Criteri per la gestione di un allevamento biologico

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Pubblicazione nanziata nell’ambito del del PSR PSR Marche 2014-2020 sottomisura1.2. 1.2.A Pubblicazionefifinanziata nell’ambito 2014-2020 sottomisura A

progetto id.39305 che prevede la partecipazione comunitaria



SOMMARIO Introduzione……………………………………………..p. 1 Valutazione e analisi preliminari alla conversione al metodo biologico…………………………………………………p. 2 La normativa di riferimento sul metodo di allevamento biologico…………………………………………………p. 3 Principi generali dell’allevamento biologico…………..p. 4 L’assoggettamento al metodo di produzione biologico..p. 6 Il periodo di conversione……………………………….p. 7 L’alimentazione………………………………………..p. 8 Il ruolo del pascolo…………………………………….p. 10 Le strutture di ricovero………………………………...p.11 L’accesso agli spazi all’aperto………………………..p.14 Densità degli animali………………………………....p.17 Cure veterinarie……………………………………....p.18 Altri aspetti gestionali………………………………..p.20


CRITERI PER LA GESTIONE DI UN ALLEVAMENTO BIOLOGICO

INTRODUZIONE

La conduzione di un allevamento secondo i vincoli e le prescrizioni del metodo biologico ha implicazioni tecniche ed economiche sotto l’aspetto gestionale, ma anche importanti risvolti positivi in termini ambientali, grazie alla maggiore sostenibilità delle pratiche adottate. Per gestire un allevamento biologico è necessario innanzitutto capire quali sono le esigenze degli animali, dal punto di vista etologico e fisiologico. La conoscenza del comportamento animale e la somministrazione di un corretto piano alimentare, sono condizioni irrinunciabili per l’ottenimento di buone risposte produttive e qualitative nelle produzioni zootecniche. Partendo dal presupposto che l’allevamento è un sistema innaturale per qualsiasi specie animale, è necessario mettere in atto tutte le strategie possibili per soddisfare a pieno i principi fondamentali per il rispetto del benessere animale. Il concetto fondamentale è che l’animale non dovrebbe essere curato, ma bisognerebbe creare tutte quelle condizioni affinché non si ammali. In questa ottica, nel metodo di allevamento biologico è necessario disporre di superfici adeguate per la stabulazione degli animali, possibilità di accesso a spazi esterni e ad aree pascolive, razioni alimentari bilanciate, tenendo conto in particolare della funzionalità del rumine, nel caso dei ruminanti o poligastrici, interventi preventivi per la salvaguardia della salute degli animali, limitando il più possibile quelli curativi. Con questa premessa, il passaggio da un sistema produttivo convenzionale ad uno biologico presuppone l’acquisizione di 1


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un know how specifico, affinché la conversione avvenga anche sul piano gestionale, oltreché normativo, mettendo in atto pratiche basate sulle reali esigenze degli animali allevati. VALUTAZIONI E ANALISI PRELIMINARI ALLA CONVERSIONE AL METODO BIOLOGICO La realtà della produzione biologica desta sempre maggiore interesse nei consumatori. Le motivazioni risiedono nella grande attenzione verso l’ambiente e gli animali, che si realizza con metodiche di produzione rispettose degli equilibri biologici, della salute dell’uomo e degli animali e nella salvaguardia delle risorse ambientali. La conversione al metodo biologico, però, è una scelta che richiede una serie di valutazioni preliminari, tecniche ed economiche. Le valutazioni tecniche sono necessarie per: 1) ottimizzare l’utilizzo delle risorse aziendali, 2) ridurre o azzerare l’uso di sostanze chimiche; 3) migliorare la gestione dei suoli e del territorio. Le valutazioni economiche sono necessarie per: 1) entrare in un mercato in crescita che permetta di spuntare prezzi di mercato più elevati, diversificando la produzione e riducendo la concorrenza; 2) diminuire i rischi di oscillazione dei prezzi agroalimentari; 3) usufruire di incentivi pubblici;

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4) competere sul mercato laddove la zootecnia convenzionale non è più competitiva, come in ambienti rurali difficili o svantaggiati. Alle valutazioni preliminari devono seguire una serie di analisi tecniche, in cui vanno affrontate le problematiche relative a: 1) maggiori costi produttivi e calo delle rese; 2) approvvigionamento dei mezzi tecnici; 3) capacità di adattamento strutturale ai vincoli e prescrizioni della normativa di settore; 4) mercato di riferimento; LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO SUL METODO DI ALLEVAMENTO BIOLOGICO Le norme sulle produzioni zootecniche biologiche sono dettate dall’art. 14 del Reg (CE) 834/2007, mentre le modalità applicative fanno riferimento agli artt. dal 7 al 25 del Reg. (CE) 889/08 e dai suoi Allegati tecnici, oltre alla legislazione nazionale e regionale di settore. In particolare, negli Allegati III-IV-V-VI-VII, sono riportati i dettami tecnici rispettivamente sulle superfici minime coperte e scoperte dei locali di stabulazione, numero massimo di animali per ettaro, materie prime per mangimi, additivi per mangimi, prodotti per la pulizia e la disinfezione degli edifici e impianti adibiti alle produzioni animali. Il sistema di certificazione riguarda: bovini, equidi, suini, ovini, caprini, alcune specie avicole e le api. Di recente il campo di applicazione è stato esteso, a livello nazionale, anche all’allevamento cunicolo (nota MiPAAF 5640 del 10/12/2012), 3


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alla elicicoltura (nota MiPAAF 39857 del 29/05/2015), ed all’allevamento degli struzzi (nota MiPAAF 7758 del 02/04/2012).

Principali aspetti delle norme di produzione zootecniche biologiche Argomento Principi generali Campo di applicazione Origine degli animali Pratiche zootecniche e stabulazione Riproduzione Alimentazione Prevenzione delle malattie e cure veterinarie Prodotti per la pulizia e disinfestazione Conversione Norme di produzione eccezionale

Reg. (CE) 834/2007 Art. 11 Art. 14 Artt. 14 e 16 Art. 14 Art. 14

Reg. (CE) 889/2008

Art. 7 Artt. 8 e 9 Artt. 10-11-12-1314-15-16-17-18 Artt. 19-20-21-22

Art. 14

Art. 24

Artt. 14 e 16

Art. 23

Art. 17

Artt. 37 e 38

Art. 22

Artt. 39-41-42-43-44

PRINCIPI GENERALI BIOLOGICO

DELL’ALLEVAMENTO

L’allevamento del bestiame è un’attività collegata al terreno. Per questo motivo la zootecnia biologica si basa essenzialmente sulla complementarietà tra suolo e animale. Un’azienda biologica “ideale” persegue l’obiettivo della sostenibilità, utilizzando ri4


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sorse rinnovabili, possibilmente di derivazione aziendale o del territorio. Questa sinergia consente di valorizzare alimenti poco interessanti dal punto di vista mercantile (es. leguminose foraggere), in cambio di fertilizzanti naturali, (letame, liquami, pollina) e, soprattutto, produzioni zootecniche di elevato pregio nutrizionale e con maggiore valore economico. produzione passano Gli obiettivi produttivi di questo metodo di produzione passa attraverso il rispetto del benessere animale, da realizzare a partire dalla scelta di razze adatte alle condizioni locali, terreni destinati al pascolamento, numero massimo di animali per unità di superficie aziendale. Il benessere è inoltre ricercato mediante le cure, le superfici di ricovero, l’alimentazione e le condizioni di vita degli animali allevati. In sintesi, il fine ultimo di un allevamento biologico è quello di produrre un’ampia varietà di prodotti agricoli che rispondano alla domanda dei consumatori di prodotti ottenuti con procedimenti che non danneggiano l’ambiente, la salute umana, le risorse naturali, realizzati nel pieno rispetto del benessere degli animali.

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L’ASSOGGETTAMENTO AL PRODUZIONE BIOLOGICO

METODO

DI

L’iter per la certificazione biologica inizia con la Prima Notifica, rilasciata sul SIAR Marche (Sistema Informativo Agricoltura Regionale), e con l’assoggettamento dell’azienda ad un Organismo di Controllo sulle produzioni biologiche. Nello specifico, il percorso di certificazione prevede: 1. Prima notifica e scelta dell’Organismo di Controllo; 2. Documentazione da allegare alla prima notifica (Dichiarazione tecnica integrativa produzioni vegetali e zootecniche, mappe catastali dell’intera superficie aziendale con delimitazione degli appezzamenti, piano per la zootecnia biologica, planimetrie dei ricoveri e registri di stalla); 3. Valutazione della documentazione da parte dell’O.C.; 4. Visita ispettiva di avvio (entro 90 gg dall’invio della documentazione e rilascio della notifica sul SIAR); verifica della idoneità aziendale e consegna dei registri (colturali, materie prime, vendite); stesura della relazione di ispezione (Verbale); 5. Il giudizio di idoneità viene espresso tramite il rilascio del DOCUMENTO GIUSTIFICATIVO (entro 90 gg).

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IL PERIODO DI CONVERSIONE

Il periodo di conversione rappresenta il tempo che intercorre tra l’inizio delle pratiche biologiche, dopo l’assoggettamento dell’azienda al metodo di produzione biologico, e la possibilità di certificare i prodotti zootecnici come biologici. Nel caso degli animali da carne la conversione dura un anno, mentre per quelli da latte 6 mesi, dopo i due anni necessari per la conversione delle produzioni vegetali. È però possibile la conversione simultanea delle colture e dell'allevamento presente in azienda. In questo caso la conversione ha una durata complessiva di 24 mesi. La fase di conversione rappresenta un periodo preparatorio, durante il quale l'azienda impara ad operare correttamente e convenientemente con il metodo biologico. Le soluzioni tecniche individuate in questa fase, comunque, rappresentano gli investimenti che l'azienda fa sulla fertilità del terreno, sulla dotazione di attrezzature specifiche, sull'adeguamento delle strutture zootecniche, sul benessere animale e sulla stessa organizzazione aziendale. Quello che va evitato è il biologico di sostituzione, dove la conversione si riduce al rispetto della norma, senza affrontare sul piano gestionale il problema di un nuovo modello produttivo, basato sulla complementarietà e su un rapporto equilibrato nella interazione suolo-pianta-animale. Per altri animali da reddito il periodo di conversione è: - 6 mesi per i suini; - 10 settimane per il pollame introdotto prima dei 3 giorni di età e destinato alla produzione di carne; 7


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-

6 settimane per le galline ovaiole.

L’ALIMENTAZIONE Gli alimenti utilizzabili sono solo quelli certificati biologici o in conversione, ma per una percentuale massima del 30% se extra-aziendali, 100% se provenienti da un’unità dell’azienda stessa. L’alimentazione è il primo problema da valutare nel momento della scelta se convertire o no un allevamento al metodo biologico. Secondo la normativa vigente, art. 19 del Reg. (CE) 889/2008: 1. Nel caso degli erbivori, fatta eccezione per i periodi di ogni anno in cui gli animali sono in transumanza conformemente all'articolo 17, paragrafo 4, almeno il 60% degli alimenti proviene dall'unità di produzione stessa o, qualora ciò non sia possibile, è ottenuto in cooperazione con altre aziende biologiche, situate nella stessa regione. 2. Nel caso dei suini e del pollame, almeno il 20 % degli alimenti proviene dall’unità di produzione stessa o, qualora ciò non sia possibile, è ottenuto nella stessa regione in cooperazione con altre aziende biologiche od operatori del settore dei mangimi che applicano il metodo di produzione biologico. In base all’art. 20, inoltre: 1. Tutti i giovani mammiferi sono nutriti con latte materno, di preferenza rispetto al latte naturale, per un periodo minimo di 3 mesi per i bovini e gli equidi, 45 giorni per ovini e caprini caprini ee 40 giorni giorni per i suini. 8


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2. Per gli erbivori, i sistemi di allevamento devono basarsi in massima parte sul pascolo, tenuto conto della disponibilità di pascoli nei vari periodi dell'anno. Almeno il 60% della materia secca di cui è composta la razione giornaliera degli erbivori deve essere costituito da foraggi grossolani e foraggi freschi, essiccati o insilati. Per gli animali da latte è consentita una riduzione al 50% per un periodo massimo di 3 mesi all'inizio della lattazione. I cardini principali su cui è basata l’alimentazione degli erbivori, quindi, secondo il metodo biologico, sono i seguenti: - il pascolo, tenendo conto delle disponibilità foraggere nei diversi periodi dell’anno e quando le condizioni pedoclimatiche ne consentono lo sfruttamento; - il 60% della razione giornaliera costituito da foraggi freschi, essiccati o insilati; - l’utilizzazione, se possibile, di alimenti di provenienza aziendale; Tali elementi possono rendere problematica la predisposizione di razioni compatibili con le caratteristiche produttive degli animali in allevamento e con i loro fabbisogni nutrizionali in funzione dei diversi stadi fisiologici. Per questi motivi occorre sfruttare al meglio le risorse aziendali e prestare la massima attenzione alla produzione di alimenti di qualità, foraggi in modo particolare, e alla loro conservazione. Per la parte proteica della razione, oltre al fieno di erba medica, si consigliano fonti proteiche alternative alla soia (pisello proteico, favino, ecc.), non solo per gli alti costi e le difficoltà 9


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di reperimento come alimento certificato biologico, ma anche per i rischi di contaminazione da OGM. IL RUOLO DEL PASCOLO zootecnica Il pascolo dovrebbe caratterizzare la produzione zootecnia biologica, non solo per gli erbivori, ma anche per le altre specie domestiche allevate con questo metodo (es. suini, polli), anche se questo non può soddisfare tutte le loro esigenze alimentari, dato che i monogastrici usano in modo poco efficace gli alimenti caratterizzati da elevati tenori di fibra. L’utilizzo del pascolo è raccomandabile nell’allevamento biologico in quanto contribuisce favorevolmente alla quota di foraggi somministrati, nonché, al rispetto del benessere e salute degli animali. La pratica del pascolamento può ridurre la necessità di integrazioni vitaminiche e minerali. Durante il pascolo l’animale non solo estrinseca il suo comportamento naturale, ma ritrova anche le sue abitudini alimentari, essendo libero di scegliere le essenze che più gli giovano sia in termini qualitativi che quantitativi, ma anche di autocura (ad esempio per l’eliminazione dei parassiti). Gli animali al pascolo, inoltre, si nutrono di foraggi ed alimenti freschi raccolti direttamente sul terreno. Tutto questo, influenzando le caratteristiche fisico-chimico-nutrizionali (es. la composizione in acidi grassi) ed organolettiche, giova alla qualità ed alla sanità delle produzioni di carne, latte, lana, uova. 10


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LE STRUTTURE DI RICOVERO

L’allevamento condotto con metodo biologico vuole anche garantire il rispetto delle esigenze comportamentali specifiche degli animali. Pertanto, per tutte le specie, i locali di stabulazione dovranno rispondere alle necessità degli animali in termini di aerazione, luce, spazio e benessere. Inoltre è necessario consentire a ciascun animale un’ampia libertà di movimento per sviluppare il comportamento sociale naturale. Diventa quindi importante il fattore densità di individui negli edifici. La norma prevede di assicurare il conforto e il benessere degli animali, oltre che di tener conto delle esigenze peculiari della specie in funzione della razza e dell’età degli animali, offrendo loro una superficie sufficiente per:  stare in piedi liberamente,  sdraiarsi,  girarsi,  pulirsi,  assumere posizioni e muoversi con naturalezza. Non è obbligatorio prevedere locali di stabulazione nelle zone aventi condizioni climatiche che consentono agli animali di vivere all’aperto. Gli edifici, in quanto strutture di ricovero degli animali, sono oggetto di requisiti normativi, che ne dettagliano il dimensionamento e le caratteristiche. Essi devono prevedere condizioni di riscaldamento e aerazione che garantiscano: circolazione del11


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l’aria, livelli di polvere, temperatura, umidità dell’aria e concentrazione di gas tali da essere entro limiti non nocivi per gli animali. Inoltre gli edifici devono consentire un’abbondante aerazione e illuminazione naturale (art. 10, Reg. (CE) 889/2008). Stabulazione dei bovini e suini Nel caso dei bovini e suini (art. 11, Reg. (CE) 889/2008), in linea generale, i locali di stabulazione devono avere pavimenti lisci ma non sdrucciolevoli. Almeno metà della superficie interna deve essere costituita da materiale solido, non composto quindi da assicelle o graticciato. I locali di stabulazione devono inoltre prevedere una zona confortevole, pulita e asciutta per il sonno ed il riposo degli animali, sufficientemente ampia e costruita con materiale solido non grigliato. Deve essere presente anche una lettiera mantenuta asciutta e costituita da paglia o da materiali naturali adatti allo scopo. È vietato l’allevamento di vitelli in recinti individuali dopo una settimana di età. Le scrofe devono essere tenute in gruppi, salvo nelle ultime fasi della gestazione e durante l’allattamento. I suinetti non possono essere tenuti in gabbie “flat decks” o in gabbie apposite. Stabulazione degli avicoli I volatili non sono tenuti in gabbie. I ricoveri per gli avicoli soddisfano le seguenti condizioni minime:

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a) almeno un terzo della superficie del suolo deve essere solido, vale a dire non composto da grigliato o da graticciato, e deve essere ricoperto di lettiera composta ad esempio di paglia, trucioli di legno, sabbia o erba; sabbia o erba; b) nei fabbricati adibiti all'allevamento di galline ovaiole una parte sufficientemente ampia della superficie accessibile alle galline deve essere destinata alla raccolta delle deiezioni; c) devono disporre di un numero sufficiente di trespoli di dimensione adatta all'entità del gruppo e alla taglia dei volatili come stabilito nell'all. III; d) devono essere dotati di uscioli di entrata/uscita di dimensioni adeguate ai volatili, la cui lunghezza cumulata è di almeno 4 m per 100 m² della superficie utile disponibile per i volatili; e) ciascun ricovero non deve contenere più di:  4.800 polli,  3.000 galline ovaiole,  5.200 faraone,  4.000 femmine di anatra muta o di Pechino, 3200 maschi di anatra muta o di Pechino o altre anatre, anatra muta o di Pechino o altre anatre,  2.500 capponi, oche o tacchini; f) la superficie totale utilizzabile dei ricoveri per gli avicoli allevati per la produzione di carne per ciascuna unità di produzione non supera i 1600 m²; g) i ricoveri per gli avicoli devono essere costruiti in modo tale da consentire loro un facile accesso allo spazio all'aperto. 13


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La luce naturale può essere completata con illuminazione artificiale in modo da mantenere la luminosità per un massimo di 16 ore giornaliere, con un periodo continuo di riposo notturno senza luce artificiale di almeno 8 ore. L’ACCESSO AGLI SPAZI ALL’APERTO Poiché l’allevamento biologico è un’attività legata alla terra, è opportuno che gli animali abbiano accesso, ogniqualvolta sia possibile, a spazi all’aria aperta o a pascoli. Le superfici minime degli edifici e degli spazi liberi all’aperto e le altre caratteristiche di stabulazione per le varie specie e categorie di animali sono fissate nell’Allegato III del Reg.(CE) 889/2008. In sostanza, è previsto che il sistema gestionale dell’allevamento per quanto attiene le condizioni di ricovero e stabulazione sia basato su spazi coperti, spazi scoperti (connessi ai precedenti, tipo parchetti e/o paddock esterni recintati) e aree di pascolo. I primi sono destinati al ricovero, i secondi alla possibilità di movimentazione di base, gli ultimi alla movimentazione più importante ed all’alimentazione. Gli spazi all’aperto possono essere parzialmente coperti. Durante il periodo di pascolo degli erbivori e quando il sistema di stabulazione invernale permette agli animali la libertà di movimento, si può derogare all’obbligo di prevedere spazi all’aperto. 14


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Gli avicoli hanno accesso a uno spazio all’aperto per almeno un terzo della vita. Tali spazi devono essere ricoperti di vegetazione e dotati di dispositivi di protezione, con numero sufficiente di abbeveratoi e mangiatoie.

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CRITERI PER LA GESTIONE DI UN ALLEVAMENTO BIOLOGICO ALLEGATO III

Superfici minime coperte e scoperte ed altre caratteristiche di stabulazione per le varie specie e categorie di animali di cui all'articolo 10, paragrafo 4. 1. Bovini, equidi, ovini, caprini e suini Specie e categorie animali Bovini ed equini da riproduzione e da ingrasso Bovini ed equini da riproduzione e da ingrasso Bovini ed equini da riproduzione e da ingrasso Bovini ed equini da riproduzione e da ingrasso Vacche da latte Tori da riproduzione

Superfici coperte (superficie netta disponibile per gli animali)

fino a 100

1,5

1,1

fino a 200

2,5

1,9

fino a 350

4

3

oltre 350

5 con un minimo di 1 m2/100 kg

3,7 con un minimo di 0,75 m2/100 kg

6 10 1,5 per pecora/capra 0,35 per agnello/capretto

4,5 30

7,5 per scrofa

2,5

0,8 1,1 1,3 1,5

0,6 0,8 1 1,2

0,6

0,4

2,5 per scrofa

1,9

Ovini e caprini Scrofe in allattamento con suinetti fino a 40 giorni Suini da ingrasso Suinetti

Suini riproduttori

(m2/capo)

Peso vivo minimo (kg)

Superfici scoperte (spazi liberi, esclusi i pascoli) (m2/capo)

Fino a 50 Fino a 85 Fino a 110 Oltre 110 Oltre 40 giorni e fino a 30 kg 6 per verro. Se vengono utilizzati recinti per la monta naturale: 10 m2/verro

2,5 0,5

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CRITERI PER LA GESTIONE DI UN ALLEVAMENTO BIOLOGICO 2. Avicoli Specie e categorie animali

Galline ovaiole

Avicoli da ingrasso (in ricoveri fissi)

Superfici coperte (superficie netta disponibile per gli animali) cm di Numero di trespolo animali per per nido per m2 animale 7 galline ovaiole per nido o in caso di nido 6 18 comune 120 cm2 per volatile 10, con un max di 21 kg di peso vivo per m2

20 (solo per faraone)

Superfici scoperte (m2 in rotazione di superficie disponibile per capo) 4, a condizione che non sia superato il limite di 170 kg di N/ha/anno 4 polli da ingrasso e faraone; 4,5 anatre; 10 tacchini; 15 oche. Non deve essere superato il limite di 170 kg N/ha/anno

16 (*) in ricoveri 2,5 a condizione mobili con un che non sia max di 30 kg superato il limite di di peso vivo 170 kg N/ha/anno per m2 (*) Solo nel caso di ricoveri mobili con pavimento di superficie non superiore a 150 cm 2 Avicoli da ingrasso (in ricoveri mobili)

DENSITÀ DEGLI ANIMALI La densità totale degli animali è tale da non superare il limite dei 170 kg di azoto per anno/ettaro di superficie agricola secondo quanto previsto all'articolo 3, paragrafo 2. Per determinare la densità di animali appropriata, l'autorità competente fissa il numero di unità di animali adulti equivalenti al limite sopra indicato tenendo conto, a titolo orientativo, della tabella riportata nell'allegato IV o delle 17


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disposizioni nazionali adottate in applicazione della direttiva 91/676/CEE. ALLEGATO IV

Numero massimo di animali per ettaro di cui all'articolo 15, paragrafo 2 Classe o specie Equini di oltre 6 mesi Vitelli da ingrasso

Altri bovini di meno di 1 anno

Bovini maschi da 1 a meno di 2 anni

Bovini femmine da 1 a meno di 2 anni Bovini maschi di 2 anni e oltre Manze da riproduzione Manze da ingrasso Vacche da latte

Vacche lattifere da riforma Altre vacche

Coniglie riproduttrici Pecore Capre

Suinetti

Scrofe riproduttrici Suini da ingrasso Altri suini

Polli da carne

Galline ovaiole

Numero massimo di animali per ettaro equivalente a 170 kg N/ha/anno 2 5 5

3,3 3,3 2

2,5 2,5 2 2

2,5

100

13,3 13,3 74

6,5 14 14

580 230

CURE VETERINARIE La zootecnia biologica vieta l’uso di medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o di antibiotici per trattamenti preventivi. Sono da preferire i preparati fitoterapici, 18


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omeopatici, gli oligoelementi, ma qualora l’applicazione delle misure preventive e dei preparati non sia efficace, e la cura sia essenziale per evitare sofferenze o disagi all’animale, possono essere utilizzati medicinali veterinari allopatici sotto la responsabilità del veterinario. In tal caso deve essere assicurato l’isolamento degli animali trattati dal resto della mandria. Inoltre, ad eccezione delle vaccinazioni, delle cure antiparassitarie e dei piani obbligatori di eradicazione, nel caso in cui un animale o un gruppo di animali sia sottoposto a più di tre cicli di trattamenti con medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o antibiotici in 12 mesi (o a più di un ciclo di trattamenti se la sua vita produttiva è inferiore a un anno), gli animali interessati o i prodotti da essi derivati non possono essere venduti come prodotti biologici e gli animali devono essere sottoposti ai periodi di conversione previsti per la specie. per la specie. Il tempo di sospensione, tra l’ultima somministrazione di medicinali veterinari allopatici e la produzione di alimenti ottenuti con metodo biologico, deve essere di durata doppia rispetto a quello stabilito per legge o, qualora tale tempo non sia precisato, almeno di 48 ore. Infine, è vietato l’impiego di sostanze destinate a stimolare la crescita o la produzione (compresi antibiotici o altri stimolanti artificiali della crescita) oltre che l’utilizzo di ormoni o sostanze analoghe destinati a controllare la riproduzione o ad altri scopi, come ad esempio l’induzione degli estri o l’inibizione del metabolismo. 19


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ALTRI ASPETTI GESTIONALI

Origine degli animali biologici Nella scelta delle razze o delle linee genetiche si deve tener conto della capacità degli animali di adattarsi alle condizioni locali nonché della loro vitalità e resistenza alle malattie. Origine degli animali non biologici Per il rinnovo del patrimonio, i mammiferi adulti maschi e le femmine nullipare non biologiche biologici sono in seguito allevati secondo le norme di produzione biologica. Inoltre, il numero di mammiferi femmine è soggetto alle seguenti restrizioni annuali: a) le femmine non biologiche possono rappresentare al massimo il 10% del patrimonio di equini o di bovini adulti e il 20% del patrimonio di suini, ovini e caprini adulti; b) qualora un'unità di produzione sia costituita da meno di dieci equini o bovini, o da meno di cinque suini, ovini o caprini, il rinnovo di cui sopra è limitato al massimo a un animale all'anno. Produzione simultanea di animali biologici e non biologici È ammessa nell'azienda la presenza di animali non allevati con il metodo biologico, purché il loro allevamento abbia luogo in unità distinte, provviste di edifici e appezzamenti nettamente separati dalle unità adibite alla produzione conforme alle norme di produzione biologica, e a condizione che si tratti di animali di specie diverse.

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Gestione degli animali Operazioni quali l'applicazione di anelli di gomma alle code degli ovini, la recisione della coda o dei denti, la spuntatura del becco o la decornazione non sono praticate sistematicamente sugli animali nell'agricoltura biologica. Alcune di queste operazioni possono tuttavia essere autorizzate caso per caso dall'autorità competente per motivi di sicurezza o al fine di migliorare la salute, il benessere o l'igiene degli animali.

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