Tecniche di agricoltura conservativa

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TECNICHE DI AGRICOLTURA CONSERVATIVA

PSR Marche 2014-2020 - Sottomisura 1.2 M.01.2.A Azioni informative relative al miglioramento economico delle aziende agricole e forestali – FA2 domanda N. 39343 che prevede la partecipazione comunitaria



“L'aratro è l'attrezzo agricolo più importante, ed è usato per rompere e rivoltare la terra. Già nel Neolitico erano noti il semplice aratro in legno e quello a uncino (lat. aratrum), con vomeri in osso o lamelle litiche che rompevano la superficie del terreno ma non rovesciavano le zolle. L'aratro a ruote e a trazione animale (lat. carruca), attestato per la Rezia dal I sec. a.C., mantenne la sua forma originale fino al XIX sec. L'aratro rincalzatore o a ruote del ME e dell'epoca moderna consisteva di un corpo anteriore con ruote e di un corpo principale: sul timone in legno (bure), con dispositivo di fissaggio, erano sistemati il coltro in ferro, un'apposita lama anteposta al vomere, e il vomere mobile (orecchio) per rivoltare.” L’invenzione dell’aratro è stato uno dei momenti più rivoluzionari nella storia dell’uomo, permettendo la messa in coltura di terreni e il vero e proprio inizio dell’era agricola. Quindi da oltre 2000 anni gli agricoltori hanno sempre ritenuto che arare il terreno era indispensabile ai fini di un buon raccolto, associando la lavorazione del terreno con l’aumento della fertilità dello stesso. In terreni vergine nel breve periodo questo è vero, in quanto le lavorazioni causano la mineralizzazione della sostanza organica e la disponibilità dei nutrienti per le piante. Ma a lungo andare più aumenta la frequenza delle lavorazioni, più velocemente perdiamo la sostanza organica che risulta essere cruciale per l’attività microbiologica che essa alimenta. Inoltre il terreno oltre a veder diminuire la sua attività organica, diventa più compatto e meno poroso con ripercussioni sulla capacità di assorbire e trattenere l’acqua. Questo aspetto legato all’acqua comporta una minore disponibilità per le piante e soprattutto non essendo assorbita si muove sul terreno provocando inondazioni e erosione del suolo. La sostenibilità dell’agricoltura del futuro va cercata nell’equilibrio dei fattori economici, produttivi e ambientali tra cui il sostegno delle produzioni, l’aumento dell’efficienza energetica e la riduzione dei gas ad effetto serra. Le politiche agricole comunitarie, nazionali e regionali, sostengono attivamente le pratiche agricole finalizzate alla riduzione diretta o indiretta delle emissioni di gas serra e all’aumento dell’efficienza produttiva ed energetica, mantenendo l’agricoltore nel suo ruolo primario di produttore di cibo,, ma trasformandolo anche in produttore di servizi ambientali utili e importanti per tutta la collettività.


In relazione all’agricoltura convenzionale possiamo quindi trarre alcune considerazioni riguardo gli aspetti che la caratterizzano: - un utilizzo sempre più intensivo del suolo, - l’incremento dei costi di produzione, - i margini sempre più ristretti di aumento della potenzialità produttiva delle colture, - la semplificazione spinta dei sistemi colturali, Da questo contesto emergono alcuni aspetti critici delle lavorazioni implicano consumi energetici rilevanti; • promuovono un’accelerazione del processo di mineralizzazione della sostanza organica; • aumentano il rischio di erosione del suolo; • possono causare un peggioramento della struttura del suolo; • aumentano la superficie del suolo esposta all’aria e quindi inducono maggiore evaporazione e perdite del contenuto idrico. Agricoltura Conservativa vuole promuovere la produzione agricola ottimizzando l’uso delle risorse e contribuendo a ridurre il degrado del terreno attraverso la gestione integrata del suolo, dell’acqua e delle risorse biologiche. Caratteristiche principali - alterazione minima del suolo cioè nessuna lavorazione che rivolti il terreno (tramite la semina su sodo o la lavorazione ridotta del terreno) - copertura permanente del suolo (colture di copertura e con residui vegetali della coltura precedente - associazioni e rotazioni colturali diversificate, che favoriscono i microrganismi del suolo e combattono le erbe infestanti, i parassiti e le malattie delle piante. Obiettivi L’adozione delle tecniche di Agricoltura conservativa consente di perseguire in particolare i seguenti obiettivi: • conservazione e incremento del contenuto in sostanza organica del terreno, soprattutto negli strati superficiali; • limitazione e controllo della erosione; • limitazione del compattamento del suolo; • miglioramento della biologia del terreno; • miglioramento dell’efficienza di concimazione; • contenimento dei costi di produzione colturali.


Conservazione e incremento del contenuto in sostanza organica del terreno, soprattutto negli strati superficiali Il mantenimento dei residui vegetali della coltura precedente associato al minor numero di lavorazioni, comportano una minore mineralizzazione della sostanza organica. Ne consegue un miglioramento della stabilità strutturale del suolo, le colture si trovano in un ambiente migliore dal punto di vista nutrizionale e viene favorito lo sviluppo della flora microbica. Questi aspetti migliorativi del suolo poi si accentuano nella condizione di assorbire in maniera più efficiente l’acqua e una minore emissione di gas serra. Limitazione e controllo della erosione I fenomeni erosivi sono spesso valutati dal punto di vista quantitativo in maniera errata. Infatti l’impatto del fenomeno erosivo nei terreni a seguito di eventi meteorici intensi può superare le 10 – 20 t/Ha di terreno eroso. Questo impatto risulta poi molto rilevante in quanto il terreno che viene eroso riguarda principalmente lo strato fertile. L’erosione del suolo si manifesta non solo nei terreni collinari, ma anche nei terreni pianeggianti con pendenze poco superiore del 2% ed è logicamente favorita da suoli nudi e lavorazioni profonde. Da questo si evince che la mancanza di lavorazioni invasive (es: aratura) e la presenza dei residui vegetali in superficie inducono una limitazione del fenomeno erosivo. Miglioramento della biologia del terreno Un approccio a tecniche colturali che prevedono lavorazioni di minore intensità o zero lavorazioni, comportano un aumento di biomassa nel suolo che conseguentemente favoriscono diversi aspetti positivi nel terreno. Possiamo infatti trovare una maggiore porosità del terreno, una migliore percolazione idrica, potenziale diminuzione della lisciviazione dei nitrati, maggiore fissazione di azoto nell’humus. Miglioramento dell’efficienza di concimazione La messa in atto dei pratiche di agricoltura conservativa ha come conseguenza a breve termine un aumento della sostanza organica negli strati più superficiali dove normalmente si sviluppa in gran parte l’apparato radicale. L’aumento della sostanza organica comporta dei miglioramenti consistenti sia con aumento della CSC (capacità di scambio cationico) del terreno e quindi con una maggiore presenza di


elementi nutritivi a disposizione della pianta. Inoltre una attività microbica più intensa porta ad una minore esigenza da parte delle colture di concimi minerali azotati. Contenimento dei costi di produzione colturali Ultimo aspetto ma non per questo meno importante, è quello della riduzione dei costi di lavorazione delle colture, vista la drastica diminuzione degli interventi in campo. Se poi prendiamo anche in considerazione il fatto che dopo una prima fase di conversione, nei periodi successivi registreremo nuovi risparmi imputabili ad una minore esigenza di concimi minerali. Questo aspetto quindi influisce in maniera positiva su un minor utilizzo di manodopera e quindi un contenimento dei costi di produzione. Aspetti negativi L’agricoltura conservativa però non è priva di alcuni aspetti negativi che si possono presentare al momento in cui vengono prese in atto queste tipologie di coltivazione. Infatti possono rendersi necessarie maggiori quantità di sostanze chimiche nella lotta alle infestanti, possiamo andare incontro a diminuzioni delle rese soprattutto nei primi anni di adozione delle nuove tecniche. Inoltre si necessitano grossi investimenti iniziali per l’acquisto di macchinari specializzati e l’intera gestione colturale subisce radicali cambiamenti. Il concetto di “agricoltura conservativa”, in Italia espresso con la terminologia “Agricoltura blu” (temine coniato dall’A.I.G.A.Co.S. – Associazione Italiana per la Gestione Agronomica e Conservati- va del Suolo), abbraccia una filosofia agronomica volta a diminuire gli effetti negativi degli interventi colturali sul terreno e contemporaneamente a mantenere un elevato standard produttivo e competitivo sul mercato globalizzato per assicurare una giusta remunerazione agli operatori agricoli. Essa è basata su: • Lavorazioni del terreno in presenza di residui colturali. • Mantenimento in superficie dei residui colturali. • Riduzione della richiesta di potenza (Cv) per metro di larghezza di lavoro. • Diminuzione dell’intensità e del numero degli interventi. • Utilizzazione di macchine di elevata capacità di lavoro. L’adozione di tecniche di agricoltura conservativa non deve essere considerata come un semplice cambiamento di attrezzature, ma un diverso metodo di gestione del terreno


e conseguentemente di tutto il sistema di coltivazione volto a rispettare il suolo (essere vivente) e l’ambiente, considerati nel loro più ampio significato. In sintesi si tratta di passare dell’agricoltura convenzionale basata sull’aratura profonda ad un’agricoltura che preveda meno interventi meccanici sul terreno. L’adozione delle tecniche semplificate di lavorazione del terreno richiede un salto di professionalità e di capacità tecnica da parte dell’imprenditore agricolo, che potrà e dovrà compiere scelte diverse in anni diversi, nella consapevolezza che in agricoltura non esiste un solo modo di trattare il terre- no. Le sue decisioni dovranno tener conto sempre di più delle condizioni del suolo in cui interviene e dei problemi gestionali del- le specie coltivate, perché la loro risposta produttiva sarà direttamente influenzata dalla tecnica di lavorazione e dal tipo di terreno, che, a loro volta, influenzeranno l’uso dei mezzi tecnici, direttamente influenzati dall’andamento climatico, ecc. Il perno fondamentale attorno al quale ruota l’Agricoltura blu è la gestione del residuo colturale della coltura precedente, che deve rimanere in superficie per assolvere ad importanti funzioni conservative capaci di determinare tutte le scelte di tecnica col- turale e di acquisto delle macchine aziendali. I residui colturali devono essere uniformemente distribuiti sul terreno; siano di piccole dimensioni, per facilitare il processo di umificazione; creino una pacciamatura naturale del terreno proteggendolo dall’azione compattante delle piogge; osta- colino la crescita delle erbe infestanti; interferiscano il meno possibile con gli organi lavoranti delle seminatrici ecc.. I residui colturali possono essere gestiti direttamente durante la raccolta della coltura se sulla mietitrebbiatrice è montato un trincia-spargipaglia; oppure direttamente in campo tramite l’uso di trinciatore operante possibilmente a cassone aperto, meglio ancora se dotato di elementi ripartitori e convogliatori della paglia.


TECNICHE DI AGRICOLTURA CONSERVATIVA MINIMA LAVORAZIONE (minimum tillage) La lavorazione minima, detta anche “mini- ma lavorazione superficiale”, è una tecnica di lavorazione intermedia tra la lavorazione a doppio strato e la semina su sodo, che riesce ad assicurare un buon risultato economico e un risparmio energetico non trascurabile. Quando si parla di lavorazione minima, si intende che la preparazione del terreno viene effettuata utilizzando attrezzature in grado di operare su terreno non lavorato ad una profondità non superiore a 20 cm. circa. Con questa tecnica i residui colturali rimangono quasi completamente o in buona parte sulla superficie del terreno, miscelati allo strato superficiale del suolo. Prima della lavorazione sarebbe opportuno che i residui siano distribuiti uniformemente sulla superficie del terreno. Nella minima lavorazione, fondamentale è la scelta della profondità di lavorazione, che è in stretto rapporto con gli obiettivi che ci si prefigge di raggiungere e che possono essere sintetizzati nel seguente elenco: » facilitare la semina delle colture attraverso la creazione di uno idoneo strato superficiale del suolo ; » favorire la degradazione dei residui colturali presenti sul terreno attraverso l’intimo contatto tra suolo e residui; » garantire le migliori condizioni del terreno per accogliere il seme e contemporaneamente creare le condizioni per lo sviluppo iniziale delle piante; » contrastare efficacemente lo sviluppo delle erbe infestanti anche attraverso l’utilizzazione della tecnica della “falsa se- mina”; » favorire la formazione di una buona struttura del terreno che faciliti la circola- zione dell’aria e dell’acqua nel suolo; » evitare la formazione di suole di lavorazione; » ridurre le perdite d’acqua da parte del terreno per evaporazione. Le osservazioni pluriennali che sono state effettuate non hanno confermato l’ipotesi che le stoppie non sufficientemente interrate favoriscono infezioni di mal del piede e di carbone dei cereali. Persino nel caso di presenza di coltivazione di cereali autunno- vernini nella rotazione fino all’85%, i casi di manifestazione delle malattie sono diminuiti con la riduzione dell’aggressività delle lavorazioni, probabilmente per la più elevata resistenza della coltura e lo sviluppo di antagonismi naturali. Le macchine disponibili per l’effettuazione delle operazioni sono molte e di varie tipologie e il


fattore che le accomuna tutte è quello di dover agire su terreno non lavorato, di dover gestire quantità anche notevoli di residui colturali e spesso di preparare in un unico passaggio il letto di semina. Le macchine utilizzabili posso essere usate singolarmente o in forma combinata; possono essere dotate di ancore, di dischi, di elementi a molle e di organi mossi dalla presa di potenza delle trattrici. La minima lavorazione sembra una tecnica molto semplice da comprendere e da mettere in pratica, ma in realtà anche essa richiede competenze da parte dell’agricoltore ben superiori a quelle che erano necessarie nel passato.

SEMINA SU SODO ( zero tillage o sod seeding) La semina su sodo viene effettuata, utilizzando speciali seminatrici, direttamente su un terreno che non ha subito nessuna lavorazione se non in corrispondenza della striscia dove viene deposto il seme. La seminatrice con un solo passaggio effettua l’apertura del solco sul terreno non lavorato, la semina e la chiusura del solco. Questo tipo di semina comporta un minor consumo energetico, visto il risparmio di tutte le operazioni preparatorie e una semplificazione nelle operazioni di semina. Un'altra particolarità è quella di poter effettuare direttamente la semina sul cotico erboso preventivamente disseccato. Questo tipo di intervento ha il vantaggio di non intaccare la struttura del suolo e evitare i fenomeni erosivi. Di contro è previsto l’utilizzo di mezzi chimici per le operazioni di disseccamento.

LAVORAZIONE IN BANDA (strip tillage) È un alternativa della semina su sodo, infatti si eseguono delle lavorazioni solo nella zona di semina (bande).


Generalmente le bande sono larghe circa 15 cm ed è una tecnica idonea per quelle colture che hanno un interfila maggiore di 40 cm. Naturalmente la seminatrice è predisposta con uguale distanza tra le file, ed il letto di semina che è sgombro dai residui, si scalda in minor tempo e quindi accelera la germinazione.

AVVICENDAMENTI L’imprenditore che conduce l’azienda secondo i principi ispiratori dell’agricoltura blu non può non considerare l’adozione di un adeguato avvicendamento fra le colture, con lo scopo di favorire un miglioramento generale delle condizioni del terreno. Questo concetto lo troviamo già presente nei testi degli scrittori georgici dell’epoca greca e romana, ed è sintetizzato nella massima “la terra si riposa producendo cose diverse”. L’avvicendamento di colture diverse sullo stesso appezzamento ha un’influenza positiva: 1. sulla struttura del terreno, che si mani- festa attraverso l’azione di differenti apparati radicali che disgregano il terreno; sulla diversa tipologia dei residui colturali lasciati dalle colture; sul miglioramento dell’attività della flora microbica; 2. sulle caratteristiche chimiche del suolo, che risultano migliorate; 3. sulla diminuzione della possibilità di trasmissione di malattie alla coltura successiva (particolarmente pericoloso in caso di monocoltura o se si avvicendano specie simili); 4. sulla lotta alla flora infestante, nel sen- so che si evita la costituzione di una flora specializzata.

COLTURE DI COPERTURA (cover crops) Per colture di copertura si intendono quelle specie erbacee che inserite negli ordinamenti agrari come colture intercalari senza fini produttivi, contribuiscono a conservare e aumentare la fertilità fisica, chimica e microbiologica del terreno agrario. Il loro ruolo è quello di mantenere coperto il terreno tra due colture. I loro effetti positivi possono essere così sintetizzati: a. riduzione dell’erosione idrica ed eolica; b. accumulo nella biomassa prodotta dei nutrienti derivanti dalla mineralizzazione della sostanza organica, altrimenti persi per lisciviazione o scorrimento superficiale; c. fissazione dell’azoto atmosferico che, nel caso di utilizzo di leguminose, sarà mediamente disponibile per circa il 40% per la coltura successiva, mentre una minor quantità verrà utilizzato dalle specie coltivate nella seconda e terza stagione. d. incremento della capacità di infiltrazione dell’acqua sul terreno;


e. limitazione dello scorrimento superficiale dell’acqua sul suolo; f. miglioramento dello sfruttamento dell’energia solare; g. controllo dello sviluppo e della diffusione della flora spontanea; h. aumento della diversità biologica all’interno dell’agroecosistema. In base al tipo di lavorazione preparatoria destinata alla coltura immediatamente successiva alla cover crops, il destino dei residui colturali sono assai diversi. Se si effettua un’aratura i residui verrebbero interrati formando un deposito di humus mineralizzabile nel tempo, nel caso di adozione della tecnica di non lavorazione i residui della cover crops vanno a formare una pacciamatura naturale (mulch) sulla superficie del terreno che può avere i seguenti effetti: 1) regolare la temperatura del terreno; 2) conservare un più adeguato tenore di umidità nel suolo; 3) mantenere o incrementare nello strato più superficiale del terreno la quanti- tà di humus e quindi migliorare la struttura del suolo; 4) riduzione della possibilità di forma- zione di croste superficiali; 5) aumento dell’infiltrazione dell’acqua; 6) diminuzione dei flussi superficiali e l’erosione idrica del terreno. Una coltura di copertura deve avere le seguenti caratteristiche: un’elevata energia germinativa e rapidità di emergenza di campo; adeguato adattamento alle condizioni pedoclimatiche; rapido sviluppo; buona capacità di fissare azoto atmosferico o assorbire azoto nitrico; buona capacità di competizione nei confronti delle piante infestanti; facilità di interramento, sfalcio, trinciatura o disseccamento; bassi costi d’impianto. Nella coltivazione di una coltura di copertura occorre tener presente: ⁕ che se ci troviamo in una zona a bassa piovosità la sua gestione deve essere particolarmente accorta per non togliere acqua alla coltura principale; ⁕ non deve essere mandata a seme specialmente se la specie produce semi ”duri”, cioè capaci di germinare scalarmente in anni successivi, come es. le veccie. L’utilizzazione di una cover crop pone tre problemi fondamentali dai quali dipende l’ottenimento dei benefici sopra descritti: • la sua posizione all’interno degli avvicendamenti;


• la scelta della specie; • la sua successiva gestione in rap- porto alla coltura principale. L’uso delle colture di copertura risulta particolarmente problematico nei terreni argillo-limosi e quando precedono le colture a ciclo primaverile-estivo, a causa delle difficoltà dell’effettuazione delle lavorazioni in condizioni ottimali. Dopo aver descritto gli obiettivi, le problematiche e le attività che l’agricoltura conservativa prevede, non dobbiamo tralasciare il fatto che per effettuare una giusta applicazione è importante verificare dei presupposti. I presupposti che ci permettono di valutare se possiamo o non approcciarci all’applicazione dell’agricoltura conservativa riguardano: - la tipologia del suolo; - le attrezzature e le macchine necessarie; - la gestione delle infestanti; - la gestione irrigua e la sistemazione idraulica agraria. Tipologia del suolo Sono sconsigliabili i terreni: • sabbiosi: tendono al compattamento quindi a rendere più difficoltoso lo sviluppo dell’apparato radicale; • limosi: tendono al compattamento e a formare croste che rendono più problematica la percolazione idrica; • argillosi: costituiti da argille non autostrutturanti (caolinite) poco presenti nel nostro territorio. Sono da preferire terreni: • franchi; • argillosi costituiti da argille espandibili (montmorillonite) in grado nel tempo di ricostituire la struttura originaria


Le attrezzature e le macchine Le macchine che vengono utilizzate sono di grosse dimensioni, e da no trascurare i cospicui investimenti e le difficoltà di rientro del costo. Devono evitare il compattamento del terreno: - pneumatici a bassa pressione, assi multipli o ruote gemellate o cingoli gommati - organi lavoranti trainati o semi portati

L’utilizzo di ripuntatori e decompattatori è ammesso solo nel caso in cui non provochino rivoltamento degli strati superficiali da utilizzare per ripristinare la struttura del suolo in caso di compattamento.

La gestione delle infestanti Rappresenta un intervento indispensabile per l’adozione di tecniche di non lavorazione o ridotta lavorazione. Nei primi anni soprattutto è elevata la germinazione delle erbe infestanti che tende in ogni modo a diminuire con il tempo probabilmente per il mancato rivoltamento degli strati superficiali. E’ indispensabile l’applicazione di diserbanti sistemici senza attività residuale in pre e post semina come il glyphosate. Il mancato interramento dei residui colturali contribuisce al contenimento delle erbe infestanti.

La gestione irrigua La mancanza di lavorazioni profonde potrebbe rendere più difficoltoso l’approfondimento l’apparato radicale e di conseguenza meno facile l’approvvigionamento idrico. Inoltre è necessaria una gestione irrigua particolarmente attenta onde evitare l’insorgere di stress idrico. Da sottolineare che aumenta nel tempo l’umidità del suolo dovuta all’aumento della microporosità del suolo poco o non lavorato che aumenta la ritenzione idrica;il crescente contenuto di S.O. nel suolo; la permanenza dei residui vegetali che diminuisce la evaporazione dal suolo. Inoltre per consentire un idoneo sgrondo delle acque per evitare eccessi idrici e quindi problemi di asfissia dovuti al manifestarsi di una minore capacità di percolazione, diventa fondamentale l’adozione di opportune sistemazioni idraulico agrarie.


In conclusione il processo di conversione da agricoltura Convenzionale a Conservativa richiede sostanzialmente: - minori interventi meccanici sul terreno, - una gestione dei residui colturali totalmente innovativa, cioè professionalità, esperienza e adeguata tecnologia per poter esprimere al meglio le proprie potenzialità, - una revisione nel tempo e nello spazio dei sistemi colturali con l’inserimento di colture intercalari (cover crops). Tutto ciò richiede un consistente periodo di tempo al fine di non pregiudicare gli equilibri gestionali ed economici in atto. Pertanto è consigliabile che il processo di conversione riguardi inizialmente solo una parte della SAU. Per schematizzare il processo possiamo dividerlo in 4 fasi: I°fase: Applicare minima lavorazione o semina su sodo, mantenere I residui colturali sul terreno, introdurre colture di copertura, possibili riduzioni delle rese. II°fase: Aumento della sostanza organica nel suolo, miglioramento della fertilità, miglioramento fisico-chimico del suolo, potenzile aummento delle erbe infestanti, potenziale aumento dei parassiti. III°fase: Introdurre le rotazioni colturali, migliorare le rotazioni colturali. IV°fase: Il sistema di produzione raggiunge l’equilibrio, potenziale miglioramento delle rese, riduzione fertilizzanti minerali, riduzione nell’utilizzo di erbicidi, riduzione nell’utilizzo degli antiparassitari.



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Pubblicazione realizzata con il contributo dell’Unione Europea. Il contenuto della presente pubblicazione non riflette necessariamente la posizione o l’opinione della Commissione Europea.


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