Imprese e Territorio n.01-2022

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Andrea Aliverti

Meno nascite, più competitività Il rischio del futuro si chiama demografia Umberto Frigelli, psicologo del lavoro: «Molto dipende da quanto, sia a livello individuale come impresa sia a livello di sistema, si sta facendo per costruire delle professionalità»

«Rischio demografico e “Great Resignation”, le imprese devono cambiare per adattarsi al mondo che cambia. E investire su una formazione nuova». Ad affermarlo è Umberto Frigelli, consulente di direzione, coordinatore nazionale del Centro Ricerche Aidp (Associazione Italiana Direzione del Personale) e docente di Psicologia del Lavoro alla Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che analizza alcuni fenomeni che stanno rivoluzionando il mondo del lavoro anche per le Pmi. «Il calo della popolazione italiana è uno dei fenomeni che dovrebbero destare preoccupazione – sottolinea Frigelli - è un trend italiano ed europeo, su cui ha posto l’attenzione anche l’Unione Europea, a cui però non fa riscontro un trend mondiale, perché il World Meter conta già 7,9 miliardi di persone e si prevede di arrivare in un prossimo futuro fino a 11 miliardi». Un rischio per il nostro Paese che merita una riflessione, anche perché si intreccia con «altri fenomeni concomitanti» che im-

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pattano sulle imprese. «Da un lato, fanno fatica a trovare personale - sottolinea l’esperto, originario di Gavirate - alcuni settori più di altri, con la pandemia che ha generato una fuga di persone da settori come la ristorazione, con gli addetti rimasti a casa che si sono cercati opportunità diverse, così quando si è riaperto il mercato del lavoro, sono arrivati segnali di difficoltà a trovare personale. Dall’altro lato si sta verificando anche da noi un fenomeno che parte dall’America, quello delle dimissioni spontanee». “The Great Resignation”, l’hanno ribattezzato oltreoceano. «C’è chi il lavoro non l’ha più cercato dopo il Covid per via dei sussidi o delle casse integrazioni e c’è chi va in cerca di opportunità nuove, anche all’estero. Le fasce che si sono “mosse” di più sono quelle centrali e giovanili, da noi più che altro 26-35 anni ma anche 36-45, e che ha toccato laureati o professionalità specializzate, come nell’alimentare o nell’alberghiero, anche per via di un mercato del lavoro che si è mosso, aprendo opportunità nei settori dell’informatica e dell’edilizia». Quali motivi? Banalmente


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