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Il Convento di San Pasquale in Pignataro Maggiore cenni sulla nascita II ed. Di Vittorio Ricciardi

Collana: I Quaderni


Di Vittorio Ricciardi Edito da www.comunedipignataro.it Via Gramsci, Pignataro Maggiore (CE) Rilasciato sotto licenza Creative Commons by-nc-nd/2.5 http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/ Anno 2007


Sommario Sommario .............................................................................................................................................3 La costruzione del monastero ..............................................................................................................7 La soppressione dei conventi ...............................................................................................................8 La donazione del suolo ........................................................................................................................9 L’ occupazione dell’area....................................................................................................................10 L’ arrivo dei frati Alcantarini.............................................................................................................12 La posizione del monastero................................................................................................................13 La cessione al Comune ed il successivo riscatto................................................................................14 La perizia del Villani..........................................................................................................................15 L’atto consiliare della vendita............................................................................................................16 La figura del Canonico Palmesano ....................................................................................................18 Il pagamento della somma di riscatto ................................................................................................19 Il giardino del convento .....................................................................................................................20 Lo spazio antistante la chiesa.............................................................................................................21 L’uso a lazzaretto ...............................................................................................................................22 Considerazioni finali ..........................................................................................................................23 Bibliografia ........................................................................................................................................25



Il Vescovo di Calvi Mons. Filippo Positano Il nostro convento fu costruito per la caparbia volontà del Vescovo della Diocesi Mons.Filippo Positano. Un dipinto ad olio che raffigura l’Eminentissimo Prelato trovasi oggi in quella che era una volta la chiesa principale del paese intitolata a M.SS. della Misericordia, oggi sala Moscati, attigua alla chiesa madre di Piazza Umberto I. Mons. Positano fu eletto Vescovo della Diocesi nel 1720, entrando nella stessa nel mese di aprile 1721. La prima pietra fu posta nel marzo 1732 e la realizzazione fu possibile, anche, per il contributo volontario dei cittadini pignataresi dell’epoca che gratuitamente, a ridosso di muli, portavano per l’antico esiguo sentiero il materiale di costruzione del convento. La costruzione durò molti anni. Nel 1736 erano già pronte le celle per i frati ed il refettorio, che venne provvisoriamente usato come chiesa. La stessa venne presumibilmente ultimata tra il 1747 ed il 1750. L’intero complesso assunse il nome di convento di S. Croce a motivo del fatto che venne lì trasferito il titolo della chiesetta di S. Croce ubicata nei pressi di quella di S. Giorgio. Della piccola chiesetta non si conosce l’esatta ubicazione né si rinvengono oggi resti della stessa. Sappiamo che ebbe vita breve per essere stata edificata all’inizio del 1700 per poi sparire dopo cinquanta anni circa. Un antica stampa, in possesso di persona affidabile e seria, non più reperibile la rappresentava ai piedi della omonima collina al lato Nord – Est della Chiesa di S. Giorgio. Il nostro Vescovo Positano, laureato in diritto canonico e civile fu avvocato della Curia di Napoli. La nomina a Vescovo della Diocesi lo raggiunse all’età di 42 anni mentre era ospite del fratello diplomatico accreditato presso la Corte di Vienna. Non è da escludersi che il lungo iter procedurale necessario all’ottenimento del benestare alla costruzione del convento da parte del Re di Napoli Carlo VI ( D’Asburgo ) fosse benevolmente influenzato dalla presenza del fratello presso la predetta Corte. L’ accorto religioso fu proiettato in una Diocesi abbandonata a se stessa. La maggioranza delle parrocchie erano rette da un clero ignorante che seppur numeroso era in tutte altre faccende affaccendato e non già alla cura delle anime. Dopo un iniziale momento di delusione e sfiducia diede fondo alle proprie energie spirituali e morali, oltre che organizzative, rivoluzionando e richiamando il clero ai propri doveri dai quali si era allontanato con la morte di Mons. De Silva, prima ( 1679/1702 ) e Mons. Giovanbattista Caracciolo Del Sole, dopo. ( 1703/1714 )


Una vacanza di circa sette anni nella direzione della Diocesi che influì negativamente sul servizio della chiesa locale. Mons. Positano maturò, evidentemente, che per uscire dalla crisi qualitativa del clero locale fosse necessario intervenire dalle radici e si impegnò in primis per la costruzione di un seminario ove i nuovi sacerdoti potevano trovare l’insegnamento necessario per una più attenta cultura morale e religiosa. L’edificio vide la luce, più tardi, con l’acquisto di un caseggiato mezzo diruto posto agli inizi del viale di Via Casilina, attiguo al castello medioevale e che porta alla Cattedrale di Calvi. Papa Benedetto XIII provvide personalmente alla benedizione del nascente seminario, ormai pronto alla bisogna, in data 16 maggio 1727.


La costruzione del monastero Dopo questa breve parentesi soffermiamoci sull’opera a noi più vicina del medesimo Vescovo e che portò alla nascita del Convento di S. Pasquale o S. Croce. Erano anni in cui vi fu un rifiorire di tali analoghe iniziative in molte regioni d’Italia meridionale e, ciò rafforzò la volontà del Vescovo della Diocesi di Calvi Mons. Filippo Postano che rivolse la sua attenzione per un futuro affidamento del realizzando manufatto ai frati Alcantarini. L’0rdine di questi frati fu fondato da S.Pietro d’ Alcantara con l’approvazione del Papa Giulio III. San Pietro d’Alcantara nacque ad Alcantara nell’estremadura della Spagna nel 1499. A sedici anni entrò a far parte dei Francescani osservanti ed ordinato sacerdote a venticinque anni predicando in Spagna e Portogallo. Trascorse la vita in miseria ed austerità dedicandola ad un ascetismo rigoroso, solitudine e contemplazione. Si legge di lui che camminava completamente scalzo, non dormiva più di due ore per notte, su una sedia o inginocchiato contro il muro. I suoi digiuni duravano tre giorni ed anche intere settimane. Ma l’ascetismo fu solo uno degli aspetti della sua vita di santità dedicata alla più rigorosa fede cattolica. Moriva nel 1562 e veniva canonizzato da Papa Clemente IX nel 1669.


La soppressione dei conventi Travagliato destino quello dei conventi e mentre si assisteva al loro proliferare già si insinuava il seme della soppressione con la confisca, anche, di tutti i beni ecclesiastici. Le procedure amministrative, propedeutiche alla realizzazione del nostro convento, richiesero circa quattro anni. L’atto notarile riporta parte degli allegati relativi trascritti in latino e spagnolo, oltre che l’italiano e dallo stesso si rileva che le prime fasi risalgono al 1726. Circa le soppressioni, di cui abbiamo fatto cenno, occorre sottolineare che le stesse risalgono al 1751 ad opera di Carlo III e furono seguite dalla Repubblica Partenopea nel 1799. La situazione non mutò con il rientro dei Borbone in Napoli. I concetti enunciati dall’illuminismo posero in crisi i principi tradizionali della religione. La chiesa doveva ritornare alla religiosità praticata sin dai tempi del cristianesimo nel rispetto dei puri valori spirituali e lontana da preoccupazioni terrene. Ciò che spingeva, inoltre, a tali provvedimenti era la avvertita necessità di limitare l’autorità della chiesa di fronte allo Stato. Reperire maggiori risorse finanziarie provenienti dalle alienazioni per far fronte alle maggiori spese militari ed assoggettare il clero al pagamento delle imposte così come per gli altri sudditi. La situazione non mutò con l’unità d’ Italia e con decreto 17-11-1861, sotto il primo Re d’Italia Vittorio Emanuele II, furono soppressi tutti gli ordini religiosi dell’ex Regno delle Due Sicilie. Furono incamerati tutti i beni mobili ed immobili della chiesa. Molti oggetti sacri, d’arte, nonché libri e manoscritti furono devoluti a musei o biblioteche o finirono all’asta. Fu questo, presumibilmente, il provvedimento che diede origine alla soppressione e requisizione del nostro convento tenuto conto che l’atto de quo risale alla data del 3 marzo 1871.


La donazione del suolo Per la donazione delle cinque moggia di terreno occorrente alla costruzione del convento da devolvere ai Frati Alcantarini fu radunato il “ parlamento “ del paese. Il Vescovo Positano, come già detto, aveva trovato la Diocesi in una miserevole crisi qualitativa cui dovette sopperire e che gli infuse maggiore determinazione nella decisione di costruire un seminario a Calvi da dove attingere sacerdoti più colti e meglio preparati alla missione sacerdotale. Nelle more si rendeva necessario ed indispensabile l’aiuto dei frati Alcantarini. Nell’atto del Notaio Barricelli si legge: “ L’Università di Pignataro casale della città di Capua supplicando espone a V.E. come trovandosi la supplicante scarsissima di sacerdoti pratici alla amministrazione dei Sacramenti, in segno tale, che più volte, per la quantità degli infermi è stato necessario cercare sacerdoti di altri luoghi con vicini, acciò avessero assistito alli moribondi di la università…..e per fare, che li cittadini dell’Università suddetta abbino il comodo di frequentare i Santi Sacramenti.” Oltre la qualità, non denunciata, mancava anche la quantità necessaria cui si cercò di sopperire col tempo e con la presenza di un seminario. Sembrerebbe che i sacerdoti esistenti non avessero la necessaria preparazione e non fossero legittimati alla somministrazione dei Sacramenti ma precariamente utilizzati dopo aver dimostrato oralmente di aver letto qualche testo religioso e di possedere “ la beretta e la mitra. “ Interessante leggere i componenti che formarono il “ parlamentino “ che doveva esprimere il parere ed il consenso alla donazione e conseguente costruzione del convento. Il nutrito elenco dei cittadini chiamati ad esprime il proprio parere ci aiuta a conoscere le remote origini di molti, ancora attuali ,cognomi qualcuno dei quali ha subito leggere modificazioni.


L’ occupazione dell’area Il Vescovo Positano, nel mese di novembre 1929, alla testa di una nutritissima schiera di fedeli, pontificalmente, partecipava ad una solenne Messa celebrata all’altare maggiore della vecchia chiesa di M. SS. Della Misericordia. In questa occasione veniva “ esposta la Croce di legno d’altezza di palmizi che deve inalberarsi e piantarsi nel luogo dove fondatasi il convento.” La grande Croce veniva benedetta, nel mentre il Vescovo intonava l’inno “ vexilla regis prodegunt “ e in ginocchio ai piedi della stessa, in lacrime, si abbracciava al Santo Legno. Tutto il popolo numeroso, il clero e i religiosi procedevano al “ bacio della suddetta Croce. “ Qualche giorno dopo, “ verso li ore ventitre principiava la solenne processione per posare la suddetta Croce processionalmente à piantarla sopra la collina suddetta; luogo destinato alla fondazione del convento.” Gli atti propedeutici alla costruzione erano ormai perfezionati, l’area circoscritta, potevasi procedere alla occupazione impiantando al centro di essa , temporaneamente, una grande Croce. Il Vescovo vedeva ormai che il suo impegno e la sua devozione incominciavano a dare i loro frutti. Il suo impegno,la sua missione volgeva, con il seminario prima e con il convento poi, a mutare lo stato di apatia e di abbandono dei fedeli per la carenza e la impreparazione verso la cura delle anime. Fu pastore buono ed intelligente e non mancò, all’occorrenza, di dimostrare la sua giovanile gagliardia per derimere e risolvere i tanti problemi della diocesi, sempre sostenuto dalla fede e dalla sua devozione di apostolato. I parroci della diocesi venivano periodicamente convocati, ascoltati e seguiti affinché relazionassero sul loro operato, sullo stato dei fedeli affidati alle loro cure spirituali. La grande processione che doveva accompagnare la S. Croce sul sito del costruendo convento partì dalla piazza, percorse l’intero paese e dai “ guinnoli “ si avviò per il sentiero che portava alla “ Monticella.” Era formata, oltre che dai fedeli, dal Can. Antonio Santagata di Partigiano, Francesco Morace di Giano, Domenico Zona della villa di Visciano di Calvi, Felice Bonaccio di Pignataro , le confraternite di S.Maria del Rosario, i religiosi di S. Pietro d’Alcantara e dopo di questi, tutto il clero di questa terra di Pignataro.” Era formata, ancora, da “ Tutti li seminaristi del nuovo Seminario di Calvi eretto e fondato dal Vescovo Mons. Filippo Positano.” Rettore ed insegnanti del seminario. I componenti dell’ Università che aveva donato i cinque moggia di terreno. Con un rito solenne, canti e preghiere, veniva collocata la Croce visibile dal paese ed a distanza da esso. Si completava così l’iter burocratico durato circa quattro anni con l’occupazione dell’area e si preparava l’inizio dei lavori che diedero la luce all’attuale convento. Il Santo Vescovo vedeva il realizzarsi dei suoi sogni di Prelato ma non gli fu possibile goderne appieno


perché a soli 54 anni, il 17 dicembre 1732, ritornava alla Casa del Signore. Aveva partecipato, a piedi scalzi, con un clima inclemente, ad una processione penitenziale per il violento terremoto del 30 novembre. Una polmonite, forse, ne stroncò la vita a soli nove mesi dalla posa della prima pietra del convento. La nostra Diocesi perdeva così un Prelato di nobili origini e sentimenti, di conclamata capacità nella guida della chiesa locale, che avrebbe certamente portato altri frutti al progresso materiale, morale e spirituale dell’agro caleno.


L’ arrivo dei frati Alcantarini Nel frattempo aveva avuto modo di chiamare da Napoli, ad officiare nella chiesetta di S. Croce, i frati Alcantarini che avrebbero avuto poi il possesso del Convento. Per suo desiderio fu sepolto nella chiesetta di S. Croce. Si narra che mentre i frati s’erano trasferiti nel convento, la salma del Prelato rimaneva nella chiesetta da dove saliva verso il colle della “ Monticella “ un lamento come di fanciullo. Si decise di traslocare temporaneamente la salma del Vescovo, in attesa della ultimazione della chiesa, presso la stanza che fu poi refettorio del convento. Così i lamenti ebbero a cessare. Da “ Stato antico e moderno del circondario di Pignataro “ del Canonico Penna, Caserta 1833, si rileva che: la salma di Mons. Positano fu trasferita nella stanza a destra del convento in costruzione nel mese di marzo 1736. Più tardi,il 5 maggio 1760, per iniziativa ed a spese del Vescovo Mons. D. Gennaro D’Anza, suo successore, fu definitivamente collocata nell’attuale chiesa del convento ponendovi, nel 1761, la lapide con il busto marmoreo ed una successiva iscrizione. La strada che menava al convento fu degnamente adeguata tra 1770 ed 1773. Il Vescovo Mons. Capace Zurlo, infatti, nel suo manoscritto risalente a tale periodo, nella parte dedicata al “ Casale di Pignataro “ ed alle colline ad est che le fanno da corona, così scriveva: “ sopra una di queste, la più bassa, e vicino al paese, posa il convento dè frati Alcantarini, che riconosce la sua fondazione da Mons. Positano, da dove si scopre gran parte detto Terra di Lavoro, e varie isole del Mediterraneo, con una strada assai comoda, fatta di fresco, da potervi salire con carozze, carri, e traini da trasportarvi il bisognevole, ma di questo se ne parlerà diffusamente al suo luogo.” Siamo, ormai, lontani dall’antico sentiero che i volontari pignataresi dovevano affrontare per il trasporto, a braccia o con i muli, del materiale edilizio necessario.


La posizione del monastero Il maestoso complesso con annessa chiesa sovrasta il Comune di Pignataro Maggiore ed è ancora oggi visibile, a grande distanza, tra il verde di una ridente pineta. Di notte è possibile individuare la sua posizione grazie ad una Croce illuminata che sovrasta la chiesa. L’ampio spazio antistante il complesso è ancora oggi, come sempre, per la cittadinanza, luogo di ristoro pomeridiano e serotino contro l’afa e la calura estiva oltre che una veranda da cui poter godere dell’ottimo paesaggio della pianura campana con la cornice all’orizzonte, delle isole di Capri, Ischia e dei riflessi del mare. Verso Sud-Est, il Monte Somma con il Vesuvio e le colline napoletane degradanti verso il golfo di Napoli. La sera è una coreografia di luci e di colori da paesaggio da favola. L’ intero complesso non ha subito, nel tempo, modifiche alla propria struttura estetica e conserva quello che era il suo aspetto originario.


La cessione al Comune ed il successivo riscatto Come abbiamo detto nelle pagine precedenti nel 1871 intervenne il provvedimento di soppressione e cessione ai Comuni dei conventi.Stessa sorte toccò il nostro convento di S.Croce ( o San Pasquale ) e nel periodo 1871/1897 fu nella gestione dell’Ente ed utilizzato, quando fu necessario, anche come lazzaretto. Da un manoscritto datato 1898 si sono ricavate utili notizie inedite sul convento nonché sulla vicenda relativa alla sua restituzione ai frati Alcantarini, dopo circa 26 anni, mediante apposta compra-vendita. Il Canonico Antonio Palmesano, autore del manoscritto, ha voluto in esso lasciare ai posteri un ricordo delle opere da lui promosse e tra queste, appunto, il riacquisto del convento. A tal fine il Canonico versò la somma di lire 4.572 ( ivi comprese le spese contrattuali,ecc.) con il concorso della cugina Maria Francesca, “ monaca di casa. “ I due benefattori, per tale esborso, altro non chiedono che le “ soprabbondanti ricchezze spirituali dei Figli di S. Francesco “ e, inoltre, due funerali nel monastero riacquistato, uno nel giorno di mia morte. L’altro nel giorno della morte di mia sorella benefattrice Maria Francesca; i quali due funerali si dovranno ripetere ogni anno, nei giorni anniversari.” La soppressione e requisizione determina, naturalmente, la necessità successiva del riacquisto o riscatto.


La perizia del Villani Il perito Francesco Villani, laureato nella Regia Università di Napoli il 27 Aprile 1842, incaricato della stima del convento, produce una perizia dettagliata, che qui si riduce all’essenziale, dalla quale si desume che : si accede all’edificio mediante due vani, “ uno adatto per l’accesso dei legni rotabili, l’altro assai più piccolo “ dal quale si arriva al chiostro. Ai lati dell’ingresso principale due vani che immettono in due piccoli bassi per uso di stalle. Dall’androne dell’ingresso principale si passa al cortile e da questi al giardino. Al lato sinistro un basso che porta al refettorio e cucina. Gli accessi, coperti a volta, portano anche alla scala secondaria del I piano. Vi sono ancora tre vani il primo dei quali fa discendere in un sotterraneo per cantina. “ Nel giro del chiostro vi sono cinque piccoli bassi per diversi usi e nel suo mezzo vi è pozzo di acque collettizie .” Verso il fondo del supportino un basso che porta alla sagrestia della chiesa, alla stessa ed alla scala principale di accesso al piano superiore. Questi si compone di quattro corridoi con venti celle per frati, due stanze per l’antica e nuova libreria. Dalla prima si accede ad altre tre stanze per usi diversi. Due logge, una scoperta, sull’androne principale, l’altra sul “ supportico” che mena al giardino. Non vi è una descrizione della chiesa in quanto la stessa non era stata oggetto di requisizione e di conseguente riscatto.


L’atto consiliare della vendita Da una delibera del Consiglio Comunale del 6 febbraio 1897, integralmente riportata nel manoscritto, presieduto dal Sindaco F.F. ( facente funzioni ) Sig. Del Vecchio Alfonso, ricaviamo che il convento era stato ceduto al Comune con verbale di cessione del 3 marzo 1871, data cui abbiamo fatto cenno nella pagine precedenti. Per chi vuole maggiori dettagli riportiamo, anche noi, il contenuto integrale dell’atto consiliare: Vendita del Convento di S. Pasquale – Verbale di deliberazione del Consiglio Comunale – Sessione straordinaria partecipata al Prefetto con nota 1 febbraio 1897, n. 98. L’anno 1897, il giorno 6 del mese di febbraio, nel detto Comune e nella sala delle adunanze consiliari, al seguito degli avvisi diramati a cura del Sig. Del Vecchio Alfonso, F.F. Sindaco, giusta gli art. 104 e seguenti della legge 10-2-1889, n. 5921 ( Serie 3^) Intervennero alla presente adunanza oltre il prefato Sig. Del Vecchio Alfonso- Sindaco F.F. – che ne assunse la presidenza, i seguenti Signori Consiglieri: 1 – Pratilli Alberto 2 - Martone Francesco 3 - Penna Giuseppe 4 - Natale Giangiuseppe 5 - De Stavola Pietro 6 - Martone Gaetano 7 - De Rosa Pietro 8 - Giuliano Giovanni 9 - De Vita Salvatore Consiglieri presenti 10, Assenti 10 – Sono stati assenti i Signori Consiglieri : 1 - De Paris Oliviero 2 - Pellegrino Natale 3 - Del Vecchio Gennaro 4 - Pratilli Arcangelo 5 - Vito Luigi 6 - Borrelli Lorenzo 7 - Bovenzi Bartolomeo 8 - De Stavola Giovanni 9 - Villani Francesco 10- Del Vecchio Salvatore. Il presidente riconosciuta la legalità dell’adunanza a base dell’art.112 della citata legge per essere la seconda convocazione. Dichiara aperta la seduta. Con l’assistenza del Segretario Sig. Vetromile Antonio, Il Presidente a norma dell’elenco delle materie a trattarsi, già consegnato ai Consiglieri, come dalla dichiarazione del messo comunale Sig. Scialdone Gennaro che si è conservata in atti, invita il Consiglio a discutere e deliberare sul seguente oggetto: Vendita del Convento di S. Pasquale. Il Presidente espone che con verbale di cessione del giorno 3 marzo 1871, venne ceduto a favore di questo Comune il fabbricato dell’abolito convento degli ex Alcantarini ed attualmente trovasi da questa Amministrazione destinato per uso di lazzaretto.


Che questo Comune non ha locali propri sia per gli uffici municipali e sia per le scuole obbligatorie e che detto fabbricato dal modo come è costruito e per la sua distanza dal paese non può essere adibito a tali uffici. Che per manutenzione dello stesso ogni anno si spendono non meno di lire cento, e oltre il tributo fondiario si erogano annualmente lire 153 per mantenere aperta al Culto Divino l’annessa chiesa. Che costituendo il fabbricato un passivo per questo bilancio comunale è opportuno venderlo per adibire il prezzo in cosa più utile all’interesse pubblico, avendone liberamente facoltà, come anche risulta dal parere del Consiglio di Stato del 15 aprile 1891. Che da una perizia fatta dal perito Sig. Francesco Villani risulta che il valore del ripetuto fabbricato è di lire quattromila. In tale vendita si deve intendere compresa l’annessa chiesa a condizione però che resti aperta al Culto Divino e con quel lustro dovuto, ed a condizione pure che il compratore si accolli il pagamento annuo delle lire 153 ora pagate dal Comune per erogarle a quell’uso che ora attualmente vedonsi destinate, restando per l’esatto adempimento di tali due condizioni delegato il Vescovo protempore della Diocesi di Calvi. Propone che il prezzo della vendita sia adibito per l’acquisto dei cennati uffici per uso di Municipio e Scuole, da destinarsi fino a tali acquisti nella Cassa di Depositi e Prestiti, a conto corrente. Propone pure che sia delegata la Giunta per stabilire i patti della proposta vendita. Il Consiglio non trovando a fare osservazioni sulle proposte e relazioni fatte dal Presidente. All’unanimità di voti nei modi e termini di legge; Approva la vendita del convento di S. Pasquale nel modo e sotto l’osservanza di tutti i patti e condizioni come sopra esposti dal Presidente, autorizzando la Giunta a stabilire i patti della proposta vendita. Del che si è redatto il surriportato processo verbale che è stato letto ed approvato nell’adunanza e sottoscritto dal Presidente Alfonso Del Vecchio. Dal membro anziano Giangiuseppe Natale e dal Segretario Antonio Vetromile. Tale atto riporta l’approvazione della competente Giunta Provinciale Amministrativa nella seduta del 15-9-1897 e pone le basi per i successivi procedimenti di cessione. Lo stesso segna un momento importante per la storia del nostro paese in quanto, grazie alle premesse in esso contenute, furono gettate le basi per l’acquisto di una Casa comunale di proprietà, oggi palazzo Scorpio. Non sappiamo se la somma riscossa e depositata fu poi sufficiente, anche, per un edificio scolastico come l’atto deliberativo suggerisce. Nell’esaminare, comunque, l’atto di cui sopra sorgono alcune perplessità. Il Consiglio comunale fu convocato in seduta straordinaria e venne presieduto dal Sindaco F.F. e furono assenti la metà dei consiglieri assegnati al Comune. Evidentemente non tutti gli amministratori erano favorevoli a tale scelta e questa fu la causa della diserzione di metà di essi. Qualcosa era mutato nei rapporti tra frati e pubblica amministrazione e siamo lontani da quando il “ Parlamentino “ del paese, all’unanimità, scelse di donare il terreno per l’erigendo convento.


La figura del Canonico Palmesano Ma chi era il benefattore Canonico Antonio Palesano ? Era Dottore e Professore in Teologia, Provicario generale della Diocesi di Calvi. La sua salma giace oggi all’ingresso della cappella cimiteriale della con greca di S. Giuseppe, da lui fondata. E’ deceduto nell’anno 1901, all’età di 60 anni e la lapide marmorea che lo ricorda riporta una scultura che dovrebbe richiamare le sue più verdi sembianze. Con la cugina Maria Francesca Rotoli, monaca di casa, volle compiere quello che lui definisce un suo “ religioso dovere “verso i frati minori in cambio di spirituali favori. Nel medesimo istante compì, anche , opera meritoria a favore del proprio paese contribuendo a preservare l’importante monumento consentendo, nel contempo, l’acquisto di una Casa Comunale.


Il pagamento della somma di riscatto Innumerevoli dovettero essere le premure e le sollecitazioni del Can. Palesano e dell’allora guardiano del convento affinché il Comune si decidesse a vendere. L’atto relativo fu perfezionato in data 5-11-1898 allorquando nella sala comunale di Via De Vita, n.2 ( oggi Via Roma ), alla presenza del Notaio Alfonso Del Vecchio, residente a Giano Vetusto, con l’intervento del Sindaco F.F. – Farmacista – Alberto Pratilli fu Samuele, il Comune rilasciò quietanza dell’importo di acquisto di cui all’atto del medesimo Notaio del 18-8-1898, con il quale il convento veniva ceduto al Rev. De Lucia Giuseppe fu Clemente, nato e domiciliato a S. Maria a Vico, guardiano del Convento, al secolo Padre Giosafatta di S. Alfonso. L’importo di lire 4.020 veniva depositato, come stabilito, con polizza n. 8579 del 18-10-1898, rilasciata dalla Intendenza di Finanza di Caserta. Dal 1898, quindi, il nostro convento ritornava nel possesso della chiesa ed alla funzione per la quale era stato voluto e costruito.


Il giardino del convento Negli atti di requisizione e successivo riscatto non abbiamo rinvenuto notizie sull’attuale giardino del convento ma nell’approfondire le nostre ricerche abbiamo rilevato che lo stesso o parte di esso fu oggetto di una ulteriore donazione. Questa intervenne, in un momento successivo, per le accresciute esigenze dei frati con la facoltà, anche, di munirlo di apposito muro perimetrale. Parte di esso fu adibita a cimitero fin quando intervenne l’editto di Saint Cloud emanato da Napoleone ed esteso al regno d’Italia nel 1806. Era quello un cimitero scomodo per le difficoltà di trasporto delle salme per l’ impervio percorso collinare. I frati stessi avevano a lamentarsi per i miasmi da esso provenienti. Fu verso l’anno 1923 che lo stesso venne esumato con il trasferimento delle salme al nuovo cimitero costruito, verso il 1895, all’ingresso del paese, nei pressi della SS. Casilina. L’area dello stesso dopo un trentennio di completo abbandono, con l’uliveto, fu divisa in lotti ed acquistata dai frati al prezzo complessivo di lire 15.000. Il relativo contratto fu stipulato in data 20-101924.


Lo spazio antistante la chiesa Occorre prendere atto che la popolazione pignatarese ha sempre dimostrato verso i frati notevole affezione e comprensione venendo incontro ad ogni necessità da loro rappresentata. Una riprova nel fatto che nel 1753 la Università donava, inoltre, per le presumibili ragioni già esposte, uno spiazzo antistante la chiesa “di passi 12 e passettielli 15” Tale spazio non risulta sia stato mai delimitato visibilmente da distinguerlo rispetto all’intero perimetro antistante il convento. Nel 1853 ciò fu forse motivo di una disputa tra il capuano Gennaro Ranall e l’allora padre guardiano. Questi in diverse occasioni aveva violentemente impedito e contrastato il diritto del Ranall a far transitare davanti la chiesa carri con materiali di costruzione necessari alla edificazione di una casa sul proprio fondo. Il Ranall dovette penare non poco perché l’irruente padre guardiano si rabbonisse . Riuscì ad avere il permesso dopo suppliche, proteste e ricorsi e dopo l’intervento di importanti superiori religiosi che richiamarono il frate ai propri doveri. Allo stesso fu fatto osservare che : “ chi non dice che qualche anima smarrita, nella occasione di transitare innanzi alla porta della chiesa, sentendo prossima la visita del SS. Sacramento, s’invoglia di orare, e la grazia divina toccandone il cuore, da un dannato ne rende un beato ? “ Ancora: “ e chi volete che passand’innanzi a quel tempio augusto, tutelato dal Glorioso S. Pasquale, non ne valichi la soglia per recitarvi una prece ?.. Non si raggiunge in tal modo lo scopo dè Ministri di Dio ? “ Si dovette ricordare al frate che l’uomo va avvicinato alla chiesa e non da essa respinto. Il Ranall, oltretutto, era conosciuto benefattore di altri conventi e poteva ben essere tale anche per il convento di S. Pasquale.


L’uso a lazzaretto Altra controversia nasceva nel luglio 1911 allorquando il Sindaco De Vita per sopperire ad un’epidemia di colera emise provvedimento di requisizione di tre stanze del convento da utilizzare come lazzaretto. I vani erano prospicienti il giardino comunale, con ingresso proprio a lato dell’edificio, ma ciò non bastò per placare le ire dei religiosi i quali oltre diverse motivazioni si chiedevano perché non utilizzare: “La Vigna, quasi ad uguale distanza dal paese, composta di quattro buone stanze: questa sia per il numero degli ambienti, sia e molto più perché disabitata, avrebbe dovuto essere preferita”. Della vigna di cui si fa cenno, allora già abbandonata con “tutti i comodi”, oggi rimane solo qualche rudere sulla sommità della collina che si affianca a quella di S.Pasquale. Non conosciamo l’esito della vertenza ma si ha motivo di ritenere che i frati furono soccombenti.


Considerazioni finali L’interessante complesso ospitò per molti anni numerosi frati che riuscivano a sopravvivere grazie all’amore ed alle donazioni della cittadinanza affezionata, fra cui tanti agricoltori, che non facevano mancare grano, olio, vino e tanto altro di loro produzione. Nel dopoguerra a motivo della crisi delle vocazioni religiose il numero delle presenze andò via via riducendosi sino a ridursi ad un unico francescano. Tutto ciò procurò notevoli danni a causa della scarsa vigilanza e per l’età spesso avanzata dell’unico residente. La nutrita biblioteca, mobili ed arredi furono sottratti ed interessanti documenti vennero sottratti o distrutti. La collina che ospita l’importante monumento, arida e brulla sin verso gli anni settanta, fu oggetto di innumerevoli cantieri di rimboschimento e grazie all’impegno dell’ottimo Sindaco Dott. Giulio Martone, prima, e Avv. Angelo Mazzuoccolo, dopo, ha acquistato nel tempo una rigogliosa e bellissima pineta. Si deve a questi cantieri costituiti da disoccupati, modestamente compensati se l’antica “ monticella “, unica nel circondario, ha assunto l’attuale aspetto. In qualche anno successivo a mezzo di analogo cantiere di lavoro e con il modesto contributo di un milione di lire per acquisto materiali che il piazzale fu asfaltato, furono posti muretti ad uso panchine. Fu allargata l’ultima curva che mena al convento ed il piazzale, nonché la strada furono munite di colonnine e tubi di protezione. Ai margini della strada fu creato apposito canale in cemento di scarico e raccolta della acque meteoriche. Qualche anno fa la strada ed il piazzale sono state munite di impianto di illuminazione. Oggi il convento ospita le Pie Clarisse figlie di S. Chiara che ne hanno fatto luogo di clausura, preghiera e meditazione. La chiesa è stata restaurata accortamente e l’interno ha acquistato un senso di sacralità raccolto e pulito che invoglia alla preghiera anche gli animi più riluttanti. Gli interni sono stati igienicamente e strutturalmente adeguati ed un alone di mistico mistero avvolge la vita di chi vi abita. La strada, il piazzale, l’impianto di pubblica illuminazione alcune volte sono oggetto di deprecabili atti vandalici che disonorano quanti col sacrificio e con l’amore hanno voluto e lavorato per la sacralità e la bellezza di quel luogo.


Peccato che un incomprensibile provvedimento ha precluso la possibilità che si recitasse, la domenica pomeriggio, ulteriore Santa Messa in quella chiesa ove tanta gente e da ogni luogo, vi accedeva per la comodità dell’orario.


Bibliografia -

Archivio di Stato – Caserta – Fondo notarile Notaio Francesco Barracelli, Anno 1726. G.Penna, Stato antico e moderno del circondario di Pignataro di Capua e suo miglioramento, Napoli 1833. Manoscritto, Vescovo Mons. G.M. Capace Zurlo – 1771 Manoscritto, Can.Antonio Palesano,14-10-1898. Nicola Borrelli, Pignataro Maggiore nella metà del Sec. XVIII, Piedimonte d’Alife – 1921. Sac. Pietro Palumbo, L’Episcopato di Mons. Filippo Postano- Teano 1969. Sac. Pietro Palumbo, Michele Monaco e la Diocesi di Calvi – Anno 1976. Archivio diocesano di Pignataro Maggiore


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