ASSESSORATI CULTURA E TURISMO Il sindaco Arch. marco melgrati L’ASSESSORE ALLA CULTURA e AL TURISMO DOTT.SSA MONICA ZIONI
Dal 26 febbraio al 21 marzo 2010 a cura di Nicola Davide Angerame e Pietro Cattaneo
alassio EX CHIESA ANGLICANA
info: chiesaanglicana@gmail.com
www.anglicana.alassio.eu
un ringraziamento speciale a tutti i prestatori delle opere
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Quando lo scorso 16 marzo 2009 Carlo Cattaneo si è spento, a 79 anni dopo una vita spesa a favore dell'arte e della bellezza, la stampa e i critici lo hanno salutato come “uno dei più noti pittori ed incisori liguri del Novecento”. E' con sincera commozione che ricordo l'amico Carlin durante l’ultima mostra personale che la sua città gli ha dedicato nel 2003. Allora aveva scelto lui i dipinti e i disegni con i quali voleva mostrarsi ai suoi concittadini. In questa occasione accade invece che gli amici d’infanzia, i suoi collezionisti di Alassio, Andora ed Imperia, il figlio Pietro e una sua importante collezionista di Roma, abbiano messo a disposizione opere che risalgono anche fino a cinquant’anni fa, spesso inedite. Dietro ciascuna di esse c’è una storia e dietro ogni storia un pezzo di vita, che è insieme biografia personale e ricordo comune: vita dell’artista e passato di una città che è rimasta se stessa cambiando nel corso del tempo, come è inevitabile che avvenga. Questa mostra, rende omaggio a Carlin ad un anno dalla sua scomparsa, ma è anche l’occasione per raccogliere insieme la memoria alassina, attorno a ricordi di prodezze giovanili, successi professionali e incontri importanti. Come quelli avvenuti con Papa Paolo VI, con i Presidenti della Repubblica Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro e con l’amico e sodale Guido Ceronetti o come il Premio Nazionale Presidente della Repubblica ricevuto dall’Accademia Nazionale di S. Luca. Senza elencare i moltissimi amici, spesso prestatori di opere importanti e meno conosciute, di cui sono attenti custodi. Grazie alla sezione documentaria, questa mostra è anche un “amarcord” in grado di coinvolgere gli alassini e di affascinare i turisti, che potranno conoscere più a fondo la vita e le opere di uno dei maggiori artisti alassini che si è distinto nel panorama della cultura nazionale per le sue doti e la passione. Questa mostra vuole essere un omaggio ad un amico e ad un Grande Alassino, che, anche vivendo a Roma, famoso e ricercato, portava la Sua "Alassio" nel cuore, come noi porteremo lui. il Sindaco Marco Melgrati
Carlo Cattaneo viveva a Roma da molti anni, ma manteneva forti legami con Alassio, la sua città di origine. Quando nel 2003 organizzano insieme la sua grande mostra retrospettiva presso la Ex Chiesa Anglicana, non pensavamo ad una seconda grande mostra antologica che invece è diventata doverosa dopo la sua scomparsa, al fine di ricordarlo ma anche di mostrare altre opere e altri aspetti del suo lavoro. Carlo Cattaneo è una figura complessa e articolata di artista, oltre che personalità di spicco nella cultura cittadina. Negli anni cinquanta, e poi successivamente, è stato amico e frequentatore del gruppo di artisti operanti in Alassio di cui facevano parte Carlo Levi, Giovanni Gromo, Giuseppe “Baby” Bechi, Galeazzo Viganò e Felice Andreasi. Cattaneo fu anche scultore e ceramista, e significativo interprete di quella tensione ideale che ha spesso spinto i grandi personaggi alassini al di là dei confini cittadini in cerca di affermazione. Carlo ha scelto Roma per i suoi studi, più precisamente l’Accademia delle Belle Arti. La sua prima mostra risale al 1949. Nel 1971 vince il premio Mazzacurati. Nel 1972 viene invitato alla Biennale di Venezia. Nel 1987 riceve il Premio per la pittura alla XXX Biennale Nazionale d’arte Citta’ di Milano. Nel 1991, a Palazzo Braschi, Roma gli dedica la sua prima mostra antologica, di enorme successo. Nel 1994 gli viene conferito il Premio del Presidente della Repubblica dall’Accademia Nazionale di S. Luca. Nel 1995 riceve a Roma il Premio Michelangelo Buonarroti, insieme a personaggi di spicco della cultura e della scienza italiana, come Roberto De Simone, Giancarlo Menotti, Sergio Quinzio, Carlo Rubbia e Giorgio Soavi. Finissimo incisore e amante appassionato del disegno in ogni sua forma e tecnica, Cattaneo ha illustrato nella sua sessantennale carriera moltissimi libri, spesso con incisioni originali. Ha attraversato vari generi, mantenendo come caratteristica principale uno stile espressionistico venato di malinconia. In molti lo hanno apprezzato per la sua capacità di essere un uomo di spirito, spesso allegro e un po’ burlone, ma anche un artista profondo, che ha riflettuto con passione sui temi più impegnativi della spiritualità e della religione. Con la sua scomparsa, Alassio ha perso un grande artista, un vero intellettuale, che ha sempre avuto la propria città nel cuore e a cui ha donato importanti dipinti. Che resteranno nel tempo a imperitura memoria di un artista generoso e bene amato dai suoi concittadini. l’Assessore alla Cultura Monica Zioni
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Come tutti, ho avuto una vita misteriosa anche per me. Carlo Cattaneo
…continuo ogni giorno questa specie di libro, questo romanzo che ha tanti capitoli. lo sono notturno come persona, mi piace molto la notte; la notte é diventata il soggetto preferito dei miei ultimi quadri; e ogni quadro che faccio é anche un mio autoritratto. Sono io che cammino dentro la notte, con il profumo degli alberi, verso la terra. Carlo Cattaneo Cattano non ama i temi di denuncia sociale, non ama i soggetti tragici pur amando la forma, che li esprime in Goya, in Ensor, in Grosz, in Scipione, in Bruegel; la pittura è una lunga affascinante favola, nella realtà, non nel sogno. Vittorio Sgarbi, La stanza dipinta.
Il “reale” di Cattaneo non è quello dell’oggi, del frusciare della vita: i suoi oggetti, ordinatissimi, sono preparati per il lungo viaggio della memoria, fino alla consunzione. Raffaele De Grada Disegnava con la furia di Hokusai. Lascia una quantità enorme di lavori eseguiti. In tutti c’era la genialità del segno, ma ne difettava la leggerezza. In tutti il suo scavare nel buio, in un crescente buio, indicava una ricerca dolorosa di qualcosa che fu sempre, per me, enigma. Con monotona talvolta maniacale tenacia si sforzava di estrarre dai corpi, da questi specialmente, da corpi nudi immersi nell’ombra, una verità che non gli riusciva di afferrare. Vittorio Sgarbi, che lo conosceva e ne avave stima, saprà decifrarlo meglio. Io lo ammiravo, indubbiamente, restando freddo, senza poterglielo confessare, perché esplorando nel labirinto non incontravo che fili intricatissimi di sofferenza senza placamento, e molto di rado una radura di luce pallida. Quando lo conobbi lavorava in una bottega di amici ceramisti e mi dispiace di non averne nessuna testimonianza, sua o degli altri due. I suoi lavori su ceramica erano genialissimi, gioielli di arte pura. Se la biblioteca Cantonale di Lugano olraccattaneo
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riuscisse un giorno ad avere tra i molti disegni di Carlo della mia donazione anche una delle sue ceramiche, il mio fondo se ne illuminerebbe. Ma a disegnare cominciò anni prima, mi pare all’età di 14 anni, corpi su corpi nudi, femminili, qualche ritratto. Forse il suo segreto di uomo artista era il lutto di non poter amare, esclusivamente nel senso del cuore. Era dei Pesci, vita e opera avvolti nell’ombra, YIN. Dissimulava questo difetto con un arsenale di maschere, via via, invecchiando, con lenti guadagni in sincerità. S’inventava politicamente interessatissimo (sinistra estrema), attaccato ai principi… ma forse la sua prima moglie fu l’unica donna da lui veramente amata. Era una donna bionda, italiana e anglofona, estremamente raffinata, e finì tutto in disperazione. Convivere con Carlo, col suo disordine mostruoso tra immagini e oggetti d’arte da scoppiarne, richiedeva una pazienza e una rassegnazione islamiche. Non si può immaginare una abitazione più contraria alle sagge regole del Feng-Shui della sua, e più simile alla sua stessa testa e ad una moderna testa umana di collezionista occidentale. Chi provvederà a svuotare al sua ultima casa, dove le cose pensatamente messe insieme impedivano quasi di muoversi, qualora lo stesso Comune, comprendndone il valore e l’interesse, non l’acquisisse per farne un invidiabile museo locale? Non siamo stati, ne lui né io, dei grandi viaggiatori. Forse non fece che un solo trasloco, dal suo Comune Ligure, da cui era fuggito anche l’ultimo pescatore, dove terra e mare si sono tuffati un un osceno bagno di abbronzature estive, a Roma, e di là negli ultimi anni nella campagna romana, dove frequentava a Sacrofano la casa di Ingrid Thulin, la grande attrice svedese. Forse fece, a Parigi, un
Collezione Nuccia Cattaneo
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cie di figura chimerica surreale, a volte, anche, frasi mie, da lettere o da libri, che c’entravano poco ma lui ne conosceva il motivo. Un verso mio giovanile (dal libretto Nuovi Salmi del 1957) che ripeteva come leitmotiv, gli piaceva sommamente, e senza il suo citarmelo nei nostri sempre più rarificati incontri, non so se ancora me lo ricorderei: “Porto chi porta e dal portato ho pace”. Il verso certamente alludeva a un dio squisitamente spinoziano, ma non saprei dire quali echi di gravidanza mistica in Carlo suscitasse. Gli piaceva illustrare testi e libri, per lo più testi sciolti, e senza mai mettersi, come farebbe ogni autentico grafico illustrante alla ricerca e al servizio dell’idea, espressa da ciò che si proponeva illustrare. Sarebbe stato inutile da Carlo Cattaneo aspettarsi questo. Una delle sue opere più straordinarie, anche per sua luminosità, la regalò alla comune amica Marina Ferla – Utamaro e la Rivoluzione del 1789: testo unico per la mostra del Bicentenario – ed è nella casa di lei a Torino, insieme a una molteplicità di acquaforti e disegni a penna. Della nostra antitetica assurda coabitazione ad Alassio per alcuni mesi nel 1962, divertenti fabule galleggiano ancora nelle memorie.
Guido Ceronetti
Collezione Nuccia Cattaneo
unico viaggio. Né credo abbia preso un aereo più di un paio di volte: una per un misterioso soggiorno soggiorno ad Haiti, motivato da “un film da girare” di cui si diceva scenografo con iniziazione vudù, l’altra per un normale pellegrinaggio devoto ad Amsterdam, per assimmilare spiritualmente la casa museo di Rembrandt, cosa che gli invidio, perché io non ci sono mai stato, mancandomi una compagna accompagnante più, via via, necessaria. Si era impadronito di ogni possibile tecnica pittorica, e in nessun modo si allontanò mai dal figurativo e quasi mai dalle scene di libertinaggio senza festosità e senza gioia nelle sue figure, immerse in una fissazione orgiastica senza riposo. Fecero eccezione le sue creazioni teatrali, di scenografie e di costumi, eseguite in più occasioni anche per il mio Teatro dei Sensibili. Il Teatro Stabile di Torino possiede due incantevoli locandine create da Carlo esclusivamente per la nostra recita al Quirinale, all’epoca di Cossiga Presidente, nel 1986. A me fece decine di ritratti e ritrattini, sparsi un po’ dappertutto, non corrispondenti al modello poiché non c’era quasi mai nulla, nel suo fare arte, di oggettivo e di distaccato da sé. Spesso aggiungeva, nei lavori a penna e nei bozzetti, righe di scrittura in cifra, che formavano col resto una spealassio26febbraio21marzo2010
Collezione Davide Ottonello
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(tratto su permesso di Guido Ceronetti da: “Carlo Cattaneo, artista e amico” di Guido Ceronetti, Cartevive, periodico dell’Archivio Prezzolini, Biblioteca Cantonale Lugano, Giugno 2009, Anno XX n.1 (43).
Ero andato da Carlo per vedere i suoi ultimi lavori; avevo saputo che stava facendo due grandi Collezione Patrizia Federici paesaggi notturni… Ci sto lavorando da molti giorni - mi dice - penso di dovere ancora intervenire sulla parte in basso a sinistra. Carlo é una persona mite e gentile, con gli occhi irrequieti animati da una specie di febbre. Ci conosciamo da tanti anni – gli dico - e sai quanto apprezzi il tuo lavoro. (…) Se ti chiedo quali sono le ragioni per cui dipingi come rispondi? Mi verrebbe da dire per fare passare il tempo; ma so che questo sarebbe un modo per non rispondere anche se c’é qualcosa di vero. Allora dirò che é una strada, quella del pittore, che non posso far altro che percorrere dato che é quella in cui mi sono incamminato come fosse l’unica, quasi ineluttabile, che la vita mi ha offerto. Il mondo che rappresenti, i personaggi che entrano e escono dai fondali dei tuoi disegni e dei tuoi quadri per recitare la parte che tu gli assegni tra dramma e gioco, erotismo e solitudine, sono il ritratto di una società o sono immagini che hanno un rapporto con la tua stessa vita? Si, parlano anche di me. lo penso che un artista può fare bene solo se non si allontana troppo da se stesso. E non é sempre facile accettare tutto quello che siamo; in più io mi sento molto solo. Eppure con gli amici sei ironico, divertente, paradossale, appari allegro e metti allegria; non ti viene allora il sospetto che la pittura olraccattaneo
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sia un esercizio che prescinde, almeno per qualche parte, da quello siamo? Non nel mio caso, far ridere é uno dei piaceri più grandi che provo proprio perché mi allontana, almeno per qualche tempo dalla malinconia; fin da bambino ero una specie di piccolo clown. Forse lo intuisco; ma vorrei che fossi tu a dirmelo: chi sono i Maestri che ti hanno aiutato di più a crescere e quali sono tuoi rapporti con la pittura moderna? A soli nove anni trovai ,in casa di un mio zio notaio, il libro di un pittore tedesco di cui naturalmente non conoscevo nemmeno l’esistenza; il pittore era Grünewald. Ebbi in prestito il volume e ricopiai tutte le illustrazioni fin sui muri del terrazzo con gesso e carbonella. Forse comincia da lì la mia predilezione per la pittura nordica. Un amore così totale potrebbe precipitarti in una esperienza ossessiva. Carlo, sei sempre sicuro di trovare conforto nella pittura o qualche volta ti spaventa avere messo la tua vita tutta nelle sue mani? Mi dici di confidare nella tua misteriosa amante: lei sola ti porta nel luogo quieto e sicuro dove si diradano le ombre che fanno amara la vita. Si, Alberto, e tu sai bene di cosa parlo; può sembrare che mi esprima attraverso una metafora, ma ti assicuro che non è cosi; quando la mia testa sembra inoltrasi nel buio della sera vedo una luce sul cavalletto: è lei, la pittura, l’amante che tutto vuole da me e tutto mi regala. Non mi faccio queste domande. Sia come sia, considero il mio lavoro di pittore l’unico sentiero che posso percorrere, l’unico dove il mio passo trova il Collezione Patrizia Federici alassio26febbraio21marzo2010
nonostante che il cielo, la collina, l’albero in basso in basso a sinistra terreno che lo sostiene, che dà un significato o, almeno, una giufossero come inghiottiti dal buio di una notte senza luna, il quadro stificazione alla mia vita così fragile, piena di ansietà, di amore, di emanava una sua luce. La luce dell’anima di Cattaneo, quella della speranze e paure. pittura e della poesia. “E’ bellissimo, sei proprio bravo Carlo”. Non ho Nel tuo lavoro è preminente la ricerca formale o l’espressione poetrovato altre parole da dirgli; forse altre non ce n’erano. tica? La pittura è una struttura linguistica che comunica attraverso la Alberto Sughi forma; dipingendo il pittore si accinge a una specie di traduzione: (18 marzo 2009, Chiesa degli Artisti, Roma ciò che esisteva come pensiero, sentimento e intuizione si solidiOrazione funebre per Carlo Cattaneo, inedito) fica all ‘interno della forma. Che poi l’arte, qualunque forma essa prenda, alluda Artigiano-eroe sempre a qua1cos’ altro è vero. Ciò che accade nell’ Sono stato ad Alassio una sola volta, molto arte è l’arte stessa. eternamente unica. Dell’arte tempo fa, ospite di Carlo Cattaneo, inmoderna ho amato gli artisti della Secessieme ad un folto gruppo di suoi amici sione, sopratutto austriaci, più Gustav romani, su una terrazza in collina, che Klimt che Egon Schiele. Il pittore italiano offriva un paesaggio incantevole, in che più di ogni altro ha suscitato il mio un languido pomeriggio di fine interesse é senza dubbio Scipione. agosto. Per Carlo, Alassio è stato lo E di quello che si fa oggi, della Transascenario dell’infanzia e della prima vanguardia, dell’Arte Povera o Concetgiovinezza – uno scenario mitico, tuale, delle cosiddette Performances e come per tutti. È stato, anche e soInstallazioni cosa ne pensi? Non mi interessano molto, anzi direi quasi prattutto, un solido punto d’anconiente. D’altronde non hanno nessun rapraggio della memoria e dell’identità, porto con il mio lavoro. Soffri del successo di oltre che di antiche e mai dimenticate mercato e del favore della critica di cui godono amicizie. Per me, Alassio rimane una sorta queste tendenze rispetto al silenzio che circonda di “sinonimo” di Carlo e si è stabilizzato come una esperienza come la tua? luogo della mente, più che come enCollezione Patrizia Federici Proprio per niente, sono contento per loro tità geografica. Un luogo costruito e Come nasce un tuo quadro, hai un progetto preciso a cui vuoi determinato, nelle sue coordinate, dai frammenti narrativi che dare forma o invece é la pittura che ti suggerisce l’immagine? In punteggiano quel dialogo costante di cui son fatte le amicizie più altre parole, si dipinge per dire ciò che sappiamo o si dipinge per care: l’immagine di un’isola, visibile dalle case affacciate sul mare; la conoscere quello che ancora non sapevamo? musicalità del parlare, immediatamente riconoscibile per la “s” I miei quadri nascono quasi sempre nella stessa maniera; non mi sporca e la “r” assente; il segreto della “ragnatela” per cucinare il copreoccupo del soggetto, continuo ogni giorno questa specie di niglio alla ligure; l’elenco dei salumi del mare (belu, bottarga, cuore, libro, questo romanzo che ha tanti capitoli. lo sono notturno figatelli e musciamme) e tante altre cose… Frammenti, cioè elecome persona, mi piace molto la notte; la notte é diventata il sogmenti sparsi e bizzarri. Il loro significato appartiene esclusivamente getto preferito dei miei ultimi quadri; e ogni quadro che faccio é all’intimità della dimensione privata e personale di un affetto e di anche un mio autoritratto. Sono io che cammino dentro la notte, una presenza, di cui resta ora solo la nostalgia. Per me, come per con il profumo degli alberi, verso la terra altri. La tela nera sul cavalletto si leggeva ormai in ogni suo particolare; In molti abbiamo nostalgia di Carlo Cattaneo e questa mostra ne alassio26febbraio21marzo2010
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dà testimonianza, nel rendergli omaggio, ad un anno dalla sua scomparsa. Si dice che un uomo sia veramente morto quando muore l’ultimo uomo che l’ha conosciuto di persona. Da qui il valore Collezione Patrizia Federici delle testimonianze. Tuttavia, rispetto agli altri uomini, l’artista stabilisce un rapporto, del tutto particolare, con una più ampia dimensione del tempo. Forse è lecito affermare che egli intrattiene relazioni, fuori del comune, con un numero maggiore di tempi, anche sganciati dallo specifico dell’epoca in cui vive. Ancorché sensibile a tutte le suggestioni artistiche – e non solo – del Novecento, come ampiamente messo in luce dai critici; nondimeno sensibile agli stimoli che gli provenivano da tutto ciò con cui aveva la ventura – e con cui ha sempre avuto voglia – di entrare in contatto; Carlo Cattaneo ha tuttavia incarnato, senza alcuna presunzione e forse inconsapevolmente, una concezione antica dell’arte, per molti versi senza tempo. Credo infatti che egli amasse l’arte – e la sua stessa abilità straordinaria di artista – in quanto magia del saper fare, piuttosto che come espediente per tramandarsi e superare così il tempo e la morte. Non v’è dubbio che la Collezione Patrizia Federici olraccattaneo
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sua vicenda umana venga a coincidere con la sua esperienza artistica. L’arte ha per Carlo un valore in primo luogo immanente: è ciò che gli consente di vivere, cioè di conoscere e di capire, per conferire un senso, attraverso la loro rappresentazione, agli enigmi dell’esistere. L’enigma delle domande che lo assillano, delle fantasie che lo animano, dei sogni che lo visitano, dei suoi momenti di felicità e dello svolgersi della sua stessa vita – misteriosa anche per lui. Difficile dire cosa sia l’arte. Certamente costituisce un dono – anch’esso misterioso – che consiste nella stupefacente capacità di compiere un percorso ricco e complesso, avvalendosi della piena padronanza di tutte le tecniche disponibili: dalla pittura all’affresco, dal disegno all’incisione, dalla ceramica alla scultura ed alla toreutica.
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Questo fare attento e meticoloso – con una sensualità ora immediata e distesa, ora inquietante – è teso a presentare le cose e gli uomini, sempre sottolineandone le connotazioni inconsce. Per rendersi conto di sé stesso, del mondo e dei rapporti che intercorrono tra sé stesso ed il mondo. Le composizioni affollate di personaggi rappresentano ogni volta un universo che, a sua volta, si presenta e si rappresenta. È il senso del teatro e della vita come “messa in scena”, a volte tragica, a volte ironica, comunque da prendere sempre sul serio e da interrogare. Ecco perché non è mai inutile soffermarsi su un suo olio, un disegno, una piccola scultura: ne derivano suggestioni che penetrano nell’inconscio di chi osserva, per poi riemergere a distanza, inaspettatamente, inducendo allora a chiedersi il perché di quella figura, di quel movimento, di quel colore, di quell’espressione. In ogni opera Carlo Cattaneo offre una sua interpretazione del mondo e mette sempre in gioco tutto sé stesso, serenamente, anche accettando la responsabilità di sporcarsi le alassio26febbraio21marzo2010
mani. È un artista che cerca mentre fa. Quel cercare configura di per sé un trovare, perché non è mai banale. Un comune amico, nel lontano 1980, ebbe quest’intuizione prendendo spunto da un lavoro a cui Carlo era particolarmente affezionato: «Da quando, in un tenero pomeriggio di un sabato romano, quell’assemblaggio mi è capitato davanti e tra le mani, è diventato anche parte dei miei sogni, delle mie paure, Collezione Giovanni Acquarone della mia allegria, cioè: della mia vita … Carlo si è compromesso fino in fondo in questo lavoro, usando la sua grande abilità di artigiano... ecco perché non è solo artigiano: è anche eroe» (Sandro Gindro, in occasione della presentazione dell’Assemblage “La Scuola di Vienna”, di Carlo Cattaneo). Attilio Balestrieri, 20 febbraio 2010 (inedito) Caro Cattaneo, ho visto una scelta dei suoi disegni, da quelli primi, più lontani, di dieci anni fa, ai più recenti, tutti legati da una grande unità di ricerca stilistica, e da un pari scrupolo di onesta, chiara, completa espressione. Tutti i suoi disegni, del resto, nascono da una scelta, o da una serie di scelte coscienziose: non soltanto perché, con attenta cura e elaborazione, nel complesso di un lavoro continuo e numeroso, sono mostrate soltanto quelle poche opere che, con giudizio critico severo, l’autore trova del tutto soddisfacenti e in qualche modo perfette; ma perché il processo stesso dell’immaginazione è una continua scelta di elementi, proposti e riproposti fino a raggiungere, in tutti i sensi, una loro giusta dimensione. Sono disegni tecnicamente eccellenti, come se ne vedono pochi; che ottengono le misteriose profondità, le ombre e i chiari dell’acquaforte, senza ricorrere al meccanismo degli acidi e alassio26febbraio21marzo2010
della stampa, ma con la semplice, delicata pazienza del tratto, dell’inchiostro, dello stecco di legno scelto sull’albero, e mondato e assottigliato e appuntito fino a farne uno strumento naturale. Quei rametti, o radici che diventano così pennelli o pennini, io so di dove sono stati staccati, li conosco: vengono da quegli olivi o da quei cipressi o pini o carrubi che io sono solito dipingere fin dall’infanzia, sulla collina di Alassio alta sul mare; e questo è ancora per me una ragione di simpatia e di attrattiva. Come poi, da quella natura felice, da quel paese sereno, remoto tuttavia ai percorsi della cultura, siano nate opere così modernamente ricche di motivi e
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di rapporti, è un fatto che non trova altra spiegazione che nel valore dell’artista. Una fantasia immaginosa in un estremo rigore formale; un “capriccio” drammatico, una bizzaria che va al di là dell’ironia e della satira (anche quando sia adoperata a illustrare Marziale); una osservazione appassionata degli accostamenti infiniti della realtà, delle allusioni che sono nelle cose, come nelle scene fiorite e fronzute dell’ospedale, dell’autopsia, della bomba al cobalto; una amorosa conoscenza dei corpi, del loro snodarsi e intrecciarsi e celarsi nell’ombra, un senso dell’assurdo delle cose più semplici, e delle parole o titoli goyeschi che potrebbero accompagnarle; una chiarezza misteriosa, sono i caratteri che si mostrano a un primo esame. Ma non voglio qui neanche accennare a un saggio critico o a una interpretazione. I disegni parlano da soli, e sono molto lieto che lei li abbia, con tanta cura, selezionati e raccolti, e ci mostri, per la prima volta, il suo bel lavoro di dieci anni. E sono felice di essere stato il primo a vederlo e a ammirarlo. Con i più affettuosi auguri
Carlo Levi, 1967
Collezione Anna Castellano
Carlo Cattaneo e io siamo nati entrambi ad Alassio, in Liguria, ma sebbene fossimo ragazzi insieme (lui un po’ più giovane di me) e Alassio non fosse poi così grande, non ci eravamo conosciuti. Poi abbiamo abitato entrambi, per anni, a Roma, prima d’incontrarci. Ma il vincolo di amicizia fra noi è sincero e profondo. L’estate scorsa ci siamo imbattuti l’uno nell’altro passeggiando per le vie d’Alassio, olraccattaneo
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e il discorso fra noi fu, con 1igure sobrietà, poco più di questo: “‘Ti di dunde tí èi?. ‘Du Passettu’. ‘E mi du Barussul’“. “Passettu” e “Barussu”, due zone alassine. Sono molto grato a Cattaneo della sua amicizia, e gli sono grato in particolare dei disegni, qui esposti insieme agli altri, ispirati a due miei libri: Dalla gola del leone, di vent’anni fa, e l’ultimo, MysteCollezione Nuccia Cattaneo rium iniquitatis, in cui ho messo in scena, per così dire, quello che, secondo la profezia del monaco medievale Malachia, sarà l’ultimo papa prima della fine del mondo. A lui, Pietro II, destinato secondo la profezia a regnare proprio in questa fine di millennio, ho imprestato, senza troppa modestia, le mie idee, facendogli scrivere due encicliche... Sono, infine, grato a Cattaneo anche del suo invito a dire qualche parola di presentazione di questa sua mostra “Libri e disegni“. Cattaneo è un pittore colto, di molti interessi e di ottime letture. Ma il suo invito mi ha messo un po’ in difficoltà, mi ha creato qualche disagio. Un disagio di tipo strano e imprevedibile, se si vuole. Il fatto è che la mia vita e stata tutta dedicata allo studio della Bibbia e dei rapporti della tradizione ebraico-cristiana con la modernità. E, come tutti sappiamo, la BibCollezione Nuccia Cattaneo alassio26febbraio21marzo2010
bia, che è il Libro per eccellenza, proibisce ogni forma di rappresentazione, quadri e disegni evidentemente compresi: “Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo né di quanto è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra” (Esodo, 20, 4; cfr. anche Deuteronomio, 4, 15-20). Potrei superare questo ostacolo che mi si frappone ricordando Collezione Nuccia Cattaneo che l’antichissimo divieto biblico di farsi immagini non è stato fedelmente osservato neppure dagli stessi ebrei (come del resto altre norme, ad esempio le prescrizioni relative agli anni giubilari). Il racconto che il 1° Libro dei Re fa, ai capitoli 6 e 7, della costruzione del tempio di Gerusalemme ad opera del re Salomone contiene la descrizione di numerose rappresentazioni di esseri viventi: cherubini alati, palme, boccioli di fiori, leoni, buoi, melagrane, ghirlande. Se queste rappresentazioni le troviamo proprio lì, nel luogo santo per eccellenza, costruito secondo i dettami di Dio, non ci meraviglia che nei secoli della tarda antichità si costruissero sinagoghe con mosaici ricchi di figure. Per giungere infine, nel nostro secolo, all’affascinante pittura di Marc Chagall, pittore profondamente legato alla tradizione del suo popolo e che ha anche dipinto vetrate per sinagoghe. Il fatto che il divieto biblico sia stato così rapidamente e piuttosto largamente violato ci obbliga a pensare alla sua motivazione che, nei testi in cui è formulato, mostra di vietare la rappresentazione dì esseri viventi in funzione chiaramente anti-idolatrica. E’ detto esplicitamente. Si potrebbe dunque pensare che, essendo scomparse per noi oggi le antiche forme di religione idolatrica, il divieto abbia perduto con ciò la sua ragione e la sua importanza. Eppure, qualcosa in questo argomento non mi convince. Forse l’idolo non è necessariamente qualcosa di legato alla credenza in dèi o in forze divine, alla devozione e al culto religiosi. Gli uomini possono farsi alassio26febbraio21marzo2010
idoli - o qualcosa di molto simile all’idolo - anche in altre maniere. Questo accade, per esempio, quando masse intere idoleggiano un capo politico o una stella del cinema o della canzone. In questo senso, non sono ben certo che la rappresentazione scultorea o pittorica di esseri viventi non li allontani dalla loro “naturalità” per elevarli a modelli ideali, a forme che almeno simbolicamente alludono a una realtà superiore e ulteriore, e che quindi in qualche modo vi si sostituiscono come una specie di surrogato. Il sospetto, francamente, mi resta che anche in questo possa celarsi una sorta di idolatria. Adorno ha visto un carattere simile, per quanto riguarda la musica., nel “concerto”, un ambito speciale, fortemente ritualizzato, che trasfigura il puro ascolto musicale; analogamente, la cornice, e l’esposizione di tipo museale, trasfigurano e quasi mitizzano il quadro, sottraendolo al suo puro essere così com’è. Insomma, mi trovo ancora di fronte all’arcaico problema del rapporto fra arte e idolatria. Un problema che, in questa occasione, s’incarna ai miei occhi nella bella e ricca pittura dell’amico Cattaneo. Il divieto biblico, d’altra parte, non m’impedisce di apprezzare le cose belle, e di riconoscere, in modo del tutto particolare per quanto riguarda i disegni che traggono spunto dai miei libri, una sensibilità capace d’intendere il senso di un libro molto al di là di quella che sarebbe una semplice illustrazione, o rappresentazione oggettiva, dei suoi contenuti. Qui contenuti non sono propriamente rappresentati, ma evocati secondo la sensibilità dell’artista, introdotti nel suo universo spirituale. Mi sembra che, in
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questi disegni di Cattaneo, non stia in primo piano la figura in sé, ma forse una figura, per così dire, quasi dissolta in un’atmosfera. Forse, e spero di non dire una cosa troppo lontana dalla verità, le figure di Cattaneo nascono dalla memoria e dal sogno, dalla pena e dalla nostalgia, e credo anche dalla speranza che qualcosa, almeno nel segno, si conservi, che non Collezione Pietro Cattaneo tutto, inghiottito dal passato, vada definitivamente perduto. Mi sorprendo qualche volta a pensare - non so con quanta ragione - che in fondo la moderna arte “non-figurativa”, l’arte “astratta”, abbiano, anch’esse, una radice ebraica: appunto nel divieto biblico della raffigurazione. Le figure, gli oggetti sono venuti infine, per questa via, deformandosi e decomponendosi, e quel che resta temo possa essere ormai
molto vicino al nulla. La pittura di Carlo Cattaneo non è non-figurativa, non è astratta, ma le sue forme mi sembrano forme liberate dalla schiavitù dell’idolatria, forme umilmente con il senso di un “mestiere” da compiere - evocate con pietà e rimpianto. Non so bene dire perché, ma i disegni dell’amico Carlo mi fanno pensare alle lettere dell’alfabeto ebraico che i cabbalisti medievali, come Abraham Abulafia, Collezione Sandro Galloni facevano oggetto di contemplazione. E’ innegabile che le lettere dell’alfabeto non siano informali ma abbiano, ciascuna, una forma ben definita, e una forma, secondo la concezione cabbalistica, vivente. Gesù ha detto, di esse, che neppure uno “iod”, la piccola delle lettere ebraiche, e neppure il minimo apice di una singola lettera, perirà (cfr. Matteo, 5, 18). La forma delle lettere, rappresentata e contemplata, diventava per i cabbalisti un tramite santo alla santità dell’inaccessibile Dio. Spero, nel mio cuore, che le opere di Carlo Cattaneo possano in qualche misura aiutare qualcuno lungo questa strada.
Sergio Quinzio, 1995
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(…) di Cattaneo non si può parlare come di un pittore ligure, e meglio sarebbe, pensare a lui come a un pittore europeo piuttosto che a un pittore italiano. La prima spinta verso la pittura (o meglio verso il disegno) fu avvertita da bambino. I primi disegni, e la prima “scoperta dei tormenti”, risalgono ai primi anni della scuola. Il disegno si presentava al ragazzo come una forma di linguaggio, cioè il mezzo che gli permetteva di “trovare un rapporto tra quello che si vedeva e quello che si pensava”. Probabilmente, e non certo a livello cosciente, era anche un mezzo per escludere il naturalismo, o almeno quella parte di realtà non voluta: in altre parole, una piccola precoce educazione allo sviluppo dell’occhio, alassio26febbraio21marzo2010
Collezione Sandro Galloni
come mezzo di difesa e anche, inevitabilmente in seguito, come struttura della solitudine. Ma gli anni della crescita selvaggia, dei disegni usati come il bosco in cui rifugiarsi, culminarono in un episodio che segnò un istinto, trasformandolo in vocazione. Era il settembre del ‘43 Roma presidiata dalle truppe tedesche dopo l’armistizio. Carlo Cattaneo, convalescente al Policlinico a seguito di un attacco di tifo, aveva fatto amicizia con un giovane pittore ebreo, forse polacco: un militare prigioniero. In un francese colto, reinventato da echi nordici, il ragazzo ricevette il suo primo discorso sulla pittura: udì per la prima volta il nome di Grunenwald, intuì la possibilità del disegno di essere il mezzo per portare alla luce il mondo interiore piuttosto che descrivere la oggettività del mondo esterno, senti le metamorfosi dei colori degli acquerelli come rappresentazione delle luci o delle ombre delle emozioni e dei sentimenti. Il giovane pittore straniero rimasto sconoCollezione Pino Mastroianni
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sciuto, fu ucciso non molti giorni dopo dai tedeschi in un rastrellamento mentre cercava di fuggire nascondendosi nel serbatoio dell’acqua dell’ospedale, abbattuto a colpi di machine-pistole. Nella memoria del ragazzo, a fianco del primo discorso sulla pittura, resta l’impronta di una certa violenza espressionista: le grida e i comandi aspri dei soldati, i fasci di luce sulle terrazze fra i tetti, i cani Collezione Pino Mastroianni lupo, gli spari. L’iscriversi alla Accademia delle Belle Arti di Roma nel 1947, e quindi il distacco da Alassio e dalla famiglia, segnano così la fine di una adolescenza introversa e l’inizio di una vita concepita come vita artistica, in una città in cui si poteva vivere artisticamente. A fianco del tempo passato nei musei copiando febbrilmente soprattutto Caravaggio e Raffaello, c’era Roma da vivere, con i personaggi, negli spazi e gli imprevisti che un certo cinema ci ha raccontato. Fino ai 25 anni, passando da Roma ad Alassio, con alternanze di “ritorni” piuttosto che partenze, Carlo Cattaneo realizza un gran numero di disegni già da allora improntati (su una struttura e su accostamenti di personaggi essenziali, di impostazione italiana e anzi classica) da uno spirito che riecheggia certe cupe sofferenze e violenze dell’espressionismo. Anche le nature morte o i paesaggi ripropongono questa atmosfera. Già nell’opera giovanile, dunque, si definisce quella tensione narrativa che in Carlo Cattaneo, ha come scopo la rivalutazione della “cronaca interna delle cose”, il loro grido interiore. Il periodo della formazione (1949 - 1955), viene seguito da un periodo neo-cubista (1955 - 1965). Il modo di esprimersi di Carlo Cattaneo, - quasi spontaneamente espressionista, cioè di un espressionismo visto dentro le cose piuttosto che pensato come interpretazione stilistica della realtà, - con l’esperienza pittorica e culturale si trasforma, assorbendo le influenze di un certo simbolismo immaginario nordico (Ensor), o di un certo cubismo o meglio post-cubismo fiammingo (Permeke), vissuti però più come 13
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forme di un realismo fantastico che come anticipazioni o tramazioni di. un espressionismo vero e proprio. In questo periodo, ai soggiorni in Roma si alternano lunghi periodi ad Albissola. Inizia esperienze di scultura, soprattutto in ceramica, aggiungendo nelle figure o nei bassorilievi in legno o in terra cotta un senso della forma preso da Wildt e da Brancusi, complemento (al tempo stesso Collezione Pino Mastroianni volumetrico e dinamico) alla figurazione di derivazione espressionista elaborata nella pittura e nel disegno. In questo periodo, la produzione febbrile di disegni diminuisce a favore di dipinti a olio, collages, assemblages e, sempre all’interno dell’esperienza della scultura, della creazione di oggetti emblematici (ad esempio “le trappole”). I suoi soggetti sono ancora i paesaggi, ma più fantastici, e più che la figura umana, animali colti in momenti e significati quasi antropomorfici (cani, gatti, uccelli notturni, …). Il periodo formale (1965 - 1975), che segue, è un periodo di ricerca. Non ricerca sul significato del gesto del dipingere o del fare arte, come in genere avveniva in quegli anni. Ma ricerca sulle possibilità della materia e sui significati della forma. “Tutto si trasformava in un pretesto per reinventare significati formali”: una bocca aperta, una mano contratta, un fianco nudo, un piano venato di legno, ogni cosa diventava uno Collezione Paolo Pezzolo stimolo pittoricamente vaolraccattaneo
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lido e provocante, in cui la forma stessa (e in questo caso per forma intendiamo anche la materia) si spingeva al limite dell’informale, come se il “gridato” di Otto Dix o di Kokoschka vibrassero nella geometria di Klee. A questo periodo appartengono i grandi olii in cui i personaggi, ridotti a riverberi di un dato reale, diventano pura forma e perfino quasi pretesto pittorico (ad esempio, nell’importante ciclo “Effetti e corpi di distruzione”, 1972). Il risultato è un razionalismo estetico in cui, attraverso il segno delle forme, l’espressionismo di Carlo Cattaneo emerge rarefatto fino quasi al simbolismo.
Collezione Paolo Pezzolo
Nel 1972 è invitato alla Biennale di Venezia da Mario Penelope. Ma la ricerca a volte esasperata del periodo formale, all’avvicinarsi della maturità non poteva che chiudersi con un recupero della figurazione espressionista, in cui Carlo Cattaneo si è mosso dagli inizi. Sviluppandosi anche e forse soprattutto attraverso il disegno (che negli ultimi anni si è realizzato nell’opera di Carlo Cattaneo attraverso cicli sempre più ricchi, complessi, e contigui fra loro), nasce dal ‘77 circa a oggi un periodo che può essere definito della figurazione fantastica o dell’immaginario. A poco a poco, negli olii, le forme che erano diventate simboli e quasi residui formali di realtà più complesse, ridiventano personaggi. Gli oggetti stessi si fanno, all’interno del quadro, “personaggi”, e così pure gli animali o gli esemplari (rari) del mondo vegetale: come se nel suo resoconto alassio26febbraio21marzo2010
pittorico, analitico fino ad aprire una nuova metafisica, Cattaneo ci ponesse di fronte a un ventaglio, a una serie non finita di oggetti con significati differenziati ma in fondo assolutamente indifferenti, perché appartengono ad un mondo, il nostro, in cui si è perso l’ordine dei valori che dà a cose, uomini e natura diversità di significati. Donne e bambinacce, incarnazioni al limite di un grottesco teatrale di tutte le assolutamente possibili sofferenze femminili nel nostro mondo, nella nostra società; animali estrapolati dal loro significato naturale e ridotti a “animali da gioco”; nature morte con oggetti già decodificati dai riferimenti culturali, e perciò “non significativi”: questo è il paesaggio che sembra aprirsi negli ultimi anni e negli ultimi cicli sotto l’occhio di Carlo Cattaneo, “Pittore alla finestra” (titolo di un ciclo del 1977, che sembra riassumere emblematicamente l’autore e la sua opera). Un paesaggio misterioso, in cui, come nelle esoteriche composizioni del Giorgione, misterioso resta anche il significato esistenziale dell’autore stesso: quasi che, per Carlo Cattaneo, il dipingere sia una operazione che ha un legame intrinseco al tentativo di cercare o di conoscere se stesso, - ponendosi quasi in posizione di interprete di ciò che succede ai più o di testimone. Tentativo che per ora è aperto a qualsiasi risposta o forse nessuna (“come tutti, ho avuto una vita misteriosa anche per me”).
Enrico Bellati, Da: “Incontri Silani”, 1981 Scrivendone qualche anno fa e a proposito di un suo “assemblaggio” che aveva per argomento con “La scuola di Vienna” le allucinazioni ipnogogiche dell’epoca in cui sorse la psicoanalisi le esibizioni isteriche, incestuose e omosessuali ammiccanti alla bestia velenosa e nuda, all’anima putrefatta di ciascuno di noi, siccome riecheggia l’antico sabba di Huysmans, dissi che per la pittura di Carlo Cattaneo scorreva la stessa affermazione fondamentale di Wittgestein per cui “molto non può essere detto, ma solo mostrato”. Adesso, di fronte ai disegni, pittorici, violentemente “gotici” e introflessi, esposti in bella mostra alla galleria “Il nuovo fanale”, non possono che insistere ancora sulla prima convinzione, soprattutto perché dai segni fissati come in pagine imperfettibili, ombrose e dirottate verso baluginari simbolici, vengono più che cose viste i sensi delle cose viste, più che avvenimenti, lo spessore degli avvealassio26febbraio21marzo2010
Collezione Paolo Pezzolo
nimenti. Insomma una sorta di fissazione congegnata e distribuita più che esplicita, realistica rappresentazione per gli accenni, per i frammenti, per gli aloni, per le atmosfere, per l’anomalo, l’inconsueto, il cifrato, il notturno. (…)
Germano Beringheli, Da: “Incontri Silani”, 1981 E’ molto più giovane, o anche infinitamente più vecchio di quel che dice l’anagrafe; ha infantili accensioni; pareri sicuri espressi a bassa voce; un’esilissima pelle per difendersi; moltissimi vizi e una
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malizia inadeguata a nasconderli; uno sconfinato bagaglio di cultura figurativa con la quale ha un rapporto istintivo, volutamente disinformato, cioè, di quanto non sia trasmissibile attraverso la retina. E, credo, uno dei più importanti pittori figurativi d’oggi. Colleziona farfalle, coleotteri, calabroni e cavallette, che conserva a decine nell’affollato, ordinatissimo studio, trasparenti nella gelatina in cui lui stesso li ha calati per l’eternità. Vicino stanno i manichini; calze e giarrettiere nere; fotografie vecchie e nuove; strumenti musicali, trine, spaventevoli bambole e splendidi merletti; un suo vecchio assemblaggio dedicato alla Scuola di Vienna; pochi libri sempre sfogliati. Tutto quel mondo inanimato gli servirà da mo-
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dello; più silenzioso e obbediente, tanto meno flagrante e insidioso di un modello vivente.
Fabrizio D’Amico, presentazione catalogo Galleria Don Chisciotte, ottobre - novembre, 1984 Nella Roma del dopoguerra, all’epoca di Renzo Vespignani, si formò, un realismo “esistenziale” che ebbe seguito in Italia e altrove. Da allora, nella Capitale è rimasta una vena segreta, ma certa, che si è sviluppata fino a oggi. A nutrirla è anche una personalità notevole come quella di Carlo Cattaneo (…) che non esita ad attingere con intelligenza ad alcuni maestri (Goya, Scipione, Pirandello). Attingere non vuol dire imitare: partendo da un proprio Collezione Lino Vena nucleo personale che trae origine da una visione filosofica dal reale e dai suoi fenomeni, Cattaneo vi aggrega tutto ciò che è stato già risolto dagli altri e, così, ripete con una vivace forza di rappresentazione gruppi di composizione che ci riportano al dolce-amaro intellettuale del decadentismo. Un decadentismo modernizzato da tagli cinematografici che ci fanno pensare a famosi film d’ambiente romano, a partire da La dolce vita. In una visita allo studio di Cattaneo, Fabrizio D’Amico scopre il segreto del pittore: come Ensor raccoglieva alla rinfusa maschere e conchiglie, trombette e nastri, così Cattaneo vive in mezzo a farfalle disseccate e bambole, teatrini e fiori secchi. (…) Una volta, quando la critica d’arte si confondeva con la letteratura, i pittori come Cattaneo erano molto amati dai critici. I Canti di Maldoror di Lautréamont, erano per la cultura decadentista, la continuazione diretta dei Fiori del male di Baudelaire. Questi ripetuti segnali della fine di un’epoca contraddicevano alassio26febbraio21marzo2010
l’ottimismo spensierato della Belle èpoque. Per Cattaneo, la vita è un teatro ora malinconico, ora divertente, piuttosto che un insieme di fenomeni da condannare o da glorificare.
Raffaele De Grada Sicuramente una componente di bohéme c’è dunque ugualmente in Cattaneo, ma non è certo soltanto di natura patetica. C’è anche, in ciò ch’egli traduce in immagine, una componente derisoria; uno “Humour noir”, che cauterizza piaghe e dolori, e ne fa cicatrici; una nota demoniaca che lo mette al riparo da ogni eccessivo struggimento, imprimendo maggiore energia al segno, più forza di rilievo al registro del chiaro-scuro, più risentimento di evidenza al profilo e ai gesti dei personaggi. (…) Dalla combustione interiore di tutto ciò fluisce il discorso grafico dei suoi fogli: fluisce, s’addensa, si fa luce o incupisce, come allegoria, come traslato di una “comédie humaine” di cui egli è ad un tempo spettatore e protagonista pur senza conoscerne l’intreccio, né l’atto finale. L’assurdo, il grottesco, il tragico, l’umano e il disumano, ne sono materia con uguale presenza, e così l’amore e la morte, la bellezza e l’orrore. Non era Thomas Mann ad affermare che il poeta è can-
tore di vita anche se parla della morte? Così a un problema s’aggiunge un altro problema e cioè in che modo la dannazione contenga il proprio riscatto, o come mai nel sortilegio s’illumini il proprio esorcismo. Ora Cattaneo, da un foglio all’altro, da un disegno a un altro disegno, allarga via via l‘impero della sua notte, accende i suoi fuochi, apre il sipario del proprio teatro e chiama sul palco i personaggi della sua commedia senza trama né fine. A noi non resta che guardare e assaporare i suoi veleni, senza tuttavia dimenticare la virtù taumaturgica dei suoi rimedi.
Mario De Micheli, dal volume: “Cattaneo, Disegni 1949-1980”, Grafis Edizioni, Bologna, 1980 (…) un realista come Courbet dichiarava necessario: “In arte, l’immaginazione consiste nel saper trovare’ l’espressione più intera d’una cosa che esiste”; e allora si vedrebbe che alla radice del linguaggio di Cattaneo sta quella volontà che fin dall’Ottocento ha ossessionato i pittori dell’immaginario, di trovare “l’espressione più intera”. E’ il grado di fantasmagoria espressionistica che è salito al calor bianco della carta. “L’espressione più intera” nei lavori appena citati si risolve in un vero e proprio aggiramento dell’oggetto che, non potendo resistere all’assedio soggettivo cui è stato sottoposto dall’analisi spietata ed incredula di Cattaneo, tende a dimostrarsi come un puro momento della durata esistenziale, in un disperato appoggio a quella unità che equipara l’essere all’apparire (…).
Floriano De Santi, 2000
Collezione Lino Vena
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Carte Segrete”, la rivista e la casa editrice ideate e dirette da Domenico Javarone, la cui memoria di un uomo e di intellettuale ricordiamo con amicizia e rispetto, è oggi anche galleria d’arte (Via del Babuino) (…) espone Carlo Cattaneo la cui opera “grafica”, dedicata al “Cabaret Nero” di Guido Ceronetti, è stata recentemente pubblicata nel volumetto di Artificina. (…) Non c’è, in Cattaneo, facile “oratoria”, né, se vogliamo, diretto riferimento ai versi del poeta. Il fatto è che entrambi sono temperamenti che tendono ad eguagliarsi nel loro particolare modo d’intendere il quotidiano: così mentre Ceronetti canta la sua “ode” a Satana, Cattaneo canta egli pure, ma sembrerebbe né a Satana né ad alcuno. Canta e urla come a sé stesso, per svegliare in sé una 17
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zio geometrizzato e luminoso affiorano frammenti organici: sono reperti dai quali si potrebbe tornare a parlare di una vita che è stata. E’ chiaro che questa passione per il frammento si è sviluppata in una coscienza dolorosa di un presente rotto, ma il torto pittorico di Cattaneo è, forse, quello di cristallizzare, di immobilizzare il processo drammatico della rottura senza riuscire a vedere quanto e come la vita sempre si riformi, e proprio attraverso i conflitti.
Dario Micacchi, da “L’Unità”, 3 novembre 1975
Collezione Nanni Vena
“coscienza assopita” e quel senso di angoscia esistenziale che sembra liberare nella vitalità della composizione, la quale è sempre compatta, dandosi come un insieme inscindibile e complementare delle sue singole parti.
Domenico Guzzi, da: “L’umanità”, 18 luglio 1980 (…) Affetto, grazia, malinconia sono le qualità liriche di Cattaneo. Il suo limite attuale, invece, è la cristallizzazione di una situazione di vita infranta. L’elegia di Cattaneo trova la sua tipicità anche nel gusto per lo spessore umano della vita, e nel suggerire i tanti strati di tale spessore il pittore si rivela un lirico sottile, sensibile, appassionato. I quadri sono varianti di una stessa immagine: in uno spaolraccattaneo
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(…) Il pittore “convoca il mondo” nel suo studio. Ai piedi di quel tale specchio (o quadro) si inserisce la forma inventata di una trappola per animali: come oggetto posato a caso in quel luogo, ma, anche come un allarmante segnale di agguato o come la testimonianza di un atto di crudeltà già consumato. Qualche asse di legno, con nodi e vene interrotti da abrasioni, da spaccature aperte dai chiodi fa, tutt’intorno una sobria incastellatura, nella quale riconoscere, indifferentemente, i frammenti di un cavalletto o quelli di una cassa per spedire i quadri. Ma, ancora una volta, con rimandi ad altri significati. Allusioni a minacce di distruzione che possono accomunare la nostra sorte a quella delle cose. Ed allusioni più specifiche all’idea della vulnerabilità dell’uomo (vedi i ricorrenti cenni alla scritta “fragile” stampigliata sull’asse che inquadra un ritratto). 0, viceversa, richiami alla materialistica massima del “nulla si crea e nulla si distrugge”. Là dove, per esempio, dalla vecchia tavola di legno spuntano gemme, come da un albero vivo. (…)
Duilio Morosini, da: “Paese Sera”, 6 dicembre 1975 Si possono spendere, per Via della Scala, quei versi di Verlaine che dicono: “E’ la mia strada, questa. Al termine / C’è un paradiso che mi aspetta”. E il paradiso, qui, è Piazza di Santa Maria in Trastevere, con la Basilica e i suoi ori splendenti sul grigio della fontana, nelle ombre d’una fredda sera primaverile. Inaugurazione, a Via della Scala, della Galleria de’ Florio Arte, tenuta a battesimo dal pittore Carlo Cattaneo con la mostra “I Sensibili - Teatro Cattaneo della Magia”, della quale si può dire, con Rilke, “Sempre qualcosa c’è da vedere... Non è illegittima la mia più che attesa, il mio fissare ingordo la ribalta”. I disegni magistrali di Cattaneo, che Duilio Moalassio26febbraio21marzo2010
rosini ha definito “un pittore che convoca il mondo”, i suoi bozzetti di scene e costumi allineati sulle pareti, i fogli di antiche carte preziose con immagini “d’un espressionismo soprattutto interno” e parole rubate all’universo dei poeti, che rimandano al volume Disegnare-Poesia del binomio Cattaneo-Ceronetti, costituiscono l’insolita esposizione. Carlo Cattaneo, a dire il vero, non disegna, nè tanto meno illustra la Poesia. Semplicemente l’attraversa e ne esce con inimitabili frammenti che sono quelle poesie divenute segno, colore. E atto d’amore del donarsi ed annullarsi, anche, per meglio affrontare la propria avventura di fabulatore, e tutto solo, come un rinato Fregoli, reggere lo spettacolo. Appunto della Magia, che lascia “trovare in lui una eruttante immagine di quel che è dietro ai sipari” (Acrostico per Cattaneo di Guido Ceronetti). (…) Cattaneo vive a Roma, ma è nato ad Alassio dove ha messo seme, nella comune giovinezza, il sodalizio che lo lega al poeta amante del Teatro delle marionette, Guido Ceronetti. Tra i libri esposti in mostra, ai quali Cattaneo si è interessato, ritrovo L’alta, cupa fiamma, poesie di Mario Luzi; Manicomio primavera, romanzo di Clara Sereni; Il Vangelo secondo Marco. Ricordo la lunga ricerca per questo “teatro” - sacro e laico insieme - della passione e della morte di Cristo. Un corpo di disegni, schizzi, bozzetti, inchiostri, dedicati a Paolo VI “degli artisti trepidante amico”. (…) Per ultimo, in mostra, l’elegante volumetto degli alassini Marino Sandon e Claudio Bottelli: Casa Chichella di Alassio, avvolto nel murale acrilico dipinto da Cattaneo per Marino Sandon, in Cavia: “Io, piccola casa di pietra grigia, vi racconterò ... “. E ci troviamo nel regno di piante solenni, in una valle selvaggia eppure incantata. eden orgoglioso della vittoria sulle profanazioni dei tempo. Un giorno, di questa pittura chiamata li sogno dell’uccellatore, il mito lascerà supporre si tratti d’un “affresco” scoperto in qualche singolare chiesa o dimora rupestre. appartenente ad una stagione remota, arcaica. Casa Chichella di Alassio destinato, suppongo. al successo nella prossima esposizione dei libro ligure a Peàgnaj borgo disteso sulla collina tra Albenga e Loano, è racconto popolare, filastrocca sul rapporto dell’uomo di queste contrade coi volatili che qui stazionano o semplicemente transitano L’uomo e gli uccelli, l’uomo se ne impadronisce, li cattura, però senza violenza o sadismo. o ferocia. Il libro, che annovera non poche parentele, ad esempio, con L’uccellagione di Antonio Tirabosco, edito in Verona nel 1775. è impreziosito da un adeguato corredo iconografico, tra cui nove alassio26febbraio21marzo2010
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pastelli inediti di Cattaneo. Altrettanti uccelli che sono protagonisti. comprimari, comparse e coro della fantasiosa rappresentazione orchestrata in Cavia da Marino Sandon.
Glauco Pellegrini (…)Lontana da ogni contemplazione ideale e sociale, la realtà di Cattaneo si materializza, con una fantasia eccitata da motivi letterari, ma sempre controllatissima, in personaggi e situazioni, vere e inventate, immersi in una vita immaginaria di un’umanità disumanizzata, riflessa in un tempo fuori dal tempo, brulicante di flussi e riflussi tra l’oggi e lo ieri, in una atmosfera oppressiva, morbosa, tragica che diventano strumenti di una cronaca mordace e pessimistica e di una pungente satira sociale e di costume. La sensua-
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lità dolorosa, impregnata di fatalità in un’enfasi panica e struggente, scavata dentro un’amara, corrosiva ironia va così oltre la rappresentazione di simboli e di emblemi morali per assumere il valore di un documento umano e civile di protesta e di condanna. Cattaneo dimostra di aver ormai conquistato una piena padronanza della sua visione poetica e un’ampia ricchezza dei suoi mezzi espressivi, che gli consentono di continuare con coscienza e sicurezza nella sua coerente e serena linea di ricerca.
l’eterno conflitto del serpente del pomo di Adamo. Diventa lo specchio implacabile anche se tenero e palpabile, bensì dei vizi e della santità, ma anche momento di passaggio tra il non essere e il cominciare a vivere tra la vita e la morte. E la forma? Il segno non comanda: risponde docile e tenero alla pretesa istintiva ed intellettuale: e così il colore. Il colore che merita un accenno particolare: disegno era matita, penna, bianco-nero incisione ferma e rigorosa sulla lastra, risposta decisa ed inequivocabile, merito o colpa segno senza inganni o finzioni confessione aperta di Mario Penelope, presentazione Galleria Il nuovo fanale, capacità o di errori ingiustificabili: nudo, insomma, la linea. Il colore 9 febbraio 1985 era macchia, orizzonte aperto o intimità preclusa agli altri, densità di materia o tenera im(…) Vorrei vedere fipalpabile sfumatura di nalmente qualcuno luce. Cattaneo non diseduto a cavallo del pinge soltanto e nemmuro di Berlino, dimeno si limita a pinto di rosso fra un disegnare: fatto nuovo? negro e un bianco ad Evoluzione liberamente e Harlem: fuori dai scrupolosamente cercata confini precostituiti, mediante continue, esafiglio esclusivamente sperate esigenze di affinadi se stesso: qualcuno mento, di penetrazione che ogni mattina riepiù che di espressione e al sca a lavarsi il cervello tempo stesso un emerdi dentro e non solgere inconscio di meditatanto la faccia di zioni lontane, forse fuori. In altri termini addirittura ancestrali, una un uomo libero. Qui ricerca costante più che troviamo Cattaneo: a dell’espressione esteriore, prescindere dai luodi se stessi: di una indaCollezione Nanni Vena ghi comuni dalle facili somiglianze o alternative: libera espressione gine introflessa, rigorosa e penetrante fino al punto degli istinti indi se stesso che rinuncia alle qualifiche facili, alle prime impressioni. confessati, delle passioni deluse delle aspirazioni tuttora frementi Cominciamo dalla donna: demitizzata quel tanto che basta da vee, anzi, sempre più esigenti di luce. rificarla in creatura vera, ma al contempo indirizzo necessario ed Agostino Perale, 1980 indispensabile per una concreta presa di coscienza tra l’essere interamente se stessi ed il rifuggirne: quasi con paura, quando siamo (…) Shakespeare dice che l’occhio del poeta, girando in una folle vittime di bestialità oscena, ma tramite irrinunciabile verso fantaestasi, guarda dal cielo alla terra, dalla terra al cielo, e, come l’imsmi che appena escono dall’ombra: la morte, l’ignoto e l’inconscio. maginazione, incorpora la forma di cose ignote. Senza questa pre(…) così la donna con tutta la sua carica erotica ed emotiva non messa non si può assaporare appieno il significato di un tema è più, per fortuna, solo il tramite della sensualità del desiderio, delolraccattaneo
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delicato e al tempo stesso profondo, dal titolo “Disegnare Poesia”, che il pittore Carlo Cattaneo ha voluto affrontare in una serie di sue opere presentate giovedì sera alla Galleria “de’ Florio Arte”, inaugurata per l’occasione a Roma, in via della Scala 13, nel cuore di Trastevere, fra Piazza Trilussa e l’Arco Settimìano. Una folla di critici, letterati, personaggi del mondo artistico e politico, ha presenziato al vernissage della Mostra. La Galleria de’ Florio e l’Associazione culturale “Ecate” hanno curato con sensibilità e impegno questo cerimonia inaugurale, anche perché la tematica incentrata sul binomio poesia-pittura lo richiedeva. Il Direttore della Galleria, Angelo De Florio, che dal 1976 organizza Mostre di pittura, ci ha descritto in modo rigoroso, senza artifizi, la figura di Carlo Cattaneo, nato ad Alassio ma di origine milanese, discendente dall’omonimo illustre personaggio che noi tutti conosciamo come storico, economista, politico repubblicano e, soprattutto, come colui che lanciò l’idea degli Stati Uniti d’Europa allora ritenuta un’utopia, ma oggi di grande attualità. Ad Albissola, fin dall’età di 15 anni, il pittore si dedica all’arte del pennello e realizza le sue prime esperienze stando vicino a Fontana. Poi cominciano i suoi successi ed espone un po’ ovunque, in Italia e all’estero. Di recente le sue opere sono state portate all’attenzione del Giappone, dove ha esposto, specialmente a Tokio richiamando l’attenzione della critica nipponica, particolarmente attenta all’arte pittorica. A Roma, i dipinti di Carlo Cattaneo sono stati ospitati al “Gabbiano” e al “Don Chisciotte”. Ma - come sottolinea Angelo De Florio - il pittore è sempre alla ricerca di nuove fonti espressive: materiali originali, come carte antiche, cere, ceramiche, per dar corpo e vita ad evocazioni e immagini storico-poetiche. E non si ferma qui. Dipinge scene teatrali, come quelle dello spettacolo organizzato a Villa Medici sulla rivoluzione francese. Collabora a tante scenografie, come quelle di Zeffirelli, e promuove con Guido Ceronetti il “Teatro dei Sensibili”. Oggi alla “de’ Florio” sono presenti i suoi disegni colorati e le sue tecniche miste dove il gioco delle ombre e dei chiaro-scuri imprimono una forza impressionante alle sue opere, mentre i versi suscitano vive emozioni in questa fusione nuova fra arte e poesia. Il pennello s’immerge nello splendore etereo e le immagini si liberano sublimando pensieri e sentimenti. Scorrono nomi e versi: Eracleto, Nietzsche, Saffo, Marziale, Rimbaud, Hernandez. Celine, Seferis, Orazio, Kavafis, Verlaine e tanti altri. (…) Franco Puzzo, 1985 alassio26febbraio21marzo2010
(…) - Scusi, cosa diavolo fa quel pittore con quella modella? - Come cosa fa: che razza di domanda è questa? (il pittore è sorpreso e visibilmente imbarazzato. Cerca una sigaretta che nessuno gli offre e si gratta la fronte). - Ripeto la domanda: cosa fa codesto pittore con quella modella. - Be’… - Come: be’. - Lo vede anche lei. Se la spassa. - E le sembra un bel modo di presentarsi al pubblico con questo uomo e quella ragazza che… - Spero che lei stia scherzando. Non c’è niente di male, credo. Al giorno d’oggi. - E no caro. Se lei avesse scritto sotto quei disegni: “Amanti”. Oppure: “Un uomo e una donna, visibilmente attratti l’uno dall’altra, si abbrancano furiosamente”, allora… - Allora… - Non ci sarebbe stato nulla da eccepire. Uno ha un’amante. Con una scusa o l’altra la intrappola e il gioco è fatto. - Continuo a non capire. - Lei, mettendo quel titolo “Il pittore e la modella”, crea un precedente. Voglio dire che, da oggi, chiunque con o senza una matita in mano è autorizzato, non dico a fare, ma almeno a credere o a pensare che quando un pittore dipinge disegna o scolpisce una modella succedano cose turche, sfracelli. Noi del pubblico non abbiamo una grande immaginazione. Le faccio un esempio classico: quando Picasso ha disegnato, centinaia di volte, il soggetto “il pittore e la modella”, e lo stesso Manzù, non si comportavano nel modo barbaro da lei raccontato nei suoi disegni. Insomma: il ritratto era il vero scopo dell’incontro fra i due. Mentre lei qui… - Allora cosa dovrei fare? - Per questa volta lasciamo le cose come stanno. Il catalogo è stampato, i titoli possono restare quelli. Ma un’altra volta cerchi di regolarsi. Sia più esplicito. I suoi sono “Amanti”, ha capito? “Amanti”.
Giorgio Soavi, da “Il Giornale”, 20 febbraio 1981 (…) Una mezza frangetta alla Brecht gli copre la fronte, baffi e barba ancor neri; rifiuta il brizzolame la sua intatta gioventù di cinquantenne in incognito (nei cataloghi tutto è detto, meno che l’età) gli occhi nerissimi, acuti e balenanti, come se appuntasse tanti 21
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spilli di sguardi sempre fuggendo; eppure dolce, premuroso nelle ipotesi dialettiche, pronto alla confessione, sincero nel suo caos, con quell’accento ligure da parente, che alzandosi la voce, trascina tutto il periodo come una schiarita di sole sui mare. A vederlo così in emergenza, in una agitazione che lo sbilancia continuamente verso il futuro, pare impossibile che abbia esordito nel lontano 1949 alla “Vetrina” dell’indimenticabile Tanino Chiurazzi; eppure il pittore di Alassio ha una ricca storia dietro di sé, una ventina di mostre personali in gallerie di prim’ordine, tra cui la Galatea, la Cortina, il Nuovo Torcoliere, Forni (per la pittura) l’Archetto (per l’opera grafica) Il Gabbiano, Gian Ferrari, la Schreiber; viaggi ed amicizie al vertice dei valori visuali contemporanei (dal ‘53 al ‘58 visse la affascinante officina di Albissola, come ceramista. e scultore, insieme con Fontana, Fabbri, Jorn) legato a ispirazioni letterarie, eterne e militanti, (dal Vangelo secondo Marco, da lui “illustrato”, agli scritti e alle traduzioni poetiche, cui appoggiò le sue immagini, di Ceronetti) testimone di ironie e tipologie dell’antichità romana (come quando si ispirò con venticinque disegni agli epigrammi di Marziale) pittore e grafico dalle sette vite. Non so se in questa mostra saranno compresi anche taluni disegni di Cattaneo eseguiti nel 1975, matite eccellenti in cui imbastisce scene di vita immaginarie, più da palcoscenico che di costume; ma mi par doveroso ricordare come preistoria di questa opera grafica il tondo delle bimbe adescatrici in calzettoni, che sembrano uscite dal “teatro” di Ensor; come pure quel circo del sesso, gremito di figure condotte da un segno morbido e capillare, fra sederi possenti e capigliature alla Goulue di Lautrec, coni gelati apertamente simbolici e bacchette onanistiche, cavalcature porcine, svestimenti, amplessi pubblici al suolo, spettatrici come in platea: una visione alla maniera di; ma se poi andiamo a scoprire chi veramente sia dietro quei modi, dobbiamo concludere che in questa ed altre scene eseguite intorno al 1975, è lui, Carlo Cattaneo, sessuo maniaco gentile e divagante, con la matita acuta e dolce, scandita come un suono di piffero da cortile. (…)
Al principe della grafica, plaudendo al segno che non finisce di scavare nel mistero. Guido Ceronetti La pittura di Cattaneo si impone per la sua dimensione di silenzio, di rifiuto del fragore. Michele Bonuomo …come allegoria, come traslato di una comédie humaine di cui egli è a un tempo spettatore e protagonista pur senza conoscere l’intreccio, né l’atto finale. L’assurdo, il grottesco, il tragico, l’umano, il disumano, ne sono materia con uguale presenza, e così l’amore e la morte, la bellezza e l’orrore. Mario De Micheli
Dell’arte moderna ho amato gli artisti della Secessione, sopratutto austriaci, più Gustav Klimt che Egon Schiele. Il pittore italiano che più di ogni altro ha suscitato il mio interesse é senza dubbio Scipione. Carlo Cattaneo
Marcello Venturoli
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Finito di stampare nel mese di febbraio 2010 presso la litografia Bacchetta in Albenga
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