Atti del Convegno del quarantennale del CRESA

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Il CRESA, Centro regionale di studi e ricerche economico-sociali è stato istituito dalle Camere di Commercio d’Abruzzo nel 1968. Svolge studi, indagini e ricerche sull’economia della regione e sulle prospettive di sviluppo anche per conto delle Camere aderenti e di altri Enti Pubblici. Presidente Giorgio Rainaldi Consiglio di Amministrazione Giorgio Rainaldi, Giustino Di Carlantonio, Ezio Ardizzi, Dino Di Vincenzo Direttore Francesco Prosperococco Comitato Tecnico-Scientifico Piergiorgio Landini, Giuseppe Mauro, Pierluigi Properzi

Sede

L’Aquila, Corso Vittorio Emanuele II, 112

Sede Provvisoria

L’Aquila, Nucleo Industriale Bazzano via degli Opifici, 1

Recapiti

Tel 0862 25335 Fax 0862 419951 e-mail: info@cresa.it sito web: www.cresa.it

Organizzazione Provinciale

Uffici Studi delle Camere di Commercio Industria, Artigianato e Agricoltura di Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo

Si autorizza la riproduzione, la diffusione e l’utilizzazione anche parziale del volume con l’obbligo della citazione della fonte. © 2009 – CRESA CENTRO REGIONALE DI STUDI E RICERCHE ECONOMICO SOCIALI – L’Aquila


Sommario Presentazione

a cura di Giorgio Rainaldi e Francesco Prosperococco

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Introduzione ed interventi di saluto

Francesco Prosperococco Giorgio Rainaldi Giuseppe Tripoli

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Prima Parte

Il racconto di una preziosa esperienza Silvano Fiocco Mario Santucci Rodolfo Berardi

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Seconda Parte

Tra locale e globale: l’economia ai tempi dell’incertezza Conversazione di Nicoletta Picchio con Pierluigi Ciocca e Marcello De Cecco

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Presentazione

La pubblicazione degli Atti del Convegno “Territorio, Economia, Società”, tenutosi a L’Aquila il 14 novembre 2008 in occasione dei quaranta anni del CRESA ha oggi, dopo il sisma del 6 aprile, una duplice valenza. Dando alle stampe questo materiale ricordiamo i primi quaranta anni del Centro e diamo un importante segnale di continuità rispetto al passato delle attività duramente colpite dall’immane tragedia che ha scosso, con il capoluogo abruzzese in cui hanno sede i nostri uffici, l’intera regione. C’è una regione che ha subito gravi ferite. C’è una città con la sua storia da ricostruire, con la sua economia da rilanciare. In questa città c’è un Centro di ricerche socio-economiche che da quarant’anni studia l’economia e la società abruzzese e che si sente ora più che mai in dovere di proseguire la propria attività al servizio dell’intera comunità regionale. In una sua celebre frase Nietzsche affermava che “Tutto ciò che non ti uccide ti rafforza”. Ripartiamo da qui. Siamo vivi e vitali, sotto le macerie sono rimasti volumi, computer, stampanti, ma il bagaglio di conoscenza del CRESA è ancora disponibile e al servizio di quelle istituzioni che, chiamate ad affrontare l’immane lavoro di ricostruzione di una comunità e di riavvio di una società, non potranno fare a meno di conoscere, approfondire, confrontare. Quando è stato pensato il titolo del convegno nessuno poteva immaginare quello che sarebbe successo, ma ora, dopo il 6 aprile, questo titolo appare più che mai attuale: il CRESA che da quarant’anni studia “Territorio, Economia, Società” si trova ora a studiare il nuovo territorio, la nuova economia e la nuova società che stanno nascendo in Abruzzo.

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Rileggendo le bozze del presente volume, i temi trattati nel convegno ci appaiono più che mai importanti ed attuali se riletti alla luce di quanto accaduto.

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Nella prima parte della pubblicazione sono riportati gli interventi delle persone che hanno diretto il Centro a partire dalla sua istituzione, il dottor Silvano Fiocco, il dottor Mario Santucci ed il dottor Rodolfo Berardi. Ci hanno parlato della genesi del CRESA, della dibattuta relazione tra elaborazione di informazioni e creazione di conoscenza, del rapporto del Centro con le istituzioni locali. E’ la storia del CRESA, la custodia delle lenti che aiuteranno il Centro a leggere la nuova realtà. La seconda parte riguarda l’analisi della crisi economica attuale e le sue ripercussioni a livello locale. E’ una conversazione della dottoressa Nicoletta Picchio, giornalista economica de Il Sole24ore, con due illustri economisti, il dottor Pierluigi Ciocca e il professor Marcello De Cecco. Parlando dell’evoluzione dell’Abruzzo, in particolare, ci hanno ricordato che la società abruzzese, partita da posizioni di estrema arretratezza, ha mostrato nel tempo una grande capacità di recupero. Tutto ciò, letto alla luce di quanto accaduto, è oggi un grande messaggio di ottimismo. E’ motivo di grande orgoglio presentare questo volume perché in queste pagine si rende possibile affermare anche materialmente che ci siamo stati, ci siamo e ci saremo ancora. IL DIRETTORE Francesco Prosperococco

IL PRESIDENTE Giorgio Rainaldi


Introduzione

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“ Francesco PROSPEROCOCCO - direttore CRESA

Manifesto del convegno

Buonasera a tutti. Diamo il benvenuto a tutti a nome del Cresa, soprattutto a nome del sistema camerale abruzzese e del sistema camerale nazionale. Nel programma scontiamo, purtroppo, la mancanza del Presidente nazionale Andrea Mondello per sopravvenuti improrogabili impegni. Riscontriamo, però, con piacere la presenza del Segretario Generale dell’Unione Italiana delle Camere di Commercio, dottor Giuseppe Tripoli. Un benvenuto quindi a tutti i partecipanti a questo convegno in cui il Cresa, il Centro di ricerche economico-sociali istituito nel 1968, come sapete, dalle Camere di Commercio abruzzesi, celebra i suoi quaranta anni di attività. Secondo il programma la prima parte del convegno, oltre a ripercorrere il filo dei quaranta anni di attività del Cresa, soprattutto da parte dei direttori che mi hanno


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Il direttore del CRESA Francesco Prosperococco

preceduto e cioè Silvano Fiocco, Mario Santucci e Rodolfo Berardi, sarà dedicata ad una vicenda e ad una tematica che i recenti accadimenti legati alla crisi finanziaria statunitense hanno bruscamente e rudemente imposto all’attenzione pubblica mondiale e cioè il rapporto tra domanda-offerta di informazione, in particolare informazione statistico-economica. La seconda parte, invece, sarà animata da una conversazione sulle complesse vicende che stanno scompaginando lo scenario internazionale e sulle principali ripercussioni che si avranno sui contesti nazionali ma soprattutto locali. Sarà esaminato quindi l’Abruzzo in ragione di questa grossa vicenda internazionale. In questa seconda parte abbiamo ritenuto di invitare dei personaggi di grande competenza e di grande visibilità negli studi economici. Personaggi della levatura del dottor Pierluigi Ciocca (poi vi presenterò i due, ma probabilmente non vanno neanche presentati considerata la loro fama) ed il professor Marcello De Cecco che saranno intervistati dalla dottoressa Nicoletta Picchio, giornalista economica del “Il Sole 24Ore”. Il Cresa quindi compie quaranta anni e come negli esseri umani, anche per le istituzioni questa ricorrenza rappresenta un punto di passaggio un po’ critico. Ci si guarda indietro, si rimettono in ordine un po’ di cose e nel fare questo finiamo immancabilmente per interrogarci, aggiornare la fotografia dell’oggi e magari abbozzare qualche ipotesi sulla strada che ancora abbiamo davanti. Quanto al passato, in questi ultimi 4 decenni è successo davvero di tutto. L’Abruzzo, da regione in ritardo di sviluppo, è stata protagonista di una così rapida ed intensa galoppata da assumere il rilievo di caso di studio. Uscire per primi nel Mezzogiorno dall’Obiettivo 1 dei fondi strutturali ha significato abbandonare una dimensione di arretratezza che era anche e soprattutto psicologica. Sul finire degli anni Novanta, tuttavia, questa mirabile macchina si è in qualche maniera inceppata e nel primo decennio del nuovo secolo, quello che stiamo vivendo, l’attività economica è rimasta praticamente ferma. Il principale indice di sviluppo di benessere, che è il Pil pro-capite, attualmente è intorno al 75% della media dell’Unione Europea a 15 e rappresenta, come voi ben sapete - ne abbiamo parlato anche nel rapporto dell’economia 2007 - un balzo indietro di circa 30 anni, e ci ritroviamo ai livelli di Pil che avevamo nel 1975. Nell’indagine sulla povertà, relativa all’Italia, pubblicata il 4 novembre dall’Istat, quindi molto recente, si segnala che nel 2007 oltre il 13% delle famiglie abruzzesi può tecnicamente


Lo sviluppo futuro dovrebbe essere l’esito di un progetto culturale e politico della comunità regionale... non la risultanza del libero gioco delle forze economiche e sociali...

definirsi povero in termini relativi, con un ritmo di crescita tra i più elevati in Italia rispetto all’anno precedente. Il processo di invecchiamento della popolazione, al pari di altre regioni meridionali procede più intensamente che altrove. Questo è il passato. Quanto all’oggi, a nostro avviso dovremmo interrogarci di più e meglio sulle ragioni di questa parabola, Occorrono strumenti e lenti adatte, forse diverse da quelle usate in passato. Il Cresa mette in campo i suoi rapporti annuali, il monitoraggio della congiuntura economica e sociale, i suoi osservatori settoriali. La riflessione deve nuovamente concentrarsi, a nostro avviso, sui possibili fattori dello sviluppo, chiarire il ruolo dei grandi gruppi multinazionali che operano in Abruzzo, indagare a fondo le dimensioni di impresa che sono piccole e piccolissime, io direi micro imprese. Soprattutto occorrono, a nostro avviso, luoghi dove gli studiosi e gli osservatori dei fenomeni sociali possano ricomporre il quadro dei loro studi e delle loro osservazioni in una visione più complessiva, oppure tornare a parlare “di” e “con” questa regione, per ottenere modelli interpretativi validi ed efficaci. Modestamente abbiamo già individuati alcuni punti di attacco e ne abbiamo già parlato - ripeto - nel nostro rapporto annuale e abbiamo incominciato anche a sottolinearli. Essi sono i bassi livelli di istruzione di questa regione, bassi profili professionali, scarsa partecipazione al mercato del lavoro. Questi sono temi destinati ad entrare sempre con maggior forza nella sfera d’azione delle regioni, non solo perché ce lo impongono alcune e più radicali istanze federaliste. Infine, a nostro avviso, occorre non solo assumere il metodo della programmazione come criterio ispiratore della propria azione, lo dice lo Statuto della Regione Abruzzo all’art. 51, ma aggiungere a questo metodo di programmazione la valutazione degli obiettivi conseguiti come metodo dell’azione, come invece recita lo Statuto della Regione Umbria, adottato nello

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stesso anno in cui è stato adottato quello della Regione Abruzzo. Il futuro: ci piacerebbe, che quelle virtù civiche che Robert Putnam ha posto a base dello sviluppo di larga parte del territorio italiano e che anche in questa regione hanno operato in termini di impegno civile, solidarietà, nelle relazioni sociali, reti associative, fossero in qualche modo ridestate e fuoriscissero dalle piccole dimensioni delle tante città d’Abruzzo. In questo senso le attività del Cresa faranno la loro parte, contribuendo a far sì che lo sviluppo futuro non sia solo la risultanza del libero gioco delle forze economiche e sociali in campo, quanto l’esito di un progetto culturale e politico complessivo della comunità regionale, che tende allo sviluppo economico di questa regione. E’ quindi con tale spirito che ho il piacere e l’onore di aprire i lavori di questo convegno, passando la parola per un saluto al Presidente del Cresa e della Camera di Commercio dell’Aquila, Giorgio Rainaldi e al dottor Tripoli, Segretario generale dell’Unione Nazionale delle Camere di Commercio.

Interventi di saluto

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Giorgio RAINALDI - presidente CRESA

Il presidente del CRESA Giorgio Rainaldi

Il mio intervento vuole essere solo un saluto, anche per non togliere tempo ai relatori che devono illustrare quaranta anni di vita del Cresa. Per prima cosa voglio ringraziare il Segretario Generale di UnionCamere, il dottor Tripoli, che ci ha onorato della sua presenza qui all’Aquila. Sia come Presidente del Cresa che come Presidente della Camera di Commercio dell’Aquila, mi sento orgoglioso di questo giorno e colgo l’occasione per porgere un sentito ringraziamento a chi mi ha preceduto nella carica: l’avv. Benito Bove e prima ancora l’avv. Mario Scataglini. Saluto altresì i miei colleghi delle altre Camere di Commercio abruzzesi, Ezio Ardizzi di Pescara e Dino Di Vincenzo di Chieti, rappresentanti da Giustino Di Carlantonio di Teramo, anche nella


sua veste di Presidente dell’Unione Regionale, evidenziando il carattere regionale del Cresa che è strumento a disposizione di tutto il territorio della regione. Un sentito ringraziamento, infine, va ai dipendenti che nel corso degli anni hanno collaborato con il Cresa, al quale hanno dato molto e, sono convinto, ancora molto possono dare. Il Cresa ha un ruolo di osservatorio dell’economia regionale ed è valido supporto alle attività di programmazione delle amministrazioni locali. Quindi, in un momento così delicato dell’economia regionale, i dati e le notizie che il Centro è in grado di fornire certamente possono contribuire a far sì che chi deve programmare per un futuro migliore possa utilizzarle al meglio. Il Cresa ha sempre lavorato con umiltà e con dedizione, raggiungendo altissime qualità, grazie ai suoi dipendenti, con l’occasione saluto l’attuale Direttore, Francesco Prosperococco, e sono convinto che se il Centro non ci fosse, molti si accorgerebbero subito della sua mancanza . Un grande ringraziamento, inoltre, va al professor Piergiorgio Landini, al professor Giuseppe Mauro ed al professor Pierluigi Properzi, componenti del Comitato scientifico del Cresa, che portano, con la loro collaborazione, un patrimonio di esperienze e competenze, messo sempre a disposizione di tutti gli enti, dalla Regione alle Province ed all’Università, con i quali lavoriamo. Sono convinto che la collaborazione debba non solo continuare ma crescere e mettere sempre più in evidenza le elevate qualità del lavoro svolto dal Cresa. Auspico che la Regione, con la quale negli ultimi tempi si è lavorato molto bene, e che tra breve rinnoverà i propri organi, continui su questa linea per non disperdere tale patrimonio, costituito anche grazie alle capacità ed alle professionalità dei direttori che si sono succeduti in questi quaranta anni. Concludo rivolgendo il mio ringraziamento ed il mio saluto affettuoso ai Direttori: il dottor Silvano Fiocco, il dottor Mario Santucci e il dottor Rodolfo Berardi, i quali questa sera ci racconteranno le loro esperienze e li ascolteremo certamente tutti con grande interesse.

Il CRESA è strumento a disposizione di tutto il territorio regionale a supporto delle attività di programmazione delle amministrazioni locali

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Francesco Prosperococco

Grazie presidente. La parola al Dottor Tripoli.

Giuseppe TRIPOLI - segretario generale Unioncamere

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Gli anniversari sono sempre un momento di gioia, perché aver superato i quaranta anni di vita è già un bel traguardo e quindi complimenti a quelli che hanno pensato, realizzato, costruito, portato avanti per quaranta anni questa struttura e che la gestiscono adesso. Gli anniversari sono anche un momento per qualche riflessione, per qualche ripensamento, per fare un bilancio, perché nella vita di solito si riflette quando capitano delle cose negative. Non è un caso che questo sia un momento di ripensamento riguardo a dove va l’economia, dove va il mondo, proprio perché viviamo questa fase di difficoltà e di crisi, la cui ombra grava su tutti. Nel portare il saluto del sistema camerale nazionale a questa struttura che, appunto, porta avanti da quaranta anni la funzione della conoscenza e dell’informazione economica, vorrei fare due brevissime riflessioni. La prima è questa: in fondo il Cresa esprime, con l’essere un Centro studi delle Camere di Commercio, la funzione più propria attorno alla quale le Camere di Commercio moderne sono nate. Infatti, senza andare nel lontanissimo passato del Medioevo, delle corporazioni o delle Universitates cinquecentesche, le Camere di Commercio moderne sono nate nell’Ottocento, nella fase liberale della nostra vita economicopolitica. All’epoca erano organismi di rappresentanza, quindi sono nate attorno alla funzione della rappresentanza. Erano i ceti liberali e produttivi che si riconoscevano nelle Camere di Commercio. Lo Stato, tentando di trovare un canale di colloquio con questi ceti, individuava proprio nello strumento associativo delle Camere di Commercio – in quel periodo erano associazioni - il luogo dell’aggregazione. Questa funzione di rappresentanza poi, tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento andò in crisi. Sostanzialmente per due motivi. Uno è politico: l’irruzione delle masse nella vita politica dello Stato e il suffragio universale misero in crisi la concezione elitaria della democrazia da cui erano nate le Camere di Commercio. Il secondo motivo è legato al primo grande scontro di politica economica nel nostro paese, avvenuto nei primi del Novecento, tra una visione protezionista dell’economia, che era sostenuta dall’allora nascente industria italiana, e una visione più internazionalista, che era sostenuta dai ceti agrari e dai ceti commerciali. In questo scontro, le Camere di Commercio non riuscirono a far sintesi, per la natura essenzialmente rappresentativa ed elitaria che le


caratterizzava, ed andarono in crisi. Nacquero così le varie confindustrie e poi, decenni dopo, le altre organizzazioni di rappresentanza. Si verificò allora la prima metamorfosi delle Camere di Commercio, che divennero, a partire dall’era giolittiana, la longa manus dell’amministrazione dello Stato e cominciarono allora ad introdursi una serie di funzioni, tra le quali la tenuta del Registro ditte. Quand’è che andò in crisi questa seconda fase della vita delle Camere di Commercio? Con la fine dell’esperienza di libertà politica e l’intromissione forte e violenta nel nostro paese del fascismo, nella sua versione corporativa per quello che riguarda l’economia. La terza fase della storia delle Camere di Commercio è quella successiva alla seconda guerra mondiale. Il cuore della Camera di Commercio moderna nel nostro ordinamento è di essere, come dicono tutti, l’osservatorio delle economie locali. Questa funzione di conoscenza economico-statistica della Camera di Commercio ha mostrato in questi anni le sue grandi potenzialità, radicando la Camera di Commercio su questo core business, sul quale poi si è costruito e si è basato l’altro pilastro su cui vive oggi la Camera, cioè la regolazione del mercato, il Registro delle Giuseppe Tripoli, imprese, le funzioni di arbitrato, di conciliazione, di controllo segretario generale dei prodotti, la funzione di promozione e sviluppo, i servizi di Unioncamere, alle imprese, l’internazionalizzazione e l’innovazione. durante il convegno Ma questi due pilastri non ci sarebbero stati e non ci potrebbero essere se non ci fosse la funzione di conoscenza. Questo perché uno dei dati fondamentali - e qui introduco la seconda breve riflessione che volevo fare - è che le Camere hanno costruito questa funzione attorno all’idea che, per decidere, prima bisogna conoscere, soprattutto nella realtà

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Il CRESA esprime la funzione più propria delle Camere di Commercio moderne, quella di conoscenza economico-statistica delle economie locali.

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moderna. Se un tempo era possibile decidere un po’ “al buio”, perché era chi decideva che spesso determinava i fenomeni, oggi chi decide, se non conosce perfettamente ciò che sta avvenendo, come mostrano gli eventi di questa crisi, quando compie una scelta è già fuori gioco. E allora, qual è la funzione oggi della conoscenza della Camera di Commercio in un’economia come quella che conosciamo, globale, internazionalizzata, regolata da flussi continui? La vedrei sotto due profili. Da un lato, è una conoscenza per i soggetti del mercato. Le Camere di Commercio hanno reso disponibili i dati amministrativi del Registro delle imprese per farli diventare una informazione economica fruibile e utilizzabile dai soggetti del mercato, cioè dalle imprese. Questo, in un sistema regolato da un mercato come quello che conosciamo, globale per usare un termine sintetico, è ancora più essenziale, in quanto in un mercato globale è ancora più importante l’aspetto della fiducia. Ma la fiducia si costruisce solo se si ha conoscenza della situazione. Quindi, senza fiducia non si ha mercato, ma senza conoscenza non si ha fiducia. Questo è il primo elemento ma è determinante, basti pensare al tema degli investimenti esteri. Un operatore li fa se conosce il contesto. Spesso alle Camere, voi lo sapete, viene richiesto di dare informazioni accurate, di dettaglio sui singoli contesti, perché queste possono essere di utilità a chi vuole venire ad investire o avviare collaborazioni con altre imprese. Il secondo profilo è quello della conoscenza per chi deve decidere. Oggi sono diversi i soggetti che decidono, nazionali e locali, e allora chi deve decidere deve poter avere la conoscenza più accurata e più in tempo reale possibile delle economie locali. Le Camere di Commercio da questo punto di vista sono oggi un referente importante per tutti i diversi livelli di governo, locale, regionale, nazionale ed europeo.


Il tavolo dei relatori

Ecco allora, che il Cresa, - che oggi celebra con il quarantesimo compleanno, un momento importante della sua attività, come tutte le altre realtà di studio delle Camere di Commercio - contribuisce a rendere le Camere oggi, possiamo dirlo anche con qualche orgoglio, lo strumento di conoscenza territoriale più accurato, più di dettaglio che ci sia, accanto alla Banca d’Italia, che detiene il primato dell’analisi in campo economico. Questo concetto lo abbiamo emblematicamente espresso con l’idea della Giornata dell’Economia e con le molteplici iniziative di conoscenza sul territorio che mettiamo in campo per consentire a tutti di fruire dei nostri dati e delle nostre informazioni. Allora complimenti per il lavoro svolto, auguri per i prossimi non quaranta, ma centoquaranta anni di lavoro che vi aspettano. Sappiate che le Camere di Commercio puntano anche su iniziative e su realtà come la vostra, per approfondire la conoscenza reale dei fenomeni e far restare, quindi, agganciate a questa conoscenza dell’economia reale le decisioni.

Francesco Prosperococco

Grazie al dottor Tripoli, che ha evidenziato in maniera certa e quasi inconfutabile come l’informazione economica che riescono a dare le Camere di Commercio è sempre puntuale, precisa, ma spesso e volentieri è inespressa. Registriamo la presenza dei nostri illustri ospiti, che invitiamo a sedere al tavolo dei lavori. Il professor De Cecco, il dottor Ciocca e la dottoressa Picchio.

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Prima Parte

Il racconto di una preziosa esperienza Francesco Prosperococco

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Inziamo con la prima parte di questo nostro convegno, con la quale intendiamo ripercorrere la preziosa esperienza del Cresa nell’arco di questi quaranta anni. Come dicevo prima, abbiamo invitato a ripercorrere questo lungo periodo i miei illustri predecessori. Incominciamo subito dal dottor Silvano Fiocco che, pur ricoprendo il ruolo di Segretario Generale della Camera di Commercio dell’Aquila, è stato contemporaneamente Direttore del Cresa dal 1968 al 1997. Come da programma, il suo intervento sarà: il Cresa e la programmazione regionale. Prego dottor Fiocco.

Silvano FIOCCO - direttore del CRESA dal 1968 al 1997 Grazie, Direttore! Al pari della programmazione nazionale, la programmazione regionale ebbe vita breve e confusa. Entrambe poi subirono una fine precoce. Per poter parlare con cognizione di causa dell’una dobbiamo far cenno in via preliminare anche all’altra. Non tutta, ma la parte più importante della classe politica dell’Italia del dopoguerra

Silvano Fiocco direttore del CRESA dal 1968 al 1997


nutriva grandi ideali. Avvertiva in particolare la necessità di alleviare i problemi delle classi più povere, di cui le inchieste parlamentari sulla miseria e sulla disoccupazione avevano rivelato la drammaticità. Va ricordato, come anticipazione dell’argomento che ci interessa, che per l’Abruzzo, furono curate entrambe da Benedetto Barberi, un protagonista della programmazione abruzzese. C’era poi il problema della terra ai contadini, con il nodo del latifondo, e quello dello squilibrio del Mezzogiorno rispetto alle altre regioni. Insieme ad altri, questi temi facevano parte del bagaglio ideale del riformismo, che aveva una così ampia forza politica da riuscire a far includere nella Carta Costituzionale talune solenni affermazioni di principio che delineavano un ideale stato sociale, che non si realizzò. Si riconoscevano in tali idealità i partiti maggiori, anche se con gradazioni e carature diverse, o meglio le loro frange più avanzate. Paul Ginsborg ne fa una classificazione che possiamo accettare. In primo luogo i riformisti veri e propri: buona parte del PSI, Dossetti e il suo gruppo, tra cui Fanfani (anche se un po’ discontinuo nell’impegno); quindi i radicali de Il Mondo e poi de L’Espresso, il movimento Comunità di Adriano Olivetti, e numerosi ex azionisti, tra i quali La Malfa. Il secondo gruppo comprendeva buona parte del partito di Pietro Nenni: era quello dei riformisti rivoluzionari, che volevano le riforme purché fossero una prima tappa nella direzione del socialismo. Infine Aldo Moro e i dorotei, ai quali le riforme andavano bene se non intaccavano l’assetto sociale che costituiva la base della DC. Ovviamente non c’erano i comunisti che ambivano a ben altri traguardi. Nell’ottica riformista erano molti a pensare che i problemi del paese, non potevano essere risolti dal mercato. Occorreva un’azione più radicale, collocata in un quadro organico di intrinseca coerenza: la programmazione. Era un’idea che non piaceva a molti, ma che costituiva per altri una sorta di fascinazione profonda, nutrita di varie motivazioni. Innanzitutto la consapevolezza che le sole forze del mercato non avrebbero risolto i problemi di fondo, ma anche l’attrazione per il modello della pianificazione socialista, i cui risultati erano attestati dalla capacità dimostrata dall’economia sovietica di far fronte allo sforzo bellico. Non mancò tuttavia neanche l’ambizione molto intellettuale di mettere in atto gli strumenti dell’econometria, che era scienza recente e, magari, anche la prospettiva di costruire le tavole delle interdipendenze strutturali che Leontieff aveva ideato negli anni Venti. La programmazione fu l’impegno ideale che per poco più di un decennio riunì un gruppo di persone che forse, ancora oggi, può essere considerato quanto di meglio l’intellettualità politica, nel tempo, abbia offerto al paese. Va a loro merito aver portato su posizioni singolarmente avanzate i partiti di rispettiva

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appartenenza, che così apparvero per un po’ migliori di quanto effettivamente fossero, salvo poi a regredire sulle posizioni di partenza, determinando così il fallimento di quella politica. Ne furono delusi i protagonisti di quella vicenda i quali, più tardi, si autodefinirono “le vedove della programmazione.” Con ironia, certo, ma anche con molto rammarico. Dopo taluni antefatti più o meno significativi, tra i quali il Piano del Lavoro della CGIL e il tanto discusso Piano Vanoni, l’avvio della programmazione si ha con la Nota aggiuntiva che il ministro La Malfa allegò alla Relazione sulla situazione economica e finanziaria, presentata al Parlamento nel 1962. Nel successivo governo, il primo presieduto da Aldo Moro, il ministro del Bilancio, il socialista Antonio Giolitti, predispose un primo piano di sviluppo, che però non volle rimettere al Parlamento essendo entrato in crisi il governo. Seguì il secondo governo Moro. Ministro del bilancio era Pieraccini, anche lui socialista, che si affrettò a produrre quello che resta il solo piano che abbia visto la luce in Italia. Il piano Pieraccini era un po’ meno radicale del precedente, ma questo suo minor rigore non riuscì a fargli superare gli ostacoli di un’opaca opposizione. Fu sottoposto ad un’impervia procedura di approvazione, che seguì un iter parlamentare “folle” (la definizione è di Giorgio Ruffolo, che a distanza di tanti anni ne è ancora indignato). Vengono nominati due relatori, che suddividono il piano in qualche centinaio di commi, per ognuno dei quali viene presentata una valanga di emendamenti. Si approva la Nota di scorrimento, che concede una proroga di un anno. Ma passa altro tempo prima che il Parlamento approvi in via definitiva. Questo avviene con legge del mese di luglio del 1967, quando è trascorsa la metà del periodo di validità del piano. Paradossalmente è proprio questa approvazione che segnerà la fine della programmazione, almeno come procedura innovativa ed organica. Seguì il Progetto ’80, documento ambizioso che non andò oltre i circoscritti limiti del dibattito culturale. L’articolazione regionale della programmazione obbediva a varie esigenze: quella funzionale, come necessaria interazione centro/periferia; e quella politica, una sorta di anticipazione dell’ordinamento regionale che, a quel tempo, era ancora avversato da varie forze politiche. Ma l’esigenza più importante di tutte era quella di legare la programmazione economica al governo del territorio. Era un tema particolarmente avvertito da coloro i quali ritenevano che la legge urbanistica del 1942 non fosse più confacente al dinamismo frenetico e disordinato dell’edilizia del tempo. Che, poi, erano gli stessi che assistettero con delusione ed amarezza alla fine, non parlamentare, ma politica, della riforma predisposta, non da un


Il CRESA è nato per essere una presenza viva animata da un costante impegno civile fattore dinamico di crescita e punto di riferimento per la società abruzzese

rivoluzionario, ma da un ministro democristiano, Fiorentino Sullo (1965). I primi piani regionali furono quello dell’Umbria e il Piano di Rinascita della Sardegna. In questa sede in particolare dobbiamo ricordare quest’ultimo perché la documentazione tecnica del Piano fu curata da Glauco Della Porta, un personaggio che avrà un ruolo importante nella programmazione abruzzese. In altre regioni l’impazienza per la lentezza e per le indecisioni del centro portò, come primo passo di un autonomo processo programmatorio, alla creazione degli istituti di studio e di ricerche: così avvenne in Liguria, in Toscana, nel Piemonte e altrove. Che si trattasse di iniziative riferibili all’area politica delle sinistre, in particolare socialista, non fu gradito dal partito di maggioranza, la Democrazia Cristiana e, al suo interno, da coloro i quali riservavano più attenzione al problema. Tra di essi, Emilio Colombo che, da Ministro dell’Industria, comprese di potersi avvalere, per una sua iniziativa, delle Camere di Commercio, enti che presentavano una diffusa, anche se non sempre conclamata, vicinanza alle sue posizioni politiche. Le Camere, peraltro, presentavano anche requisiti più obiettivi: da sempre avevano funzioni di studio dell’economia locale, disponevano delle informazioni statistiche di prima mano, come corrispondenti dell’ISTAT e, infine, costituivano un sistema abbastanza omogeneo, coordinato dalla loro Unione della quale era Segretario Generale un antesignano delle analisi statistiche a livello territoriale, Guglielmo Tagliacarne (Calcolo del reddito delle province, Aree di gravitazione commerciale e così via). Colombo invita le Camere di Commercio a partecipare alla programmazione economica, istituendo in via preliminare centri studi regionali. Nella loro generalità le Camere aderirono all’iniziativa. Forse non tutte per un improvviso colpo di fulmine per la politica di piano, quanto nella speranza di poter influire sulla programmazione dal di dentro, mitigandone, se del caso, il rigore. In tutte, poi, era

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Il pubblico intervenuto al convegno

avvertita la necessità di una affermazione identitaria che aveva per mira una adeguata collocazione nell’ordinamento regionale, per la quale era di ostacolo la loro natura di enti non elettivi, risorti dalle ceneri dello stato corporativo grazie ad un decreto luogotenenziale del 1944. Le Camere di Commercio abruzzesi aderirono all’invito del Ministro e, nel 1961, dettero vita al Centro per il piano di sviluppo regionale. Dovettero superare una prima difficoltà: quella della scelta della sede. A questo punto occorre ricordare che la contesa per il capoluogo ha condizionato a lungo la vita della regione né sembra che la sua ombra lunga si sia completamente dissolta. La rivalità tra L’Aquila, la città storica, e Pescara, la città nuova, è stata il sostrato profondo di tutte le vicende che hanno attraversato l’Abruzzo negli anni successivi al conflitto mondiale. Esisteva anche nel passato, ma era poco più che una disputa per il primato morale. Ora, invece, alla vigilia dell’ordinamento regionale assumeva carattere di sostanziale rilevanza. Il contrasto non era limitato alle due città rivali: a favore dell’una o dell’altra si schierava questa o quella parte della regione, peraltro non sempre con molta coerenza; né Chieti aveva mai ritirato la sua sommessa candidatura, nella speranza di poter essere il terzo che gode fra i due litiganti. Per superare la difficoltà della scelta senza guastare i loro buoni rapporti, le Camere di Commercio abruzzesi ricorsero ad un sistema di turnazioni: la sede del Centro veniva fissata a Teramo, ma solo per il primo semestre. Poi, ogni sei mesi, doveva essere trasferita presso un’altra Camera. Il che andava bene per la serenità dei rapporti, ma fece sorgere un problema che fu particolarmente avvertito dai responsabili del Centro, quando questo fu trasferito all’Aquila: il criterio della rotazione non rendeva possibile la creazione di una struttura propria, dato che non era pensabile che tale struttura seguisse gli spostamenti semestrali della sede.


Finché restò in vita il Centro teramano, quella soluzione, nonostante questo aspetto negativo, non costituì un problema, anzi essa era coerente con una ben precisa scelta politica, che trovava motivo - o pretesto - nell’incapacità degli uffici camerali di far fronte ai nuovi compiti. Da qui la scelta di affidare l’attività di studio ad una delle tante organizzazioni o singoli esperti esterni, che all’epoca frequentavano numerosi le anticamere dei vari enti. Ovviamente, la scelta seguiva criteri discrezionali. L’inizio dell’attività del Centro abruzzese dimostra, però, che anche l’affidamento all’esterno può essere una buona scelta: fu chiamato Benedetto Barberi, che abbiamo già ricordato a proposito delle inchieste sulla miseria e sulla disoccupazione. Barberi era nato a Borbona, centro della valle del Velino appartenente fino al 1927 alla provincia dell’Aquila, per cui si sentiva abruzzese in maniera ferma e passionale. Era stato direttore generale dell’ISTAT e all’epoca era docente di statistica presso l’università di Roma. Proprio all’Abruzzo aveva dedicato molta parte della sua opera di studioso, anche esprimendo qualche anno addietro convinzioni non in linea con gli indirizzi del regime fascista. Barberi realizza per il Centro un primo lavoro sugli aspetti e le tendenze dell’economia abruzzese e un secondo sugli aspetti strutturali e dinamici della popolazione. Inoltre coordina gli uffici camerali, per la predisposizione di una monografia regionale per la programmazione economica, nel quadro di un programma unitario dell’Unioncamere. La parte maggiore degli incarichi, però, la ebbe il CERES, un centro studi vicino alla CISL, diretto da Nicola De Panfilis, che poi farà parte del Comitato scientifico del CRESA. Questa devoluzione all’esterno era particolarmente penalizzante per gli uffici camerali, dato che al CERES venne affidata la realizzazione di un vasto e articolato programma poliennale, che comprendeva ben quindici titoli: ricerche sulle risorse e il loro impiego, la formulazione degli obiettivi e la costruzione di un modello di sviluppo. Che era più o meno quello che un piano deve contenere. L’importo della commessa ammontava a 82 milioni di lire. Come abbiamo già accennato, molto diversa sarà la linea di condotta del CRESA una volta che, con il trasferimento all’Aquila, era subentrata una nuova dirigenza: un nuovo Presidente (Mario Scataglini) e un nuovo Direttore (colui che vi parla) che dettero avvio ad un processo di emancipazione che alla lunga andò a buon fine. Nel 1964 il ministro Pieraccini istituisce i Comitati regionali per la programmazione economica (CRPE). L’Aquila viene indicata come sede del Comitato abruzzese. Quindi in questa città deve essere trasferito il Centro, se si vuole che diventi

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strumento del Comitato. La decisione è difficile. Il campanilismo sembra avere la meglio sullo spirito di collaborazione. Arrivano pressioni di varia provenienza e un’intensa azione diplomatica, alla fine, avrà successo. Occorre però ingrandire la torta perché tutti ne abbiano una fetta. Pertanto, sotto gli auspici del Ministero vigilante, si costituisce l’Unione regionale delle Camere, con sede iniziale a Teramo, che cede il Centro studi all’Aquila. L’Unione avrà una sede a rotazione. La tappa successiva sarebbe stata Chieti, che ottiene così un suo contentino. Bisogna accontentare anche Pescara, alla quale viene destinato il Centro regionale per il commercio con l’estero, altrove già in funzione. Ora si può finalmente attuare il trasferimento all’Aquila che comporta un nuovo statuto più organico ai nuovi compiti. Da qualche tempo il Centro si chiama CRESA, che è acronimo imperfetto della denominazione completa: Centro Regionale per gli studi e le ricerche economiche e sociali per l’Abruzzo. Questa sarà la denominazione del nuovo Istituto, che venne costituito nel febbraio del 1968. Nella prima riunione vengono nominati il Presidente e il Direttore. Viene anche costituito il Comitato scientifico. I membri sono designati dalle quattro Camere: Benedetto Barberi, presidente, da L’Aquila, Nicola De Panfilis, da Chieti, Carlo Pace, docente di economia politica, da Pescara, e il dottor Cuomo, incaricato di diritto commerciale, da Teramo. All’inizio il nuovo indirizzo è bloccato dall’eredità del Centro teramano, in primo luogo il rapporto con il CERES. Poi, nel marzo del 1968, il direttore presenta un nuovo programma di attività, da realizzare nel biennio successivo con impiego della nascente struttura del CRESA e con la collaborazione degli uffici studio delle Camere. La collaborazione con il CRPE resta nel limbo delle buone intenzioni, anche perché le altre componenti del Comitato, quelle elettive, non vedono di buon occhio il rapporto con il Centro camerale. Precedentemente, però, ci fu un avvenimento frutto avvelenato della contesa per la supremazia regionale: la crisi del CRPE. Barberi ne era stato nominato presidente, cosa non gradita a coloro che lo tacciavano di simpatie per la causa aquilana. Convocò la prima riunione il 28 dicembre 1965 ovviamente all’Aquila, che il decreto istitutivo aveva indicato come sede del CRPE. Questo adombrava in qualche modo un surrettizio riconoscimento ufficiale dell’Aquila capoluogo. I rappresentanti del partito adriatico minacciarono di disertare la riunione, ma poi cedettero alle pressioni ricevute. Era però solo una quiete apparente. In apertura di seduta il sindaco di Pescara Zugaro De Matteis, chiese di poter discutere l’argomento del capoluogo. All’energico, forse anche brusco, rifiuto del presidente


iniziò una discussione, che toccò toni drammatici, e terminò solo quando i contestatori abbandonarono la riunione. Sulla stampa di parte adriatica seguì una feroce campagna contro Barberi il quale, dopo qualche tempo, rassegnò le dimissioni per motivi di salute: lo stress di quei giorni gli aveva causato danni dai quali si riprese solo molto tempo dopo, e nemmeno completamente. Il Comitato tornò a riunirsi solo sotto un nuovo presidente. Era Glauco Della Porta, personaggio che abbiamo già incontrato come responsabile delle ricerche preliminari del Piano di Rinascita della Sardegna e che era stato sindaco di Roma. Era il contrario di Barberi. Affabile e disponibile mise in atto tutte le sue doti diplomatiche per una ricucitura che portò il Comitato ad un periodo di relativa serenità, durante il quale furono realizzate alcune ricerche di base ( a dire il vero, un po’ empiriche). Dovette passare vario tempo prima di arrivare a qualche risultato concreto: la decisione di affidare al CRESA la redazione di uno schema di sviluppo regionale, relativo al quinquennio 1966-1970. Si badi bene, eravamo alla fine del 1968. Lo schema avrebbe dovuto concorrere con il Piano di assetto territoriale, di competenza del Provveditorato alle Opere Pubbliche, alla formazione del piano regionale. Il CRESA accettò con atto del Consiglio di amministrazione fin dal 4 gennaio dell’anno successivo di corrispondere alla richiesta dal Comitato, peraltro a titolo gratuito. Dette incarico di procedere all’elaborazione dello schema a Barberi, che aveva ripreso le funzioni di presidente del Comitato scientifico e a De Panfilis, che si avvalsero dell’organismo da questi rappresentato, il CERES. Anche la struttura interna fu chiamata a collaborare: la parte relativa all’industria venne assegnata al direttore e al dottor Rosa, già Segretario Generale della Camera di Commercio teramana. A De Panfilis veniva anche dato mandato di curare la collaborazione con il gruppo del Provveditorato alle OOPP, con il quale però ebbe un rapporto difficile, per cui il coordinamento venne a mancare. Lo schema di piano viene rimesso al Comitato nel mese di settembre. Della Porta, in varie sedute, insiste per una decisione, che non viene. Quindi ritiene di dover lasciare. Presenta le proprie dimissioni, che mantiene ferme nonostante gli inviti a restare. Ancora qualche mese e viene istituita la Regione Abruzzo. Il CRPE cessa di esistere. Dopo queste vicende, concludendo l’azione che era iniziata con il trasferimento all’Aquila, il CRESA si svincola dai rapporti che aveva fino ad allora avuti con i consulenti esterni: Barberi si allontana e dopo qualche tempo dopo si dimette. Pace aveva lasciato già da qualche tempo, dopo un dissidio con gli organi del CRESA generato da alcune sue imprudenti dichiarazioni sul capoluogo, la cui

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gravità - a distanza di tanti anni lo si può confessare - fu senz’altro strumentalmente accentuata. Per quanto riguarda De Panfilis, i lavori elaborati dalla sua struttura formarono oggetto di contestazione perché non rispondenti ai requisiti previsti dal contratto, per cui il rapporto fu risolto. Da allora il CRESA inizia un’esistenza che, fatto unico tra i Centri studio camerali sorti in quel periodo, dura ancora oggi. Il CRESA sapeva di avere una lunga strada da seguire. E che quella strada doveva essere percorsa curando l’affidabilità della struttura e badando sempre alla correttezza e all’obiettività delle scelte. Questa strada fu seguita superando difficoltà e malumori, anche in seno al Consiglio di amministrazione, con una lotta quotidiana, che certamente non richiedeva eroismi, ma tenacia, convinzione e spesso anche spirito di sopportazione. Fu un’azione svolta in piena comunità d’intenti da Mario Scataglini e dal sottoscritto, i quali, nella luce incerta degli inizi, avevano ben chiara la convinzione che una struttura dedicata allo studio dell’economia regionale, consapevole di poterne interpretare le molteplici esigenze e di indicare le possibili soluzioni dei problemi, doveva costituire una presenza viva, animata da un impegno civile costante, in grado di proporsi come un fattore dinamico di crescita e di poter costituire per la società abruzzese un punto di riferimento sicuro. Grazie!

Francesco Prosperococco

Grazie al dottor Fiocco. La sua relazione è stata sicuramente calibrata al suo lungo percorso nel Cresa, durato ben 31 anni. L’intervento che segue è quello del dott, Mario Santucci che, oltre ad avere svolto le funzioni di Segretario Generale della Camera di Commercio dell’Aquila, come il dottor Fiocco, dal 2000 al 2005 ha contemporaneamente diretto il Cresa. Il dottor Santucci tratterà il tema Informazione economica e conoscenza.

Mario SANTUCCI - direttore del CRESA dal 2000 al 2005

Un breve saluto ed una breve testimonianza. Mi ritrovo con piacere, anche se in compagnia di ineludibili nostalgie, a festeggiare più che un anniversario un compleanno, il compleanno di un organismo come il Cresa, giunto a quaranta anni di età e di attività, anni che nella accezione demografica attuale possono essere qualificati più che come indice di maturità, come indice di giovinezza avanzata. Ringrazio il Presidente Rainaldi e il Direttore Prosperococco per l’invito che si è voluto rivolgermi. La mia testimonianza: sono stato ricercatore nel Cresa fin dalla sua costituzione, per cui la mia attività professionale si è svolta quasi prevalentemente all’interno di questo Istituto.


Nominato poi nel 1997 Segretario generale della Camera di Commercio dell’Aquila, ho assunto anche le funzioni di Direttore del Cresa, quasi a chiudere un cerchio apertosi in quel lontano e vicino 1968. Un anno - come è noto - che molto ha rappresentato, nel bene e nel male, per la società italiana. Chi mi ha preceduto ha sottolineato il ruolo del Cresa nel campo della programmazione regionale e, ripercorrendo spaccati anche di storia italiana, la storia, i fatti antecedenti alla costituzione del Centro. Da parte mia, nel mentre suggerirei agli attuali ricercatori del Cresa di predisporre un quaderno bibliografico di tutte le opere del Centro (sarebbe utile per molti) da parte mia, dicevo, intendo sottolineare che il Centro è stato ed è uno snodo essenziale per l’informazione di base nel campo socioeconomico abruzzese. Sul tema dell’informazione mi sia concesso di delineare qualche notazione. E’ stato efficacemente detto che affoghiamo nell’informazione ma siamo assetati di conoscenza. Questa affermazione, al di là del suo effetto, sta Nella foto a sottolineare che il problema di una razionale Mario Santucci organizzazione dell’informazione come fattore non a valore direttore del CRESA autonomo ma strumentale e quindi finalizzato alla dal 2000 al 2005 conoscenza, non è ancora del tutto risolto. E ciò accade nonostante i progressi compiuti dalle varie scienze coinvolte da questo processo, che pure costituisce un carattere precipuo della società moderna. Eppure in tale contesto due dati assumono una crescente e diffusa evidenza: il valore in senso globale dell’informazione-conoscenza delle società avanzate, la forte consapevolezza che con il crescere della complessità aumenta ogni giorno il bisogno di conoscenza ai fini delle scelte e delle decisioni. E’ noto, infatti, che il bisogno di conoscenza attraverso l’informazione deriva sostanzialmente da sempre più ampi e pervasivi processi di integrazione, sia all’interno del singolo sistema economico che tra sistemi economici diversi. Davanti a questo momento di complessità, che riveste, appunto, carattere sistemico, la conoscenza-informazione assume una funzione strategica e si fa strumento e supporto indispensabile per decidere ed operare con successo. Mi pare, allora, che una riflessione si imponga a tutti noi, per rispondere alla domanda del come dobbiamo organizzarci per soddisfare questa esigenza.

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Il CRESA è stato ed è uno snodo essenziale per l’informazione di base nel campo socio-economico abruzzese... ... Affoghiamo nell’informazione ma siamo assetati di conoscenza...

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Nel fare ciò, occorre partire da una constatazione che non può non essere carica di conseguenze. Vi è uno scarto ancora ampio tra il sistema complesso dell’offerta e la struttura della domanda reale nel campo della informazione. Uno scarto - si deve sottolineare - che non si manifesta solo sul piano dei contenuti ma anche e soprattutto su quello delle dinamiche e della qualità e tento di spiegarmi. Ad una domanda: perché corre la società civile e che si fa sempre più sofisticata perché è impegnata ad affrontare un ambiente complesso, corrisponde spesso un’offerta o un apparato di offerta sostanzialmente e storicamente autodeterminatosi. Tale scarto da una parte può essere superato con un profondo mutamento di cultura organizzativa, dall’altra con un rinnovato interesse, serio e motivato da parte degli utenti pubblici e degli utenti privati. Queste precisazioni erano opportune per comprendere nel fondo il ruolo ma anche le prospettive che un Centro come il Cresa ha avuto, ha ed avrà e per comprendere anche i rapporti che esso ha avuto, ha e può avere con il contesto, soprattutto con il sistema pubblico e con il sistema produttivo. Le indagini congiunturali, i rapporti annuali, le analisi monografiche sui settori economici o su aree o argomenti significativi, le ricerche sperimentali sulle matrici input-output, il calcolo del reddito per Comune, le preziose indagini fatte con le Università abruzzesi, hanno posto il Cresa come attore significativo nel predisporre ed offrire prodotti informativi organici al sistema abruzzese, pur nella consapevolezza che tali prodotti vanno continuamente testati, al fine di discernere non il dejà-vu, ma la profondità dei mutamenti che un contesto economico presenta. Ma dall’altra parte cosa è avvenuto e cosa avviene in Abruzzo da parte della domanda? C’è da parte degli Enti pubblici o da parte dei rappresentanti del sistema produttivo un effettivo interesse ad avere informazioni indipendenti, integre, credibili, senza doppioni, confusioni o anche narcisismi, per poter


deliberare, come diceva Einaudi, per poter supportare validamente e con trasparenza le politiche, i programmi e i progetti nel campo socio-economico? In questa sede io mi limito soltanto a porre la domanda. Ricordo che 10 anni fa, circa 10 anni fa, con la Legge n. 11 del 99, la Regione Abruzzo assegnò alle Camere di Commercio e di fatto al Cresa, il compito di monitorare i settori dell’economia. Non mi risulta che questo provvedimento abbia poi trovato attuazione. Allora, se questo incontro che celebra i quaranta anni del Cresa, anche con il contributo di due presenze di altissimo tono, come il professor De Cecco e il dottor Ciocca, se questo incontro vuole essere produttivo, sarà opportuno che il sistema camerale abruzzese e per esso il Cresa, nel continuare a svolgere una funzione ormai storica - come diceva il dottor Tripoli - di osservatori dei fenomeni socio-economici locali, si attrezzino anche in maniera sempre più efficace, per far ulteriormente maturare e diffondere una cultura dell’informazione socio-economica e creare un rinnovato interesse perché questa informazione sia considerata un bene pubblico, come ripete spesso l’Istituto nazionale di statistica, e un supporto essenziale per chiunque voglia operare nella comunità economica della nostra regione. Io mi auguro che il sistema camerale e il Cresa possano essere all’altezza di questo compito. Grazie.

Francesco Prosperococco

Eravamo certi e convinti che il dottor Santucci fosse puntuale, conciso, come lo è stato. In particolare ne ero certo io stesso, avendo apprezzato questa sua peculiarità in anni di reciproco affiancamento e collaborazione. Raccogliamo con piacere, facendone tesoro, i suoi indirizzi e le sue raccomandazioni. Darei la parola al dottor Rodolfo Berardi. Anche lui responsabile della ricerca all’interno del Cresa e successivamente dirigente, ha ricoperto il ruolo di Direttore negli anni 2006 e 2007. Tratterà il tema Ricerca economico territoriale e policy.

Rodolfo BERARDI - direttore del CRESA nel 2006 e 2007 Mi auguro che l’incontro di questa sera, possa costituire, al di là del momento celebrativo, un’occasione per raccogliere spunti e riflessioni utili al Cresa per proseguire un percorso, già ricco di risultati che nel tempo gli hanno permesso di conquistare prestigio e credibilità nel campo della ricerca e degli studi sul territorio. Per questi motivi, con il mio intervento, oltre che portare una testimonianza dei percorsi eccellenti su cui si è sviluppata l’attività, ricca di quelle pregevoli esperienze con cui l’istituto ha costruito la sua reputazione nell’ambito dei sistemi in cui ha operato, vorrei fare anche qualche riflessione, come spunto per coloro che oggi sono chiamati a dirigere e governare questo istituto.

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Questo nella speranza che il Centro possa ribadire i propri successi alla luce dei nuovi scenari dovuti ai profondi mutamenti verificatisi nel campo degli studi e della conoscenza dovuti alla accresciuta e sempre più diffusa disponibilità di informazioni. Questo non solo nella prospettiva di rafforzare il ruolo che gli è più confacente all’interno del campo in cui opera, ma anche per rafforzare il sistema istituzionale di cui il Cresa stesso è espressione che, purtroppo, negli ultimi anni si è venuto indebolendo progressivamente. Da chi mi ha preceduto, è stato detto come e perché il Cresa nasce. Dalla sua prima originaria investitura di svolgimento di una funzione di supporto alle istituzioni, e in particolare al richiamato Comitato Regionale per la Programmazione Economica (CRPE), successivamente con la nascita delle Regioni e con la soppressione degli stessi Comitati, il Centro, recuperando l’eredità propria delle funzioni per le quali nasce, decide di procedere autonomamente, ribadendo le sue peculiarità e mantenendo le funzioni di promozione della conoscenza della realtà regionale, principalmente a supporto degli Enti e delle istituzioni, tra cui le Camere di Commercio, di cui è espressione. In questa sua prima fase di mantenimento del proprio ruolo, il Cresa è anche alla ricerca di un’identità, che da un lato rinsaldi le proprie specificità, e dall’altro possa concorrere ad accrescere il proprio campo di operatività. Muovendosi a tutto campo si sviluppano così i diversi filoni di attività: - innanzitutto si ribadisce il ruolo di servizio alle istituzioni, avviando una serie di rapporti con l’Ente Regione - si avvia poi un filone di studi e di ricerche interne di approfondimento della conoscenza sulla realtà socio-economica dell’Abruzzo - contemporaneamente si accrescono anche funzioni e compiti di sostegno alle funzioni proprie delle Camere di Commercio. Gli uni e gli altri filoni di attività si fondono facendo assumere al Cresa, nel corso di un paio di decenni, una specificità e una qualificazione, direi, quasi di prestigio. Sui filoni richiamati, però quello riferito al sistema camerale si viene man mano attenuando. La conquista dei nuovi campi di operatività per gli altri due filoni prosegue invece in maniera soddisfacente, consentendo non solo di rafforzare il ruolo proprio del Centro, quello cioè di promozione della conoscenza della realtà regionale, ma anche di conquistare per questa funzione di supporto della conoscenza della realtà socio-economica regionale uno spazio quasi esclusivo come interlocutore degli Enti locali e in primis della Regione. Sul filone delle funzioni di supporto svolte si ricordano le prime applicazioni


sperimentate, molte svolte artigianalmente, considerati i mezzi che si avevano a disposizione, e non solo quelle svolte per conto della Regione, come: - gli studi a sostegno delle prime applicazioni delle politiche europee; - le analisi territoriali connesse alla politica della casa; - la crescente partecipazione al processo di pianificazione che intanto si veniva attuando anche a livello locale, come i piani per le Comunità Montane o per i Comuni; - la partecipazione alla redazione di strumenti di programmazione regionale come i piani di sviluppo regionale. Su un altro versante, tuttavia, si amplia e si accresce una funzione che vede il Cresa conquistare una crescente contrattualità, che diviene man mano centrale, in specie nei lavori che riguardano la realizzazione di studi finalizzati ad approfondire la conoscenza dei sistemi locali. Voglio ricordare che questo filone, tra l’altro, si sviluppa anche grazie ai collegamenti con il mondo accademico e scientifico. In tale campo significativa fu l’esperienza realizzata di seguito ad un incontro formativo maturato presso I’Istituto di Analisi dei Sistemi (IASI-CNR), da cui nacque l’idea dello studio sulla mobilità della popolazione sul territorio regionale. Studio che prima ancora dell’Irpet (istituto di ricerche della Regione Toscana) e dell’Istat poi (con i lavori per la realizzazione dei Sistemi Locali del Lavoro), ci condusse all’applicazione di una metodologia con cui realizzammo un’analisi della mobilità della popolazione sul territorio con cui arrivammo alla definizione delle aree di mobilità in Abruzzo. Esso costituì una anticipazione ed una valida interfaccia degli studi che portarono alla individuazione degli attuali Sistemi Locali del Lavoro che, come è noto, sono basati solo sulla analisi della mobilità per motivi di lavoro. In detto studio sulla mobilità il Cresa invece sviluppò l’analisi congiunta della mobilità per motivi di lavoro e di studio, giungendo alla individuazione di aree integrate di mobilità. Aree che successivamente vengono riprese dalla Regione che le qualifica come Aree Programmatiche di Riferimento per la Programmazione e la Pianificazione economica, le cosiddette aree QRR. Questo è un esempio di come il confronto con il mondo accademico, come in altri

Rodolfo Berardi direttore del CRESA negli anni 2006 e 2007

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Il CRESA interfaccia tra il mondo camerale e il sistema delle istituzioni nel campo degli studi e ricerche a livello regionale

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esempi minori, pur nella grossolanità dei mezzi che si avevano a disposizione - parliamo di oltre venti anni fa - ci vedeva su posizioni paritetiche se non addirittura vincenti nel campo dello sviluppo delle analisi delle realtà economico-territoriali. Non si può non riconoscere che il collegamento funzionale con il mondo accademico fu comunque portatore anche di grossi benefici. Tuttavia, pur nella crescente affermazione di credibilità di immagine e soprattutto di operatività, le funzioni principali del Cresa, come apportatore di approfondimenti di conoscenza sulla realtà socioeconomico a supporto delle istituzioni e degli Enti, man mano vengono sempre meno apprezzate, proprio dagli interlocutori a cui erano destinate tra

cui, in primis, dalla Regione. Si ricorda che a questo non concorse la costituzione dello IARES, l’Istituto di ricerca della Regione. La breve vita di questo Istituto rappresentò, infatti, principalmente una palestra per esercitazione di vari soggetti provenienti dal mondo accademico, i cui pur lodevoli lavori mai comunque furono utilizzati dalla stessa Regione. Il progressivo deprezzamento del Cresa - forse è una parola forte - si può invece ricondurre principalmente alla diffusione, all’interno del sistema istituzionale in cui operava, di un costume di progressivo allentamento, se non abbandono dei principi ispiratori della politica pubblica, quella cosiddetta reale e che in inglese è chiamata “policy”, quella cioè basata su concetti di valutazione delle realtà, delle scelte e degli effetti conseguenti, e finalizzata ad una valorizzazione piena degli interessi generali e del bene pubblico. I sistemi di governo, in generale a tutti i livelli ma principalmente quelli locali come la Regione e gli altri enti, furono pervasi già da quel periodo dalla progressiva affermazione di meri rapporti di forza tra le varie componenti politiche. Alla base dell’agire pubblico si diffuse così man mano la tendenza ad utilizzare elementi di conoscenza appropriati più per un uso di parte, direi quasi di partito o di carattere corporativo, piuttosto che riferiti all’interesse generale. Si impose così nel governo dell’economia e del territorio non la policy ma – sempre detto in inglese - la “politics” con una distinzione netta tra i due termini, non rintracciabile nella lingua italiana, e riferibile appunto, ai due opposti atteggiamenti e comportamenti nella gestione della cosa pubblica.


Quello che era stato così uno dei principali filoni dell’attività del Cresa, le funzioni di supporto al sistema pubblico ed istituzionale, si estingue progressivamente a causa del sempre più massiccio ricorso a strutture di ricerca di varia natura ed espressione che, pur pregevoli, erano comunque chiamate di volta in volta dalle varie componenti della politics, per ottenere servizi a misura appunto di quegli interessi di parte di cui le stesse componenti erano espressione. Cosa accade al Cresa in questo frangente e come vengono riconsiderate le funzioni all’interno dell’istituto. Contemporaneamente al mantenimento di una funzione di osservatorio permanente di tipo congiunturale, con i richiamati rapporti annuali sull’economia e tanti altri prodotti dello stesso genere, le attività del Cresa vengono progressivamente attenuandosi nel campo dei servizi e in qualche modo recuperando lavori finalizzati all’approfondimento di temi di carattere monografico dell’economia locale. In tale attività si scontano, però, taluni fattori di negativo condizionamento che comunque concorrono all’indebolimento del Cresa come: un distacco crescente dal sistema camerale che si esprime, sia a livello locale sia a livello centrale. Per quest’ultimo si ricorda come la trasformazione dell’Unioncamere, eccetto qualche caso riferito ad altre situazioni regionali, isola progressivamente quasi tutte le strutture di ricerca locali espressioni delle Camere di Commercio, provocandone un generale deprezzamento, proprio all’interno del sistema camerale; - la esclusione, a livello locale, delle Camere di Commercio rispetto ai processi di governo, in specie quelli regionali: sono noti tanti percorsi e processi in cui le Camere di Commercio sono escluse, molte volte in contrasto con norme e prassi istituzionali consolidate, come ad esempio la legge delega regionale 11/99 completamente disattesa. Esclusione questa che non solo sottrasse funzioni e contrattualità alle Camere di Commercio, ma di riflesso anche agli organismi espressione di esse; - un altro fattore è il cambiamento generale dei bisogni conoscitivi degli Enti e delle istituzioni, rispetto alle esigenze di cui hanno bisogno per il loro operare, provocato dal progressivo ampliamento e dalla sempre maggiore diffusione ed uso delle reti informative sui sistemi locali, questo grazie anche ad internet che ha invaso i canali della diffusione della conoscenza a tutto campo; - ma più ancora è stato anche il nascere di “Centri informativi”, spesso espressione delle stesse istituzioni, ma anche del mondo accademico e di altra origine, che hanno invaso il campo delle ricerche sui sistemi locali e che oggi si pongono come primi interlocutori nel campo della ricerca. Il Cresa pur cercando di affiancarsi e di

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integrarsi per recuperare contrattualità in tal senso, ha tuttavia man mano perso terreno in quanto sono mancate appropriate ed efficaci azioni politiche proprio all’interno del sistema camerale. Tutto questo, va detto con rammarico, a causa della mancanza di concordia e di coesione tra le Camere di Commercio abruzzesi che ancora oggi scontano la mancanza di una visione unitaria ed integrata nel modo delle attività finalizzate allo studio ed alla analisi delle economie territoriali. Una riflessione finale su quelle che possono essere le prospettive per il Cresa di fronte a tali fatti mi sembra doverosa: una riflessione che seppure rivolta all’interno del sistema camerale mi auguro che possa avere anche il senso di una indicazione di valore generale. Mi richiamo un momento a quello che dicevano i due relatori che mi hanno preceduto, anniversario o compleanno del Cresa; io direi che forse oggi, proprio in relazione a questi mutamenti, sebbene ancora raccogliamo esiti favorevoli con l’attività svolta, si dovrebbe parlare anche di un battesimo, di un riavvio e di una riconsiderazione di quelle che sono le attività e le funzioni del Cresa, tenendo conto soprattutto che esso deve riassumere quello che è il suo vero ruolo, come espressione diretta e indiretta del sistema camerale. Il Cresa in tal senso dovrebbe innanzitutto rafforzare quello che rappresenta, un fattore non secondario di nuova qualificazione, verso un campo che costituisce comunque uno dei segmenti di operatività già in atto, e che è rappresentato principalmente da attività e studi di tipo divulgativo, riconducibili all’interno del filone già sviluppato dalle Camere di Commercio. Non una banalizzazione dei compiti, ma lo sviluppo di un ruolo che può rappresentare anche un’occasione per riqualificare il sistema camerale nella partecipazione ai processi di carattere più ampio, sia sotto il profilo istituzionale che nel governo delle economie locali, la cui conoscenza è fattore indispensabile per gestire gli interessi del mondo imprenditoriale, di cui le Camere stesse sono espressione. Per concludere: perché questo percorso sia più agevole, questo lo dico sommessamente in quanto non spetta più a me, non essendo più all’interno dell’istituto, ma essendo uscito da poco mi sento quasi un po’ in diritto, come se stessi passando un testimone, (mi rivolgo più direttamente al Presidente e al Direttore), ritengo che la via migliore per il Cresa sia quella di rimuovere due condizionamenti interni al sistema camerale che rappresentano un fattore di inibizione non indifferente, quali: - lo scarso raccordo presente all’interno del sistema camerale regionale - la mancanza di un raccordo con la politica di ricerca e, soprattutto, con quanto va sviluppando il sistema camerale in senso generale compresa l’ Unione nazionale


delle Camere di Commercio. Allo stato attuale ritengo che la via migliore per il Cresa - per le sue specificità e caratteristiche - sia quella di proseguire la propria attività riconquistando uno spazio di operatività in rappresentanza e per conto del Sistema camerale abruzzese e non, invece, per seguire velleità di ricerca in campi nei quali, nel confronto con il mondo accademico e con centri e strutture di ricerca appositamente costruiti, sarebbe comunque perdente. Alla luce di tale consapevolezza, in conclusione, si può ritenere conveniente che il Cresa affronti un nuovo percorso tracciato principalmente dalla ricerca nel contesto locale di una coniugazione della propria attività con strutture che in parallelo non solo svolgono queste stesse attività ma che dispongono di fonti informative da integrare con quelle di cui il Cresa è in possesso, consentendo di sviluppare margini di operatività più ampi e meglio spendibili sul mercato della conoscenza dei sistemi locali. Si ricorda che le Camere di Commercio sono detentrici della parte preponderante di conoscenze sul mondo imprenditoriale di cui sono espressioni. Inoltre è un percorso che deve essere tracciato dal raccordo con il sistema camerale centrale, affinché si possano ampliare le funzioni di osservatorio dell’economia locale, in un quadro coerente, organico ed omogeneo, che si integri con funzioni conoscitive già sperimentate e sicuramente efficaci. In tale contesto non va trascurata la prospettiva di potersi ammantare di una nuova veste, come riferimento integrale ed unico del sistema camerale abruzzese, nel coacervo di tutte le funzioni di rappresentanza e non solo, nel mondo degli studi e delle ricerche. Questo è quanto. Oltre a ciò ritengo che a me non spetti aggiungere altro, se non augurare un futuro che sia ancora più luminoso, perché sicuramente è stata splendida l’attività che ha prodotto ed espresso il Cresa in questi quaranta anni. Grazie.

Francesco Prosperococco

Anche in questo caso ringraziamo il dottor Berardi, raccogliamo i suoi suggerimenti e posso anticipargli che la mission che si è definita per il Cresa va ad incidere proprio sui due punti sui quali ci ha argomentato. La mission è quella di riposizionare il Centro nei confronti della politica di programmazione regionale e quella di raccordare più strettamente il Cresa con il sistema delle Camere di Commercio regionali, ma anche con il sistema camerale nazionale. La presenza del dottor Di Carlantonio e del dottor Tripoli qui ne è un segno ed una risposta chiara ed evidente. Unitamente a ciò, anche attraverso una azione congiunta con l’Unioncamere e attraverso collaborazioni in atto con l’Ente Regione si stanno ponendo basi strutturate per un riposizionamento del Cresa nell’ambito della programmazione regionale.

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L’Aquila Castello Cinquecentesco. Un momento del convegno.



Francesco Prosperococco

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Passiamo adesso alla seconda parte della nostra iniziativa. Io direi di utilizzare, per questo nostro incontro, la parola che ci suggeriva il dottor Berardi: battesimo. Non mi sembrano appropriati i termini anniversario e compleanno. Battesimo perché dicevo da qui vogliamo ripartire e abbiamo appunto pensato che questa seconda parte fosse una sorta di ulteriore proiezione e spinta propulsiva alla nostra attività. Che questa parte e queste nostre intenzioni fossero seguite dallo sguardo dei nostri due illustri ospiti, oltre la dottoressa Picchio; due guide di indiscussa eccellenza che in questa nostra regione hanno comuni radici. Mi corre l’obbligo di ringraziare il dottor Giovanni Alfieri, Direttore della Banca d’Italia a L’Aquila, ed il professor Iapadre che ci hanno permesso di contattare rispettivamente il dottor Ciocca e il professor De Cecco. Prima di dare loro la parola, mi corre altresì l’obbligo ovviamente, anche se conosciutissimi, di presentarli molto brevemente. Nicoletta Picchio è giornalista de Il Sole 24Ore, quasi ogni giorno dalle pagine del suo giornale ci consente di comprendere meglio dinamiche, le direzioni dei principali fatti del mondo e del nostro paese. Due anni fa ho letto un suo libro, in cui ha intervistato 20 giovani leoni dell’industria italiana. Il libro si chiama “Il ricambio”. Esso evidenzia con la forza dell’esperienza concreta uno dei principali vincoli, a nostro avviso, per la ripresa della crescita nel nostro paese: la necessità di un ricambio generazionale. E’ d’altronde un problema che seguiamo costantemente anche come centro di ricerca. Marcello De Cecco insegna storia della moneta e della finanza alla Scuola Normale Superiore di Pisa, il suo libro più recente ha come titolo “Gli anni dell’incertezza”. E’ proprio il tema che trattiamo, “tra locale e globale, nell’economia dell’incertezza”. Ma sul suo pensiero, circa la situazione italiana bastano forse queste parole tratte da un libro del 2000, che si chiama “L’economia di Lucignolo, opportunità e vincoli dello sviluppo italiano”. Dice De Cecco: “quanto al popolo, esso era stato civile da talmente tante diecine di secoli, da avere una cultura sostanziale quasi nei geni, bastava versare su quelle radici un po’ di acqua fresca, per esempio qualche anno di istruzione elementare, perché rifiorissero”. Pierluigi Ciocca, accanto a me, è stato Vice Direttore generale della Banca d’Italia fino al 31 dicembre dello scorso anno e questo forse basterebbe già da sé a definire un suo pur breve ritratto. Ciocca, però, non è stato solo uomo delle istituzioni e il suo campo di interesse non è solo quello economico, si è interessato di disoccupazione, finanza, diritto, storia economica, la materia che attualmente insegna all’università. Al Festival dell’economia di Trento, dell’estate scorsa, a giugno, ha detto che lo sviluppo vero si avrà quando la gente capirà che la questione non è combattere la sottoccupazione, ma il debito pubblico. Nel suo ultimo lavoro pubblicato da Bollati Boringhieri, giusto un anno fa, con il titolo “Ricchi per sempre?” ha sostenuto che la società italiana è a un bivio. “Da troppo tempo vive una crisi profonda” dice Ciocca, “di identità ancor prima che economica, può superarla ovvero regredire”. Noi vogliamo che questa conversazione sia animata ovviamente dalla dottoressa Picchio e ci dia veramente elementi di approfondimento sulle problematiche economiche attuali e sulle politiche locali. Oserei dire oltre a fornirci indirizzi ci dia in qualche modo anche ispirazione.


Seconda Parte

“Tra locale e globale”

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L’inizio della seconda parte del convegno. Da sinistra De Cecco, Picchio e Ciocca

Nicoletta PICCHIO - giornalista de “Il Sole 24 Ore”

Ritengo che sia veramente importante il lavoro di questi Centri di ricerca, osservatori regionali, perché appunto l’economia è globale ma poi il territorio ha la sua importanza ed è importante proprio conoscere le dinamiche territoriali, per poter finalizzare, anche focalizzare l’azione degli imprenditori. Io mi permetto una battuta, perché lei prima mi ha presentato in un modo delizioso e ricordando anche il mio libro, quando ha detto: “quasi tutti i giorni scrive sugli” no, in questo periodo tre volte al giorno, perché la crisi, la situazione economica è così complicata che veramente stiamo tutti noi lavorando in un modo incredibile.


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Ma questa era soltanto una battuta, che però mi porta subito a spiegare come vorrei articolare questa conversazione, sia con il professor De Cecco e con il dottor Ciocca. Globale e locale, appunto. Noi stiamo vivendo una crisi, una crisi partita dagli Stati Uniti, partita già un anno fa con la crisi dei sub-prime, crisi finanziaria che però si sta riversando nell’economia locale e che praticamente ha coinvolto tutto il mondo e quindi coinvolge tutti i paesi; sta provocando proprio un calo anche della domanda mondiale e una recessione. Oggi, appunto, parlavamo mentre venivamo qui in macchina, c’è in prima pagina su “Il Sole 24Ore” la Germania, che ha un sistema economico molto solido, che si era ripresa benissimo dopo le difficoltà dell’unificazione, adesso è in recessione. E quindi volevo ragionare con i miei due ospiti su come leggono loro questa fase di crisi, che mette in grande difficoltà gli osservatori e anche gli imprenditori. Io sento molti imprenditori, quando vado in giro per l’Italia, dirmi: “navighiamo a vista, non riusciamo a programmare, cioè non riusciamo a capire quando finirà, perché già nei mesi scorsi era stato detto: la crisi è alle spalle e non è stato vero.” E, appunto, non riescono a capire quando poi ci possano essere queste inversioni di tendenza, perché a mosse da parte delle varie banche centrali o anche dei governi, i mercati finanziari vanno su e giù, non si capisce quale poi possa essere il momento della stabilizzazione. Quindi, ragionare un po’ a livello globale, per poi scendere al nostro paese e anche alla realtà abruzzese, che cercheremo di analizzare, tenuto conto anche dei comuni denominatori, di quelle che sono poi le esigenze imprenditoriali di tutto il paese. Io seguirò un ordine alfabetico, per cui do prima la parola al dottor Ciocca al quale volevo proprio chiedere: come legge lei questa crisi dell’economia mondiale? Mesi fa lo stesso Draghi aveva detto: la crisi è alle spalle, aveva detto ai nostri ministri, dopodiché non è stata assolutamente alle spalle, la stiamo vivendo e non riusciamo bene a capirne la fine.

Pierluigi CIOCCA - già vice direttore generale della Banca D’Italia

Intanto mi faccia dire quanto io sia lieto di essere qui. Nella mia precedente incarnazione - qui vi sono alcuni ex colleghi della Banca d’Italia che possono testimoniare - sono stato un fruitore dei prodotti analitici del Cresa, che leggevo con interesse, sollecitato anche, come Lei ha avuto la cortesia di ricordare, dal fatto che da questi luoghi Marcello ed io proveniamo. Quindi l’augurio più fervido al Cresa. La qualificazione analitica che mi ha sempre mosso, non so quanto fondata, è che sia più difficile l’analisi regionale dell’analisi del mondo intero o di una intera economia. Pensate soltanto alla bilancia dei pagamenti, alla sua fragilità a livello di


analisi regionale. Quindi, complimenti, grazie e auguri. La dottoressa Picchio, prima che cominciassimo mi diceva: “insomma dobbiamo essere un po’….”

Nicoletta Picchio

Chiari, divulgativi, semplici, vivaci.

Pierluigi Ciocca

Pierluigi Ciocca già vice direttore generale della Banca d’Italia

Un po’ vivaci, tirar su il morale. Certo, il momento….. Voi sapete che uno storico inglese, pessimo economista, Carlyle, ha diffuso l’immagine della analisi economica come scienza “triste”. Non è facile essere positivi. Proverò, rispondendo in parte alla provocazione della nostra moderatrice, a interpretare per voi la parte dell’ottimista a tutti i costi. Proprio non lo sono, come temperamento, ma proverò. Quella mondiale che viviamo è una crisi finanziaria. L’aggettivo è importantissimo. E’ nata come tale e ancora questo pomeriggio resta prevalentemente finanziaria. Mi riferisco, ripeto, alla economia mondiale nel suo complesso. Nulla di nuovo, in essa, rispetto al passato. Naturalmente ogni crisi è diversa dall’altra, ma le strutture portanti in una crisi di finanza sono quelle note da un paio di secoli. Forse l’unica novità è molto tecnica, ragionieristica. Attiene al modo di contabilizzare le perdite. Il fair value, lo scrivere nei bilanci delle imprese, delle banche, i valori dei cespiti e delle passività ai prezzi di mercato. E’ una novità straordinaria, vis-à-vis l’antico modo di calcolare al costo storico. Ma a parte questo aspetto tecnico, nella natura di fondo, la crisi è un animale che conosciamo.

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Nicoletta Picchio

Scusi, le posso subito fare una domanda, però non voglio farle perdere il filo. Perché 6 mesi fa, 7 mesi fa anche Draghi ha detto: “la crisi è alle spalle” questo lo ricordo bene e poi invece non è stato; se era così chiaro tecnicamente, tutto chiaro, perché poi siamo qui e non capiamo?

Pierluigi Ciocca

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Mi riferisco alla natura del fenomeno, alla sua eziologia generale. Poi tempi, modalità, come ho accennato, sono imprevedibili. Non credo che il Governatore abbia detto questo, a meno che nella stessa vena con la quale io mi sto esprimendo davanti a voi questa sera, non cercasse di diffondere un po’ di positività. E’ una crisi grave, su questo non c’è dubbio. E’ una crisi finanziaria tra più le gravi che l’economia di mercato capitalistica nella sua storia abbia sperimentato, sebbene - almeno non ancora - la più grave. I conti si fanno alla fine. I valori fair value bisognerà vederli nei tempi congrui E’ molto difficile prevedere le crisi. Cito il più grande economista degli Stati Uniti, Irving Fisher. Negli ultimi giorni dell’ottobre del 1929, in un’assemblea del tipo di questa gli venne chiesto “professore come andrà la Borsa?”

Nicoletta Picchio Cosa rispose?

Pierluigi Ciocca

Fisher, ahimè, rispose: “Sulla base delle mie teorie”- sulle quali ancora oggi quasi tutti basano le loro analisi - “Wall Street dovrebbe salire” e Wall Street crollò pochi giorni dopo. Era la crisi attuale prevenibile? Su questo potremmo discutere a lungo. E’ gestibile? Sì, assolutamente sì, e la si sta gestendo, la si sta gestendo nei soliti antichi modi, cioè come il pagatore di ultima istanza che rifinanzia, sussidia, garantisce, acquista titoli e capitalizza.

Nicoletta Picchio

Guardi, volevo a questo punto sentire subito il professor De Cecco sulla mia prima domanda. Passiamo dopo all’economia reale.

Marcello DE CECCO - Scuola Normale Superiore di Pisa Io invece volevo un po’ riprendere la faccenda di Draghi di 6 mesi fa.


Il fatto è che 6 mesi fa il collega del professor Draghi, cioè il Segretario del Tesoro americano, non aveva fatto la scemenza più grave di questa intera crisi e il povero Draghi non lo poteva sapere che un uomo di quel livello l’avrebbe fatta, nessuno lo poteva sapere.

Nicoletta Picchio A che si riferisce?

Marcello De Cecco

A quando hanno fatto fallire una banca che si chiama Lehman Brothers.

Nicoletta Picchio

Quello ha spiazzato tutti, ha ragione, su questo ha ragione.

Marcello De Cecco

Appunto, quello lo ha fatto per spiazzare tutti e c’è riuscito. Solo che quello che è venuto dopo è stato veramente, come diceva il capo della Lehman Brothers “armageddon” che nella loro lingua è più terribile che in quella nostra, perché noi non l’adoperiamo comunemente questa parola biblica per riferirci alla fine del mondo. Comunque, era prevedibile? Certo che era prevedibile, il quando non era prevedibile, il se era prevedibile, si era creata una bolla talmente grande in talmente tanti mercati che prima o poi sarebbe esplosa, quando sarebbe esplosa non si sapeva, tranne i soliti che ci colgono per sbaglio, i quali esistono sempre e quindi qualcuno potrà sicuramente dire: io lo avevo detto che il giorno tale succedeva. La gente normale, invece, poteva aspettarsi uno sconquasso dalla fine della bolla, in tutti questi vari mercati, ma certamente il giorno tale e il mese tale erano difficili da prevedere. Non solo, ma perché poi ci sono due guai ulteriori che sono successi questa volta: il primo è che, appunto, un team di esperti come quello americano, con il più grande studioso della crisi del 1929, come Governatore della Banca Centrale, il più grande gestore di banca d’affari che sia mai passato per la strada, come il Segretario del tesoro e guarda che cosa hanno fatto, veramente le hanno fatte tutte. Ora non so cosa pensi il mio collega, ex banchiere centrale, ora mio collega, però lui è il più gentile perché sempre di ex colleghi si tratta, io invece lì non ho nessun collegamento, tranne il fatto che Bernanke è un ex professore e tornerà ad essere quasi sicuramente professore perché è giovane. Il secondo guaio è che questo, diciamo sgonfiamento immediato di tutte le bolle speculative che erano in aria, si

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è verificato in un anno di elezioni presidenziali, le quali, come si sa, di questi tempi cominciano ad essere organizzate, combattute, un bel po’ di tempo prima rispetto ai tempi passati, ai decenni passati . Quindi tutte le decisioni e anche gli errori dei vari amministratori ed anche politici ed economisti e banchieri, sono probabilmente dipesi dal fatto di dover tener conto della imminenza di una chiamata alle urne, che vale non solo per il presidente ma anche per una buona parte del congresso degli Stati Uniti, con una novità notevolissima, che poi grazie a Dio si è verificata e cioè della elezione di un rappresentante di una delle minoranze più perseguitate della storia della nazione americana, che è un evento storico che cambia tutto. E poi nella assoluta non performance dal punto di vista strategico della posizione di politica estera della amministrazione del momento, con una guerra che si è dovuta combattere facendo finta di credere nella teoria che un esercito piccolo è meglio di uno grande, mentre invece non c’erano i soldi per fare la guerra e diminuire le tasse allo stesso tempo. Io vi sfido a citarmi un’altra guerra che è stata fatta diminuendo le tasse, di solito in queste circostanze si fanno salire le tasse. Quindi, con tutti questi “unicum” uno dopo l’altro, mi sembra che ce la stiamo cavando anche abbastanza bene, perché veramente dal punto di vista della politica le hanno sballate quasi tutte e poi perché si sono create delle condizioni veramente peculiari di connessioni, coincidenze, di congiunture si potrebbe dire quasi astrali addirittura, sfavorevoli. Quando passano due comete insieme, come sapete, succedono cose tremende e qui c’è stato pure di più di due comete insieme. Quello che ci dobbiamo aspettare lo diciamo al secondo round.

Nicoletta Picchio

Bene. Allora dottor Ciocca, andiamo avanti: impatto sull’economia reale. Qui tutti i Centri di ricerca hanno ridotto al ribasso le previsioni di Pil per l’anno prossimo e quindi siamo in una recessione globale; ecco, oggi, il dato della Germania, il peggiore da 12 anni. Noi eravamo rimasti maluccio pure prima, ma comunque peggio del peggio. Allora cominciamo a capire quanto sarà pesante poi, se queste cifre, queste previsioni, sono realistiche o se sono magari anche un po’ pessimiste, perché ogni tanto io vedo, invece, qualche segnale un po’ di miglioramento. Se magari in questi mesi si fanno delle mosse giuste, forse il 2009 potrebbe andare un po’ meno peggio del previsto.

Pierluigi Ciocca

Avrete ben compreso come il mio ruolo, fare a tutti i costi l’ottimista, è ben più


difficile di quello del professor De Cecco. Ripercussioni sull’economia reale. Nel 2008 il tasso di crescita dell’economia mondiale stimato dal Fondo Monetario Internazionale, è 3,7% con il segno + davanti. L’unico paese, o area, indicato nella lista del 2008 con un lievissimo segno meno è la nostra Italia, con un -0,2% per il PIL. Quindi, allo stato, la recessione mondiale, la contrazione, non c’è. Nella previsione per il 2009 i numeri sono molto più preoccupanti. Ma anche qui cerco di estrarre il meno peggio dal quadro previsivo. Per l’economia mondiale 2009 il Fondo Monetario dà una crescita del 2,2%, a cui corrisponde un incremento del commercio mondiale circa doppio di quello del Pil.

Nicoletta Picchio

Però sempre in discesa rispetto a prima.

Pierluigi Ciocca

Rallentamento, per ora non discesa. Ci sono molti segni meno, fra cui quello della Germania. Il punto interessante è che i segni meno sono tutti occidentali, in senso lato mentre i più cospicui, importanti segni più nelle economie sono orientali. Questa è una prima ragione per la quale si può non essere del tutto pessimisti. Se l’epicentro della crisi reale fossero gli Stati Uniti, ebbene gli Stati Uniti non hanno più la dimensione, la forza economica, in negativo, per precipitare necessariamente il mondo intero in recessione. Una battuta sulla Cina.

Nicoletta Picchio

Me l’ha tolta di bocca, le volevo dire: siccome noi stessi facciamo articoli dicendo: “ah, però anche la Cina non cresce più come prima”, quanto pesa, quanto magari lo enfatizziamo?

Pierluigi Ciocca

Dunque, la Cina pesa, calcolando bene, 10-11% del prodotto lordo reale mondiale. Il suo tasso di crescita fino all’altro ieri è stato dell’ordine del 10% l’anno. Una economia il cui PIL cresce del 10% l’anno e pesa il 10%, di per sé, a parità di altre condizioni, implica per l’economia mondiale una crescita di un punto percentuale. La Cina sta rallentando, pare, ma molto poco. Le previsioni dei cinesi per il 2009 sono dell’ordine dell’8% quindi dal 10 circa rallentano all’8 per cento, ma hanno in animo di prendere misure di sostegno della domanda globale per 600 miliardi di dollari, circa il 20% del PIL. Quindi se queste misure verranno attuate, la Cina rischia l’inflazione non certamente la recessione.

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Nicoletta Picchio

Va bene. Poi dopo arriviamo all’Italia e arriviamo magari a quello che bisogna fare per sostenere le imprese e arriviamo anche a parlare di questa regione. Prego professor De Cecco

Marcello De Cecco

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C’è poco da aggiungere, quelli che ha detto Ciocca sono dati veri, quindi è vero che il 25% del mondo continua a crescere, perché non c’è solo la Cina, ci sono parecchi altri, che vanno abbastanza forte ancora, meno forte di prima, però appunto in qualche paese che riesce ad assumere delle misure di politica economica velocemente come i cinesi, come la Cina, ci sono dei piani di intervento estremamente dinamici, i conti sono quelli che ha fatto Ciocca. Il problema è a questo punto di vedere l’altro 75% se riesce a prendere questo impulso e a non peggiorare eccessivamente. Il mio timore in questi ragionamenti che sentiamo fare, è che coloro che fanno abbastanza l’opinione pubblica mondiale, stiano cercando di farsi condonare i propri errori e cioè io credo che queste grandi banche americane che hanno sbagliato, hanno condotto delle politiche, diciamo pure, abbastanza folli, adesso impauriscono tutti allo scopo di farsi sussidiare una ripresa e certamente non un’uscita di scena. In altre epoche succedeva che uno sbagliava e se ne andava e invece questi stanno cercando di restarci. E’ del tutto umano, io al posto loro farei la stessa cosa, però bisogna scontare questo elemento, cioè quello che il nostro maestro Federico Caffè, che anche lui era di qui, cioè di Pescara, diceva: la strategia del terrorismo economico, per fare impaurire la gente dicendo adesso arriva l’ira di Dio, perché così voi vi predisponete bene a darmi un po’ di soldi, così io mi tiro fuori dalle peste. E in effetti le stanno ricevendo; le iniezioni di capitale che stanno ricevendo le banche americane sono talmente grandi da preoccupare i loro concorrenti di altri paesi, che dicono, parecchi ai loro governi: dateceli pure voi; perché questi non è che lo fanno perché non vogliono fallire, vogliono consolidare, vogliono concentrare e vogliono ripartire in vantaggio rispetto a noi, quindi c’è anche una grossa lotta competitiva in corso, allo scopo di avvantaggiarsi da situazioni che sono invece disastrose. Quindi la trasmissione della crisi finanziaria all’economia reale un po’ è vera, perché se uno pensa solo a questo famoso tasso LIBOR, pare che muova 800 miliardi di dollari di mutui di vario genere, cioè come le case degli italiani che si prendono con il mutuo variabile basato sul LIBOR. Quindi ci sono degli effetti, sicuramente, però può darsi che vengano ad essere enfatizzati da questo gridare al lupo, che poi è il motivo per il quale probabilmente qualcuno in posizione di responsabilità


in Europa ha fatto finta di credere che le cose stavano andando non tanto male, perché le aspettative si creano, negli operatori, anche nei consumatori, leggendo il giornale, guardando la televisione. Io mi posso permettere di dire quello che penso, il dottor Ciocca quando stava, fino a pochi mesi fa, dove stava, non se lo poteva permettere, perché c’è una responsabilità enorme di influenzare la gente, poi non si torna indietro. Cioè, un problema gravissimo è che questi capiscono perfettamente quello che sta a succedere, eppure devono pensare che altro è se lo dicono loro, altro è se lo dice l’economista accademico, quindi ognuno fa il gioco delle parti, è bene ricordare anche questo. Quindi, quello che va a succedere, per esempio, io credo che dipenda moltissimo anche dall’impressione che fa e dai famosi primi 100 giorni di questo nuovo presidente americano, perché naturalmente se dice delle cose e poi queste non succedono e allora non va bene, ma se per caso comincia a far diradare le nuvole e poi si vede che qualcosa di positivo accade, allora l’effetto sulle aspettative da parte del resto del mondo è fortissimo. Il problema è che questo suo avvento è carico di aspettative enormi, forse eccessive, infatti lui sta cercando di abbassare i toni perché sa che non riesce a portare tutto a casa o probabilmente nemmeno poco a casa di quello che si aspetta la gente. Come dicevamo venendo qui, un problema gravissimo è che questi vanno con una transizione da un presidente ad un altro, prendendosi tutto il tempo che occorreva nel 1776 ad andare da una parte all’altra dell’America a cavallo, oppure con qualche ferrovia primitiva. Quindi ci mettono 3 mesi e in quei 3 mesi non si sa chi comanda, c’è un passaggio di poteri che di questi tempi, in cui le cose si verificano in tempo reale, non ce lo possiamo più permettere. Infatti penso che questa cosa sia l’ultima volta che succede, cioè secondo me ci mettono riparo dalla prossima volta, però stavolta ce l’abbiamo ancora, quindi il 20 gennaio probabilmente cominciamo a vedere le cose come succedono, ma ci sarà sicuramente un tentativo di preparare il terreno, non esagerando quello ha detto: qui si governa uno alla volta, come diceva la casa reale nostra, che i Savoia regnano uno alla volta e Obama ha detto: il presidente degli Stati Uniti è uno solo. Quindi c’è anche questo problema di non volersi mescolare con quell’altro. Quell’altro, poveretto, si è ridotto che nessuno lo vuole vicino, compreso il suo candidato.

Nicoletta Picchio

Grazie professore. Lei ha detto una cosa sacrosanta, quando ha detto: io sono l’economista, posso dire quello che penso, chi ha ruoli istituzionali dovrebbe pensarci, questo è giustissimo.

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Marcello De Cecco Ci pensa di più.

Nicoletta Picchio

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La dott.ssa Nicoletta Picchio giornalista de Il sole 24 ore

Deve. Per esempio io questo lo percepisco moltissimo quando vado in giro ed ascolto gli imprenditori; io già prima dell’estate avevo fatto una serie di articoli con i settori che ancora tirano, quelli che vanno. Racconto un piccolo episodio ma che si confà benissimo a quello che diceva lei. Ho incontrato un imprenditore, che tra l’altro è uno dei vertici di Confindustria, quindi una persona che viene a Roma, segue, insomma ha gli strumenti per poter decodificare certi messaggi, al quale ho chiesto: “senti, ma tu come stai andando con la tua azienda?” un’azienda metalmeccanica abbastanza grande. Ha detto: “no, a me va tutto bene”, era ai primi di settembre, ancora non era fallita Lehman, eccetera. Dice: “però sai, tutti quanti dicono che succedono delle cose terribili, io stamattina ho chiamato i miei e ho ridotto gli investimenti all’osso, eccetto quelli strettamente necessari, tutto il resto li ho tagliati perché adesso sto a vedere”. Ecco, voglio dire, questo atteggiamento a me faceva rabbia, perché ho detto: perfetto, siamo in crisi, in recessione, ma ce la stiamo anche un po’ chiamando con tutti questi annunci sempre negativi, perché invece l’aspetto della fiducia e delle aspettative è assolutamente, estremamente importante. Come è importante anche quello che dovrebbe realizzare la politica economica. Lei prima nella sua tabella aveva quei dati appunto sull’Italia, che è l’unico paese che ha il segno negativo di Pil nel 2008 e quindi questo è un aspetto su cui vale la pena riflettere. Credo che per l’anno prossimo più o meno siamo in linea anche con gli altri paesi, non riesco adesso a vedere i dati. E quindi volevo capire: allora nel nostro paese a che punto siamo, il Governo si sta muovendo, le imprese cosa stanno facendo,


come devono reagire anche come protagonisti della vita economica in un modo diciamo autonomo e quello che, invece, deve essere l’intervento pubblico, cioè del Governo.

Pierluigi Ciocca

La grave crisi di finanza internazionale che attraversiamo c’entra poco con le difficoltà di lunga lena dell’economia italiana. Questa è la proposizione fondamentale, quella da cui occorre muovere. L’economia italiana - e qui l’ottimismo è impossibile - soffre di un problema molto grave, specifico: un problema di crescita della produttività, comunque definita, da oltre un quindicennio. Il riferimento del professor De Cecco all’allarmismo è importantissimo. Non si possono attribuire ai riflessi della crisi finanziaria internazionale le difficoltà gravi che la nostra economia da tempo vive. E’ come dire che le difficoltà della General Motors negli Stati Uniti siano tutte causate dalla crisi finanziaria: il prezzo del petrolio, esploso fino a qualche settimana fa, avrà avuto una parte in questa difficoltà dell’industria automobilistica, non soltanto americana. Nella economia italiana, negli ultimi 15 anni, in particolare negli ultimi 10, è accaduto quanto nella storia economica degli altri paesi non era mai avvenuto: è diminuita nel trend la produttività totale dei fattori. Lo stesso contadino, la stessa zappa, lo stesso campicello, lo stesso tempo atmosferico ma meno patate diviene problema di produttività totale gravissimo e la produttività, il progresso tecnico, l’innovazione sono il motore dinamico di una economia di mercato capitalistica. Se ne può uscire. Il mio ultimo libro è intitolato “Ricchi per sempre?” con un grosso punto interrogativo che si può sciogliere in positivo. Se ne può uscire purché accadano, contemporaneamente - e l’avverbio è importante – alcuni eventi.

Nicoletta Picchio

Quali? A questo punto ce li dica subito.

Pierluigi Ciocca

Li elenco riducendoli a quattro,, due appartenenti alle pubbliche amministrazioni, al governo del paese, due, invece, appartenenti al sistema produttivo, alle imprese, in primo luogo alle imprese manifatturiere.

Nicoletta Picchio

E qui mandiamo un messaggio già territoriale.

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Pierluigi Ciocca

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Certo, ci avviciniamo al caso abruzzese. Finanza pubblica. Il problema del risanamento delle pubbliche finanze in Italia è irrisolto nonostante i progressi fatti. Una finanza pubblica squilibrata per più vie frena la crescita della produzione e della produttività. Secondo elemento che appartiene al dominio di chi governa: infrastrutture. Infrastrutture materiali ma anche immateriali. Ad esempio l’ordinamento giuridico, in particolare il diritto privato, è decisivo per il buon funzionamento di una economia di mercato moderna. I due fattori che invece rientrano nel dominio del sistema produttivo, delle imprese, sono il dinamismo imprenditoriale e la concorrenza. Le imprese italiane sono sempre state mediamente piccole, tuttavia almeno alcune fra queste imprese negli anni Cinquanta e Sessanta e ancor prima nell’età giolittiana, avevano saputo esprimere una spinta innovativa e imprenditoriale, qualitativa e quantitativa. Negli ultimi quindici anni ciò è avvenuto molto meno. L’ultimo elemento, appunto, è la concorrenza. Le imprese italiane devono accettarla, non si pretende che la promuovano, perché questo sarebbe contro natura. La sollecitazione concorrenziale è fondamentale in una economia come la nostra. Essa è mancata negli ultimi quindici anni. La profittabilità media delle imprese italiane è stata buona, il tasso di indebitamento più basso, gli oneri finanziari inferiori ma al tempo stesso la produttività è diminuita. Questo è un fatto duro che fa pensare a sollecitazioni in senso lato concorrenziali meno intense, quindi ad una minore spinta all’ efficienza e all’innovazione.

Nicoletta Picchio

Professor De Cecco, anche lei pensa che la nostra crisi sia comunque non legata o minimamente legata a questa situazione congiunturale?

Marcello De Cecco

Questo è senz’altro vero, perché abbiamo cominciato a parlare tanto di quel tempo fa di questa crisi, che sicuramente la crisi finanziaria internazionale magari l’abbiamo causata noi, ma certamente non è stata lei a causare quella nostra, perché se è stata una crisi finanziaria internazionale sarà stata quella del 71 e qualche anno addietro e può darsi che sia una delle cause, quello dell’abbandono dei cambi fissi e dell’inizio della svalutazione trentennale della lira, che ha fatto da droga all’economia italiana. Questo è uno dei motivi per i quali tutti questi guai sono successi e quello che era un paese estremamente dinamico si è abituato a poter contare sul fattore svalutazione per poter esportare merci contenenti poca tecnologia.


Pierluigi Ciocca

Anche dopo l’euro. Fino al 2002 il tasso di cambio dell’euro si è deprezzato.

Marcello De Cecco

Sì. C’è andata bene o male pure per un altro paio di anni, 4 anni in effetti, quindi al riparo del dollaro forte si sono nascoste tutte queste pecche, che poi ci sono cadute in testa. Nel 2000 - come si ricorderà - c’è stato un anno ultimo di crescita che si rassomiglia alla crescita di paesi che crescono, per l’economia italiana. Prima e dopo, invece, andavamo peggio. Lo shock dal 2002 in poi è stato terribile, visibilissimo, quando veramente c’è cascata la casa addosso, cioè finito in senso immediato quello che era durato 30 anni e cioè il poter contare sulla lira debole o sull’euro debole, che è successo subito dopo, ma è durato poco. A quel punto tutti gli uccelli si sono appollaiati sul ramo, come dicono gli inglesi, o tutti i nodi sono venuti al pettine, come diciamo noi e quindi si sono creati una serie di shock, anche eccessivi probabilmente, con l’arrivo coincidente - anche quello - della Cina sulla scena e quindi la reazione diciamo così astiosa nei confronti dell’economia cinese, che è esplosa in Italia, è dipesa dal non esserselo aspettato, perché è arrivato tutto insieme addosso, perché quello che avevi fatto fino a quel momento, per esempio, diciamo gli elettrodomestici bianchi, quelli dall’oriente non si esportavano perché non si era inventato ancora il sistema dei container e quindi erano troppo grossi, occupavano troppo spazio sulle navi normali e noi eravamo protetti e avevamo la più grande industria europea di quel settore. Ad un certo punto questi li hanno cominciati a sbarcare da quelle gigantesche navi, che poi sono anche in buona parte italiane, diciamo la verità, quelle navi con alcuni armatori che invece sono stati in gamba e sono riusciti a fare alcune tra le flotte container più grandi del mondo. E’ sbarcata un sacco di roba che ha la sua descrizione nel libro di Saviano, se uno vuole leggere il peggio, ma è il folcloristico o il terribile, certe volte non è nemmeno vero quello che c’è scritto, come quello dei cinesi morti che cadono dal container sospeso che si apre, quella è una bugia grandiosa, con la quale si apre il libro, però quello degli elettrodomestici bianchi è vero. Gli italiani si erano convinti che fosse nel loro codice genetico, il saper fabbricare frigoriferi e lavatrici; era diventato quasi un diritto farli, non so, a Fabriano, a Varese. A un certo punto, invece, si sono trovati gli elettrodomestici con gli occhi a mandorla, da un giorno ad un altro, che funzionavano pure abbastanza bene e spesso anche meglio dei loro e ci fu una reazione terribile nel nord dell’Italia, nelle zone di produzione di queste cose, che credevano di fare meglio degli altri e invece a un certo punto ci hanno tolto la sedia da sotto, tutto ad un tratto. Si poteva prevedere da tanti anni,

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però è accaduto in maniera traumatica tutto ad un tratto. Devo dire che però la reazione c’è stata, qualcuno ha venduto, qualcun altro ha chiuso, qualcun altro si è rimboccato le maniche, come sempre succede.

Nicoletta Picchio

Ed è andato anche a produrre in Cina.

Marcello De Cecco

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Va bene, è andato a produrre in Cina, quello si poteva fare, ma ha cominciato a farlo qua bene, cioè è salito di qualità, è salito di livello. Il problema grave di questo salire di livello e cioè cominciare a fare dei prodotti che stanno più in alto sulla scala della qualità, è che questo lo abbiamo fatto pure nel Seicento, perché questo paese è talmente vecchio che le cose sono già successe perlomeno due o tre volte prima. Per cui, quando c’è stata la crisi italiana del Seicento, la soluzione degli industriali di quel tempo è stata: cominciamo a fare dei drappi e dei tessuti che nessun altro sa fare, con ogni sorta di applicazioni, pietre preziose, quello, quell’altro … purtroppo la domanda per questa roba c’era, però era limitata. Quindi anche nella qualità non c’è molto sfogo, il numero di persone impiegabile in quelle produzioni è limitato, perché la domanda non è molto elevata e poi la nostra industria deve riorganizzarsi completamente per seguire quel tipo di vocazione nuova, perché la nostra industria è fatta per le masse che si sono fatte un po’ di soldi e possono finalmente comprarsi l’automobile gli altri beni di consumo durevole, i vestiti , insomma quel che si definisce come “beni per la persona e per la casa”. Trasformare tutto in Rolls Royce è difficile, perché poi il signor Abramovich avrà bisogno di 150 metri di barca, però il resto dell’umanità non è che abbia quelle disponibilità e le nostre industrie quindi devono fortemente dimagrire, diciamo, per andare appresso solo al lusso e lo stesso vale per il turismo italiano. Il turismo italiano non è un turismo di élite, basta guardarsi in giro per sapere, poi l’Italia la stiamo giornalmente distruggendo, rovinando e tra un poco se ne accorgeranno perfino gli stranieri che non è più il paese più bello del mondo, se continuiamo di questo passo. Quindi, oltre le infrastrutture di cui parlava Pierluigi, che è una cosa sacrosanta, perché noi non ce ne accorgiamo ma basta andare in Spagna, come mi è accaduto un paio di mesi fa e si vede veramente quanto uno è rimasto indietro, è palpabile, nei confronti non della Svezia, della Spagna, perché quelli si sono rimboccati le maniche e hanno cominciato a fare delle infrastrutture, come noi le abbiamo già fatte, ma le abbiamo fatte nel 63, nel 72, poi abbiamo smesso, per cui le nostre sono vecchie. Prima avevamo le autostrade più belle del mondo, adesso


le autostrade più vecchie del mondo, perché il mondo cambia e noi siamo rimasti fermi alle infrastrutture di allora. Anche agli americani è successa la stessa cosa, a furia di essere i più moderni sono diventati i più antichi tra i più moderni, cioè si invecchia ad un certo punto e se non si continua a migliorare ... quindi tra le cose che diceva Pierluigi Ciocca a proposito degli elementi nella riduzione del tasso di aumento della produttività o addirittura la diminuzione vera e propria, io credo che ci sia una stasi negli investimenti, investimenti privati e pubblici, tutti e due insieme. E di solito, quando queste due cose vanno insieme, il risultato deve essere per forza negativo, quando si alternano allora riusciamo, fanno il gioco delle parti, una volta parte uno, una volta parte quell’altro, lì invece si sono abbioccati tutti e due e non c’è modo di interpretare le cose. Gli investimenti non vanno bene da parecchi anni, non seguono quello che noi ci aspettavamo che sarebbe successo, quindi lì bisogna puntare, solo che, appunto, come diceva la dottoressa Picchio, quando uno sente dire che c’è la crisi e lui a casa sua non la vede, quello dice: oh, dovesse venire, io ho una responsabilità nei confronti di me stesso, della mia famiglia e della mia impresa e allora che faccio? Riduco gli investimenti.

Marcello De Cecco durante la conversazione

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Nicoletta Picchio

Certo. Ecco, infatti tornando alle infrastrutture, agli anni Sessanta eccetera, anche l’Abruzzo - prima parlavamo in macchina – con il suo sviluppo che è legato alla strada fatta dall’allora Ministro Remo Gaspari, non mi ricordo l’anno, ma penso parecchio.

Marcello De Cecco 1976?

Nicoletta Picchio

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Nel 76 più o meno? Va bene, 73. Comunque mi rifaccio di nuovo ai dati de Il Sole 24 Ore, perché vediamo che l’Abruzzo, venendo appunto a questa realtà, ha dei dati di Pil che sono in linea con quelli dell’Italia, perché ha un -0,4 di Pil per il 2008, un -0,6 per il 2009. Io mi ricordo quando anni fa parlavamo dell’Abruzzo come una regione che aveva avuto il miracolo abruzzese, un grande sviluppo, eccetera, adesso è con i dati allineati a quelli che sono i dati negativi italiani. Allora, volevo capire, già lo abbiamo accennato prima quando abbiamo parlato dicendo che le imprese comunque devono innovare, devono investire e già questo è un messaggio: però le realtà territoriali come possono essere valorizzate, con quali punti di eccellenza e anche poi il ruolo importante che hanno gli osservatori, come può essere il Cresa, che devono mettere in evidenza quelle che sono le valorizzazioni del territorio, per creare anche una competitività tra territori.

Pierluigi Ciocca

Sull’economia abruzzese si deve partire dalla storia economica. Paolo Malanima e Stefano Fenoltea, due insigni storici-economici, che hanno dedicato la loro vita di studiosi a ricostruire l’attività produttiva, segnatamente quella industriale, delle regioni italiane prima e dopo l’unità d’Italia rilevano che questa regione era l’ultima, la più arretrata economicamente al tempo di Cavour.

Marcello De Cecco

Sì, ci siamo rimasti male tutti.

Pierluigi Ciocca

Financo nelle isole, financo nella Calabria c’erano delle miniere, delle attività siderurgiche, volute dai governi di allora.


Nicoletta Picchio Qui non c’era niente.

Pierluigi Ciocca

Qui non c’era quasi niente. Cito spesso la fanciulla inglese, diciottenne, che visitando l’Abruzzo agli inizi del Novecento, incontrò alcune contadine e una di queste , la più saggia, le disse: “Che sei venuta a fare qui? C’è solo povertà.”

Nicoletta Picchio Incoraggiante, no?

Pierluigi Ciocca

Quindi si può essere positivi sull’Abruzzo se si conosce la storia, il punto di partenza. Appare allora formidabile il recupero che la regione dal punto di vista economico ha saputo realizzare. Negli ultimi anni la regione ha più o meno ha tenuto i livelli raggiunti; non c’è stato un regresso. Questo è un motivo di compiacimento da non sottovalutare. Rispetto alla media italiana questa regione è più industrializzata. Ciò significa che essa è più esposta a fluttuazioni cicliche, quali quelle che rischiano di verificarsi se il pessimismo risulterà più fondato dell’ottimismo. Il mio schema a quattro variabili vale comunque in pieno anche per questa regione: infrastrutture, finanza pubblica anche regionale, dinamismo di impresa, sollecitazioni in senso lato concorrenziali. Io non vedo una specificità forte del caso abruzzese, rispetto al problema economico italiano più generale. Ciò che è buono per l’Italia è buono per l’Abruzzo, il che naturalmente implica impegno formidabile di amministratori e di produttori insieme.

Nicoletta Picchio

Ci saranno infatti le elezioni, il 30 mi sembra, quindi sarà anche l’impegno dei prossimi amministratori, del presidente della Regione, di mettere a punto delle politiche che poi possano ridare spinta alla regione. Professore.

Marcello De Cecco

Sì, però non vale la pena andare oltre i quattro elementi che ha messo in luce, sia per l’Italia, sia per l’Abruzzo, Pierluigi Ciocca. Vanno benissimo, sono quelli che si devono considerare importanti da fare e altro in dettaglio a livello micro non c’è assolutamente bisogno di dire. Sarebbe un peccato se questo grande risultato che

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abbiamo visto, perché veramente siamo partiti molto bassi e siamo arrivati a essere cancellati dalla lista dei poveri del Mercato Comune, si dovesse attenuare e quindi che l’Abruzzo facesse la fine dell’Italia, tanto per capirsi, perché il miracolo è successo pure in Italia, perché anche noi siamo partiti da molto bassi e siamo andati a toccare dei livelli che nessuno sperava di toccare. Anche nel 1950 e dal 1950 al 1965-70 e anche più in là, siamo andati veramente a raggiungere quei paesi che di solito erano una spanna più sopra di noi e questo è successo pure qui, questo è quello che è accaduto, il motivo per il quale è accaduto è difficile dirlo. Però quello che io ho notato è che fino al 1960 tutti gli indici di benessere, che non sono quelli del Pil, che non sono quelli della produzione industriale, sono quelli delle malattie, sono quelli della demografia, sono una quantità di cose.

Pierluigi Ciocca

La statura delle persone in centimetri.

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Marcello De Cecco

Ma tu sei nato alto quindi non vale, io invece sono 10 centimetri più di mio padre, però 10 di meno di mio nonno, dei miei due nonni. Comunque, se uno si ferma a una generazione va benissimo, se va oltre quella allora non va più bene. Tutto quanto era prima a livello meridionale e poi ci siamo spostati verso le Marche, questo è quello che è successo qui e cioè siamo diventati la brutta copia del benessere marchigiano, in maniera completamente diversa, perché lì lo ha fatto la piccola impresa e qui lo ha fatto la grande impresa, importata da fuori, con tutto i vantaggi e i problemi che questo crea. Ora se questo, che dopotutto è quello che è successo anche in Italia precedentemente, finisce, allora questo vuol dire che siccome non si può rimanere fermi, perché gli altri non rimangono fermi, come nel caso del confronto con la Spagna, il confronto con le altre regioni, è che riprecipitiamo dall’altra parte. Ora, dal mio accento si capisce che io sono meridionale politicamente, sarò anche centrale per qualche altro motivo, però 800900 anni di regno del sud ci sono e si sentono, quindi siamo di là e basta, non so voi come la pensate in questa vostra città centrale che fa parte del ceppo linguistico umbro. Io non ne faccio parte, quindi mi sento meridionale, però questo vuol dire che avevamo anche più meriti, che gliela avevamo fatta vedere noi a loro e se andate a leggere i confronti con il Molise, da quando hanno deciso di confrontarsi, di separarsi dall’Abruzzo, ci sono dei numeri completamente diversi, impressionanti, tutti gli indicatori del benessere sono più meridionali in Molise; e il Molise sta a due passi.


Ora non vorrei che succedesse che andiamo tutti verso Termoli invece di andare verso Ancona, questo, senza offesa per Termoli, mi basterebbe come risultato negativo. Quindi questo è il monito a quelli che devono essere eletti.

Nicoletta Picchio

Bene. Allora io adesso ringrazio i miei due ospiti, Pierluigi Ciocca e Marcello De Cecco e volevo dare la parola per i saluti finali al Direttore del Cresa Francesco Prosperococco.

Pierluigi Ciocca Grazie a lei.

Francesco Prosperococco

Un ringraziamento agli illustri ospiti ma soprattutto a tutti voi che avete condiviso e partecipato alla nostra iniziativa con continua e enorme attenzione.

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Le pubblicazioni del CRESA Le principali pubblicazioni del Cresa dalla sua istituzione, avvenuta nel 1968, ad oggi.


Aspetti dinamici e strutturali dello sviluppo demografico degli Abruzzi e previsioni al 1971 Teramo 1968

Il Commercio in Abruzzo IAPADRE, L’Aquila 1971

Il problema della casa in Abruzzo L’Aquila 1972 (ciclostilato)

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L’industria manifatturiera in Abruzzo L’Aquila 1974 (ciclostilato)

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BERARDI R. ed altri L’assetto infrastrutturale in Abruzzo L’Aquila 1974 (ciclostilato)

L’artigianato in Abruzzo a cura di M. Santucci, IAPADRE, L’Aquila 1974


La mobilita territoriale studentesca nel problema dei trasporti a cura di F. Colonna L’Aquila 1974 (ciclostilato)

Il patrimonio e il fabbisogno abitativo in Abruzzo a cura di F. Colonna e M. Santucci L’Aquila 1974 (ciclostilato)

RANIERI P. Le risorse minerarie ed idriche dell’Abruzzo IAPADRE, L’Aquila 1974

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PIRODDI E. Omogeneità e gravitazioni territoriali in Abruzzo IAPADRE, L’Aquila 1974

62

PIRODDI E., MARZIANI S. Modello di analisi paesaggistica IAPADRE, L’Aquila 1974

Schema di riferimento per gli interventi in Abruzzo dei fondi CEE L’Aquila 1978 (ciclostilato)


SANTUCCI M. Contributo per una recente bibliografia socio-economica dell’Abruzzo L’Aquila 1979 (ciclostilato)

Problemi abruzzesi-materiali per un’analisi socio-economica abruzzese L’Aquila 1980

BERARDI R. COLONNA F. PROPERZI P. SANTUCCI M. I dati del XII censimento nell’analisi delle strutture urbane FERRI, L’Aquila 1984

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Formazione professionale e domanda di manodopera qualificata nelle industrie abruzzesi a cura di M. Santucci, L’Aquila 1975 (ciclostilato)

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SANTUCCI M. Turismo, uso del territorio e occupazione in Abruzzo L’Aquila 1976 (ciclostilato)

CRESA Istituto di Architettura e Urbanistica Facoltà di Ingegneria, Pianificazione integrata Comunità Montana Amiternina - piano di sviluppo FERRI, L’Aquila 1979


BERARDI R. Valutazione e localizzazione del fabbisogno abitativo in Abruzzo - legge 457 L’Aquila 1979 (ciclostilato)

Polarità e mobilità territoriali per studio e lavoro in Abruzzo L’Aquila 1987

Polarità e mobilità territoriali per studio e lavoro in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria L’Aquila 1987

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Il lavoro femminile in Abruzzo a cura di Mario Santucci Consiglio Regionale d’Abruzzo, L’Aquila 1988

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Quirino P. Indicatori socio-culturali a livello regionale L’Aquila 1990

L’attività edilizia nella provincia dell’Aquila a cura di Rodolfo Berardi Camera di Commercio I. A. A. dell’Aquila L’Aquila 1992


Il Turismo in Abruzzo L’Aquila 1995

Il Turismo in Abruzzo, Lazio, Marche, Molise e Umbria L’Aquila 1996

Studi monografici sulla popolazione abruzzese L’Aquila 2001

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La montagna abruzzese; indicatori di marginalità L’Aquila 2002

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La montagna italiana tra marginalità e sviluppo L’Aquila 2002

Il turismo in Abruzzo L’Aquila 2004


Il mercato del lavoro in Abruzzo L’Aquila 2005

Mauro G. Distretti industriali e crescita economica: il caso dell’Abruzzo L’Aquila 2005

Landini P. - Massimi G. I sistemi geo- economici abruzzesi. Una lettura integrata areale-reticolare L’Aquila 2005

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Il distretto Strada Maestra nel Parco Gran Sasso Laga: modello di sviluppo di un’area montana protetta L’Aquila 2007

70

Alla ricerca dell’identità culturale del comprensorio aquilano L’Aquila 2008

Regione Abruzzo - CRESA Osservatorio regionale della montagna abruzzese L’Aquila 2008


Annuario delle industrie abruzzesi L’Aquila dal 1982 al 2007

Congiuntura Economica Abruzzese Periodico Trimestrale L’Aquila dal 1976 al 2007

Congiuntura Economica Abruzzese Periodico Trimestrale L’Aquila 2008

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Annuario delle aziende del Terziario avanzato L’Aquila 2002 e 2005

72

Rapporto sull’economia abruzzese Periodico Annuale L’Aquila dal 1990 al 2008

Congiuntura Economica Abruzzese Periodico Trimestrale L’Aquila 2009



Credits

Progetto Grafico

ed impaginazione

Studio Comunico L’Aquila www.comunico.aq.it

Stampa

Fast Edit Acquaviva Picena (AP)

Foto

Roberto Grillo




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