L'occhio Elettronico

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Franco Simeone L'OCCHIO ELETTRONICO Immagini e passaggi tra riziomatico e arboriscente nella società “democratica” postmoderna del controllo

Collana: I Quaderni


L'OCCHIO ELETTRONICO di Franco Simeone ® www.comunedipignataro editore- 2007 via Gramsci, Pignataro Maggiore (CE)

In copertina: “Camera Toss 3” foto di Leanne Humberstone (http://www.flickr.com/people/leannz0r/)


INDICE Lo sguardo onnipresente. ...........................................................................................................4 Occhio contro occhio, il crack delle immagini. .......................................................................10


Lo sguardo onnipresente. (Essere visti senza vedere mai ). I primi sistemi di videosoeveglianza sono stati installati all'inizio degli anni 70, per aiutare a regolare il traffico stradale e contro le rapine ai danni delle banche e dei negozi di lusso. Durante tutti gli anni 80, questi sistemi si sono moltiplicati nelle strutture di trasporto collettivo e in quelle commerciali, sui luoghi di lavoro e di svago e in prossimità degli edifici pubblici. Un ulteriore passo verso la loro diffusione è stato compiuto agli inizi degli anni 90, con l'installazione di telecamere sulla rete stradale, negli stadi e nelle vie di alcune città. Questa nuova forma di sorveglianza ha suscitato diffidenza fin dalle origini. In Francia, alla fine degli anni 80, la Commissione Nazionale per l'Informatica e le Libertà (CNIL) ha proposto le prime disposizioni di tutela. Ma da parte della popolazione questa tecnologia di sorveglianza, percepita come un mezzo di lotta contro la delinquenza, è stata accettata, anche se un'inchiesta del 1996 rileva che l'accettazione sociale varia a seconda delle applicazioni. Solo il 9% delle persone interrogate considera come un attentato alla privacy la presenza di telecamere nei parcheggi e nei negozi, mentre per il 51% la diffusione dell'immagine di una persona ripresa a sua insaputa in un luogo pubblico è "sgradevolmente lesiva" di questo diritto. Le telecamere sono sempre più efficienti. Alcune sono in grado di sorvegliare il campo visivo a 360°; altre dispongono di zoom capaci di leggere i prezzi battuti al registratore di cassa da un'impiegata, o una targa d'auto a 300 metri di distanza; altre ancora, le cosiddette "telecamere intelligenti", sono munite di dispositivi che danno l'allarme in caso di incidente. La trasmissione delle immagini attraverso le reti telefoniche aperte al grande pubblico può permettere di vedere e di ascoltare senza frontiere, su scala planetaria. Le finalità della video sorveglianza è di natura tale da conferirle una forte legittimità. La sicurezza è in effetti uno dei primi diritti umani. Il numero delle aggressioni contro i beni e le persone è aumentato in Europa, anche se quello degli omicidi rimane basso. In Francia, ad esempio, tra il 1963 e il 1991 le rapine sono aumentate di 20 volte e i furti con scasso si sono moltiplicati per otto. Mentre nel 1950 la polizia riusciva a risolvere circa metà dei casi di furto, questa proporzione è scesa al 12,5% nel 1993. Ecco perchè negli anni 70 si è manifestata una domanda di sicurezza nelle aree urbane, alla quale la polizia tradizionale non sembrava in grado di rispondere.


La soluzione è stata quindi cercata altrove, nel ricorso a servizi di sicurezza privati o municipali e in tecnologie quali, appunto, la videosorveglianza. Le cifre stanno a dimostrare che quest'ultima migliora a volte i livelli di sicurezza. Nelle banche ad esempio (il 90% delle agenzie è dotato di telecamere), una buona metà degli autori di furti sono oggi identificati e arrestati entro due anni; nel metrò parigino vengono individuati, grazie all'impianto video, i responsabili dell'83% dei reati, e il numero dei fermi è aumentato del 36%; anche i dirigenti dei grandi magazzini hanno potuto constatare che, grazie a queste tecniche, gli episodi di taccheggio sono diminuiti di due terzi. A volte però, la tecno - sicurezza ha solo l'effetto di spostare gli obiettivi della delinquenza; e i malfattori proseguono la loro attività lontano dalle telecamere. Ad esempio, il tasso medio di criminalità a Monaco, città sorvegliata capillarmente da oltre 60 telecamere munite di zoom, è soltanto di 44 reati su 1.000 abitanti, ma sale a 130 nel vicino dipartimento delle Alpi (considerando che la media francese è di 90 su 1.000 abitanti). Non sempre l'installazione delle telecamere risponde alle aspettative di efficacia. A Levallois - Perret, una città della periferia parigina tra le più videosorvegliate in Francia (86 telecamere che tengono sotto controllo le strade), si è registrato nel 1996 un aumento della delinquenza, e in particolare un forte incremento dei furti. La finalità di un dispositivo di video sorveglianza può anche essere stravolta; uno degli esempi più spettacolari è il controllo politico assicurato dalle telecamere installate sulla piazza Tien Anmen a Pechino nel giugno del 1989, che avrebbero consentito di identificare e arrestare vari manifestanti. Allo stesso modo, le telecamere installate in un grande centro commerciale per intervenire in caso di furto vengono utilizzate anche per sorvegliare il personale. Lo strumento è così trasformato in dispositivo di controllo del lavoro e della produttività, come dimostrano casi di licenziamento finiti davanti ai tribunali, nei quali l'occhio elettronico è utilizzato come testimone a carico. La telecamera può anche servire a esaminare i riflessi dei consumatori, a osservare da vicino questo o quel comportamento all'atto dell'acquisto. L'analisi dei minimi fatti e gesti permette di perfezionare la tecnica di esposizione dei prodotti e di individuare il "percorso di spesa" più efficace. In senso inverso, le registrazioni che riguardano gli autori dei furti possono sempre alimentare gli schedari fotografici o dei recidivi. Sono attualmente in corso ricerche per mettere a punto software perfezionati che consentiranno di


individuare automaticamente il volto di un ricercato dalle immagini di gruppi di persone. La messa a punto dei software di sorveglianza consente un'osservazione in qualche modo "obiettiva", focalizza sull'individuazione di un'anomalia di comportamento, di un vestiario atipico o di tratti etnici particolari. A differenza di un operatore umano, la macchina video registra automaticamente il campo nel quale opera; ma le interpretazioni errate possono avere conseguenze devastanti. Una serie di inchieste, pubblicate nel 1995, in merito a numerosi dispositivi installati in luoghi pubblici in Francia suggerisce una distinzione tra due diverse forme di video sorveglianza; la prima di carattere preventivo, mira a stabilire un rapporto destinato a incitare le persone ad assumere i comportamenti richiesti. L'altra, di tipo repressivo, si limita a intervenire in caso di comportamenti indesiderabili. Il primo caso è il prolungamento di una forma di disciplina tradizionale. Per oltre tre secoli, la pacificazione del costume e dei comportamenti ha potuto essere ottenuta attraverso l'autocontenimento e l'autodisciplina. Nobert Elias ha dimostrato come la formazione di Corte, nel XVII e nel XVIII secolo, abbia eliminato gli scontri violenti e contribuito a estendere alla società nel suo insieme le nuove norme di comportamento, basate sul controllo e la repressione dei propri impulsi. Per Michel Foucault, dalla fine del XVIII secolo i dispositivi panottici e disciplinari sono serviti a plasmare individui appropriati, che venivano resi docili e utili confinandoli in luoghi chiusi (scuole, caserme, fabbriche, ospedali, carceri) e marchiando i loro corpi. Così relegato, l'individuo riproduce su se stesso le coercizioni del potere. Dopo gli anni 50, le vecchie forme di disciplina hanno perduto la loro efficacia. La modernità ha dato vita a quello che l'antropologo Marc Augé ha definito i "non luoghi ", come gli aeroporti o i grandi centri commerciali, nei quali si esprimono solo identità parziali o anonime. E' in questo contesto che il video tenta di modernizzare i dispositivi panottici. La funzione generale di essere visti senza mai vedere, fino ad allora riservata agli spazi chiusi, sarà applicata anche a quelli aperti, frequentati da individui sempre più mobili. “Quando ci si sente sorvegliati ,- scrive Paul Virilio ,- anche se al posto di controllo del video non c'è nesuno, si è condizionati e come comandati. La videosorveglianza comanda i comportamenti. Non dissuade solo i delinquenti, ma modifica i comportamenti di tutti”. L'importante è che il cittadino videosorvegliato sappia di esserlo. E' questa consapevolezza che stabilisce il rapporto disciplinare, inducendo l'individuo ad attenersi alla condotta che ci


attende da lui. L'efficacia del sistema panottico deriva dalla consapevolezza di "essere visti senza mai vedere". Ecco perchè questa forma di tecnosicurezza è molto visibile ed esplicitamente annunciata, mediante informazioni del tipo: "Sorridete, vi stanno riprendendo". Alcune formule permettono a volte di far giocare a un individuo il duplice ruolo di sorvegliato e sorvegliante. Ad esempio, vi sono sistemi, attualmente sperimentati nei condomini, che danno agli abitanti dell'edificio la possibilità di seguire sui loro teleschermi l'andarivieni delle persone che accedeno alle parti comuni. La seconda forma di videosorveglianza introduce un tipo nuovo di controllo attraverso un meccanismo astratto, distante, spersonalizzato, automatico, burocratico e in gran parte visibile e incomprensibile, la macchina crea informazioni, e può anche provocare azioni. Il controllo è simboleggiato dalla manipolazione piuttosto che dalla coercizione, grazie a una serie di fili invisibili, manovrati a distanza. Il soggetto sorvegliato è così ridotto a mero oggetto di informazione. Dopo i numerosi schedari costituiti sul suo conto e le tracce elettroniche che lascia dietro di se, subentrano le videocamere, per arricchire la trasparenza dell'individuo seguendolo a partire dalla sua immagine. E la persona sorvegliata rimane ignara delle procedure e delle manipolazioni che si effettueranno alle sue spalle. Poichè nessun principio governa l'uso di questi metodi, le derive liberticide si moltiplicano. Chi si preoccupa della sicurezza tiene in scarsissimo conto una libertà essenziale: quella di andare e venire liberamente in uno spazio pubblico senza essere osservati. Nel 1990 un giudice amministrativo francese ha annullato la delibera del consiglio municipale di una città che aveva approvato la creazione di un sistema di videosorveglianza. Secondo questo giudice, l'installazione generalizzata e il funzionamento permanente di videocamere sono eccessivamente lesivi delle libertà intellettuali, e in particolare del diritto alla vita privata e alla propria immagine, senza che ciò sia giustificato da un'abilitazione giudiziaria, nè da necessità di ordine pubblico, dalla constatazione puntuale di infrazioni al codice stradale o da attacchi ai beni o alle persone. Poichè le libertà sono un diritto in una democrazia, la loro limitazione mediante la ripresa di immagini deve essere proporzionale all'obiettivo che si persegue. Se le limitazioni si giustificano in taluni luoghi nei quali la sicurezza è minacciata, lo stesso criterio non è applicabile a tutti i casi. Ad esempio, in un istituto tecnico del Belgio si è arrivati al punto da inseguire i fumatori con le telecamere persino nei bagni. Gli ipermercati cercano di ridurre l'incidenza dei


taccheggi nei reparti facendo sorvegliare anche le cabine di prova con telecamere nascoste. Si è potuto constatare che alcune telecamere installate su strade pubbliche, o intorno a grandi magazzini per sorvegliare gli accessi, consentivano anche di visualizzare immagini all'interno delle abitazioni vicine. A fronte di questi rischi per le libertà individuali, la CNIL ha svolto un ruolo. Consapevole dei pericoli della situazione, ha compiuto uno sforzo per l'adeguamento delle norme sulla protezione dei dati personali contenute nella Convenzione del Consiglio d'Europa del 1981, dedicando una particolare attenzione ai sistemi installati nei luoghi pubblici, o aperti al pubblico. La direttiva europea sulla protezione dei dati, adottata il 24 ottobre 1995, considera oramai le immagini e i suoni delle persone come dati personali, allo stesso titolo dei dati testuali. Nel giugno 1994 la CNIL ha pubblicato una raccomandazione nella quale si chiede che il pubblico sia informato dell'esistenza dei sistemi di videosorveglianza, che il campo visibile delle videocamere non superi l'area di vigilanza, che le immagini siano distrutte entro un periodo di tempo relativamente breve (tranne i casi di procedure giudiziarie) e che le persone siano informate delle modalità del diritto di accesso. Alcune norme sono però di difficile attuazione. L'esercizio del diritto d'accesso può confliggere con la protezione dell'immagine di terzi, nel caso in cui l'immagine della persona desiderosa di esercitare questo diritto sia stata ripresa nell'ambito di un gruppo. Quanto al diritto d'opposizione, sembra impossibile esercitarlo nei riguardi di una macchina che non chiede mai il permesso di filmare. La direttiva europea dell'ottobre 1995 considera che i dati personali debbano fruire delle stesse garanzie, e prevede che i principi attinenti all'informazione preventiva delle persone, alla sicurezza dei dati, alla lealtà del loro trattamento o alla limitazione dei dati stessi siano applicabili a tutte le diverse forme che può assumere l'informazione nominativa. In Francia, l'installazione della videosorveglianza nei luoghi pubblici o aperti al pubblico è regolata da una legge sulla sicurezza del gennaio 1995. L'installazione dei sistemi deve riguardare luoghi "particolarmente esposti a rischi di aggressioni e furti"; inoltre è subordinata a un'autorizzazione rilasciata dal prefetto, su parere di una commissione dipartimentale presieduta da un magistrato. La legge adotta vari principi della protezione classici della protezione dei dati, quali l'esigenza di un informazione “chiara e permanente” del pubblico, la limitazione a un mese del periodo di conservazione delle


registrazioni (salvo in caso di inchiesta giudiziaria ) e il riconoscimento del diritto di accesso alle riprese riprese nei film. Nel compromesso che si deve raggiungere tra sicurezza e libertà , il rispetto delle libertà dell'individuo videosorvegliato è garantito ?


Occhio contro occhio, il crack delle immagini. Accanto alla classica televisione, sta sorgendo, al di là del ruolo ben noto dei vecchi mass media, una vera e propria videosorveglianza globale che dobbiamo rapidamente tentare di individuare. Piuttosto che dissertare e dibattere sull'inflazione dei canali e la moltiplicazione dei servizi audiovisivi, sarebbe opportuno inquadrare questa improvvisa sovraesposizione multimediatica nell'ottica della globalizzazione del tempo, un tempo reale e universale che ha ormai abolito l'antico primato dei tempi locali. La frammentazione, l'effrazione televisiva nasce innanzitutto dall'insospettata proliferazione delle livre - cameras sulla rete Internet, tanto che la stessa Cnn è ormai superata. Il nuovo coontinuum audiovisivo non è più tanto nei canali destinati al “grande pubblico” dell'informazione a getto continuo che si sviluppa un pò dovunque, quanto nelle cameras on line installate in un numero crescente di regioni del mondo, che ciascuno può consultare e osservare sullo schermo del computer. In realtà, queste “micro - cameras”, le cui prestazioni saranno presto analoghe a quelle delle camescopes professionali, rappresentano il superamento dell'ottica televisiva classica. Di fatto, ci stiamo insensibilmente muovendo verso un vero e proprio crack delle immagini, i cui segni premonitori sono il moltiplicarsi dei flash di informazioni e il crescente disinteresse del pubblico per i canali generalisti. Occhio per occhio, la rivalità delle icone è all'ordine del giorno, e questa concorrenza, divenuta mondiale come ogni altra cosa nell'era del mercato planetario, è destabilizzante per il regime delle immagini televisive o, in altri termini, per l'insieme dell'informazione visuale. Se, come osserva Gaston Bachelard, “l'ingrandimento è il destino di ogni immagine”, l' ingrandimento dell'ottica globale di Internet assesta un colpo fatale alla visione a distanza dei canali d'informazione classica. E questo colpo è fatale nella stessa misura in cui pone in azione l'essenza della famosa mondializzazione: il tempo, quel tempo mondiale che è la sola vera innovazione in materia di globalizzazione degli scambi commerciali, culturali e politici. E questo, nel momento in cui la geografia politica ha ormai perduto gran parte della sua importanza geostrategica, con il declino dello stato nazione e lo sviluppo delle rivendicazioni di autonomia e di decentramento.


Far vedere ciò che si verifica nel momento presente (telepresente) nel mondo: ecco, senza alcun dubbio, un mercato, il “mercato del vedere”, il cui carattere panottico di telesorveglianza domestica supera di gran lunga - e il caso di dirlo le messinscene di trasmissioni televisive rivolte al “grande pubblico”, del tipo che conosciamo da ormai mezzo secolo. Persino il carattere transitorio della trasmissione e della ricezione “programmate” è qui rimesso in discussione, in vista dell'inaudita possibilità di una diretta permanente, che rivoluzioni lo status della ricezione di un messaggio di informazione a ore fisse, quale la Cnn l'aveva concepito vent'anni fa, col ben noto successo. Se la video - sorveglianza e la gestione del suo controllo avevano anticipato il piano dell'evento di una situazione ubiquitaria di attuazione continua del live, una prodezza tele - tecnologica, limitata al “controllo ambientale” di alcuni edifici pubblici, o di determinati quartieri o di nodi del traffico stradale. Di fatto, se si eccettua lo “spionaggio militare”, che utilizzò i primi satelliti, nessuno poteva ancora aspirare all'onnivegenza perenne. Banalizzare, e arrivare domani a popolarizzare questa sorveglianza globale degli uni e degli altri - o in altri termini: democratizzare il voyerismo su scala planetaria sovraesponendo le nostre più intime attività, significa esporsi ai maggiori incidenti dell'immagine, di cui soltanto gli esperti di marketing pubblicitario possono conoscere l'ampiezza; era già accaduto molto tempo prima ai militari e agli inquisitori dell'informazione strategica, incaricati di investigare in permanenza sulle attività criminose, con le polizie politiche e i sistemi di delazione automatizzati. In questo senso, il multimediale fa esplodere il modello mediatico tradizionale. E' la sua sconfitta - una “sconfitta” della quale nessuno sembra ancora intuire le dimensioni, poichè i diversi “canali televisivi” (pubblici o privati ) tentano tutti di infiltrarsi sullo schermo del computer per continuare a fare ciò che hanno sempre fatto. Il “terminale” del computer domestico e il “monitor” televisivo sono arrivati ad affrontarsi, schermo schermo, per il dominio del mercato della percezione globale. Mercato dell'icona più che dell' idolo, il cui controllo aprirà domani una nuova era, sotto il profilo etico non meno che estetico. Trasformare il televisore in computer al ribasso, oppure, per converso, il computer portatile in monitor video - digitale, significa trasmutare l'apparecchio domestico personale in video - regia dei comportamenti: una postazione di


controllo della percezione del mondo, una percezione istantanea di ciò che avviene qua o là intorno al globo; accettando però in cambio (il ritorno dell'immagine) di essere a propria volta visivamente controllati da tutti e da chiunque, e non più soltanto da alcune istituzioni specializzate nelle inchieste, nell'auditel o nella vigilanza militare di polizia. Come hanno affermato alcuni anni fa, a proposito dell' “affaire Lady Diana”, alcuni divi vittime dei paparazzi: “la cosa più insopportabile non è tanto la foto rubata quanto il fatto di essere controllati in permanenza”. Si può legittimamente credere che la pretesa di conoscenze enciclopediche (testuali o cifrate), che costituisce la base stessa del cd - rom o della rete Internet, possa resistere a lungo alla potenza dell'iconografia animata? Sul web come altrove, “un'immagine vale più di un lungo discorso”: e una volta superata l'infatuazione per la rete, avrà inizio il regno dell'immagine, di tutt'altra immagine, e con essa il verificarsi dell'ultima prospettiva: quella del tempo reale. Un evento la cui importanza storica e politica sarà in tutto analoga all'invenzione della prospettiva dello spazio reale nell'epoca del Rinascimento italiano. In effetti, si può seriamente credere che gli innumerevoli “poveri di informazione” - o “infopoveri” - si trasformino in surfer del Net, in inforicchi, grazie al complesso apprendimento delle procedure di accesso alla rete? Evidentemente no. Per loro, la sola via di accesso all'economia dell'informazione - mondo sarà, come sempre, l'iconografia ! Ciò che era vero nel Medio Evo con il gotico, le sue vetrate, i suoi affreschi, le sue sculture, le sue tappezzerie, le sue miniature - sarà anche vero per il gotico dell'icona elettronica, nell'era della grande ottica globale del capitale postmoderno o informatizzato. Attualmente, è tale l'importanza dell'ascesa delle live cameras su Internet che la loro promozione è inesistente. Non si espone l'“incidente”, ci si espone a esso, e il più delle volte non è per propria scelta.! Come non si espone la sovraesposizione, che anzi si subisce. Cosi; il grande crack dell'iconografia elettronica avanza, mascherato della sua stessa evidenza. Di fatto, la sovraesposizione è una necessità della concorrenza planetaria, e le molteplici live cameras sono un grande specchio retrovisore che tende ad eliminare gli angoli morti della vecchia TV. A partire dal momento in cui il mercato è globale solo in tempo reale, e lo spazio reale della geopolitica economica declina di giorno in giorno, la


sovraesposizione ottica diviene indispensabile al commercio globale, mettendo in concorrenza tra loro le diverse forme di informazione visiva e audiovisiva. Ne consegue la crisi dei canali “tele visivi” e la loro volontà di invadere il web con ogni mezzo, con il considerevole rischio di un vero e proprio crack visivo, qualora la televisione di massa cedesse il posto alla consultazione autonoma dei privati, i “mini - titolari” della borsa delle immagini, che potrebbero far mancare la loro presenza davanti agli schermi dell'industria televisiva. Laddove la televisione classica “focalizzava” l'attenzione della massa dei telespettatori, l'ottica planetaria di Internet schiude una possibilità inaudita: quella della regia del controllo, per un telespettatore un tempo passivo, divenuto improvvisamente il teleattore del campo proprio di percezione, con effetti caleodoscopici tali da permettergli di sfuggire alle Major Companies dell'industria dello spettacolo televisivo. I “consigli per gli acquisti” dei tradizionali “spazi pubblicitari” dovrebbero spostarsi dallo schermo televisivo al terminale della rete, come un tempo migrarono dai manifesti affissi ai muri delle città verso le pagine dei quotidiani e gli annunci radiofonici, nell'attesa dei flash e degli spot audiovisivi. Da qui l'urgenza di superare la vecchia “prospettiva dello spazio reale” del punto di fuga, per arrivare all'attuazione, su scala planetaria, di una “prospettiva del tempo reale”, della fuga istantanea da tutti i punti, i pixel dell'iconografia digitalizzata. Ma nello spazio - tempo non è più tanto una ri-presentazione analogica, quanto una pura e semplice presentazione numerica dei luoghi, degli oggetti e delle persone in questione. La diretta, il live converage, saltano la fase dell'interprete e del commentatore per mandare avanti l'interlocutore e il suo locutore. Da qui l'analogia con il telefono e la tele - sorveglianza, come se il clamoroso insuccesso riportato un tempo dal visiofono avesse celato in sé la sua prossima generalizzazione su Internet. Infine, la “rete delle reti” predisposta dal Pentagono per resistere agli effetti elettromagnetici di una guerra nucleare non altro è che un tele - visiofono perfezionato, che certo espone dei dati, ma che nello stesso modo può veicolare segnali numerici (elettro - ottici e elettro - acustici), un mondo di immagini virtuali in tempo reale suscettibile di stravolgere il principio stesso della visione a distanza del vecchio telescopio o della televisione. Immaginate, ad esempio, che venga completata l'installazione di migliaia o, addirittura milioni e milioni di micro - camere in diretta, un po’ dovunque nel mondo: quando, qua e là, avverrà qualcosa del genere di inatteso e di importante in un luogo lontano, l'internauta, stanco di attendere il flash - tv o magari il


telegiornale delle 20, consulterà il sito della web-cam in questione, per osservare ciò che avviene laggiù in quello stesso istante. E i giornalisti parleranno dell'evento senza ricorrere obbligatoriamente all'invio di corrispondenti sul posto. Come per informarsi non si attende che esca il quotidiano, ma si accende la radio o la TV, si consulterà sul planisfero il sito web della regione in questione, come fanno i vigilantes quando chiamano l'immagine della telecamera di un supermercato, o gli astronomi informatizzati, che non vanno più all'osservatorio più vicino, ma possono restarsene a casa propria a contemplare il firmamento dell'Osservatorio del Cile o di Long Greenwich attraverso il computer. E' questa, in definitiva, la grande ottica della telesorveglianza domestica. Quello che è stato ed è tuttora appannaggio del complesso militare - poliziesco diviene progressivamente l'occhio di chiunque e di tutti, con i vantaggi, certo, ma anche con i rischi di questo genere di ubiquità e di istantaneità. “Con 500.000 schermi al mondo e un mercato borsistico totalmente informatizzato, il crack asiatico è arrivato ovunque in diretta”, dichiarava un trader francese di cui non ricordo il nome. Ma quando vi saranno sparse nel mondo, 500.000 o magari 5 milioni di live cameras, e varie decine di milioni di interauti in grado di osservarle simultaneamente sui loro teleschermi, assisteremo al primo crack visuale della storia delle immagini. E allora la sedicente “tele - visione “ cederà il posto alla tele - sorveglianza generalizzata di un mondo in cui la famosa bolla virtuale dei mercati finanziari avrà ceduto il passo alla bolla dell'immaginario collettivo, con il rischio afferente dell'esplosione della famosa “bomba informatica”, annunciata sin dall'inizio dei primi anni cinquanta da Albert Einstain. In effetti, se l'irrazionale o, meglio, l'“l'irrazionalismo della razionalità” si amplifica sui diversi mercati della mondializzazione finanziaria, lo farà in maniera ancor più grande domani, nel campo della globalizzazione dell'immaginario collettivo, poiché l'effetto moltiplicatore della vecchia televisione, responsabile dell'affaire Lady Diana o dell' affaire Rodney King o del processo Simpson, sarà infinitamente rafforzato dal carattere iper-reattivo della tele-sorveglianza militare. “La generalizzazione delle prese di posizione individuali, quando vanno tutte nella stessa direzione, ingenera congiunture globali instabili”, scriveva Andrè Orléans, analista del Cnrs, a proposito del crack asiatico. “La razionalità dei comportamenti individuali conduce a un'irrazionalità globale”. E' proprio qui che inizia il decollo della futura pubblicità universale.


Nel momento del primato sovrano del tempo mondiale (la diretta) sull'antica, immemorabile supremazia del tempo locale delle regioni, si annuncia a un tempo lo sviluppo prossimo della pubblicità intereattiva e le premesse, ben più temibili, della “pobblicità comparativa” tra le marche e aggeggi vari. Una vera e propria guerra civile, o la guerriglia di un commercio con l'esecuzione di capitali concorrenti. In questa congiuntura globalizzata lanciata all'estremo limite, lo spazio pubblicitario non è più semplicemente quello dell'interruzione dei film, o quello degli spot televisivi, ma nientedimeno che lo spazio - tempo reale di ogni comunicazione. “La comunicazione diviene un mercato che commercia con il visibile, poiché l’immaginario è il suo solo prodotto - scrive Bernard Noal. Questo mercato ingloba l'intera economia, ma perchè tutto vi funzioni perfettamente occorre che la libera circolazione delle immagini non conosca alcun ostacolo”. E' proprio questa la deregualation iconica cui si accennava: “La comunicazione in quanto merce non sarà più altro che una merce mentale, e la società che si instaurerà sarà ormai solo quella dell'acquiscenza all'evidente. (...) Con il commercio dell'immagine, la società della comunicazione avrà saputo realizzare ciò che nessun regime totalitario era riuscito a creare attraverso l'ideologia: un'adesione naturale”. A quel punto, l'ottica panottica avrà stabilito un'apparenza nella quale ciascuno si troverà a proprio agio, assai più che nella realtà comune. Facendo della rappresentazione la presentazione ultima del mondo si mira dunque a porre l'apparenza come realtà sostitutiva (realtà virtuale); ciò implica che l'immagine coincida con il suo soggetto, che tra l'una e l'altro non vi sia più il minimo intervallo, e che il senso sia tutto visibile. E ciò in quanto l'interfaccia prende il posto (in tempo reale) della superficie delle cose che rimangono distanti nello spazio del mondo: “la coincidenza in luogo della comunicazione”. In questo modo, la deregulation del commercio delle apparenze finisce per sfociare, a un certo punto, sulla deregulation delle cose date a vedere nell'istante in cui le si guarda: i paesaggi, i luoghi, le persone. Oppure acquisite: i prodotti della trasformazione postindustriale. Siamo all' “incidente degli incidenti” del tempo reale. Dopo l'accelerazione della storia denunciata 50 anni fa da Daniel Halévy, eccoci improvvisamente all'accelerazione della realtà. L'inflazione virtuale non riguarda più unicamente


l'economia dei prodotti, la “bolla finanziaria”, ma l'intelligenza del nostro rapporto con il mondo. Perciò il famoso rischio sistemico non è più solo quello del fallimento delle imprese e delle banche, per una reazione a catena, come nel caso asiatico. E' la minaccia, ben altrimenti temibile, di un abbaglio, di una cecità collettiva dell'umanità; è la possibilità inaudita di una sconfitta dei fatti, e quindi di un disorientamento del nostro rapporto con il tempo. Fallimento dei fenomeni, crack visuale, da cui solo la disinformazione (politica ed economica) dovrebbe poter trarre partito: con l'analogico che cede le sue prerogative al digitale, con la recente “compressione dei dati” che consente un'accelerazione tale da arrivare al tamponamento nel nostro rapporto con la realtà - ma a condizione di accettare il crescente impoverimento delle apparenze sensibili. Così, mentre la progressiva digitalizzazione delle informazioni (auditiva, olfativa, tattile e visuale) andrebbe di pari passo con il declino delle sensazioni immediate, la somiglianza analogica del prossimo cederebbe il suo primato alla sola verosimiglianza numerica del lontano, di tutti i lontani.


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