Oroboro | Stagione 1

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STAGIONE 1

LA VERA TECNOLOGIA

È LA FELICITÀ UMANA

E, PER NOI, L’ARTE È UNA

DELLE MASSIME ESPRESSIONI

DELLA TECNOLOGIA. Tigre Dario Baracco

Fondatore della Compagnia dei Caraibi

NELL’ACCEZIONE PALINDROMA, E PIÙ DINAMICA, L’OROBORO È UN SERPENTE CHE SI MORDE LA CODA

A DISEGNARE UN CIRCOLO PERFETTO. UN SIMBOLO CHE CI PORTA ALLA CONTINUITÀ, ALL’UNITÀ, ALL’ETERNO RITORNO, ALLA TRASFORMAZIONE, ALLA COMPLETEZZA, ALLA CICLICITÀ.

CI IDENTIFICA NEL NEOUMANESIMO CHE, CON LO SVILUPPO CONCENTRICO DI QUESTO PROGETTO, DALLA COMPAGNIA SI PROPAGA CIRCOLARMENTE

A INCLUDERE CONTAMINAZIONI AUTORALI, INTERCETTANDO PRODOTTI, STORIE, MONDI, CULTURE, ESPRESSIONI ARTISTICHE.

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Illustrazione di copertina realizzata da Assiolo G. Scolaro con l’ausilio dell’intelligenza generativa.

Perché

OROBORO

IGUANA

EDELBERTO BARACCO

President & CEO della Compagnia dei Caraibi

Per 10 anni, il catalogo della Compagnia dei Caraibi, diventato iconico, ha attraversato l’epopea del viaggio, illustrando i suoi prodotti, tramite la loro storia, il loro mondo, lo stile di vita. È stato un giro del mondo, tra il materiale e il mistico, con l’ultimo capitolo che volgeva attorno al concetto di “Beyond”, andare “Oltre”, ovvero, rifondare il pianeta dove viviamo, nell’equilibrio tra Uomo e Natura, rendendolo più accogliente, giorno per giorno.

Tramite Oroboro siamo alla chiusura di quel cerchio, a un nuovo inizio

Per questo nuovo strumento di vendita, abbiamo creato un supporto interattivo, immediato, completo, aggiornato in tempo reale e accessibile a tutti. Inoltre, con il rafforzamento e l’ampliamento del significato corale del circolo di amici della nostra Compagnia, portiamo un generatore e collettore di talenti e di idee diffuse tramite i nostri supporti multimediali. Un universo narrativo collaborativo, per il quale abbiamo le firme di scrittori, giornalisti, AI artist, illustratori, musicisti, assieme ai creatori più direttamente legati al nostro mondo, come produttori, distillatori, barman, chef.

Inauguriamo così, un punto di vista diverso, quello dell’esperienza diretta e personale, in un confronto che configura il mondo della Compagnia dei Caraibi e ciò che ha coinvolto i talenti messi in gioco. Come quelli dei narratori della scuola Holden e dei loro racconti inediti, ispirati da quattro nostri prodotti, qui supportati da immagini e da corti generati in AI

E poi, innanzitutto, con Oroboro, il catalogo della Compagnia dei Caraibi assume un approccio editoriale da magazine periodico semestrale, che segue i principali cicli dello stile di consumo, con interviste, suggerimenti per nuovi luoghi, modi e momenti del bere, offrendo una nuova prospettiva riguardo a come proporre il prodotto. Per ogni bottiglia, c’è un QR Code di rimando alla piattaforma digitale sempre aggiornata con tutte le informazioni e con un approfondimento tecnico e commerciale. Quindi, possiamo pure parlare di un portale spaziale che, assieme all’app di vendita digitale, ad Around the Blog e ai canali interattivi, definisce la strategia multipla della nuova visione strutturale.

Oroboro è la trasmutazione dell’oggetto stesso con cui abbiamo sempre interagito per lavoro. Adesso, oltre al catalogo, c’è un magazine, c’è un portale, c’è un’app di vendita, c’è un generatore di contenuti, c’è un collettore di interazioni e di esperienze. C’è l’inizio di un nuovo percorso alla ricerca del giusto ruolo tra individuo, reale, strumento cartaceo e il nuovo mondo digitale.

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indice

pag. 10 Introduzione: momenti, luoghi e proposte di consumo

pag. 14 CONTATTO QUI. Un racconto di Alessandro Mari

pag. 18 Carlo Alberto: Vermouth liscio, soda e caffè

pag. 20 50 sfumature di Bitter

pag. 24 Miscelazione a bassa gradazione

pag. 26 Semplice e facile. Ritorna la birra

pag. 28 Bevuta liscia

pag. 32 Il bilanciatore

pag. 34 FESTA DI NOZZE. Un racconto di Beatrice Salvioni

pag. 38 Canerock & Dark Spice Rum

pag. 40 Dark Rum e frutta

pag. 44 Rum in Viaggio

pag. 50 L’arte della miscelazione nello scotch whisky

pag. 54 Oltre la Scozia

pag. 60 Porto, Calvados, Cognac, Armagnac e Pisco

pag. 62 Le abitudini di consumo

pag. 64 ELEPHANT BLUES. Un racconto di Raffaele Riba

pag. 68 Elephant Gin

pag. 70 Gin Life Style

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DIRETTORE RESPONSABILE PRODOTTO Domenico Dragone ACCOUNT DIRECTOR Vittoria Volpi Spagnolini

EDITORIAL COORDINATOR

Marina Lanza

ART DIRECTION

Gambero L. Lo Turco, Michela Farinello, Fiorella Forneris, William Ligorio, Benedetta Tesauro

GENERATIVE AI

Assiolo G. Scolaro

COORDINAMENTO SCUOLA HOLDEN

Sara Busto

TIPOGRAFIA

Micrograf Srl - Mappano (TO)

COMPAGNIA DEI CARAIBI S.P.A. SOCIETÀ BENEFIT

www.compagniadeicaraibi.com

P. IVA 09971520011 - SDI A4707H7

SEDE LEGALE

Via Marconi 8, 10080 Vidracco (TO)

SEDI OPERATIVE

Via Ribes, 3 - 10010 Colleretto Giacosa (TO)

Via Vittorio Alfieri, 11 - 10121 Torino

e-mail info@compagniadeicaraibi.com

CUSTOMER SERVICE

Tel +39 0125 791104

e segui le istruzioni delle voce guida

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oppure chatta con noi su compagniadeicaraibi.com

AMMINISTRAZIONE

Tel +39 0125 791104 - Int. 215

e-mail finance@compagniadeicaraibi.com

5 Clear Road Trip pag. 76 Wild Garden Gin pag. 80 LE PRIME GOCCE DI PIOGGIA. Un racconto di Matilde Piran pag. 81 Tio Pesca. Dialogo con Juan Carlos Gonzales pag. 84 Agave: i maestri produttori pag. 86 Vino e Vinitas pag. 90 Qué nota suena: le agavi e i suoi colori pag. 92 Agave Cocktail Bar pag. 94 Agave Risto Club pag. 96
DIREZIONE CREATIVA Pietro Verri, Gambero L. Lo Turco, Assiolo G. Scolaro
Couture pag. 74 Ginnastic - C’è vita oltre il Gin Tonic pag. 72 Distillati d’agave & vino pag. 88
Gin

ALESSIO ANEDDA

Assistente alla direzione di food & beverage al Four Season

Di formazione internazionale, ha esercitato per diversi anni nell’ospitalità di lusso negli USA.

AMEDE0 ANSELMI

Barman, blogger, conduttore radiofonico e podcaster con Spirito “Mi piacciono i drink con whisky e i gatti. Odio le apericene e sorridere mentre shakero”.

Giornalista, diplomata alla Scuola Holden, è Digital Editor di Lonely Planet e vive ad Atene

LUIGI BARBERIS

Bartender e bar manager “Ritorno alla semplicità. Al primo posto, come in cucina, l’ingrediente e la sua massima valorizzazione”.

DANIELE CANCELLARA

Bar Manager di Rasputin a Firenze, autore e conduttore della web series Whisky for Breakfast

“Ho capito che il whisky è il mio amore intorno ai 18 anni, quando ne bevvi uno per caso, dopo un’adolescenza a Vodka Pesca Lemon”.

Scrittore, editor, curatore di festival e fiere

Ha pubblicato diversi racconti su miscellanee, riviste, antologie scolastiche, e tre romanzi, uno per tutti: Un giorno per disfare (66thand2nd 2014). Insegna alla Scuola Holden. RAFFAELE RIBA

MARINA LANZA

Giornalista professionista, vari lustri in periodici Mondadori e Condé Nast

Spesso in giro. “Cogliere, di tutto, lo spirito. Con spirito”.

Autori Gli
Nel
Lo Sciamano
2019 riceve la carica di Ambasciatore mondiale del Mezcal, direttamente dal CRM. ROBERTO ARTUSIO
Esperto
cuisine
pasticceria.
RUSSO
Costantemente in viaggio tra strade e parole, adora attraversare confini geografici e mentali. GIULIA GRIMALDI Spirits Educational Specialist per Compagnia Dei Caraibi
in miscelazione sulla traccia dell’haute
e della
EMANUELE
progetto DWNL.
Made in Langa Seleziona i produttori per Elemento Indigeno. Co-fondatore di Have Fun. Suo il
ALESSANDRO SALVANO

Giornalista, bartender, consulente e formatore, voce per un bar più sostenibile

“Nella mia distilleria a Firenze, mescolo fin troppo tutte queste cose”.

MATILDE PIRAN

Laureata in Filosofia e diplomata alla Scuola Holden

Con Andrea Falcone ha scritto lo spettacolo teatrale Tutto storto (Marinetti Junior). Dal 2019 lavora per Holden Studios.

CHIARA BUZZI

Piemontese di ferro, dopo studi umanistici, oggi è titolare di due cocktail bar, Rita’s Tiki Room e Rita Cocktail

Racconta storie di cibo e progetti di ristorazione in Italia e nel mondo.

Spirits Educational Specialist alla Compagnia dei Caraibi

Barman, divulgatore, liquorista. Faber est suae quisque fortunae. DOMENICO

ROBERTO MAZZI

“C’è il mio zampino in alcuni dei principali progetti birrari di Torino degli ultimi anni”. In Compagnia dei Caraibi, per l’avvio di Testadariete -

Beer Attitude. “Curioso e sempre in fermento”

FILIPPO SISTI

VIGGÉ

Lombarda, una laurea in lettere e una vita da giornalista

Narratrice Holden

BEATRICE SALVIONI Mixologist specialist e store development di Dispensa.

Ho sempre voluto vivere avventure. Per questo ho iniziato a scrivere storie. Premio Calvino Racconti con “Il volo notturno delle lingue mozzate”, pubblica “La Malnata” per Einaudi Stile Libero.

Collabora con Cracco e Cannavacciuolo per i loro bistrot\ cocktail bar. Per i cocktail, trova tecniche e ingredienti in uso in cucina, per ottenere nuovi sapori e sfaccettature. “L’immaginazione è meglio della conoscenza, la conoscenza è limitata, l’immaginazione non ha confini.“ Albert Einstein

Il mio mantra? Ascoltare, riflettere, raccontare. CRISTINA

Autori
JULIAN BIONDI
DRAGONE
Viareggio-Rèpaci
con
Feltrinelli. Maestro
Holden
Studios. ALESSANDRO MARI
2016
Chef, food blogger, docente e panificatrice seriale ESTHER DRAGONE Spirits Educational Specialist di Compagnia dei Caraibi “Il mio pensiero sul whisky di ieri e quello di oggi, la vera rivoluzione, ora, è quella della cura - o dell’ossessione - per il dettaglio”. PATRICK PIAZZA Narratore, performer, traduttore, consulente editoriale Premio
2011
“Troppo umana speranza”, suo romanzo d’esordio per
alla Scuola
e direttore creativo di Holden
Beer Taster dal
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COME LEGGERE OROBORO E RAGGIUNGERE TUTTE LE INFORMAZIONI

1. Ordine dei prodotti: la suddivisione è in macrocategorie, dove il prodotto è rappresentato nella sua forma ideale di consumo stagionale.

2. I testi rappresentano aneddoti e consigli per la forma di consumo. I quattro racconti inseriti sono di fantasia e ispirati a singoli brand. Attraverso il QR Code, identificato con la dicitura ”Around the Blog”, si accede al canale, dove sono presenti approfondimenti culturali e informazioni sui brand, sempre aggiornati.

3. L’immagine rappresentata del brand è il prodotto di riferimento in merito alla stagione corrente.

4. Il codice prodotto presente, rappresenta la referenza in foto.

5. Il QR code che compare alla base dell’immagine della bottiglia, dà accesso ai seguenti contenuti, costantemente aggiornati:

• Contenuti d’approfondimento del brand

• Elenco completo delle referenze collegate al brand.

• Scheda tecnica di prodotto.

• Immagini di prodotto scaricabili.

6. L’indice è per ordine alfabetico di brand, diviso per categoria merceologica. Segnala la pagina del catalogo dove compare il prodotto. Il QR Code, presente nell’indice, dà accesso all’elenco completo delle referenze trattate, ordinate per categoria merceologica.

7. Con la scritta “New” si evidenzia una referenza o un brand di nuovo inserimento.

8. Il listino clienti e le condizioni commerciali, sono disponibili scaricando My Mida (qr code sottostante), la piattaforma digitale di Compagnia dei Caraibi o richiedendolo al proprio agente di riferimento.

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IL

La stagione della scoperta

Un bicchiere alto e pieno di ghiaccio. Un succo di agrumi che sa dell’estate in arrivo e le note del gin, familiari eppure arricchite dai viaggi che questo grande classico ha saputo fare negli anni. O, ancora, il Messico dei distillati di agave con l’affumicatura che risveglia memorie di infiniti cieli blu.

Queste sensazioni sono familiari ma hanno con sé tutto il piacere della scoperta, perché sanno vestire di nuovo l’attimo in cui ti trovi a viverle. Ognuno di noi le prova, ma ci va un animo romantico e curioso per notarle davvero. Perché la scoperta va allenata e, una volta che si inizia a farlo, diventa impossibile smettere.

Il bello della scoperta è il suo comparire all’improvviso per cambiare in un attimo tutto quello che ci circonda. Un sorso di drink ricco di soda speciale, magari fatta ad hoc dal barman,

che ci riporta alla mente il Grande Gatsby sul comodino o l’ultimo film sul proibizionismo.

Dopo anni di allenamento, in Compagnia dei Caraibi abbiamo capito l’importanza di prepararsi a cogliere questo piccolo attimo generatore di sorpresa.

È la curiosità che ci spinge a cercare un nuovo prodotto e ascoltare una nuova storia.

Ecco perché saranno quattro racconti degli autori della Holden School a portarti in viaggio alla scoperta delle nuove vesti primavera-estate di Elephant Gin, Wild Garden, Il Rum Canerock e Vermouth Carlo Alberto.

L’estate 2024 ha il sapore fresco dei Rickey, tutto bolle, ghiaccio e agrumi, o una nota di caffè ghiacciato da sorseggiare su una piazza assolata mentre ci si prepara a un nuovo momento di meraviglia. n

11 DI GIULIA GRIMALDI
Estate
BELLO DELLA SCOP ER TA È IL SUO COMPARIRE ALL’IMPROVVISO PER CAMBIARE IN UN ATTIMO TUTTO QUELLO CHE CI CIRCONDA.

Mixology trip

DI CHIARA BUZZI

SC OPERTE, PROPOSTE E DEGUSTAZIONI IN GIRO PER IL MONDO

Che sia attraverso il mondo o nella contemplazione di una bottigliera, permane il viaggio nella possibilità di andare oltre i confini nazionali e scoprire i sapori e i saperi della distillazione nel mondo attraverso spiriti di matrice molto variegata.

Pensiamo al fascino che uno stato come il Messico continua ad avere per la sua gastronomia, per le antiche popolazioni che vi hanno abitato e per l’incredibile diffusione di distillati come il tequila e il mezcal. Seguiamo la parabola di questi prodotti a base di agave, e di tanti altri nella sua stessa famiglia, che ha ancora un’interessantissima traiettoria da percorrere, tra mille e una sfumature differenti a seconda delle regioni, delle piante, delle tecniche, delle varietà. Proprio come avviene nei territori a vocazione vinicola, con l’agave il discorso

si fa ancora più serio perché gli anni investiti per la cura di queste piante sono molti, le lavorazioni ancora manuali e l’animo che vi si cela resta piuttosto ancestrale.

Un viaggio lungo la costa atlantica ci porta alla storia di quelle famiglie di prodotti che non smettono di essere attuali e che in alcuni cocktail bar di ricerca e sul classico, vivono quasi una seconda vita. Parliamo di Cognac, di Armagnac, di Calvados, di Porto. Così come lungo la costa pacifica americana, c’è l’Europa secentesca nelle colonie in Perù e Cile, che identifichiamo nella creazione e nella distillazione del Pisco, anche grazie a un contributo tutto italia-

no. Culturalmente, oltre che per una questione di gusto, il nostro continente continua ad apprezzare e consumare – in modalità sempre più concettuale – gli spiriti più vintage, eleganti e preziosi. Si sta tornando alla riscoperta di questa famiglia di prodotti, alla richiesta del distillato singolo oltre che ad una serie di scuole di miscelazione capaci di celebrarlo ed esaltarlo. Lo storytelling stesso è aumentato e in qualche modo riporta a quello stesso rispetto e profondità cui già i Giapponesi ci avevano preparato.

Proprio dall’oriente asiatico e dal Sol Levante arrivano le tradizioni legate al saké e allo sho-

chu, stili differenti di distillazione su rye whisky o bourbon whisky, che impareremo ad apprezzare alla loro maniera: in highball con tanto ghiaccio e acqua fredda naturale. Altro protagonista è il gin, in pieno ritorno in una nuova golden era, che seguiremo in un road-trip attraverso l’ampliamento inesauribile delle sua novità, sia nell’ambito classico che contemporaneo, e nella sua versatilità che evolve con i gusti del momento, in proposte eclettiche oltre il gin tonic. E il viaggio continua, per esploratori, bartender e consumatori, alla scoperta della geografia del mondo attraverso un universo in crescita di liquori e distillati. n

Luoghi e momenti di consumo

Leggera, la brezza sfiora la sabbia e increspa l’onda. E mentre il sole infuocato asciuga la pelle, il mare invita a dissetarla con un tuffo nell’acqua più blu. L’amaca dondola, come culla legata a una palma. La sdraio attende sorniona, sotto l’ombrellone.

Fra le dita un bicchiere, rilassante promessa di sorsate balsamiche e speziate. Grazie alle note intriganti e suadenti di un rum, prezioso di frutta polposa: fresca e pura, oppure tradotta in succo e spremuta, estratto e infusione. Mediterraneo e tropi-

ci non sono mai stati così vicini.

La bella stagione si svela, in un costante monito alla scoperta e alla meraviglia. Anche solo con una gita in barca. Anche solo con un semplice picnic in campagna.

Nella cesta e nella glacette tanto c’è spazio per un distillato in elegante formato mignon o per un pratico ready-to-drink prêtà-porter. Perfetto persino nello zaino, fedele compagno di scarpinate nel bosco, in montagna.

Dove un prato annuncia un verde e rigenerante sollazzo e una baita apre le sue porte, dispensando cocktail limpidi e delicati, a base di gin floreali, inondati da briose sode aromatizzate, capaci di infondere allegria sin dal primo sorso. Si fa sera, cala il buio e le luci si accendono in un ridanciano rifugio.

È l’ora giusta per un confortante whisky, liscio o con ghiaccio, sprofondando i pensieri in

un divano o conversando con gli amici. Meritata ricompensa dopo un lungo percorso a piedi o in cabrio, on the road, surfando i sentieri panoramici dell’estate.

Quando tirar tardi è un piacere, al cospetto di un conviviale single malt on the rocks o di un aureo rum invecchiato, da meditazione. O complice d’interminabili chiacchierate. n

DI CRISTINA VIGGÈ

Il primo passo le è venuto così, leggero ma deciso, mentre superava la soglia del palazzo: le porte si sono aperte con un ronzio lieve ed elettrico, la videocamera di sicurezza ha registrato l’uscita, altoparlanti che non si vedono l’hanno salutata Arrivederci a presto.

Lei ha risposto con un cenno di cortesia abituale prima di mettere in fila gli altri passi, rispettando però il percorso indicato dalle tenui bande luminose sul marciapiede, come chiunque vada per questa stradina del centro – superfici tirate a lucido da strumenti automatizzati che non temono intemperie, piante che precipitano come cascate interrotte, grandi pannelli e fogli di vetro che offrono, chiamano, raccontano. Nulla di paragonabile ai cartelloni e alle vetrine di decenni fa, agli schermi della pubblicità. Per ogni paio d’occhi catturato, quei fogli e quei pannelli di vetro reagiscono parlando solo e soltanto con te, proprio come i visori, i device, i minuscoli auricolari con cui tutti sono equipaggiati. Ciascuna delle persone che procedono nel flusso ordinato sul marciapiede è un singolo punto connesso a un altro, ad altri, ma si tratta sempre di punti che non si trovano qui.

Invece lei, al momento, è solamente qui. Presente.

Anche se nessuno se n’è accorto, oggi lei non ha auricolari né device nel palmo, non indossa il visore. E avanzando nel flusso ordinato sul marciapiede, che occupa quasi interamente la stradina lasciando appena lo spazio per la corsia di servizio, tiene lo sguardo sulla punta delle scarpe, quasi a nascondere gli occhi per non farsi catturare, distrarre.

Ora che la stradina finalmente incrocia un viale assai più grande è costretta a fermarsi. Non per attraversare, il traffico vola a tre metri da terra seguendo binari invisibili, ancora più in alto ci sono droni che mandano avanti commerci e soddisfano necessità, ma al centro del viale ci sono le corsie di tapis roulant su cui si deve montare aspettando il proprio turno, e ci sono i taxi che atterrano e riprendono il volo. Nessuno pare infastidito dall’attesa. I device e i pannelli di vetro sono ciò che serve per dare un senso al tempo, per muoversi in dimensioni virtuali, per sperimentare un altrove senza correre rischi: paesaggi naturali mozzafiato, mondi sottomarini, luoghi segreti, persino altri pianeti… Eppure lei è ancora qui, solo qui, ed è qui che decide di fare il secondo passo. Ovviamente dopo il primo, quando è uscita dal palazzo, ne ha già fatti molti altri, ma non sono stati una scelta. Ora sceglie. Guardandosi attorno, furtiva e felice, abbandona la linea azzurra su cui dovrebbe sostare malgrado sappia che le videocamere la noteranno subito ricordandole dove dovrebbe stare – lo stanno già facendo, mandano segnali dai

RACCONTO DI ALESSANDRO MARI
IN
CI SONO
CHE
AVANTI COMMERCI E SODDISFANO NECESSITÀ
ANCORA PIÙ
ALTO
DRONI
MANDANO
“CHE DICI, ENTRIAMO?”

pannelli di vetro, allarmi sul device e negli auricolari. Ma oggi lei non ha con sé nulla, non dà retta ai segnali. Con il secondo passo, leggero ma deciso, si allontana mentre i segnali si moltiplicano, mentre strani oggetti tecnologici a forma di grandi fagioli sospesi a mezz’aria fanno per avvicinarsi, mentre qualcuno s’indispettisce vedendola turbare la tranquillità del viale. Eppure lei insiste. Accelera. Sa di potercela fare, l’ha già fatto.

Come un pesce che risale la corrente, ondeggia fra la gente per distanziare i grandi fagioli, e così raggiunge lo stretto cunicolo tra due edifici. Un tempo era un passaggio pedonale, ora è una via di servizio per i mezzi della nettezza urbana. Qui tutto tace, non ci sono grandi fagioli né luci, non c’è il bianco che domina la città. Qui c’è penombra, tutto tace, e lei tira dritto finché, una trentina di metri più avanti, riconosce una voce.

“Era ora.”

importa. Non ciò che troveranno di là. Ma di là, certo, qualcosa lo trovano: vecchi portici dall’aria ottocentesca illuminati da lampade a olio e gas, e saloni scintillanti dove si fa festa, dove si balla, e poi tavolini affacciati sulla strada dove si ride, e gradini dove ci si confessa, e terrazze da dove si vede il mare, tutto qui, come se gli ultimi due secoli si concentrassero in un unico spazio caldo di colori. Gli altri che sono venuti stasera parlano lingue diverse, indossano vestiti che raccontano epoche diverse, eppure quando si abbracciano o si sfiorano non sembrano affatto sorpresi che una cosa del genere possa accadere. Che un posto così esista, vivo e tutt’altro che virtuale. Ma perché dovrebbero essere sorpresi? Questa è gente che esiste, presente in carne e ossa, e sarà questo il segreto per arrivarci, qui: esistere con la voglia di esserci, sinceramente, insieme. n

C’è un minuscolo slargo, come una piazza in miniatura, chiusa da un pannello di vetro che in passato doveva trasmettere qualcosa ma ora non più. E lì di fronte c’è una donna che avrà grossomodo la sua età, anche lei priva di auricolari, visore, device. Devono essersi date un appuntamento, devono aver coltivato la speranza che l’altra si presentasse.

“Avevo proprio voglia di vederti,” dice la donna abbracciandola subito, e di slancio, e non appena i due corpi entrano in contatto, entrambe sorridono. Poi danno un’occhiata al pannello di vetro ormai in disuso, lo guardano a lungo, quasi fosse una porta che attende una parola d’ordine.

“Che dici, entriamo?” “Sì.”

Lo fanno insieme, il terzo passo, quello dopo cui non si torna indietro. Scivolano all’interno, emozionate eppure calme, senza fretta, perché sono loro ciò che

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EPPURE LEI INSISTE. ACCELERA. SA DI POTERCELA FARE, L’HA GIÀ FATTO.

ALESSANDRO MARI per

L’AUTORE

Alessandro Mari è narratore, performer, traduttore, consulente editoriale. Con Troppo umana speranza, suo romanzo d’esordio per Feltrinelli, si è imposto all’attenzione di pubblico e critica vincendo il prestigioso Premio Viareggio-Rèpaci 2011.

COSA TI HA ISPIRATO?

Non è solo gustandolo: è guardando la bottiglia, così elegante, che puoi vederci uno spazio dove tantissime persone, ieri e oggi, anche domani, stanno insieme perché unite dalla stessa voglia di prendersi un momento per sé, insieme appunto. Sinceramente.

Inquadra il qr code per guardare il corto del racconto in generative AI

TUTT’ALTRO
CHE UN POSTO COSÌ ESISTA, VIVO E
CHE VIRTUALE.

DIRE VERMOUTH LISCIO È COME DIRE ELEGANZA, RAFFINATEZZA, ANIMO POP, DIVERTIMENTO, RELAX.

IL VERMOUTH

Nel vasto panorama delle bevande alcoliche, il Vermouth spicca per la sua versatilità e il suo sapore distintivo.

Italiano, anzi, piemontese, questo vino fortificato ha conquistato i palati di tutto il mondo, sia per il suo ruolo da protagonista nei cocktail, che per la sua capacità di essere apprezzato da solo, nella sua forma più pura: il Vermouth Liscio.

Il Vermouth Liscio offre una combinazione unica di dolcezza, amarezza e complessità aromatica, mantenendo una struttura superiore a tantissime ricette in miscelazione, abbiamo a che fare, senza ombra di dubbio, con un cocktail fatto e finito!

Bere Vermouth Liscio è più di un semplice atto di consumo; è un rituale che evoca un senso di convivialità e di relax. Ogni sorso di questo vino fortificato ci porta per il mondo ed è in grado di raccontarci usi e costumi di tantissimi posti diversi.

In alcuni Paesi europei, come la Spagna e il Portogallo, è comune gustare il Vermouth Liscio accompagnato da tapas o stuzzichini. Questa pratica, conosciuta come “vermuteo” o “vermutear”, è diventata una parte importante della cultura culinaria locale. In questi paesi spesso questo prodotto esce draft (tipo la birra), questo ne sottolinea il suo enorme impiego ed il suo significato di incredibile convivialità.

Dire Vermouth Liscio è come dire eleganza, raffinatezza, animo pop, divertimento, relax… è forse più semplice dire che

è sempre l’ora di un buon Vermouth Liscio.

Nel vastissimo panorama del mondo vermouth, si distingue Carlo Alberto, prodotto della famiglia Baracco, proprietari di Compagnia dei Caraibi. Una grandissima personalità che porta questo vino fortificato a collocarsi nell’elenco dei Vermouth Superiori più cercati dai consumatori.

Riserva Carlo Alberto Rosso ha un cuore fatto di calde spezie, frutta rossa e agrumi.

Sentori di ciliegia e fava ton-

ca rendono questo vermouth estremamente pieno di carattere. Una bevuta liscia che non stanca mai, e che regala qualcosa di nuovo a ogni sorso.

Una grande espressione anche Riserva Carlo Alberto Bianco, che nel 2020 vince la medaglia d’Oro ai World Vermouth Awards, deliziosamente dolce, non perde la meravigliosa finezza ed eleganza, con sentori di sambuco e frutta sciroppata come prima espressione. La chiusura a palato vira sull’amaricante con presenza di genziana

e note acide. Una incredibile altalena di sapori.

Riserva Carlo Alberto in versione Extra Dry, che per definizione contiene meno di 30 g/l di zucchero, avvicinandosi tantissimo a un’idea di vino in purezza, stupisce per le spiccate note vegetali e di zafferano che accompagnano ogni fantastico sorso, regalandoci un vermouth tanto secco quanto aromatico.

La base di questi tre fantastici prodotti sono due vini DOCG piemontesi, quali Erbaluce di Caluso e Mosto di Moscato d’Asti Bella mineralità e profumi floreali formano un prodotto unico, fuori dai soliti canoni di produzione.

Enorme versatilità anche in utilizzo nei cocktail, il suo carattere così forte e distintivo e le sue note gustative così marcate, ti permettono di utilizzarlo in molti più modi e ricette, quasi un peccato affidarsi alla miscelazione classica con un prodotto che ha tanto di più da offrire.

Nelle versioni Carlo Alberto Rosso e Bianco da litro, Compagnia dei Caraibi ripropone lo stesso bilanciamento delle botaniche utilizzate nelle ricette del Bianco e Rosso Riserva, ma decidendo di cambiare completamente il 75% del prodotto, mutando, quindi, il vino. Passiamo a una totalità di Trebbiano, detto anche Ugni Blanc, vino con cui la Francia produce tra i più grandi distillati di vino esistenti. Il vino bianco più diffuso in Italia, ma che conserva notevoli note aromatiche, come un’acidità vivace e un profilo fresco che lo rendono estremamente versatile per un utilizzo in miscelazione. n

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DI EMANUELE RUSSO
VER05709
VER05710

VERMOUTH

CAFFÈ VERMOUTH E SODA

Facciamo subito chiarezza sfatando il mito che sia giusto attribuire la nascita del primo drink base vermouth al Negroni o all’Americano.

Il primissimo cocktail a base Vermouth nasce per accompagnare i primissimi aperitivi nei salotti torinesi, sotto i bellissimi porticati nelle vie centrali. Siamo a fine ‘800 e i portici di Torino ospitavano i primi veri e propri bar, che poi non erano nient’altro che la trasformazione degli opifici che hanno reso Torino grande nella produzione dei liquori. Il cocktail protagonista dell’ ”Ora del Vermouth”, momento sociale importantissimo per i torinesi, era il Vermuttino, ricetta composta da soli due ingredienti: Vermouth & Soda. La soda oltre che diluire il cocktail, serviva, grazie alla sua all’anidride carbonica, a esaltare la parte aromatica del vermouth, questo abbinamento era servito in ghiaccio, diventando un cocktail perfetto per il fine giornata dei torinesi, da accompagnare a paste dolci e a piatti salati.

Oggi l’utilizzo del Vermouth

è ritornato in auge più che mai, uscendo da alcuni cocktail che per anni ne hanno

veicolato la vendita, entrando in molte più ricette, che ne esaltano l’identità aromatica, rispettando il gusto del prodotto e non “il modo in cui tutti lo usano”.

In un momento in cui i cocktail

Low Alcohol sono tra le tendenze più forti, non possiamo non pensare al Vermouth come protagonista delle nostre ricette. Rispolverando l’idea di Vermouth & Soda potremmo ragionare sulla creazione di Cocktail Highball che mettono al centro il profilo aromatico del vino fortificato che usiamo, unendolo ad una parte citrica, e finendolo con la creazione della nostra soda ideale, che potrebbe arrivare dalla preparazione di un cordiale. Logicamente parlando, non siamo troppo distanti dal concetto della costruzione di uno Spritz, no?! Il drink più bevuto e richiesto degli ultimi anni.

Vermouth & Caffè, due must have che hanno reso la città di Torino grande protagonista negli ultimi 300 anni.

Non è un caso che entrambi i prodotti trovino casa all’interno dei Caffè Storici di Torino. Quasi tutti i Bar Storici della città hanno come carta d’identità, la loro miscela di caffè autentica e il loro Vermouth prodotto da circa 200 anni.

Questi due grandi protagonisti oltre che trovare casa nella stessa città, si legano tra loro in tantissimi possibili abbinamenti e in diverse tradizioni. Il primissimo esempio che voglio portarvi è l’usanza di pulire il fondo della tazza di Caffè con un po’ di Vermouth Rosso dei nostri antenati. Il motivo per il quale questo abbinamento funziona è da cercare all’interno della parte erbacea presente nei Vermouth che sposa perfettamente la parte erbacea presente all’interno del caffè, inoltre, la tostatura del caffè abbinata alle note più dolci del Vermouth è sicuramente qualcosa di unico.

Possiamo quindi assolutamente confermarci che twistare l’idea di Vermouth & Soda è oggi molto più contemporanea e affine alla richiesta di mercato, rispetto a tantissimi altri cocktail a base Vermouth che probabilmente hanno fatto il loro tempo. n

Un’altra cosa che lega i due protagonisti è sicuramente il potere digestivo di entrambi. Il Vermouth nasce sicuramente come protagonista dei nostri aperitivi, ma è proprio per gli stessi identici motivi che diventa il prodotto perfetto per la conclusione dei nostri pasti. Le radici e le erbe che lavorano sul nostro stomaco per stimolarlo e prepararlo ad accogliere un pasto sono le stes-

se che lavorano per aiutarci a digerire finito di mangiare. Ecco perché Vermouth & Caffè trovano spazio uno accanto all’altro nei fine pasto dei Torinesi. Tanti Ristoranti a Torino, insieme al caffè, ti portano la carta dei Vermouth per finire al meglio la serata.

Conoscendo quindi tutto questo, ci rendiamo conto che le possibilità in miscelazione di creare ricette in cui Vermouth & Caffè diventano protagonisti, sono infinite! n

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Mettiamo subito in chiaro una cosa: l’americano perfetto non esiste, anzi, credo che esistano infinite varianti di americano, grazie alla moltitudine di ingredienti a disposizione, da cucire ad hoc al palato di ognuno di noi.

Una breve digressione storica: che cos’è un americano? Arnaldo Strucchi scriveva nel 1906 che –“era uso in quel di Torino (attenzione, Torino. Ndr) all’ora dell’aperitivo, bere un vermouth all’americana” - che prevedeva una dose del famoso vino fortificato piemontese con qualche goccia di bitter o amaro (che all’epoca voleva intendere anche gin o cognac). Le dosi erano ben lontane dalle odierne, poco il ghiaccio nei bicchieri e i calici erano molto più piccoli - come gli attuali da cordiale - quindi, quella di allora era più una moda che una ricetta.

METTIAMO SUBITO IN CHIARO UNA COSA: IL BITTER PERFETTO NON ESISTE.

Quest’ultima debutta in Italia nel 1920 ne “Il manuale del barman” di Ferruccio Mazzon, barman di Trieste che di americani, in carne e ossa, ne vedeva passare tanti, per il grande traffico navale che aveva quel portodell’impero austroungarico prima e italiano, poi. Il buon Ferruccio scrive una ricetta espressa in

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DI DOMENICO DRAGONE

litri dove il vermouth è codificato in litri 20, il cognac in litri 1 e il bitter e le tinture amare in appena pochi decilitri: in sostanza, sempre “un vermouth con qualche goccia di bitter”.

Dal 1930, compaiono le prime ricette contemporanee: le dosi dei due ingredienti erano più simili tra loro, con la soda. I bicchieri diventavano più grandi e il mondo del bere progredì con i tempi.

Tornando a noi, la Compagnia dei Caraibi è sempre stata attenta alle evoluzioni del mercato e alle nuove scommesse da inserirci. Il suo pacchetto di amari e bitter è invidiabile, con prodotti storici, rielaborazioni di antiche ricette e con brand nuovi e innovativi, grazie all’intuito dei produttori.

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Come il Roger Bitter Amaro

Extra Strong , un autentico amaro da dopo pasto, della famiglia Vecchio Magazzino Doganale, ma da bere anche prima, miscelato. Il suo carattere ruvido e spigoloso lo rende perfetto per gli amanti dei gusti forti, magari bilanciato con un Vermouth gentile come Giovannoni Rosso de Mayo che mitiga le asperità del nostro Roger ; ricordatevi di colmare il bicchiere con una soda bella briosa.

Washington, amaro di arance ed erbe amarican ti, fortemente agrumato, è perfetto per i citrus lovers. Da mixare in due varianti, con Vermouth Carlo Alberto White in una versione am brata, fresca e brillante o con Giovannoni Secco per un mix floreale e più dry. Ma Washington si può anche shakerare vigorosamente con solo 4.5 gocce di Bitter Rouge Sixty, che donano profondità, struttura e colore, per un perfetto bitter agitato e freddo, fuori dall’ordinario.

La linea Bitter Rouge permette al bartender e al consumatore di godere di preparazioni molto diverse, grazie alle due versioni Rouge Red e Rouge White. La prima con standard visivi più canonici, un rosso acceso per accendere i fari all’ora dell’aperitivo, ma sentori freschi di menta per riportarci in Piemonte, dove viene prodotto, perfetto miscelato con Vermouth Carlo Alberto Rosso. La versione White è perfettamen te trasparente e, liberandoci dal vincolo cromatico, mantiene le caratteristiche organolettiche da bitter, con delle note spezia te esotiche e stuzzicanti, inutile dire che il matrimonio con Vermouth Carlo Alberto Bianco ”sa ‘dda fare”.

Per uno splash o poco più di bitter, o di amaro, si può osare con il nostro Valhalla scandinavo, dalle forti note balsamiche e fresche, con una gradazione ben supe riore ai bitter moderni, 35°. Ma può dare grande soddi sfazione.

Altra provocazione in tema “americano”. Perché non sostituire in tutto, o in parte, il vermouth (per in tenderci, la parte dolce) con un liquore dell’altro mondo? Parlo di Asahara Yuzushu Yuzu, dal Giappone, a base

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LE PRIME RICETTE CONTEMPORANEE, LE DOSI DEI DUE ERANOINGREDIENTI PIÙ SIMILI TRA LORO, CON LA SODA. I BICCHIERI PIÙDIVENTAVANO GRANDI E IL MONDO DEL BERE PROGREDÌ CON I TEMPI.
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di sakè infuso con lo yuzu, agrume raro e molto apprezzato, in diverse altre versioni, come quella con l’umeshu (tipica pugna nipponica, usata ancora acerba). Ma c’è anche il Sakimoto Shuzu Awamori Yonaguni, distillato di sakè, perfetto per fortificare una variante inedita e più corroborante di americano.

Dal catalogo, anche prodotti già complessi, che hanno in proprio il dna “americano” e, seppur con differenti botaniche, vini, gradi alcolici e zuccherini, sono già in perfetto equilibrio con la sola aggiunta di soda.

Parliamo sicuramente di Dopolavoro, esercizio da bere che nasce dall’unione di infusi agrumati, infusi amari e vino fortificato, con una nota speciale di fiori di arancio: allungarlo con soda o bollicine, anche di vino, è una naturale evoluzione.

quale nasceranno innumerevoli cocktail bevuti ancora oggi, in ogni angolo del pianeta. Elephant Gin si unisce nelle canoniche tre parti uguali di vermouth, bitter e gin, con un distillato aged, con 6 mesi di affinamenti in botti, per donarci il cocktail pronto da servire con ghiaccio. Non da meno il Sabatini, nato nel cuore della Toscana, proprio come il Conte Negroni (da lui, il nome del cocktail), per un ready to drink con il loro inconfondibile gin come base.

Potrei continuare all’infinito, sulle sfumature dell’aperitivo italiano. Questa può essere una buona base per tenervi impegnati negli assaggi fino a farvi trovare la vostra variante perfetta o uno spunto per servire al vostro cliente delle combinazioni inedite e (spero) interessanti.

Evviva, l’Americano, il modo più italiano di fare l’aperitivo! n

PRODOTTI GIÀ COMPLESSI, CHE HANNO IN PROPRIO IL DNA “AMERICANO” E, SEPPUR CON DIFFERENTI

Stessa sorte per FraCk, Amaro serale No alla Moda, con base di vino moscato, passito cotto e ridotto sul fuoco, e sentori profondi e unici che si lasciano ben accompagnare da un’acqua frizzante bella briosa, per aprirsi al meglio.

Elephant Negroni e Sabatini Negroni fanno la parte del fratello maggiore dell’americano o il primogenito di quella base dalla

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ZUCCHERINI, SONO GIÀ IN PERFETTO EQUILIBRIO CON LA SOLA AGGIUNTA DI SODA. LIQ06507
BOTANICHE, VINI, GRADI ALCOLICI E
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DRAGONE

Low sicuramente si, Profile assolutamente no, anzi i Low Alcohol Drink sono esplosi e mai come ora l’importanza di questo tipo di miscelazione è protagonista nel mondo del bere. Compagnia dei Caraibi offre infinite possibilità per tuffarsi è proprio il caso di dirlo, in una piscina ricolma di acque sodate di ogni genere.

Quest’anno, nuovi ingressi che, sono certo, faranno felici tanti consumatori e clienti.

Sicuramente la linea Match

Tonic Water porterà una ventata di eleganza e raffinatezza, bottigliette quadrate dal design unico in quattro diverse caratterizzazioni, tutte con un contenuto zuccherino bassissimo (meno di 50 g litro) per esaltare al massimo i compagni di ricetta:

- Indian, etichetta gialla per un gin tonic vecchio stile che va dritto al punto, perfetto con Elephant Classic London dry anche grazie a delle leggere note secche di ginepro.

- Mediterranean, etichetta azzurra, matrimonio perfetto grazie alla salvia, al rosmarino e al basilico che caratterizzano questa referenza con molti gin contemporanei, ne consiglio uno su tutti, Cittadelle Rouge ai frutti rossi e rabarbaro.

MISCELAZIONE

- Floreal, un ton sur ton di rosa, ottimo e intrigante miscelato con liquori come Bergamotto

A BASSA GRADAZIONE

DI DOMENICO
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Fantastico o Bergamotto Manfredi, nati dal più floreale degli agrumi.

- Spicy, meticolosamente formulato per esaltare Rum e spiriti di agave ma anche per osare gli abbinamenti più IMPORTANTI, ad esempio con il nostro Jefferson, Amaro Importante

Direttamente dalla Baviera sbarca in catalogo Acqua Monaco, assolutamente d’obbligo menzionare la Toronja Pink Grapefruit che, grazie al pizzico di sale, esalta naturalmente ogni singola botanica, connubio perfetto per Ginnastic Match Citrus Blend

Anche Acqua Monaco Bitter Lemon dispensa soddisfazione in un bicchiere colmo di ghiaccio con una dose di Roger Bitter Amaro Extra Strong, miscela che tanto mi ricorda gli aperitivi dei bar italiani anni ‘50 e ‘60 dove si badava al sodo, gli amari spopolavano e le sode anche.

Sempre al top con East Imperial, azienda neozelandese che produce acque sodate di altissima qualità in comodo formato da 150 ml, la misura perfetta per allungare i vostri spirits, altrettanto perfetto e l’incontro tra la Flower Good Tonic Water e il gin omonimo. Fatti, nel vero senso della parola, l’una per l’altro. Un salto nella tradizione giapponese con l’azienda Sakari e ancor più particolarmente con Sake Sakari Kanjuku Umeshu Nihonshu Blend, liquore tradizionale giapponese a base di prugne (ume) raccolte e infuse al culmine della maturazione (kanjuku) con solo 10 gradi alcolici, trova un compagno d’avventure perfetto in un tè di ottima qualità infuso e lasciato freddare.

Se poi, proprio a 0.0 vuoi restare, ho la soluzione che fa per te! Sabatini 0.0 un gin vero, ma senza alcol, 5 botaniche oltre il ginepro, salvia, timo, foglie di olivo, lavanda e verbena e ora sì che si può esagerare, da bere in abbondanza senza limiti.

Miscelazione Low Alcohol, perfetta per la stagione calda che sta per arrivare. n

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RICERCATE, DI TENDENZA. LE NOSTRE NOVITÀ A BASSA, E NULLA, GRADAZIONE E AD ALTO GRADIMENTO.
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C’era una volta la Birra, una sola; anzi, tante etichette, ma con un solo gusto standardizzato ispirato alla tradizione tedesca. Poi, per fortuna, è arrivata la Craft Beer Revolution, che dalla California ha suonato la carica fino a farsi sentire in tutto il mondo.

Erano gli anni ‘70, i luppoli americani, snobbati dall’Industria, salivano alla ribalta regalando alla bevanda fermentata più antica del mondo (insieme all’idromele) nuovi sentori: agrumi, frutta tropicale, note balsamiche, resina.

In Italia, le prime produzioni di birre artigianali risalgono alla seconda metà degli anni ’90, grazie a un manipolo di visionari sovversivi; non esisteva una legge che consentisse la produzione di birra artigianale, né tantomeno la somministrazione in un luogo adiacente la zona di produzione (le attuali Taproom).

Con Testa d’Ariete, azienda produttrice per Compagnia dei Caraibi, parliamo di Birre, al plurale, e sappiamo quanto vasto e variegato sia l’universo di stili, colori e di aromi che la birra sa proporre. Chiare, ambrate, dolci,

RITORNA LA BIRRA SEMPLICE E FACILE

ARTIGIANALE, IPER-LOCALE, BEN CONNOTATA, LEGGERA. C’È UN NUOVO MODO DI BERLA.

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DI ROBERTO MAZZI
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amare… acide. Siamo abbastanza abituati a trovare nei menu delle descrizioni che recitano: Pils, Blanche, Tripel, American IPA, Gose, Stout, ecc. Ecco, per questa riscoperta di varietà e di gusti dobbiamo essere grati alla Craft Beer Revolution, movimento che tutt’oggi traina le innovazioni di prodotto del mercato birra di tutto il mondo.

Quindi bere birra artigianale nel 2024 cosa significa? Significa godere un prodotto realizzato da un microbirrificio indipendente, che usa ingredienti naturali, senza micro-filtrare o pastorizzare. Produrre birra artigianale ad alto livello oggi vuol dire seguire un attento percorso di lavorazione, di confezionamento (bottiglia, lattina e fusto) e di conservazione del prodotto; è importante la conservazione, in tutti i punti della filiera, avvenga a temperatura controllata.

E il consumatore di birra chi è? È sicuramente una persona a cui piace poter sperimentare, che ha un palato più educato e che ha più contezza di ciò che ordina al banco.

Solitamente, chi passa all’artigianale, si discosta dalle birre convenzionali provando alcune birre “di transizione” come Blanche o American IPA, poi si lascia incuriosire da birre scure o acide, per poi ritornare ad apprezzare con maggiore consapevolezza le basse fermentazioni: Lager.

Nei trend di consumo di birra artigianale è facile notare come si stia man mano passando dal “ne bevo una, ma che sia intensa e alcolica”; a una bevuta da sessione, ovvero, con più di una birra, probabilmente di stili diversi e di bassa gradazione. Da qui, la diffusione di Lager, Table Beer, Session IPA, e il ritorno ad alcuni stili iconici britannici come Bitter e Mild. n

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BEVUTA

DI AMEDEO ANSELMI

Devo ammettere che, quando Compagnia dei Caraibi mi ha chiesto di scrivere un articolo sulla bevuta liscia, la prima cosa a cui ho pensato, sono stati gli shottini anni ‘90.

Poi, sono rinsavito, e mi sono semplicemente ricordato in che Paese stupendo viviamo e di quando non ci si faceva preparare Margarita o Manhattan, ma ci si accontentava di vermouth e liquori in purezza, creati con materie prime eccellenti.

Per esempio, nella bellissima bottiglia di Carlo Alberto Riserva Red Superiore, si trova già un cocktail ready-to-drink: all’interno abbiamo una serie di ingredienti così bilanciati, da essere gustati così, lisci.

Se poi volete spaziare con una varietà di sapori, sono da tenere

in frigo le bottiglie di Carlo Alberto Riserva Extra Dry Superiore e Carlo Alberto Riserva White Superiore: basta avere qualche cubetto di ghiaccio e una scorza di limone, per sorseggiare un aperitivo già fatto e finito.

L’usanza di creare liquori è sempre stata nel dna italiano, tutto grazie al lavoro meticoloso dei suoi innumerevoli monasteri, sparsi per tutto lo stivale.

Un celebre esperto di liquori, Philip Duff, descriveva i monaci italiani come “artigiani, ossessionati dalla qualità e dalle competenze molto elevate” a differenza dei produttori olandesi che erano principalmente “commercianti e uomini d’affari”. Anche in una sera afosa d’estate, può essere gradevolissima e rinfrescante una bevuta liscia, con un buon amaro, aromatico e ben

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calibrato: provate a sorseggiare un bicchiere di Bergamotto Manfredi ben freddo, oppure il loro Anica Manfredi, più robusto, senza zucchero e con una deliziosa nota balsamica.

Se poi, come me, in un ristorante nel sud italia, alla parata di bottiglie colorate di fine pasto, vi tuffavate sulla liquirizia, quella di Manfredi Liquirizia Ricetta Storica è di un livello qualitativo ovviamente superiore, ma per una ragione quasi banale: utilizzano una pura liquirizia ca-

labrese che ricorda sul finale le note del caffè.

Se volete divertirvi, vi suggerisco di confrontare questo prodotto con quello di Vecchio Magazzino Doganale, il loro Abracadabra, altro liquore eccellente, a base di pura liquirizia calabrese, raccolta a mano, lavorata artigianalmente.

Sempre al termine della giornata, si potrebbe anche pensare a un Giocondo Caffè’ Cabaret, rigorosamente fresco e accom-

ANCHE CON GHIACCIO. MAI GHIACCIATA. PER L’ESTATE, I PROFUMI E LE NOTE AROMATICHE DEI MIGLIORI LIQUORI IN PUREZZA.
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BASTA AVERE QUALCHE CUBETTO DI GHIACCIO E UNA SCORZA DI LIMONE, PER SORSEGGIARE UN APERITIVO GIÀ FATTO E FINITO.

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pagnato con una scorzetta di arancia e provare a paragonarlo a un distillato aromatizzato, sempre a base caffè: l’Elephant Gin Coffee Liquor

Per scongiurare la noia gustativa, provate a suggerire un Washington di Vecchio Magazzino Doganale, marcatamente agrumato, grazie all’infusione di una particolare arancia molto profumata, oppure un Amaro Meraviglioso, vero inno alla quotidianità della vita agricola: mentre lo assaporate liscio, sentirete note erbacee e terrose.

Menzione d’obbligo al Jefferson, ormai un must have in ogni bottigliera che si rispetti, altra categoria del bere, per gli ingredienti di produzione in prossimità, procedimenti artigianali e ai tecnicismi utili per inquadrare bene la bottiglia in questione.

Stuzzichiamo i palati più blasé, con due prodotti che esulano completamente dalla categoria: il Liquore Salvia e Limone e il Mr. Three & Bros. Falernum

Il Liquore Salvia e Limone è l’eleganza fatta a prodotto. Oltre alla bottiglia, un’opera d’arte, l’unione della salvia e del limone dona una

fragranza morbida e garbata, la suggerisco a fine pasto, ben freddo, magari servito con un unico cubo di ghiaccio extra large che mantenga bene la temperatura del liquore.

Il Falernum creato da Edoardo Nono è superlativo: è un falernum tropicale che presenta una spiccata nota di zenzero che risulta ben bilanciata. Facile da abbinare, Mr. Three & Bros. Falernum regge tranquillamente anche la bevuta liscia, magari con un cioccolato fondente a parte per equilibrare lo zenzero. In conclusione la “bevuta liscia” rappresenta in Italia, e nel mondo, un patrimonio prezioso, riuscendo a incapsulare secoli di tradizione e artigianalità dentro a ogni bottiglia. Salute! n

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IL BILANCIATORE

Compagnia dei Caraibi ha numerose frecce da scoccare per rendere anche un semplice MARGARITA o un WHITE LADY , drink completamente diversi: per questi twist on classicsvolta su un classico - basta sostituire l’usuale liquore base-arancia con un Diamante Acqua Di Cedro , per ottenere una bevuta fresca e mediterranea, oppure con un Bergamotto Fantastico , per una nota più complessa e dolce.

A far da colonna vertebrale all’intero cocktail, si considerano spirits come le vodka della Koskenkorva, in grado di virare dei COLLINS o dei FIZZ, a veri e propri capolavori.

Per più complessità, si potrebbe pensare di aggiungere un barspoon dei prodotti di Mr. Marian Beke: i liquori The Gibson

Dalla Borgogna, c’è il contributo dell’altissimo livello dei liquori a base di frutta Sathenay: il Framboise per NEGRONI o Boulevardier; al sambuco, per classici HUGO

Quando si parla di bilanciamento, il 99% delle volte si parla di liquori, zuccheri e parti acide, ma, per contribuire alla complessità, valutiamo anche i bitter aromatici

Con attenzione, dato che basta una goccia in più e tutto l’equilibrio, che avevamo fatico-

samente trovato, va a farsi benedire: Fee Brothers, apporta una nota amaricante alla nostra bevuta, mentre, dall’azienda Dashfire, i suoi bitter sono più orientati per le modifiche olfattive.

Per stupire il cliente del “fai tu, ma fai bene”, suggerisco una linea di pensiero che utilizzerò solo come semplificazione logica: prova a mettere una dose di Xila Agave, base mezcal, in un DAIQUIRI. Quindi, chiediti se renderlo protagonista o solo un accenno; se affiancarci un rum post still o un colonna; valuta la dolcezza… sono considerazioni che ti porteranno alla giusta armonia di sapori nel bicchiere per renderlo perfettamente equilibrato, “come dovrebbero essere tutte le cose” citando un famoso villain dei fumetti. Salute! n

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DI AMEDEO ANSELMI
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CROCE E DELIZIA

OGNI BARTENDER, SOSTIENE E STRUTTURA IL COCKTAIL ED È L’ASSIST PERFETTO PER IL TWIST ON CLASSIC.

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Nozze festa di

Non ho portato alcun dono agli sposi. Dopo la tempesta non mi sono rimasti che la vergogna di essere vivo e il sacchetto di cuoio con un pugno di terra che mia madre mi aveva lasciato: “Per esser certo di tornare a casa ne devi portare un po’ con te”, nascondeva la paura dietro promesse di preghiere.

Avevo appena compiuto vent’anni, era la prima volta che mi imbarcavo. Dopo di lei nessuno è rimasto ad attendermi. Ma c’è una festa alla quale non sono invitato e non posso mancare. Torno di nascosto, la campana mi accoglie insieme all’odore del sale. Mi era mancato il modo in cui il sole acceca la superficie dell’acqua; avevo dimenticato potesse contenere quiete e bellezza, non solo furia e burrasca.

RACCONTO DI BEATRICE SALVIONI

Della ciurma numerosa che eravamo, il mare ci aveva risputato in due: io e l’uomo che avevo chiamato capitano. Insozzato di sabbia della riva, deliravo di sacrilegi e punizioni dal cielo. Lui di audacia e limiti valicati, di un mostro ucciso con una singola freccia.

Divenne ricco vendendo le piume bianche della creatura che aveva ammazzato. Il governatore lo invitò a cena: liquore dorato e carne laccata di miele in cambio dei suoi racconti. Lì accanto sedeva la figlia, la ragazza dagli occhi rilucenti che faceva il bagno in mare nelle notti d’inverno, i capelli neri incollati alla schiena nuda, i muscoli duri come nodi di scotta. Una stretta di mano tra uomini e divenne sua sposa. Non le fu permesso di dire alcunché. Il capitano se la prese come a scoccare una freccia. Io, che conoscevo le sue men-

zogne, venni cacciato come un lebbroso che ha verità invece che piaghe. La giovinezza e il sole mi avevano annebbiato la testa, dicevano.

Della città riconosco i davanzali scrostati, gli affreschi dei santi a cui ci si affida prima di prendere il largo. Dalla villa del governatore viene il fragore della festa. Afferro i polsi agli invitati che s’affrettano; mi scacciano, mi danno calci come a un gatto senza padrone. Nessuno vuole ascoltare la mia storia. Sguscio dalla porta sul retro insieme ai servi. Le case dei ricchi non somigliano a una nave: tutto è su-

BEATRICE

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Beatrice Salvioni ha sempre voluto vivere avventure. Per questo ha iniziato a scrivere storie. Si è diplomata alla Scuola Holden nel 2021. Ha vinto il premio Calvino Racconti con “Il volo notturno delle lingue mozzate”. Nel 2023 ha pubblicato il suo primo romanzo “La Malnata” per Einaudi Stile Libero.

COSA TI HA ISPIRATO?

Il sapore dolce del rum evoca quello del sale. Insieme a storie di pirati e marinai, di tempeste e mostri marini. Il mostruoso è spesso associato al femminile, la cui ferocia viene domata o sconfitta. Ma ci sono creature che ferire è una trasgressione che non merita perdono. Il “mostro” del racconto, ispirato dalla “Ballata del vecchio marinaio” di Coleridge e dalla poesia “L’Albatross” di Baudelaire, porta con sé la vendetta di una donna.

DIVENNE RICCO VENDENDO LE PIUME BIANCHE DELLA CREATURA CHE AVEVA AMMAZZATO. L’AUTRICE

perfluo, ovunque cose di vetro, fragile filigrana.

Trovo la sposa nella stanza più buia. Ha il viso coperto da un velo spesso come una tela di sacco. Dallo spiraglio di una feritoia guarda il cielo. Ha i capelli raccolti in trecce severe, non più sciolti e incrostati di sale come quando nuotava sola, d’inverno.

Si volta. Resto immobile, la volontà nei talloni.

“Entra. Ti stavo aspettando”

Vento buono che gonfia le vele, la sua voce. Non mi tratta da straniero. Mi offre da bere; un liquore che sa di zenzero e spezie dolci, brucia la lingua. Una gentilezza immeritata.

“Hai una storia da raccontare.”

“Come lo sai?”

“Te la porti addosso.”

Comincio dall’inizio della fine: la freccia che spuntava tra i seni della creatura ferita, il sangue che le colava sulla pancia e nell’ombelico come dentro una coppa.

Il capitano alzava la balestra, festeggiava la preda. I marinai dicevano che era peccato, che con la sua arroganza ci aveva maledetti.

La donna con le ali d’Albatross aveva volato intorno alla nave come una regina, immensa e lie-

ve. Riversa sul ponte della nave e sanguinante, si trascinava pietosa. Perché ero il più giovane, il capitano mi aveva ordinato di strapparle le piume, il resto gettarlo in mare. Mi ero rifiutato e mi aveva fatto frustare. La creatura che moriva mi aveva guardato coi suoi occhi scintillanti, scuri come mandorle amare. Poi si era coperta il viso con una delle sue ali poderose e non si era mossa più. Allora era iniziata la tempesta. Non so dire perché, tra tutti quei marinai duri di esperienza e fatica, solo io e il capitano abbiamo meritato di tenerci la vita.

La sposa butta la testa all’indietro, ride. Mi prende la mano bruna e coriacea. La carezza, le mie cicatrici venature nel legno di sorbo. “Vieni alla festa” dice, “ti voglio in prima fila.” Le offro in dono il sacchetto di terra, lei mi chiude il pugno. “È la tua casa. Non la mia.” Si alza, il vestito fruscia sulla pietra. Ha piedi nudi, gambe sottili come zampe di gru.

Ora gli sposi sono davanti all’altare nel giardino della villa. Ovunque azalee, ortensie grandi come teste di squali. I posti accanto a me sono vuoti; gli invitati si lamentano della puzza che l’esilio mi ha lasciato addosso.

Il capitano ha la giacca coi bottoni dorati, l’arroganza di chi merita ogni fortuna. Tocca a lui alzare il velo alla sposa. Ha

VENTO BUONO CHE GONFIA LE VELE, LA SUA VOCE. NON MI TRATTA DA STRANIERO. MI OFFRE DA BERE; UN LIQUORE CHE SA DI ZENZERO E SPEZIE DOLCI, BRUCIA LA LINGUA. UNA GENTILEZZA IMMERITATA.

dita avide e frementi: le stringe il mento, rivela il viso. Lei ha gli occhi duri come mandorle. Sorride. Tra i denti bianchissimi tiene stretto qualcosa di piccolo e argentato: una punta di freccia.

Il capitano apre la bocca per gridare; al posto di un urlo dalle

labbra sgorga una cascata di piume che gli leva insieme il respiro e la vita.

Le guardie incoccano le frecce, ma la sposa ha già spalancato le grandi ali bianche, piega le ginocchia e in un attimo è in cielo. Ride degli arcieri

sparendo oltre il sole.

Nel fragore degli invitati che fuggono, chiedono pietà con unghie nei capelli e piangono forte, mi sento di colpo molto stanco. In tasca ho il mio sacchetto di terra; anche per me è arrivato il momento di tornare a casa. n

LA DONNA CON LE ALI D’ALBATROSS AVEVA VOLATO INTORNO ALLA NAVE COME UNA REGINA, IMMENSA E LIEVE.

Canerock Spiced Rum proviene dalla Clarendon Distillery e dalla Long Pond Distillery in Jamaica

VANIGLIA POLPA DI COCCO ZENZERO E ALTRE SPEZIE DELICATE

La base sono i rum giamaica ni, che sono stati aromatizzati da un infuso di baccelli di polpa di cocco, zenzero e altre spezie delicate

I rum utilizzati sono maturati fino a 3 anni, una piccola per centuale anche da 5 a 10 anni botti di rovere americano

al 15% del Canerock Spiced Rum ha ricevuto una finitura in botti di Sherry PX. Ciò ha portato a una bevanda spiritosa con aromi di dolci, noci di cocco e vaniglia.

Al gusto, le note di caramello fine e l’uvetta sono accompagnate da note di pimento e quercia

CANEROCK & ROLL

• 5 cl Canerock

• 2 cl lime

• 5 cl cordiale

• Curcuma e ciliegia

Tramite il progetto di sostenibilità Waves of Freedom, Canerock supporta il CRTM – Centro Recupero Tartarughe Marine WWF di Molfetta - per la salvaguardia delle Caretta caretta.

E IL MARE PER LA SALVAGUARDIA DELLE TARTARUGHE.
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Erano gli anni ‘90 e ovunque si ascoltava: “Colours of the world; Spice up your life; Every boy and every girl; Spice up your life; People of the world; Spice up your life”. Con questa particolare categoria di Spirits nella mia testa risuonano sempre gioiosamente, non so perché, queste parole di quel quintetto britannico, tutto al femminile.

Perché, alla fine, ognuno di noi ha una personalità e, nel nostro caso, dei gusti e trovare il giusto equilibrio non sempre è facile, i rum speziati ti danno la possibilità di trovare il tuo. Io li prendo così, lisci senza fronzoli a creare un mix di spensieratezza e ricordi, di sapori familiari. Anche con la semplice aggiunta di ghiaccio in miscelazione donano complessità in un sol tocco.

Qui, con Filippo Sisti tutte le indicazioni per quest’estate per… Speziare le vostre vite!

PLANTERAY CUT & DRY

Rum eccezionale, Planteray Cut & Dry offre buonissime note di cocco fresco. Inutile dire che il taglio 1\1 con il suo parente più stretto Planteray Pineapple è un match più che vincente. L’utilizzo in miscelazione con erbe aromatiche come coriandolo, lemongrass, melissa, accentuano le sue caratteristiche fruttate e speziate.

EXTASY

3cl Planteray Cut&Dry

2 cl Planteray Pineapple

3 cl lime

1,5 zucchero liquido

2 foglie coriandolo fresco.

PROHIBIDO RON SOLERA 12Y

Lungo e persistente, questo rum messicano ricorda molto la sua terra, dolce e deciso. Il bouquet aromatico del Prohibido Ron Solera 12Y spazia dalla frutta secca alla spezia, la bevuta è consigliata liscia o con una miscelazione a base di frutta e spezie.

spicedrum

PHRAYA DEEP MATURED GOLD

Il clima thailandese affina le caratteristiche del Phraya Deep Matured Gold, la bevuta liscia, grazie alla sua eleganza è quella che più gli si addice, magari sorseggiato con un tè darjeeling al suo fianco e uvetta passa.

THE DEMON’S SHARE

L’affinamento in botti carbonizzate, rende Demon’s Share un rum dalle caratteristiche ben chiare e spiccate. Le note di cuoio e legno, insieme alla vaniglia e le spezie, completano il bouquet aromatico, perfetto per una miscelazione decisa, giocando con affumicature o con prodotti bitter.

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D. D. DI FILIPPO SISTI
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Rum e frutta, un binomio perfetto che affonda le sue origini fin dalle prime apparizioni di questo magico distillato.

Talvolta la frutta può farsi spazio senza essere fisicamente presente, anche in un rum bevuto liscio spesso si trova il classico sentore di banana matura o ananas maturo derivante dal processo di fermentazione della materia prima, questo profumo è sviluppato da una molecola detta isoamilacetato, parola cool da dire agli amici…

DI FILIPPO SISTI

La storia locale delle zone vocate alla produzione di rum, ci porta a scoprire che spesso questo distillato veniva “organizzato” creando i tradizionali Rum Arrangé, nei quali veniva fatta macerare la frutta per conservarla e per arrotondare spigolature non proprio amabili del rum stesso.

Con l’arrivo dei cocktail poi, la frutta e soprattutto gli agrumi sono stati fin da subito i co-protagonisti tipo, si usava il succo in purezza o per fare sciroppi e cordiali e le scorze per decorare o creare zuccheri aromatizzati agli olii essenziali, nelle prossime righe l’importate contributo di Filippo Sisti su come approcciare questo storico duo.

D. D.

RUM frutta &

PLANTATION XAYMACA SPECIAL DRY JAMAICAN POT STILL

100% pot still, il Plantation Xaymaca Special Dry rispecchia in pieno lo spirito caraibico giamaicano. Note di banana, ananas e spezie dolci ci vengono incontro per poterlo degustare anche liscio o con la variante dei cubetti di ananas marinati con del lime. Il suo utilizzo può essere un valore aggiunto a molteplici cocktail sia classici che non. Provatelo con frutta ghiacciata o in un daiquiri special.

• SPECIAL DRY DAIQUIRI •

4 cl Plantation 3 star, 3 cl lime, 2 cl sciroppo ananas, 2 cl Plantation Xaymaca special dry. Shake e servire in coppa.

PLANTATION STIGGIN’S FANCY PINEAPPLE

Plantation Pineapple è un rum eccezionale, la sua lavorazione è unica, grazie alla mente geniale di Alexandre Gabriel e David Wondrich: il blend di rum, Plantation 3 Star e Plantation Original Dark, dona corposità e lunghezza a ogni sorso. La distillazione e la seguente macerazione dell’ananas apportano freschezza e aroma al prodotto. Questo rum è facilmente utilizzabile in qualsiasi tiki cocktail, ma anche in aperitivo funziona molto bene: provatelo con frutta come datteri, cocco, banana, oppure con spezie, come il curry o lo zafferano.

• COLADA FOR QUEEN VICTORIA

5 cl plantation pineapple, 2 cl lime, 8 cl cordiale di banana e zafferano

PLANTATION SEALANDER

Rum dai profumi di pera, mela cotogna e melassa affumicata, la sua bevuta predilige un servizio liscio e non in miscelazione, ma possiamo sempre fare un’eccezione, dato che la frutta in questione (pera e mela) ha la caratteristica di avere dei sapori completamente diversi nel momento in cui vengono lavorate - es. mela fresca o cotta. A seconda della tecnica di utilizzo della frutta, il nostro Plantation Sealander accentuerà la persistenza. L’utilizzo di marmellate con frutta di stagione gli si addicono molto: le note di zucchero caramellato e di quello della frutta cotta daranno ulteriori sfumature al bouquet aromatico del cocktail.

• APPLE MARTINI

5 cl Plantation Sealander, 2,5 cl di purea di mela cotta, due barspoon di miele, 2,5 cl di lime fresco

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frutta

SANTISIMA TRINIDAD DE CUBA 3

Rum perfetto per la miscelazione, Santisima Trinidad de Cuba è ricco e deciso, e trova spazio in qualsiasi cocktail dal sour al tropicale, non peccando mai di spazio. La frutta suggerita è quella acida come frutti rossi o alcune tropicali, facendo così esaltare il palato dei nostri ospiti.

PLANTATION ISLE OF FIJI

Invecchiato in botti di bourbon nel clima tropicale e utilizzando canna da zucchero autoctona Plantation isle of Fiji è un prodotto ricco e avvolgente, si accosta molto bene con frutta secca o con frutta disidratata come uva sultanina o prugne. La bevuta è consigliata liscia, magari dopo cena con dei datteri o dell’uva fresca.

FIN DALLE PRIME APPARIZIONI DI QUESTO MAGICO DISTILLATO, RUM E FRUTTA È SEMPRE STATO UN BINOMIO PERFETTO.

PLANTATION 3 STAR

Il rum perfetto per il daiquiri, un bianco con aromi e complessità di un dark, Plantation 3 Star va a nozze con qualsiasi tipo di frutta, sia calda che fresca, associato a prodotti come fragole, pomodoro, uva rossa. Se, invece, vogliamo ritrovarci ai caraibi in un solo sorso, dà il meglio di sé, con la bevuta associata a frutta come mango e papaya, aggiungendo delle erbe aromatiche come menta fresca o melissa, la citricità degli agrumi sono il suo cavallo di battaglia; il pompelmo o il lime sono di casa e il daiquiri, magari in stile papa doble, non può mancare. La macerazione di frutta fresca, come lamponi o fragole nello zucchero, può essere una valida alternativa.

VULCAO GROGUE

Parente stretto dei classici rum agricoli, Vulcao Grogue ha note sapide che ricordano la salamoia e note cremose tipiche di frutti come la banana o la pera, perfetto per una pina colada differente giocando proprio con la sua mineralità e sapidità.

PHRAYA RUM ELEMENT

Rum thailandese e come dice il suo nome phraya (ovvero la massima onorificenza data dal re thailandese nei confronti di qualcuno) è un prodotto di una bevuta eccelsa, la frutta tipica thai come mango, lemongrass e zenzero sono perfetti per l’utilizzo in miscelazione insieme a Phraya RUM Element.

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Cachaça

MAGNÍFICA TRADICIONAL

Tipico distillato Brasiliano la Cachaça fa parte di quei distillati perfetti per la miscelazione con frutta. In particolare, Magnifica Tradicional, con le sue note fresche di frutto, ci fa subito accendere le papille gustative e, associata a frutta tropicale come passion fruit o ananas, si potranno creare delle caipirinha o dei sour strepitosi.

DIPLOMÀTICO MANTUANO

Esempio perfetto di scelta di bevuta, Diplomático Mantuano mette d’accordo tutti, può essere bevuto liscio, magari con frutta e cioccolato come fragole o scorze di arancio. Oppure, per dare più struttura ai nostri tiki, come mai tai o pina colada, i suoi migliori amici sono frutta tropicale e agrumi.

DIPLOMÀTICO PLANAS

Diplomático Planas è un rum con note olfattive contrastanti a quelle gustative: ed è questo il bello. Al naso, profumi dolci di caramello e vaniglia; al palato, pulizia e freschezza di frutta e agrumi. La bevuta è consigliata in cocktail classici o in aperitivi agrumati con arancia o lime.

CHARANI’

Lo charanda è un distillato di canna da zucchero Messicano, l’aroma è fresco e pungente come da tradizione di questo distillato. Per il Charanì, la scelta migliore sono gli agrumi, che sia arancio fresco o dell’ottima spremuta di lime e menta.

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A 1710 LA PERLE BRUTE 66

Rum agricolo con un’altissima carica aromatica. La gradazione alcolica dell’A 1710 La Perle Brute 66, non viene fortemente percepita, proprio grazie a quel bouquet aromatico e alla facilità di bevuta, consigliata in accompagnamento ad acini d’uva bianca congelata, da far scongelare dentro il rum e, di conseguenza, da mangiare prima della bevuta.

DOMAINE DE SÉVERIN BLANC

Rum dalle note lunghe e complesse, al palato oleoso e fruttato. In miscelazione, usarlo con agrumi o frutta tropicale.

EL DORADO 3Y

Rum Demerara con note al naso di vaniglia e cacao, mentre, in bocca, arrivano agrumi e cocco. Va da sé, che sia molto consigliabile per la miscelazione tropicale.

DILLON BLANC

Rum della Martinica con aromi di frutta tropicale, perfetto per l’uso in miscelazione e di carattere strutturato per tiki cocktail con spezie e frutta matura.

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ALL’INTERNO DEGLI

HOTEL, SOPRATTUTTO

QUELLI DI LUSSO, O CON

UN’ATTENZIONE PARTICOLARE

ALLA GASTRONOMIA E ALLA

MIXOLOGIA, GLI SPIRITI

SCURI ASSUMONO UN RUOLO SIGNIFICATIVO.

RUM IN

Idark rum, o rum scuri, sono una categoria di distillati apprezzati in tutto il mondo per il loro gusto ricco e profondo, spesso caratterizzato da note di melassa, caramello, spezie e legno. All’interno degli hotel, soprattutto quelli di lusso, o con un’attenzione particolare alla gastronomia e alla mixologia, i dark rum assumono un ruolo significativo, sia come offerta indipendente sia come componente essenziale e ricercata di cocktail.

Il rum ha un ricco contesto storico e culturale, legato soprattutto ai Caraibi e alle Americhe, dove la sua produzione è stata un elemento chiave dell’economia locale per secoli. Gli hotel che valorizzano questi aspetti, possono offrire ai loro ospiti un’esperienza culturale approfondita, organizzando degustazioni di rum o includendo nei loro menu cocktail, sempre a base di rum, con una storia o un significato particolare.

DI ALESSIO ANEDDA
IL DARK RUM SI PRESTA A INTERESSANTI ABBINAMENTI GASTRONOMICI, DA DESSERT RICCHI E SPEZIATI A PIATTI DI CARNE ELABORATI.
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Un hotel che desidera distinguersi per la sua offerta di dark rum può scegliere di avere una selezione ampia e curata, che spazia dai marchi artigianali locali ai nomi internazionali rinomati. Questo non solo arricchisce l’esperienza dell’ospite ma dimostra anche un impegno dell’hotel verso la qualità e l’autenticità.

Per offrire un’esperienza di degustazione di dark rum di alto livello, è fondamentale che lo staff dell’hotel, in particolare i barman e i sommelier, siano ben formati. La conoscenza approfondita delle diverse varietà di rum, dei processi di distillazione, dell’invecchiamento e delle migliori pratiche di servizio consente allo staff di guidare gli ospiti attraverso un viaggio di scoperta sensoriale

OFFRIRE UN’ESPERIENZA ECCEZIONALE
LEGATA ALLE BEVUTE SOFISTICATE PUÒ SERVIRE COME POTENTE STRUMENTO DI MARKETING PER AIUTARE A DISTINGUERSI.

Gli hotel possono organizzare eventi e attività legati al tema del rum, come serate di degustazione, workshop su come miscelare cocktail a base di rum o incontri con produttori di rum. Queste iniziative non solo arricchiscono l’offerta dell’hotel ma creano anche opportunità per coinvolgere gli ospiti in esperienze uniche e memorabili.

Il dark rum si presta a interessanti abbinamenti gastronomici, da dessert ricchi e speziati a piatti di carne elaborati. Gli chef degli hotel possono sperimentare con menu che includono il rum sia

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Martinica
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come ingrediente che come accompagnamento, offrendo agli ospiti l’opportunità di scoprire nuovi sapori e combinazioni.

Data la crescente consapevolezza riguardo alla sostenibilità e alla responsabilità sociale, gli hotel possono scegliere di collaborare con distillerie di rum che praticano metodi di produzione sostenibili e che sostengono le comunità locali. Questo non solo migliora l’immagine dell’hotel ma contribuisce anche a un impatto positivo più ampio.

Offrire un’esperienza eccezionale legata al dark rum può servire come potente strumento di marketing per gli hotel, aiutandoli a distinguersi nel mercato. Attraverso la comunicazione mi-

rata e l’utilizzo dei social media, gli hotel possono attirare ospiti interessati alla cultura del rum o alla mixologia di qualità.

L’inclusione di dark rum nell’offerta di un hotel non si limita semplicemente a fornire un’altra opzione di bevanda agli ospiti. Rappresenta un’opportunità per arricchire l’esperienza complessiva dell’ospite, valorizzando la cultura e la storia del rum, promuovendo la sostenibilità, e offrendo momenti gastronomici e di apprendimento unici. La chiave del successo in questo ambito risiede nella qualità della selezione, nella competenza dello staff e nella capacità di comunicare e condividere la passione per il rum con gli ospiti. n

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L’ARTE DELLA MISCELAZIONE NELLO SCOTCH WHISKY

DI PATRICK PIAZZA

Esplorando l’eleganza del passato attraverso un bicchiere: il whisky, compagno di grandi epoche e storie. Tra le mura di locali clandestini durante il proibizionismo o nei salotti aristocratici del XIX secolo, il suo aroma affascinante incanta i sensi e racconta segreti di tempi passati. Ogni sorso è un viaggio nel tempo, un omaggio alla storia e alla raffinatezza. Il mondo dello Scotch whisky è un univer-

AUDACIA MINIMALE. RICERCANDO LA SEMPLICITÀ CON MAESTRIA.

so di ricchezza e complessità, dove la maestria dei barman si manifesta attraverso la sem-

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plicità della miscelazione. Ogni sorso rivela un intreccio di sapori unici e profondi, che riflettono le diverse regioni della Scozia e le loro caratteristiche distintive.

Highlands:

Le Highlands sono una terra di contrasti, dove i whisky possono spaziare dall’elegante e fruttato al robusto e torbato. Un drink semplice come il HIGHLAND MULE unito da Old Pulteney Huddart con ginger beer e lime, creando un mix di mineralità, piccantezza e freschezza. Oppure farsi coccolare con un buon anCnoc 10 Yo Sherry Peated che si sposa benissimo con la Match Tonic Water Spicy

Celebrare le diversità di questa regione non è mai stato così facile. La regione di Speyside è rinomata per i suoi whisky morbidi e delicati, ricchi di note fruttate e speziate. Un cocktail classico come il Speyside Old Fashioned combina Speyburn

Bradan Orach con zucchero, Fee Brothers Molassese e una spruzzata di acqua. Esalterà la

OGNI SORSO RIVELA UN INTRECCIO DI SAPORI UNICI E PROFONDI, CHE RIFLETTONO LE DIVERSE REGIONI DELLA SCOZIA.
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dolcezza e la complessità del distillato, mantenendo una struttura e un gusto deciso. Islay è il regno dei whisky forti e torbati, che catturano l’anima selvaggia dell’isola con note di fumo, torba e mare.

Un drink semplice ma audace come il ISLAY SMASH mescola il Peat’s Beast con menta fresca, zucchero e succo di limone, creando un’esplosione di sapori intensi e avvolgenti. Campbeltown, una volta centro pulsante dell’industria del whisky, è famosa per i suoi distillati complessi e sfaccettati. Un cocktail raffinato come il CAMPBELTOWN COLLINS unisci il Glen Scotia Victoriana con succo di limone fresco,

OGNI BLEND È UN VIAGGIO

NEL TEMPO E NELLO SPAZIO, UN OMAGGIO ALLA STORIA E ALLA RAFFINATEZZA.

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sciroppo di zucchero e soda, offrendo una bevanda fresca e bilanciata che mette in risalto le sfumature del distillato. La miscelazione dello scotch whisky è un’arte che richiede maestria e sensibilità, poiché anche i drink più semplici possono rivelare la profondità e la varietà dei sapori presenti nei diversi distillati.

I barman che conoscono bene il mondo dello scotch whisky sono in grado di creare esperienze sensoriali uniche, guidando i clienti in un viaggio attraverso le regioni della Scozia con ogni sorso. Ma usciamo un attimo dalla Scozia per entrare in Irlanda. L’Irish whiskey, con la sua storia millenaria, incarna l’anima dell’Irlanda. Un drink che lo esalta al meglio è il TÈ WHISKEY creato con Matthew Fireplace, succo di limone, zucchero e top di tè bianco. Rappresenta l’equilibrio tra tradizione e innovazione, un tributo al patrimonio culturale e gastronomico che fonde più culture.

La nostra selezione è ricca di molte altre referenze, da ogni angolo del mondo e questi sono solo alcuni semplici esempi di miscelazione che traggono ispirazione da classici del passato come l’ HORSE NECK , i MINT JULEP o le grandi famiglie dei COLLINS e dei SOURS , ora tocca a voi trovare la giusta combinazione di sapori con il giusto spirito, in tutti i sensi. n

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LE HIGLANDS SONO UNA TERRA DI CONTRASTI, DOVE I WHISKY POSSONO SPAZIARE DALL’ELEGANTE E FRUTTATO AL ROBUSTO E TORBATO.
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OLTRE LA SCOZIA

GRAN TOUR PER METE D’ELEZIONE DEL WHISKY E DEL WHISKEY. DRINK CLASSICI E NUOVI USI GIÀ DALL’APERITIVO

DI DANIELE CANCELLARA

Quando parliamo di whisky, l’immaginario si collega subito alla Scozia, ma c’è un intero mondo da conoscere, dato che il cereale può crescere dappertutto.

Partiamo con l’antagonista naturale dello scotch whisky, l’ irish whiskey che, fino a un secolo fa, dominava il mercato, superando di gran lunga anche quello delle highlands ma, a causa della guerra civile del 1922, si trovò in grave recessione con quasi tutte le distillerie chiuse. Recentemente, però, la tendenza si è invertita, portando i produttori di whiskey da 4 a oltre 50.

Lo scenario ha attirato l’attenzione di Marco Maltagliati e

Federico Mazzieri, fondatori di Dream Whisky, imbottigliatore indipendente italiano di whisky, per il loro primo prodotto in serie: Matthew

Della collezione, Fireplace ha un primo imbottigliamento di single malt, che unisce whiskey a doppia e a tripla distillazione, invecchiato in botti di ex-bourbon e di ex-sherry: il risultato è morbido, con note fruttate, miele, spezie dolci e un velo di torbatura. Con Matthew Black Tie, si è azzardato un esperimento per creare un Irish whiskey multi-cereale torbato, trovando il giusto equilibrio tra il malto d’orzo torbato a tripla distillazione e il malto di altri cereali distillato in colonna: ne è uscito un whiskey

dal gusto affumicato armonioso e assolutamente non invadente.

In Irlanda del Nord, c’è l’ Hinch Distillery, una novità che gioca sulle combinazioni di botti: per esempio, l’ Hinch 5 Yo Double Wood è un blend di single malt e single grain, invecchiato per i primi 4 anni in botti di ex-bourbon e, l’ultimo anno, in botti vergini di rovere americano. Mentre, tra i grandi ritorni alla tradizione, c’è McConnell’s, marchio rinato grazie a Belfast Distillery Company che ha recentemente rilasciato qualche imbottigliamento, come McConnell’s 5 Yo, un irish whiskey composto da malto e grain e invecchiato in botti ex-bourbon,

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complesso ma non impegnativo, perfetto sia da bere liscio, sia in un highball con il ginger beer o in uno shot per accompagnare una birra.

Molto interessante il panorama in Francia dove, grazie al suo inserimento nell’aperitivo, ci sono i maggiori bevitori di whisky al mondo.

Qui troviamo il Brenne Ten, single malt francese affinato in botti di ex-cognac, che dona quel profilo leggermente dolce e fruttato, alla secchezza e al corpo del distillato di malto d’orzo; allungato con soda è perfetto anche nel pomeriggio.

E il BM Signature 9 Yo Vin Jaune, maturato per 9 anni in una botte che aveva contenuto in precedenza Vin Jaune. Il vino tipico della regione del Giura - complesso, dalle note aciderende l’aperitivo diverso e originale. Da allungare con acqua o ginger ale.

Dalla Francia arrivano anche originali whisky da degustazione, come Aikan, distillato nel Vecchio Continente ma maturato nei Caraibi, per sfruttare il clima tropicale.

Intanto, negli Usa prosegue la fama di produttori e consumatori di whiskey americano, bourbon e rye, ma, a fronte di un passato di grandi volumi e qualità modesta, ultimamente ci arrivano distillati molto più accurati e interessanti. Questo per merito di una maggior valorizzazione dell’artigianalità tradizionale, delle distillerie dalle dimensioni più ridotte e della filiera corta, con produzione “grain to grain”, ovvero, dalla coltivazione all’imbottigliamento, tutto in prossimità.

Possiamo citare la FEW Spirits, in Illinois, e il suo FEW Bourbon Whiskey, perfetto per un OLD FASHIONED. Una curiosità: il nome FEW è una dedica, tramite l’acronimo delle iniziali di Frances E. Williard, pre -

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IL PANORAMA
FRANCIA,
COL SUO INSERIMENTO NELL’APERITIVO, CI SONO I MAGGIORI CONSUMATORI DI WHISKY AL MONDO. WHI04160-A WHI07139 WHI07678 WHI07096 WHI07005
INTERESSANTE
IN
DOVE,
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sidentessa della Women’s Temperance Union e attivista del XIX secolo, originaria di Evanston, proprio vicino all’azienda di Chicago.

Dimensioni ridotte e filiera corta anche per la distilleria Widow Jane, a Brooklyn, che prende il nome dalla miniera di Rosendale, il sito d’estrazione delle prime pietre che hanno costruito New York: dal piedistallo della Statua della Libertà alle basi del ponte di Brooklyn, all’Empire State Building. Ed è proprio l’acqua della miniera Widow Jane la sua peculiarità: dopo essere stata filtrata da diversi strati calcarei, permette di creare prodotti unici, come il Widow Jane 10 Yo un whiskey complesso, perfetto così com’è, sia liscio che con ghiaccio.

NEGLI USA PROSEGUE LA FAMA DI PRODUTTORI E CONSUMATORI DI WHISKEY AMERICANO.

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OVUNQUE, DAI GRANDI COCKTAIL BAR AGLI IZAKAYA.

Dal Giappone, troviamo che il WHISKY HIGHBALL , è diventato un metodo di consumo diffusissimo, si beve ovunque, dai grandi cocktail bar agli Izakaya. E’ una ricetta di fine ‘800, rilanciata nel dopoguerra, a seguito della bassa disponibilità economica del giapponese medio. Ma, adesso, è richiesto perché è leggero, rinfrescante e disseta. E piace. Pensiamo a un TOKINOKA HIGHBALL con la soda, in un caldo pomeriggio estivo di Shinjuku, o un KENSEI HIGHBALL con ginger ale in una bancarella nella zona dei templi di Kyoto.

Non poteva mancare il Messico, grande produttore di cereali, per lo più mais.

Da provare la varietà della collezione dei Sierra Norte, come Sierra Norte 85% Red o il Sierra Norte Rainbow, con le caratteristiche che arrivano dai differenti colori del granoturco; oppure il Proibited Ley Seca, ispirato al periodo del proibizionismo, è un whisky di solo malto d’orzo.

Tutti pensati per essere bevuti lisci o con abbondante ghiaccio.

Concludiamo il nostro viaggio nel mondo con l’Olanda e il suo Millstone Zuidam 100 Rye, eletto nel 2015 come il miglior whisky di segale. E l’ultima, sorprendente, tappa in Libano per il Levant Highlands Mount Hermn-Porter Brew, un single malt che utilizza orzo estremamente tostato, come quello utilizzato nelle birre Porter, con note molto distinte e uniche. n

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PORTO, CALVADOS, COGNAC, ARMAGNAC E PISCO: DALLA FRUTTA, PER NECESSITÀ

Tra le priorità degli agricoltori, vi è sempre stata quella di poter conservare le materie prime il più a lungo possibile. In ogni zona del mondo, chi aveva a che fare con i prodotti della terra, ha sviluppato diverse strategie volte a preservare sempre più a lungo gli ingredienti e a ridurre i volumi per facilitare il loro trasporto.

In questo senso, il ruolo della Francia è stato dominante poiché, storicamente, lo Stato d’oltralpe gestiva scambi commerciali con l’ Inghilterra, che imponevano di preservare le materie prime dal deterioramento, diminuire gli ingombri a fini logistici.

Esemplare il caso degli agricoltori normanni, che producevano un fermentato a base di mele e pere chiamato “sidro” la cui bassa gradazione alcolica, tuttavia, evidenziava problematiche come la forte deperibilità. Un difetto non da poco che, nel 1554, indusse il diarista Gilles de Gouberville, spesso in viaggio per lavoro, a ricorrere alla distillazione del sidro, che ci portò al primo Calvados

Quasi contemporanea e per le medesime motivazioni, l’o -

DI LUIGI BARBERIS

TRA LE PRIORITÀ DEGLI AGRICOLTORI, VI È SEMPRE STATA QUELLA DI POTER CONSERVARE LE MATERIE PRIME IL PIÙ A LUNGO POSSIBILE.

rigine del Cognac . Fin dal suo debutto, nel 1549, sua produzione è concentrata nella Charente , un territorio che gestiva scambi commerciali con il Regno Unito - per lo più, in sale e legno per le imbarcazioni - e che, avendo già un mercato aperto con gli inglesi, puntava a vendere il proprio vino oltremanica

La scarsa qualità e il basso grado alcolico determinavano però, anche in questo caso, un prodotto di poco appeal, con la necessità di distillarlo.

Si arriva poi alla Guascogna dove, nel 1400, i monaci certosini estrassero dal vino uno tra i primi brandy della storia, l’Armagnac : dapprima finalizzato a medicamento per gli arti dolenti dei pellegrini del Cammino di Santiago, in seguito riconosciuto come liquore di finissimo pregio, tra i più apprezzati al mondo.

Parallelamente ai distillati francesi, in Portogallo l’attenzione si spostava sui vini del territorio di Oporto, dalla caratteristica acidità e di basso

ESEMPLARE

IL CASO DEGLI AGRICOLTORI NORMANNI, CHE PRODUCEVANO UN FERMENTATO A BASE DI MELE E PERE CHIAMATO “SIDRO”.

grado alcolico. Leggenda narra, che nel XVII sec. furono per primi i monaci di Lanego ad aggiungere al loro vino dell’acquavite durante la fermentazione, per consentire di mantenere la dolcezza naturale, apportando anche un apprezzato grado alcolico. Quel vino liquoroso prenderà il nome di Porto, diventerà simbolo del Portogallo e, fin dai primi embarghi del ‘600 sui vini francesi, sarà richiesto soprattutto dagli anglosassoni.

Intanto, sulle sponde dell’oce -

ano Pacifico, in Cile e in Perù , la produzione di uva e vino aumentava esponenzialmente, mettendo in seria difficoltà i commerci del vino spagnolo. Per calmierare il danno economico, lo stato iberico aumentò la tassazione ai danni dei suoi competitori. Questi, per conservare la produzione in eccesso e anche per ovviare ai danni causati dai lunghi viaggi, avviarono, nel 1595, la distillazione del Pisco. Si dice, anche grazie al contributo di un italiano, tale Francesco Carletti, brillante mercante fiorentino. n

LE ABITUDINI DI CONSUMO

Di tutti questi prodotti, l’utilizzo più rappresentativo è legato a tradizioni locali. Succede per il Calvados, che trova una delle sue migliori interpretazioni in prodotti come il Coquerel e che, spesso, è degustato sotto forma di CAFÈ CALVA , un caffè corretto con una piccola parte di Calvados

Altra abitudine di matrice francese è poi quella del RATAFIÀ , preparazione nata dall’unione di succo di frutta e distillato di cui fa parte anche il Pineau de Charente di Ferrand, un metodo tradizionale nato per garantire la conservazione del succo d’uva

attraverso l’aggiunta di Cognac Una pratica utilizzata anche in Guascogna per la FLOC , blend tradizionale di vino e Armagnac giovane come il Bordeneuve Trois Étoiles

Spostandosi in Portogallo, il consumo del Porto si divide principalmente in due fasce: quella dell’aperitivo, che lo vede protagonista in versione bianca con etichette come il Real Companhia Velha Fundador White , e quella del dopocena, con al centro il Porto nella sua variante ruby. Sulle sponde dell’Oceano Pacifico, le temperature del Cile e del

Perù invitano da sempre a un consumo del Pisco in miscelazione, con drink rinfrescanti che trovano in prodotti come il Pisco Campo de Encanto un’ottima base. Particolarmente apprezzati dalle popolazioni locali sono cocktail come il Pisco Sour (pisco, limone, zucchero e bianco d’uovo) o il Pisco Chilcano (pisco, lime e ginger ale).

Accanto a queste modalità di consumo, nel corso dei secoli si è via via rafforzato anche il legame dei distillati con la cucina locale. Basti pensare all’Acquavite OP Anderson, un distillato svedese di cereali aromatizzato con spezie, frutta e agrumi che si presta particolarmente all’abbinamento con le ricette tradizionali del Nord Europa. n

DI JULIAN BIONDI
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GRANDI CLASSICI E TRADIZIONI, CON QUALCHE IDEA, NEL PROPORRE I PREZIOSI AMBRATI.
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IL GENERALE TROVÒ DI FRONTE

NIENT’ALTRO CHE

PARETI DI ROCCIA, E DOVE NON C’ERA

ROCCIA C’ERA NEVE.

ELEPHANT BLUES

RAFFAELE RIBA per

L’AUTORE

Raffaele Riba è nato a Cuneo il 15 maggio 1983. Ha pubblicato numerosi racconti su miscellanee, riviste, antologie scolastiche, e tre romanzi: Un giorno per disfare (66thand2nd 2014) Abbi pure paura (Loescher 2015), La custodia dei cieli profondi (66thand2nd 2018). Oltre alla scrittura, lavora come editor, come curatore di programma di festival e fiere (tra cui scrittorincittà e Book Pride) e insegna presso la Scuola Holden.

COSA TI HA ISPIRATO?

Talvolta, i sapori che sentiamo più intimi e vicini, vengono di lontano. E non solo i sapori, funziona anche con certi tipi di legami. Questa è la storia di uno zoologo in pensione che dopo aver studiato gli elefanti in giro per il mondo cerca di ritrovarli sulle montagne di casa. La missione di salvaguardia dell’Elephant Gin e i suoi sapori, hanno ispirato questo racconto.

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Siamo partiti dal Pian del Re che mi sembra una vita. Paolo è giovane e queste montagne sono il suo ambiente, al pari di un camoscio, anzi uno stambecco. Come loro non apre bocca, se non quando rumina curiosità che non trattiene in quella faccia da montagna.

A confronto, io devo sembrare un animale fuori contesto, un pachiderma. A pensarci proprio qui, adesso, mi viene da ridere. L’età non aiuta, certo, il sovrappeso nemmeno, ma la pensione è stato il primo momento utile per chiudere l’enorme giro della mia vita.

Tutto è cominciato quando mio nonno parlò di un condottiero che aveva valicato queste montagne con 37 elefanti. Me lo raccontava quando di elefanti non ne avevo visto neanche uno e, per quanto li immaginassi più fantastici di minotauri e chimere, nessun arazzo della fantasia si è sfilato di fronte al primo esemplare che ho visto dal vivo: una femmina di 41 anni, non lontano da Cape Town.

Ho dedicato tutta la vita agli elefanti. Una laurea in Scienze Naturali, una specializzazione in Etologia, tanti viaggi tra Africa e India; ho persino imparato a

montarli da un cornac, un asiatico scuro e testardo che viveva come tutti i suoi colleghi in simbiosi con l’animale, e che mi ha insegnato a dar loro comandi usando alluci e talloni. I cornac non sanno l’animale, lo sentono. Io lo sapevo, ma avevo bisogno di sentirlo, anche se i miei colleghi europei storcevano il naso come ancora si fa in certe università.

A ogni modo, di fronte a quella femmina più vecchia di me che mi guardava negli occhi dalla punta dell’Africa, ho abbassato lo sguardo e ho cominciato a perdermi nella curvatura del tessuto in cui labbro e naso si fondono. Lì ho capito d’aver preso la decisione giusta: osservarli, raccontarli, cercarli fino alla fine delle mie forze.

Io e Paolo, invece, ci siamo conosciuti soltanto ieri sera; a cena. Avevo contattato una guida perché serviva qualcuno esperto di queste montagne; io prima d’ora le avevo viste soltanto dal basso. Per tutti questi anni ho pensato che l’atto di chiusura della mia vita con gli elefanti sarebbe stata verificare la prima storia che ho sentito su di loro. Era così vicina e così lontana; Annibale che attraversa le Alpi con 37 elefanti.

Tito Livio racconta che addentrandosi tra le gole alla ricerca di un valico, il generale trovò di fronte nient’altro che pareti di roccia, e dove non c’era roccia c’era neve. Allora sperimentò un metodo originale. Fece accatastare attorno a una rupe

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RACCONTO DI RAFFAELE RIBA

A OGNI PASSO RESPIRO TRE VOLTE. FATICO E PENSO AI MIEI ANIMALI SU PER QUESTE ROCCE STRANIERE.

una gran quantità di legname e diede ordine che venisse incendiato. Quando la roccia divenne rovente la fece inondare d’aceto. Alternò fuoco e aceto finché la pietra divenne frantumabile con il piccone.

Probabilmente è leggenda ma alcuni colleghi zoologi, come sir Gavin de Beer, pensano che quel valico sia proprio questo colle che sto raggiungendo col sapore di sangue in bocca e che separa la Valle Po dalla Valle del Guil. Già, di là c’è la Francia, sto facendo il percorso inverso. Là sopra mi metterò a cercare tracce fossili, escrementi di animali fuori contesto, legna bruciata prima di nostro signore, odore di aceto resistito millenni.

Ho capito anche prima di ordinare da bere, ieri sera, che Paolo era di poche parole, allora ho cominciato a raccontare le cose sugli elefanti che colpiscono tutti. Che sono di tre tipi, quello indiano quello delle foreste africane e quello delle savane africane. Che

questi ultimi sono i più grandi ma anche i più difficili da addomesticare, che Annibale probabilmente aveva usato i secondi perché i primi - quelli indiani, di altezza media e al garrese alti poco più di tre metri - erano i più costosi.

Gli ho detto che gli elefanti piangono, vegliano i compagni morti, possiedono una grande memoria e sono capaci di forti sentimenti: sono le femmine a guidare i branchi, a tenerli stretti e in armonia ad allattare i figli altrui, se necessario. Niente l’ha sorpreso, ma dopo un attimo di silenzio, finito di sorbire il suo minestrone, Paolo mi ha chiesto se fosse vero che gli elefanti sentono coi piedi. «Sì - gli ho risposto -. Hanno un ottimo udito ma le orecchie sono così grandi perché servono a disperdere il calore. Coi piedi sentono il mondo di lontano: le onde sonore dei barriti si propagano nel terreno. Sentono così anche i tuoni, e si dirigono verso i temporali per dissetarsi». Ci ha pensato un attimo, poi siamo andati a dormire che questa mattina la sveglia era puntata alle cinque.

HO DEDICATO

TUTTA LA VITA

AGLI ELEFANTI.

A ogni passo respiro tre volte. E nel frattempo penso. Fatico e penso ai miei animali su per queste rocce straniere. Abbiamo cominciato a deportarli e a ucciderli molto presto. Di quei 37 elefanti ne sopravvisse soltanto uno, si chiamava Surus. Certo, di mezzo ci furono anche le battaglie, ma in fondo, montagne o savane che siano, sono state le armi la costante del nostro rapporto con loro. Sarà perché non sopportiamo le prove dell’esistenza di esseri più antichi e maestosi. A meno che le prove non si trasformino in trofei.

Quando arriviamo a qualche

metro dal colle delle Traversette, Paolo posa lo zaino su una cengia di roccia. Sono troppo stanco per parlare ma lui capisce e mi spiega che lì sopra tira troppa aria; e l’aria dei tremila è “bastarda”. Mi siedo anche io, senza più forze. «Il mio lavoro è finito, ti ho portato qui dove dovevi essere - dice Paolo – ma, prima che tu cominci il tuo, propongo una pausa». Tira fuori da una tasca qualche noce e una barretta di cioccolato, condivide tutto. Quando finisce di masticare è la volta di una piccola bottiglia di liquore. Finalmente sorride: «Mio nonno saliva con la grappa - dice - ma a me piace più il gin». Ne beve un lungo sorso, religioso, e quando mi passa la bottiglia dice: «ora tocca a te». n

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SAFER ELEPHANTS BETTER GIN

Tessa e Robin, l’Africa, gli elefanti da salvare. La creazione di un gin ispirato che unisce tutti i punti, conquista le migliori bottiglierie e vince un sacco di premi.

La storia di Elephant Gin è una storia di grande passione e di intento puro, che vede come protagonisti Robin e Tessa Gerlach, innamorati follemente dell’Africa, che tramite una formulazione di botaniche locali e con il contributo dell’artigianato autoctono, ci consegnano un intero mondo, espresso in un aperitivo al tramonto in piena savana: il SUNDOWNER

Il movente è la Elephant Gin Foundation, ente no-profit che sta contribuendo, concretamente, alla salvaguardia di una natura straordinaria e singolare, e al benessere delle comunità locali. Il risultato è un distillato di qualità superiore, che cattura l’essenza dell’Africa che lo rende unico.

LA PASSIONE

Tutto è iniziato da due grandi passioni. Tessa lavorava alla Universal Pictures e aveva deciso di prendersi una pausa, con un viaggio nel Sud dell’Africa, per un lavoro di fotografia. Arrivata in Kenya, s’è imbattuta in Digs Pascoe, il responsabile di Space for Elephant, nella Pongola Game Reserve, un rifugio per elefanti fondato negli anni ‘80, tuttora tra le fondazioni finanziate.

Racconta Tessa Gerlach: «C’era qualcosa che mi aveva spinto fino a lì, quella notte, con Pascoe davanti al falò, a parlare degli elefanti, della loro intelligenza, della loro sensibilità, dei loro incredibili rituali che non sono riferibili solo a una socialità di branco, ma paragonabili alle dinamiche di una

comunità civile. E quando iniziò a spiegarmi quale fosse la loro situazione, quel qualcosa è salito in me, tanto da farmi mollare tutto, con la necessità assoluta di dedicarmi a quello. Lasciata la fondazione, non riuscivo a pensare ad altro e avevo deciso che sarei stata lì per cercare di fare qualcosa di concreto. Occorrevano tantissimi soldi e doveva essere un’impresa importante».

L’ISPIRAZIONE

Tornando in Africa con Robin, alla fine di un giorno tra praterie e cascate, hanno avuto modo di scoprire la spettacolare tradizione del SUNDOWNER, un aperitivo in piena savana, davanti al tramonto, di prassi un gin tonic, un classico da retaggio inglese.

Da là, la folgorazione: formulare una miscela unica di 14 erbe e spezie, includendo rari ingredienti africani. Si sono scelti solo consorzi di coltivatori locali, per dare un contributo diretto alla zona e per poter controllare direttamente l’impiego di sostanze ecocompatibili e il rispetto per chi ci lavora.

Messo a punto il gin, s’è fatto sì che ogni pezzo portasse alle fondazioni per la protezione degli elefanti, una quota variabile degli utili derivanti dalla vendita.

I PROGETTI

Questo finanziamento è avvenuto fin dalla primissima bottiglia e s’è permesso uno sviluppo in tante altre direzioni, come per la fondazione di Digs Pascoe, che ora è diventata anche un centro scolastico e di educazione per le popolazioni locali Sud Sahariane.

Tra altri coinvolti, Space for Elephant e Big Life Foundation. Tramite loro, si supportano 55

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ranger anti-bracconaggio, con salari e tutti i servizi necessari per loro e per le loro famiglie; alcuni di loro sono stati formati a educare i bambini nelle scuole, perché abbiano la consapevolezza che solo là esistono quegli elefanti e che loro devono essere i loro custodi.

C’è anche un orfanatrofio per gli elefantini, in Kenya, con la Fondazione Sheldrick Wild LifeTrust (sheldrickwildlifetrust.org), dove arriva il 15% della vendita delle mignon, per seguire i cuccioli fino all’autonomia e alla reintroduzione in natura. Si finanziano solo i progetti più urgenti e solo di Fondazioni dove è possibile incontrare personalmente i responsabili e seguire il loro lavoro direttamente. Progetti che devono avere un obiettivo, un metodo, un inizio e una fine. Questo per evitare di finire nel nulla, nel buco nero della burocrazia istituzionale

LA DISTILLERIA

In Germania, a Wittenburg, tra Amburgo e Berlino, c’è la distilleria, nel bel mezzo della tenuta di proprietà, dove le mele maturano sull’albero e sono raccolte a mano, così da utilizzarle freschissime sul posto: sono loro il secondo ingrediente più importante di Elephant Gin. La lavorazione passa per un alambicco in rame, progettato su misura da Arnoldo Holstein, un’autorità del settore. La distilleria è stata inaugurata nel settembre 2023 e include anche una struttura dedicata ai visitatori, che permette un’esperienza immersiva nel mondo di Elephant Gin, con degustazione guidata e accesso al laboratorio per creare la propria bottiglia personalizzata, scegliendo le etichette, lo spago e i decori masai e vedere il proprio nome, scritto da un calligrafo, sul proprio gin preferito.

Info: elephant-gin.com

I TRAMONTI NELLA SAVANA.
NATO PER CELEBRARE
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STYLE GINLIFE

MAI COME ORA, PER OGNI GIN E TONICA C’È UNA STORIA, UN LUOGO, UN GIRO DI ESTIMATORI.

C’era un tempo, non troppo lontano, in cui ordinare un gin tonic non era affatto popolare ed elegante come lo percepiamo oggi. Mal servito, tiepido e piatto, il gin & tonic non era certo sinonimo di buon gusto; per tutti, tranne che per un uomo di nome Martin Miller, che vide nel gin una possibilità concreta: quella di diventare un distillato di qualità, che scandisce egregiamente i migliori momenti della giornata. Lui la sua parte l’ha fatta; creando il gin che porta il suo nome, e dando il via alla rinascita del gin.

doveri verso una grande invenzione moderna: il MARTINI

Non avrebbe mai pensato, il vecchio Bernard, che oggi tra i migliori gin da Martini ci sono prodotti francesi come il Citadelle o italiani come il Sabatini. Pensate ad un martini tra le colline toscane, guardando un sinuoso paesaggio di cipressi e vigneti, oppure a un ghiacciato gin tonic in un giardino francese, seduti su una sedia di vimini, accompagnando il tutto con ostriche bretoni.

Noi cosa possiamo fare? Onorare ogni giorno il nostro appuntamento con un buon gin. Bernard DeVoto, geniale critico americano degli anni 50, la chiamava “The Hour”: l’ora in cui la giornata si ferma, tutto ti appare più nitido e chiaro, e l’uomo moderno urge di recarsi in un luogo in cui onorare i suoi

Persino un cultore dell’americanismo come DeVoto potrebbe staccarsi dal suo N°209 made in USA e concedersi il vezzo di un gin che viene dalla profonda foresta Amazzonica come Canaima o dalla selvatica Patagonia di Bosque Craft Nativo, consapevole del fatto che – all’occorrenza – troverà sempre rifugio in un solido London Dry secco e nitido come il Bond Street

Ed è così, che senza accorgercene, il GIN TONIC è entrato a far parte della nostra vita. In ogni bar buttiamo prima un occhio alla ricerca di un approdo sicuro, mentre l’altro scruta curioso tra le bottiglie che non co-

DI JULIAN BIONDI
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nosce, avido di nuove scoperte e nuove declinazioni di quello che l’altro ieri era un distillato poco esplorato e dagli sparuti estimatori. Il gin è ora terra di avventure, come quell’Africa che Robin e Tessa Gerlach hanno esplorato in lungo e il largo, fino a quando hanno deciso di dover fare la propria parte per preservarne le bellezze uniche, ideando Elephant Gin; un distillato che omaggia il Continente Nero con le sue botaniche e al contempo aiuta a proteggere gli elefanti in via di estinzione. Essere allo stesso tempo local e global è ciò che vogliamo concederci: avere la possibilità di assaporare gusti lontani ma familiari anche sul patio di casa, in compagnia di amici. È qui che entrano in gioco le note speziate di Whitley Neill Lemongrass & Ginger, oppure le fresche fragranze mediterranee a noi tanto note: basilico, rosmarino, timo, agrumi, olive.

Gin Mare è quel Gin che le mette tutte insieme, e mette tutti insieme attorno ad un tavolo imbandito di primizie estive e piatti freschi da consumare aspettando il calar del sole.

E se col nostro gin in mano, che sia l’MG Paradiso o il Mare di Villanova, volessimo ritornare sulle floride regioni costiere d’Italia? Un viaggio onirico ci

UN DISTILLATO DI QUALITÀ, CHE SCANDISCE EGREGIAMENTE

I MIGLIORI MOMENTI DELLA GIORNATA.

aspetta con Flower Good Botanical Cannabis, gin pugliese dalle caratteristiche note agrumate della cannabis Holy Grail e dagli oli essenziali puri di cannabis, forse la botanica più indicata per dire: sì, la mia “the hour” è finita, e ora sono pronto a trasportarmi verso un nuovo giorno. n

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FRESCHE FRAGRANZE MEDITERRANEE
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“I

f you don’t like what’s being said, change the conversation.”

Trad: Se non ti piace ciò che si dice, cambia conversazione.

Don Draper

Se la celebre serie tv Mad Men fosse ambientata ai giorni nostri, l’istrionico protagonista Don Draper avrebbe nel carrello del suo ufficio, accanto al bourbon, una bottiglia di Ginnastic

In Italia si contano circa un migliaio di etichette di gin nostrano, un numero che negli ultimi anni è aumentato vertiginosamente cavalcando i consumi entusiasti del distillato di ginepro.

In mezzo alla grande confusione del gin italiano, la categoria che possiamo definire mediterranean gin è certamente quella di maggior successo e, di conseguenza, la più chiacchierata e utilizzata.

L’Italia e il Mediterraneo sono da sempre sinonimi di qualità autentica, radicata alle tradizioni che legano indissolubilmente il nostro Bel Paese alla natura del suo territorio, della sua terra. Quella terra che sa creare frutti, gusti, sensazioni che ogni giorno sono vissuti in ogni parte del mondo, sopra ogni tavola, in ogni bar. Siamo, e sempre saremo, ambasciatori fieri dei nostri prodotti e, proprio per questo, la responsabilità di mantenere alta la considerazione della nostra offerta food&beverage deve obbligatoriamente passare attraverso una valorizzazione reale, non solo

apparente, delle materie prime. Ginnastic nasce, come direbbe Don, per cambiare la conversazione su questa categoria legata al Mediterraneo, per cambiare le carte sulla tavola del gin

Creativo, vibrante, intenso. La prova che un gin può essere di ottima qualità senza rinunciare ad avere un’anima pop che strizza l’occhio a un pubblico giovane. Due rappresentazioni della qualità calabrese: Ginnastic Challenge Lemon, una partita a due tra il ginepro e il limone IGP di Rocca Imperiale e Ginnastic Match Citrus Blend, un tripudio di agrumi dove spicca il pompel-

GAME SET MATCH

mo rosa della piana di Sibari. Per Ginnastic gli agrumi sono liberi, selvaggi, raccolti direttamente dal produttore che li lavora ancora freschi per un risultato inedito, per un cocktail perfetto, in un’arena caratterizzata dalla scarsa attenzione al processo di lavorazione e alla provenienza degli ingredienti.

Il risultato è un equilibrio sorprendente e una freschezza nuova, credibile. Il risultato è Ginnastic: game, set, match n

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TONIC OLTRE IL GIN C’È VITA

GINCOUTURE

DI DOMENICO DRAGONE

vestiti che preferisco sono quelli che io invento per una vita che non esiste ancora, il mondo di domani» così diceva Pierre Cardin. Prendo in prestito le parole dello stilista e le decontestualizzo, perché le trovo perfette per immaginare una vita oltre il Gin Tonic.

Si tratta del trend di consumo più diffuso in Italia che, attualmente, nella sua evoluzione, ci porta al cospetto di nuovi gin dalle caratteristiche più disparate, con i quali mi piace giocare allo stilista, disegnare nuove idee, ispirandomi al passato, confrontandomi con il gusto e con i tempi, cercando di cucire addosso alle novità del settore, una o più idee di drink.

Di un bel rosso fuoco e vivace ho agghindato 400 conigli volume 2 rosemary e 400 conigli volume 7 Lemon Verbena, creando quello che potrei definire un BLOODY MARY in salsa sour. In sostanza, una dose del vostro gin (uno avrà note più classiche di rosmarino mentre l’altro note fresche e citriche di lemongrass), del succo di agrumi, una controparte dolce (semplice zucchero, sciroppo al basilico o addirittura uno sciroppo osé alla soia!) e alcuni centilitri di succo di pomodoro; un’agitata vigorosa e servire il tutto in un bel bicchiere on the rocks.

Rimanendo in famiglia sour, seppur in declinazioni diverse, possiamo trovare Gil Authentic Rural Gin e Gil Italian Peated, se, al primo, i FIZZ e i COLLINS calzano a pennello, perfetta-

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STUZZICATO LE VOSTREORAMENTI, È IL MOMENTO DI STUZZICARE I VOSTRI PALATI.
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SE LA SFILATA HA
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mente aderenti, con gli agrumi a fare la voce grossa, al secondo, con quella nota unica e inconfondibile di torba, è necessario studiare un abito sartoriale, un twist on classic del famosissimo (in tutto il mondo meno che in Italia) PENICILLIN , in questo caso ricamato con Gil Torbato, succo di limone, honey mix allo zenzero e un emulsionante, per far uscire quella consistenza che tanto piace ai consumatori, una schiumetta soffice in superficie, quasi come fosse un orlo di volant.

Con il miele che avanza, un ottimo BEE KNEE’S a base Bluecoat Ederflower gin e succo di limone, gentile e delicato; dal 1929 a Parigi, questa chicca dimenticata nel tempo può avere nuova vita: un classico che è stato poi shakerato in ogni angolo del pianeta.

Ora le ultime uscite, i top model in passerella, in forma smagliante! Ginnastic Challange Lemon e Ginnastic Match

Citrus Blend, due prodotti nuovissimi, di grande fascino e qualità che possono regalare a tutti emozioni da prima fila.

Ginnastic Challange Lemon nasce per il grande classico, quello che non passa mai di moda, il Gin Tonic appunto, Ginnastic Match Citrus Bland invece è più sbarazzino, vuole tentarvi con abbinamenti che tornano e ritornano a cicli, come le mode. Mi sento di suggerire delle sode al pompelmo o agli agrumi, magari fatte in casa, il gioco è semplice:

• 350g succo di agrumi (uno o più)

• 350g di acqua

• 70-100g di zucchero (a piacimento)

Sodate tutto con un Twist n’sparkle. Il risultato sarà eccellente, come quando i gemelli della camicia sono abbinati alla cravatta, un tocco di eleganza in più che non guasta mai, sempre da gustare assieme, in compagnia, in ogni momento della giornata, spensierati e felici.

Piccola pausa casual, un MULE di Koskenkorva Lemon Lime Yarrow e ginger beer, comodo drink sempre piacevole con uno spacco piccante donato dallo zenzero oppure Gin Mg Pink alle fragole con bollicine, decidete voi se di vino o no.

È calata la notte, largo agli smoking, ai frack, ai tubini, alle piume e alle paillettes. Il GIN RICKEY in mano al signor Gatsby si fa largo tra la folla. Dose generosa di gin, succo di limone, una punta di zucchero se proprio non se ne può fare a meno e soda a colmare, un cocktail da compagnia, che ti guida tutta la notte, proverei ad affidare questo compito, non certo facilissimo a due grandi Miss: Martin Miller’s Summerful e Saigon Baigur, una bevuta straordinaria che merita di essere rilanciata!

E poi loro, i puristi, irriducibili, camicia inamidata, la cravatta sempre stretta, la borsetta abbinata alla scarpa, cintura sottile che stringe la vita…si accendono le luci sul MARTINI COCKTAIL , freddo e tagliente, un’oliva per consolarti, una scorza di limone per curare le ferite, Martin Miller’s London Dry è perfetto allo scopo, la sua forza e personalità lo rendono ideale miscelato anche con dosi superiori alla classica goccia di vermouth extra dry, io azzardo con un provocante Half & Half.

Se la sfilata ha stuzzicato le vostre menti, ora è il momento di stuzzicare i vostri palati, lasciate ago e filo e preparate ghiaccio e bicchieri.

Alle mode, alla bellezza e alla salute! n

I VESTITI CHE PREFERISCO SONO QUELLI CHE IO INVENTO PER UNA VITA CHE NON ESISTE ANCORA, IL MONDO DI DOMANI.
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CLEAR ROAD TRIP

IN MOTO PER IL VIETNAM, A PIEDI PER UN CAMPO

FIORITO FRANCESE. TRA CAOTICI BANCHI DI SPEZIE

INDIANE O IN UN SAFARI AFRICANO AL TRAMONTO.

18 TAPPE TRA PANORAMI, PROFUMI, RIVELAZIONI MISTICHE.

Nel vasto panorama dei viaggi, esplorare nuove terre va ben oltre il semplice spostarsi da un luogo all’altro. È un’esperienza che coinvolge tutti i nostri sensi, portandoci a scoprire culture, tradizioni e gusti unici che caratterizzano ogni angolo del mondo. È in viaggio, che un gruppo di amici motociclisti, attraverso i loro itinerari nel cuore del Vietnam, hanno raccolto non solo ricordi indelebili ma anche una vasta conoscenza delle botaniche locali e hanno deciso di unirle in un Gin unico, il Saigon Baigur. Ogni sorso ti porta attraverso i profumi e i sapori di un paese ricco di tradizioni millenarie.

Ci si sposta volentieri, ma è fermandosi che si ispirano i sentori di un luogo: immaginatevi immersi in un giardino francese, tra fiori delicati e note erbacee, all’ombra ventilata dello Chateau de Bonbonnet, dove nasce il Gin Citadelle Jardin d’ètè. Ogni goccia, un invito a esplorare, a perdersi tra i sentieri profumati di una natura rigogliosa.

DI JULIAN BIONDI

Un battito di ciglia e siam nella vivida natura del vasto continente africano, fonte di ispirazione del Gin che da più di un decennio ne tutela i grandi guardiani: gli elefanti. Elephant Orange & Cocoa si ispira alle botaniche africane, portandoci in mondo di colori vibranti e sapori intensi. Tra arance succose e cacao fragrante, ci lasciamo guidare da questa preziosa spezia che dal calore del continente africano ci porta in Venezuela con il Sabatini Cacao, che ridistilla il Gin di Cortona con il cacao sudamericano.

Inaspettatamente, seguiamo la sua traccia fino al Giappone, in cui le bucce di cacao sono parte fondamentale della fragranza aromatica di Cacao Etique. “What goes around comes around” direbbero gli americani di Bluecoat London Dry Gin; tutti i nodi vengono al pettine, diremmo noi. Ma se invece la vedessimo in maniera diversa? Se parlassimo di un ciclo, che si ripete e si rigenera in senso positivo? Come nel Last Episode 0,

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ESPLORARE NUOVE TERRE

VA BEN OLTRE IL SEMPLICE SPOSTARSI DA UN LUOGO ALL’ALTRO. È UN’ESPERIENZA

CHE COINVOLGE TUTTI I NOSTRI SENSI, PORTANDOCI A SCOPRIRE CULTURE, TRADIZIONI E GUSTI UNICI CHE CARATTERIZZANO OGNI ANGOLO DEL MONDO.

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il distillato fatto di scarti del sakè che, con i suoi proventi ricompra riso per fare sakè e per rifare Gin. O il Shakari Shukugawa, altro Gin del Sol Levante dall’animo si sakè.

E... non è proprio “going around” che si scoprono le cose più stupefacenti? Come quella storia del produttore di Rum venuezelano che però ama il gin, e che a forza di andare in Inghilterra a conoscerlo, finisce non solo per produrselo ma anche per commercializzare il Dictador Ortodoxy in tutto il mondo. O quella del mastro sotolero di Chihuahua, che ridistilla il sotol aggiungendoci le botaniche di un gin, e creando il Seis14 Gintol Ed è in questa “strange situation” che nessuno è veramente strano:

anche chi dice di aver ricevuto la ricetta del proprio gin direttamente in un sogno, tramandata da una mitica creatura a due code e tre occhi, lo Strangers & Sons nasce nella Third Eye distillery di Goa, e ne omaggia la grande diversità agricola. Third Eye; il terzo occhio. Al centro della nostra fronte. È quello che produce l’intuito, la capacità di sintesi. Caorunn ne incarna lo spirito, con un gin che nasce in una distilleria di whisky delle Highland e che verte su sole cinque botaniche che rappresentano il territorio: sorbo, mela coul bush, erica, dente di leone e mirto. Ed è qui, in queste terre ventose, che il viaggio potrebbe prendere direzioni inaspettate: il vento di mezzogiorno può portare a sud, tra i pescatori della costa del Suffolk e il loro Fishers Gin; la tramontana potrebbe invece trasportarci a Nord, sull’isola del ghiaccio e del fuoco, dall’Islandese Himbrini Winterbird Edition, oppure tra i campi d’orzo coltivati più a Nord del mondo, dove contadini finnici, da sei generazioni, creano la Vodka Original Organic che porta il nome della loro terra: Koskenkorva. Perché viaggiare è questo: avere una meta, ma non conoscere mai quale sia la prossima destinazione.

Salud! Come direbbero gli argentini di Principe de Los Apòstoles n

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GIN TO BE WILD

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n un giardino selvatico, spuntano fiori spontanei, tra fronde intrecciate e profumi antichi. Qui, la natura regna libera, mossa dal vento che culla i segreti della terra. Qui, in questo giardino incontaminato, pervaso da fiori di campo, arbusti odorosi, all’ombra di grandi rami ricurvi, vibra una sinfonia potente, di grazia primitiva.

Wild Garden Organic Gin valorizza il mondo originario, dove la flora, gli insetti, gli uccelli, tutti gli animali, assieme a noi umani, possiamo ritrovare

una dimensione ancestrale e spontanea.

Wild Garden Organic Gin è un distillato con 14 botaniche biologiche europee, tra cui Camomilla, Iris, Nespolo, Alloro e Polline.

Il risultato è un Gin equilibrato, armonico e perfetto per la miscelazione, sia con tonica che per la creazione di cocktail con un tocco wild.

Wild Garden Organic Gin, al naso ha una grande carica aromatica, agrumi molto presenti e tanta balsamicità, con Cardamomo e Alloro protagonisti. Accompagna con delicatezza tutto questo, una piacevole nota floreale. Al palato, il Ginepro è presente, ma non dominante, con una bella carica agrumata. La Liquirizia gioca un ruolo fondamentale in questa ricetta, arrotondando il gusto, facendo in modo che tutto trovi il suo posto al sorso.

WILD GARDEN ORGANIC GIN: IL GIN BIOLOGICO CHE ACCOGLIE LA FILOSOFIA DELLA NOBILTÀ DI UNA NATURA ATAVICA E INDOMITA.
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IS OUR HOME. LET’S KEEP IT: ORGANIC, RARE, WILD. IL
BIOLOGICO INDISPENSABILE.

RACCONTO DI MATILDE PIRAN

LE PRIME GOCCE DI PIOGGIA

Nel fitto della foresta le prime gocce di pioggia si sentono meglio perché fanno tutte un rumore diverso. Alcune cadono in alto, esplodono veloci sulle cime degli abeti e rotolano sugli aghi, altre trovano un varco nella vegetazione e rimbalzano sui cappelli dei funghi, si schiantano tra le foglie secche, spariscono assorbite dal muschio.

La Gente della Foresta ascolta l’acqua e cerca rifugio. I più piccoli si infilano tra le rocce o dentro i tronchi cavi che marciscono nel sottobosco; i più grandi volano o si arrampicano per trovare un buco nella roccia, per tornare nelle loro tane.

Quando la pioggia si fa battente, distinguere i rumori diventa difficile. Il suono non è quello di una cascata. Somiglia di più a una folla che applaude entusiasta e senza sosta, ma tra la Gente della Foresta sono in pochi a ricordarsi che cos’è una folla, che cos’è un applauso. Sono concetti quasi

svaniti, anche nelle menti dei più vecchi tra i vecchi.

Dal fondo di una piccola grotta, l’acqua che cola all’ingresso sembra una tenda scossa dal vento. Dentro, la Gente che si è radunata forma un gruppo eterogeneo ma sereno. Due di loro hanno le antenne e le muovono senza sosta e senza soddisfazione: tutto è fermo, bagnato, statico. Tutto è in pausa.

Tre bellissime ragazze siedono su un masso con le ginocchia al petto e le schiene appoggiate l’una all’altra. Sono coperte di pelo rosso e fradicio e, si capisce, hanno un po’ di freddo. Per scaldarsi si sfregano gli avambracci e il naso.

Vicino all’apertura, un vecchio con piedi e cosce di stambecco annusa l’aria con gli occhi chiusi. Sa di terra umida, di foglie marce, di torrente in piena.

Lì dentro ci sono anche degli animali - animali e basta, animali

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QUANDO LA PIOGGIA SI FA BATTENTE, DISTINGUERE I RUMORI DIVENTA DIFFICILE. IL SUONO NON È QUELLO DI UNA CASCATA. SOMIGLIA DI PIÙ A UNA FOLLA CHE APPLAUDE ENTUSIASTA E SENZA SOSTA.

antichi: quattro ragni su una sola ragnatela, due coleotteri verdi, una decina di minuscoli millepiedi e altri che, forse, nessuno riesce a vedere. Sono animali veri e quindi non sono mai tristi. La maggior parte della Gente della Foresta, comunque, ha smesso di invidiarli. Prima di invidiarli si sentiva superiore. Prima di sentirsi superiore si sentiva sola, spaventata, sopravvissuta.

Al vecchio con i piedi di stambecco capita di essere triste. Gli capita di essere triste, nostalgico, malinconico, ma anche allegro, euforico, coraggioso. Adesso, per esempio, è annoiato: il più umano tra i sentimenti residui. Il fatto è che la pioggia cade da ore. Il sole del mezzogiorno non si vede e al suo posto colano dal cielo delle saette lunghissime e poco luminose. Anche le ragazze hanno smesso di tremare e si lisciano il pelo a vicenda, pigramente, mentre i due con le antenne scandagliano le pareti

a caccia di stimoli. Il vecchio si tiene la testa tra le mani e sbuffa. Pensa a un modo per ammazzare il tempo. Strano, per uno che si è sempre sentito preda.

Gli umani, del resto, sono sempre stati strani. Sotto i lunghi capelli grigi, nella mente svelta e ruminante, il vecchio nasconde tanti segreti. Per esempio, sa cantare. Gli piace farlo sottovoce, quando è sicuro di non essere ascoltato. Oggi, però, non ha voglia di fingersi più animale di quello che è. Guarda i fugaci arcobaleni generati dagli spruzzi d’acqua e, a bocca chiusa, lascia uscire le note. Sono suoni lunghi e profondi, un misto tra una ninnananna e un antico canto di guerra: una sorpresa, una carezza, una minaccia.

Coleotteri, ragni e millepiedi si dileguano, le tre ragazzine fulve tendono le orecchie, i due con le antenne le fanno vibrare forte. Non hanno mai sentito nulla del

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genere. Tutti si alzano in piedi, su due piedi. Si allontanano, si avvicinano, si guardano confusi. Il vecchio con i piedi di stambecco non li guarda, prende coraggio, e la sua voce riempie tutta la grotta.

Nella foresta più grande del mondo un vecchio canta, sereno e malinconico. Canta per la grande foresta, ma anche per i piccoli aranci intrappolati nelle aiuole e per i platani lungo le superstrade. Canta per le file ordinate di betulle da carta e per i nidi traballanti tra le loro foglie. Canta per gli alberi di Natale. Canta per gli animali degli umani: le mucche con le teste incastrate nelle mangiatoie, i barboncini con i cappotti, i gatti grassi. Canta per i pappagalli nella neve. Canta per le cose degli umani: per le ditate sulle vetrine e per i cartoni animati, per le liste della spesa abbandonate nei carrelli infilati uno dentro l’altro, per gli aspira briciole, per i wc chimici, per gli e-book.

Nella grande foresta, un uomo animale vecchio e sporco, con la barba e i piedi da caprone, canta perché è uomo e perché è selvatico. Canta e, in un modo o nell’altro, lo sentono tutti.

Dall’altra parte del mondo, un vecchio curvo, sfamato, assonnato, con i piedi gelati nelle pantofole foderate di lana, ascolta le prime gocce di pioggia. Fanno tutte un rumore diverso. Chissà come mai. n

MATILDE PIRAN per

L’AUTRICE

Laureata in Filosofia e diplomata alla

Scuola Holden. Con Andrea Falcone ha scritto lo spettacolo teatrale Tutto storto (Marinetti Junior). Dal 2019 lavora per Holden Studios.

COSA TI HA ISPIRATO?

Rinselvatichire significa anche, in parte, rinselvatichirsi. Perché la natura può davvero sostituirci, pezzo per pezzo. E forse, se le lasciassimo prendere il controllo, potremmo darle in cambio la parte migliore di noi: la curiosità, la pigrizia più serena, una canzone senza parole.

GUARDA I FUGACI ARCOBALENI GENERATI DAGLI SPRUZZI D’ACQUA E, A BOCCA CHIUSA, LASCIA USCIRE LE NOTE. LE TRE RAGAZZINE FULVE TENDONO LE ORECCHIE. NON HANNO MAI SENTITO NULLA DEL GENERE.

“I

PESCA

l mare. Nell’immensità dell’orizzonte e della profondità, il blu si perde in un cielo sottosopra. C’è un pescatore seduto sulla spiaggia, con la sabbia tra le dita dei piedi, che non trova più i confini tra il suo corpo e quello scenario”.

DIALOGO CON JUAN CARLOS GONZALES TIO

estrarne lo spirito, inteso in ogni sua accezione.

Perché il mezcal?

Dal Pescador de Sueños, scritto da Tio Pesca stesso, assieme a Olga Villegas, poche righe, che ci consentono di cambiare registro, d’entrare in un luogo diverso, di sensi sottili Juan Carlos Gonzalez, più noto come Tio Pesca, qui ci parla del suo cammino tra le agavi da mezcal in Messico, in territori remoti, sperduti nei deserti, e piccole comunità, per ottenere succhi originari ed

«Il mezcal ha cambiato la mia vita. Fin dal primo assaggio, ho colto che era diverso dagli altri distillati e anche per come ogni tipo di agave mutasse in relazione al terreno e alla comunità che lo coltivava.

Per certi villaggi, l’agave è tutto: è succo dissetante, cibo, sciroppo, fibre per tes-

suti, utensili, mobili, materiale per la costruzione e quant’altro comporti la loro sopravvivenza. Quindi, distillare quella pianta è come estrarre lo spirito di quella terra, della comunità, delle sue tradizioni, la memoria dei suoi antenati».

Dove si trovano?

«Catarina de Minas, Matlàn, Sola de Vega, Miahuatlán, sono comunità remote, in altopiani desertici, con quote che variano

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dai 1.000 m slm, fino ai 3.000 m slm, da quelle parti non si passa certo per caso e i metodi sono rimasti autentici».

La raccolta è rispettosa e la lavorazione è artigianale, grazie alla perizia dei Maestri distillatori locali, che hanno ancora in uso strumenti utilizzati da sempre, in rame o terracotta.

Là si considerano i tempi e le buone maniere, seguendo un punto di vista spirituale nel processo di creazione. Il viaggio nel sublime

inizia dalla scelta dell’agave che cresce in un ciclo vitale dai 7 ai 40 anni, assorbendo l’esperienza e l’energia della terra e della pioggia. Dopo la raccolta e la pulitura, l’arrostimento suggella lo spirito nelle celle vegetali. Tramite la martellatura con il Tahona, lo si libera: il nettare che ne è estratto, esce lentamente, cosicché, nell’ossigenazione, acquisisce una nuova vita, da condividere

con i mortali. Trova poi casa in botti di cipresso di Montezuma, con pelli animali e pietre, a fermentare Il momento della distillazione è la purificazione dell’anima del mezcal, riposto in pentole di terracotta, rame o pietra, messe sul fuoco: dai loro vapori, nasce l’Acqua della Vita.

Cosa l’ha spinta alla ricerca di queste micro-realtà?

«Avevo anche visitato i più grandi produttori nazionali di tequila e mezcal, ma là non c’era l’anima, non c’era la profondità. Nella produzione industriale non rimane alcunché della parte più importante di quei distillati».

In Messico, sono state identificate ben 42 specie di agave e, solo per il mezcal, dalle parti di Oaxaca, si lavorano 18 specie. E con la sua peculiare sensibilità, Tio Pesca ha colto distintamente, per ogni tipo di pianta, proprietà, energie e caratteri diversi: «Non sono né un chimico o un biologo: quello che ho avvertito descrive più un percorso esoterico, di frequenze universali, vicino ai principi dei fiori di Bach. Così ho seguito dei corsi dove ho imparato a interrogare le agavi e a ottenere da loro delle risposte Ma non mi sono fermato lì, ho anche

fatto fare ricerche geologiche dei territori nelle valli di Oaxaca e degli altopiani del sud, dove s’è trovato che i diversi minerali comportano una certa composizione molecolare e dei distinti corredi genetici nelle piante. C’è stata anche la conferma dalla chimica: adrenalina (eccitazione), serotonina (equilibrio emozionale), acetilcolina (memoria, velocità di pensiero), dopamina (energia, motivazione) sono alcune delle sostanze che si combinano differentemente per tipologia di agave, a portare proprio gli stessi effetti sui neurotrasmettitori che avevo riconosciuto, pianta per pianta». Così dal selvaggio Coyote, il mezcal ti induce a una ricerca introspettiva; per un senso di libertà, c’è Mexicano, floreale e balsamico; la sensualità arriva dalle note calde e voluttuose di Madre Cuishe; Arroqueño, il nobile del silenzio, ti porta saggezza; nel Tobala trovi la motivazione nei i tuoi obiettivi; nei prodigiosi aromi del Jabalì, il senso d’abbondanza; dall’ Espadin, la socialità della festa tra amici… e così via.

Il debutto di Tio Pesca è una bottiglia iconica, in argilla nera, artigianale, a forma di corno di toro, a richiamare i boccali in uso nelle vecchie taverne. C’è la sua firma: “ El Pescador de Sueños”.

Ma perché “Pescatore di Sogni”?

«Perché nel cercare l’agave e nel mettermi in contatto con lei, è stato come entrare in una sorta di sogno vigile e quando sono riuscito a cogliere la sua voce, le risposte sono arrivate ed erano vere, esatte».

Quindi nei sogni c’è la verità?

«Proprio così: nei sogni c’è la verità». n

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È

cosi che solitamente definiamo le persone che producono i distillati di agave, mezcal, tequila, raicilla…

Dopo dieci anni di viaggi in Messico, dopo aver guidato per migliaia di chilometri al punto da perderne il conto, dopo essere andato nei luoghi più remoti di questa terra per conoscere queste persone e il loro lavoro, posso affermare con convinzione che non è il termine giusto per identificarli, e che l’espressione maestro mezcalero, comunemente usata in Messico, forse nemmeno basta per definire la loro arte: questi uomini e queste donne hanno spesso una storia incredibile alle loro spalle che è difficile etichettare.

Non potrò mai dimenticare il

giorno in cui mi hanno portato in un Palenque, così vengono chiamate le distillerie a Oaxaca, che abbiamo raggiunto viaggiando per circa quattro ore sul cassone di un pick-up attraverso una strada sterrata di montagna. Siamo stati accolti a casa di tio Pedro, un uomo anziano che vive con tutta la sua famiglia in questo luogo sperduto, senza connessione e completamente immerso nella natura; un posto incredibile con poche case che noi definiremmo catapecchie, ma al cui interno si possono trovare infiniti dettagli che ci raccontano la vita di queste persone, rappresentata anche dagli altari tradizionali che nel Dìa de los muertos vengono decorati con doni per i loro defunti e che rievocano in qualche maniera

anche la tradizione ancestrale precedente alla conquista spagnola.

Visitare quel Palenque è stata un’esperienza incredibile, una distilleria senza pareti, coperta da una tettoia di lamiera con alambicchi a picco sulla montagna, che si affaccia su una grande vallata.

Il senso di libertà che tutto ciò mi ha fatto respirare è un ricordo ancora vivo e vedere quell’uomo lavorare con tanta serenità, senza alcuna tecnologia a disposizione, ma con una meticolosità più precisa di un foglio di calcolo Excel, mi ha fatto capire che dietro a questi distillati c’è la mano di un uomo che rispetta una tradizione tramandata di padre in figlio da generazioni.

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DI ROBERTO ARTUSIO

È forse proprio questa loro dedizione a insegnare qualcosa che è scritto nella memoria e non sui libri, il motivo per cui vengono chiamati Maestri. Sono persone semplici, basilarmente dei capesinos che allevano bestiame, coltivano la loro terra per ricavare i beni primari per vivere, e producono distillati per loro e il loro villaggio da consumare durante le giornate cerimoniali, esattamente come si faceva nelle comunità preispaniche con il pulque, un liquido che scalda il cuore di queste persone nel quotidiano e che li connette con la loro dimensione di vita.

Spesso, quando noi parliamo di distillati di agave, li paragoniamo ai vini, parlando del terroir della pianta e di tutti gli elementi che ci vengono donati dalla natura. Ritengo che anche la mano del maestro faccia parte del terroir, quello che io definisco tecnico, e che ne delinea lo stile e soprattutto la scelta dell’attrezzatura.

Il maestro Lalo mi raccontò un giorno che ognuno ha il suo machete, spesso fabbricato in base alle esigenze personali, quasi

a diventare il prolungamento del proprio braccio. Se pensiamo inoltre a tutte le varie forme di alambicchi, da quelli in terracotta a quelli in pietra e legno per arrivare al rame, notiamo che hanno stili diversi usati in zone ben specifiche del Messico.

Viaggiando mi sono reso conto che queste persone

hanno qualcosa in più e mi piace definirli esattamente come mi ha insegnato il mio grande amico Asis Cortez: “Coloro che rispettano la natura e la tradizione e che tramandano il gusto storico del distillato più rappresentativo del Messico, possono essere definiti Guardiani del Mezcal. Grazie Dixeebe!” n

È FORSE

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PROPRIO QUESTA LORO DEDIZIONE A INSEGNARE QUALCOSA CHE È SCRITTO NELLA MEMORIA E NON SUI LIBRI, IL MOTIVO PER CUI VENGONO CHIAMATI MAESTRI.
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QUESTO CONNUBIO È IL

RISULTATO DI UNA PASSIONE

PROFONDA PER LA CURA DELLA

MATERIA PRIMA E PER LA RICERCA DI PRODOTTI

AUTENTICI E SOSTENIBILI.

terroir
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& DISTILLATI D’AGAVE VINO

Questioneterroir di

Nei prestigiosi ambienti dei wine bar, dove l’eleganza si fonde con l’arte del gusto, sta emergendo una tendenza affascinante: l’unione tra il mondo delle agavi e i palati sofisticati dei frequentatori, con un’attenzione sempre crescente alla vendita di vini naturali. Il viaggio inizia nelle terre assolate dove le agavi prosperano, dai paesaggi suggestivi del Messico come per Tequila Ocho Puntas, prodotto artigianalmente dai campi di agave a Los Altos, Jalisco e nell’area di Arandas, Messico, dove l’agave matura lentamente, donando profondità e complessità al distillato.

Qui, agricoltori devoti coltivano le piante con amore e rispetto per la natura, seguendo antiche tradizioni tramandate di generazione in generazione. Un esempio di questo è la produzione dei mezcal come Sotoleros Lupe e Vago - Elote by Hijos de Aquilino che racchiudono nelle loro bottiglie le note aromatiche che richiamano tempi antichi e tradizioni secolari. Una volta giunte a maturazione, le agavi sono raccolte con cura e trasformate in distillerie artigianali, dove mastri distillatori esperti lavorano con metodi tradizionali per preservare l’autenticità e la purezza degli ingredienti. Un altro esem-

pio è Tequila Vecindad, distillato da agavi cresciute a 1200 m sul livello del mare nella Tea Valley in prossimità del vulcano Tequila che conferisce al prodotto note erbacee, aggrumate e una spiccata ricchezza minerale. Ma la vera magia avviene quando questo distillato si unisce alla crescente offerta di vini naturali nei wine bar. I vini naturali, prodotti con uve coltivate senza l’aggiunta di sostanze chimiche, rappresentano l’espressione autentica del terroir e dell’arte del vignaiolo. Questi vini, con la loro vivacità e complessità, offrono un’esperienza sensoriale unica che si integra perfettamente

terroir

con i distillati di agave, come Ninfa (una raicilla che genera un’esplosione di aromi floreali leggermente citrici in contrasto con note affumicate e dolci) creando combinazioni sorprendenti e indimenticabili. Nei wine bar, questa filosofia si traduce in un’offerta diversificata e stimolante, che celebra la bellezza e la diversità del mondo dei vini naturali e delle agavi, come Clande Sotol, Seis14 e Oro de Coyame, rappresentativi dei terroir di Chihuahua. Non dimentichiamoci di Durango, un altro terroir rappresentativo per il sotol che dà i natali a Coyote Sotol Triunfo del Desierto n

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DI PATRICK PIAZZA

VINIeVINATAS

Tequila, Pox, Mezcal, Lechuguilla, Raicilla, Bacanora sono tutti prodotti dell’agave, una pianta che in Messico è presente in oltre 40 specie che cambiano in base al clima e alle caratteristiche del terreno, così da produrre altrettanti, peculiari, distillati finali.

Se si considera, poi, che il Messico è il quattordicesimo Paese al mondo per estensione - l’equivalente di circa la metà della superficie dell’intera Comunità Europea - diventa subito evidente di come possa racchiudere una grande varietà di territori e di microclimi.

E per ogni zona che ospita l’agave, c’è un’influenza diversa che comporta modifiche importanti alla pianta: a iniziare dai tempi di maturazione, che variano dagli 8-10 anni ai leggendari 25-30 anni, fino alla dimensione della piña, alla resa in produzione, alle caratteristiche organolettiche che determinano il sapore del prodotto finale. Inoltre, capita spesso che il territorio e il clima influenzino le tecniche stesse di

lavorazione. Come nel caso delle “vinatas”, del nord del Messico, distillerie ex-clandestine molto comuni di quelle parti, produttrici di Lechuguilla, con cottura in forni ipogei, e dell’iconico Sotol.

Dunque, la grande differenziazione del suolo e del clima messicano, e la sua relazione nello sviluppo dell’agave, determina un valore apprezzabile che va a sovrapporsi a ciò che accade anche in ambito vinicolo.

Di conseguenza, se si parla di “terroir” per il vino, perché non parlare di “terroir” anche per i distillati messicani?

S’è comunque mantenuta l’attenzione di chi propone vini, ma anche di chi li beve, sui territori di produzione e di provenienza della materia prima.

Soprattutto negli ultimi tempi, c’è una crescente apertura da parte degli osti dei Wine Bar verso gli Spirits, specialmente quelli che, come il mezcal, sono frutto di una lavorazione artigianale ancora molto radicata alle piccole comunità con una forte connessione con la “naturaleza”.

Nel vino, il concetto di “terroir” abbraccia uno spettro vasto di fattori che influenzano e plasmano il carattere del prodotto che troverai nel tuo calice, elementi attivi presenti dalla vigna alla cantina. Inoltre, con il riscaldamento del clima, s’è presentata un’ulteriore variabile: se alcuni terroir ne stanno risentendo, altri ne stanno traendo beneficio, così che certe zone che risultavano troppo fredde per la coltivazione, oggi stanno diventando sempre più interessanti, cambiando la mappatura delle terre da vino, stagione per stagione.

Ritornando al concetto di terroir e di forte cambiamento nel mondo del vino - come l’ascesa dei prodotti naturali - è cruciale evitare semplificazioni, soprattutto in un momento nel quale bevibilità e freschezza stanno prendendo piede su struttura e complessità

Così come per il nuovo grande interesse per l’agave, per apprezzare appieno il sempre più variegato mondo di Bacco, è necessario coltivare curiosità e consapevolezza. Perché il vino è un’arte raffinata. Solo così si potrà cogliere appieno la bellezza e la varietà che il mondo della vigna, così come quello delle agavi e di tutti gli altri spirits, ha da offrire

Scelta completa dei nostri vini su elementoindigeno.com

Proprio in questi Wine Bar, c’è chi ha unito la tradizione dei distillati d’agave, con particolare attenzione alle produzioni ridotte, che esprimono note persistenti del terroir e forti richiami a “la flor”, con quella del vino. Tra le nuove sperimentazioni, anche il Tinto de Mezcal, una bevanda inventata poco fa, nel periodo del Covid, che non è un vino ma nemmeno un superalcolico, dove però il vino affina in botti di legno impregnate di mezcal. O il metodo di produzione dell’azienda di Tequila Komos che affina i suoi distillati in barriques di rovere francese, precedentemente utilizzate per l’invecchiamento di almeno due vintage di vini della Denominazione Sonoma, California.

90 vino
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DI ALESSANDRO SALVANO
DALL’UVA ALL’AGAVE, UNITI NELLA VARIETÀ, DAL TERROIR E ORA ANCHE DAL CONSUMO.
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vino LA GRANDE DIFFERENZIAZIONE DEL SUOLO E DEL CLIMA MESSICANO, E LA SUA RELAZIONE NELLO SVILUPPO DELL’AGAVE, DETERMINA UN VALORE APPREZZABILE CHE VA A SOVRAPPORSI A CIÒ CHE ACCADE ANCHE IN AMBITO VINICOLO.
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APRENDIZ

ESPADIN JOVEN

Affumicato e minerale. Pietra focaia e spezia pepata.

YUU BAAL PECHUGA

Un naso pieno di agrumi, erbe, frutta e spezie, dove all’inizio si possono percepire note di arancia, anice, ananas e mango.

NINFA RAICILLA

Limpidezza e purezza. Note verdi con un palato asciutto, meditativo.

CLANDE

TAVI TORRES JOVEN

100% AGAVE LOTE 6

Forti profumi di sottobosco, sentori affumicati, finale persistente.

ARROQUENO

Dolce, affumicato, salato. Note che si alternano continuamente. Formaggio Cojita.

AFFUMICATA e complessa

YUU BAAL JOVEN

WILD ESPADIN

Esplosione di carne affumicata, papaya secca, arancia, polline fresco. Intenso.

DELICATAe rotonda

OCHO AÑEJO

Castagne arrosto, pompelmo, anice e scorza di arancia. Finisce con note vegetali caramellate.

KOMOS REPOSADO

ROSA

Petali di rosa, cannella, mela caramellata. Complesso con un finale di fragole e cioccolato.

VEGETALE e balsamica

VECINDAD BLANCO

Vegetale e leggermente balsamico. Note agrumate e floreale. Finale speziato.

LOS ARANGO BLANCO

Ricco sapore di agave tostata e erba fresca verde, soave e delicata.

qué nota

RAI06128 TEQ07370 MEZ07038 MEZ07369 SOT07179 MEZ07382 MEZ05407
TEQ05998 TEQ07535
TEQ04566

SPEZIATA e floreale

KOMOS ANEJO

RESERVA

Caffè e caramello toffee. Scorza di agrumi. Persistente con pimento nel finale.

OCHO BLANCO

Pepe nero, freschezza del limone e piccantezza del lime accompagnano l’aroma dell’agave cotta.

MINERALE e terrosa

123 UNO ORGANIC BLANCO

Terrosa, agrumata ed erbacea. Minerale.

YUU BAAL JOVEN

Carne affumicata, papaya secca, arancia, polline fresco, brezza di fiori primaverili.

SEIS14 GRAND SOTOL JOVEN

Terra arida, caldo. Note vegetali, liquirizia, finocchietto, affumicato e abbrustolito con sentori di clorofilla.

COYOTE TRIUNFO

DEL DESIERTO DURANGO

Frutta secca e mandorla accompagnata da note minerali. Finale burroso con note di lieviti.

CITRICA e fresca

SOTOLEROS NANDO

Y LALO - LOT 11

Menta, cacao, gesso e peperoni secchi. Profondo.

ILEGAL JOVEN

Mela verde e note balsamiche, chiudono note citriche e lievemente piccanti.

VAGO BLACK LABEL

BARRENO

Una consistenza viscosa riveste la lingua con un palato vegetale e un finale elegante e minerale.

DESERT DOOR

Ruvido e prepotente con note erbacee e acide si appoggiano su un terreno sabbioso.

CRANEO

Fumo dolce, agrumi, banana verde e pompelmo

suena

TEQ07533 TEQ05996 MEZ04537 SOT06205 TEQ07693
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Attraversiamo il Messico, per la mixology di culto e strepitosi azzardi con l’agave come la michelada, la chelada, il batanga.

Se Festa Mobile (Ernest Hemingway, anni ‘20) fosse ambientato ai giorni nostri molto probabilmente potrebbe dislocarsi per i locali del Messico, dalle spiagge di Cancún, alle polveri del deserto del Chihuahua alla caotica Tequila (la città) e a fare da fil rouge tra, città, regioni, tradizioni e non da meno parecchi giramenti di testa, l’agave, sua maestà.

Sono molte le bevande tradizionali che vengono consumate

senza nulla togliere al Margarita, o al Paloma che, perché no, con un Ilegal Mezcal Joven - per una nota affumicata - le bevande più consumate sono ben altre. Pronti? Partiamo!

Sicuramente posto d’onore per il CHELADA , una birra leggera al quale aggiungere un pizzico di sale, succo di lime per scioglierlo e una dose generosa di Tequila Ocho Blanco; basterà sommare anche 6 cl di succo di pomodoro un mix di spezie per condire, e nascerà così il MICHELADA , straordinariamente gustoso specie se il tequila utilizzato è la realise speciale di Ocho Blanco Red Edition Dias de los

AGAVE COCKTAIL

DOMENICO
DI
DRAGONE
bar TEQ05996 TEQ07370

Muertos Entrambe queste bibite sono accompagnate da un bordo salato e speziato e sono enormemente diffuse al punto che molti brand famosi di birra producono solo per in Messico delle versioni già miscelate.

Il BATANGA poi, molti dicono sia la versione messicana del Cuba libre, io posso assicurare che è un vero è proprio joie de vivre, Vencidad Blanco, verde e minerale con succo di lime, pizzico di sale, ghiaccio e cola a colmare, sempre un bel bordo condito da cristalli di sale e siccome noi siamo proprio a “la Capilla”, dove è stato inventato, abbiamo a disposizione un coltellaccio da bistecca per girarlo, buffo pensare di dare tante armi bianche a disposizione di tanta gente contemporaneamente, ma siamo in Messico e qua tutto è possibile.

Quando il nostro viaggio si è spinto agli estremi, nei deserti, tra una stazione di servizio e una baracca dove passare la notte, troveremo sicuramente in gentili locals che con le loro copite ci offriranno del mezcal magri proprio dei Yuu Baal Joven, Medrecuixe o Espadin a seconda della pianta utilizzata, le copite, se ve lo state chiedendo, sono delle caratteristiche coppette in terracotta (o simili) di pochi centilitri di capienza che si usano per shottare più che sorseggiare i distillati locali, e se c’è un distillato assolutamente da provare “tutto d’un fiato” questo è sicuramente Yuu Baal Pechuga, un prodotto preparato solo in occasioni speciali, come la morte di un maestro mezcalero ad esempio, a me piace orlare il bordo del bicchiere con sale e paprika piccante, godurioso.

Quando diciamo Pechuga (letteralmente petto di pollame) parliamo di un distillato tradizionale di agave ma al quale sono stati aggiungi in alambicco ritagli di carne, sorprendentemente rotondo e saporito.

È tempo di tornare a casa, qualunque essa sia, ma prima un ultimo shot di Pox Siglo Cero chicca ancestrale di origine Maya, ottenuta dalla distillazione di agave e mais assieme, rotondo e piacevole, ottima base anche per la produzione di liquori fatti in casa o al bar!

«Se hai avuto la fortuna di vivere in Messico da giovane, dovunque tu possa poi andare per il resto della tua vita, il Messico te lo porterai sempre con te, perché è davvero una festa mobile». (semi cit.) n

POX06174 MEZ05824 MEZ07038 MEZ04537 MEZ07369

Amio modo di vedere le cose, se c’è uno spirits che incarna al 100% il concetto di tradizione, rispetto della natura e ricercatezza della materia prima, senza dubbio la mia scelta ricade

sugli Agave Spirits, al di fuori da ogni qualsivoglia distinzione. Tradizione, sostenibilità e materia prima sono i tre pilastri sui quali si basano anche molte proposte gastronomiche in gran spolvero ai nostri giorni. Ho

AGAVE

voluto marcare lo straordinario connubio che si crea miscelando un Tequila o un Mezcal con la tradizione gastronomica messicana, che neanche a farlo apposta nelle proposte che seguiranno, si presenta completamente vegetariana. Vi lascio ai suggerimenti del grande bartender Filippo Sisti e dello Chef Esther Dragone che hanno pensato per noi e per voi abbinamenti assolutamente da mettere alla prova. D.

RISTO

BOMBÓN DE NOPAL

Bocconcino di nopal (pala di cactus) e gel di lime. Boccone fresco e pulito adatto come benvenuto o pre dessert.

KOMOS ANEJO

CRISTALLINO

L’aromaticità e la freschezza sono parole chiave per Komos Anejo Cristallino, gli agrumi e la frutta tropicale spiccano ad ogni sorso, sorseggiato prima del pasto, magari con una goccia di olio evo sopra, di modo da avere rotondità e persistenza nel gusto.

QUESADILLA OAXACAN

Quesadilla di mais verde Oaxacan (tortilla di mais farcita di formaggio e piastrata) con queso manchego anejo (formaggio di vacca stagionato), chutney di tomatillo,cipolla e cumino. Piatto unico completo.

5 de mayo

5 cl ocho reposado, 2 cl lime, purea tomatillo (2 cl acqua pomodoro),

1 cl sciroppo di mais

OCHO REPOSADO

L’invecchiamento di 8 settimane dono a Ocho Reposado quella morbidezza necessaria per un utilizzo sia in miscelazione che in cucina, l’abbinamento con le note fresche e vegetali del tomatillo sono perfette, in alternativa si può usare del pomodoro fresco.

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D. club
TEQ05997 TEQ07534 DI ESTHER DRAGONE E FILIPPO SISTI

AGUACHILE EN EL JARDÍN

Aguachile (acqua-peperoncino-lime-cetriolo e cipolla) di chayote, ravanello e tomatillo. Antipasto fresco ma dal sapore pungente e deciso.

YUU BAAL EXPERIENCE

Mezcal Yuu Ball, il territorio e l’artigianalità si percepiscono ad ogni sorso, l’affumicatura si sente ma non è invasiva, perfetta in miscelazione, gocce di lime e una soda agrumata faranno la differenza, è indicato per l’accompagnamento di piatti freschi e speziati.

TRADIZIONE,

SOSTENIBILITÀ E MATERIA PRIMA SONO I TRE PILASTRI SUI QUALI SI BASANO ANCHE MOLTE PROPOSTE

GASTRONOMICHE IN GRAN SPOLVERO AI NOSTRI GIORNI.

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UNO ORGANIC BLANCO

Sostenibilità, purezza e tradizione, si percepiscono ad ogni sorso, tequila uno organic è perfetto in miscelazione, con frutta tropicale o con frutta a guscio.

GORDITAS VERANIEGAS

Gorditas (piccole tasche di farina di mais bianco) con peperone verde arrosto, Pico de gallo (salsa grossolana a base di pomodoro, cipolla, peperoncino, coriandolo e lime) e queso Panela (formaggio fresco da latte scremato leggermente salato e compatto) Portata adatta per stuzzicare durante l’aperitivo.

KOMOS REPOSADO ROSA

Le note fresche di frutta di questo splendido tequila donano il massimo della loro espressività nella bevuta liscia, alcune gocce in una citronette daranno più profondità al nostro piatto.

CHOCOLATE ESPECIADO

TIO PESCA

Note minerali e di terra, erba fresca e frutta, perfetta per la miscelazione anche da taglio, nel margarita gioca in casa, grazie alla sapidità minerale e le note erbacee, da bere liscio con dessert con note di cacao e frutta secca.

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Taco dolce al cacao con composta di tunas (fico d’india) e peperoncino. TEQ07535 MEZ06187 TEQ04944 MEZ07663

indice alfabetico prodotti

Acquavite

OP ANDERSON pag. 63

Armagnac

BORDENEUVE pag. 63

Aromatic Bitter

DASHFIRE pag. 33

FEE BROTHERS pag. 33

Awamori

SAKIMOTO SHUZO pag. 22

Bacanora

RANCHO TEPUA pag. 88

Birra

TESTADARIETE pag. 26/27

Bitter

ROUGE pag. 21

Cachaça

MAGNÍFICA pag. 42

Calvados

CHARLES DE GRANVILLE pag. 63

COQUEREL pag. 63

Cane spirit drink

CHARANÍ pag. 42

THE DEMON’S SHARE pag. 39

Cognac

COUTANSEAUX pag. 62/63

FERRAND pag. 62

POIRES DE VIE pag. 63

Gin

400 CONIGLI pag. 75

AKORI pag. 75

BLUECOAT pag. 78

BOND STREET pag. 74

BOSQUE pag. 71

CACAO ETHIQUE pag. 78

CANAIMA pag. 71

CAORUNN pag. 79

CITADELLE pag. 71/74/77

DICTADOR pag. 78

ELEPHANT pag. 68/69/70/77

FISHERS pag. 79

FLOWER GOOD pag. 71

GIL pag. 74

GIN MARE pag. 71

GIN MARE CAPRI pag. 74

GINNASTIC pag. 73

LAST EPISODE pag. 78

MARTIN MILLER’S pag. 71/75

MG pag. 75

NO. 209 pag. 78

PRINCIPE DE LOS APÓSTOLES pag. 78

SABATINI pag. 71

SAIGON BAIGUR pag. 77

SAKARI pag. 78

SEIS14 pag. 79

STRANGER & SONS pag. 78

VOR pag. 79

WILD GARDEN pag. 71/80

Lechuguilla

CLANDE pag. 87/92

Liquore

ABRACADABRA pag. 31

ARAK pag. 25

BERGAMOTTO FANTASTICO pag. 32

DIAMANTE pag. 32

DOPOLAVORO pag. 22

FERRAND pag. 32

FRACK pag. 22

GALLICUS pag. 30

GIOCONDO pag. 31

INTERVALLO pag. 31

JEFFERSON pag. 21

KOSKENKORVA pag. 33

MADAME MILU pag. 32

MANDRAGOLA pag. 31

MANFREDI pag. 29

MERAVIGLIOSO pag. 21

MR. THREE & BROS pag. 30

SALVIA & LIMONE pag. 30

SATHENAY pag. 32

THE GIBSON pag. 32

VALHALLA pag. 31

WASHINGTON pag. 28

XILA pag. 33

Low

SABATINI pag. 25

Mezcal

APRENDIZ pag. 92/95

CRANEO pag. 93

ILEGAL pag. 93/95

TIO PESCA pag. 84/86/92/97

VAGO pag. 87/88/93

YUU BAAL pag. 92/93/95/97

98

Nigori

ASAHARA pag. 30

SAKARI pag. 30

Pisco

CAMPO DE ENCANTO pag. 63

Porto

QUINTA DAS CARVALHAS pag. 63

Pox

SIGLO CERO pag. 95

Raicilla

NINFA pag. 89/92

VECINDAD pag. 87/89

Ready to drink

ELEPHANT pag. 22

SABATINI pag. 22

Rum

A 1710 pag. 43/48

AGRICOLA DA MADEIRA pag. 49

CANEROCK pag. 38

DICTADOR pag. 46

DILLON pag. 43

DIPLOMÁTICO pag. 42/49

DOMAINE DE SÉVERIN pag. 43

EL DORADO pag. 43/47

KINGSYAAD pag. 48 LONG POND pag. 48

MONYMUSK pag. 48 PHRAYA pag. 39/41 PLANTATION pag. 40/41/47 PLANTERAY pag. 39

PROHIBIDO RON pag. 39

SANTA MARIA pag. 49

VULCAO GROGUE pag. 41

Sake

SAKARI pag. 24

Sodato

AQUA MONACO pag. 25

EAST IMPERIAL pag. 25

FLOWER GOOD pag. 25

MATCH TONIC pag. 24

Sotol

COYOTE pag. 87/88/93

DESERT DOOR pag. 88/92

ORO DE COYAME pag. 88

SEIS14 pag. 90/93

SOTOLEROS pag. 87/93

Tequila

123 pag. 93/97

KOMOS pag. 92/93/95/97

LA DAMA pag. 89

LOS ARANGO pag. 92

OCHO pag. 89/92/93/94/96

VECINDAD pag. 92/94

Vermouth

GIOVANNONI pag. 22

Vermouth di Torino

CARLO ALBERTO pag. 18/19/22

Vino

BOISSON VIVANTE pag. 90

CACIQUE MARAVILLA pag. 90

DWNL pag. 22

PU WINES pag. 90

SÉLÉNÉ pag. 91

SIFER WINES pag. 91

TAVARES DE PINA pag. 91

VIÑA CASALIBRE pag. 91

VINILIBRE pag. 90/91

Vino fortificato

FERRAND pag. 63 Vodka

KOSKENKORVA pag. 30/75 Whiskey FEW pag. 57 HEAVEN’S DOOR pag. 57 RARE HARE pag. 57 SIERRA NORTE pag. 59

99
AIKAN
56 ANCNOC
52 BM SIGNATURE
56 BRENNE pag. 56 FLÓKI pag. 56 GLEN SCOTIA
51 HANKEY BANNISTER pag. 52
OF McCALLUM pag. 52 INDRI pag. 58 KENSEI
58 KINGSBARNS pag. 50 LEVANT HIGHLANDS pag. 59 LEY SECA
59
LOMOND
MATTHEW
55
CONNELL’S
54 MILLSTONE ZUIDAM
56 NOBLE REBEL
52 OLD PULTENEY pag. 51 PEAT’S BEAST pag. 53 SPEARHEAD pag. 52 SPEYBURN pag. 50 TOKINOKA pag. 58 WEMYSS pag. 52
WIDOW JANE pag. 57 Whisky
pag.
pag.
pag.
pag.
HOUSE
pag.
pag.
LOCH
pag. 50/53
pag.
MC
pag.
pag.
pag.
STAGIONE 1 8 055731 572762

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