Utilizzo agronomico del digestato

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UNIONE EUROPEA

REGIONE MARCHE

PSR MARCHE 2007-2013

UTILIZZO AGRONOMICO DEL DIGESTATO: NORMATIVE REGIONALI A CONFRONTO Negli ultimi anni sta assumendo sempre maggiore importanza l’uso di effluenti di allevamento, generalmente in miscela con biomassa vegetale, per la produzione di energia. Il processo di digestione anaerobica, in assenza di ossigeno, degli effluenti, oltre a garantire la produzione di biogas, molto importante, permette di ottenere un materiale di risulta denominato “ digestato”, che conserva un elevato valore fertilizzante e il cui utilizzo come concime, nel rispetto delle regole di buona pratica agronomica, può risultare importante. ASPETTI AMBIENTALI Ridurre l’uso dei combustibili fossili e le relative emissioni di gas serra per far fronte al cambiamento climatico: sono questi gli impegni delle politiche europee per un’energia sicura, competitiva e sostenibile. Una leva formidabile è data dal trattamento dei rifiuti organici in impianti di compostaggio integrati a impianti di digestione anaerobica. All’inizio del 2007 l’Unione Europea ha presentato una nuova politica energetica, espressione del suo impegno a favore di un’economia a basso consumo di energia. E’ il cosiddetto pacchetto energia. L’unione Europea è impegnata a ridurre di almeno il 20% le proprie emissioni interne entro il 2020 incentivando tutte quelle fonti alternative, pulite e rinnovabili, che limitano l’emissione in atmosfera di gas che alterano il clima e di aumentare al 20% la produzione di energia da fonti rinnovabili. Produrre energia pulita dagli scarti organici, dunque, è un tema di grande attualità che negli ultimi ha conosciuto un notevole sviluppo in molti paesi europei. Il motivo di questo successo è duplice: le recenti normative da un lato impongono la raccolta differenziata della frazione


organica dei rifiuti solidi urbani, dall’altro incentivano la produzione di energia da fonti rinnovabili. La componente umida dei rifiuti solidi urbani costituita da scarti di cucina e verde ( ramaglie, sfalci d’erba ecc) raccolta in forma differenziata, può essere valorizzata tramite digestione anaerobica e/o compostaggio per produrre “ fertilizzante” per i suoli ed energia pulita. La raccolta differenziata Il primo strumento che permette di realizzare una gestione sostenibile dei rifiuti è la raccolta differenziata. I vantaggi del recupero dei materiali ( carta, vetro, alluminio e plastica) sono evidenti: ogni anno migliaia di tonnellate di rifiuti vengono sottratti alle discariche e utilizzati nuovamente come materiale per essere reinseriti nei processi di produzione industriale. Dato che i rifiuti organici rappresentano circa un terzo dei rifiuti solidi urbani, quando un Comune introduce la raccolta differenziata, l’aumento della raccolta è esponenziale, con immediate conseguenze positive sull’ottimizzazione operativa ed economica del sistema. La separazione della componente biodegradabile dei rifiuti, infatti, oltre a permettere di recuperare materia, ha il vantaggio di sottrarre alla discarica tonnellate di materiale organico putrescibile, con notevoli benefici ambientali anche in termini di riduzioni di emissioni clima alteranti in atmosfera. In natura qualsiasi sostanza organica, grazie all’attività della flora microbica, subisce un processo di trasformazione e viene riassorbita dall’ambiente. Questi processi possono svolgersi sia in presenza di ossigeno ( aerobica) che in assenza di ossigeno ( anaerobica). Dal processo di degradazione della parte umida dei rifiuti in presenza di ossigeno si ottiene il compost mentre in ambiente senza ossigeno si ottiene il digestato. Il compostaggio è una tecnica che, in presenza di ossigeno, accelera e migliora il processo di degradazione della parte umida dei rifiuti. Il prodotto che si ottiene da questo trattamento, il compost, è un ammendante stabile ricco di Humus, flora microbica attiva e di microelementi. Queste caratteristiche favoriscono l’utilizzo del compost di qualità in agricoltura, nel florovivaismo e nelle colture praticate in pieno campo, va verificata però l’assenza di materiale plastico o di residui di plastica o di


vetro, elementi che talvolta vanificano il beneficio ambientale dell’utilizzo del compost. Il lavoro di questa newsletter riguarderà la digestione anaerobica della sostanza organica. Digestione anaerobica La digestione anaerobica è un processo di trasformazione biochimica che avviene in assenza di ossigeno all’interno di reattori chiusi e che porta alla degradazione di sostanze organiche complesse con formazione di biogas e “ digestato”. Il biogas è sfruttabile a fini energetici mentre i digestato è un materiale semistabilizzato che può essere avviato a compostaggio per produrre fertilizzante. L’integrazione dei due processi consente di ridurre notevolmente l’accettabilità sociale degli impianti di trattamento degli scarti organici in quanto il processo di fermentazione, odorigeno, se non accuratamente gestito, avviene in strutture completamente chiuse. La maturazione finale del digestato avviene poi a carico di un materiale già parzialmente stabilizzato e quindi meno odorigeno. Negli impianti di digestione anaerobica possono essere trattati: la frazione organica del rifiuti urbani raccolta in maniera differenziata, gli scarti organici dell’industria agroalimentare, i fanghi di depurazione degli impianti di trattamento delle acque reflue, le deiezioni animali e le biomasse di natura agricola. La digestione anaerobica, quindi, consente una digestione ordinata degli scarti organici trasformandoli in una fonte energetica rinnovabile ( biogas) e in una componente organica che può essere maturata e restituita al suolo per i piani di ripristino della fertilità organica dei suoli ( digestato). Aspetto non trascurabile nella sostenibilità economico‐ambientale della filiera “ biogas” è la valorizzazione del residuo della digestione anaerobica comunemente chiamato digestato: infatti, la possibilità di avere un prodotto ad elevato potere fertilizzante permette di ridurre i costi al suo smaltimento ma, soprattutto, diviene strumento concorrenziale in fatto di costi e di compatibilità ambientale. Pertanto per digestato si intende il materiale in uscita dal processo di digestione anaerobica


di biomasse dedicate o residue. La sua composizione e il suo inquadramento normativo variano in funzione:  Della tipologia di biomasse in entrata,  Della classificazione ( agricola o meno) dell’attività di valorizzazione energetica delle stesse,  Delle sue modalità di trattamento in uscita dall’impianto di digestione. Il digestato, sottoposto al processo di separazione solido/liquido, dà origine a due frazioni con caratteristiche e finalità d’uso opposte: 1. La frazione liquida conterrà elementi nutritivi nelle stesse quantità presenti nelle biomasse in entrata ma in forma più facilmente assimilabile rispetto alle matrici di origine ed avrà quindi le caratteristiche di un concime a pronto effetto con un potere nutrizionale alle stesse, 2. La frazione solida, nella quale si concentrerà la sostanza organica non digerita, assumerà proprietà ammendanti, cioè in grado di apportare miglioramenti alla struttura del terreno. L’utilizzo agronomico del digestato quale fertilizzante, non deve tener conto solo del semplice apporto di elementi di fertilità in sostituzione dei concimi di sintesi, ma anche della possibilità di chiusura del ciclo del carbonio e dei nutrienti che sono la chiave di lettura di un’agricoltura che riporta la centralità del recupero di materia quale mezzo di sostentamento della produzione agraria. L’acquisizione da parte del digestato della proprietà di fertilizzante che possa godere della fiducia degli operatori agricoli, passa attraverso un attento esame delle caratteristiche chimiche e biologiche del materiale, nonché delle implicazioni ambientali legate al suo utilizzo. In particolare una completa caratterizzazione del digestato deve considerare i seguenti aspetti:  Proprietà fertilizzanti che ne giustifichino l’utilizzo,  Impatto odorigeno,  Aspetti igienico‐sanitari,  Aspetti di protezione dell’ambiente.


La possibilità di utilizzare in campo il digestato dipende, come accennato, dal suo inquadramento normativo: nella classificazione di questo prodotto si incontrano diversi provvedimenti, nessuno dei quali però in grado di trattare l’argomento in maniera compiuta e dedicata, con il risultato talora di generare incertezza ed interpretazioni divergenti tra gli operatori dl settore agro‐energetico e gli Enti Locali preposti alla concessione delle necessarie autorizzazioni. In attesa di un atto normativo unico che riesca a fare chiarezza e a trattare in maniera esaustiva le diverse casistiche verificabili, le condizioni che al momento sono da considerarsi assodate per poter utilizzare in campo il digestato senza sconfinare nell’ambito della normativa dei rifiuti e quindi senza dover classificare il suo uso agronomico come operazione di recupero dei rifiuti soggetta a specifica autorizzazione sono:  L’assenza di biomasse in ingresso al digestore classificabile come rifiuti;  L’inquadramento dell’attività di trasformazione energetica delle biomasse come attività agricola “ connessa”,  L’assenza di trattamenti e trasformazioni merceologiche o qualitative del digestato prima dell’utilizzo in campo. La contemporanea presenza di queste condizioni, in base alla normativa comunitaria e nazionale, permette di evitare che il digestato sia considerato rifiuto e consente la sua classificazione come sottoprodotto derivante da attività agricola ( la digestione anaerobica) ed utilizzato in attività agricola a beneficio di terreni e colture. Quando poi le matrici organiche in ingresso al digestore sono reflui zootecnici da soli o in miscela con altre biomasse‐non rifiuto, il digestato può essere assimilato agli effluenti zootecnici e il suo spandimento in campo è condizionato principalmente dalla frazione azotata, infatti:  Massimo Kg 170/ha di azoto zootecnico in Zona Vulnerabile ai Nitrati (Zvn), inteso come quantitativo medio aziendale;  Massimo Kg 340 Kg/ ha di azoto zootecnico in Zona Ordinaria, inteso come quantitativo medio aziendale.


La normativa relativa all’applicazione del digestato varia da Ragione a Regione ed è molto variegata e complessa, e si può sintetizzare analizzando due casistiche opposte di utilizzo del prodotto: 1. Digestato completamente vegetale in zona ordinaria, 2. Digestato misto zootecnico‐vegetale in proporzione 80/20 come peso, in zona vulnerabile ai nitrati assumendo in entrambi i casi dover soddisfare un fabbisogno colturale di azoto pari a 200 Kg di azoto efficiente/(ha x anno). Nel caso di digestato vegetale, la normativa delle regioni Piemonte e Veneto non contempla la possibilità di utilizzare tale residuo come fertilizzante, ne consegue che in tali regioni l’utilizzo a fini agronomici del digestato è consentito solo come forma di recupero rifiuti, con conseguenti appesantimenti dell’iter autorizzativo e degli oneri generali. Maggiore apertura in Emilia Romagna e Lombardia: in zona ordinaria la normativa della regione Emilia Romagna pone in questa circostanza un limite di 340/Kg di azoto per ettaro provenienti dal digestato vegetale che permettono di soddisfare solo in parte il fabbisogno della coltura e richiedono una integrazione di azoto da fonte consentita ( organica o minerale) nel rispetto del bilancio dell’azoto da dimostrare con un PUA (piano utilizzo agronomico). La situazione più favorevole per questa casistica si presenta nel territorio della Regione Lombardia nel quale, ad eccezione di non eccedere il fabbisogno della coltura, non sono posti limiti all’apporto di azoto da digestato vegetale, risulta quindi possibile soddisfare interamente le richieste della coltura con il digestato. Il digestato misto ( 80% zootecnico e 20% vegetale) è invece una tipologia di sottoprodotto sottratto alla disciplina dei rifiuti da tutte le normative regionali analizzate ed ammesso all’uso agronomico come “ attività agricola”. Conclusioni Coldiretti ha proposto di inserire la cosiddetta pollina e il cosiddetto digestato, proveniente da impianti di biogas alimentati da biomasse di origine vegetale e animale, tra le biomasse combustibili. Si tratta di una modifica idonea a consentire l’impiego di tali materiali a fini energetici, come richiesto dalle relative disposizioni


in materia e per consentirne la qualifica come sottoprodotti. La pratica della valorizzazione energetica della pollina rappresenta una soluzione tecnica,alternativa allo spandimento sul suolo della medesima, che, ai sensi della normativa in vigore, trova molteplici limiti, e si presenta come una valida soluzione, sia sotto il profilo ambientale che economico. Anche per il digestato sussistono problematiche per il suo utilizzo a fini agronomici, in particolare in relazione all’inquinamento da nitrati di origine agricola, per questo risulta necessario individuare alternative gestionali. La possibilità di inserire la frazione solida del digestato, dopo opportuna separazione da quella liquida, tra le biomasse combustibili, consentirebbe il massimo sfruttamento energetico delle biomasse e la possibilità di ridurre il carico azotato nelle situazioni in cui non sia possibile l’utilizzo agronomico di tutto il volume del digestato. Evidente come la preferenza sugli impianti a bio‐masse debba essere rivolta ad impianti misti: reflui zootecnici/vegetali, ciò in considerazione dell’azione positiva legata all’utilizzo di un sottoprodotto ( liquame e letame) e al minor utilizzo di terreno nella produzione vegetale non rivolta all’alimentazione sia essa umana che zootecnica. Piano di sviluppo rurale 2007‐2013 Misura: 1.1.1. Azione nel campo della formazione professionale e dell’informazione. Sottomisura: b) Attività informativa nel settore agricolo forestale con la partecipazione comunitaria‐ Domanda n. 4591/2010



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