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La storia degli ordini

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100 anni di storia dell’ordine dei medici della provincia dell’aquila

Le Radici I Collegia Opificum dell’epoca imperiale romana, deputati a mantenere unite le forze economiche ed intellettuali connesse alla produzione, rappresentano gli antenati degli Ordini e dei Collegi professionali moderni. I Collegia nati dalla libera iniziativa associativa divennero successivamente un aggregato dipendente dal potere statale, che riconosceva agli stessi Collegia ed agli associati notevoli privilegi quali ad esempio, l’esonero dalle imposte e l’esonero dal servizio militare. La caduta dell’impero romano e le invasioni barbariche ridussero notevolmente l’importanza di tale associazioni. Nel medioevo, in una prima fase, si svilupparono corporazioni soprattutto nell’ambito dei cosiddetti ceti inferiori (i saponai di Napoli, i Panettieri di Otranto, i Tintori di Roma). Dall’XI secolo, cominciarono a costituirsi le corporazioni delle professioni intellettuali (notai, medici, giureconsulti, speziali, etc.). Nello stesso periodo le Corporazioni si svilupparono anche in Germania e in Francia. A Nimes (Francia), ad esempio, si costituì la Corporazione dei medici. Le Corporazioni romane differivano da quelle medioevali perchè le prime facevano parte dell’organizzazione statale, avevano carattere obbligatorio e prescindevano dal senso religioso, quelle medievali erano libere, non facevano parte dello Stato ed avevano anche carattere religioso. Le Corporazioni medievali che si distinguevano in intellettuali, consortili, militari ed economiche, ebbero uno sviluppo formidabile, assumendo un ruolo dominante nei Comuni ad impronta democratica (Firenze, Pisa, Bologna, Perugia ecc.), mentre svolgevano un ruolo subordinato in quelle realtà a forte connotazione autoritaria come Venezia e Napoli. Con l’avvento delle Signorie, dei Principati e dei Regni le Corporazioni vennero ridotte a semplici organismi di regolamento senza poteri con limitatissima giurisdizione. Tale decadenza si accentuò sempre più nei secoli XVI e XVII fino alla loro cancellazione, conseguente anche alla Rivoluzione francese. Le corporazioni furono definitivamente e formalmente abolite nel periodo che va dal 1770 al 1862.

Nascita degli Ordinamenti Professionali Nel XIX secolo vengono istituite le prime Associazioni professionali per difendersi dalla scarsa attenzione istituzionale, dalla esigua considerazione da parte di un popolo superstizioso ed ignorante e per porre all’attenzione del Governo la questione sanitaria. Nel 1862 a Milano viene istituita l’AMI (Associazione medica italiana) che ha nei suoi scopi: a) riordinare il servizio sanitario, in particolare nelle campagne; b) superare la proverbiale disunione nella categoria e vigilare sulla moralità degli associati elaborando regole di deontologia;

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c) porsi come interlocutore con il Governo centrale e periferico; d) lottare contro l’abusivismo e le medicine parallele. Nel 1874 i medici condotti danno vita all’ANMC (Associazione nazionale medici comunali) per difendersi dalla completa subordinazione al potere politico. Il Sindaco ed il consiglio comunale hanno, infatti, il completo controllo sul medico condotto e pur essendo privi di qualsiasi cognizione medica sono responsabili della gestione della sanità e giudicano sul suo operato con facoltà di interrompere il rapporto senza causa o fondati motivi. Il 24 dicembre 1888, con il n. 5849, viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale “Ordinamento dell’amministrazione e dell’assistenza sanitaria del Regno”. Seppur contestata da molti, si tratta della prima riforma organica sanitaria del regno d’Italia che, anche se non riconosce il ruolo centrale e l’autonomia decisionale del medico nella gestione della sanità pubblica, istituisce organismi tecnici come il “Consiglio Superiore di sanità” quale organo di consulenza e di raccordo tra il centro e la periferia, la “figura del medico provinciale”, anche se nominato con decreto reale senza alcuna garanzia di stabilità, che coordina gli ufficiali sanitari ed gli “ufficiali sanitari” con compiti di consulenza e coordinamento con il Prefetto e il Sindaco. L’innovazione più rilevante è costituita dal riconoscimento esclusivo dell’esercizio della medicina o chirurgia, veterinaria, farmacia, dentista e levatrice per i sanitari che sono in possesso di un diploma di laurea o di abilitazione rilasciato da una Università, Istituto o scuola autorizzata. La legge garantisce inoltre ai medici condotti quella stabilità tanto richiesta dopo un periodo di prova di tre anni. I sanitari, delusi da questa legge, cominciano a riunirsi in Ordini e/o Associazioni volontarie in tutta l’Italia (Milano, Napoli, Venezia, Genova, Pisa, etc) con richiesta di un riconoscimento giuridico. Ma tutti i governi, temendo il potenziale potere “politico” soprattutto dei medici chirurghi derivante dal contatto diretto con il popolo sempre più spesso afflitto da epidemie e fame, hanno sempre ostacolato tale riconoscimento.

La normativa di legge Nel dicembre 1908 è presentato per la prima volta alla Camera dei deputati il disegno di legge “sugli Ordini dei sanitari”, ma solo il 10 luglio 1910 è approvata dal governo Giolitti in via definitiva la legge 455 ( pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 19 Luglio 2010) che istituisce gli Ordini dei medici-chirurghi, dei Veterinari e dei Farmacisti.

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LEGGE 455/1910 Art. 1. in ogni Provincia sono costituiti gli Ordini dei Medici-Chirurghi, dei veterinarie dei Farmacisti iscritti negli Albi corrispondenti. Ove il numero degli iscritti in un albo non arrivi a quindici, l’albo stesso sarà riunito a quello della Provincia finitima che sarà indicata dal Consiglio superiore di sanità. Art. 2 Per l’iscrizione nell’albo è necessario il godimento dei diritti civili e politici ed il possesso del diploma professionale di un Istituto del Regno autorizzato a rilasciarlo. Possono essere iscritte anche le donne che abbiano il godimento dei diritti civili e il possesso del diploma professionale. Possono essere iscritti anche i cittadini e gli stranieri che abbiano regolarmente conseguito il diploma professionale in un Istituto di Stato estero che abbia concesso il diritto di reciprocità per l’esercizio professionale ai cittadini diplomati in Italia. Possono essere iscritti anche gli stranieri che abbiano il godimento dei diritti civili e che abbiano conseguito il diploma professionale in un Istituto del Regno autorizzato a rilasciarlo. Sono esclusi dalla iscrizione tutti coloro che, per sentenza passata in giudicato, siano colpiti da sospensione dell’esercizio professionale, per la durata di essa. Art. 3 L’iscrizione all’albo è richiesta come condizione per l’esercizio della professione nel regno e nelle sue colonie e protettorati. Però i sanitari che abbiano qualità di impiegato inscritto in un ruolo organico di una pubblica amministrazione dello Stato, o delle Provincie, o dei Comuni, sono soggetti all’eventuale disciplina dell’Ordine soltanto per ciò che riguarda il libero esercizio; esclusa ogni ingerenza dell’Ordine stesso nei rapporti dei sanitari con le pubbliche Amministrazioni. Art. 4 Nessuno può essere iscritto contemporaneamente in più di un Albo ma è consentito il trasferimento da un Albo all’altro colle modalità che saranno determinate nel regolamento. Art. 5 La iscrizione in ciascun albo è subordinata al pagamento da parte degli iscritti di un contributo annuo per le spese di funzionamento del rispettivo ordine, il quale contributo non potrà eccedere le L. 25. Art. 6 Ciascuno degli Ordini provinciali elegge al principio di ciascun biennio, fra i propri componenti

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a maggioranza di voti e a scrutinio segreto il proprio consiglio amministrativo che sarà composto da cinque membri, se gli iscritti all’albo non sono più di trenta e di sette membri se gli iscritti superano quel numero. Art. 7 In ogni provincia del regno i presidenti dei tre ordini sono membri di diritto del consiglio sanitario provinciale, nella provincia ove ha sede l’ordine. Un rappresentante di ciascuno dei tre ordini eletto dai presidenti dei rispettivi ordini del regno fa parte del Consiglio Superiore di Sanità. Art. 8 Al consiglio amministrativo di ciascun ordine spettano le seguenti attribuzioni: a) di compilare e di tenere in corrente colle necessarie variazioni l’albo dell’ordine e di pubblicarlo al principio di ogni anno, dandone notificazione all’autorità giudiziaria ed alle autorità amministrative; b) di vigilare alla conservazione del decoro e della indipendenza dell’ordine; c) di reprimere in via disciplinare gli abusi e le mancanze di cui i sanitari liberi esercenti iscritti nell’albo si rendessero colpevoli nell’esercizio professionale, fatte salve, in ogni caso, le altre disposizioni di ordine disciplinare punitivo contenute nelle leggi e nei regolamenti in vigore; d) Di interporsi, se richiesto, nelle controversie tra sanitario e sanitario, o fra sanitario e cliente, per ragioni di spese, di onorari o per altre questioni inerenti all’esercizio professionale, procurando la conciliazione della vertenza e, in caso di non riuscito accordo, dando il suo parere sulle controversie stesse; e) Di amministrare i proventi dell’ordine e provvedere alle spese di funzionamento, compilando il bilancio preventivo ed il conto consuntivo di ciascuna gestione annuale. Art. 9 Contro i provvedimenti del consiglio dell’ordine è ammesso ricorso all’adunanza generale dell’ordine stesso. Contro la decisione dell’adunanza generale per le materie contemplate sotto la letttera a e c del precedente articolo è ammesso il ricorso al consiglio superiore di sanità. Art. 10 Con regolamento da approvarsi per decreto reale, a proposta del ministro dell’interno, saranno stabilite le norme relative alle elezioni per la nomina ed il rinnovamento dei consigli, alle iscrizioni e alle cancellazioni negli albi, alle funzioni disciplinari, alla riscossione dei contributi, alla gestione amministrativa e contabile di ciascun consiglio ed a quant’altro occorra per la esecuzione della presente legge.

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Disposizione transitoria Art. 11 Sono autorizzati a continuare nell’esercizio della professione , ma soltanto presso gli stranieri, ai termini dell’ultimo comma dell’art. 53 della legge 1 agosto 1907, n° 636, testo unico, i medici ed i chirurghi diplomati all’estero, che al promulgarsi della presente legge, siano da oltre tre anni iscritti nei ruoli dei contribuenti, per i redditi della ricchezza mobile, derivanti dall’esercizio professionale.

La legge 455 del 1910 con il relativo regolamento approvato con regio decreto n°1022 del 1911 restano in vigore sino al 5 marzo 1935 anno in cui entra in vigore il regio decreto n°184 che stabilisce la soppressione degli ordini dei medici-chirurghi, dei farmacisti e dei veterinari. Tutti gli Ordini furono commissariati e la nomina dei commissari era riservata ai prefetti e, quindi, sotto il totale controllo statale. Dopo una parentesi di circa 12 anni il 13 settembre 1946 viene approvato il DLCPS n. 233 su “Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell’esercizio delle professioni stesse”.

DLCPS n. 233 del 13 settembre 1946 Capo 1 – degli Ordini e dei Collegi provinciali. Art. 1 In ogni provincia sono costituiti gli Ordini dei medici-chirurghi, dei veterinari e dei Farmacisti ed i Collegi delle Ostetriche. Se il numero dei sanitari residente nella provincia sia esiguo ovvero se sussistano altre ragioni di carattere storico, topografico, sociale o demografico, l’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica, sentite le rispettive Federazioni nazionali e gli Ordini o Collegi interessati può disporre che un Ordine o un Collegio abbia per circoscrizione due o più provincie finitime, designandone la sede. Art. 2 Ciascuno degli Ordini e dei Collegi elegge in assemblea, fra gli iscritti all’albo, a maggioranza relativa di voti ed a scrutinio segreto, il Consiglio direttivo, che è composto da cinque membri, se gli iscritti all’albo non superano i cento, di sette se superano i cento ma non i cinquecento, di nove se superano i cinquecento ma non i mille e cinquecento, di quindici se superano i mille e cinquecento. L’assemblea è valida in prima convocazione quando abbiano votato di persona almeno un

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terzo degli iscritti, in seconda convocazione qualunque sia il numero dei votanti purchè non inferiore al decimo degli iscritti e, comunque, al doppio dei componenti del Consiglio. Le votazioni dovranno aver luogo in tre giorni consecutivi, dei quali una festivo. Il presidente, udito il parere degli scrutatori, decide sopra i reclami o le irregolarità intorno alle operazioni elettorali, curando che sia fatta esatta menzione nel verbale delle proteste ricevute, dei voti contestati e delle decisioni da lui adottate. I componenti del Consiglio durano in carica tre anni e l’assemblea per la loro elezione deve essere convocata entro il mese di novembre dell’anno in cui scade il Consiglio. La convocazione si effettua mediante avviso spedito almeno dieci giorni prima a tutti gli iscritti, esclusi i sospesi dall’esercizio della professione, per posta prioritaria, per telefax o a mezzo di posta elettronica certificata. Della convocazione deve essere dato altresì avviso mediante annuncio, entro il predetto termine, sul sito internet dell’Ordine nazionale. E’ posto a carico dell’Ordine l’onere di dare prova solo dell’effettivo invio delle comunicazioni.* Ogni Consiglio elegge nel proprio seno un presidente, un vicepresidente, un tesoriere, ed un segretario. Il Presidente ha la rappresentanza dell’Ordine e Collegio, di cui convoca e presiede il Consiglio direttivo e le assemblee degli iscritti; il vice-presidente lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento e disimpegna le funzioni eventualmente delegate dal presidente. *5° comma così sostituito dall’art. 2, comma 4-sexies, D.L. 14.03.2005 n° 35, nel testo integrato dalla relativa lege di conversione. Art. 3 Al Consiglio direttivo di ciascun Ordine e Collegio spettano le seguenti attribuzioni: a) compilare e tenere l’albo dell’Ordine e del Collegio e pubblicarlo al principio di ogni anno; b) b) vigilare alla conservazione del decoro e della indipendenza dell’Ordine e del Collegio; c) designare i rappresentanti dell’Ordine o Collegio presso commissioni, enti ed organizzazioni di carattere provinciale o comunale; d) promuovere e favorire tutte le iniziative intese a facilitare il progresso culturale degli iscritti; e) dare il proprio concorso alle autorità locali nello studio e nell’attuazione dei provvedimenti che comunque possono interessare l’Ordine o il Collegio; f) esercitare il potere disciplinare nei confronti dei sanitari liberi professionisti iscritti nell’albo salvo, in ogni caso, le altre disposizioni di ordine disciplinare e punitivo contenute nelle leggi e nei regolamenti in vigore; g) interporsi, se richiesto, nelle controversie fra sanitario e sanitario, o fra sanitario e persona o enti a favore dei quali il sanitario abbia prestato o presti la propria opera professionale, per ragioni di spese, di onorari e per altre questioni inerenti all’esercizio

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professionale, procurando la conciliazione della vertenza e, in caso di non riuscito accordo, dando il suo parere sulle controversie stesse. Art. 4 Il Consiglio provvede all’amministrazione dei beni spettanti all’Ordine o Collegio e propone all’approvazione dell’assemblea il bilancio preventivo ed il conto consuntivo. Il Consiglio. entro i limiti strettamente necessari a coprire le spese dell’Ordine o Collegio stabilisce una tassa annuale, una tassa per l’iscrizione nell’albo nonché una tassa per il rilascio dei certificati e dei pareri per la liquidazione degli onorari. Art. 5 Contro i provvedimenti del Consiglio direttivo per le materie indicate nel secondo comma dell’art. 4 è ammesso ricorso all’assmblea degli iscritti convocati in adunanza generale che decide in via definitiva. Contro i provvedimenti per le materie indicate nelle lettere a) ed f) dell’art. 3 è ammesso ricorso alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie. Art.6 I Consigli direttivi possono essere sciolti quando non siano in grado di funzionare regolarmente. Lo scioglimento viene disposto con decreto dell’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica, sentite le rispettive Federazioni nazionali. Con lo stesso decreto è nominata una Commissione straordinaria di tre membri iscritti nell’albo della provincia. Alla Commissione competono tutte le attribuzioni del Consiglio disciolto. Entro tre mesi dallo scviglimento dovrà procedersi alle nuove elezioni. Capo II – Degli albi professionali. Art. 7 Ciascun Ordine e Collegio ha un albo permanente, in cui sono iscritti i professionisti della rispettiva categoria, residenti nella circoscrizione. All’albo dei medici-chirurghi è aggiunto l’elenco dei dentisti abilitati a continuare in via transitoria l’esercizio della professione a norma delle disposizioni transitorie vigenti. Art. 8 Per l’esercizio di ciascuna delle professioni sanitarie è necessaria l’iscrizione al rispettivo albo. Art. 9 Per l’iscrizione all’albo è necessario: a) essere cittadino italiano; b) avere il pieno godimento dei diritti civili;

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c) essere di buona condotta; d) aver conseguito il titolo accademico dato o confermato in una università o altro istituto di istruzione superiore a ciò autorizzato ed essere abilitati all’esercizio professionale oppure, per la categoria delle ostetriche, avere ottenuto il diploma rilasciato dalle apposite scuole; e) avere la residenza o esercitare la professione nella circoscrizione dell’ordine o collegio. Possono essere anche iscritti all’albo gli stranieri che abbiano conseguito il titolo di abilitazione in Italia o all’estero, quando siano cittadini di uno Stato con il quale il Governo italiano abbia stipulato, sulla base della reciprocità, un accordo speciale che consenta ad essi l’esercizio della professione in Italia, purchè dimostrino di essere di buona condotta e di avere il godimento dei diritti civili. Art. 10 I sanitari che siano impiegati in una pubblica amministrazione ed ai quali, secondo gli ordinamenti loro applicabili, non sia vietato l’esercizio della libera professione, possono essere iscritti all’albo. Essi sono soggetti alla disciplina dell’Ordsine o Collegio, limitatamente all’esercizio della libera professione. Art. 11 La cancellazione dall’albo è pronunziata dal Consiglio direttivo, d’ufficio o su richiesta del Prefetto o del Procuratore della Repubblica, nei casi: di perdita, da qualunque titolo derivata, della cittadinanza italiana o del godimento dei diritti civili; di trasferimento all’estero della residenza dell’iscritto; di trasferimento della residenza dell’iscritto ad altra circoscrizione; di rinunzia all’iscrizione; di cessazione dell’accordo previsto da II comma dell’art. 9; di morosità nel pagamento dei contributi previsti dal presente decreto. La cancellazione, tranne nei casi di cui alle lettere d) ed e), non può essere pronunziata se non dopo sentito l’interessato Nel caso di cui alla lettera b) il sanitario che eserciti all’estero la libera professione ovvero presti la sua opera alle dipendenze di ospedali, di enti o di privati, può mantenere, a sua richiesta, l’iscrizione all’albo dell’Ordine o del Collegio professionale dal quale è stato cancellato. Capo III – Delle Federazioni Nazionali. Art. 12 Gli Ordini ed i Collegi provinciali sono riuniti rispettivamente in Federazioni nazionali con sede a Roma.

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Le Federazioni sono dirette da un Comitato centrale composto da tredici membri per le Federazioni dei medici-chirurghi, dei veterinari e dei farmacisti; di sette membri per la Federazione delle ostetriche. Ogni Comitato centrale elegge nel proprio seno un presidente, un vicepresidente, un tesoriere ed un segretario. Il presidente ha la rappresentanza della Federazione di cui convoca e presiede il Comitato centrale ed il Consiglio nazionale; il vicepresidente lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento e disimpegna le funzioni a lui eventualmente delegate dal presidente. Art. 13 I Comitati centrali sono eletti dai Presidenti dei rispettivi Ordini e Collegi, nell’anno successivo alla elezione dei presidenti e Consigli degli Ordini professionali, tra gli iscritti agli albi a maggioranza relativa di voti ed a scrutinio segreto. Ciascun presidente dispone di un voto per ogni duecento iscritti e frazione di duecento iscritti al rispettivo albo provinciale. Art. 14 Il Consiglio nazionale è composto dai presidenti dei rispettivi Ordini e Collegi. Spetta al Consiglio nazionale l’approvazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo della rispettiva Federazione su proposta del Comitato centrale. Il Consiglio nazionale, su proposta del Comitato centrale, stabilisce il contributo annuao che ciascun Ordine o Collogio deve versare in rapporto al numero dei propri iscritti per le spese di funzionamento della Federazione. All’amministrazione dei beni spettanti alla Federazione provvede il Comitato centrale. Art. 15 Al Comitato centrale di ciascuna Federazione spettano le seguenti attribuzioni: a) vigilare sul piano nazionaler, alla conservazione del decoro e dell’indipendenza delle rispettive professioni; b) coordinare e promuovere l’attività dei rispettivi Ordini o Collegi; c) promuovere e favorire, sul piano nazionale, tutte le iniziative di cui alla lettera d) dell’art. 3 del presente decreto; d) designare i rappresentanti della Federazione presso le commissioni, enti ed organizzazioni di carattere interprovinciale o nazionale; e) dare il proprio concorso alle autorità centrali nello studio e nell’attuazione dei provvedimenti che comunque possano interessare gli Ordini ed i Collegi; f) dare direttive di massima per la soluzione delle controversie di cui alla lettera g) dell’art. 3; g) esercitare il potere disciplinare nei confronti dei componenti dei Consigli direttivi degli Ordini e Collegi.

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Contro i provvedimenti indicati nella precedente lettera g) è ammesso ricorso ala Commissione per gli esercenti le professioni sanitarie. Art. 16 I Comitati centrali possono essere sciolti quando non siano in grado di funzionare regolarmente. Lo scioglimento viene disposto con decreto dell’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica, sentito il Consiglio superiore di sanità. Con lo stesso decreto è nominata una Commissione straordinaria di cinque membri iscritti agli albi professionali della categoria; alla Commissione competono tutte le attribuzioni del Comitato disciolto. Entro tre mesi dallo scioglimento dovrà procedersi alle nuove elezioni. Capo IV – Della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie. Art. 17 Presso l’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica è costituita, per i professionisti di cui al presente decreto, una Commissione centrale , nominata con decreto del Capo dello Stato, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro per la grazia e la giustizia, presieduta da un consigliere di Stato e costituita da un membro del Consiglio superiore di sanità e da un funzionario dell’Amministrazione civile dell’interno di grado non inferiore al 6°. Fanno parte altresì della Commissione: a) per l’esame degli affari concernenti la professione dei medici-chirurghi, un ispettore generale medico ed otto medici-chirurghi, di cui cinque effettivi e tre supplenti; b) per l’esame degli affari concernenti la professione de veterinari, un ispettore generale veterinario e otto veterinari di cui cinque effettivi e tre supplenti; c) per l’esame degli affari concernenti la professione dei farmacisti, un ispettore generale per il servizio farmaceutico e otto farmacisti di cui cinque effettivi e tre supplenti; d) per l’esame degli affari concernenti la professione delle ostetriche, un ispettore generale medico e otto ostetriche, di cui cinque effettive e tre supplenti; e) per l’esame degli affari concernenti la professione di odontoiatra, un ispettore generale medico e otto odontoiatri di cui cinque effettivi e tre supplenti. I sanitari liberi professionisti indicati nel comma precedente sono designati dai Comitati centrali delle rispettive Federazioni nazionali. Almeno tre dei componenti sopra indicati non debbono avere la qualifica di presidente o di membro dei Comitati centrali delle Federazioni nazionali. I membri della Commissione centrale rimangono in carica quattro anni e possono essere riconfermati. Alla segreteria della Commissione centrale è addetto personale in servizio presso l’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica.

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Per la validità di ogni seduta occorre la presenza di non meno di cinque membri della Commissione, compreso il presidente; almeno tre dei membri devono appartenere alla stessa categoria alla quale appartiene il sanitario di cui è in esame la pratica. In caso di impedimento o di incompatibilità dei membri effettivi, rappresentanti le categorie sanitarie intervengono alle sedute i membri supplenti della stessa categoria. Per le questioni di indole generale e per l’esame degli affari concernenti tutte le professioni sanitarie, il presidente ha la facoltà di convocare laq Commissione centrale in seduta plenaria e cioè con l’intervento, oltre che dei componenti di cui al primo comma, dei quattro ispettori generali e dei componenti rappresentanti tutte le categorie sanitarie. Per la validità delle sedute plenarie occorre la presenza di non meno di 18 membri della Commissione compreso il presidente ed ogni professione deve essere rappresentata da almeno tre dei membri appartenenti alla rispettiva categoria. Art.18 La Commissione centrale: a) decide sui ricorsi ad essa proposti a norma del presente decreto; b) esercita il potere disciplinare nei confronti dei propri membri professionisti e dei membri dei Comitati centrali delle Federazioni nazionali. Art. 19 Averso le decisioni della Commissione centrale è ammeso ricorso alle Sezioni unite della Corte suprema di cassazione, a norma dell’art. 362 del codice di procedura civile. Capo V – Disposizioni transitorie e finali. Art. 20 I presidenti degli Ordini e dei Collegi ed i presidenti delle Federazioni nazionali sono membri di diritto rispettivamente dei Consigli provinciali e del Consiglio superiore di sanità. Art. 21 Gli iscritti agli albi sono tenuti anche all’iscrizione ed al pagamento dei relativi contributi all’Ente nazionale di previdenza ed assistenza istituito o da istituirsi per ciascuna categoria. L’ammontare dei contributi verrà determinato dai competenti organi degli enti, d’accordo con il Consiglio nazionale delle rispettive Federazioni nazionali. Art. 22 Entro un mese dalla data di entrata in vigore del presente decreto i prefetti, sentito l’ufficio sanitario provinciale, nomineranno per ciascuno degli Ordini e Collegi dei sanitari della provincia una Commissione straordinaria composta da tre membri, iscritti ai rispettivi albi, con l’incarico di amministrare gli Ordini o Collegi fino a quando non saranno eletti i Consigli

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direttivi. Tale elezione dovrà essere compiuta non oltre il termine di due mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento di esecuzione del presente decreto. Nelle province nelle quali, per iniziativa delle autorità locali o degli iscritti agli albi professionali, risultino già costituiti, alla data di entrata in vigore del presente decreto, i Consigli degli Ordini o dei Collegi, questi continueranno ad esercitare le proprie funzioni, fino alla elezione del nuovo Consiglio direttivo che dovrà essere compiuta non oltre il termine di due mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento di esecuzione del presente decreto. Art.23 Restano fermi i provvedimenti relativi alle iscrizioni ed alla cancellazione dagli albi professionali nonché i provvedimenti disciplinari a carico degli iscritti, adottati dagli organi indicati nell’art. 22. Art. 24 Entro un mese dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica nominerà per ciascuna delle categorie professionali dei sanitari, una Commissione straordinaria composta da cinque membri iscritti nei rispettivi albi professionali con l’incarico di amministrare le Federazioni nazionali fino a quando non saranno eletti i Comitati centrali. Tale elezione dovrà essere compiuta non oltre il termine di sei mesi dalla entrata in vigore del regolamento di esecuzione del presente decreto. Ove per iniziativa degli iscritti agli albi professionali, risulti già costituita alla data di entrata in vigore del presente decreto, una Federazione nazionale, il Comitato centrale di essa continuerà ad esercitare le proprie funzioni fino alla elezione del nuovo Comitato centrale che dovrà essere compiuta non oltre il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento di esecuzione del presente decreto. Art. 25 L’attuale Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie è sciolta. Essa sarà ricostituita secondo le norme del presente decreto. Art. 26 Fino a quando non verrà provveduto alla ricostituzione de Consiglio superiore di sanità, in luogo del membro del Consiglio stesso, il segretario generale presso l’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica fa parte della Commissione centrale di cui all’art. 17. Art. 27 Con separato provvedimento saranno emanate norme relative alla disciplina professionale dell’attività infermieristica.

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Art. 28 Con il regolamento di esecuzione del presente decreto, il Governo provvederà a dettare le norme relative alla elezione dei componenti dei Consigli direttivi degli Ordini e Collegi provinciali e dei Comitati centrali delle Federazioni nazionali alla tenuta degli albi, alle iscrizioni ed alle cancellazioni degli albi stessi, alla riscossione ed erogazione dei contributi, alla gestione amministrativa e contabile degli Ordini, Collegi e Federazioni, alle sanzioni ed ai procedimenti disciplinari, ai ricorsi ed alla procedura davanti alla Commissione centrale, nonché a quanto altro possa occorrere per l’applicazione del presente decreto.

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D.P.R. 5 aprile 1950, n. 221 Approvazione del regolamento per la esecuzione del decreto legislativo 13 settembre 1946, n. 233, sulla ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell’esercizio delle professioni stesse.

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Capo I - Degli Albi professionali Art.1 Il Consiglio direttivo di ciascun Ordine o Collegio procede entro il mese di dicembre di ogni anno, alla revisione generale dell’Albo degli iscritti ed alle occorrenti variazioni. Art.2 Entro il mese di febbraio di ogni anno, ciascun Ordine o Collegio provvede, a proprie spese, alla stampa ed alla pubblicazione del rispettivo Albo e ne invia copia al prefetto, per l’affissione nella sede della Prefettura. Un esemplare dell’Albo é rimesso, entro lo stesso mese, all’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica , ai Ministeri di grazia e giustizia, della pubblica istruzione e del lavoro e della previdenza sociale, agli Uffici giudiziari della provincia, nonché alla Federazione da cui dipende l’Ordine o Collegio e all’Ente nazionale di previdenza ed assistenza della categoria. Art.3 L’Albo é formato secondo l’ordine alfabetico. Per ogni iscritto sono indicati: il cognome, il nome, la paternità; il luogo e la data di nascita; la cittadinanza, ove si tratti di sanitario straniero; il domicilio; la data di iscrizione nell’Albo; il titolo in base al quale ha avuto luogo l’iscrizione con indicazione dell’autorità, del luogo e della data del suo rilascio.Oltre il numero progressivo e indicato per ogni iscritto il numero d’ordine corrispondente all’anzianità di iscrizione nell’Albo della provincia. L’anzianità di ciascun professionista é stabilita dalla data della deliberazione di iscrizione nell’Albo. Nel caso di parità di tale data si tiene conto di quella di abilitazione all’esercizio professionale e, sussidiariamente dell’età. In apposita colonna dell’Albo dei medici sono indicati i titoli di docenza o specializzazione nelle materie che per tale professione formano oggetto delle singole specialità, riconosciute ai sensi di legge; per ciascuno di essi sono indicati l’autorità, il luogo e la data del rilascio. In base alle indicazioni di cui al comma precedente sono formati separati elenchi nominativi per ogni singola specialità. Fino alla pubblicazione del nuovo Albo le cancellazioni e le variazioni si annotano a fianco del nome degli iscritti ai quali si riferiscono. Art.4 La domanda di iscrizione é diretta all’Ordine o Collegio nella cui circoscrizione il richiedente ha la sua residenza, e deve essere corredata dei seguenti documenti: a) certificato di nascita; b) certificato di cittadinanza italiana; c) attestato comprovante il pieno godimento dei diritti civili; d) certificato generale del casellario giudiziale;

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e) certificato di buona condotta; f) titolo di abilitazione all’esercizio professionale a norma delle disposizioni in vigore; g) certificato di residenza. I documenti indicati dalle lettere b), c), d), e), g), devono essere di data non anteriore di tre mesi a quella di presentazione. Il medico provvisto dei titoli indicati nel terzo comma dell’art. 3, deve presentare la relativa documentazione. In luogo degli originali titoli di abilitazione all’esercizio professionale, di docenza o di specializzazione può essere prodotta copia autentica. Per la domanda ed i documenti si osservano le norme vigenti in materia di bollo e di legalizzazione. Art.5 I sanitari che siano impiegati in pianta stabile presso una pubblica amministrazione e che richiedono l’iscrizione nell’Albo professionale, ai termini dell’art. 10 del decreto legislativo 13 settembre 1946, n. 233 sono esonerati dalla presentazione dei documenti di cui alle lettere b), c), d), e), dell’articolo precedente. Essi devono a tale fine presentare un certificato dell’amministrazione da cui dipendono che comprovi la sussistenza del rapporto d’impiego. Art.6 Non possono essere iscritti nell’Albo coloro che si trovano in una delle condizioni che, ai sensi degli artt. 42 o 43 importino la radiazione dall’Albo o la sospensione dall’esercizio professionale, salvo che sussistano le condizioni previste dall’art. 50 ai fini della riammissione nell’Albo. Art.7 Ai fini dell’iscrizione nell’Albo a norma dell’art. 9, ultimo comma, del decreto legislativo 13 settembre 1946, n. 233, i sanitari stranieri devono presentare domanda nei modi previsti dal precedente art. 4, producendo i seguenti documenti: a) certificato di nascita; b) certificato di cittadinanza; c) i documenti di cui alle lettere c), d), e) dell’art. 4 o gli equipollenti documenti esteri; d) il titolo di abilitazione professionale; e) ogni altro documento previsto dagli accordi internazionali. Il certificato di buona condotta, rilasciato dal sindaco del luogo di residenza, dev’essere confermato dal prefetto della Provincia. Esso non é richiesto per coloro che risiedono in Italia da meno di tre mesi. I documenti, rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero, devono essere autenticati dall’autorità diplomatica o consolare italiana e vidimati dal Ministero degli affari esteri della Repubblica.

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Art.8 Sulla domanda d’iscrizione il Consiglio delibera nel termine di tre mesi. Accertata la sussistenza delle condizioni richieste, il Consiglio dispone l’iscrizione nell’Albo. La deliberazione deve essere in ogni caso motivata. Il rigetto della domanda per motivi di condotta non può essere pronunciato se non dopo sentito il richiedente nelle sue giustificazioni. Nel termine di quindici giorni la deliberazione della disposta iscrizione é trasmessa per la consegna all’interessato, all’Ufficio del registro, nei modi e per gli effetti previsti dall’art. 5, lettera g), comma quarto, del regolamento approvato con Regio Decreto 25 settembre 1874, n. 2132. La iscrizione nell’Albo é eseguita dopo che l’interessato ha dato prova dell’effettuato pagamento della tassa sulle concessioni governative. Della eseguita iscrizione o del rigetto della domanda é data comunicazione, nel termine di giorni quindici, all’interessato, al prefetto e al procuratore della Repubblica. Art.9 Avverso la deliberazione di rigetto della domanda di iscrizione nell’Albo l’interessato può ricorrere alla Commissione Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, la quale decide in merito alla iscrizione. Decorso il termine di novanta giorni dalla data di presentazione della domanda senza che il Consiglio abbia deliberato, é dato ricorso alla stessa Commissione Centrale ai fini dell’iscrizione. Art.10 E’ in facoltà dell’iscritto in un Albo provinciale di chiedere il trasferimento dell’iscrizione nell’Albo della provincia ove ha trasferito o intenda trasferire la propria residenza. Non é ammesso il trasferimento dell’iscrizione per il sanitario che si trovi sottoposto a procedimento penale o a procedimento per l’applicazione di una misura di sicurezza o a procedimento disciplinare o che sia sospeso dall’esercizio della professione. La domanda dev’essere presentata all’Ordine o Collegio della circoscrizione nella quale il sanitario si trasferisce. A corredo di essa dev’essere prodotto soltanto un certificato rilasciato dal presidente dell’Ordine o Collegio, nel cui Albo l’interessato si trova iscritto, ed attestante: a) la non sussistenza, su conforme deliberazione del Consiglio, di alcuna delle cause preclusive indicate dal comma precedente; b) la regolarità della iscrizione con la indicazione della data e del titolo di essa; c) gli eseguiti pagamenti dei contributi ai sensi degli artt. 4, 14 e 21 del decreto legislativo 13 settembre 1946, n. 233. Il Consiglio delibera sulla base del predetto certificato. Si applicano per il resto le disposizioni dei precedenti articoli. L’iscrizione conseguita nel nuovo Albo é comunicata all’Ordine o Collegio di provenienza, che provvede alla conseguente cancellazione e trasmette all’altro Ordine o Collegio la documentazione dell’interessato.

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Art.11 Nel caso previsto dall’art. 11, lettera c) del Decreto Legislativo 13 settembre 1946, n. 233, la cancellazione dall’Albo dev’essere pronunciata entro un anno dall’accertato trasferimento. Qualora, ai sensi del citato art. 11, per la cancellazione dev’essere sentito l’interessato, il presidente gli notifica la data fissata per l’audizione, specificando il provvedimento che si intende adottare ed i motivi di esso e avvertendolo che, ove non si presenti, si procederà alla cancellazione dall’Albo, in sua assenza. Non si può pronunciare la cancellazione quando sia in corso procedimento penale o disciplinare. Il sanitario cancellato dall’Albo é, a sua richiesta, reiscritto quando siano cessate le cause che hanno determinato la cancellazione. Per la reiscrizione sono applicabili le disposizioni che regolano le iscrizioni. Art.12 Qualora il Consiglio ometta di disporre le cancellazioni nei casi e nei termini previsti dall’art. 11 del Decreto Legislativo 13 settembre 1946, n. 233 , e dall’art. 11 del presente regolamento, provvede il prefetto sentito il Consiglio provinciale di sanità. Il provvedimento del prefetto deve essere motivato. Art.13 L’iscrizione nell’Albo dà diritto al libero esercizio della professione, oltreché nella provincia cui l’Albo si riferisce, anche in tutto il territorio della Repubblica, salvo l’obbligo della registrazione del titolo di abilitazione nell’Ufficio comunale, ai sensi dell’art. 100, comma secondo, del Testo Unico delle Leggi Sanitarie, approvato con Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265. A margine della registrazione richiamata nel comma precedente l’Ufficio comunale deve annotare gli estremi della iscrizione del sanitario nell’Albo.

Capo II - Delle assemblee Art.14 Ogni triennio, entro il mese di novembre dell’anno in cui il Consiglio scade, a cura del presidente dell’Ordine o Collegio é convocata la assemblea degli iscritti per la elezione del nuovo Consiglio. L’avviso di convocazione da inviarsi con lettera raccomandata almeno venti giorni prima di quello fissato per l’inizio delle votazioni a ciascun iscritto nell’albo, deve indicare i membri del Consiglio uscente, i giorni delle votazioni nonché per ciascun giorno l’ora di inizio e di cessazione delle relative operazioni. Art.15 L’assemblea é presieduta dal presidente in carica dell’Ordine o Collegio. I due sanitari più anziani di età e quello più giovane, presenti all’assemblea e non appartenenti

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al Consiglio esercitano rispettivamente le funzioni di scrutatori e di segretario. Art.16 Sono eleggibili tutti gli iscritti nell’albo, compresi i consiglieri uscenti. La votazione si effettua a mezzo di schede in bianco, munite del timbro dell’Ordine o Collegio, che vengono riempite con i nomi dei membri da eleggere in numero corrispondente a quello previsto dall’art. 2 del Decreto Legislativo 13 settembre 1946, n. 233. Art.17 Per lo svolgimento delle operazioni di voto si osservano le seguenti norme: La scheda in bianco e una busta recante il timbro dell’Ordine o Collegio vengono dal presidente dell’Ufficio elettorale consegnate all’elettore, previa la sua identificazione, all’atto in cui l’elettore stesso si presenta per esprimere il voto; contemporaneamente viene consegnata all’elettore una matita copiativa che dovrà essere restituita al presidente con la scheda e la busta. Spetta al presidente di predisporre i mezzi idonei a garantire la segretezza del voto. Il presidente, chiude all’ora fissata le operazioni di voto svoltesi nel primo giorno, provvede alla chiusura dell’urna e procede alla formazione di un plico nel quale vanno riposti gli atti relativi alle operazioni già compiute ed a quelle da compiere nel giorno successivo curando che all’urna e al plico vengono incollate - in mancanza di altri sigilli - due strisce di carta recanti il bollo dell’Ordine o Collegio e la firma del presidente e degli altri componenti l’Ufficio elettorale nonché? di qualsiasi altro elettore che veglia sottoscrivere. Conseguentemente il presidente rinvia la votazione all’ora stabilita e provvede alla custodia della sala e alla chiusura degli accessi e delle aperture della stessa in maniera che nessuno possa entrarvi. All’ora stabilita del giorno successivo il presidente, ricostituito l’ufficio e constatata l’integrità dei mezzi precauzionali apposti alle aperture e agli accessi alla sala e dei sigilli dell’urna e del plico dichiara riaperta la votazione. Per l’ulteriore rinvio delle operazioni si osserva la stessa procedura. Delle operazioni compiute si redige giorno per giorno apposito verbale in duplice esemplare che deve recare in ciascun foglio la firma di tutti i membri del seggio e il bollo dell’Ordine o Collegio. Art.18 Trascorso il termine per lo svolgimento delle operazioni di voto, il presidente dichiara chiusa la votazione e procede allo scrutinio assistito dagli scrutatori e dal segretario. Art.19 Ultimato lo scrutinio dei voti il risultato é immediatamente proclamato dal presidente, il quale fa bruciare le schede valide, mentre le nulle e le contestate sono conservate, dopo essere state vidimate dal presidente e dagli scrutatori, in piego suggellato nel quale l’uno e gli altri appongono la firma. A parità di voti é proclamato il più anziano, a termine del precedente art. 3, secondo comma.

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Art.20 Il presidente notifica immediatamente i risultati delle elezioni agli eletti ed alle autorità ed enti indicati nel precedente art. 2. Nel termine di otto giorni dall’avvenuta elezione, il nuovo Consiglio si riunisce su convocazione del consigliere più anziano di età. Art.21 Entro trenta giorni dalla proclamazione dei risultati delle elezioni ogni iscritto nell’Albo può proporre ricorso avverso la validità delle operazioni elettorali alla Commissione Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, che decide nel termine di sei mesi. Art.22 Se i componenti del Consiglio, nel corso del triennio per cui esso é eletto, siano ridotti per qualsiasi causa, a meno della metà, si procede entro quindici giorni ad elezioni suppletive secondo le norme dei precedenti articoli. I consiglieri eletti in sostituzione di quelli cessati durano in carica sino alla scadenza del predetto triennio. Le disposizioni dei precedenti commi si applicano anche nei casi di cessazione dell’intero Consiglio. Art.23 L’assemblea degli iscritti si riunisce in sede ordinaria nel mese di gennaio di ciascun anno. Le assemblee straordinarie hanno luogo ogni volta che il presidente o il Consiglio lo reputino necessario, oppure su richiesta sottoscritta da almeno un sesto degli iscritti nell’Albo o quando occorra deliberare sui ricorsi indicati nell’art. 5 del decreto legislativo 13 settembre 1946, n. 233. Art.24 Per la validità delle assemblee occorre l’intervento di almeno un quarto degli iscritti. Si computano come intervenuti gli iscritti i quali abbiano delegato uno degli iscritti presenti. La delega deve essere apposta in calce all’avviso di convocazione rimesso al delegato. Nessun iscritto può essere investito di più di due deleghe. La delega non é ammessa per l’elezione del Consiglio. Quando non si sia raggiunto il numero legale per la validità dell’assemblea, viene tenuta, almeno un giorno dopo la prima, una seduta di seconda convocazione, che é valida qualunque sia il numero degli intervenuti, purché non inferiore a quello dei componenti il Consiglio. Art.25 Le votazioni dell’assemblea avvengono per scrutinio segreto, per appello nominale, per alzata e seduta. Le deliberazioni sono valide se adottate a maggioranza assoluta di voti. Nel caso di scrutinio segreto le schede bianche e quelle illeggibili o comunque non valide si computano per determinare la maggioranza dei votanti. A parità di voti prevale il voto del presidente, salvo che

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la votazione sia avvenuta per scrutinio segreto, nel qual caso la proposta si intende respinta. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel Capo II del Titolo VII del Testo Unico della Legge Comunale e provinciale, approvato con Regio Decreto 3 marzo 1934, n. 383. Art.26 Le adunanze ordinarie dei Consigli nazionali delle Federazioni hanno luogo nel febbraio di ogni anno. La convocazione del Consiglio nazionale per la elezione del Comitato Centrale viene fatta nell’anno successivo alla elezione dei presidenti e Consigli degli Ordini e Collegi non oltre il mese di marzo. La comunicazione ai componenti il Consiglio nazionale deve essere eseguita, con lettera raccomandata, almeno venti giorni prima della votazione. Le disposizioni del presente capo, ad eccezione di quelle contenute nel secondo comma dell’articolo 14, si applicano anche alle Federazioni, intendendosi sostituiti al presidente dell’Ordine o Collegio il presidente della Federazione e al Consiglio dell’Ordine o Collegio il Comitato Centrale della Federazione. Art.27 Per ciascun Ordine o Collegio e per ciascuna Federazione é eletto un collegio di revisori dei conti composto di tre membri effettivi e di un supplente, scelti tra gli iscritti nell’Albo ed estranei rispettivamente ai Consigli direttivi ed ai Comitati centrali. Per la elezione si applicano le disposizioni del presente capo. Essi durano in carica per il periodo previsto per i Consigli direttivi ed i Comitati Centrali. L’avviso di convocazione da inviarsi con lettera raccomandata almeno venti giorni prima di quello fissato per l’inizio delle votazioni a ciascun iscritto nell’albo, deve indicare i membri del Consiglio uscente, i giorni delle votazioni nonché? per ciascun giorno l’ora di inizio e di cessazione delle relative operazioni. Capo III - Dell’amministrazione e contabilità Art.28 Gli Ordini ed i Collegi hanno sede nel capoluogo della provincia per cui sono costituiti. Qualora l’Ordine o Collegio abbia per circoscrizione due o più province finitime, la sede é nel capoluogo di una di esse. Le Federazioni nazionali hanno sede in Roma. Art. 29 I presidenti degli Ordini, dei Collegi e delle Federazioni nazionali curano l’esecuzione delle deliberazioni dei rispettivi organi collegiali e dirigono l’attività degli uffici. Art.30 Le adunanze dei Consigli o Comitati Centrali non sono valide se non interviene la maggioranza

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dei componenti. Le deliberazioni sono prese a maggioranza di voti, in caso di parità, prevale il voto del presidente. Esse debbono essere sottoscritte dal presidente e dal segretario. Art.31 Il segretario é responsabile del regolare andamento dell’ufficio. Sono ad esso affidati l’archivio, i verbali delle adunanze dell’assemblea e del Consiglio, i registri delle relative deliberazioni, il registro degli atti compiuti in sede conciliativa ai sensi dell’art. 3 lettera g) del Decreto Legislativo 13 settembre 1946, n. 233, il registro dei pareri espressi dal Consiglio, nonché gli altri registri prescritti dal Consiglio stesso. Spetta al segretario l’autenticazione delle copie delle deliberazioni e degli altri atti da rilasciarsi a pubblici uffici o, nei casi consentiti, ai singoli interessati. In caso di assenza o impedimento il segretario é sostituito dal consigliere meno anziano di età, che non sia il tesoriere. Art.32 Il tesoriere ha la custodia e la responsabilità del fondo in contanti e degli altri valori di proprietà dell’Ordine o Collegio e può essere tenuto a prestare una cauzione, di cui il Consiglio determina l’importo e le modalità. Il Consiglio può inoltre, disporre che i valori eccedenti un determinato limite siano depositati presso una Cassa postale o un Istituto di credito di accertata solidità. Il tesoriere provvede alla riscossione delle entrate dell’Ordine o Collegio non indicate nel successivo art. 33; paga, entro i limiti degli stanziamenti del bilancio, i mandati spediti dal presidente e controfirmati dal segretario; ed é responsabile del pagamento dei mandati irregolari od eccedenti lo stanziamento del bilancio approvato. Il tesoriere deve tenere i seguenti registri: a) registro a madre e figlia per le somme riscosse contro quietanza; b) registro di entrata e di uscita; c) registro a madre e figlia dei mandati di pagamento; d) inventario del patrimonio mobiliare ed immobiliare dell’Ordine o Collegio. Art.33 Per la riscossione dei contributi da corrispondere a norma degli artt. 4, 14, 21 del Decreto Legislativo 13 settembre 1946, n. 233, si applicano le norme della legge sulla riscossione delle imposte dirette, osservati la forma ed i termini in essa stabiliti e con l’obbligo da parte dell’esattore del non riscosso per il riscosso. L’esattore versa, per il tramite del ricevitore provinciale, agli ordini o collegi, alle federazioni e all’ente di previdenza ed assistenza le quote di contributi ad essi spettanti. Art.34 Le spese non contemplate nel bilancio preventivo, alle quali non possa farsi fronte col fondo per le spese impreviste, devono essere autorizzate con deliberazione dell’assemblea.

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Art.35 I regolamenti interni degli Ordini o Collegi devono essere deliberati dai rispettivi Consigli e sono soggetti all’approvazione della competente Federazione nazionale. I regolamenti delle Federazioni nazionali debbono essere deliberati dai rispettivi Comitati Centrali e sono soggetti all’approvazione dei Consigli nazionali. Detti regolamenti sono comunicati all’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica, il quale, nel termine di tre mesi dalla loro ricezione, può, con decreto motivato, disporne l’annullamento per vizi di legittimità. Art.36 Lo scioglimento dei Consigli degli Ordini o Collegi, previsto dall’art. 6 del Decreto Legislativo 13 settembre 1946, n. 233 , può essere ordinato, su proposta delle rispettive Federazioni nazionali, anche nei casi di: a) morosità nel pagamento del contributo di cui all’art. 14 terzo comma, del decreto legislativo predetto; b) reiterata inosservanza dei deliberati delle Federazioni nazionali nell’esercizio delle attribuzioni di cui all’art. 15, lett. b), del decreto stesso. Art.37 La vigilanza sugli enti indicati nell’art. 21 del decreto legislativo 13 settembre 1946, numero 233, é esercitato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che provvede d’intesa con l’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica.

Capo IV - Delle sanzioni disciplinari e del relativo procedimento Art.38 I sanitari che si rendano colpevoli di abusi o mancanze nell’esercizio della professione o, comunque, di fatti disdicevoli al decoro professionale, sono sottoposti a procedimento disciplinare da parte del Consiglio dell’Ordine o Collegio della provincia nel cui Albo sono iscritti. Il procedimento disciplinare é promosso d’ufficio o su richiesta del prefetto o del procuratore della Repubblica. Art.39 Quando risultano fatti che possono formare oggetto di procedimento disciplinare, il presidente, verificatene sommariamente le circostanze, assume le opportune informazioni e, dopo aver inteso il sanitario, riferisce al Consiglio per le conseguenti deliberazioni. Il presidente fissa la data della seduta per il giudizio, nomina il relatore e provvede a notificare all’interessato: a) la menzione circostanziata degli addebiti;

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b) il termine non inferiore a giorni venti e prorogabile su richiesta dell’interessato, entro il quale egli può prendere visione degli atti relativi al suo deferimento a giudizio disciplinare e produrre le proprie controdeduzioni scritte; c) l’indicazione del luogo, giorno ed ora del giudizio disciplinare; d) l’espresso avvertimento che, qualora non si presenti alla seduta del Consiglio, si procederà al giudizio in sua assenza. Nel termine di cui alla lettera b) l’interessato può chiedere di essere sentito. Art.40 Le sanzioni disciplinari sono: 1) l’avvertimento, che consiste nel diffidare il colpevole a non ricadere nella mancanza commessa; 2) la censura, che é una dichiarazione di biasimo per la mancanza commessa; 3) la sospensione dall’esercizio della professione per la durata da uno a sei mesi, salvo quanto é stabilito dal successivo art. 43; 4) la radiazione dall’Albo. Art.41 La radiazione é pronunciata contro l’iscritto che con la sua condotta abbia compromesso gravemente la sua reputazione e la dignità della classe sanitaria. Art.42 La condanna per uno dei reati previsti dal Codice penale negli artt. 446 (commercio clandestino o fraudolento di sostanze stupefacenti), 548 (istigazione all’aborto), 550 (atti abortivi su donna ritenuta incinta) e per ogni altro delitto non colposo, per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni, importa di diritto la radiazione dall’Albo. Importano parimenti la radiazione di diritto dall’Albo: a) l’interdizione dai pubblici uffici, perpetua o di durata superiore a tre anni, e la interdizione dalla professione per una uguale durata; b) il ricovero in un manicomio giudiziario nei casi indicati nell’art. 222, secondo comma, del Codice penale; l’applicazione della misura di sicurezza preventiva preveduta dall’art. 215 del Codice penale, comma secondo, n. 1 (assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro). La radiazione nei casi preveduti dal presente articolo, é dichiarata dal Consiglio. Art.43 Oltre i casi di sospensione dall’esercizio della professione preveduti dalla legge, importano di diritto tale sospensione: a) la emissione di un mandato o di un ordine di cattura;

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b) l’applicazione provvisoria di una pena accessoria o di una misura di sicurezza ordinata dal giudice, a norma degli artt. 140 e 206 del Codice penale; c) la interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a tre anni; d) l’applicazione di una delle misure di sicurezza detentive prevedute dall’art. 215 del Codice penale, comma secondo, nn. 2 e 3 (ricovero in una casa di cura e di custodia o ricovero in manicomio giudiziario); e) l’applicazione di una delle misure di sicurezza non detentive prevedute nel citato art. 215 del Codice penale, comma terzo, nn. 1, 2, 3 e 4 (libertà vigilata - divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province - divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche - espulsione dello straniero dallo Stato). La sospensione é dichiarata dal Consiglio. Il Consiglio può pronunciare, sentito il professionista, la sospensione del sanitario ammonito dalla autorità di pubblica sicurezza o contro il quale sia stato emesso mandato od ordine di comparizione o di accompagnamento senza pregiudizio delle successive sanzioni. Nei casi preveduti nei precedenti commi la sospensione dura fino a quando abbia effetto la sentenza o il provvedimento da cui essa é stata determinata. Art.44 Fuori dei casi di radiazione, previsti dall’art. 42, il sanitario a carico del quale abbia avuto luogo procedimento penale é sottoposto a giudizio disciplinare per il medesimo fatto imputatogli, purché egli non sia stato prosciolto per la non sussistenza del fatto o per non averlo commesso. E’ altresì sottoposto a procedimento disciplinare, indipendentemente dalla sospensione di cui all’articolo precedente, il sanitario a carico del quale siano state applicate una misura di sicurezza o il confino di polizia o l’ammonizione. Art.45 Nel giorno fissato per il giudizio, il relatore espone i fatti addebitati e le circostanze emerse dall’istruttoria; quindi viene sentito, ove sia presente, l’incolpato. L’incolpato deve comparire personalmente. Non é ammessa l’assistenza di avvocati o di consulenti tecnici, salvo che, per questi ultimi, il Consiglio non ritenga necessario il loro intervento. Chiusa la trattazione orale ed allontanato l’incolpato, il Consiglio decide. Art.46 Le sedute del Consiglio non sono pubbliche. Per ogni seduta é redatto apposito verbale contenente: a) il giorno, mese ed anno; b) i nomi dei componenti il Consiglio intervenuti; c) i giudizi esaminati e le questioni trattate; d) i provvedimenti presi in ordine a ciascun procedimento. I dispositivi delle decisioni sono riportati nel verbale.

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Art.47 La decisione deve, a pena di nullità, contenere la indicazione della data in cui é stata adottata, dei fatti addebitati e delle prove assunte, l’esposizione dei motivi, il dispositivo.E’ sottoscritta da tutti i membri del Consiglio, che vi hanno preso parte.La decisione é pubblicata mediante deposito dell’originale negli uffici di segreteria che provvede a notificarne copia all’interessato. Le disposizioni dei commi precedenti si osservano, in quanto applicabili, per i provvedimenti di radiazione dall’Albo o di sospensione dall’esercizio professionale, da adottarsi ai sensi dei precedenti artt. 42 e 43. Art.48 Quando il Consiglio ometta di iniziare il procedimento disciplinare su richiesta del prefetto o del procuratore della Repubblica ovvero nei procedimenti già iniziati trascuri di emettere le sue decisioni, provvede il prefetto, sentito il Consiglio provinciale di sanità, con la procedura stabilita per i sanitari condotti nell’art. 75, primo comma, del Testo Unico delle Leggi Sanitarie, approvato con Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Il provvedimento del prefetto deve essere motivato a norma dell’art. 47. La disposizione dei precedenti commi si osserva anche, in quanto applicabile, per i provvedimenti di radiazione dall’Albo o di sospensione dall’esercizio professionale, nei casi preveduti negli artt. 42 e 43. Art.49 Dell’inizio e dell’esito di ogni giudizio disciplinare é data immediata comunicazione, a cura del presidente, al prefetto ed al procuratore della Repubblica territorialmente competenti per l’Albo cui é iscritto l’incolpato, nonché alle medesime autorità di altra circoscrizione che abbiano promosso il giudizio. I provvedimenti di sospensione dall’esercizio professionale e di radiazione, quando siano divenuti definitivi, sono comunicati a tutti gli Ordini o Collegi della categoria a cui appartiene il sanitario sospeso o radiato e alle autorità ed agli enti ai quali deve essere inviato l’Albo a norma dell’art. 2. I provvedimenti stessi, se inflitti a carico di sanitari comunali per quanto si riferisce all’esercizio della libera professione, non possono avere esecuzione prima che il prefetto della provincia, in cui i predetti sanitari prestano servizio, abbia provveduto ad assicurare l’assistenza sanitaria del Comune, anche in relazione al disposto dell’art. 57 del Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Art.50 Il sanitario radiato dall’Albo può essere rescritto, purché? siano trascorsi cinque anni dal provvedimento di radiazione e, se questa derivò da condanna penale, sia intervenuta la riabilitazione. In ogni caso deve risultare che il radiato ha tenuto, dopo la radiazione, irreprensibile condotta. Sulla istanza di reiscrizione provvede il Consiglio con la osservanza delle disposizioni relative alle iscrizioni.

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Art.51 L’azione disciplinare si prescrive in cinque anni. Art.52 Nei procedimenti disciplinari dinanzi ai Comitati Centrali delle Federazioni, ai sensi dell’art. 15, lett. g), del Decreto Legislativo 13 settembre 1946, n. 233, ed in quelli dinanzi alla Commissione Centrale, ai sensi dell’art. 18, lettera b), dello stesso decreto, si osservano le precedenti disposizioni del presente Capo. Nel primo caso al presidente ed al Consiglio dell’Ordine o Collegio s’intendono rispettivamente sostituiti il presidente ed il Comitato Centrale della Federazione; nel secondo caso al presidente ed al Consiglio dell’Ordine o Collegio s’intendono rispettivamente sostituiti il presidente della Commissione centrale e la stessa Commissione. L’incolpato può essere sentito per rogatoria nelle fasi istruttorie del procedimento. Si osservano le disposizioni dei precedenti articoli per quanto riguarda le facoltà attribuite ai prefetti ed ai procuratori della Repubblica relativamente ai giudizi a carico dei sanitari iscritti nell’Albo e le comunicazioni da farsi alle medesime autorità.

Capo V - Della Commissione Centrale Art.53 I ricorsi alla Commissione Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie sono proposti dall’interessato o dal prefetto o dal procuratore della Repubblica, nel termine di trenta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione del provvedimento. Il ricorso dell’interessato ha effetto sospensivo quando sia proposto avverso i provvedimenti di cancellazione dall’Albo o avverso i provvedimenti disciplinari, ad eccezione di quelli previsti dai precedenti artt. 42 e 43. Il ricorso del prefetto o del procuratore della Repubblica avverso il provvedimento che dispone l’iscrizione nell’Albo ha effetto sospensivo. Nel caso di comprovato difetto di uno o più titoli o requisiti prescritti per la iscrizione nell’Albo, la Commissione, in via eccezionale, può disporre che il ricorso non abbia effetto sospensivo. Art.54 Il sanitario deve notificare copia conforme del ricorso alla autorità che ha emanato il provvedimento impugnato o che abbia omesso la pronuncia, nonchè al prefetto e al procuratore della Repubblica. Il ricorso previsto dall’art. 21 é notificato all’Ordine o Collegio che ha indetto le elezioni, nonché al prefetto e al procuratore della Repubblica. Ove l’autorità che ha emanato il provvedimento sia il prefetto, il ricorso deve essere notificato anche all’Ordine o Collegio. Qualora il ricorrente sia il prefetto, la notificazione é fatta all’interessato al procuratore della Repubblica e all’Ordine o Collegio. Se il ricorrente sia il procuratore della

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Repubblica, la notificazione é fatta all’interessato, al prefetto e all’Ordine o Collegio. Le notificazioni previste dai precedenti commi si effettuano a mezzo di ufficiale giudiziario o di messo comunale nel termine indicato nel primo comma dell’art. 53 e nelle forme stabilite dal Codice di procedura civile. Nei trenta giorni successivi alla scadenza del termine indicato nel primo comma del precedente art. 53 debbono essere depositate presso la segreteria: a) le relate delle notificazioni effettuate; b) copia autentica dell’atto o provvedimento impugnato; quando il ricorso non sia proposto dal prefetto o dal procuratore della Repubblica, anche la ricevuta del versamento della prescritta tassa di bollo. Il ricorso é dichiarato irricevibile nel caso di inosservanza dei termini e dei modi prescritti in questo e nel precedente articolo. Art.55 Il ricorso deve contenere: 1) l’indicazione del cognome e nome, della residenza o domicilio del ricorrente. Qualora l’impugnativa sia prodotta dal prefetto o dal procuratore della Repubblica, é sufficiente l’indicazione del pubblico ufficio da essi ricoperto; 2) gli estremi del provvedimento che si impugna; 3) l’esposizione sommaria dei fatti e dei motivi su cui si fonda e le condizioni; 4) la sottoscrizione del ricorrente. Il ricorso é nullo se manchi la sottoscrizione o se vi sia assoluta incertezza sulla persona del ricorrente e sull’oggetto del ricorso. La segreteria non procede ad alcuna comunicazione inerente allo svolgimento del ricorso, ove manchi l’indicazione del recapito del ricorrente. Se ricorrente é il sanitario, esso deve presentare, unitamente al ricorso in bollo, anche due copie in carta libera del ricorso stesso. Art.56 Nei quindici giorni successivi alla data di scadenza del termine indicato nel sesto comma dell’art. 54 per il deposito degli atti, il ricorrente e coloro ai quali sia stato notificato il ricorso possono presentare alla segreteria della Commissione documenti e deduzioni. Nei successivi quindici giorni coloro che vi hanno interesse possono prendere visione dei documenti e delle deduzioni, che siano stati presentati, proporre le proprie controdeduzioni ed esibire documenti. Il prefetto, il procuratore della Repubblica e il Consiglio dell’Ordine o Collegio della provincia di Roma possono essere incaricati rispettivamente dai prefetti, dai procuratori della Repubblica e dai Consigli di altre sedi prendere visione degli atti depositati in segreteria. I sanitari interessati possono avvalersi di un delegato fornito di mandato speciale.

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Art.57 Il deposito dei ricorsi, di istanze, memorie atti e documenti, relativi alle impugnazioni, quando non sia fatto personalmente nella segreteria della Commissione Centrale, deve effettuarsi a mezzo posta, ai sensi del successivo art. 79. Ai fini della decorrenza dei termini, la data del deposito é quella apposta sui relativi atti dalla segreteria, la quale, nel caso di invio a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, appone contemporaneamente la stessa data sulla ricevuta che viene restituita al mittente. Art.58 La segreteria, scaduti i termini fissati dal precedente art. 56, presenta il ricorso con tutti i relativi atti e documenti al presidente, il quale nomina il relatore e fissa, seguendo l’ordine di presentazione dei ricorsi, l’adunanza per la decisione della Commissione sul ricorso. E’ in facoltà del presidente di variare l’ordine predetto. Art.59 Nei procedimenti sui ricorsi in materia disciplinare il sanitario interessato può chiedere di essere udito personalmente dalla Commissione. Qualora la Commissione ritenga necessario che le parti diano chiarimenti ovvero producano atti o documenti o si presentino personalmente, ne fa richiesta alle parti stesse. Quando i chiarimenti, gli atti ed i documenti non siano forniti entro il termine fissato o la parte non si presenti nella data stabilita, la Commissione decide allo stato degli atti. Art.60 I provvedimenti istruttori, preliminari all’esame del ricorso da parte della Commissione, possono essere disposti dal presidente. Art.61 In caso di assenza o di impedimento il presidente é sostituito dal funzionario più elevato in grado, che faccia parte della Commissione, ed il segretario, dal membro presente meno anziano di età. Art.62 La Commissione é convocata d’ordine del presidente con avviso scritto del segretario. Le adunanze non sono pubbliche e le decisioni sono adottate fuori della presenza degli interessati. Non é ammessa l’assistenza di avvocati o di consulenti tecnici, salvo che, per questi ultimi, la Commissione non ritenga necessario il loro intervento. Art.63 Alle decisioni della Commissione Centrale sui ricorsi presentati contro i provvedimenti della Federazione nazionale non possono prendere parte i componenti che abbiano la

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qualità di presidente o di membro del Comitato Centrale della Federazione medesima. Non possono partecipare alle decisioni sui ricorsi proposti contro i provvedimenti del Consiglio dell’Ordine o Collegio coloro che abbiano la qualità di presidente o membro del Consiglio stesso. Art.64 I componenti i Consigli degli Ordini o Collegi, dei Comitati Centrali delle Federazioni e della Commissione Centrale, possono essere ricusati per i motivi stabiliti dal Codice di procedura civile, in quanto applicabili, e debbono astenersi quando vi sia un motivo di ricusazione che essi conoscono anche se non proposto. Art.65 Le decisioni della Commissione sono adottate a maggioranza; in caso di parità prevale il voto del presidente, che vota per ultimo, dopo aver raccolto i voti dei componenti.

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Art.66 La decisione é pronunciata in nome del Popolo Italiano e deve contenere: 1) l’indicazione del cognome e nome del sanitario ricorrente o dell’autorità che ha proposto l’impugnazione; 2) l’oggetto del ricorso; 3) una succinta esposizione del fatto e dei motivi di diritto; 4) il dispositivo; 5) la data e il luogo in cui la decisione é pronunciata. La decisione é sottoscritta dal presidente, dall’estensore e dal segretario. Art.67 La pubblicazione della decisione ha luogo mediante il deposito dell’originale nella segreteria. Art.68 La decisione della Commissione Centrale é notificata a cura della segreteria nei modi previsti dal successivo art. 79, entro trenta giorni dalla sua pubblicazione, all’interessato, al prefetto e al procuratore della Repubblica. Nello stesso termine é comunicata al Consiglio dell’Ordine o Collegio ed al Comitato Centrale della Federazione nazionale. Il ricorso alle Sezioni unite della Corte di Cassazione avverso la decisione della Commissione può essere proposto entro trenta giorni dalla sua notificazione, dall’interessato, dal prefetto o dal procuratore della Repubblica. Il ricorso non ha effetto sospensivo. Art.69 In qualunque stadio della controversia si può rinunziare al ricorso mediante dichiarazione sottoscritta dal ricorrente ed autenticata da notaio o mediante dichiarazione resa personalmente dalla parte al segretario della Commissione che redige apposito verbale. Il prefetto e il procuratore della Repubblica possono desistere dal ricorso con lettera di ufficio. Dell’avvenuta rinunzia é data comunicazione dalla segreteria della Commissione alle parti ed alle autorità alle quali era stato notificato il ricorso. Della rinunzia é preso atto con apposita decisione. Art.70 Di ogni adunanza il segretario redige processo verbale nel quale devono essere indicati: a) il giorno, il mese e l’anno in cui ha luogo l’adunanza; b) i nomi dei componenti intervenuti; c) i ricorsi esaminati e le questioni trattate; d) i provvedimenti presi in ordine a ciascun ricorso. Art.71

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La segreteria, oltre al registro dei processi verbali delle adunanze della Commissione, deve tenere un registro per ogni categoria professionale, nel quale, sotto numerazione progressiva e con la data di presentazione, si iscrivono i ricorsi con la indicazione del ricorrente, del provvedimento impugnato e degli atti e documenti uniti al ricorso. Nello stesso registro, in altrettante colonne, sono annotati: 1) le memorie, deduzioni e documenti prodotti dalla controparte con la data della loro presentazione; 2) la prova delle eseguite notificazioni del ricorso; 3) l’indicazione degli atti istruttori disposti e compiuti; 4) il nome del relatore e il giorno fissato per la relativa adunanza; 5) la data della decisione definitiva o della rinunzia al ricorso. Gli originali delle decisioni sono, anno per anno, raccolti in volumi rilegati e muniti di indice. Art.72 La segreteria rilascia, previa autorizzazione del presidente, copia legale di ogni decisione e degli atti a chi dimostri di avervi legittimo interesse. Il rilascio delle copie, eccettuato che per il prefetto ed il procuratore della Repubblica, é fatto su carta da bollo competente secondo le leggi fiscali. Art.73 Alla sostituzione dei componenti della Commissione Centrale dimissionari, defunti, cancellati, radiati dall’Albo o revocati, si provvede con decreto del Capo dello Stato, osservate le disposizioni dell’art. 17 del Decreto Legislativo 13 settembre 1946, n. 233. Coloro che sono nominati a termine del comma precedente rimangono in carica per il tempo in cui sarebbero rimasti i membri sostituiti. Art.74 Indipendentemente dall’esercizio del potere disciplinare, con decreto del Capo dello Stato, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro per la grazia e giustizia, sentite le rispettive Federazioni, può essere revocata la nomina di uno o più dei componenti professionisti della Commissione, qualora ciò si renda necessario per il miglior funzionamento di essa e per la dignità della classe. Art.75 Le disposizioni contenute nei precedenti articoli del presente capo si applicano anche ai ricorsi prodotti avverso i provvedimenti delle Federazioni. In tal caso, oltre alle notifiche prescritte negli articoli stessi, deve farsi luogo alla notifica del ricorso al Comitato della Federazione interessata. Art.76 L’Ufficio di segreteria della Commissione é diretto da un funzionario in servizio presso l’Alto

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Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica di grado non inferiore al 6° che può essere coadiuvato da altri impiegati in servizio presso l’Alto Commissariato stesso in numero non superiore a due. Al predetto personale non compete per tale prestazione alcun assegno speciale o indennità che possa far carico al bilancio dello Stato. Art.77 Le spese per il funzionamento della Commissione e dell’Ufficio di segreteria sono a carico delle Federazioni nazionali e determinate dall’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica in rapporto al numero degli iscritti a ciascuna categoria.

Capo VI - Disposizioni finali e transitorie Art.78 Gli atti di qualsiasi natura degli enti, organi ed autorità previsti dal Decreto Legislativo 13 settembre 1946, n. 233, e dal presente regolamento sono esenti da bollo, salvo le copie richieste dagli interessati. Sono altresì esenti da bollo gli atti prodotti dai sanitari in sede di procedimento disciplinare. Sono invece soggetti a bollo i ricorsi e le conseguenti controdeduzioni e memorie diretti dai sanitari interessati alla Commissione Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie. Art.79 Le comunicazioni o notificazioni da farsi a norma delle disposizioni del presente regolamento sono eseguite a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, salvo che nelle norme stesse non sia diversamente disposto. Le comunicazioni o notificazioni predette debbono essere fatte al prefetto ed al procuratore della Repubblica del luogo ove ha sede il Consiglio dell’Ordine o Collegio. Art.80 I Consigli degli Ordini o Collegi ed i Comitati centrali, eletti ai sensi degli artt. 22 e 24 del decreto legislativo 13 settembre 1946, numero 233, dureranno in carica rispettivamente sino al 31 dicembre dell’anno successivo e fino al 31 maggio del secondo anno successivo a quello delle elezioni. Art.81 I ricorsi già depositati alla data di entrata in vigore del presente regolamento e prodotti alla Commissione Centrale di cui all’art. 28 del Regio Decreto-legge 5 marzo 1935, n. 184, convertito nella legge 27 maggio 1935, n. 983, al Consiglio superiore di sanità o all’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica relativamente alle materie di competenza della Commissione Centrale di cui all’art. 17 del Decreto-legge 13 settembre 1946, n. 233, sono decisi dalla Commissione stessa. Questa ha facoltà di assegnare, ove occorra, un termine perentorio al

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ricorrente perché provveda alle formalità prescritte dal precedente capo. Le innovazioni più rilevanti sono il riconoscimento giuridico della Federazione nazionale degli Ordini provinciali e l’iscrizione e contribuzione obbligatorie all’Ente nazionale di previdenza e assistenza medici (ENPAM) che sarà istituito con DPR 27 ottobre 1950, in esecuzione dell’art. 21 del DLCPS 233 del 1946. Con legge 20 marzo 1975 n. 70 l’EMPAM è inquadrato tra gli Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza e riconosciuto di “notevole rilievo”. Il 24 novembre 1995, in conformità del D.Lgs 509 del 1994, l’Ente si trasforma in Fondazione di diritto privato.

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Nel luglio 1985 viene istituita la professione sanitaria di odontoiatria separata da quella di Medicina e chirurgia con la Legge n. 409.

Legge 24 Luglio 1985, n. 409 Istituzione della professione sanitaria di odontoiatria e disposizioni relative al diritto di stabilimento ed alla libera prestazione di servizi da parte dei dentisti cittadini di Stati membri delle ComunitĂ europee.

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TITOLO I Art.1 E’ istituita la professione sanitaria di odontoiatra che viene esercitata da coloro che sono in possesso del diploma di laurea in odontoiatria e protesi dentaria e della relativa abilitazione all’esercizio professionale, conseguita a seguito del superamento di apposito esame di Stato. Articolo così modificato dall’art.13, L.3/2/2003, n.14 - Legge comunitaria 2002. Art.2 Formano oggetto della professione di odontoiatra le attività inerenti alla diagnosi ed alla terapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite dei denti, della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti, nonché alla prevenzione ed alla riabilitazione odontoiatriche. Gli odontoiatri possono prescrivere tutti i medicamenti necessari all’esercizio della loro professione. Art.3 Gli esami di Stato per il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio professionale, per coloro che sono in possesso della laurea in odontoiatria e protesi dentaria, hanno carattere specificatamente professionale. I relativi programmi e le norme concernenti lo svolgimento sono determinati con regolamento adottato dal Ministro della pubblica istruzione ai sensi dell’articolo 3 della Legge 8 dicembre 1956, n. 1378 Art.4 Presso ogni Ordine dei medici-chirurghi é istituito un separato Albo professionale per la iscrizione di coloro che sono in possesso della laurea in odontoiatria e protesi dentaria e dell’abilitazione all’esercizio professionale conseguita a seguito di superamento di apposito esame di Stato. A tale Albo hanno facoltà di iscrizione i soggetti indicati al successivo articolo 20. L’iscrizione al predetto Albo é incompatibile con la iscrizione ad altro Albo professionale. L’odontoiatra iscritto all’Albo ha la facoltà di esercitare la professione in tutto il territorio dello Stato. 2° comma così modificato dall’art.13, L. 3/2/2003, n.14 - Legge comunitaria 2002. Art.5 Articolo abrogato dall’art.13, L. 3/2/2003, n. 14 - Legge comunitaria 2002. Art.6 L’Ordine provinciale dei medici-chirurghi e la Federazione nazionale dei medici-chirurghi assumono rispettivamente la denominazione di “Ordine provinciale dei medici-chirurghi e degli odontoiatri” e di “Federazione nazionale degli ordini dei medici-chirurghi e degli odontoiatri”. La composizione dei Consigli direttivi degli ordini provinciali e del Comitato Centrale

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della Federazione nazionale di cui al primo comma dell’articolo 2 ed al secondo comma dell’articolo 12 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, é aumentata rispettivamente di due membri iscritti all’Albo degli odontoiatri. Detta composizione é ulteriormente aumentata di una unità per ogni mille nuovi iscritti nell’Albo degli odontoiatri oltre i primi mille iscritti, con il limite massimo di cinque componenti aggiuntivi, per i Consigli direttivi, e, oltre i primi diecimila iscritti, di una unità per ogni diecimila nuovi iscritti per il Comitato Centrale della Federazione nazionale, con il limite massimo di quattro componenti aggiuntivi. Qualora nel Consiglio direttivo dell’Ordine o nel Comitato Centrale non risulti eletto un numero di iscritti nell’Albo degli odontoiatri almeno pari al maggior numero di componenti previsto dal comma precedente, agli ultimi degli eletti tra gli iscritti nell’Albo dei medici-chirurghi subentrano di diritto gli iscritti nell’Albo degli odontoiatri che hanno registrato il maggior numero di voti. Il presidente del seggio elettorale dà attuazione alla disposizione di cui sopra in sede di proclamazione dei risultati delle elezioni. Per l’elezione del Comitato Centrale della Federazione nazionale ciascun presidente di Ordine provinciale dispone di un voto per ogni 200 iscritti o frazione di 200 iscritti complessivamente negli Albi dei medici-chirurghi e degli odontoiatri. In seno ai Consigli direttivi degli ordini provinciali ed al Comitato Centrale della Federazione nazionale sono istituite commissioni costituite da componenti medici e da componenti odontoiatri iscritti ai rispettivi Albi professionali. Le commissioni esercitano le attribuzioni di cui alle lettere f) e g) dell’articolo 3 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, ed al relativo regolamento di esecuzione approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, numero 221, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché? alla lettera c) del medesimo articolo, quando le designazioni riguardino competenze della specifica professione. La commissione per gli iscritti all’Albo dei medici-chirurghi si compone dei membri del Consiglio dell’Ordine iscritti al medesimo Albo. La commissione per gli iscritti all’Albo degli odontoiatri si compone di cinque membri iscritti nel medesimo Albo, eletti a norma del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, e del relativo regolamento di esecuzione approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, numero 221, e successive modificazioni ed integrazioni. I primi eletti entrano a far parte del Consiglio dell’Ordine dei medici-chirurghi e degli odontoiatri a norma dei precedenti commi secondo e terzo.

TITOLO II - Disposizioni relative al diritto di stabilimento Art.7 Ai cittadini degli Stati membri delle Comunità europee che esercitano una attività professionale nel campo della odontoiatria con le denominazioni di cui all’allegato A alla presente Legge, e che sono in

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possesso dei diplomi, certificati ed altri titoli di cui all’allegato B, é riconosciuto il titolo di odontoiatra ed é consentito l’esercizio della relativa attività professionale, definita al precedente articolo 2. Ai cittadini degli Stati membri delle Comunità europee in possesso dei diplomi, certificati ed altri titoli di cui all’allegato C, é riconosciuto il titolo di odontoiatra specialista, subordinatamente alla istituzione in Italia della corrispondente specializzazione. L’uso dei predetti titoli e delle relative abbreviazioni é consentito sia nella lingua dello Stato di origine o di provenienza, sia nella lingua italiana, in conformità alle corrispondenze dei titoli stessi precisate negli allegati B e C. Gli elenchi di cui agli allegati alla presente Legge sono modificati con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione in conformità delle direttive comunitarie. Art.8 Per ottenere l’autorizzazione all’esercizio della professione di odontoiatra l’interessato deve presentare al Ministero della sanità, domanda in lingua italiana in carta da bollo corredata dai seguenti documenti: a) uno dei titoli previsti dall’allegato B in originale o in copia autentica; b) un certificato di buona condotta, ovvero un certificato di moralità e di onorabilità o equipollente, rilasciato dalla competente autorità dello Stato di origine o di provenienza; qualora detto Stato ai fini dell’esercizio della professione non richieda tale certificato, l’interessato deve presentare un estratto del casellario giudiziario ovvero un documento equipollente rilasciato dalla competente autorità dello Stato stesso. Qualora l’interessato chieda anche il riconoscimento del titolo di odontoiatra specialista, egli dovrà presentare uno dei titoli previsti dall’allegato C, in originale o copia autentica. La documentazione di cui alla predetta lettera b) deve portare una data non anteriore di più di tre mesi rispetto a quella di presentazione della domanda. Art.9 Il Ministero della sanità, d’intesa con il Ministero della pubblica istruzione, accerta la regolarità della domanda e della relativa documentazione entro tre mesi dalla data di ricezione della domanda stessa, e provvede alla sua trasmissione all’Ordine professionale corrispondente alla provincia indicata dall’interessato, dandone comunicazione al medesimo. Il Ministero della sanità, nel caso di fondato dubbio circa l’autenticità dei diplomi, dei certificati e degli altri titoli, svolge i necessari accertamenti presso la competente autorità dello Stato di origine o di provenienza e chiede conferma della autenticità degli stessi, nonché? del possesso, da parte del beneficiario, di tutti i requisiti di formazione prescritti. Nel caso in cui il Ministero della sanità, venga a conoscenza di fatti gravi e specifici, verificatisi fuori del territorio nazionale, che possano influire sull’ammissione del richiedente all’esercizio della professione, domanda al riguardo informazioni, tramite il Ministero degli affari esteri, alla competente autorità dello Stato di origine o di provenienza.

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Per il periodo di tempo necessario ad acquisire tali informazioni il termine di cui al primo comma é sospeso. La sospensione non può eccedere i tre mesi. La procedura di ammissione riprende alla scadenza de tre mesi anche se lo Stato consultato non ha fatto pervenire la risposta. Il rigetto dell’istanza da parte del Ministero della sanità, deve essere motivato. L’Ordine professionale competente, nel termine di un mese dalla data di ricezione della domanda, corredata dalla documentazione inviata dal Ministero, completa la procedura per l’iscrizione all’Albo stabilita dalle vigenti norme di Legge. Il cittadino di altri Stati membri delle Comunità che abbia ottenuto l’iscrizione all’Albo professionale ha gli stessi diritti ed é soggetto agli stessi obblighi e sanzioni disciplinari previsti per gli odontoiatri italiani. Art.10 Il Ministero della sanità, comunica all’autorità competente dello Stato di origine o provenienza le sanzioni disciplinari adottate nei confronti dei cittadini degli altri Stati membri delle Comunità europee, autorizzati ad esercitare la professione di odontoiatra ai sensi dell’articolo 8, nonché quelle penali per reati concernenti l’esercizio della professione. A tal fine l’Ordine professionale competente dà comunicazione al Ministero della sanità, di tutte le sanzioni che incidono sull’esercizio professionale. Art.11 Le disposizioni relative al diritto di stabilimento contenute nella presente Legge si applicano anche agli odontoiatri che intendono svolgere la loro attività nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato. L’istituzione del rapporto di lavoro fra gli odontoiatri cittadini di altri Stati membri delle Comunità europee e le strutture sanitarie pubbliche é disciplinata dall’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761. Art.12 Il Ministero della sanità, d’intesa con il Ministero della pubblica istruzione, sentite le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché la competente Federazione degli Ordini dei medici-chirurghi e degli odontoiatri, promuove, se ne ravvisa la necessita, corsi facoltativi di deontologia professionale e di legislazione sanitaria nonché corsi che consentano l’acquisizione delle conoscenze linguistiche necessarie all’esercizio della professione.

TITOLO III - Disposizioni relative alla prestazione dei servizi Art. 13 I cittadini degli altri Stati membri delle Comunità europee sono ammessi alla prestazione di servizi odontoiatrici di carattere temporaneo nel territorio dello

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Stato italiano senza essere tenuti alla iscrizione nell’Albo professionale, nei limiti dell’attività professionale loro consentita nel Paese di origine o di provenienza. Essi devono tuttavia presentare al Ministero della sanità: a) una dichiarazione redatta in lingua italiana dalla quale risulti la prestazione che l’interessato intende effettuare, il luogo di esecuzione della stessa e l’indicazione dello studio odontoiatrico autorizzato presso il quale la prestazione sarà effettuata; b) un certificato della competente autorità dello Stato di origine o di provenienza da cui risulti che l’interessato esercita legalmente la specifica professione in detto Stato, con l’indicazione delle eventuali limitazioni al campo di attività professionale; c) un certificato attestante che l’interessato é in possesso dei diplomi o altri titoli di cui all’allegato B. In caso di urgenza la dichiarazione, unitamente alla documentazione sopra indicata, deve essere presentata entro il termine massimo di quindici giorni dalla effettuazione della prestazione. Il Ministero della sanità, comunica all’Ordine professionale territorialmente competente il contenuto della dichiarazione presentata dall’interessato. La documentazione prevista dal presente articolo deve portare una data anteriore di non più di dodici mesi rispetto a quella di presentazione della dichiarazione. Art.14 Il cittadino degli altri Stati membri delle Comunità europee ha, nell’esercizio dell’attività di cui al precedente articolo, gli stessi diritti dell’odontoiatra cittadino italiano ed é soggetto agli stessi obblighi e alle stesse sanzioni disciplinari. E’ in ogni caso vietata la titolarità di uno studio odontoiatrico. Nel caso di abusi o di mancanze tali da comportare, se commessi da odontoiatri italiani, la sospensione dall’esercizio della professione o la radiazione dall’Albo professionale, l’Ordine professionale territorialmente competente diffida l’odontoiatra, cittadino di un altro Stato membro delle Comunità europee, dall’effettuare ulteriori prestazioni. Del provvedimento é data tempestiva comunicazione all’autorità competente dello Stato di origine o di provenienza.

TITOLO IV - Esercizio della professione negli altri Stati membri delle comunità europee da parte di odontoiatri cittadini italiani Art.15 Gli odontoiatri cittadini italiani che si trasferiscono in uno dei Paesi membri delle Comunità europee possono, a domanda, conservare l’iscrizione all’Ordine professionale italiano di appartenenza. Art.16 Il Ministero della sanità, provvede a fornire nel più breve tempo possibile, e comunque entro tre

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mesi, alle competenti autorità dello Stato estero che lo richiedano le informazioni circa fatti gravi e specifici concernenti gli odontoiatri cittadini italiani trasferitisi in detto Stato, facendo conoscere le conseguenze che i fatti stessi hanno sui certificati ed i documenti rilasciati dalle autorità nazionali. A tal fine i competenti Ordini professionali danno comunicazione al Ministero della sanità, di tutte le sanzioni che incidono sull’esercizio professionale.

TITOLO V - Disposizioni finali e transitorie Art.17 I documenti di cui agli articoli 8 e 13 della presente Legge devono essere accompagnati, se redatti in una lingua straniera, da una traduzione italiana certificata conforme al testo originale dalle autorità diplomatiche o consolari italiane del Paese in cui i documenti sono stati redatti, oppure da un traduttore ufficiale. Art.18 Nei confronti degli odontoiatri cittadini di uno Stato membro delle Comunità europee, in possesso di diplomi, certificati od altri titoli rilasciati dagli Stati di origine o di provenienza, che comprovino una formazione ultimata prima del 28 luglio 1978, ovvero ultimata dopo tale data ma iniziata prima della data stessa, e non rispondente all’insieme delle esigenze minime di formazione richieste dalla normativa comunitaria, si applicano le seguenti disposizioni: a) ai fini del riconoscimento del titolo di odontoiatra e dell’esercizio della relativa professione, ovvero per la prestazione di servizi, gli interessati devono presentare al Ministero della sanità, un attestato, rilasciato dall’autorità competente, dal quale risulti che hanno effettivamente e lecitamente svolto la specifica professione od attività per un periodo di almeno tre anni consecutivi nel corso dei cinque anni che precedono il rilascio dell’attestato; b) ai fini del riconoscimento del titolo di odontoiatra specialista, gli interessati devono presentare al Ministero della sanità, un attestato, rilasciato dall’autorità competente, dal quale risulti che essi si sono effettivamente dedicati alla specifica attività specialistica per un periodo equivalente al doppio della differenza tra la durata di formazione specialistica richiesta nello Stato di origine o di provenienza e la durata minima di formazione prevista dalle direttive comunitarie in tre anni. Art.18-bis - 1. I diplomi, certificati ed altri titoli di odontoiatra e di odontoiatra specialista rilasciati dagli Stati membri che non corrispondono alle denominazioni che figurano negli allegati sono riconosciuti come corrispondenti se corredati di un certificato rilasciato dalle autorità competenti attestante che essi sono rilasciati a conclusione di una formazione conforme alle disposizioni previste dalla normativa comunitaria e sono assimilati da parte dello Stato membro che li ha rilasciati a quelli la cui denominazione figura negli allegati.

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Art.18-ter - 1. I diplomi, certificati ed altri titoli che attestano una formazione di odontoiatra acquisita dai cittadini degli Stati membri nel territorio dell’ex Repubblica democratica tedesca e che non risponde all’insieme delle esigenze minime di formazione richieste dalla normativa comunitaria, sono assimilati a quelli che le soddisfano se: a) attestano una formazione iniziata prima del 3 ottobre 1990; b) danno diritto all’attività di odontoiatra in tutto il territorio della Germania alle stesse condizioni dei titoli rilasciati dalle autorità competenti tedesche specificati negli allegati; c) sono corredati di un certificato rilasciato dalle autorità competenti tedesche attestante che i loro titolari si sono dedicati effettivamente e lecitamente in Germania alla professione di odontoiatra per il periodo di almeno tre anni consecutivi nel corso dei cinque che precedono il rilascio del certificato. 2. I diplomi, certificati ed altri titoli che attestano una formazione di odontoiatra specialista acquisita dai cittadini degli Stati membri nel territorio dell’ex Repubblica democratica tedesca e che non risponde alle esigenze minime di formazione richieste dalla normativa comunitaria vengono assimilati a quelli che le soddisfano se: a) attestano una formazione iniziata prima del 3 aprile 1992; b) danno diritto all’esercizio, a titolo di odontoiatra specialista dell’attività di cui trattasi in tutto il territorio della Germania alle stesse condizioni dei titoli rilasciati dalle autorità competenti tedesche indicate negli allegati; c) sono corredate di un certificato, rilasciato dalle autorità competenti tedesche attestante l’esercizio, in qualità di odontoiatra specialista, dell’attività di cui trattasi per un periodo equivalente al doppio della differenza tra la durata minima di formazione specializzata prevista dalla normativa comunitaria e quella della formazione acquisita nel territorio tedesco. Art.19 - 1. Ai fini dell’esercizio dell’attività di odontoiatra in altri Stati membri dell’Unione europea, il Ministero della salute, previ gli opportuni accertamenti, anche in collaborazione con gli Ordini dei medici-chirurghi e degli odontoiatri rilascia un attestato nel quale certifica: a) ai laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio professionale che hanno iniziato la loro formazione universitaria in medicina anteriormente al 28 gennaio 1980 e che si sono effettivamente e lecitamente dedicati in Italia, a titolo principale, all’attività di cui all’articolo 2, per un periodo di almeno tre anni consecutivi nel corso dei cinque anni che precedono il rilascio dell’attestato; b) ai laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio professionale che hanno iniziato la loro formazione universitaria in medicina dopo il 28 gennaio 1980 ed entro il 31 dicembre 1984, che hanno superato la prova attitudinale di cui al decreto legislativo 13 ottobre 1998, n. 386, e hanno esercitato, effettivamente e legalmente, a titolo principale l’attività di cui all’articolo 2 per tre anni consecutivi nel corso dei cinque anni che precedono il rilascio dell’attestato, che sono autorizzati ad esercitare l’attività di cui all’articolo 2 alle medesime condizioni dei titolari del diploma di abilitazione all’esercizio dell’odontoiatria e protesi dentaria; b-bis) ai medici che hanno iniziato la loro formazione universitaria in medicina dopo il 31

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dicembre 1984 e che sono in possesso di un diploma di specializzazione triennale in campo odontoiatrico il cui corso di studi ha avuto inizio entro il 31 dicembre 1994 e che si sono effettivamente e lecitamente dedicati, a titolo principale, all’attività di cui all’articolo 2 per tre anni consecutivi nel corso dei cinque anni che precedono il rilascio dell’attestato (1). 2. Per i soggetti di cui al comma 1, lettera a), il requisito dei tre anni di esercizio dell’attività non è richiesto per chi ha conseguito studi di almeno tre anni in campo odontoiatrico. 3. Per i soggetti di cui al comma 1, lettera b), il requisito del superamento della prova attitudinale non è richiesto per chi è in possesso di un diploma di specializzazione triennale indicato nel D.M. 18 settembre 2000 del Ministro della sanità, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - serie ordinaria - n. 222 del 22 settembre 2000: odontoiatria e protesi dentaria, chirurgia odontostomatologica, odontostomatologia, ortognatodonzia (2). Art.20 - 1. Ai fini dell’esercizio dell’attività di cui all’articolo 2, si iscrivono all’albo degli odontoiatri, anche in deroga a quanto previsto all’articolo 4, terzo comma: a) i laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio professionale che hanno iniziato la loro formazione universitaria in medicina anteriormente al 28 gennaio 1980; b) i laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio professionale che hanno iniziato la loro formazione universitaria in medicina dopo il 28 gennaio 1980 ed entro il 31 dicembre 1984 e che hanno superato la prova attitudinale di cui al decreto legislativo 13 ottobre 1998, n. 386, o sono in possesso dei diplomi di specializzazione indicati all’articolo 19, comma 3; b-bis) i medici che hanno iniziato la loro formazione universitaria in medicina dopo il 31 dicembre 1984 e che sono in possesso di un diploma di specializzazione triennale in campo odontoiatrico il cui corso di studi ha avuto inizio entro il 31 dicembre 1994 (3). 2. All’albo degli odontoiatri è aggiunto l’elenco degli odontoiatri abilitati a continuare, in via transitoria, l’esercizio della professione, ai sensi della legge 5 giugno 1930, n. 943 (4). Art.21 Con decreto del Ministro della sanità, da emanarsi a norma dell’articolo 63, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente Legge, sono stabilite le attribuzioni degli odontoiatri addetti ai presidi e servizi delle unità sanitarie locali. Art.22 Nella prima attuazione della presente Legge, il Consiglio provinciale dell’Ordine dei medici-chirurghi e degli odontoiatri provvede alla iscrizione degli odontoiatri per la prima formazione dell’Albo professionale. Entro e non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente Legge, il presidente dell’Ordine dei medici-chirurghi e degli odontoiatri indice l’assemblea degli iscritti nell’Albo degli odontoiatri, la quale provvede alla elezione dei componenti del Consiglio

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e della commissione per gli iscritti all’Albo degli odontoiatri di cui all’articolo 6, con le modalità di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, e successive modifiche ed integrazioni, ed al relativo regolamento di esecuzione approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, n. 221. Entro 60 giorni dall’elezione di tutti i componenti dei Consigli direttivi degli ordini ai sensi del comma precedente il presidente della Federazione nazionale convoca il Consiglio nazionale degli ordini per l’elezione dei componenti del Comitato Centrale di cui all’articolo 6, secondo comma, con le modalità di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, e successive modifiche ed integrazioni, ed al relativo regolamento di esecuzione approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, n. 221. Art.23 In prima applicazione della presente Legge in attesa del regolamento degli esami di Stato, e degli adempimenti di cui al precedente articolo 22, i programmi, le modalità di svolgimento e la composizione delle commissioni giudicatrici sono stabiliti con ordinanza del Ministro della pubblica istruzione da adottarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente Legge. Gli esami di Stato saranno comunque fissati entro e non oltre i successivi 60 giorni. (1) Lettera aggiunta dall’art. 13, L. 6 febbraio 2007, n. 13 - Legge comunitaria 2006. (2)

Articolo

così

sostituito

dall’art.

4,

D.Lgs.

8

luglio

2003,

n.

277.

(3) Lettera aggiunta dall’art. 13, L. 6 febbraio 2007, n. 13 - Legge comunitaria 2006. (4) Articolo così sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 277. In precedenza la Corte costituzionale, con sentenza 22 febbraio-9 marzo 1989, n. 100 (Gazz. Uff. 15 marzo 1989, n. 11. Serie speciale), aveva dichiarato l’illegittimità degli artt. 4, 5 e 20 (nel testo precedentemente in vigore) della presente legge, nella parte in cui non prevedevano che i soggetti indicati nell’art. 20, primo comma, ottenuta l’iscrizione nell’albo degli odontoiatri, potessero contemporaneamente mantenere l’iscrizione all’albo dei medici chirurghi così come previsto per i soggetti indicati nell’art. 5, e nella parte in cui prevedevano che i medesimi potessero «optare» nel termine di cinque anni per l’iscrizione all’albo degli odontoiatri, anziché «chiedere» senza limite di tempo tale iscrizione.

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Legge 31 Ottobre 1988, n. 471 Norme concernenti l’opzione, per i laureati in medicina e chirurgia, per l’iscrizione all’albo degli odontoiatri

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Art.1 - I laureati in medicina e chirurgia immatricolati al relativo corso di laurea negli anni accademici 1980-1981, 1981-1982, 1982-1983, 1983-1984, 1984-1985, abilitati all’esercizio professionale, hanno facoltà di optare per l’iscrizione all’albo degli odontoiatri ai fini dell’esercizio dell’attività di cui all’art. 2 della legge 24 luglio 1985, n. 409. Tale facoltà va esercitata entro il 31 dicembre 1991. Tuttavia, a seguito della legge 409/85, della successiva legge 471/88 e del decreto legislativo 386/1998, nonché della famosa pronuncia n. 100/89 della Corte costituzionale la distinzione tra albo e professione medico-chirurgica da un lato e albo e professione odontoiatrica dall’altro non è risulta netta. Infatti: - possono iscriversi all’albo degli odontoiatri non solo i laureati in odontoiatria e protesi dentaria, abilitati all’esercizio professionale, ma anche i laureati in medicina e chirurgia, abilitati all’esercizio professionale, in possesso del diploma di specializzazione in campo odontoiatrico; - possono esercitare la professione di odontoiatra anche i medici chirurghi in possesso di specializzazione in campo odontoiatrico, pur rimanendo iscritti al solo albo dei medici chirurghi, con apposita annotazione riguardante la specifica specializzazione; - possono iscriversi all’albo degli odontoiatri non solo i laureati in medicina e chirurgia immatricolati al relativo corso di laurea anteriormente al 28 gennaio 1980 (entro 5 anni dall’entrata in vigore della legge 409/85), ma anche i laureati in medicina e chirurgia immatricolati allo stesso Corso dopo il 28 gennaio 1980 e fino all’anno accademico 1984/85 (in forza della legge 471/88), con opzione per l’albo degli odontoiatri da esercitarsi entro il 31 dicembre 1991, nonché (ai sensi del D.Lgs. 386/98, introdotto in sostituzione della legge 471/88, che è stata censurata dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee) i laureati in medicina e chirurgia immatricolati al relativo Corso di laurea negli anni accademici tra il 1980/81 e il 1984/85, in possesso dell’abilitazione professionale, “previo superamento della prova attitudinale di cui al comma 2 (dello stesso D.Lgs.), ripetibile una volta”; - possono mantenere contemporaneamente l’iscrizione all’albo dei medici chirurghi anche i laureati in medicina e chirurgia che abbiano ottenuto l’iscrizione (avendone i requisiti richiesti) anche all’albo degli odontoiatri. L’Ordine professionale,quindi, è costituito con legge dello Stato e si configura come Ente con l’attribuzione di specifiche competenze, che sono l’espressione di una potestà amministrativa pubblica, diretta al conseguimento di fini che sono voluti dallo Stato proprio per garantire da una parte il corretto esercizio della professione dei soggetti in possesso dei requisiti voluti dalla legge e, dall’altra, il controllo della correttezza comportamentale del professionista nei confronti dei cittadini ed a tutela del decoro della professione. L’iscrizione all’albo, una volta conseguita la laurea e l’abilitazione e, salvo il possesso di altri titoli amministrativi, costituisce requisito ineludibile per l’esercizio della professione. La

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mancata iscrizione vieta l’esercizio della professione, che diventa ipso facto esercizio abusivo. L’iscritto è obbligato all’osservanza di regole comportamentali (deontologia professionale) autonomamente elaborate e raccolte in un codice (Codice di deontologia medica), che statuisce gli speciali doveri propri del professionista. Ecco quindi che l’esercizio della medicina è riguardato non solo come prassi fondata su un insieme di conoscenze tecnico-scientifiche espresse al più alto e aggiornato livello, ma anche come insieme di regole comportamentali di ispirazione etica e sociale, capaci di realizzare un’ideale definizione professionale corrispondente ad ogni esigenza etica e giuridica. All’Ordine professionale è quindi riconosciuto, nell’ambito di un principio di autogoverno della professione, il potere di emanare norme interne di deontologia vincolanti per gli iscritti. Il potere disciplinare nei confronti degli iscritti, attribuito espressamente dalla legge all’Ordine, implica che esso è esercitabile non solo per via repressiva attraverso l’irrogazione di sanzioni (avvertimento, censura, sospensione o radiazione dall’Albo), ma anche in via preventiva attraverso l’emanazione di norme deontologiche che attengono al piano della mera correttezza comportamentale.

Art. 1 - Definizione Il Codice di Deontologia Medica contiene principi e regole che il medico-chirurgo e l’odontoiatra, iscritti agli albi professionali dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, di seguito indicati con il termine di medico, devono osservare nell’esercizio della professione. Il comportamento del medico anche al di fuori dell’esercizio della professione, deve essere consono al decoro e alla dignità della stessa, in armonia con i principi di solidarietà, umanità e impegno civile che la ispirano. Il medico è tenuto a prestare la massima collaborazione e disponibilità nei rapporti con il proprio Ordine professionale. Il medico è tenuto alla conoscenza delle norme del presente Codice e degli orientamenti espressi nelle allegate linee guida, la ignoranza dei quali, non lo esime dalla responsabilità disciplinare. Il medico deve prestare giuramento professionale. Art. 2 - Potestà e sanzioni disciplinari L’inosservanza dei precetti, degli obblighi e dei divieti fissati dal presente Codice di Deontologia Medica e ogni azione od omissione, comunque disdicevoli al decoro o al corretto esercizio della professione, sono punibili dalle Commissioni disciplinari con le sanzioni previste dalla legge. Le sanzioni, nell’ambito della giurisdizione disciplinare, devono essere adeguate alla gravità degli atti.

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CODICE DEONTOLOGICO Codice di Deontologia Medica 2006

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Titolo I OGGETTO E CAMPO DI APPLICAZIONE Il medico deve denunciare all’Ordine ogni iniziativa tendente ad imporgli comportamenti non conformi alla deontologia professionale, da qualunque parte essa provenga.

TITOLO II DOVERI GENERALI DEL MEDICO CAP. I Libertà, indipendenza e dignità della professione Art. 3 - Doveri del medico Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia,in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera. La salute è intesa nell’accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona. Art. 4 - Libertà e indipendenza della professione – L’esercizio della medicina è fondato sulla libertà e sull’indipendenza della professione che costituiscono diritto inalienabile del medico. Il medico nell’esercizio della professione deve attenersi alle conoscenze scientifiche e ispirarsi ai valori etici della professione, assumendo come principio il rispetto della vita, della salute fisica e psichica, della libertà e della dignità della persona; non deve soggiacere a interessi, imposizioni e suggestioni di qualsiasi natura. Il medico deve operare al fine di salvaguardare l’autonomia professionale e segnalare all’Ordine ogni iniziativa tendente a imporgli comportamenti non conformi alla deontologia professionale. Art. 5 - Educazione alla salute e rapporti con l’ambiente Il medico è tenuto a considerare l’ambiente nel quale l’uomo vive e lavora quale fondamentale determinante della salute dei cittadini. A tal fine il medico è tenuto a promuovere una cultura civile tesa all’utilizzo appropriato

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delle risorse naturali, anche allo scopo di garantire alle future generazioni la fruizione di un ambiente vivibile. Il medico favorisce e partecipa alle iniziative di prevenzione, di tutela della salute nei luoghi di lavoro e di promozione della salute individuale e collettiva. Art. 6 -Qualità professionale e gestionale Il medico agisce secondo il principio di efficacia delle cure nel rispetto dell’autonomia della persona tenendo conto dell’uso appropriato delle risorse. Il medico è tenuto a collaborare alla eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario, al fine di garantire a tutti i cittadini stesse opportunità di accesso, disponibilità, utilizzazione e qualità delle cure. Art. 7 - Limiti dell’attività professionale In nessun caso il medico deve abusare del suo status professionale. Il medico che riveste cariche pubbliche non può avvalersene a scopo di vantaggio professionale. CAPO II Prestazioni d’urgenza Art. 8 - Obbligo di intervento Il medico, indipendentemente dalla sua abituale attività, non può mai rifiutarsi di prestare soccorso o cure d’urgenza e deve tempestivamente attivarsi per assicurare assistenza. Art. 9 - Calamità Il medico, in caso di catastrofe, di calamità o di epidemia, deve mettersi a disposizione dell’Autorità competente. CAPO III Obblighi peculiari del medico Art. 10 - Segreto professionale Il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò che gli è confidato o di cui venga a conoscenza nell’esercizio della professione. La morte del paziente non esime il medico dall’obbligo del segreto.

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Il medico deve informare i suoi collaboratori dell’obbligo del segreto professionale. L’inosservanza del segreto medico costituisce mancanza grave quando possa derivarne profitto proprio o altrui ovvero nocumento della persona assistita o di altri. La rivelazione è ammessa ove motivata da una giusta causa, rappresentata dall’adempimento di un obbligo previsto dalla legge (denuncia e referto all’Autorità Giudiziaria, denunce sanitarie, notifiche di malattie infettive, certificazioni obbligatorie) ovvero da quanto previsto dai successivi artt. 11 e 12. Il medico non deve rendere al Giudice testimonianza su fatti e circostanze inerenti il segreto professionale. La cancellazione dall’albo non esime moralmente il medico dagli obblighi del presente articolo. Art. 11 - Riservatezza dei dati personali Il medico è tenuto al rispetto della riservatezza nel trattamento dei dati personali del paziente e particolarmente dei dati sensibili inerenti la salute e la vita sessuale. Il medico acquisisce la titolarità del trattamento dei dati sensibili nei casi previsti dalla legge, previo consenso del paziente o di chi ne esercita la tutela. Nelle pubblicazioni scientifiche di dati clinici o di osservazioni relative a singole persone, il medico deve assicurare la non identificabilità delle stesse. Il consenso specifico del paziente vale per ogni ulteriore trattamento dei dati medesimi, ma solo nei limiti, nelle forme e con le deroghe stabilite dalla legge. Il medico non può collaborare alla costituzione di banche di dati sanitari, ove non esistano garanzie di tutela della riservatezza, della sicurezza e della vita privata della persona. Art. 12 - Trattamento dei dati sensibili Al medico, è consentito il trattamento dei dati personali idonei a rivelare lo stato di salute del paziente previa richiesta o autorizzazione da parte di quest’ultimo, subordinatamente ad una preventiva informazione sulle conseguenze e sull’opportunità della rivelazione stessa. Al medico peraltro è consentito il trattamento dei dati personali del paziente in assenza del consenso dell’interessato solo ed esclusivamente quando sussistano le specifiche ipotesi previste dalla legge ovvero quando vi sia la necessità di salvaguardare la vita o la salute del paziente o di terzi nell’ipotesi in cui il paziente medesimo non sia in grado di prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire e/o di intendere e di volere; in quest’ultima situazione peraltro, sarà necessaria l’autorizzazione dell’eventuale legale rappresentante laddove precedentemente nominato. Tale facoltà sussiste nei modi e con le garanzie dell’art. 11 anche in caso di diniego dell’interessato ove vi sia l’urgenza di salvaguardare la vita o la salute di terzi.

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CAPO IV Accertamenti diagnostici e trattamenti terapeutici Art. 13 - Prescrizione e trattamento terapeutico La prescrizione di un accertamento diagnostico e/o di una terapia impegna la diretta responsabilità professionale ed etica del medico e non può che far seguito a una diagnosi circostanziata o, quantomeno, a un fondato sospetto diagnostico. Su tale presupposto al medico è riconosciuta autonomia nella programmazione, nella scelta e nella applicazione di ogni presidio diagnostico e terapeutico, anche in regime di ricovero, fatta salva la libertà del paziente di rifiutarle e di assumersi la responsabilità del rifiuto stesso. Le prescrizioni e i trattamenti devono essere ispirati ad aggiornate e sperimentate acquisizioni scientifiche tenuto conto dell’uso appropriato delle risorse, sempre perseguendo il beneficio del paziente secondo criteri di equità. Il medico è tenuto a una adeguata conoscenza della natura e degli effetti dei farmaci, delle loro indicazioni, controindicazioni, interazioni e delle reazioni individuali prevedibili, nonché delle caratteristiche di impiego dei mezzi diagnostici e terapeutici e deve adeguare, nell’interesse del paziente, le sue decisioni ai dati scientifici accreditati o alle evidenze metodologicamente fondate. Sono vietate l’adozione e la diffusione di terapie e di presidi diagnostici non provati scientificamente o non supportati da adeguata sperimentazione e documentazione clinicoscientifica, nonché di terapie segrete. In nessun caso il medico dovrà accedere a richieste del paziente in contrasto con i principi di scienza e coscienza allo scopo di compiacerlo, sottraendolo alle sperimentate ed efficaci cure disponibili. La prescrizione di farmaci, sia per indicazioni non previste dalla scheda tecnica sia non ancora autorizzati al commercio, è consentita purché la loro efficacia e tollerabilità sia scientificamente documentata. In tali casi, acquisito il consenso scritto del paziente debitamente informato, il medico si assume la responsabilità della cura ed è tenuto a monitorarne gli effetti. È obbligo del medico segnalare tempestivamente alle autorità competenti, le reazioni avverse eventualmente comparse durante un trattamento terapeutico. Art. 14 - Sicurezza del paziente e prevenzione del rischio clinico Il medico opera al fine di garantire le più idonee condizioni di sicurezza del paziente e contribuire all’adeguamento dell’organizzazione sanitaria, alla prevenzione e gestione del rischio clinico anche attraverso la rilevazione, segnalazione e valutazione degli errori al fine del miglioramento della qualità delle cure. Il medico al tal fine deve utilizzare tutti gli strumenti disponibili per comprendere le cause di

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un evento avverso e mettere in atto i comportamenti necessari per evitarne la ripetizione; tali strumenti costituiscono esclusiva riflessione tecnico-professionale, riservata, volta alla identificazione dei rischi, alla correzione delle procedure e alla modifica dei comportamenti. Art. 15 - Pratiche non convenzionali Il ricorso a pratiche non convenzionali non può prescindere dal rispetto del decoro e della dignità della professione e si esprime nell’esclusivo ambito della diretta e non delegabile responsabilità professionale del medico. Il ricorso a pratiche non convenzionali non deve comunque sottrarre il cittadino a trattamenti specifici e scientificamente consolidati e richiede sempre circostanziata informazione e acquisizione del consenso. E’ vietato al medico di collaborare a qualsiasi titolo o di favorire l’esercizio di terzi non medici nel settore delle cosiddette pratiche non convenzionali. Art. 16 - Accanimento diagnostico-terapeutico – Il medico, anche tenendo conto delle volontà del paziente laddove espresse, deve astenersi dall’ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita. Art. 17 - Eutanasia Il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare né favorire trattamenti finalizzati a provocarne la morte. Art. 18 - Trattamenti che incidono sulla integrità psico-fisica I trattamenti che incidono sulla integrità e sulla resistenza psico-fisica del malato possono essere attuati, previo accertamento delle necessità terapeutiche, e solo al fine di procurare un concreto beneficio clinico al malato o di alleviarne le sofferenze. CAPO V Obblighi professionali Art. 19 -Aggiornamento e formazione professionale permanente Il medico ha l’obbligo di mantenersi aggiornato in materia tecnico-scientifica, etico-deontologica e gestionale-organizzativa, onde garantire lo sviluppo continuo delle sue conoscenze e competenze in ragione dell’ evoluzione dei progressi della scienza, e di confrontare la sua

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pratica professionale con i mutamenti dell’organizzazione sanitaria e della domanda di salute dei cittadini. Il medico deve altresì essere disponibile a trasmettere agli studenti e ai colleghi le proprie conoscenze e il patrimonio culturale ed etico della professione e dell’arte medica.

TITOLO III RAPPORTI CON IL CITTADINO CAPO I Regole generali di Comportamento Art. 20 - Rispetto dei diritti della persona Il medico deve improntare la propria attività professionale al rispetto dei diritti fondamentali della persona. Art. 21 - Competenza professionale Il medico deve garantire impegno e competenza professionale, non assumendo obblighi che non sia in condizione di soddisfare. Egli deve affrontare nell’ambito delle specifiche responsabilità e competenze ogni problematica con il massimo scrupolo e disponibilità, dedicandovi il tempo necessario per una accurata valutazione dei dati oggettivi, in particolare dei dati anamnestici, avvalendosi delle procedure e degli strumenti ritenuti essenziali e coerenti allo scopo e assicurando attenzione alla disponibilità dei presidi e delle risorse. Art. 22 - Autonomia e responsabilità diagnostico-terapeutica Il medico al quale vengano richieste prestazioni che contrastino con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico, può rifiutare la propria opera, a meno che questo comportamento non sia di grave e immediato nocumento per la salute della persona assistita e deve fornire al cittadino ogni utile informazione e chiarimento. Art. 23 - Continuità delle cure Il medico deve garantire al cittadino la continuità delle cure. In caso di indisponibilità, di impedimento o del venir meno del rapporto di fiducia deve assicurare la propria sostituzione, informandone il cittadino. Il medico che si trovi di fronte a situazioni cliniche alle quali non sia in grado di provvedere

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efficacemente, deve indicare al paziente le specifiche competenze necessarie al caso in esame. Il medico non può abbandonare il malato ritenuto inguaribile, ma deve continuare ad assisterlo anche al solo fine di lenirne la sofferenza fisica e psichica. Art. 24 - Certificazione Il medico è tenuto a rilasciare al cittadino certificazioni relative al suo stato di salute che attestino dati clinici direttamente constatati e/o oggettivamente documentati. Egli è tenuto alla massima diligenza, alla più attenta e corretta registrazione dei dati e alla formulazione di giudizi obiettivi e scientificamente corretti. Art. 25 - Documentazione clinica Il medico deve, nell’interesse esclusivo della persona assistita, mettere la documentazione clinica in suo possesso a disposizione della stessa o dei suoi legali rappresentanti o di medici e istituzioni da essa indicati per iscritto. Art. 26 - Cartella clinicaLa cartella clinica delle strutture pubbliche e private deve essere redatta chiaramente, con puntualità e diligenza, nel rispetto delle regole della buona pratica clinica e contenere, oltre ad ogni dato obiettivo relativo alla condizione patologica e al suo decorso, le attività diagnosticoterapeutiche praticate. La cartella clinica deve registrare i modi e i tempi delle informazioni nonché i termini del consenso del paziente, o di chi ne esercita la tutela, alle proposte diagnostiche e terapeutiche; deve inoltre registrare il consenso del paziente al trattamento dei dati sensibili, con particolare riguardo ai casi di arruolamento in un protocollo sperimentale. CAPO II Doveri del medico e diritti del cittadino Art. 27 - Libera scelta del medico e del luogo di cura La libera scelta del medico e del luogo di cura da parte del cittadino costituisce il fondamento del rapporto tra medico e paziente. Nell’esercizio dell’attività libero professionale svolta presso le strutture pubbliche e private, la scelta del medico costituisce diritto fondamentale del cittadino. È vietato qualsiasi accordo tra medici tendente a influire sul diritto del cittadino alla libera scelta.

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Il medico può consigliare, a richiesta e nell’esclusivo interesse del paziente e senza dar luogo a indebiti condizionamenti, che il cittadino si rivolga a determinati presidi, istituti o luoghi di cura da lui ritenuti idonei per le cure necessarie. Art. 28 - Fiducia del cittadino Qualora abbia avuto prova di sfiducia da parte della persona assistita o dei suoi legali rappresentanti, se minore o incapace, il medico può rinunciare all’ulteriore trattamento, purché ne dia tempestivo avviso; deve, comunque, prestare la sua opera sino alla sostituzione con altro collega, cui competono le informazioni e la documentazione utili alla prosecuzione delle cure, previo consenso scritto dell’interessato. Art. 29 - Fornitura di farmaci Il medico non può fornire i farmaci necessari alla cura a titolo oneroso. Art. 30 - Conflitto di interesse – Il medico deve evitare ogni condizione nella quale il giudizio professionale riguardante l’interesse primario, qual è la salute dei cittadini, possa essere indebitamente influenzato da un interesse secondario. Il conflitto di interesse riguarda aspetti economici e non, e si può manifestare nella ricerca scientifica, nella formazione e nell’aggiornamento professionale, nella prescrizione terapeutica e di esami diagnostici e nei rapporti individuali e di gruppo con industrie, enti, organizzazioni e istituzioni, nonché con la Pubblica Amministrazione. Il medico deve: - essere consapevole del possibile verificarsi di un conflitto di interesse e valutarne l’importanza e gli eventuali rischi; - prevenire ogni situazione che possa essere evitata; - dichiarare in maniera esplicita il tipo di rapporto che potrebbe influenzare le sue scelte consentendo al destinatario di queste una valutazione critica consapevole. Il medico non deve in alcun modo subordinare il proprio comportamento prescrittivi ad accordi economici o di altra natura, per trarne indebito profitto per sé e per altri. Art. 31 - Comparaggio Ogni forma di comparaggio è vietata.

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CAPO III Doveri di assistenza Art. 32 - Doveri del medico nei confronti dei soggetti fragili Il medico deve impegnarsi a tutelare il minore, l’anziano e il disabile, in particolare quando ritenga che l’ambiente, familiare o extrafamiliare, nel quale vivono, non sia sufficientemente sollecito alla cura della loro salute, ovvero sia sede di maltrattamenti fisici o psichici, violenze o abusi sessuali, fatti salvi gli obblighi di segnalazione previsti dalla legge. Il medico deve adoperarsi, in qualsiasi circostanza, perché il minore possa fruire di quanto necessario a un armonico sviluppo psico-fisico e affinché allo stesso, all’anziano e al disabile siano garantite qualità e dignità di vita, ponendo particolare attenzione alla tutela dei diritti degli assistiti non autosufficienti sul piano psico-fisico o sociale, qualora vi sia incapacità manifesta di intendere e di volere, ancorché non legalmente dichiarata. Il medico, in caso di opposizione dei legali rappresentanti alla necessaria cura dei minori e degli incapaci, deve ricorrere alla competente autorità giudiziaria. CAPO IV Informazione e consenso Art. 33 - Informazione al cittadino Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e l’adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata. Art. 34 - Informazione a terzi – L’informazione a terzi presuppone il consenso esplicitamente espresso dal paziente, fatto

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salvo quanto previsto all’art. 10 e all’art. 12, allorché sia in grave pericolo la salute o la vita del soggetto stesso o di altri. In caso di paziente ricoverato, il medico deve raccogliere gli eventuali nominativi delle persone preliminarmente indicate dallo stesso a ricevere la comunicazione dei dati sensibili. Art. 35 - Acquisizione del consenso – Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente. Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione documentata della volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all’art. 33. Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l’incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso. In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona. Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente incapace, nel rispetto della dignità della persona e della qualità della vita, evitando ogni accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti volontà del paziente. Art. 36 Assistenza d’urgenza Allorché sussistano condizioni di urgenza, tenendo conto delle volontà della persona se espresse, il medico deve attivarsi per assicurare l’assistenza indispensabile. Art. 37 - Consenso del legale rappresentante Allorché si tratti di minore o di interdetto il consenso agli interventi diagnostici e terapeutici, nonché al trattamento dei dati sensibili, deve essere espresso dal rappresentante legale. Il medico, nel caso in cui sia stato nominato dal giudice tutelare un amministratore di sostegno deve debitamente informarlo e tenere nel massimo conto le sue istanze. In caso di opposizione da parte del rappresentante legale al trattamento necessario e indifferibile a favore di minori o di incapaci, il medico è tenuto a informare l’autorità giudiziaria; se vi è pericolo per la vita o grave rischio per la salute del minore e dell’incapace, il medico deve comunque procedere senza ritardo e secondo necessità alle cure indispensabili.

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Art. 38 - Autonomia del cittadino e direttive anticipate Il medico deve attenersi, nell’ambito della autonomia e indipendenza che caratterizza la professione, alla volontà liberamente espressa della persona di curarsi e deve agire nel rispetto della dignità, della libertà e autonomia della stessa. Il medico, compatibilmente con l’età, con la capacità di comprensione e con la maturità del soggetto, ha l’obbligo di dare adeguate informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà. In caso di divergenze insanabili rispetto alle richieste del legale rappresentante deve segnalare il caso all’autorità giudiziaria; analogamente deve comportarsi di fronte a un maggiorenne infermo di mente. Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e documentato. CAPO V Assistenza ai malati inguaribili Art. 39 - Assistenza al malato a prognosi infausta In caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase terminale, il medico deve improntare la sua opera ad atti e comportamenti idonei a risparmiare inutili sofferenze psichico fisiche e fornendo al malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della qualità di vita e della dignità della persona. In caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire nella terapia di sostegno vitale finché ritenuta ragionevolmente utile evitando ogni forma di accanimento terapeutico.

CAPO VI Trapianti di organi, tessuti e cellule Art. 40 - Donazione di organi, tessuti e cellule È compito del medico la promozione della cultura della donazione di organi, tessuti e cellule anche collaborando alla idonea informazione ai cittadini. Art. 41 - Prelievo di organi e tessuti Il prelievo di organi e tessuti da donatore cadavere a scopo di trapianto terapeutico può essere

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effettuato solo nelle condizioni e nei modi previsti dalla legge. Il prelievo non può essere effettuato per fini di lucro e presuppone l’assoluto rispetto della normativa relativa all’accertamento della morte e alla manifestazione di volontà del cittadino. Il trapianto di organi da vivente è una risorsa aggiuntiva e non sostitutiva del trapianto da cadavere, non può essere effettuato per fini di lucro e può essere eseguito solo in condizioni di garanzia per quanto attiene alla comprensione dei rischi e alla libera scelta del donatore e del ricevente. CAPO VII Sessualità e riproduzione Art. 42 - Informazione in materia di sessualità, riproduzione e contraccezione Il medico, nell’ambito della salvaguardia del diritto alla procreazione cosciente e responsabile, è tenuto a fornire ai singoli e alla coppia, nel rispetto della libera determinazione della persona, ogni corretta informazione in materia di sessualità, di riproduzione e di contraccezione. Ogni atto medico in materia di sessualità e di riproduzione è consentito unicamente al fine di tutela della salute. Art. 43 - Interruzione volontaria di gravidanza L’interruzione della gravidanza, al di fuori dei casi previsti dalla legge, costituisce grave infrazione deontologica tanto più se compiuta a scopo di lucro. L’obiezione di coscienza del medico si esprime nell’ambito e nei limiti della legge vigente e non lo esime dagli obblighi e dai doveri inerenti alla relazione di cura nei confronti della donna. Art. 44 - Fecondazione assistita La fecondazione medicalmente assistita è un atto integralmente medico ed in ogni sua fase il medico dovrà agire nei confronti dei soggetti coinvolti secondo scienza e coscienza. Alla coppia vanno prospettate tutte le opportune soluzioni in base alle più recenti ed accreditate acquisizioni scientifiche ed è dovuta la più esauriente e chiara informazione sulle possibilità di successo nei confronti dell’infertilità e sui rischi eventualmente incidenti sulla salute della donna e del nascituro e sulle adeguate e possibili misure di prevenzione. E’ fatto divieto al medico, anche nell’interesse del bene del nascituro, di attuare: a) forme di maternità surrogata; b) forme di fecondazione assistita al di fuori di coppie eterosessuali stabili; c) pratiche di fecondazione assistita in donne in menopausa non precoce; d) forme di fecondazione assistita dopo la morte del partner. E’ proscritta ogni pratica di fecondazione assistita ispirata a selezione etnica e a fini eugenetici;

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non è consentita la produzione di embrioni ai soli fini di ricerca ed è vietato ogni sfruttamento commerciale, pubblicitario, industriale di gameti, embrioni e tessuti embrionali o fetali. Sono vietate pratiche di fecondazione assistita in centri non autorizzati o privi di idonei requisiti strutturali e professionali. Sono fatte salve le norme in materia di obiezione di coscienza. Art. 45 -Interventi sul genoma Ogni eventuale intervento sul genoma deve tendere alla prevenzione e alla correzione di condizioni patologiche. Art. 46 - Test predittivi I test diretti in modo esclusivo a rilevare o predire malformazioni o malattie su base ereditaria, devono essere espressamente richiesti, per iscritto, dalla gestante o dalla persona interessata. Il medico deve fornire al paziente informazioni preventive e dare la più ampia ed adeguata illustrazione sul significato e sul valore predittivo dei test, sui rischi per la gravidanza, sulle conseguenze delle malattie genetiche sulla salute e sulla qualità della vita, nonché sui possibili interventi di prevenzione e di terapia. Il medico non deve eseguire test genetici o predittivi a fini assicurativi od occupazionali se non a seguito di espressa e consapevole manifestazione di volontà da parte del cittadino interessato che è l’unico destinatario dell’informazione.. E’ vietato eseguire test genetici o predittivi in centri privi dei requisiti strutturali e professionali previsti dalle vigenti norme nazionali e/o regionali. CAP. VIII Sperimentazione Art. 47 - Sperimentazione scientifica Il progresso della medicina è fondato sulla ricerca scientifica che si avvale anche della sperimentazione sull’animale e sull’uomo. Art. 48 - Ricerca biomedica e sperimentazione sull’uomo La ricerca biomedica e la sperimentazione sull’uomo devono ispirarsi all’inderogabile principio della salvaguardia dell’integrità psicofisica e della vita e della dignità della persona. Esse sono subordinate al consenso del soggetto in esperimento, che deve essere espresso per iscritto, liberamente e consapevolmente, previa specifica informazione sugli obiettivi, sui metodi, sui benefici previsti, nonché sui rischi potenziali e sul diritto del soggetto stesso di ritirarsi in

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qualsiasi momento dalla sperimentazione. Nel caso di soggetti minori, interdetti e posti in amministrazioni di sostegno è ammessa solo la sperimentazione per finalità preventive e terapeutiche. Il consenso deve essere espresso dai legali rappresentanti, ma il medico sperimentatore è tenuto ad informare la persona documentandone la volontà e tenendola comunque sempre in considerazione. Ogni tipologia di sperimentazione compresa quella clinica deve essere programmata e attuata secondo idonei protocolli nel quadro della normativa vigente e dopo aver ricevuto il preventivo assenso da parte di un comitato etico indipendente. Art. 49 - Sperimentazione clinica La sperimentazione può essere inserita in trattamenti diagnostici e/o terapeutici, solo in quanto sia razionalmente e scientificamente suscettibile di utilità diagnostica o terapeutica per i cittadini interessati. In ogni caso di studio clinico, il malato non potrà essere deliberatamente privato dei consolidati mezzi diagnostici e terapeutici indispensabili al mantenimento e/o al ripristino dello stato di salute. I predetti principi adottati in tema di sperimentazione sono applicabili anche ai volontari sani. Art. 50 - Sperimentazione sull’animale La sperimentazione sull’animale deve essere improntata a esigenze e a finalità di sviluppo delle conoscenze non altrimenti conseguibili e non a finalità di lucro, deve essere condotta con metodi e mezzi idonei a evitare inutili sofferenze e i protocolli devono avere ricevuto il preventivo assenso di un Comitato etico indipendente. Sono fatte salve le norme in materia di obiezione di coscienza.

CAPO IX Trattamento medico e libertà personale Art. 51 - Obblighi del medico Il medico che assista un cittadino in condizioni limitative della libertà personale è tenuto al rispetto rigoroso dei diritti della persona, fermi restando gli obblighi connessi con le sue specifiche funzioni. In caso di trattamento sanitario obbligatorio il medico non deve richiedere o porre in essere misure coattive, salvo casi di effettiva necessità, nel rispetto della dignità della persona e nei limiti previsti dalla legge.

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Art. 52 - Tortura e trattamenti disumani Il medico non deve in alcun modo o caso collaborare, partecipare o semplicemente presenziare a esecuzioni capitali o ad atti di tortura o a trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Il medico non deve praticare, per finalità diversa da quelle diagnostiche e terapeutiche, alcuna forma di mutilazione o menomazione, né trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Art. 53 - Rifiuto consapevole di nutrirsi Quando una persona rifiuta volontariamente di nutrirsi, il medico ha il dovere di informarla sulle gravi conseguenze che un digiuno protratto può comportare sulle sue condizioni di salute. Se la persona è consapevole delle possibili conseguenze della propria decisione, il medico non deve assumere iniziative costrittive né collaborare a manovre coattive di nutrizione artificiale nei confronti della medesima, pur continuando ad assisterla. CAPO X Onorari professionali nell’esercizio libero professionale Art. 54 - Onorari professionali Nell’esercizio libero professionale, fermo restando il principio dell’intesa diretta tra medico e cittadino e nel rispetto del decoro professionale, l’onorario deve essere commisurato alla difficoltà, alla complessità e alla qualità della prestazione, tenendo conto delle competenze e dei mezzi impegnati. Il medico è tenuto a far conoscere il suo onorario preventivamente al cittadino. La corresponsione dei compensi per le prestazioni professionali non deve essere subordinata ai risultati delle prestazioni medesime. Il medico può, in particolari circostanze, prestare gratuitamente la sua opera purché tale comportamento non costituisca concorrenza sleale o illecito accaparramento di clientela. CAPO XI Pubblicità e informazione sanitaria Art. 55 - Informazione sanitaria Nella comunicazione in materia sanitaria è sempre necessaria la massima cautela al fine di fornire una efficace e trasparente informazione al cittadino . Il medico deve attenersi in materia di comunicazione ai criteri contenuti nel presente Codice in tema di pubblicità e informazione sanitaria; l’Ordine vigila sulla corretta applicazione dei criteri stessi.

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Il medico collabora con le istituzioni pubbliche al fine di una corretta informazione sanitaria ed una corretta educazione alla salute. Art. 56 - Pubblicità dell’informazione sanitaria La pubblicità dell’informazione in materia sanitaria, fornita da singoli o da strutture sanitarie pubbliche o private, non può prescindere, nelle forme e nei contenuti, da principi di correttezza informativa, responsabilità e decoro professionale. La pubblicità promozionale e comparativa è vietata. Per consentire ai cittadini una scelta libera e consapevole tra strutture, servizi e professionisti è indispensabile che l’informazione, con qualsiasi mezzo diffusa, non sia arbitraria e discrezionale, ma obiettiva, veritiera, corredata da dati oggettivi e controllabili e verificata dall’Ordine competente per territorio. Il medico che partecipa, collabora od offre patrocinio o testimonianza alla informazione sanitaria non deve mai venir meno a principi di rigore scientifico, di onestà intellettuale e di prudenza, escludendo qualsiasi forma anche indiretta di pubblicità commerciale personale o a favore di altri. Il medico non deve divulgare notizie su avanzamenti nella ricerca biomedica e su innovazioni in campo sanitario, non ancora validate e accreditate dal punto di vista scientifico in particolare se tali da alimentare infondate attese e speranze illusorie. Art. 57 - Divieto di patrocinio Il medico singolo o componente di associazioni scientifiche o professionali non deve concedere avallo o patrocinio a iniziative o forme di pubblicità o comunque promozionali a favore di aziende o istituzioni relativamente a prodotti sanitari o commerciali.

TITOLO IV RAPPORTI CON I COLLEGHI CAPO I Rapporti di collaborazione Art. 58 - Rispetto reciproco Il rapporto tra medici deve ispirarsi ai principi di corretta solidarietà, di reciproco rispetto e di considerazione della attività professionale di ognuno. Il contrasto di opinione non deve violare i principi di un collegiale comportamento e di un civile dibattito.

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Il medico deve assistere i colleghi senza fini di lucro salvo il diritto al ristoro delle spese. Il medico deve essere solidale nei confronti dei colleghi risultati essere ingiustamente accusati. Art. 59 - Rapporti con il medico curante Il medico che presti la propria opera in situazioni di urgenza o per ragioni di specializzazione a un ammalato in cura presso altro collega, previo consenso dell’interessato o del suo legale rappresentante, è tenuto a dare comunicazione al medico curante o ad altro medico eventualmente indicato dal paziente, degli indirizzi diagnostico-terapeutici attuati e delle valutazioni cliniche relative, tenuto conto delle norme di tutela della riservatezza. Tra medico curante e colleghi operanti nelle strutture pubbliche e private, anche per assicurare la corretta informazione all’ammalato, deve sussistere, nel rispetto dell’autonomia e del diritto alla riservatezza, un rapporto di consultazione, di collaborazione e di informazione reciproca al fine di garantire coerenza e continuità diagnostico-terapeutica. La lettera di dimissione deve essere indirizzata, di norma tramite il paziente, al medico curante o ad altro medico indicato dal paziente. CAPO II Consulenza e consulto Art. 60 - Consulenza e consulto Qualora la complessità del caso clinico o l’interesse del paziente esigano il ricorso a specifiche competenze specialistiche diagnostiche e/o terapeutiche, il medico curante deve proporre il consulto con altro collega o la consulenza presso idonee strutture di specifica qualificazione, ponendo gli adeguati quesiti e fornendo la documentazione in suo possesso. In caso di divergenza di opinioni, si dovrà comunque salvaguardare la tutela della salute del paziente che dovrà essere adeguatamente informato e le cui volontà dovranno essere rispettate. I giudizi espressi in sede di consulto o di consulenza devono rispettare la dignità sia del curante che del consulente. Il medico, che sia di contrario avviso, qualora il consulto sia richiesto dal malato o dai suoi familiari, può astenersi dal parteciparvi, fornendo, comunque, tutte le informazioni e l’eventuale documentazione relativa al caso. Lo specialista o consulente che visiti un ammalato in assenza del curante deve fornire una dettagliata relazione diagnostica e l’indirizzo terapeutico consigliato. CAPO III Altri rapporti tra medici

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Art. 61 - Supplenza Il medico che sostituisce nell’attività professionale un collega è tenuto, cessata la supplenza, a fornire al collega sostituito le informazioni cliniche relative ai malati sino allora assistiti, al fine di assicurare la continuità terapeutica.

CAPO IV Attività medico-legale Art. 62 - Attività medico- legale L’esercizio dell’attività medico legale è fondato sulla correttezza morale e sulla consapevolezza delle responsabilità etico-giuridiche e deontologiche che ne derivano e deve rifuggire da indebite suggestioni di ordine extratecnico e da ogni sorta di influenza e condizionamento. L’accettazione di un incarico deve essere subordinata alla sussistenza di un’adeguata competenza medico-legale e scientifica in modo da soddisfare le esigenze giuridiche attinenti al caso in esame, nel rispetto dei diritti della persona e delle norme del Codice di Deontologia Medica e preferibilmente supportata dalla relativa iscrizione allo specifico albo professionale. In casi di particolare complessità clinica ed in ambito di responsabilità professionale, è doveroso che il medico legale richieda l’associazione con un collega di comprovata esperienza e competenza nella disciplina coinvolta. Fermi restando gli obblighi di legge, il medico curante non può svolgere funzioni medicolegali di ufficio o di controparte nei casi nei quali sia intervenuto personalmente per ragioni di assistenza o di cura e nel caso in cui intrattenga un rapporto di lavoro dipendente con la struttura sanitaria coinvolta nella controversia giudiziaria. La consulenza di parte deve tendere unicamente a interpretare le evidenze scientifiche disponibili pur nell’ottica dei patrocinati nel rispetto della oggettività e della dialettica scientifica nonché della prudenza nella valutazione relativa alla condotta dei soggetti coinvolti. L’espletamento di prestazioni medico-legali non conformi alle disposizioni di cui ai commi precedenti costituisce, oltre che illecito sanzionato da norme di legge, una condotta lesiva del decoro professionale. Art. 63 - Medicina fiscale Nell’esercizio delle funzioni di controllo, il medico deve far conoscere al soggetto sottoposto all’accertamento la propria qualifica e la propria funzione. Il medico fiscale e il curante, nel reciproco rispetto del diverso ruolo, non devono esprimere al cospetto del paziente giudizi critici sul rispettivo operato.

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CAPO V Rapporti con l’Ordine professionale Art. 64 - Doveri di collaborazione Il medico è tenuto a comunicare al Presidente dell’Ordine i titoli conseguiti utili al fine della compilazione e tenuta degli albi. Il medico che cambia di residenza, trasferisce in altra provincia la sua attività o modifica la sua condizione di esercizio o cessa di esercitare la professione, è tenuto a darne tempestiva comunicazione al Consiglio provinciale dell’Ordine. Il medico è tenuto a comunicare al Presidente dell’Ordine eventuali infrazioni alle regole, al reciproco rispetto e alla corretta collaborazione tra colleghi e alla salvaguardia delle specifiche competenze che devono informare i rapporti della professione medica con le altre professioni sanitarie. Nell’ambito del procedimento disciplinare la mancata collaborazione e disponibilità del medico convocato dal Presidente della rispettiva Commissione di albo costituiscono esse stesse ulteriore elemento di valutazione a fini disciplinari. Il Presidente della rispettiva Commissione di albo, nell’ambito dei suoi poteri di vigilanza deontologica, può convocare i colleghi esercenti la professione nella provincia stessa, sia in ambito pubblico che privato, anche se iscritti ad altro Ordine, informandone l’Ordine di appartenenza per le eventuali conseguenti valutazioni. Il medico eletto negli organi istituzionali dell’Ordine deve adempiere all’incarico con diligenza e imparzialità nell’interesse della collettività e osservare prudenza e riservatezza nell’ espletamento dei propri compiti.

TITOLO V RAPPORTI CON I TERZI CAPO I Modalità e forme di espletamento dell’attività professionale Art. 65 - Società tra professionisti I medici sono tenuti a comunicare all’Ordine territorialmente competente ogni accordo, contratto o convenzione privata diretta allo svolgimento dell’attività professionale al fine della valutazione della conformità ai principi di decoro, dignità e indipendenza della professione. I medici che esercitano la professione in forma societaria sono tenuti a notificare all’Ordine l’atto costitutivo della società, costituita secondo la normativa vigente, l’eventuale statuto e ogni successiva variazione statutaria ed organizzativa.

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Il medico non deve partecipare in nessuna veste ad imprese industriali, commerciali o di altra natura che ne condizionino la dignità e l’indipendenza professionale e non deve stabilire accordi diretti o indiretti con altre professioni sanitarie che svolgano attività o effettuino iniziative di tipo industriale o commerciale inerenti l’esercizio professionale. Il medico, che opera a qualsiasi titolo nell’ambito di qualsivoglia forma societaria di esercizio della professione: - garantisce, sotto la sua responsabilità, l’esclusività dell’oggetto sociale dell’attività professionale relativamente all’albo di appartenenza; - può detenere partecipazioni societarie nel rispetto delle normative di legge; - è e resta responsabile dei propri atti e delle proprie prescrizioni; - non deve subire condizionamenti di qualsiasi natura della sua autonomia e indipendenza professionale. L’Ordine, al fine di verificare il rispetto delle norme deontologiche, è tenuto, nell’ambito della normativa vigente, a iscrivere in apposito elenco i soci professionisti e le società costituite secondo la normativa vigente, anche in ambito interprofessionale, alle quali partecipino i professionisti iscritti presso i rispettivi albi, nell’ambito delle linee di indirizzo e coordinamento emanate dalla FNOMCeO. Art. 66 - Rapporto con altre professioni sanitarie – Il medico deve garantire la più ampia collaborazione e favorire la comunicazione tra tutti gli operatori coinvolti nel processo assistenziale, nel rispetto delle peculiari competenze professionali. Art. 67 - Esercizio abusivo della professione e prestanomismo E’ vietato al medico collaborare a qualsiasi titolo o di favorire, anche fungendo da prestanome, chi eserciti abusivamente la professione. Il medico che nell’esercizio professionale venga a conoscenza di prestazioni mediche o odontoiatriche effettuate da non abilitati alla professione o di casi di favoreggiamento dell’abusivismo, è obbligato a farne denuncia all’Ordine territorialmente competente.

TITOLO VI RAPPORTI CON IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E CON ENTI PUBBLICI E PRIVATI CAPO I Obblighi deontologici del medico a rapporto di impiego o convenzionato

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Art. 68 - Medico dipendente o convenzionato Il medico che presta la propria opera a rapporto d’impiego o di convenzione, nell’ambito di strutture sanitarie pubbliche o private, è soggetto alla potestà disciplinare dell’Ordine anche in riferimento agli obblighi connessi al rapporto di impiego o convenzionale. Il medico dipendente o convenzionato con le strutture pubbliche e/o private non può in alcun modo adottare comportamenti che possano indebitamente favorire la propria attività liberoprofessionale. Il medico qualora si verifichi contrasto tra le norme deontologiche e quelle proprie dell’ente, pubblico o privato, per cui presta la propria attività professionale, deve chiedere l’intervento dell’Ordine, onde siano salvaguardati i diritti propri e dei cittadini. In attesa della composizione della vertenza egli deve assicurare il servizio, salvo i casi di grave violazione dei diritti e dei valori umani delle persone a lui affidate e della dignità, libertà e indipendenza della propria attività professionale. Art. 69 - Direzione sanitaria Il medico che svolge funzioni di direzione sanitaria nelle strutture pubbliche o private ovvero di responsabile sanitario in una struttura privata deve garantire, nell’espletamento della sua attività, il rispetto delle norme del Codice di Deontologia Medica e la difesa dell’autonomia e della dignità professionale all’interno della struttura in cui opera. Egli comunica all’Ordine il proprio incarico e collabora con l’Ordine professionale, competente per territorio, nei compiti di vigilanza sulla collegialità nei rapporti con e tra medici per la correttezza delle prestazioni professionali nell’interesse dei cittadini. Egli, altresì, deve vigilare sulla correttezza del materiale informativo attinente alla organizzazione e alle prestazioni erogate dalla struttura. Egli, infine vigila perché nelle strutture sanitarie non si manifestino atteggiamenti vessatori nei confronti dei colleghi. Art. 70 - Qualità delle prestazioni Il medico dipendente o convenzionato deve esigere da parte della struttura in cui opera ogni garanzia affinché le modalità del suo impegno non incidano negativamente sulla qualità e l’equità delle prestazioni nonché sul rispetto delle norme deontologiche. Il medico deve altresì esigere che gli ambienti di lavoro siano decorosi e adeguatamente attrezzati nel rispetto dei requisiti previsti dalla normativa compresi quelli di sicurezza ambientale. Il medico non deve assumere impegni professionali che comportino eccessi di prestazioni tali da pregiudicare la qualità della sua opera professionale e la sicurezza del malato.

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CAPO II Medicina dello Sport Art. 71 - Accertamento della idoneità fisica La valutazione della idoneità alla pratica degli sport deve essere ispirata a esclusivi criteri di tutela della salute e della integrità fisica e psichica del soggetto. Il medico deve esprimere il relativo giudizio con obiettività e chiarezza, in base alle conoscenze scientifiche più recenti e previa adeguata informazione al soggetto sugli eventuali rischi che la specifica attività sportiva può comportare. Art. 72 - Idoneità - Valutazione medica Il medico è tenuto a far valere, in qualsiasi circostanza, la sua potestà di tutelare l’idoneità psicofisica dell’atleta valutando se un atleta possa intraprendere o proseguire la preparazione atletica e l’attività sportiva. Il medico deve esigere che la sua valutazione sia accolta, denunciandone il mancato accoglimento alle autorità competenti e all’Ordine professionale. Art. 73 - Doping Ai fini della tutela della salute il medico non deve consigliare, prescrivere o somministrare trattamenti farmacologici o di altra natura finalizzati ad alterare le prestazioni psico-fisiche correlate ad attività sportiva a qualunque titolo praticata, in particolare qualora tali interventi agiscano direttamente o indirettamente modificando il naturale equilibrio psico-fisico del soggetto.

CAPO III Tutela della salute collettiva Art. 74 - Trattamento sanitario obbligatorio e denunce obbligatorie Il medico deve svolgere i compiti assegnatigli dalla legge in tema di trattamenti sanitari obbligatori e deve curare con la massima diligenza e tempestività la informativa alle autorità sanitarie e ad altre autorità nei modi, nei tempi e con le procedure stabilite dalla legge, ivi compresa, quando prevista, la tutela dell’anonimato. Art. 75 Prevenzione, assistenza e cura della dipendenza da sostanze da abuso L’impegno professionale del medico nella prevenzione, nella cura e nel recupero clinico e

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reinserimento sociale del dipendente da sostanze da abuso deve, nel rispetto dei diritti della persona e senza pregiudizi, concretizzarsi nell’aiuto tecnico e umano, sempre finalizzato al superamento della situazione di dipendenza, in collaborazione con le famiglie e le altre organizzazioni sanitarie e sociali pubbliche e private che si occupano di questo grave disagio. DISPOSIZIONE FINALE Gli Ordini provinciali dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri sono tenuti a recepire il presente Codice e a garantirne il rispetto delle norme, nel quadro dell’azione di indirizzo e coordinamento esercitata dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri; sonotenuti inoltre a consegnare ufficialmente o, comunque, ad inviare ai singoli iscritti agli albi il Codice di Deontologia Medica e a tenere periodicamente corsi di aggiornamento e di approfondimento in materia deontologica. Le presenti norme saranno oggetto di costante monitoraggio da parte della FNOMCeO al fine di garantirne l’eventuale aggiornamento.

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Linee guida sul conflitto di interesse

LINEA-GUIDA INERENTE L’APPLICAZIONE DELL’ART. 30 DEL CODICE DI DEONTOLOGIA MEDICA

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PREMESSA Le situazioni di conflitto di interesse riguardano aspetti economici e non, e possono manifestarsi nella ricerca scientifica, nella formazione e nell’aggiornamento professionale, nella prescrizione terapeutica e di esami diagnostici e nei rapporti con industrie, enti, organizzazioni e istituzioni, nonché con la pubblica amministrazione. I medici debbono rifiutare elargizioni che possono interferire con le proprie decisioni di cui i pazienti sarebbero i destinatari non informati; tali elargizioni possono essere assegnate a strutture pubbliche o a società non a scopo di lucro. I medici possono ricevere compensi, retribuzioni o altre forme di elargizione solo attraverso i meccanismi previsti dalla normativa vigente. L’informazione fornita ai medici deve garantire la massima correttezza scientifica e la massima trasparenza. E’ compito dell’Ordine svolgere azione di supporto e controllo per perseguire tali fini. E’ compito del medico acquisire strumenti e metodi per esercitare una continua revisione critica della validità degli studi clinici onde poterne estendere le acquisizioni alla prassi quotidiana. I medici o le associazioni professionali che effettuano campagne di educazione sanitaria o promuovono forme di informazione sanitaria o partecipano alla diffusione di notizie scientifiche attraverso i mass media o la stampa di categoria, debbono manifestare il nome dello sponsor e applicare le norme del presente regolamento, valido anche nei rapporti eventualmente intrattenuti con industrie, organizzazioni e enti pubblici e privati.

NORME SPECIFICHE 1. Ricerca Scientifica a. Il ricercatore deve svolgere un ruolo indipendente nella definizione e nella conduzione degli studi, assumendo sempre quale fine essenziale l’interesse dei pazienti, assicurandosi della priorità dell’obiettivo scientifico della ricerca; b. il ricercatore deve dichiarare gli eventuali rapporti di consulenza o collaborazione con gli sponsor della ricerca; c. il ricercatore deve applicare sempre regole di trasparenza, condurre l’analisi dei dati in modo indipendente rispetto agli eventuali interessi dello sponsor e non accettare condizioni per le quali non possa pubblicare o diffondere i risultati delle ricerche, senza vincoli di proprietà da parte degli sponsor, qualora questi comportino risultati negativi per il paziente; d. se la pubblicazione, anche quando non sia frutto di specifica ricerca, è sponsorizzata il nome dello sponsor deve essere esplicitato; e. chiunque pubblichi redazionali o resoconti di convegni o partecipi a conferenze stampa deve dichiarare il nome dell’eventuale sponsor;

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f. il ricercatore e i membri dei comitati editoriali debbono dichiarare alla rivista scientifica, nella quale intendono pubblicare, il ruolo avuto nel progetto e il nome del responsabile dell’analisi dei dati; g. il ricercatore deve vigilare sugli eventuali condizionamenti, anche economici, esercitati sui soggetti arruolati nella ricerca, in particolare rispetto a coloro che si trovano in posizione di dipendenza o di vulnerabilità; h. il medico non deve accettare di redigere il rapporto conclusivo per la pubblicazione di una ricerca alla quale non ha partecipato; i. il ricercatore non può accettare clausole di sospensione della ricerca a discrezione dello sponsor ma solo per motivazioni scientifiche o etiche comunicate al Comitato etico per la convalida. I medici operanti nei comitati Etici per la sperimentazione sui farmaci (CESF) e nei Comitati Etici locali (CEL) devono rispettare le regole di trasparenza della sperimentazione prima di approvarla e rilasciare essi stessi dichiarazione di assenza di conflitti di interesse. Le norme di cui sopra si applicano anche agli studi multicentrici. 2. Aggiornamento e formazione a. I medici non possono percepire direttamente finanziamenti allo scopo di favorire la loro partecipazione a eventi formativi; eventuali finanziamenti possono essere erogati alla società scientifica organizzatrice dell’evento o all’azienda sanitaria presso la quale opera il medico; b. il finanziamento da parte delle industrie a congressi e a corsi di formazione non deve condizionare la scelta sia dei partecipanti che dei contenuti, dei relatori, dei metodi didattici e degli strumenti impiegati; la responsabilità di tali scelte spetta al responsabile scientifico dell’evento; c. il medico non può accettare ristoro economico per un soggiorno superiore alla durata dell’evento, né per iniziative turistiche e sociali aggiuntive e diverse da quelle eventualmente organizzate dal congresso né ospitalità per familiari o amici; d. i relatori ai congressi hanno diritto ad un compenso ragionevole per il lavoro svolto, in particolare di preparazione, ed al rimborso delle spese di viaggio, alloggio e vitto; e. il responsabile scientifico vigila affinché il materiale distribuito dall’industria nel corso degli eventi formativi sia rispondente alla normativa vigente e che le voci di spesa relative al contributo dello sponsor, siano chiaramente esplicitate dalla società organizzatrice; f. i relatori nei mini meeting, organizzati dalle industrie per illustrare ai medici le caratteristiche dei loro prodotti innovativi, devono dichiarare gli eventuali rapporti con l’azienda promotrice; g. è fatto divieto ai medici di partecipare ad eventi formativi, compresi i minimeeting, la cui ospitalità non sia contenuta in limiti ragionevoli o, comunque, intralci l’attività formativa;

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h. nel caso in cui i corsi di aggiornamento si svolgano e vengano sponsorizzati in località turistiche nei periodi di stagionalità, i medici non devono protrarre, oltre la durata dell’evento, la loro permanenza a carico dello sponsor; i. il medico, ferma restando la libertà delle scelte formative, deve partecipare a eventi la cui rilevanza medico scientifica e valenza formativa sia esclusiva. 3. La prescrizione dei farmaci La pubblicità dei medicinali effettuata dall’industria farmaceutica tesa a promuoverne la prescrizione, deve favorire l’uso razionale del medicinale, presentandolo in modo obiettivo senza esagerarne le proprietà, e non può essere ingannevole. a. L’Ordine collabora, ove richiesto, alla attuazione e alla verifica dei suddetti precetti e favorisce l’informazione indipendente e la formazione alla lettura critica della letteratura scientifica; b. il medico è tenuto a non sollecitare e a rifiutare premi, vantaggi pecuniari o in natura, offerti da aziende farmaceutiche o da aziende fornitrici di materiali o dispositivi medici, salvo che siano di valore trascurabile e comunque collegati all’attività professionale; il medico può accettare pubblicazioni di carattere medico-scientifico; c. i campioni di farmaci di nuova introduzione possono essere accettati dai medici per un anno dalla loro immissione in commercio; d. i medici ricevono gli informatori scientifici del farmaco in base alla loro discrezionalità e alle loro esigenze informative e senza provocare intralcio all’assistenza; dell’orario di visita è data notizia ai pazienti mediante informativa esposta nelle sale di aspetto degli ambulatori pubblici o privati e degli studi professionali; e. il medico non deve sollecitare la pressione delle associazioni dei malati per ottenere la erogazione di farmaci di non provata efficacia; f. i medici facenti parte di commissioni di aggiudicazione di forniture non possono partecipare a iniziative formative a spese delle aziende partecipanti.

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Linee guida sulla pubblicità dell’informazione sanitaria Pubblicita’ dell’informazione sanitaria Linea-guida inerente l’applicazione degli artt. 55-56-57 del codice di deontologia medica

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1. PREMESSA La presente linea-guida in attuazione degli artt. 55-56-57 del Codice di Deontologia Medica è riferita a qualsivoglia forma di pubblicità dell’informazione, comunque e con qualsiasi mezzo diffusa, compreso l’uso di carta intestata e di ricettari, utilizzata nell’esercizio della professione in forma individuale o societaria o comunque nello svolgimento delle funzioni di Direttore sanitario di strutture autorizzate. 2. DEFINIZIONI Ai fini della presente linea-guida, si intendono: Prestatore di servizi: la persona fisica (medico o odontoiatra) o giuridica (struttura sanitaria pubblica o privata) che eroga un servizio sanitario. Nella presente linea-guida si usa la parola “medico” al posto di “prestatore di servizi”, pur riferendosi ugualmente a persone fisiche o giuridiche. Pubblicità: qualsiasi forma di messaggio, in qualsiasi modo diffuso, con lo scopo di promuovere le prestazioni professionali in forma singola o societaria. La pubblicità deve essere, comunque, riconoscibile, veritiera e corretta. Pubblicità ingannevole: qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, sia idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge, e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento. Pubblicità comparativa: qualsiasi pubblicità che pone a confronto in modo esplicito o implicito uno o più concorrenti di servizi rispetto a quelli offerti da chi effettua la pubblicità. Informazione sanitaria: qualsiasi notizia utile e funzionale al cittadino per la scelta libera e consapevole di strutture, servizi e professionisti. Le notizie devono essere tali da garantire sempre la tutela della salute individuale e della collettività. 3. ELEMENTI COSTITUTIVI DELL’INFORMAZIONE SANITARIA Il medico su ogni comunicazione informativa dovrà inserire: - nome e cognome - il titolo di medico chirurgo e/o odontoiatra - il domicilio professionale L’informazione tramite siti Internet deve essere rispondente al D.Lgs n. 70 del 9 aprile 2003 e dovrà contenere: - il nome, la denominazione o la ragione sociale; - il domicilio o la sede legale; - gli estremi che permettono di contattarlo rapidamente e di comunicare direttamente ed efficacemente, compreso l’indirizzo di posta elettronica; - l’Ordine professionale presso cui è iscritto e il numero di iscrizione; - gli estremi della laurea e dell’abilitazione e l’Università che li ha rilasciati; - la dichiarazione, sotto la propria responsabilità, che il messaggio informativo è diramato nel

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rispetto della presente linea guida; - il numero della partita IVA qualora eserciti un’attività soggetta ad imposta. Inoltre dovrà contenere gli estremi della comunicazione inviata all’Ordine provinciale relativa all’autodichiarazione del sito Internet rispondente ai contenuti della presente linea-guida. I siti devono essere registrati su domini nazionali italiani e/o dell’Unione Europea, a garanzia dell’individuazione dell’operatore e del committente pubblicitario. 4. ULTERIORI ELEMENTI DELL’INFORMAZIONE - i titoli di specializzazione, di libera docenza, i master universitari, dottorati di ricerca, i titoli di carriera, titoli accademici ed eventuali altri titoli. I titoli riportati devono essere verificabili; a tal fine è fatto obbligo indicare le autorità che li hanno rilasciati e/o i soggetti presso i quali ottenerne conferma; - il curriculum degli studi universitari e delle attività professionali svolte e certificate anche relativamente alla durata, presso strutture pubbliche o private, le metodiche diagnostiche e/o terapeutiche effettivamente utilizzate e ogni altra informazione rivolta alla salvaguardia e alla sicurezza del paziente, certificato negli aspetti quali-quantitativi dal direttore o responsabile sanitario; - il medico non specialista può fare menzione della particolare disciplina specialistica che esercita, con espressioni che ripetano la denominazione ufficiale della specialità e che non inducano in errore o equivoco sul possesso del titolo di specializzazione, quando abbia svolto attività professionale nella disciplina medesima per un periodo almeno pari alla durata legale del relativo corso universitario di specializzazione presso strutture sanitarie o istituzioni private a cui si applicano le norme, in tema di autorizzazione e vigilanza, di cui all’art. 43 della Legge 23 dicembre 1978, n. 833. L’attività svolta e la sua durata devono essere comprovate mediante attestato rilasciato dal direttore o dal responsabile sanitario della struttura o istituzione: - nell’indicazione delle attività svolte e dei servizi prestati può farsi riferimento al Tariffario Nazionale o ai Nomenclatori Regionali. L’Ordine valuterà l’indicazione di attività non contemplate negli elenchi di cui sopra, in modo particolare le cosiddette Medicine e Pratiche non convenzionali già individuate quale atto medico dalla FNOMCeO e, comunque, per tali finalità già oggetto di specifiche deliberazioni del Comitato Centrale. In ogni caso dovranno restare escluse le attività manifestamente di fantasia o di natura meramente reclamistica, che possono attrarre i pazienti sulla base di indicazioni non concrete o veritiere; - ogni attività oggetto di informazione deve fare riferimento a prestazioni sanitarie effettuate direttamente dal professionista e, ove indicato, con presidi o attrezzature esistenti nel suo studio. In ogni caso l’effettiva disponibilità di quanto necessario per l’effettuazione della prestazione nel proprio studio costituirà elemento determinante di valutazione della veridicità e trasparenza del messaggio pubblicitario; - pagine dedicate all’educazione sanitaria in relazione alle specifiche competenze del professionista;

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- l’indirizzo di svolgimento dell’attività, gli orari di apertura, le modalità di prenotazione delle visite e degli accessi ambulatoriali e/o domiciliari, l’eventuale presenza di collaboratori e di personale con l’indicazione dei relativi profili professionali e, per le strutture sanitarie, le branche specialistiche con i nominativi dei sanitari afferenti e del sanitario responsabile. Può essere pubblicata una mappa stradale di accesso allo studio o alla struttura; - le associazioni di mutualità volontaria con le quali ha stipulato convenzione; - laddove si renda necessario ai fini della chiarezza informativa e nell’interesse del paziente, il medico utilizza, ove non già previsto, il cartellino o analogo mezzo identificativo fornito dall’Ordine; - nel caso in cui il professionista desideri informare l’utenza circa le indagini statistiche relative alle prestazioni sanitarie, deve fare esclusivo riferimento ai dati resi pubblici e/o e comunque elaborati dalle autorità sanitarie competenti. In caso di utilizzo dello strumento Internet è raccomandata la conformità dell’informazione fornita ai principi dell’HONCode, ossia ai criteri di qualità dell’informazione sanitaria in rete. Inoltre in tali forme di informazione possono essere presenti: - collegamenti ipertestuali purché rivolti soltanto verso autorità, organismi e istituzioni indipendenti (ad esempio: Ordini professionali, Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Servizio Sanitario Regionale, Università, Società Scientifiche); - spazi pubblicitari tecnici al solo scopo di fornire all’utente utili strumenti per la navigazione (ad esempio: collegamenti per prelevare software per la visualizzazione dei documenti, per la compressione dei dati, per il download dei files). 5. REGOLE DEONTOLOGICHE Quale che sia il mezzo o lo strumento comunicativo usato dal medico: - non è ammessa la pubblicità ingannevole, compresa la pubblicazione di notizie che ingenerino aspettative illusorie, che siano false o non verificabili, o che possano procurare timori infondati, spinte consumistiche o comportamenti inappropriati; - non è ammessa la pubblicazione di notizie che rivestano i caratteri di pubblicità personale surrettizia, artificiosamente mascherata da informazione sanitaria; - non è ammessa la pubblicazione di notizie che siano lesive della dignità e del decoro della categoria o comunque eticamente disdicevoli; - non è ammesso ospitare spazi pubblicitari, a titolo commerciale con particolare riferimento ad aziende farmaceutiche o produttrici di dispositivi o tecnologie operanti in campo sanitario, né, nel caso di internet, ospitare collegamenti ipertestuali ai siti di tali aziende o comunque a siti commerciali; - per quanto concerne la rete Internet, il sito web non deve ospitare spazi pubblicitari o link riferibili ad attività pubblicitaria di aziende farmaceutiche o tecnologiche operanti in campo sanitario; - non è ammessa la pubblicizzazione e la vendita, né in forma diretta, né, nel caso di Internet, tramite collegamenti ipertestuali, di prodotti, dispositivi, strumenti e di ogni altro bene o

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servizio; - è consentito diffondere messaggi informativi contenenti le tariffe delle prestazioni erogate, fermo restando che le caratteristiche economiche di una prestazione non devono costituire aspetto esclusivo del messaggio informativo. 6. PUBBLICITA’ DELL’INFORMAZIONE TRAMITE INTERNET Per le forme di pubblicità dell’informazione tramite Internet, il professionista dovrà comunicare all’Ordine provinciale di iscrizione (in caso di strutture sanitarie tale onere compete al Direttore Sanitario) di aver messo in rete il sito, dichiarando la conformità deontologica alla presente lineaguida. 7. UTILIZZO DELLA POSTA ELETTRONICA PER MOTIVI CLINICI L’utilizzo della posta elettronica (e-mail) nei rapporti con i pazienti è consentito purché vengano rispettati tutti i criteri di riservatezza dei dati e dei pazienti cui si riferiscono ed in particolare alle seguenti condizioni: - ogni messaggio deve contenere l’avvertimento che la visita medica rappresenta il solo strumento diagnostico per un efficace trattamento terapeutico e che i consigli forniti via e-mail vanno intesi come meri suggerimenti di comportamento; va altresì riportato che trattasi di corrispondenza aperta; - è rigorosamente vietato inviare messaggi contenenti dati sanitari di un paziente ad altro paziente o a terzi; - è rigorosamente vietato comunicare a terzi o diffondere l’indirizzo di posta elettronica dei pazienti, in particolare per usi pubblicitari o per piani di marketing clinici; - qualora il medico predisponga un elenco di pazienti suddivisi per patologia, può inviare messaggi agli appartenenti alla lista, evitando che ciascuno destinatario possa visualizzare dati relativi agli altri appartenenti alla stessa lista; - l’utilizzo della posta elettronica nei rapporti fra colleghi ai fini di consulto è consentito purché non venga fornito il nominativo del paziente interessato, né il suo indirizzo, né altra informazione che lo renda riconoscibile, se non per quanto strettamente necessario per le finalità diagnostiche e terapeutiche; - la disponibilità di sistemi di posta elettronica sicurizzati equiparati alla corrispondenza chiusa, può consentire la trasmissione di dati sensibili per quanto previsto dalla normativa sulla tutela dei dati personali. 8. UTILIZZO DELLE EMITTENTI RADIOTELEVISIVE NAZIONALI E LOCALI, DI ORGANI DI STAMPA E ALTRI STRUMENTI DI COMUNICAZIONE E DIFFUSIONE DELLE NOTIZIE Nel caso di informazione sanitaria, il medico che vi prende parte a qualsiasi titolo non deve, attraverso lo strumento radiotelevisivo, gli organi di stampa e altri strumenti di comunicazione, concretizzare la promozione o lo sfruttamento pubblicitario del suo nome o di altri colleghi.

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Il medico è comunque tenuto al rispetto delle regole deontologiche previste al punto 5) della presente linea-guida. Nel caso di pubblicità dell’informazione sanitaria il medico è tenuto al rispetto di quanto previsto ai punti 3) 4) e 5) della presente linea-guida. 9. VERIFICA E VALUTAZIONE DEONTOLOGICA I medici chirurghi e gli odontoiatri iscritti agli Albi professionali sono tenuti al rispetto della presente linea-guida comunicando all’Ordine competente per territorio il messaggio pubblicitario che si intende proporre onde consentire la verifica di cui all’art. 56 del Codice stesso. La verifica sulla veridicità e trasparenza dei messaggi pubblicitari potrà essere assicurata tramite una specifica autodichiarazione, rilasciata dagli iscritti, di conformità del messaggio pubblicitario, degli strumenti e dei mezzi utilizzati alle norme del Codice di Deontologia Medica e a quanto previsto nella presente linea-guida sulla pubblicità dell’informazione sanitaria. Gli iscritti potranno altresì avvalersi di una richiesta di valutazione preventiva e precauzionale da presentare ai rispettivi Ordini di appartenenza sulla rispondenza della propria comunicazione pubblicitaria alle norme del Codice di Deontologia Medica. L’Ordine provinciale, ricevuta la suddetta richiesta, provvederà al rilascio di formale e motivato parere di eventuale non rispondenza deontologica. L’inosservanza di quanto previsto dal Codice secondo gli orientamenti della presente lineaguida è punibile con le sanzioni comminate dagli organismi disciplinari previsti dalla legge. La FNOMCeO predisporrà laddove opportuno ulteriori atti di indirizzo e coordinamento. GIURAMENTO PROFESSIONALE Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro: • di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento; • di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; • di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l’eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario; • di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona; • di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico; • di promuovere l’alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l’arte medica;

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di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze; di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina; di affidare la mia reputazione professionale esclusivamente alla mia competenza e alle mie doti morali; di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione; di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di rispettare e facilitare il diritto alla libera scelta del medico; di prestare assistenza d’urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’autorità competente; di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in ragione del mio stato; di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione.

L’ORDINE DEI MEDICI DELLA PROVINCIA DI L’AQUILA 1912 – 2010 NOTE STORICCHE

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L’ospedale civile San Salvatore attraverso i secoli Rivisitazione a cura di Francesco ed Eleonora Ortu

“Chi sapesse il mezzo di guarire la più leggera affezione, meriterebbe presso i suoi simili assai più di chi si rendesse distinto per lo splendore de’ suoi ragionamenti, e per quelle pompose sottigliezze, che servono al medico nella cura delle malattie, quanto serve la musica ad un architetto nella fabbrica di un edifizio” Sydenham

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1. Fondazione In occasione del centesimo anniversario della nascita dell’Ordine dei Medici, anniversario che cade proprio quest’anno, appare necessario tributare un giusto e particolare ricordo a quell’edificio aquilano che più di ogni altro ha accolto le vittorie, le gioie, i dolori e l’umana carità della sanità aquilana. Parliamo naturalmente del vecchio edificio che ospitava l’Ospedale Civile San Salvatore, edificato dalla giusta ed illuminata mente di San Giovanni da Capestrano, santo guerriero, strenuo difensore della cristianità, che, come altri edifici cittadini edificati da santi (si pensi a quella parte della Basilica di Collemaggio edificata da Celestino V), ha risentito meno e miracolosamente dei forti colpi del terremoto del 6 aprile 2009. Appare allora utile e doveroso ripercorrere, seppur brevemente la storia del nosocomio, una storia affascinante che affonda le propria radici nel lontano Rinascimento, allorquando il “nuovo ed edificando” Ospedale San Salvatore veniva chiamato l’Hospital grande. Quando, in tutta Italia, ai primi influssi del Rinascimento, vento di rinnovazione culturale proveniente da Roma ma più e soprattutto dalla Firenze medicea, i piccoli ospedali preesistenti trovarono sede in edifici così splendidi e maestosi da destare l’ammirazione e la meraviglia degli stranieri1 che vi transitavano. La città di L’Aquila, si badi bene assai fiorente2 e ricca a quei tempi, ebbe, per merito del Francescano Soldato, il privilegio di veder fondato “l’hospital grande”, che venne considerato uno dei migliori d’Europa, per grandiosità di costruzione, per decoro, per frequenza e per numero di ricoverati. Da antiche cronache dell’epoca si apprende, infatti, che l’Ospedale aveva una capacità di 2003 posti letto. A sostegno di ciò, nel 1925, lo storico P. Aniceto Chiappini4 O. F. M. annotava: “Data la sua capacità di circa 200 letti, le forme architettoniche e la felice posizione topografica presentavasi fra le migliori case di salute del tempo, né manca ai giorni nostri (1925) chi tornerebbe a preferirlo all’attuale Ospedale Civile che ritiene pure il nome di S. Salvatore”. Assai controversa è la data di fondazione dell’Ospedale e, a tal proposito, illustri storici antichi si sono cimentati nell’impresa di assegnare una data certa al nosocomio cittadino. Tra questi, A. L. Antinori la fissava tra il 1445 ed il 1447, Monsignor Bernardino Cirillo e lo stesso Massonio spostano invece la data di circa un decennio, nel 1455. 1 Addirittura Martin Lutero, che venne in Italia in pellegrinaggio ai primi del 1500, seppur sdegnato dalla corruzione e dalla cupidigia della Chiesa Romana, ebbe a dire: “Gli Ospedali in Italia sono ben provveduti, hanno splendide sedi” 2 Molto probabilmente, l’epoca rinascimentale deve essere considerata come l’apogeo, tuttora non superato, del fulgore cittadino, posto che L’Aquila era, per ricchezza ed importanza, la seconda città del Regno di Napoli (dopo quest’ultima ovviamente) e aveva grandi introiti soprattutto nel commercio di lana e tessuti, diventando addirittura fornitrice ufficiale della Repubblica Fiorentina di Lorenzo De’ Medici. 3 Tale capacità, davvero ragguardevole per l’epoca, sarà raggiunta solo molti secoli dopo nel 1934-35. 4 Chiappini P.A., San Giovanni da Capestrano, Edizioni Cellammare, L’Aquila, 1925.

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Con tutta probabilità, però, essa deve essere fissata, aderendo alla tesi dell’Antinori, tra il 1445 ed il 1447. In quest’ultimo anno, invero, fu promulgata la Bolla5 di Niccolò V per l’istituzione e l’Amministrazione del nuovo Ospedale del quale la costruzione dell’edificio era in corso e già nel corso del 1449 si trova traccia di lasciti ereditari, da parte di facoltosi cittadini aquilani, alla Pia Fondazione. In accordo con le moderne teorie che suffragano la tesi per la quale una bella vista, un luogo piacevole, possa essere una sorta di medicina per il malato, l’edificio sorse in una delle zone più amene e salubri della città, posto su un’altura che incorniciava l’ampia vallata di campi, ora zona di Viale Croce Rossa e Monte Camicia, e le cime degli Appennini. L’architettura nobile e serena della costruzione, le sale ampie ed ornate di statue, stucchi, pitture, le corsie spaziose dalle finestre ampie e luminose, le abitazioni per il personale di assistenza, il grazioso chiostro con giardini e fontana dove i poveri degenti ricoverati potevano recarsi per una passeggiata, trovando ristoro e diletto6 ed addirittura un teatrino dove si tenevano piccoli spettacoli per il sollievo spirituale degli infermi, in special modo bambini7, rivelano ed indicano la sollecitudine e lo spirito fraterno che presiedette alla fondazione di quest’istituzione, che fu, da un lato, un pietoso asilo per i degenti poveri e, dall’altro, una testimonianza solida e palpabile di quell’animo evangelico che, vedendo il Cristo stesso nel povero e nel sofferente, ad esso prodiga ogni cura non solo per misericordioso soccorso ai suoi mali ma anche e soprattutto il dovuto rispetto alla sua dignità di uomo.

5 “A pia insinuazione di Frate Giovanni da Capestrano dei Minori dell’Osservanza, poi Santo, la Città dell’Aquila ottenne da papa Niccolò V di fondare uno Spedale a somiglianza di quello di Firenze e di Siena, sotto il titolo di S. Salvatore e di unificare ad esso tutti gli spedali della città e della diogesi” - Opere inedite, Vol. V, 1445. 6 Ecco cosa riferisce l’Antinori sulla fondazione dell’Ospedale: “Si cominciò nell’Aquila a edificar lo Spedal Maggiore, laddov’era quello di S. Salvatore. L’edificio fu con disegno grandioso e nobile deliberato e in breve tempo compito. Comprendeva con varie abiiazioni due grandi sale e camere nell’alto: e sotto corsea con letti per gl’infermi, a volta spaziosa,sopra archi ornata di stucchi e pitture, con altare in fondo, a un canto cucina contigua” – op. cit. a nota 5. 7 Da notare, piccola nota di colore alla presente ricostruzione storica, che San Giovanni da Capestrano ed i suoi confratelli riuscirono ad anticipare di molti secoli l’opera di intrattenimento e divertimento per i bambini malati portata al successo, non ce ne voglia, dal Dott. Patch Adams.

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Tale impostazione, tale stato di cose, fu fortemente voluto dallo stesso San Giovanni da Capestrano, che, novello San Francesco più volte fu visto collaborare con le maestranze portando con gli altri, al pari degli altri, barelle di terra scavata dalle fondazioni, o trasportare sulle spalle calce e mattoni per la costruzione8. Allo stesso modo, con la stessa veemenza, si adoperava a concretarne il riconoscimento presso le autorità sia laiche che religiose, riuscendo ad unificare, non senza dover superare contrasti e polemiche di ogni genere, i preesistenti piccoli ospedali9 della città per dar vita ad un organismo nuovo ed esemplare, fra i più moderni in tutta Europa in quei tempi. Se la data d’inizio dei lavori è controversa (1445 o 1447 oppure 1455) fra i vari cronisti e storici10 della città, pare che non vi sia alcun dubbio che l’opera fu terminata nel 1457 come si può rilevare dall’iscrizione incisa sull’architrave del portone d’ingresso tuttora conservato sulla facciata delle scuole elementari S. Salvatore nella cui sede sorse e rimase per più di quattro secoli l’antico Ospedale. Tale architrave reca lo stemma dell’Istituzione con la sigla S.A.R. che, concordemente dai più, viene interpretata come SALUTIS AQUILANAE REFUGIUM. L’architrave, inoltre, riporta un testo lapideo che, tradotto in italiano, viene qui trasposto: “I cittadini dell’Aquila vollero questa casa per i poveri di Cristo. Il Salvatore impone che qui siano elargiti i doni della pietà, poiché questa Casa medesima fu edificata nel suo nome. Mai Egli permetterà che forze avverse11 la tocchino. Si accresca ogni giorno. Onde quando Egli verrà a condannare i rei, gli Aquilani siano collocati alla Sua destra. La parola di Giovanni da Capestrano indusse il popolo a tentare questa opera egregia con felici voti. 1457”. 8 Bernardino Cirillo, storico cinquecentesco, commentatore del Santo Spirito, (Annali, Libro VII, Edizioni Accolto, Roma, 1570) dopo aver descritto l’alacre lavoro di edificazione compiuto dal santo guerriero aggiunge che tutto ciò avveniva nell’anno 1455, anno nel quale i primi commercianti tedeschi “cominciarono a venir d’Alemagna a comprar zaffrani nell’Aquila”. sebbene a prima vista di poco conto questa indicazione ben fa immaginare i traffici commerciali che vedevano l’Aquila come punto di arrivo. 9 Tra questi, le cronache riportano, come piccoli nosocomi, l’attuale scuola elementare Edmondo De Amicis, sita nel piazzale di San Bernardino ed il palazzo sito appena al di sotto di Porta Bazzano. Per maggiori informazioni si veda nota 5. 10 Tra tutti, oltre ai già citati Antinori e Cirillo: Salvatore Massonio, Crispomonti, Signorini, Leosini e Niccolò Persichetti. 11 Altra nota di colore. Mai previsione fu più profetica. Tanto è vero ciò che il recente terremoto del 6 aprile 2009 non ha danneggiato in alcun modo la parte originale del nosocomio.

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Interessante l’iscrizione perché in essa si ravvisa quella fierezza e religiosità da sempre considerate come virtù tradizionali del popolo aquilano. Carattere misericordioso ma forte come ci testimonia ancora una volta l’Antinori12 che annota un fatto avvenuto nel 1513: “… il Rettore dello Spedale di S. Salvatore ottenne dal Papa Leone X monitoria di scomunica contro gli usurpatori di beni o scritture appartenenti allo Spedale”. A tal proposito, altrettanto degna di nota è l’analogia che si riscontra con l’Ospedale Maggiore di Milano, fondato un anno prima13 di quello aquilano. L’iscrizione marmorea del nosocomio lombardo accenna con eguali accenti al concetto della Carità e dei poveri di Cristo. Anche i milanesi, al pare degli aquilani, erano fierissimi del loro Ospedale e anch’essi lo consideravano la casa di tutti, la “Cà Grande”. Sono evidenti i motivi che hanno creato, 500 anni or sono, un accostamento ideale che segnò il sorgere nella grande metropoli lombarda e nella nostra fiera città dei due grandi Istituti Ospedalieri. 2. Primo nucleo patrimoniale In vista del prossimo completamento dell’edificio, S. Giovanni da Capestrano, al fine di assicurare vita prospera e duratura al nuovo Ospedale del quale, fra l’altro, fu, oltre che preziosa maestranza, anche il primo Economo, perorò direttamente presso il Pontefice Eugenio IV la concessione di quelle che oggi potremmo chiamare le tavole di fondazione di un Pio Ente. Sopravvenuta la morte di tale Pontefice, i voti di S. Giovanni furono accolti dal successore al soglio di Pietro, Niccolò V, il quale promulgò, nel maggio 1447, la Bolla con cui stabilì come e da chi l’Ospedale dovesse essere amministrato, ne approvò il nome (“… sub vocabulo Sancti Salvatoris intitulandi et nominandi …”) e gli assegnò un ragguardevole patrimonio. La Bolla fu emessa a costruzione ancora in corso, in tal modo essa venne a sanzionare e a perfezionare l’opera intrapresa dagli aquilani sotto la guida e le premure di Frate Giovanni da Capestrano, il quale chiese ed ottenne, come detto, il raggruppamento dei patrimoni di tutti i piccoli Ospedali preesistenti nella Città in quello del nuovo Ospedale, che li unificò e fuse. Tali Ospedali erano molto numerosi, l’Antinori ne ricorda addirittura 29. Fra i principali14, concentrati nel nuovo “Hospital Grande”, e che dettero un apporto patrimoniale notevole si può ricordare: l’Ospedale della Trinità che sorgeva dove è ora la Chiesa dell’Addolorata; quello di S. Leonardo, nei pressi di Piazza del Duomo, quello di S. Antonio, vicino al bivio tuttora intitolato al Santo; quello di S. Alò, che sorgeva accanto alla Basilica di San Bernardino, quello di S. Matteo ed infine quello di S. Giacomo di Altopascio, fuori Porta Castello.

12 Antinori, op. cit. supra a nota n. 5. 13 La prima pietra dell’Ospedale Maggiore di Milano reca la data del 12 aprile 1456. 14 Per ulteriori informazioni si veda nota n. 9

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Il patrimonio del S. Salvatore fu dunque inizialmente assai cospicuo e lo stesso Giovanni15 conferma tale circostanza. Tuttavia, dalle cronache si evince che l’unificazione di tutti i piccoli ospedali non fu impresa semplice e rapida e che, al contrario, si dovettero affrontare serie resistenze da parte dei rispettivi amministratori. Tra tutti, per esempio, i governatori dell’Ospedale di San Giacomo, resistettero strenuamente per lungo tempo e, pur dovendo infine cedere al progetto di fusione, posero condizioni e pretesero, a favore della Confraternita che da secoli amministrava il nosocomio, alcuni pagamenti annui a carico del San Salvatore. Ancora, verso la metà del XVIII secolo una residua (ed importante) indipendenza amministrativa ancora permaneva in taluni Ospedali preesistenti se v’è la presenza di una deliberazione del Magistrato della città dell’Aquila con la quale i Sigg.ri Michelangelo Alfieri e Luigi Micheletti furono nominati Governatori dell’Ospedale Maggiore e “degli altri due del SS. Spirito e di S. Matteo”, per l’anno 1748. Ebbene, l’Ospedale San Salvatore ebbe dunque un notevole patrimonio iniziale, forte anche dei lasciti, effettuati da privati, che venivano effettuati in favore. Ad esempio si ritrova, nel 1449, un lascito di tale Vannuccia, vedova di M. Paolo Porcinaro che istituì erede universale l’Ospedale; ad esso lasciarono altresì le loro sostanze, nel 1450, Margherita Di Lico Di Paolo da Bazzano e tale Andrea di Maestro Nicolò di Bari; nel 1451, Angeluccia, vedova di Cola, passando a nuove nozze, “donò allo Spedal Grande di S. Salvatore ogni sua ragione sull’eredità di Cola suo primo marito”. Tali lasciti, oltre al patrimonio iniziale fornito dagli altri Istituti di cura, vennero ben presto polverizzati da dissennati investimenti. Tornando alle vicende patrimoniali dei secoli che furono, meritano di essere ricordati, più che per l’entità economica, l’importanza dei personaggi che li disposero, alcuni lasciti e donazioni. Un sussidio annuo venne disposto addirittura dal Re Ferdinando I d’Aragona, nel 1458; un canone di tomoli 6 (sei) di sale, a cominciare dal 1545 fu concesso da Carlo V. Il Marchese Niccolò Persichetti, che fu Presidente della Congregazione di Carità, nel 1910 fece deliberare l’apposizione di una Lapide recante il nome dei Benefattori dell’Ospedale, a cominciare dal Fondatore S. Giovanni da Capestrano, fino ai suoi giorni.

15 Hofer, La vita di S. Giovanni, Edizioni Roma, 1955, pag. 293

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3. Primi Ordinamenti Amministrativi Niccolò V, con la sua Bolla del 1447, oltre a disporre dei patrimonio dei preesistenti ospedali, nel nuovo Grande Ospedale, provvide anche a determinare il modo di costituzione dell’Amministrazione che fu inizialmente affidata a quattro cittadini eletti annualmente dal Vescovo dell’Aquila, per la direzione spirituale dei ricoverati. La Bolla, in proposito, stabiliva che i quattro cittadini amministratori dovevano essere scelti dai quattro16 quartieri cittadini, uno per quarto, cui corrispondevano i quattro ceti: nobili, proprietari, mercanti ed artigiani. Appena venti anni dopo, il Papa Sisto IV ridusse a due il numero degli Amministratori17, mentre i successivi due Pontefici (Paolo III e Giulio III) ordinarono il rispetto ed il ripristino della bolla di fondazione di Niccolò, anche se con scarsa efficacia perché, da quel che si apprende ne furono eletti sempre e solo due, scelti esclusivamente fra la classe nobiliare che, di fatto, usurpo per circa tre secoli il governo dell’Ospedale togliendolo agli altri tre ceti. Tale status perdurò sino a quando Re Carlo III, su espressa richiesta degli altri ceti, ordinò (Reale Dispaccio del 13 novembre 1777) che l’Amministrazione fosse formatain ottemperanza alle regole di fondazione, ovvero da quattro governatori tratti dai quattro ceti della città, oltre che da un rappresentante del Vescovo dell’Aquila, facendo subentrare solo ufficiosamente una quinta casta, la Chiesa, alle quattro antecedenti. Lo stesso Re Carlo l’anno successivo, allo scopo di assicurare un corretto funzionamento ed una giusta applicazione del Dispaccio, nominò un suo commissario (Gerig). Tali peripezie amministrative, ed il governo dei quattro, durarono, dal 1779, al 1811. Nel frattempo l’Ospedale vene riconosciuto come Ente Morale in base ai Reali Decreti del 13 novembre 1779 e 19 maggio 1789, il primo dei quali ricorda che la fondazione dell’Ospedale non ebbe origine dalla città ma da legati di particolari cittadini. A seguito di disposizioni legislative successive (Decreto Reale del 16 ottobre 1809), dal 1811, L’Amministrazione passò alla Commissione Comunale di Beneficenza e, quindi, per la Legge 3 agosto 1862 alla Congregazione di Carità. Infine, ma non in ordine di importanza, per effetto del Decreto Reale del 22 dicembre 1938 l’Ospedale riassunse la piena autonomia per cui venne per anni amministrato da 5 cittadini di cui tre designati dal Comune e due – fra cui il Presidente – nominati dal Prefetto. 16 I quattro quartieri, denominati “quarti”, ancora rivivono, seppur a titolo di solo folklore cittadino, nella Perdonanza Celestiniana. 17 I due Amministratori presero il nome di Camerlengo e di Dottore ed il loro potere era superiore, tra le mura dell’Ospedale, a quello del Governo civico della città ed avevano l’assoluta indipendenza di fare, licenziare, rivedere i conti, ed ordinare ciò che si riteneva necessario per l’esatta amministrazione dell’Opera Pia. Il Camerlengo, inoltre, aveva il diritto di rilasciare gli ordini per la ricezione degli infermi.

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4. La Sede Già si è accennato che l’Ospedale, sin dalla sua fondazione, ebbe sede nei pressi della Basilica di S. Bernardino, ove tuttora sorgono le scuole elementari E. De Amicis. Solo nel 875 l’Amministrazione cedette l’edificio alle autorità militari perché fosse adibito ad infermeria presidiaria e, nell’occasione, l’Ospedale fu trasferito nel fabbricato del Convento di S. Agnese, ove tuttora sorge benché più volte modificato ed ampliato con nuovi edifici e solo negli ultimi anni prima del terremoto riportato all’antico splendore. Il Convento di S. Agnese era di proprietà dell’Orfanotrofio “San Giuseppe” e fu acquistato definitivamente nel 1909 dall’Ospedale che, in precedenza, aveva venduto l’edificio della sua vecchia sede al Comune affinché vi potesse allestire le Scuole Elementari, allora denominate “San Bernardino”. Giova essere ricordato che dalla vendita18 della costruzione vennero escluse le iscrizioni lapidee ubicate sotto il porticato o in qualsiasi altro punto dell’edificio, la porta principale di ingresso con i relativi stipiti ed architrave che reca lo stemma dell’Ospedale e la iscrizione marmorea che sopra abbiamo ricordato (capitolo 1). 5. Sviluppi ed attività del passato Dal punto di vista strettamente funzionale, in quei secoli lontani non si può parlare di veri e propri ospedali19 così come noi, ai giorni nostri, li conosciamo. L’Ospedale seguì, in tutto e per tutto, le evoluzioni e gli sviluppi degli altri istituti di cura, ma poi, durante l’ottocento e i primi venticinque anni del secolo successivo, fu sommerso da una pesante decadenza tanto da vedersi trasformato quasi in un insalubre ricettacolo di poveri e di malati, accolti promiscuamente, senza distinzioni di malattie, sprovvisto di biancheria, senza essere dotato nemmeno di una Sala Operatoria che poté essere realizzata soltanto mediante una sottoscrizione privata, ai primi del ‘900, promossa e sollecitata dal Dott. Luigi Bruno, Medico Chirurgo. Prima di addentrarci in questa fase di decadenza, è buona cosa ricordare, brevissimamente, i più importanti sviluppi ed alcune caratteristiche attività del nosocomio cittadino nei primi quattro secoli della propria esistenza. 18 Contratto stipulato in data 17 agosto 1908 per Notar Giulio de Rubeis 19 Il Prof. G. Bellisari, nel 1912, affermava che gli Ospedali sono: “Officine di salute ove la macchina umana, produttrice di lavoro, subisce una sapiente riparazione che la rimette in valore”.

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Si è accennato che, malgrado la meravigliosa fioritura rinascimentale di tanti nobili e maestosi palazzi (non solo adibiti ad Ospedale ma anche ad altre attività) in tutta Italia, non si ebbe mai in quel tempo quella che oggi è la funzione vera e propria di un nosocomio cosi come noi lo conosciamo – ovvero quella (piuttosto ovvia per noi) di curare i malati. Gli ospedali allora avevano una funzione di ricovero caritativo per indigenti ed anziani, ricovero

che doveva proteggerli dalla miseria e dal dolore fino alla fine dei loro giorni. La funzione sanitaria vera e propria non prevaleva infatti su quella di carità che oggi più si confà ad un ricovero per anziani ad esempio. E anche la città di L’Aquila non si sottrasse a questo modo di intendere. Si riscontra che addirittura nel 1603 l’Ospedale San Salvatore non aveva un solo sanitario proprio che curava i degenti in pianta stabile, ma dalla città veniva incaricato annualmente un medico di occuparsi di curare gli infermi del Convento e dell’Ospedale stesso. Solo più tardi, nel 1621, si ha la prima testimonianza di un sanitario fisso: “Nel 1621 per determinazione del Pubblico Consiglio si aggiunse alla Provvisione del Medico20 dello Spedale”. Dal “Libro degli Introiti ed esiti” relativo agli anni 1662-1693 (conservato all’Archivio di Stato), sotto il titolo delle spese per il personale, risultano in servizio il Priore, un dottore fisico ed un infermiere. Da questo punto in poi bisognerà attendere il fluire del tempo per vedere e trovare i primi ridimenti di organizzazione sanitaria. 20 Dallo stesso documento si può trarre un’importante informazione riguardante ciò che si consumava ed il tipo di alimentazione in quell’epoca. Dal diario delle spese per il vitto si legge, infatti: “Carne, uova, pesce secco e pesce di mare (fresco), verdure, formaggio, pane di Spagna e carta suca”. Quest’ultima voce, che ricorre spessissimo, probabilmente faceva riferimento a tovaglioli di carta.

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Bisognerà attendere sino al 3 dicembre 1863 per veder approvato un primo vero “Regolamento per il Servizio Sanitario dell’Ospedale” con una “Pianta” che previde, oltre al posto di direttore, che riuniva presso di sé anche le funzioni di Cappellano, alcuni posti dedicati al personale medico e precisamente: un professore capo dirigente, due primi professori (uno medico ed uno chirurgo), due secondi professori, un quinto professore21 “che avrà stanzia nell’Ospedale”, un flebotomo (addetto a praticare salassi). In tutto otto persone fra direttore e sanitari. Si dovrà attendere il 1924 e l’impulso del Prof. Felice Rossi, per veder iniziata (e completata) un’organizzazione tecnico-sanitaria di elevato livello. 6. Studi Universitari Da un diploma emesso da Ferdinando I di Aragona in data 25 ottobre 1458, venne concesso alla città dell’Aquila lo studio di qualunque dottrina22 e scienza di cui fruivano Siena, Bologna e Perugia. Successivamente, con atto datato 9 maggio 1464, fu concesso il cd. Protomedicato ed il Collegio dei Dottori. Dell’attuazione dell’Università vera e propria non si hanno elementi storici certi ma, per quel che riguarda la nostra indagine, è utile soffermarsi e sottolineare che il Protomedicato segnò l’inizio di un’attività di carattere universitario che ebbe sede e sviluppo proprio all’interno delle mura dell’Ospedale S. Salvatore. Risulta per certo che una cattedra di medicina già esisteva ed una cattedra di chirurgia venne istituita in L’Aquila nel 1793, presso l’Ospedale S. Salvatore, come si può rilevare da quella che oggi potremmo chiamare propulsione all’insegnamento, tenuta da Giuseppe Petrini23, che fu preposto per primo a quest’ultimo insegnamento. Comunque, già prima dell’istituzione della Cattedra di Chirurgia ed Ostetricia, la nostracittà fu dotata di varie cattedra di studi universitari; essi facevano capo al Collegio Reale, che in L’Aquila fu riordinato con priorità su tutti gli altri undici Collegi riaperti nel Regno nel 1785. Nel corso dei secoli XVIII e XIX tali Cattedre divennero ben diciassette e furono inizialmente assegnate al Collegio poi elevato a dignità di Liceo sotto la denominazione “Real Liceo degli 21 Una sorta di primo embrione di “medico di guardia” 22 Da questo momento storico si prendono le mosse dell’attività universitaria, seppur in embrione, della città, da sempre vanto ed eccellenza in tutta Italia. 23 Nel suo discorso, il Petrini, metteva in evidenza il privilegio della “fedelissima città aquilana” per essere stata dotata, tra le prime, di studi superiori fra i quali la Cattedra di Medicina, quella di Chirurgia ed Ostetricia, da cui poi trasse origine la Scuola di Ostetricia

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Abruzzi” . In codesti licei si ottenevano solo e solamente i gradi di approvazione e di licenza in Giurisprudenza, Scienze Fisiche e Matematiche, Medicina, Letteratura, ma la laurea vera e propria si conseguiva presso l’Università di Napoli. Ebbero particolare sviluppo, oltre alle branche mediche, le Cattedre di Letteratura, Umanità, Rettorica, Filosofia, Diritto e Procedura Civile, Diritto e Procedura Criminale (penale), Storia Naturale, Chimica Inorganica e Farmaceutica, con relative esercitazioni e dimostrazioni in Laboratorio. Ricorderemo ancora che nel fatidico anno 1848, più di ottomila studenti frequentavano in città le scuole letterarie e scientifiche di ordine universitario, secondo quanto testimonia il contemporaneo Enrico Casti, il quale precisa che, molti di loro, in quell’anno corsero alle armi e che, malgrado ciò, gli esami vennero lo stesso effettuati con regolarità e serietà. Fortunose vicende accompagnarono poi la vita degli Studi. Soppressi o scomparsi all’epoca della Rivoluzione Francese, furono riordinati nel 1811 da Giuseppe Bonaparte che provvide a disciplinare gli studi nella Facoltà di Napoli e nei tre licei del Regno, di nuovo aperti ed attivi nelle città di L’Aquila, Bari e Catanzaro. Successivamente, una più organica disciplina fu disposta con decreto del 1817 che istituì “… quattro Collegi o Licei o Scuole di Facoltà o piccole Università: negli Abruzzi (L’Aquila), nei Principati (Salerno), nelle Puglie (Bari) e nelle Calabrie (Catanzaro), col privilegio di dare gli esami per i primi due gradi accademici e per l’idoneità all’esercizio della Farmacia e della bassa Chirurgia”. Per ciò che concerne il nostro studio, va ricordato che, presso l’Ospedale vennero stabilite

alcune cattedre e taluni studi di ordine universitario e che, per tale motivo, vi ebbero luogo numerosissimi insegnamenti ed esercitazioni, come accade tuttora presso i nosocomi e presso i reparti clinicizzati.

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Oltre all’istituzione, piuttosto remota, del Protomedicato, di cui si è fatto cenno nelle pagine precedenti, presso l’Ospedale vennero fondati, su iniziativa del medico ospedaliero Giuseppe Liberatore24, un Teatro Anatomico ed un’Accademia Medica. Come il Liberatore, anche il Petrini fu, ad un tempo, titolare di cattedra di ordine universitario e, per la corrispondente professione, anche sanitario ospedaliero. Fu, infatti, come ricorda il coevo Daniele Vincenzo: “Chirurgo fisso del Regio Spedale e del Regale Castello della città dell’Aquila; Cattedrante di Chirurgia ed Ostetricia nell’Università degli Studi della città stessa”. Nell’Ospedale, inoltre venivano impartite anche nozioni di Fisiologia ed Anatomia, oltre a nozioni di Antepratica (che corrispondeva pressappoco ad un’attuale cattedra di Patologia) da parti di altri sanitari suoi discepoli. Difatti, la Cattedra di Anatomia e Fisiologia fu gestita, nella prima metà dell’800, da Francesco Padovani, professore di Anatomia, Fisiologia e Medicina nel Real Liceo dell’Aquila e “medico fisso proprietario dell’Ospedale S. Salvatore” sin dagli ultimi anni del 1700. Al Padovani successe il concittadino Dott. Oreste Giammaria che insegnò anche Medicina Legale, nuova cattedra aggiunta al Real Liceo aquilano, nell’anno 1841. 24 Lo stesso Liberatore viene ricordato da G. Petrini nel Discorso sulla “istituita cattedra” di Chirurgia, di cui si è fatto cenno precedentemente e soprattutto a nota n. 23

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Fu Giammaria ad eseguire, dal 1854 al 1858, presso il Teatro Anatomico, funzionante allora a pieno regime all’interno dell’Ospedale, le esercitazioni di Anatomia. Per concludere il capitolo dedicato all’attività accademica e di studio, basti sapere che l’Abruzzo ebbe il suo Studio Universitario nel Real Liceo25 degli Abruzzi e che l’Ospedale S. Salvatore fu parte fondamentale e imprescindibile per la realizzazione e la pratica attuazione di quegli studi scientifici superiori. E riteniamo, ancora, degno di essere ricordato che in pochi decenni del secolo XIX ben 1500 diploni vennero rilasciati in lettere, diritto, notariato, farmacia e medicina. 7. La Scuola di Ostetricia

8. La Farmacia ed attività minori del passato L’ospedale ebbe nel passato una propria farmacia, della cui data d’origine, però, non si trovano notizie certe. Quello che è certo è che nel 1692 questa era già pienamente in funzione perché, dal già citato “Libro degli introiti ed esiti26” del 1692-1693, troviamo la spesa di ducati 30 per il rifornimento della “Spetiaria delle robbe per l’infermi”. In seguito, i Governatori dell’Ospedale, nell’anno 1779, ritenendo che l’esercizio diretto della farmacia non fosse più nell’interesse27 del Pio Luogo, la concessero in affitto a tale Bernardo Carletti, “speziale di medicina”, con atto del Notaio Giacinto Capulli in data 21 gennaio 1779. L’inventario dei mobili, stigli, vasellame, utensili, strumenti di misurazione allegato all’atto di concessione è davvero molto ricco e rende perfettamente l’idea che la stessa Farmacia dovette essere un tempo assai fiorente. 25 La sede del Real Liceo era sita in l’Aquila, presso il soppresso Convento di San Francesco in prossimità degli attuali Portici del Liceo. Tuttora sull’architrave della porta d’ingresso in Via Patini si legge l’iscrizione lapidea dell’Istituzione Universitaria Aquilana. 26 Conservato presso l’Archivio di Stato cittadino. 27 Quasi sicuramente per le ingenti spese economiche che la Farmacia comportava.

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Interessante l’accordo aggiuntivo all’atto di affitto. Infatti, assieme all’atto di fitto, L’Ospedale, oltre a porre a carico dell’affittuario Dott. Carletti il pagamento di un canone annuo, ottenne di poter acquistare dal nuovo gestore tutte le medicine che si rendessero necessarie ai ricoverati con uno sconto del 33% rispetto al prezzo normale di vendita. Successivamente, apprendiamo dagli atti deliberativi del 1832 che negli anni precedenti la farmacia resto inoperosa e neppure fu gestita28 in fitto. Infatti, con deliberazione del 18 gennaio 1832 si stabilì che: “considerato che (al presente) gli stigli29 della spezieria sono rimasti inoperosi da più tempo senza utile”, e per altre considerazioni, si decise di accogliere l’offerta di Don Giuseppe Dell’Orso per il fitto dei soli stigli. Ma la farmacia in sé e per sé non riaprì, fino a quando, data in fitto a tal Eusanio Giannettti, di essa non troviamo più traccia. Altro particolare interessante è relativo ad un discendente di costui, dal medesimo nome, Eusanio Giannetti che in punto di morte, nel 1910, lasciò all’Ospedale tutto il suo patrimonio nel quale si annoverava anche la fiorente Farmacia, sita in Piazza Duomo30, il cui locale è tuttora di proprietà del nosocomio. Prima di concludere questo capitolo vogliamo rendere omaggio anche alle altre attività minori che avevano luogo nell’Ospedale anche per caratterizzare meglio la vita che in esso fluiva. Pare che, in passato, allo scopo di incrementare gli introiti finanziari e patrimoniali, onde assolvere meglio i propri compiti di beneficenza, l’Ospedale abbia svolto attività commerciale e/o artigianali. Dall’inventario31 dei mobili, redatto il 21 dicembre 1656, rileviamo nel “Cellaro32 Grande” e nella stanza della “Caldara” (la caldaia), una tale quantità di botti, barili, mobili ed attrezzi vari, da far pensare ad un’attività commerciale di vendita di vini. Tale inventario33 è davvero un documento interessante poiché mostra appieno la fisionomia ed il funzionamento dell’Ospedale nella prima metà del ‘600. 28 Non si rivengono tracce del Dott. Carletti e della sua famiglia che forse aveva abbandonato l’attività 29 Gli stigli, termine desueto ma ancora in uso, indicano tutto il mobilio e lo strumentario utilizzato ed utilizzabile in un negozio di qualsivoglia natura 30 Alla data del sisma del 6 aprile 2009 la Farmacia era ancora in attività 31 Anch’esso conservato presso l’Archivio di Stato cittadino. 32 La cantina. 33 Riferisce la presenza, tra gli altri di: grano nel granaio, nella stalla due somari (!), e nell’Infermeria (il locale destinato agli infermi, all’epoca, l’Ospedale vero e proprio) “17 lettere con travacche roscie” (tendine rosse a padiglioni), “7 materassi, 7 coperte di lana” ed altro. Unico e solo riferimento di strumentario medico: “uno schizzo di stagnio da chisteri”.

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Nella seconda metà del XIX secolo, invece, venne gestita una piccola industria: un lanificio. Fin dal 1852 il Direttore dell’Ospedale, Can. Don Saverio Giampietri, istituì presso l’Ospedale stesso un modesto lanificio, anche e soprattutto per occupare un po’ di personale. Approfittò del fatto che, tra i degenti, vi fosse un caporale dell’11° di linea, tal Francesco Ferraiolo, competente nell’arte del tessere, per dare inizio a tale attività. Ma l’inaugurazione del vero e notevole lanificio avvenne due anni dopo, il 16 gennaio 1854. Era situato nei primi due magazzini, al pianterreno, sulla sinistra dell’ingresso, ed era dotato di 20 telai per tessere lana, cotone a dama (disegno scozzese), canapa, cotone semplice e con disegni vari, di 2 filande, di un orditoio e di un filatoio a ruota. Vi erano occupati 2 uomini e 12 donne. Tale Lanificio, sulle orme della carità, ebbe origine dal legato di tal Benedetti, devoluto all’Ospedale con lo scopo di: “procurar lavoro a qualche giovinetta caduta in peccato”. L’iniziativa del Direttore Can. Giampietri preesisteva e così venne affidato ufficialmente all’Ospedale il compito di gestire il Lanificio, assegnandogli il contributo dai proventi del Legato Benedetti. Per tale motivo venne chiamato “Lanificio Benedetti” Il lanificio, dopo alterne vicende, che più volte lo videro sul punto di chiudere e riaprire in altro luogo, divenne proprietà dell’Ospizio dei Poveri della Provincia, sorto nel 1868 e situato presso Collemaggio, e, nel giro di pochi anni, cessò definitivamente di funzionare. Al giorno d’oggi non ve ne resta alcuna traccia di sorta. 9. Fondazione di una Sala Ostetrica Inizialmente quello che è l’attuale reparto di Ginecologia ed Ostetricia sorse col nome di “Sala Ostetrica”, che ebbe luogo, con la sua istituzione il 01 luglio 1864. Prima di quella data le inferme e le donne che venivano ricoverate venivano sistemate, senza distinzione di patologia, nella “Sezione Donne”, che accoglieva promiscuamente le malate chirurgiche e mediche e le partorienti . Tutto ciò mette in evidenza ciò che più volte è stato messo in evidenza durante la trattazione del presente lavoro e cioè che in quell’epoca e per molti decenni a venire il ricovero ospedaliero aveva soprattutto funzione caritativa. La stessa istituzione della Sala Ostetrica, se è interessante perché segna l’inizio di futuri importantissimi sviluppi e specializzazioni, tuttavia, per come venne attuata, conferma le nostre

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osservazioni sull’essenziale natura dell’Ospedale di quel tempo. Ecco, difatti, come avvenne quell’istituzione. Il 1 dicembre 1862 il Prefetto del 2° Abruzzo Ulteriore inviò a tutti i Sindaci del Circondario la circolare sugli “Stabilimenti di alti insegnamenti secondari” che per “intendimento del Ministro dell’Istruzione Pubblica” dovevano essere istituti nelle città di Bari, L’Aquila e Catanzaro. In particolare, per quanto riguarda l’Ostetricia, la circolare così disponeva: “1. Raccogliersi negli Ospedali delle summentovate Città alcuni letti in una sala riservata esclusivamente alle partorienti e alle puerpere malate; 2. Istituirsi dai Comuni della Provincia con accordi fatti fra loro un certo numero di posti gratuiti per certe levatrici che farebbero i loro studi e le loro pratiche presso le Cliniche Ostetriche così costituite”. Dunque le Cliniche Ostetriche34 erano istituite raccogliendosi in una sala alcuni letti da destinare unicamente alle future mamme e alle puerpere. In data 16 giugno 1864 fra il Municipio di L’Aquila degli Abruzzi e la Congregazione di Carità di L’Aquila si decise “la fondazione di una Sala Ostetrica dell’Ospedale di San Salvatore”. Leggendo il contratto, si riscontra che, a seguito delle disposizioni date dal Prefetto con la circolare su riportata si dice: “1. Una sala Ostetrica sarà fondata ed annessa all’Ospedale di L’Aquila 2. Oggetto principale dell’Istituto sarà quello di ricevere e curare partorienti o puerpere e dar luogo alla istruzione clinica di allieve ostetriche 3. Il locale destinato per la Sala Ostetrica sarà la Corsea che prende luce dal lato orientale del Portico, con scala ad ingresso separato”. I cosa consistette la sala? Ecco, cosa si legge dal contratto: “L’Ospedale provvede la sala ostetrica di nr. 4 letti completi di quelli stessi che si usano per altri infermi, composti ognuno da due scanni di ferro, di tre tavole verniciate, di un paglione con 18 chilogrammi di paglia di granone”. Il contratto poi indica con minuzia tutte le altre “forniture” quali le quantità e la specie di vitto da somministrare alle quattro ricoverande, il numero delle lenzuola, coperte, fasce e fasciatoi per i bambini, di cui dotare la Sala; essa fra l’altro ebbe assegnata “una cunnola” e una “sedia da parto” e vi fu sistemato un “divisorio a tela che separi i letti dal rimanente della sala”. 34 Si pensi alla funzione, all’importanza del compito, alla vastità dei servizi, alle specializzazioni di Reparto, delle moderne Cliniche Ostetriche

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Tuttavia “qualunque altro utensile, mobiglia o istromento cerusico che possa occorrere nella Sala Ostetrica, non è a carico dell’Ospedale”. Ecco dunque le modeste origini dell’Odierno reparto di Ostetricia e Ginecologia; ecco ancora una volta confermato l’indirizzo di semplice “ospitalità” caritativa posto a base delle varie legislazioni degli Stati in cui era divisa l’Italia in quei tempi, legislazioni che regolamentavano la vita degli Ospedali di allora. 10. Decadenza. Dopo gli sviluppi dei primi secoli dalla fondazione, malgrado le iniziative di alto livello del XVIII secolo in ordine agli studi universitari, mentre il progresso veniva assicurato ai paesi scandinavi, dallo Stato, che incominciò proprio nel XIX secolo a costruirli ed a gestirli, il nostro Ospedale, nell’800 e nei primi 25 anni del 1900, attraversò una lunga fase di così grave decadenza da farne quasi cessare la stessa funzione caritativa che, come tutti gli altri nosocomi del tempo, aveva avuto in passato. Leggendo gli atti ufficiali, abbiamo la sensazione che l’Ospedale non ebbe altro che ben pochi letti e male in arnese, solo in minor parte destinati ai poveri, mentre la maggior parte era riservata ai carcerati o ai militari e, più tardi, ai venerei o anche ad accogliere donne prossime a dare alla luce bimbi di ignota paternità. A maggiore illustrazione di queste osservazioni riteniamo utile, come abbiamo fatto sinora, riportare alcuni dati ufficiali, conservati nei vari archivi. Il 7 luglio 1831 l’Amministrazione deliberò: “Scrivere al Direttore dell’Ospedale che per rivestire il povero Pietrosante Matteo di Bolignano, si serva delle spoglie di qualche altro individuo, che va a morire, come è solito praticarsi”. Il 15 aprile 1832 si deliberò di acquistare 15 letti con l’oblazione di un anonimo di 75 ducati, “considerato che gli oggetti di giacitura sono di prima necessità in sollievo dei poveri infermi, e questi oggetti mancano all’Ospedale S. Salvatore”. E ancora, il 10 aprile 1843 l’Amministrazione (Commissione Comunale di Beneficenza) deliberò la costruzione di “una nuova corsea perché l’Ospedale San Salvatore ha due sole corsee e una di esse che è la maggiore trovasi assegnata ai militari esclusivamente da chiunque altro; l’altra abbastanza ristretta per uso dei poveri e questa non offre il modo di tenere separate le diverse malattie” e conclude la deliberazione “continue rimostranze se ne sono fatte dai Professori Sanitari”. Troviamo perfettamente fondate le lamentele di P. Chiappini35 da noi riportate e poteva, dunque, ben a ragione stigmatizzare il Prof. Belisari che, mentre fino alla metà del secolo XVIII in Inghilterra si 35 Vedi pagina 2

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costruivano i primi grandiosi ospedali, nei Paesi latini l’Istituto Ospedaliero cadde nella miseria e forse nella vergogna. E citava l’Hotel-Dieu di Parigi ove “i miseri infermi giacevano a tre, a quattro, a sei nello stesso fetido giaciglio, rabbrividendo presso i non rimossi cadaveri”. In tal modo spiegava “l’indomabile terrore per l’Ospedale” che una silenziosa tradizione aveva trasmesso fino ai suoi tempi, anche se da noi non si giunse mai a tali obbrobri. Bernardino Cirillo – XV secolo – l’autore delle cronache sulla città di L’Aquila e Commendatore del S. Spirito in Roma, metteva in evidenza le miserie nelle quali, primi fra tutti, caddero gli Ospedali della città di Roma.

Tornando al nostro ospedale troviamo ancora che il 2 gennaio 1834 la corsia maggiore “era occupata dai militari” e si decise di “ingrandire la corsia riservata ai militari (un piccolo ambiente) e la costruzione di due camere per uso di qualche persona distinta, come ufficiali militari, sacerdoti o altri”. Fu questo l’inizio di quelle che ancora oggi vengono definite “camere a pagamento”. Dal rendiconto finanziario dell’anno 1863 rileviamo che la spesa per il mantenimento degli infermi fu: £ 5.016,11 per i poveri; £ 12.774,20 per i militari; £ 7.531,85 per i detenuti e 1.361,00 per le inferme del sifilicomio. Da ciò si deduce e si conferma quanto abbiamo sopra osservato e che l’attività assistenziale a vantaggio dei poveri, scopo principe della costruzione dell’Ospedale sin dai tempi di San Giovanni da Capestrano, si era ridotto a meno della quarta parte in confronto a quella svolta per le altre categorie di malati: militari, detenuti, venerei. Né col finire 1800 le cose migliorarono di molto. Nel 1901 presso l’Ospedale furono ricoverati solo 377 persone di cui 69 venerei e 21 donne nella Sala Ostetrica e malgrado la cronicità delle malattie dei ricoverati la mortalità ascese in quell’anno al 13% circa. L’anno della dichiarazione della prima guerra mondiale, 1915, vide ricoverate 405 persone di cui solo 267 malati di medicina e chirurgia, dei quali la mortalità fu del 15,40%.

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Del resto fino agli inizi del secolo, l’Ospedale era sprovvisto di una sia pure modesta Camera Operatoria che venne realizzata grazie ad una sottoscrizione privata promossa e sostenuta su iniziativa del Dott. Luigi Bruno. Il “Resoconto statistico-clinico della sezione chirurgica dell’Ospedale S. Salvatore” relativo al quinquennio 19011905 del predetto Dott. Bruno rivela un’esposizione divisa in quattro quadri: 1) Lesioni traumatiche; 2) Malattie flogistiche; 3) Tumori; 4) Malattie diverse. Il primo quadro, dedicato ai traumi, comprende 240 interventi relativi a disinfezioni e suture di ferite lacerocontuse, o d’arma da punta e da taglio, riduzione di fratture di vario tipo e massaggi. Il secondo quadro (malattie flogistiche) comprende 487 casi di pustole, ascessi, osteoperostiti, pleuriti essaudive, orchio-epididimiti, adeniti tubercolari che furono trattati rispettivamente con incisioni e cauterizzazioni, aperture, disinfezioni e medicamenti, toracentesi col Potain, orchiectomie, enucleazioni (nelle adeniti etc.). Il quadro dei tumori comprende 126 casi di ateromi del cuoio capelluto (che vennero tutti estirpati), epiteliomi del labbro o della lingua (che vennero asportati), cancri delle mammelle (amputazione della mammella e svuotamento ascellare), cisti da echinococco del fegato (laparatomia, apertura in un secondo tempo delle cisti), lipomi vari (tutti asportati). Il quadro relativo alle malattie diverse contiene 282 casi tra i più disparati: labbri leporini, dacriocistiti, ipertrofie tonsillari, varie ernie inguino-scrotali, restringimenti uretrali (divulsione), gangrene senili di arti, unghie incarnite ecc. Questa la chirurgia modesta di quegli anni che rimase pressoché immutata fino all’avvento del Prof. Rossi nel 1922-23.

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Ma anche questa modesta chirurgia segno un primo grande progresso, realizzato dallo stesso Dott. Luigi Bruno36 che si trovò ad iniziare la sua attività in un ospedale che non aveva neppure, come si è detto, una minuscola sala operatoria. Sempre nel 1901, dai rendiconti apprendiamo che la spesa annua per il personale fu di £ 5.540 (1 Direttore Cappellano, 1 medico in primo, 1 chirurgo in primo, 1 sanitario aggiunto, 2 infermieri, 2 infermiere, 1 guardiaporta e 4 inservienti). La spesa per il mantenimento degli infermi fu di £ 15.514 e di esse solo £ 1.600 furono impiegate per l’acquisto di medicinali, manutenzione ed acquisti di presidi chirurgici. Dì’altro canto si spesero ben £ 4.188,95 per la ricezione di “Trovatelli” e £ 490,62 per mantenimento dei poveri nell’Ospizio Provinciale di Mendicità. Più eloquente di così non potrebbe essere il volto dell’Ospedale-Ospizio del tempo. Oltre a ciò, da una relazione dell’Amministrazione che accompagna il regolamento approvato il 23 dicembre 1908. Tutto il personale dell’ospedale era costituito – oltre che dal Direttore – da un medico, un chirurgo, uno o più aiuti, una guardarobiera, un cuoco, un portinaio, 4 infermieri d’ambo i sessi. La spesa annuale per il mantenimento degli infermi fu di £ 36.630 cui si provvide quasi esclusivamente con le risorse del patrimonio. Nel 1922, anno di assunzione del Prof. Felice Rossi, i malati ricoverati in tutto furono 595 e la 36 E di questi primi e pionieristici successi che va tributato elogio alla memoria del chirurgo concittadino.

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mortalità ancora elevata, il 13,40%. Da allora, però, apparvero i primi significativi segni di ripresa, ed ebbe inizio una nuova positiva età dell’Ospedale. 11. Cenni sulla legislazione ospedaliera italiana Molto varia la legislazione sanitaria prima dell’unificazione dell’Italia anche per via dei tanti piccoli staterelli che avevano vita nel nostro paese prima che questo fosse riunito. Accenniamo, seppur brevemente, a dimostrazione del nostro assunto, alle principali legislazioni ospedaliere degli ex Stati italiani. A) Stato Pontificio. Gli ospedali accoglievano malati poveri anche di altri comuni, anche se stranieri, sulla base della gratuità reciproca. Particolare di rilievo per taluni comuni (Legislazione di Bologna) è dato dalle norme per le per quali essere ricoverati occorreva trovarsi in stato: 1° inabilità a procacciarsi i mezzi di esistenza e di cura, 2° totale abbandono e miseria; B) Regno di Sardegna. L’ammissione negli stabilimenti “destinati alla cura dei poveri ammalati” doveva essere disposta su richiesta scritta dell’Autorità di Pubblica Sicurezza (salvo i casi di assoluta urgenza) e solo se “mancando ogni altro mezzo, l’umanità richiede di provvedere al ricovero, e se si tratti di malati trovati giacenti sulle pubbliche vie” (Artt. 1, 2 e 3 del Regio Decreto 18 agosto 1851 n, 1256); C) Regno delle due Sicilie. La legislazione napoletana sugli enti pii aveva poche norme. Le istruzioni del 20 maggio 1820 sugli “Stabilimenti di beneficenza” stabilivano che la sorveglianza e la direzione di essi era affidata ai Consigli degli Ospizi, stabiliti nei capoluoghi di provincia, comprendendo negli Ospizi, anche gli Ospedali. Si pensi: condizione essenziale per godere dell’assistenza sanitaria ospedaliera era la conclamata povertà e la condotta intemerata. D) Granducato di Toscana. Legge fondamentale a riguardo erano le “Massime e le istruzioni sugli Ospedali”, approvate con dispaccio di Ferdinando III del 17 febbraio 1818. In breve disponeva: “tutti gli Ospedali sono obbligati a ricevere i miserabili infermi … dentro i limiti delle loro finanze”. I certificati di miserabilità, necessari per usufruire dei servizi di carità, venivano rilasciati dai parroci; E) Regno Lombardo Veneto. I Comuni del regno erano “incaricati di supplire ai bisogni degli Ospedali, Orfanotrofi, Conservatori d’esposti ed Istituti Elemosinieri (Decreto 21 dicembre 1807, art. 2). Per quello che era l’ex Ducato di Milano provvedeva agli infermi poveri solo e solamente l’Ospedale Maggiore di cui abbiamo fatto cenno nelle pagine precedenti; F) Ducati di Modena e Reggio nell’Emilia. Per antiche consuetudini, che ebbero poi forza di legge, gli Ospizi, gli stabilimenti di pubblico soccorso erano parificati agli ospedali ai fini del diritto di pagamento delle rette da parte dei Comuni, per i ricoveri dei poveri (Circolare del Ministero Interni 2 marzo 1849 n. 1772); G) Ducato di Parma e Piacenza. Tranne nei casi d’urgenza, nessun ricovero era consentito se non richiesto dai Comuni su attestazione che la persona da ricoverare era in stato di povertà assoluta, e che non si poteva provvedere in altro modo. (Decreti dell’11 marzo 1821 e successivi

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fino a quello del 18 giugno 1828). Questo piccolo excursus all’interno delle legislazioni sanitarie ed ospedaliere dell’epoca ben fa comprendere come allora in tutti gli stati che componevano la penisola lo spirito con cui si procedeva ai ricoveri era, più che altro, uno scopo di mera carità e solo secondariamente quello di cura degli ammalati.

12. Considerazioni finali. “Fra le arti ce ne sono alcune che sono penose per i loro detentori ma molto utili per i loro utilizzatori. A tale categoria appartiene la medicina. Il medico, infatti, assiste spettacoli spaventosi, tocca cose ripugnanti e in caso di sventure altrui guadagna egli stesso dispiaceri. I malati, al contrario, sfuggono, grazie all’arte, ai mali più grandi: malattie, affezioni, sofferenze, morte. È’ a tutto ciò che si opponelamedicina”CorpusHyppocraticum, 450 a.C. Finora ci siamo occupati della storia di un Ospedale che accompagna gli aquilani ormai da secoli. Abbiamo visto ed analizzato le alterne vicende di un Ospedale, fondazione, fasti, decadenza, miserie, quasi fosse una persona vivente, vedendo il suo lento evolversi allo srotolarsi del tappeto del tempo.

La sua fondazione, ad opera di un Santo guerriero (e ora scopriamo anche muratore e fine politico), gli interventi economici, la buona volontà dei primi pionieri, gli asini e le botti di vino

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all’interno, il lanificio e molto altro. Storia di un edificio che da sempre è lì, ora spostato nella sede, ma da sempre punto di riferimento per tutti i concittadini. Ma cos’è un Ospedale? Ce lo siamo chiesti più volte e non solo noi. Sfogliando le pagine nozionistiche e fredde di un dizionario si legge che esso è il luogo ove le persone vengono curate. Ma non è così, o meglio non può essere solamente così. L’Ospedale è, almeno a parer nostro, chi vi transita, chi vi lavora, chi viene curato. Quante persone, quanti medici, quanti semplici visitatori, ognuno con un a storia diversa alle spalle, ognuno con qualcosa da raccontare, tutti racchiusi nelle pagine, a volte assai tristi dell’Ospedale. Se c’era una vedova Angeluccia che lasciò tutta l’eredità venutagli in funzione della morte del primo marito all’Ospedale, c’era un Ranuccio che con quei soldi ha potuto essere curato, una giovane donna, Lisetta, che ha potuto dare alla luce una bellissima bambina, un vecchio cerusico brontolone che ha ricevuto, con quei soldi, le medicine che aveva richiesto per i propri malati. E così tutti uniti, in una catena, una delle tante legate tra loro che ancora si sentono tintinnare nelle corsie del vecchio nosocomio. Winston Churchill diceva che la guerra crea tra gli uomini la vera solidarietà. Certo, era un grande statista e forse non ha conosciuto la solidarietà che nasce a seguito di un evento catastrofico, noi aquilani del 06 aprile 2009 ne sappiamo qualcosa, oppure la solidarietà che si crea tra malati, tra medici e malati. Una società nella società. E allora ecco cosa veramente è un Ospedale, uno specchio della società che vive quel momento storico così come può essere un Tribunale. Molti dicono che l’Ospedale è un posto triste e, in gran parte, ciò e vero. Tra le corsie si muore, si sta male, si piange ma alle volte a piangere è un bambino che nasce, a volte a piangere è qualcuno a cui hanno detto che quella diagnosi così terribile, alla fine, è stata una diagnosi troppo pessimistica, in un Ospedale si nasce, a volte si rinasce, si torna indietro da una triste malattia, da un coma. Se ci sono le brutte notizie, c’è un contraltare di buone notizie. Così come nella vita così accade in un ospedale, dove ogni giorno stuoli di medici, infermieri e personale combattono, spesso ad armi impari, contro la Signora Morte e il Signor Destino. E in città c’è un luogo, nato dalla volontà benefica di un Santo che aveva combattuto spada in pugno sulle piane di Belgrado, forse era un voto, forse il suo cuore voleva rimediare ai nemici che aveva fatto cadere in battaglia, ma volle quel posto, dove tutti gli aquilani potessero essere accolti, potessero essere curati. Si chiama San Salvatore e da anni è lì roccaforte dell’aquilanità, in tanti anni ha cambiato il suo aspetto, più volte, si fa beffe dei terremoti, delle carestie, delle guerre.

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Il tutto nel nome del suo primo, e forse più capace, “direttore sanitario” che lo volle per gli scopi che il Signore gli aveva insegnato, la carità, la solidarietà il bene altrui. E se, nonostante abbia cambiato la propria sede, c’è ancora qualcuno che, durante la notte del terremoto, dopo la scossa distruttiva delle 3.32, quando le incubatrici per i bambini hanno smesso di funzionare,ha creato una mega incubatrice mettendo tutti i neonati all’interno di una macchina con il riscaldamento al massimo e se, ancora, c’è un’infermiera che dentro la macchina li teneva tutti in braccio, allora vuol dire che quello spirito di benevolenza che ispirò Giovanni da Capestrano ancora aleggia sui tetti rotti della città. E lui dall’alto dei cieli non può che esserne contento.

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