6,00 EURO - TARIFFA R.O.C.: POSTE ITALIANE SPA - SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/04 N.46) ART.1 COMMA 1, DCB
Tanti modi di essere ebrei
APRILE 2014
4
CONFRONTI 4/APRILE 2014 WWW.CONFRONTI.NET Anno XLI, numero 4 Confronti, mensile di fede, politica, vita quotidiana, è proprietà della cooperativa di lettori Com Nuovi Tempi, rappresentata dal Consiglio di Amministrazione: Ernesto Flavio Ghizzoni (presidente), Stefano Toppi (vicepresidente), Gian Mario Gillio, Piera Rella, Stefania Sarallo. Direttore Gian Mario Gillio Caporedattore Mostafa El Ayoubi In redazione Luca Baratto, Antonio Delrio, Franca Di Lecce, Filippo Gentiloni, Adriano Gizzi, Giuliano Ligabue, Michele Lipori, Rocco Luigi Mangiavillano, Anna Maria Marlia, Cristina Mattiello, Daniela Mazzarella, Carmelo Russo, Luigi Sandri, Stefania Sarallo, Lia Tagliacozzo, Stefano Toppi. Collaborano a Confronti Stefano Allievi, Massimo Aprile, Giovanni Avena, Vittorio Bellavite, Daniele Benini, Dora Bognandi, Maria Bonafede, Giorgio Bouchard, Stefano Cavallotto, Giancarla Codrignani, Gaëlle Courtens, Biagio De Giovanni, Ottavio Di Grazia, Jayendranatha Franco Di Maria, Piero Di Nepi, Monica Di Pietro, Piera Egidi, Mahmoud Salem Elsheikh, Giulio Ercolessi, Maria Angela Falà, Giovanni Franzoni, Pupa Garribba, Daniele Garrone, Francesco Gentiloni, Svamini Hamsananda Giri, Giorgio Gomel, Laura Grassi, Bruna Iacopino, Domenico Jervolino, Maria Cristina Laurenzi, Giacoma Limentani, Franca Long, Maria Immacolata Macioti, Anna Maffei, Fiammetta Mariani, Dafne Marzoli, Domenico Maselli, Lidia Menapace, Adnane Mokrani, Paolo Naso, Luca Maria Negro, Silvana Nitti, Paolo Odello, Enzo Pace, Gianluca Polverari, Pier Giorgio Rauzi (direttore responsabile), Josè Ramos Regidor, Paolo Ricca, Carlo Rubini, Andrea Sabbadini, Brunetto Salvarani, Iacopo Scaramuzzi, Daniele Solvi, Francesca Spedicato, Valdo Spini, Valentina Spositi, Patrizia Toss, Gianna Urizio, Roberto Vacca, Cristina Zanazzo, Luca Zevi. Abbonamenti, diffusione e pubblicità Nicoletta Cocretoli Amministrazione Gioia Guarna Programmi programmi@confronti.net Redazione tecnica e grafica Daniela Mazzarella
Le immagini Tanti modi di essere ebrei · Andrea Sabbadini, copertina Contro la logica dello scarto · Umberto Gillio, 3
Gli editoriali Il decreto sul lavoro aumenta la precarietà · Stefano Fassina, 4 Conflitto di interessi: solo proposte di legge · Roberto Zaccaria, 5 Medio Oriente: arena geopolitica · Mostafa El Ayoubi, 6
I servizi Politica Diritti Ebraismo
Pentecostali Ortodossia Laicità Semi di pace Storia Società
Renzi, la sfida delle riforme · Giorgio Tonini, 8 Chi spianò la strada a Matteo piè veloce · Corradino Mineo, 9 Migranti e cooperazione: ancora troppi ritardi · Bruna Iacopino, 11 Il ruolo degli immigrati nella cooperazione · (int. a) Marco De Ponte, 12 Una nuova voce nell’ebraismo romano · Daniela Mazzarella, 14 Conciliare tradizione e accoglienza · (int. a) Daniela Gean, 15 Riavvicinare gli ebrei all’ebraismo · (int. a) Federico D’Agostino, 16 Tra Boko Haram e Tor Bella Monaca · Carmelo Russo, 18 «Se crediamo, la vita non avrà limiti» · (int. a) Andrew Niho, 19 Un santo e grande Concilio all’orizzonte · Luigi Sandri, 22 La secolarizzazione c’è ma non si vede (in tv) · Claudia Lopedote, 25 Passare dall’odio all’empatia · Iris Segev, 28 La vendetta inquina la mente · Wajih Tmeiza, 29 Luisito Bianchi, profeta disarmato · Giuliano Ligabue, 31 De senectute: contro la logica dello scarto · Gino Battaglia, 33
Le notizie Diritti umani Rom Donne Mafia Immigrazione Anniversari Ecumenismo Armi Ambiente Intercultura Agenda
Rapporto di Amnesty sulle violenze di Israele in Cisgiordania, 35 Le politiche del Comune di Roma nei confronti dei rom, 35 «Le voci segrete della violenza 2013», 36 Quasi 13mila i beni confiscati ai boss, 36 Il decimo Rapporto dell’Osservatorio romano sulle migrazioni, 36 Vent’anni dall’uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, 37 Papa Francesco riceve il segretario del Cec Tveit, 37 Le associazioni chiedono la cancellazione del programma F-35, 38 L’appello di Greenpeace per le energie rinnovabili, 38 L’impegno di Roma per la valorizzazione del pluralismo religioso, 39 Appuntamenti, 39
Le rubriche In genere Note dal margine Osservatorio sulle fedi Spigolature d’Europa Ricordo Opinione Libro
Le quote non bastano, ma aiuterebbero · Anna Maria Marlia, 40 Aborto: la coscienza dei non obiettori · Giovanni Franzoni, 41 Salvo il sito dei testimoni di Geova in Russia · Antonio Delrio, 42 Un continente nero? · Adriano Gizzi, 43 Un valdese appassionato e critico · Daniele Garrone, 44 Andare oltre la semplice «accoglienza» · Vale Coletta, 45 L’Ultima Cena, anzi la Prima. La volontà tradita di Gesù · D. G., 46
Publicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 12/03/73, n. 15012 e il 7/01/75, n.15476. ROC n. 6551. Hanno collaborato a questo numero: G. Battaglia, V. Coletta, F. D’Agostino, M. De Ponte, S. Fassina, D. Gean, U. Gillio, C. Lopedote, C. Mineo, A. Niho, P. Pascucci, I. Piccirilli, I. Segev, W. Tmeiza, G. Tonini, R. Zaccaria.
RISERVATO AGLI ABBONATI: chi fosse interessato a ricevere, oltre alla copia cartacea della rivista,
anche una mail con Confronti in formato pdf può scriverci a redazioneconfronti@yahoo.it
2
LE IMMAGINI
CONTRO LA LOGICA DELLO SCARTO
Il numero di anziani nel mondo raggiungerà presto il miliardo, ma la cultura occidentale moderna vede l’età anziana come stagione dell’esistenza umana senza più senso: anni spesso vissuti nella miseria e nell’abbandono. La vecchiaia vista come una di quelle periferie dell’esistenza di cui ha più volte parlato papa Francesco.
Le foto che illustrano il numero sono di Umberto Gillio (www.umbertogillio.com) e si riferiscono al servizio di pagina 33.
3
GLI EDITORIALI
Il decreto sul lavoro aumenta la precarietà Stefano Fassina
L
a politica economica dell’Unione europea e di ogni Stato dell’Unione deve avere come stella polare il lavoro. Il lavoro non può essere più il sotto-prodotto eventuale delle politiche di bilancio. Il problema del lavoro è essenzialmente un problema macro-economico. Poi, di politiche industriali, di contesto produttivo, di modello di impresa e di investimenti in innovazione di processo e di prodotto. Nella fase storica in corso, è anche un problema di redistribuzione dei tempi di lavoro. Il costo del lavoro, le regole del mercato del lavoro e le forme contrattuali possono essere, con soluzioni adeguate, soltanto un complemento. Il Decreto varato dal governo Renzi va cambiato in Parlamento. Nella versione presentata, è l’ennesimo intervento di svalutazione del lavoro, data l’impraticabile svalutazione della moneta, per tentare una impossibile competizione di costo all’inseguimento delle esportazioni. Dall’obiettivo di un contratto a tutele crescenti, siamo caduti a un contratto a precarietà permanente: un contratto a tempo determinato senza causali, per 3 anni, spezzati in 8 proroghe e poi un contratto di apprendistato senza formazione e senza una quota minima di stabilizzazioni. Vuol dire soltanto più precarietà, ulteriore debilitazione della capacità negoziale dei lavoratori, riduzione delle retribuzioni, quindi del potere d’acquisto delle famiglie, dei consumi, dell’attività produttiva e, a chiusura del cerchio regressivo e depressivo, dell’occupazione. Oggi, la scarsità di lavoro e la regressione delle condizioni della persona che lavora sono l’inevitabile conseguenza della caduta del livello di attività produttiva. Il focus della politica economica deve essere l’innalzamento della domanda aggregata, ossia maggiori consumi e maggiori investimenti, miglioramento della distribuzione del reddito e apertura di spazi di finanza pubblica per alimentare investimenti produttivi. A tal fine, l’intervento sulle detrazioni Irpef dei lavoratori e delle lavoratrici a reddito medio-basso va nella direzione giusta a condizione di attuar-
«Il decreto approvato dal governo Renzi – spiega a Confronti l’esponente del Pd Fassina – va cambiato in Parlamento. Dall’obiettivo di un contratto a tutele crescenti, siamo caduti a un contratto a precarietà permanente: un contratto a tempo determinato senza causali, per 3 anni, spezzati in 8 proroghe e poi un contratto di apprendistato senza formazione e senza una quota minima di stabilizzazioni. Vuol dire soltanto più precarietà e ulteriore debilitazione della capacità negoziale dei lavoratori.
4
lo con una revisione degli obiettivi di deficit per almeno il prossimo triennio. «Coprire», invece, il taglio dell’Irpef con un corrispondente taglio di spesa avrebbe documentatissimi (vedi analisi del Fondo monetario internazionale sui moltiplicatori di bilancio) effetti recessivi. Per promuovere il lavoro, gli strumenti di intervento in mano ai governi nazionali dell’euro-zona sono estremamente limitati: la politica di bilancio, la politica monetaria, la politica del cambio, le tre principali leve, sono soffocate in astratti e irrealistici algoritmi scolpiti nei Trattati oppure affidati a una Banca centrale concentrata soltanto sull’obiettivo dell’inflazione. Ma la rotta mercantilista, segnata dall’austerità cieca e dalla svalutazione del lavoro, è insostenibile. Non possiamo tutti puntare sulle esportazioni per crescere. L’universalizzazione del percorso tedesco è impossibile: aggrava le condizioni dell’economia e gonfia i debiti pubblici, aumentati nell’euro-zona dal 65% del 2008 al 95% del 2013. Nell’euro-zona, una ripresa in grado di riassorbire disoccupazione non è in vista, ma i tempi per una radicale correzione di rotta del «Titanic Europa» sono strettissimi. L’alternativa alla svolta nella rotta di politica economica è, per noi, un Piano B: la permanenza nell’euro e la rinegoziazione degli impegni sottoscritti. No ai noeuro. Sì a un’altra Europa per lo sviluppo sostenibile e il lavoro. Oltre alla politica macro-economica, va attuato un «Servizio civile per il lavoro», nel quadro della «Youth Guarantee», per consentire una prima esperienza lavorativa pur limitata nel tempo e un sostegno al reddito analogo all’indennità di disoccupazione. Il «Servizio civile per il lavoro» dovrebbe articolarsi in «progetti» finanziati da risorse pubbliche e realizzati dal Terzo settore. Per promuovere il lavoro e migliorare le condizioni della persona che lavora è anche necessario un piano per la redistribuzione del tempo di lavoro. Come scrive Pierre Carniti (La risacca. Il lavoro senza lavoro), le prospettive di crescita di medio periodo – dati i tempi necessari, anche nello scenario più favorevole, alla correzione di rotta della politica macro-economica – non possono riassorbire la disoccupazione. Non vanno fissati limiti omogenei all’orario di lavoro («35 ore»). Si tratta di: introdurre flessibilità nell’uscita dal lavoro per pensionamento e pen-
GLI EDITORIALI
sionamento part-time; incentivare il part-time e congedi parentali; eliminare gli incentivi allo «straordinario»; potenziare gli sgravi fiscali per i contratti di solidarietà; promuovere il part-time agevolato e volontario; potenziare, secondo i principi della sussidiarietà, i servizi alla famiglia (dagli asili nido all’assistenza agli anziani non-autosufficienti). La bussola per navigare il mare in tempesta è la dignità della persona che lavora.
Conflitto di interessi: solo proposte di legge Roberto Zaccaria
I
l tema del conflitto d’interessi si intreccia con la politica italiana da almeno vent’anni ed ogni volta che se ne parla sembra che la soluzione si allontani all’orizzonte anziché trovare una ragionevole via d’uscita. Il Partito democratico guidato da Pierluigi Bersani ne aveva fatto uno degli obiettivi della campagna elettorale e l’aveva posto ai primissimi punti della sua agenda politica. È noto come si sia conclusa elettoralmente quell’esperienza, ma è altrettanto noto che quell’obiettivo dovrebbe impegnare coloro che oggi siedono in Parlamento e che vi sono entrati chiaramente con quella missione. È vero che quando si parla di conflitto d’interessi si evoca una nozione complessa ed il conflitto può riguardare diverse tipologie di soggetti e di situazioni. Il conflitto può riguardare i parlamentari e gli uomini di governo a livello nazionale e locale; potrebbe riguardare anche il presidente della Repubblica e coloro che ricoprono importanti cariche pubbliche, ad esempio nelle autorità amministrative indipendenti. Come è noto, il conflitto di interessi o di affari dei parlamentari è stato affrontato dalle leggi italiane in materia di incompatibilità e di ineleggibilità (l. del 1953 e tu. del 1957) e la loro carica dissuasiva è stata sensibilmente sterilizzata da un’interpretazione riduttiva offerta dalla Giunta per le elezioni a partire dal 1994. Il conflitto di interessi degli uomini di governo è stato disciplinato in modo estremamente edulcorato dalla legge Frattini del 2004, che ha sanzionato e in maniera risibile solo gli atti «concretamente» in conflitto ed ha dimenticato il conflitto potenziale che le leggi più se-
Da quando è entrato in politica Berlusconi, vari sono stati i tentativi di regolare la questione del conflitto d’interessi, ma per un motivo o per l’altro sembra che non sia mai «il momento giusto». Zaccaria è professore ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico presso l’Università di Firenze; è stato presidente della Rai dal 1998 al 2002 e deputato dal 2004 al 2013.
5
rie in argomento mirano decisamente a combattere. La Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa ha fortemente criticato la nostra legge e, nel periodo in cui tranquillamente governava Berlusconi, tutta l’Europa ha sorriso di noi. Il nostro ordinamento non prevede e non sanziona forme di conflitto dei membri delle Autorità indipendenti, che pure hanno grande potere, né il potenziale conflitto di interessi del presidente della Repubblica, che in altri ordinamenti (Francia, Usa) trova invece una disciplina. Proposte di legge organiche sul conflitto d’interessi ne esistono da tempo. Nella XV legislatura la Commissione Affari costituzionali, presieduta da Luciano Violante ne aveva istruita una importante, che nasceva da un’iniziale intuizione di Dario Franceschini ispirata al modello americano del blind trust, e questa proposta era arrivata anche all’attenzione dell’Aula. Purtroppo quella legislatura durò solo due anni (2006-2008) e quindi non si arrivò alla conclusione. Io stesso preparai e presentai con Walter Veltroni una proposta in materia nel corso della XVI legislatura. All’inizio di questa legislatura il senatore Massimo Mucchetti, in una proposta sottoscritta anche dal senatore Luigi Zanda (entrambi del Pd, il secondo è capogruppo, ndr), ha affrontato il problema più limitato del conflitto d’interessi dei parlamentari ed ha voluto colmare la «lacuna» dell’articolo 10 del TU del 1957, disciplinando più organicamente l’ineleggibilità dei concessionari statali o più in generale dei soggetti legati a contratti importanti con lo Stato, prospettando per questi soggetti un’incompatibilità vera in luogo della tradizionale ineleggibilità «monca». È significativo ricordare che quando questa semplice proposta è stata resa nota si è alzato un polverone enorme sui giornali del centro-destra. Il problema si è riproposto di recente a proposito del passaggio alla Camera della legge elettorale. Una serie di emendamenti presentati da varie parti politiche che affrontavano i temi della ineleggibilità o della incompatibilità per conflitti di affari o che miravano ad inserire nel testo della legge il contenuto della proposta Mucchetti sono stati bocciati a larga maggioranza. La pertinenza di questi emendamenti – che pur toccavano questa più ristretta nozione di conflitto – con la legge elettorale era evidente, ma chi li ha respinti (vedi per tutti Davide Zoggia, del Pd) ha motivato il voto con la necessità di non
GLI EDITORIALI
«intralciare» il percorso della legge elettorale ed ha assunto l’impegno di affrontare più avanti, ed immagino in maniera più organica, questo progetto. Io non condivido la motivazione sull’«intralcio», ma devo dire che mi trovo a prendere estremamente sul serio quell’impegno più ampio e credo che come me debbano farlo in molti, contando rigorosamente i giorni che mancano a quella realizzazione.
Medio Oriente: arena geopolitica Mostafa El Ayoubi
L’
attuale grave crisi diplomatica tra Washington e Mosca scoppiata intorno alla questione ucraina avrà delle conseguenze dirette sulla situazione geopolitica nel Medio Oriente. In particolare questo scontro si rifletterà sulla guerra in Siria, sul nucleare dell’Iran e anche sul conflitto israelo-palestinese. Quando tre anni fa è scoppiata la ribellione armata in Siria, gli Usa/Nato avevano calcolato che nel giro di pochi mesi al Assad sarebbe caduto, come è avvenuto per Gheddafi in Libia. Ma la reazione della Russia (e della sua alleata Cina) ha scombinato tali calcoli. Diversamente da quanto ha fatto nel caso della Libia, il Cremlino si è opposto fermamente all’intervento militare in Siria. La mossa di Mosca è stata ovviamente dettata dai suoi interessi geopolitici nel Medio Oriente. La destabilizzazione della Siria – messa in atto dal governo americano e dai suoi alleati – aveva come obiettivo togliere di mezzo al Assad e sostituirlo con un governante alleato ed estendere quindi la sua totale egemonia sull’intero Medio Oriente. Questa operazione avrebbe ridotto a zero l’influenza della Russia nella regione. Occorre ricordare che l’unica base militare russa che le consente di essere presente nel Mar Mediterraneo si trova a Tartus, in Siria. Il conflitto diplomatico, molto mediatizzato, tra John Kerry (ancor prima Hillary Clinton) e Sergej Lavrov sulla questione siriana non ha mai riguardato veramente la difesa dei diritti umani o l’instaurazione delle democrazia. I veri motivi di tale rivalità sono sempre stati legati ad interessi geopolitici. Molti siriani hanno temuto a lungo che i rus-
Il Medio Oriente è una delle arene geopolitiche dove Usa e Russia si combattono per difendere o estendere ognuno i propri interessi. Anche l’attuale crisi ucraina contribuirà a complicare la situazione in questa martoriata regione del mondo.
6
si prima o poi li avrebbero mollati in cambio di qualche accordo vantaggioso con gli americani che avrebbe consentito loro di salvaguardare i propri interessi nella Regione. La crisi scoppiata in Ucraina, alle porte della Russia, che ha provocato un regime change a favore degli Usa, renderà i russi ancora più determinanti nel difendere i propri interessi (l’annessione della Crimea attraverso un referendum orchestrato dal Cremlino rientra in quest’ottica). Ora la Russia farà di tutto per evitare che l’«amica» Siria cada in mano al blocco Usa/Nato. E da questa situazione ne trarrà vantaggio il governo di al Assad, il cui esercito negli ultimi mesi sta recuperando parte del terreno perso nei confronti della variegata «opposizione» militare composta in gran parte da jihadisti (siriani e non) appoggiati dagli Usa e da diversi stati islamici. Ora che le relazioni diplomatiche tra le due grandi potenze si sono molto inasprite, la soluzione politica alla crisi siriana potrebbe allontanarsi. Le varie trattative di Ginevra potranno non servire più a nulla! Ad oggi il governo siriano non è in grado di riprendere il controllo totale del paese e i gruppi armati, oltre a combattere contro l’esercito regolare, si ammazzano tra di loro. E a pagare i danni maggiori è la popolazione. Questa situazione rischia di incancrenire ulteriormente la crisi siriana che potrebbe durare ancora anni ed anni e portare alla «somalizzazione» del paese. Uno scenario che tutto sommato non dispiace agli Usa. Ad oggi l’establishment siriano non è caduto, ma è molto sfiancato dalla guerra interna e l’influenza di Damasco nello scacchiere medio orientale – specie quello palestinese, libanese e iracheno – è pressoché nulla. Il gelo tra Washington e Mosca rafforzerà la posizione di Teheran – alleata di Damasco – come attore determinante nella regione sia nel Libano attraverso il movimento di Hezbollah sia riguardo alla questione palestinese. E ciò costituisce un grosso problema per le monarchie sunnite del Golfo Persico che vedono, nell’Iran (sciita) che avanza, una minaccia per la loro stabilità politica e la loro egemonia economica e soprattutto religiosa nel Medio Oriente. Il ritorno in prima linea del «gigante» saudita e la messa da parte del «piccolo» Qatar – dal quale Arabia Saudita, Bahrein ed Emirati Arabi hanno ritirato i loro ambasciatori per motivi legati ad uno
GLI EDITORIALI
scontro intra-religioso tra salafiti e fratelli musulmani – rientra nella strategia di rafforzare la presenza nella regione del blocco sunnita conservatore capeggiato dalla famiglia reale di Al Saud. I sauditi oggi appoggiano i militari in Egitto; guidano l’insurrezione armata dei jihadisti in Siria; comprano armi dalla Francia per l’esercito libanese nel tentativo di contrastare il movimento di Hezbollah sostenuto e armato dall’Iran. Dalla crisi diplomatica internazionale attuale il governo iraniano potrebbe trarre vantaggio anche sul versante del nucleare. Mosca, che finora ha sempre giocato un ruolo ambiguo, potrebbe schierarsi definitivamente con Teheran: oltre ad appoggiare il suo programma di arricchimento dell’uranio e a sbloccare la vendita di armi sofisticate ad essa, potrebbe anche aiutare l’Iran a bypassare le sanzioni e gli imbarchi imposti dagli Usa/Nato, importando e rivendendo gli idrocarburi iraniani. E ciò rafforzerebbe la crescita economica dell’Iran e di conseguenza la sua posizione geopolitica a scapito delle monarchie petrolifere storiche alleate degli americani. Tale scenario potrebbe scombussolare ulteriormente i piani occidentali che consistono nel ridisegnare la mappa del Medio Oriente in sintonia con il loro nuovo piano di rimodellamento geopolitico della regione.
L’escalation politica tra gli Usa e la Russia avrà delle conseguenze anche sul conflitto israelo-palestinese. L’Iran – noto per la sua posizione ostile nei confronti di Israele – rafforzato da questa situazione, potrebbe incrementare il suo sostegno ai movimenti di lotta armata palestinesi e quindi inasprire ulteriormente il conflitto. Inoltre, l’ingerenza di forze speciali di origine israeliana nell’insurrezione armata di Kiev rischia di intaccare i rapporti tra Mosca e Tel Aviv. Ex militari israeliani hanno partecipato direttamente alla ribellione sotto l’egida di Svoboda, partito di estrema destra di ispirazione nazista (vedi Jta, the Global Jewish News Source, del 28 febbraio 2014). L’eventuale deterioramento dei rapporti tra il Cremlino e Israele potrebbe diventare uno svantaggio per quest’ultima, per il crescente peso geopolitico della Russia e dei suoi alleati del Brics. Tale peso potrebbe pendere a favore dei rivali dello stato di Israele nella regione. E gli Usa/Nato reagirebbero portando maggior sostegno a quest’ultimo. Una escalation che complicherebbe ulteriormente il conflitto israelo-palestinese. Oggi più che mai il Medio Oriente è una delle arene geopolitiche più importanti dove i giganti si combattono con ogni mezzo per dominare il mondo. A perdere però sono sempre i popoli che vivono in queste arene!
7