Sul litorale domitio, il mondo della scuola dalla parte dei bambini
L’IPERATTIVITA’: UN DISTURBO DELL’ATTENZIONE di Margherita C.D. IULIANO
Collana: i quaderni
Di Margherita Carmela Dora Iuliano Edito da www.comunedipignataro.it Via Gramsci, Pignataro Maggiore (CE) Rilasciato sotto licenza Creative Commons by-nc-nd/2.5 http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/ Anno 2006
Sommario Sommario .............................................................................................................................................3 Premessa...............................................................................................................................................5 Il fattore DDAI.....................................................................................................................................7 BIBLIOGRAFIA ...............................................................................................................................10
Premessa Se è vero che la scuola italiana sta attraversando un periodo di grandi trasformazioni, non privo di preoccupazioni e di impegno, soprattutto a metabolizzare il nuovo che avanza, è altrettanto vero che proprio la scuola italiana risulta all’avanguardia a livello europeo in alcuni settori di studio e di ricerca, come nel caso dei processi di integrazione degli alunni nel tessuto scolastico. Occasioni di ricerca, come la sperimentazione e la messa in attuazione di alcuni fasi della recente Riforma Moratti, sono senza dubbio momenti di grandi esperienze che dovrebbero dare forte impulso ai processi di integrazione e, alle medesime condizioni ed opportunità, alla piena cittadinanza, con la eliminazione di ogni discriminazione e fino alla affermazione del principio del concreto accesso di tutte le persone a tutti gli aspetti della vita di una comunità. Ed è questo il punto di riflessione di questo contributo, mirato essenzialmente a presentare in maniera sintetica una ricerca di una delle situazioni problematiche più difficile da diagnosticare ma che si incontra spesso nella scuola primaria del litorale domitio, dove il valore della persona è sovente condizionato in modo particolare dagli aspetti sociali dell’ambiente di vita e di relazione. “Il valore di ogni persona umana si estrinseca attraverso una unica ed irripetibile personalità che, a livello sociale e culturale, trova quale primo fondamento l’accoglienza alla vita e alla comunità, maturata in un contesto di esperienze che riconoscono in ogni occasione l’identità della singola individualità.”. Questo concetto, che si avvale delle conoscenze dell’identità personale quale strumento indispensabile per l’accoglienza e l’integrazione della persona umana, è stato estrapolato da una Relazione sulle Attività svolte da un Operatore Psico-Pedagogista che per anni ha lavorato nelle scuole del litorale domitio nord. Ancora oggi, viene rinnovato nelle medesime scuole da parte di altri Operatori e Operatrici dell’educazione e della comunicazione. In effetti, tutto nasce dal fatto che l’integrazione degli alunni è realizzata in maniera piena e consapevole solo nelle scuole che si fanno a misura dei bambini, a misura di tutti i bambini, normali e diversi, poiché i bambini anche nella normalità possono diventare e sono diversi, in quanto la diversità è una caratteristica peculiare dell’uomo. In quanto diversa, la persona umana possiede un potenziale che non si esprime soltanto nella lingua, nell’attività e nella cultura della società in cui si sviluppa, ma rappresenta e presuppone lo sviluppo di conoscenze di forme diverse a livello linguistico, formativo e culturale, esprimendosi ed accogliendo l’apprendimento lungo l’arco di tutta la vita proprio in lingue, attività e culture diverse. Accogliere è il primo momento dell’integrazione possibile nel primo istante di vita della persona umana come nel primo giorno di scuola. Deriva dal latino “accolligere”, che significa radunare, mettere insieme, cioè sviluppare e apprendere relazioni e attività nella prospettiva della crescita individuale della persona umana. Accogliere alunni, alla luce del significato appena esposto, assume pertanto il significato di fare in modo che diventino parte integrante di un contesto, e ciò vale per alunni normali come per gli alunni diversamente abili e senza alcuna discriminazione di qualunque genere. Ciò, perché la scuola deve accogliere ed integrare tutti gli alunni, alla pari, in quanto li riconosce nella loro diversità, facendosi scuola per tutti, scuola su misura dei bambini. Questo vuol dire che l’integrazione raccoglie e riconosce il valore della persona per le sue possibilità e per i potenziali di cui è portatore. L’integrazione, in tal senso, non implica il significato di generico atteggiamento di disponibilità verso l’altro ma assume la forza di un impegno alla valorizzazione della realtà individuale, riconoscendo la persona in quanto tale e prendendo atto dei valori di cui è portatrice. Si pone, insomma, come un impegno alla conoscenza delle potenzialità di tutti e di ciascuno in vista della promozione dello sviluppo, della formazione, dell’educazione e dell’istruzione. In tal modo, integrazione è superare soprattutto l’emarginazione, offrendo a ciascun alunno stimoli culturali adeguati alle sue peculiari esigenze formative.
Anche l’educazione consiste nella promozione della formazione dell’uomo e del cittadino che però si realizza nel rispetto delle identità personali, sociali e culturali dei singoli individui. E così che la scuola a misura dei bambini diventa la scuola dei diversi percorsi formativi, perché non può non riconoscere che ogni essere umano possiede livelli, stili e ritmi di apprendimento diversi dal proprio simile. Consentendo agli alunni di procedere secondo i suoi ritmi e i suoi stili di apprendimento, muovendo dai suoi livelli di sviluppo, la scuola diventa maestra di vita, mettendo ciascun alunno nelle condizioni di realizzare il pieno sviluppo delle potenzialità formative a cui ogni essere umano ha diritto.
Il fattore DDAI Il fattore DDAI, il disturbo da deficit attentivo e da iperattività, è un disturbo che statisticamente è presente intorno al 3-5 % della popolazione in età scolare del litorale domitio nord, uno speciale osservatorio sociale e culturale in cui chi scrive esercita la professione di insegnante di scuola primaria, e risulta diagnosticato con prevalenza a soggetti di sesso maschile, in proporzione di 4 a 1 rispetto alle bambine. Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (DDAI), è un disturbo dell’autocontrollo in età evolutiva. Esso include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività. Questi problemi derivano sostanzialmente dall’incapacità del bambino di regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente. E’ bene precisare che il DDAI non è una normale fase di crescita che ogni bambino deve superare, non è nemmeno il risultato di una disciplina educativa inefficace, e tanto meno non è un problema dovuto alla "cattiveria" del bambino. Il DDAI è un vero problema, per l’individuo stesso, per la famiglia e per la scuola, e spesso rappresenta un ostacolo nel conseguimento degli obiettivi personali. E’ un problema che genera sconforto e stress nei genitori e negli insegnanti i quali si trovano impreparati nella gestione del comportamento del bambino. Sicuramente i genitori sono abituati a vedere come le altre persone reagiscono al comportamento del bambino iperattivo: all’inizio, gli estranei tendono ad ignorare il comportamento irrequieto, le frequenti interruzioni durante i discorsi degli adulti e l’infrazione alle comuni regoli sociali. Di fronte alle ripetute manifestazioni dell’assenza di controllo comportamentale del bambino, queste persone tentano di porre loro stesse un freno all’eccessiva “esuberanza”; non riuscendoci, concludono che il bambino sia intenzionalmente maleducato e distruttivo. Forse i genitori sono anche abituati alle conclusioni a cui gli estranei giungono, come ad esempio: "I problemi di quel bambino sono dovuti al modo in cui è stato educato; sarebbe necessaria una maggiore disciplina, maggiori limitazioni e anche qualche bella punizione. I suoi genitori sono incapaci, incuranti, eccessivamente tolleranti e permissivi, e quel bambino è il frutto della loro inefficienza". Leggendo queste poche righe, i genitori si renderanno conto che, se da un lato diventa necessario fare qualcosa per gestire il comportamento di questi bambini, è anche vero, d’altro canto, che diventa urgente far capire agli altri adulti quale sia la reale natura del problema dell’iperattività. E’ necessario che tutte le persone, che interagiscono con i bambini con DDAI, sappiamo vedere e capire le motivazioni delle manifestazioni comportamentali di questi ragazzini, mettendo da parte le assurde e ingiustificate spiegazioni volte ad accusare e ferire i loro genitori, già tanto preoccupati e stressati per questa situazione. Innanzitutto è necessario scoprire se il bambino a cui state pensando, abbia veramente un Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività oppure se sia semplicemente irrequieto e con la testa tra le nuvole. Nessuna persona, che non sia uno specialista (ad esempio, uno psicologo o un neuropsichiatra infantile), si deve sentire autorizzata a decidere se quel bambino presenta o meno un DDAI. In questo sommario intervento, si cercherà, in particolare, di offrire alcuni accenni alla problematica portata dai casi di questi bambini, riferendo della individuazione del problema e del percorso indicato da alcune docenti e da neuropsichiatria infantili per giungere a una possibile diagnosi. Com’è fatto un bambino iperattivo? Un bambino iperattivo è spesso di intelligenza del tutto normale, o addirittura superiore alla norma. Tuttavia presenta, rispetto alla sua età, un eccesso di impulsività; un basso livello di attenzione; un grado di attività motoria decisamente superiore a quello dei suoi coetanei. Le manifestazioni comportamentali di queste tre componenti sono riassumibili come segue. I bambini con DDAI possono presentare comportamenti abbastanza differenziati a seconda della componente che prevale. Se prevale un basso livello di attenzione e concentrazione, il bambino
apparirà soprattutto “distratto e disattento”; se l’eccesso è sul versante dell’impulsività ci troveremo di fronte al bambino che “agisce prima di pensare”; se prevale l’eccesso di attività ci troveremo di fronte ad un bambino estremamente “vivace”. Di solito, comunque, il bambino iperattivo presenta, magari con intensità diverse, sia problemi di attenzione, sia di impulsività, sia di eccesso di attività. Tali caratteristiche devono essere presenti in più di un contesto, per esempio, a casa, a scuola e in ambulatorio. La compromissione dell’attenzione si manifesta con la prematura interruzione dei compiti e l’abbandono di attività non portate a termine. Il bambino passa da una attività all’altra, sembrando perdere interesse in un compito perché distratto da un altro. Questa peculiare caratteristica - la distraibilità - è più difficile da rilevare in ambulatorio in quanto il contesto è abbastanza neutro e i distraenti sono abbastanza ridotti. Questi deficit di continuità dell’attenzione devono richiedere una diagnosi solo se eccessivi rispetto all’età ed al Quoziente Intellettivo del bambino. L’iperattività implica una eccessiva irrequietezza, specialmente nelle situazioni che richiedono una certa calma. Essa può comportare, a seconda della situazione, il correre e saltare di qui e di là, l’alzarsi dalla sedia quando è il caso di restare seduti, o il chiacchierare ed il fare rumore eccessivamente oppure l’agitarsi e il dimenarsi. Il parametro per la valutazione deve essere che essa è eccessiva per quanto ci si aspetta in quella situazione rispetto agli altri bambini della stessa età e Q.I. Questa caratteristica comportamentale è più evidente in situazioni strutturate ed organizzate che richiedono un elevato livello di autocontrollo comportamentale. Caratteristiche associate che non sono sufficienti o necessarie per la diagnosi, ma che concorrono a confermarla, comprendono: disinibizione nei rapporti sociali, imprudenza in situazioni che comportano pericolo, infrazione impulsiva di regole sociali: intrusione nelle attività altrui risposte premature a domande non ancora completate, difficoltà ad aspettare il proprio turno e negare anche di fronte all’evidenza il proprio coinvolgimento in azioni o malefatte e ritardo nell’apprendimento di vari prerequisiti fondamentali. Possono essere presenti anche segni neurologici minori, come ad esempio le difficoltà di memorizzazione , la scarsità di presenza di strategie di recupero delle informazioni, la difficoltà nel conteggio all’indietro, il più o meno marcato impaccio nei movimenti, le difficolte di orientamento temporale (confusione nei termini prima-dopo; scorso-prossimo; ieri-domani) eccetera. I caratteristici problemi di comportamento, devono avere un esordio precoce, in genere prima dei sei anni, e una lunga durata. Ma iperattivi si nasce o si diventa? I primi segni di questa problematica un problema si notano talvolta (ma non sempre) nelle prime fasi di sviluppo. Il “ tratto DDAI “ sembra essere in gran parte di natura ereditaria. Diverse ricerche hanno evidenziato che i familiari di soggetti DDAI hanno il 30-35 % di possibilità di presentare il medesimo problema. Jim Stevenson, dell’Università di Southampton in Inghilterra, riassumendo i numerosi studi sui gemelli omozigoti, conclude che il DDAI sarebbe causato per l’85% da fattori geneticamente determinati. Accenno, come ulteriore informazione, della rilevazione , attraverso l’uso della RMN funzionale che studia il flusso ematico cerebrale, di differenze organiche riscontrate nei soggetti DDAI rispetto al gruppo di controllo. Nei soggetti di controllo esiste una normale asimmetria dei lobi frontali ( normalmente il lobo frontale destro è più esteso dei sinistro. Mentre nei bambini DDAI questa differenza non esiste e il CIRCUITO PREFRONTALE ( corteccia prefrontale dx, il nucleo caudato, il globo pallido e anche parte del cervelletto) sono di dimensioni ridotte rispetto alla norma. La corteccia prefrontale controlla il movimento, mentre il nucleo caudato ed il globo pallido sono in collegamento sia con la corteccia prefrontale che con il lobo libico, che è la sede dove le emozioni sono in circuito. Il cervelletto gioca un ruolo importante nella pianificazione del movimento. Spesso possono esserci difficoltà di sonno o di addormentamento; in casi estremi può scambiare, come si dice, il giorno per la notte, passando lunghi periodi sveglio di notte a piangere. Anche l’alimentazione può costituire un problema: i cibi graditi possono essere pochissimi per cui molti
genitori non sanno più come nutrire il figlio; anche la quantità di cibo mangiato può essere molto limitata, e nel complesso si può assistere ad una specie di rifiuto del cibo. Talvolta si notano difficoltà emotive: sbalzi di umore eccessivi, crisi di pianto o “capricci” Quando il bambino inizia a camminare in modo autonomo, spesso anziché camminare il bambino corre. Anche il sano comportamento esplorativo cioè la curiosità di voler toccare tutto, è realmente esagerato. Recenti ricerche (Barkley, 1997) hanno dimostrato che le difficoltà di inibizione comportamentale emergono verso i 3-4 anni , mentre quelle legate alla disattenzione compaiono verso i 5-7 anni. I genitori talvolta notano che il bambino si stanca subito se si dedica a qualche gioco, o gli si racconta una fiaba, e che la sua tolleranza alla frustrazione è praticamente nulla : se non viene accontentato subito, si scatena in una scenata sproporzionata. Il bambino viene spesso descritto dai genitori come “nervoso”. Conoscere queste caratteristiche precoci ci è utile per comprendere come il bambino con DDAI sia stato spesso difficile da allevare e abbia contribuito a costruire nei genitori un senso di impotenza o di frustrazione, determinando poi a volte gravi problemi di gestione, che molto hanno in comune con quanto proveranno successivamente gli insegnanti. L’insieme di problemi e difficoltà si ripercuote inevitabilmente anche sul rendimento scolastico. Infatti un numero variante fra il 50 e 75% di questi bambini presenta, rispetto ai compagni, un ritardo nell’apprendimento scolastico equivalente ad un anno o più. In altre parole, pur essendo di intelligenza del tutto normale, questi bambini finiscono con l’imparare molto meno dei loro compagni. Il loro percorso scolastico speso è caratterizzato dall’abbandono precoce degli studi e da esiti nell’ambito di disturbi della condotta. Comunque, l’iperattività è uno stato, un modo d’essere dietro al quale ci possono essere le cause più svariate. E’ quindi importante prima di tutto giungere ad una diagnosi. Quando si va dal medico con un sintomo generico, come per esempio la stanchezza, prima di tutto va fatto l’inquadramento , perché le cause che danno stanchezza sono le più svariate. E come procede il medico? Soprattutto il neuropsichiatria infantile? Comincia con il classico colloquio anamnestico, con domande del tipo da quanto tempo e in quali circostanza di più al mattino o alla sera accadono i disturbi segnalati. Poi, effettua una visita medica. Segnala l’opportunità di prescrizione di esami biochimici, fra cui alcuni generici ( funzionalità epatica, renale, pressione arteriosa, per esempio urine, ed altri specifici più mirati o alle caratteristiche del sintomo o ai dati rilevati dall’anamnesi). Inoltre, chiede a chi accompagna il paziente come viene visto dall’esterno a conferma di quanto è emerso dal racconto. E’ davvero sempre così ? Tende a preoccuparsi più del dovuto e soprattutto oggi come lo vede ? In genere, a scuola, si ha lo stesso protocollo con la stessa struttura di domande. Colloquio alla prima seduta con i genitori/tutori e raccolta di anamnesi. Poi, si avanza una generica richiesta di approfondimenti medici presso l’Asl e se emergono dati significativi per sospetto di concause mediche, si invita il genitore/tutore a chiedere un colloquio clinico con il Neuropsichiatra infantile portando il piccolo paziente. In precedenza, le docenti hanno già avanzato una prima somministrazione di prove generali atte a indagare l’esistenza di problematiche affini. Qualche volta, quando il caso è evidente, si somministrano prove specifiche costruite apposta per indagare la funzione dell’attenzione e la capacità di pianificazione all’interno dei processi di problem solving. E poi si chiede a chi conosce bene il bambino, genitori/tutori ed insegnanti : e voi come lo vedete? Questa domanda può essere rivolta anche attraverso uno strumento i cui risultati saranno presentati ai genitori/tutori dopo le valutazioni delle funzioni fatte dal Neuropsichiatria oppure dopo quelle implicate nei processi attentivi fatte dai medici. Lo strumento è un questionario che rappresenta un mezzo molto valido e moderno per uniformare il rilievo delle informazioni, ed acquisire, il punto di vista sul bambino delle insegnanti. Assieme al questionario potranno essere oggetto di valutazioni gli incontri che gli insegnanti di classe e di sezione avranno con il bambino alla presenza dei genitori/tutori.
BIBLIOGRAFIA ATTI del corso di aggiornamento “LA SFIDA DELL’INTEGRAZIONE” della D.D.S. di Codigoro (FE), 2003 Aiutare i bambini... che temono di non essere amati di Margot Sunderland | 2006 | Erickson Aiutare i bambini pieni di rabbia o odio di Margot Sunderland | 2005 | Erikson Deficit dell'attenzione: iperattività e impulsività di Gianluca Perticone | 2005 | Armando Editore Alunni cattivissimi di Ulisse Mariani | 2005 | FrancoAngeli Arricchimento lessicale di Irene Veronesi e Elisabetta Zambelli | 2006 | Erickson Attiv@mente di R. Ciceri | 2004 | Omega Edizioni Attività di potenziamento cognitivo - volume 1 di Rosa Angela Fabio, Barbara Pellegatta | 2005 | Erickson Avviamento alla metacognizione di Gianna Friso, Paola Palladino, Cesare Cornoldi | 2006 | Erickson Bambini autistici a scuola di Val Cumine, Julia Leach, Gill Stevenson | 2005 | Edizioni Junior Bambini disattenti e iperattivi di Gian Marco Marzocchi | 2003 | Il Mulino Bisogni educativi speciali e inclusione di Dario Ianes | 2005 | Edizioni Erikson