca. Sono stati inseriti alcuni dei mobili originali più significativi tra cui la scrivania del presidente dell’Associazione che riporta il simbolo dell’A.N.M.I.G. e alcune librerie di pregio. Con lo scopo di riprodurre l’originario susseguirsi delle stanze è stata prevista la rimozione del tramezzo recentemente inserito per ripartire gli ambienti di pertinenza del Giudice di Pace. Così facendo è stato necessario risolvere il problema di come completare la pavimentazione che risulta per metà sostituita da un rivestimento incongruo. Si è scelto di utilizzare la resina, specchiando la geometria delle cementine preesistenti, per completare il disegno. La scelta di questo intervento permette di comprendere l’immagine compositiva prevista dallo stesso architetto, ma allo stesso tempo di distinguere anche visivamente la nuova pavimentazione. Nella sala adiacente, riproposta da progetto come sala d’aspetto, non è stato possibile desumere lo schema geometrico autentico, pertanto si è preferito intervenire con un pavimento in resina a tinta unita di colore verde il più possibile simile alla cromia delle marmette di cemento a scaglie presenti sul piano. In fondo al corridoio distributivo dell’ala destra sono stati introdotti dei nuovi servizi igienici e un vano impiantistico in dotazione dell’intero Piano Rialzato. 158

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5 | Progetto di restauro

L’ampliamento della sezione Penale del Giudice di Pace riguarda la ridistribuzione delle funzioni al Primo e al Secondo Piano, raggiungibili tramite l’ingresso di via Donizetti 14. Per dividere i flussi delle funzioni pubbliche da quelle strettamente legate alle attività giuridiche, si è scelto di convogliare l’utenza del Giudice di Pace in un’unica entrata munita di tornelli di controllo per motivi di sicurezza. L’accesso è garantito anche ai fruitori disabili in quanto è già attualmente presente un ascensore che dal Piano Seminterrato conduce a tutti i livelli superiori. I flussi di questi due piani si articolano secondo la stessa logica progettuale. Per i funzionari giudiziari sono stati mantenuti gli accessi esistenti, mentre per gli utenti esterni è stato realizzato un accesso indipendente che consente loro di raggiungere solamente le sale d’aspetto e le adiacenti aule udienze. Tale distribuzione interna è consentita grazie alla rimozione della partizione lignea che attualmente impedisce il passaggio da un’ala all’altra dell’edificio. In prossimità di questi ambienti sono stati disposti gli uffici dei giudici e dei cancellieri, le cui attività sono strettamente legate tra loro, e le sale dei testimoni inaccessibili al pubblico esterno. I servizi amministrativi disposti al Primo e Secondo Piano sono organizzati in maniera differente. Al Primo livello si trovano, nell’ala di sinistra, la sala recupero crediti con il relativo ufficio, nell’ala di destra, la segreteria dei giudici con l’ufficio dirigenza. Al Secondo livello sono collocati nell’ala di sinistra, la segreteria amministrativa e il direttore amministrativo con il corrispettivo ufficio degli assistenti, nell’ala di destra, gli uffici degli ausiliari e dei funzionari giuridici. Come per il museo dell’A.N.M.I.G. anche a questi piani è stata riproposta la collocazione di alcuni arredi originali. Il tavolo della sala riunioni viene utilizzato come banco dei giudici, alcune scrivanie e relativi armadi sono stati posizionati negli uffici dei giudici e della cancelleria mentre i divani e le poltrone sono stati disposti nelle varie zone d’aspetto. Le principali modifiche apportate ai piani superiori interessano i servizi igienici, messi a norma per ogni tipo di utenza, e un nuovo corpo scala d’emergenza. Sempre di competenza del Giudice di Pace è il Piano Seminterrato. Qui troviamo gli archivi consultabili anche al pubblico e l’area di carico/scarico merci. Anche tale piano è munito di propri servizi igienici e vani impiantistici. Durante la fase conoscitiva del manufatto è emersa una situazione critica per quanto riguarda le tubature di scarico che confluiscono nella medesima parete su cui sono stati eseguiti gli affreschi del Santagata. A questo proposito è stato ripensato il sistema di scarico deviandolo su un’altra parete, andando ad inserire un nuovo cavedio ispezionabile ad ogni piano.

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5 | Progetto di restauro

Piante di progetto | Piano Seminterrato

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5 | Progetto di restauro

Piante di progetto | Piano Rialzato

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5 | Progetto di restauro

Piante di progetto | Piano Primo

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5 | Progetto di restauro

Piante di progetto | Piano Secondo

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5 | Progetto di restauro

Schemi assonometrici di progetto

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5 | Progetto di restauro

5.4.3. Progetto di una nuova copertura dell’Atrio dedicato ai Caduti La scelta progettuale scaturisce dall’intenzione di riconferire valore all’Atrio dedicato ai Caduti rendendolo il punto focale della Casa. Con l’intento di utilizzare questo ambiente in tutti i periodi dell’anno, si è deciso di progettare una copertura mobile che consenta di essere utilizzata o meno, in base alle necessità. La volontà di ottenere una struttura leggera, che rispetti il manufatto e che gravi il meno possibile sulla struttura preesistente, ci ha indirizzato verso l’impiego combinato dei materiali pultruso e metacrilato. La tecnologia scelta permette di non alterare la percezione di questo spazio mistico. La definizione della struttura portante è stata dettata dalla geometria dell’oculo per enfatizzarne la simmetria e la centralità. A questo proposito la copertura è composta da 8 travi Vierendeel, 4 delle quali costituiscono il perimetro e le restanti 4 vanno a comporre una croce centrale rispetto all’apertura circolare di diametro 10 m. Ciascuna trave è formata da 2 elementi scatolari orizzontali, uno superiore ed uno inferiore, distanziati 80 cm, di dimensioni 10x15 cm e da montanti verticali di 10x8 cm disposti ogni 80cm. Saldati al di sopra delle travi Vierendeel, vi sono 24 scatolari di 8x20 cm, con un passo di 80 cm, che sostengono dei rotoli di metacrilato di larghezza 80 cm, fissati agli elementi sottostanti ed uniti da un coprigiunto, esso stesso in metacrilato. Questi 24 traversi sono controventati da 28 elementi scatolari sagomati, di dimensioni 10x20 cm, che vanno a comporre una circonferenza in corrispondenza del perimetro esterno dell’oculo. Con tale accorgimento la controventatura non è visibile dalla corte interna. Questo sistema è sorretto da due travi reticolari di lunghezza 18 m, composte da due profilati orizzontali Upn 14, uno superiore ed uno inferiore, che accolgono i montanti verticali disposti a 80 cm, e gli elementi diagonali, di dimensione 10x10 cm. Le suddette travi reticolari sostengono le travi Vierendeel della copertura tramite due elementi angolari, uno superiore ed uno inferiore, di dimensioni 14x14 cm. Questa soluzione di ancoraggio ci permette di avere un sistema di copertura mobile. Al fine di gravare su meno punti della struttura preesistente, sono stati individuati solo 4 pilastri su cui verrà scaricato il peso della copertura. In questi punti verranno fissati altrettanti pilastri HEA in acciaio, di 32x30 cm. Il fatto di poter contare solo su 4 appoggi ci ha indotto ad utilizzare una soluzione a sbalzo. Tale configurazione si verifica solo nel momento in cui le due parti simmetriche della copertura sono totalmente aperte. La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio

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5 | Progetto di restauro

Schemi di funzionamento della copertura

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5 | Progetto di restauro

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5 | Progetto di restauro

Sezioni di progetto | Sezione longitudinale

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Sezioni di progetto | Sezione trasversale

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5 | Progetto di restauro

5.4.4. Miglioramento per la sicurezza Durante la fase progettuale si sono presi degli accorgimenti necessari al fine di migliorare la sicurezza del manufatto. Tali interventi includono l’inserimento di porte tagliafuoco REI 120, laddove non siano presenti gli infissi originali e in prossimità del nuovo corpo scala d’emergenza. Le direttive di sicurezza antincendio richiedono che le vie di fuga, conducenti ad un solo vano scale o ad una sola uscita all’aperto, abbiano una lunghezza complessiva inferiore a 35 m. Dal momento che, nello stato attuale, tale distanza supera quella richiesta, si è deciso di introdurre il nuovo corpo scala nella parte di edificio più adatta a soddisfare la normativa. L’uscita della scala d’emergenza è stata posizionata in corrispondenza del portone di via Rossini 9. Da progetto originario quest’ultimo consentiva l’accesso ad un vano a disposizione che si estendeva non solo al Piano Seminterrato, ma anche a quello Rialzato. E’ stata necessaria la rimozione dei due solai del Primo e del Secondo Piano per consentire la via di fuga ai fruitori del Giudice di Pace. La struttura è composta da 18 pilastrate, ciascuna delle quali è formata complessivamente da 9 elementi scatolari a sezione cava. Le travi, profilati scatolari da 8x15 cm, e i pilastri, di dimensioni 12x12 cm, accolgono nel loro punto di giunzione un elemento pieno che viene saldato a tali elementi costruttivi. Tale nodo di raccordo si presenta ogni 160 cm di altezza. (vedi nodi p. 169). Questa struttura collabora con la struttura preesistente tramite dei distanziali, poiché è venuta meno l’azione controventante dei solai rimossi. Come previsto dalla normativa, si è rispettata la distanza di 10 cm tra il nuovo intervento e la preesistenza. La scala si articola in 7 rampe, di larghezza 120 cm, realizzate in lamiera di spessore 12 mm con la parte terminale della pedata goffrata, al fine di rendere tale elemento antisdrucciolo. Le rampe sono rinforzate da fazzoletti di acciaio sagomati, tre per pedata, posti uno in mezzeria e due ai lati. Gli stessi sono nascosti da una lamiera di spessore 2mm. I parapetti sono costituiti da due lamiere, saldate alla struttura della scala e sorrette da un sistema di montanti, collocati al loro interno ogni 60 cm con un’altezza di 110 cm.

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5 | Progetto di restauro

Nuovo corpo scala d’emergenza | Pianta e sezione

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5 | Progetto di restauro

Nuovo corpo scala d’emergenza | Schema prospettico e nodi costruttivi

NODO 1

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NODO 2


5 | Progetto di restauro

Dopo un’attenta analisi delle problematiche presenti sulle pareti in vetromattone, oltre alla prescrizione di specifici interventi di restauro e di consolidamento, si è introdotto un nuovo sistema di controvetrate interne, apribili ed ispezionabili, come ulteriore elemento di protezione e di sicurezza. Tale scelta scaturisce dalla volontĂ di mantenere intatta la percezione degli spazi caratterizzati da questo tipo di facciata e allo stesso tempo di garantire il comfort interno di questi ambienti. Schemi di funzionamento dei nuovi infissi

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6 | Schede di restauro

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SCHEDE DI RESTAURO

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6 | Schede di restauro

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Bibliografia, sitografia e fonti archivistiche

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Bigliografia, sitografia e fonti archivistiche

Dolcetti Andrea, Sasso Daniele F., La Casa del Mutilato di Forlì: un monumento del Ventennio: progetto di restauro e applicazioni del protocollo GBC Historic Building, tesi di Laurea, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Ferrara, A.A. 2013-2014. Su Giuseppe Spatrisano Balistreri Vincenza (a cura di), Giuseppe Spatrisano Architetto (1899-1985), Fondazione Culturale Lauro Chiazzese, Palermo 2001. Barbera Paola, Giuffrè Maria (a cura di), “Giuseppe Spatrisano”, in “Archivi di Architetti e Ingegneri in Sicilia 1915-1945”, Edizioni Caracol, 2011, pp.156159. Sulla Casa del Mutilato di Palermo Bruno Giorgia, La Casa del Mutilato di Palermo, tesi di Laurea, Facoltà di Architettura, Università degli Studi di Palermo, A.A. 2006-2007. Ruta Anna Maria, Un interessante edificio palermitano degli anni Trenta, “Per salvare Palermo”, 2004, settembre-dicembre, n.10, pp.22-25. Su Antonio Giuseppe Santagata

A. G. Santagata: (1888-1985): mostra nel centenario della nascita, (catalogo della mostra tenuta a Recco, Palazzo Comunale, 22 dicembre 1988 - 15 gennaio 1989), Litosivori di Chiavari, 1988. Barisione Silvia, Fochessati Matteo, Franzone Gianni (a cura di), Antonio G. Santagata: rappresentare la guerra. Rendering war, Sagep, Genova 2014. Fagone Vittorio, Ginex Giovanna, Sparagni Tulliola, Muri ai pittori: pittura murale e decorazione in Italia 1930-1950, (catalogo della mostra tenuta a Milano, Museo della Permanente, 16 ottobre 1999- 3 gennaio 2000), Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano 1999. Montalti Enrico, Siviero Erica, La casa littoria “Antonio Locatelli” di Alziro Bergonzo: progetto di restauro di un’architettura del novecento a Bergamo, tesi di Laurea, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Ferrara, A.A. 2014-2015. Nebbia Ugo, A. G. Santagata, “Emporium”, LXXV, 1932, gennaio, n.445, pp. 2-24. Nicodemi Giorgio, Antonio Giuseppe Santagata, “L’arte”, Milano 1963, gennaio-giugno. Riva Giovanni, Artisti contemporanei. A. G. Santagata, “ABC Rivista d’Arte”, IV, 1935, gennaio, n. 1, pp. 1-6.

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Bibliografia, sitografia e fonti archivistiche

Sul progetto di restauro Albani Francesca, Superfici di vetro negli anni Trenta. Storia e conservazione, Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna 2012. Artioli Alberto, Giuseppe Terragni. La Casa del Fascio di Como. Guida critica all’edificio. Descrizione, vicende storiche, polemiche, recenti restauri, BetaGamma editrice, Roma 1989. Biscontin Guido, Driussi Guido (a cura di), Architettura e materiali del Novecento. Conservazione, restauro, manutenzione, atti del convegno di studi (Bressanone 13-16 luglio 2004), Arcadia, Marghera-Venezia 2004. Canziani Andrea (a cura di), Conservare l’architettura. Conservazione programmata per il patrimonio architettonico del XX secolo, Electa, Milano 2009. Dal Falco Federica, Prodotti autarchici 1930-1944: architettura, design, moda: studi sulla cultura del progetto per la tutela dei beni culturali, Designpress, Roma 2014. Dalla Negra Riccardo, Nuzzo Mariano, L’architetto restaura: guida al laboratorio di restauro architettonico, Spring, Caserta 2008. Musso Stefano Francesco, Tecniche di restauro: aggiornamento, UTET scienze tecniche, Torino 2013. Sul progetto di consolidamento strutturale Circolare 2 febbraio 2009, n 617, Istruzioni per l’applicazione delle “Nuove norme tecniche per le costruzioni” di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008, cap.8. Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 febbraio 2011, Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle Norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14/01/2008, cap.4. Dolce Mauro, Manfredi Gaetano (a cura di), Linee guida per riparazione e rafforzamento di elementi strutturali, tamponature e partizioni, Doppiavoce, Napoli 2011. Protezione e riparazione del calcestruzzo, i prodotti MAPEI certificati UNI EN 1504, consultato il 15 settembre 2016, online, disponibile all’indirizzo: http:// www.mapei.it/CMS/multimedia/Brochure-Normative-UNI-EN-1504.pdf Tanzini Maurizio, Micropali e pali di piccolo diametro, Dario Flaccovio Editore, Palermo 2011. Sulla progettazione di edifici giudiziari Arredi Marina Pia (a cura di), Edilizia per uffici: uffici, banche, studi professionali, pubblica amministrazione, UTET Scienze tecniche, Torino 2004. Pozzi Carlo (a cura di), Il Palazzo di Giustizia di Pescara, Carsa Edizioni, Pescara 2006. 178

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Bigliografia, sitografia e fonti archivistiche

SITOGRAFIA Artefascista, consultato il 14 novembre 2015, online, disponibile su internet all’indirizzo: http://www.artefascista.it/palermo__fascismo__archi.htm Mancuso Claudio, Palermo in camicia nera. Le trasformazioni dell’identità urbana (1922-1943), consultato il 2 dicembre 2015, online, disponibile all’indirizzo: http://www.storiamediterranea.it/wp-content/uploads/mediterranea/p2493/r1271.pdf SAN Archivio degli Architetti, Giuseppe Spatrisano, consultato il 5 novembre 2015, online, disponibile su Internet all’indirizzo: http://architetti.san.beniculturali.it/web/architetti/protagonisti/scheda-protagonista?p_p_id=56_INSTANCE_V64e&articleId=14169&p_p_lifecycle=1&p_p_state=normal&viewMode=normal&ambito=protagonisti&groupId=10304 Ventenniooggi, consultato il 14 novembre 2015, online, disponibile su internet all’indirizzo:http://www.ventenniooggi.it/?Itemid=31&catid=143&option=com_joomgallery&view=category#!palermo-architettura/c1o5g

XXII Convegno nazionale di geotecnica, Palermo 22-24 settembre 2004, consultato il 30 settembre 2016, online, disponibile all’indirizzo: https://www.researchgate.net/publication/259653862_LE_CAVE_DI_CALCARENITE_SOTTERRANEE_E_A_CIELO_APERTO_DI_PALERMO_APPROCCIO_ ALLA_CATALOGAZIONE_E_MAPPATURA_DELLE_AREE_A_RISCHIO_Underground_and_open_pit_quarries_of_calcarenitic_rocks_in_Palermo_an_appro

FONTI ARCHIVISTICHE Archivio dell’A.N.M.I.G. presso la Casa del Mutilato di Palermo, faldone unico. Fondo archivistico Giuseppe Spatrisano presso il Palazzo Branciforte di Palermo. La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio

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Fonti iconografiche

FONTI ICONOGRAFICHE Capitolo 1 1 Cartolina trovata presso A. CdM. Pa. 2 Nebbia Ugo, A. G. Santagata, “Emporium”, LXXV, 1932, gennaio, n.445. 3 Foto della Casa Madre dei Mutilati, consultata il 24 ottobre 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://www.eventuscia.it/portale/index. php?view=details&id=2711 4 Foto del Fondo archivistico Giuseppe Spatrisano presso il Palazzo Branciforte di Palermo. 5, 8 Dufour Liliane, Nel segno del Littorio: città e campagne siciliane nel Ventennio, Lussografica, Caltanissetta 2005. 6 Foto dell’iscrizione esterna alla Casa del Mutilato di Caltanissetta, consultata il 24 ottobre 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://www.anmig.it/case-del-mutilato-case-di-cultura/ 7 Foto dell’iscrizione esterna alla Casa del Mutilato di Catania, consultata il 24 ottobre 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://www.lamba doria.it/caduti/monumenti%20siciliani/caduti-catania/index.htm 9 Particolare del bassorilievo in bronzo sulla facciata della Casa del Mutilato di Messina, consultata il 24 ottobre 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://www.artefascista.it/messina__fascismo__archi.htm 10 Foto del prospetto principale della Casa del Mutilato e del Combattente di Ragusa, consultata il 24 ottobre 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://www.artefascista.it/ragusa__fascismo__italia__arc.htm 11 Foto d’epoca della Casa del Mutilato di Siracusa, consultata il 24 ottobre 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://www.artefascista.it/siracu sa__arte__italiana__del.htm 12 Foto d’epoca della Casa del Mutilato di Trapani, Archivio privato Genovese. Capitolo 2 1 2, 3, 12 180

h t t p : //p i c c l i c k . i t / C a r t o l i n a - P a l e r m o - I n g re s s o - M o n u m e n t a le-Di-Via-191976702363.html#&gid=1&pid=1 13 Provenzano Ida Aurora, Urbanistica e architettura a Palermo fra le due guerre, S. Pezzino Editore, Palermo 1984, p. 42. Balistreri Vincenza (a cura di), Giuseppe Spatrisano Architetto (1899-1985), Fondazione Culturale Lauro Chiazzese, Palermo 2001.

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Fonti iconografiche

6, 7, 8, 9, 10, 11, 14, 15 Inzerillo Salvatore Mario, Urbanistica e società negli ultimi duecento anni a Palermo, in “Quaderno dell’Istituto di Urbanistica e Pianificazione Territoriale della Facoltà di Architettura di Palermo”, Palermo 1981. Capitolo 3 1 Balistreri Vincenza (a cura di), Giuseppe Spatrisano Architetto (1899-1985), Fondazione Culturale Lauro Chiazzese, Palermo 2001. 2, 3, 4 De Simone Margherita et alii, Palermo: architettura tra le due guerre (1919-1939), S.F. Flaccovio Editore, Palermo 1987, pp. 218-219. 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 Balistreri Vincenza (a cura di), Giuseppe Spatrisano Architetto (1899-1985), Fondazione Culturale Lauro Chiazzese, Palermo 2001. 12 Prescia Renata, Restauri a Palermo: architettura e città come stratificazione, Kalos, Palermo 2012. Capitolo 4 1, 2, 3 Foto trovate presso A. CdM. Pa. 4, 5, 6 Fondo archivistico Giuseppe Spatrisano presso il Palazzo Branciforte di Palermo. 7 Immagine del Danteum di Terragni, consultata il 24 luglio 2016, online, disponibile all’indirizzo: http://www.archphoto.it/archives/64 8, 9 Balistreri Vincenza (a cura di), Giuseppe Spatrisano Architetto (1899-1985), Fondazione Culturale Lauro Chiazzese, Palermo 2001. 10 Fagone Vittorio, Ginex Giovanna, Sparagni Tulliola, Muri ai pittori: pittura murale e decorazione in Italia 1930-1950, (catalogo della mostra tenuta a Milano, Museo della Permanente, 16 ottobre 1999- 3 gennaio 2000), Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano 1999. 11 Barbiellini Amidei Rosanna (a cura di), La casa madre dei mutilati di guerra, Editalia, Roma 1993. 12 Corvini Annalisi, Labia Veronica, Sampaolesi Federica, La Casa del Mutilato di Genova, fra innovazione e tradizione. Progetto di restauro di uno spazio per la collettività, tesi di Laurea, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Ferrara, A.A. 2015-2016. 13 Montalti Enrico, Siviero Erica, La casa littoria “Antonio Locatelli” di Alziro Bergonzo: progetto di restauro di un’architettura del novecento a Bergamo, tesi di Laurea, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Ferrara, A.A. 2014-2015. La Casa del Mutilato di Palermo. Progetto di restauro di un monumento del Ventennio

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Fonti iconografiche

16, 18, 20 Fondo archivistico Giuseppe Spatrisano presso il Palazzo Branciforte di Palermo. 19 Foto trovata presso A. CdM. Pa. Capitolo 5 1 2

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Albani Francesca, Superfici di vetro negli anni Trenta. Storia e conservazione, Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna 2012. Computo Metrico Estimativo trovato presso A. CdM. Pa.

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ALLEGATI | Elaborati grafici

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